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Interpretazione Individualistica del Paesaggio Vegetale

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This article was downloaded by: [North Carolina State University] On: 23 September 2012, At: 13:24 Publisher: Taylor & Francis Informa Ltd Registered in England and Wales Registered Number: 1072954 Registered office: Mortimer House, 37-41 Mortimer Street, London W1T 3JH, UK Giornale botanico italiano: Official Journal of the Societa Botanica Italiana Publication details, including instructions for authors and subscription information: http://www.tandfonline.com/loi/tplb19 Interpretazione Individualistica del Paesaggio Vegetale Giovanni Negri Version of record first published: 14 Sep 2009. To cite this article: Giovanni Negri (1954): Interpretazione Individualistica del Paesaggio Vegetale, Giornale botanico italiano: Official Journal of the Societa Botanica Italiana, 61:4, 579-694 To link to this article: http://dx.doi.org/10.1080/11263505409431588 PLEASE SCROLL DOWN FOR ARTICLE Full terms and conditions of use: http://www.tandfonline.com/page/terms- and-conditions This article may be used for research, teaching, and private study purposes. Any substantial or systematic reproduction, redistribution, reselling, loan, sub-licensing, systematic supply, or distribution in any form to anyone is expressly forbidden. The publisher does not give any warranty express or implied or make any representation that the contents will be complete or accurate or up to date. The accuracy of any instructions, formulae, and drug doses should be independently verified with primary sources. The publisher shall not be liable for any loss, actions, claims, proceedings, demand, or costs or damages whatsoever or howsoever caused arising directly or indirectly in connection with or arising out of the use of this material.
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Page 1: Interpretazione Individualistica del Paesaggio Vegetale

This article was downloaded by: [North Carolina State University]On: 23 September 2012, At: 13:24Publisher: Taylor & FrancisInforma Ltd Registered in England and Wales Registered Number: 1072954Registered office: Mortimer House, 37-41 Mortimer Street, London W1T 3JH,UK

Giornale botanico italiano:Official Journal of the SocietaBotanica ItalianaPublication details, including instructions forauthors and subscription information:http://www.tandfonline.com/loi/tplb19

Interpretazione Individualisticadel Paesaggio VegetaleGiovanni Negri

Version of record first published: 14 Sep 2009.

To cite this article: Giovanni Negri (1954): Interpretazione Individualistica delPaesaggio Vegetale, Giornale botanico italiano: Official Journal of the SocietaBotanica Italiana, 61:4, 579-694

To link to this article: http://dx.doi.org/10.1080/11263505409431588

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This article may be used for research, teaching, and private study purposes.Any substantial or systematic reproduction, redistribution, reselling, loan,sub-licensing, systematic supply, or distribution in any form to anyone isexpressly forbidden.

The publisher does not give any warranty express or implied or make anyrepresentation that the contents will be complete or accurate or up todate. The accuracy of any instructions, formulae, and drug doses should beindependently verified with primary sources. The publisher shall not be liablefor any loss, actions, claims, proceedings, demand, or costs or damageswhatsoever or howsoever caused arising directly or indirectly in connectionwith or arising out of the use of this material.

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GIOVANNI NEGRI

INTERPRETAZIONE INDIVIDUALTSTICA DEL PAESAGGIO VEGETALE (*)

pi t sento lo il 29 novtmbrt 1954

INTRODUZIONE

a) PRESENTAZIONE DI UNA CRITICA

Un gruppo di naturalisti, appartenenti od aderenti all'Istituto Bo- tanico della UniversitA di Pavia, ha preso, in questi ultimi anni, l'inizia- tiva di (( divulgare in Italia la prassi fitosociologica della Scuola di Mont- pellier )) ( I ) . La propaganda iniziata da R. Tomaselli, in seguito ad un soggiorno a Montpellier, con un articolo (1947) sui metodi di rilevamento fitosociologico in us0 in quella stazione Internazionale di Geobotanica Mediterranea ed Alpina (S.I.G.M.A.) e ripubblicato nel 1949, t stata continuata dalla presentazione, da parte dell'Autore stesso in collabora- zione con F. Bertossi e V. Giacomini, di un Nuovo tip0 d i scheda per il rilievo fitosociologico (1948), da alcuni chiarimenti dottrinari in nota di altre pubblicazioni (1951, 1952) ed ultimamente di una esposizione critica

(*) Pubblicazione N. 101 del Centro per lo Studio della Flora e della Vege- tazione Italiana del Consiglio Nazionale delle Ricerche; presso 1'Istituto Botanic0 dell'universitl di Firenze. (l) BERTOSSI S., GIACOMINI V., TOMASELLI R., 1949. Nuovo tip0 di scheda per rilievo

fitosociologico. Atti 1st. Bot. Lab. Critt. Univ. Pavia. s. 5.6: 104-110. - GIACO- MINI V., 1952. Considerazioni sul concetto d i a Associazione vegetale n. Arch. Botan. 28: 65-87. - GIACOMINI V. e SACCHI C. F., 1952. S u i rapporti fra rag- gruppamenti animali e vegetali nella biocenosi. Ibid. 28: 1-128. - PIGNATTI s., 1951. Notizia d i ricerche fitosociologiche sulla Laguna Veneta. Nuovo Giorn. Bot. Ital., n. s. 58: 182-183. - IDEM, 1953. Introduzione allo studio fitosociolo- gico della Pianura Veneta Orientale, con particolare riguardo alla vegetazione litoranea. Arch. Botan. 28: 265-329; 29: 1-25, 66-98, 129-174. - TOMASELLI R., 1949. Metodi di rilevamento sociologico in us0 alla Stazione Internazionale di Geo- botanica d i Montpellier. Atti 1st. Bot. Lab. Critt. Univ. Pavia. s. 5. 6: 55-76. - IDEM, 1949. Guida pratica a1 rilievo degli aggruppamenti vegetali, con particolare riguardo ai pascoli ed ai prati. Ibidem. Suppl. F. - IDEM, 1952. Appunti su un Faggeto dell'alto vallone del Ratino (Terminillo). Arch. Botan. 28: 179-204, 249-264. - IDEM, 1954. Fitosociologia ed unit& della vegetazione. Ibidem, 30: 1-22. - TOMASELLI R. e DE MICHELI N., 1952. S u alcune associazioni di Licheni epifiti d i conifere, nei dintorni del Passo della Mendola (Trentino). Arch. Botan. 28: 23-36. Nota a pag. 33-34.

5791 [Nuovo Ciornale Botanleo Italiano, n. s., vol. LXI, n. 4, 1954

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(( Fitosociofogia ed unitci della vegetazione 1) (1954), redatta in lingua in- glese per informazione della 1190 Riunione della Societh Americana per il Progress0 delle Scienze (St. Louis, 1952), che dovette prendere in esame la proposta fatta da Braun-Blanquet per il Congress0 Botanic0 del 1954, di accettare, come internazionale ed unico, i l suo sistema di ri- levamento e di classificazione della vegetazione, proposta che non ha trovato favore nella Riunione.

Quasi contemporaneamente (1952) V. Giacomini, che gih prece- dentemente, in articoli scientifici e recensioni, aveva deplorato che i cri- teri ed i metodi fitosociologici montpellieriani non fossero applicati in Italia, con due pubblicazioni, delle quali la seconda in collaborazione con C. F. Sacchi, riprendeva polemicamente la propaganda a favore della prassi sigmatista od almeno di un indirizzo che sui principi di questa venisse direttamente innestato e sviluppato, attaccando particolarmente l'interpretazione individualistica della costituzione della vegetazione da molti anni sostenuta in Italia dallo scrivente. In rapport0 con questi interventi principali nella discussione, deve inoltre essere tenuto conto dei dati e dei cenni di carattere teorico e tecnico favorevoli all'indirizzo del Gruppo Pavese contenuti in note di G. F. Sacchi, S . Pignatti e C. F. Sacchi ed F. Bertossi, F. Tomaselli e N. D e Micheli, nonchk di alcuni articoli di C1. Ch. Mathon (*), aderente a1 Gruppo Pavese che, sostenitore di una teoria propria ed in ogni mod0 interessante, del dinamismo della vegetazione, si k nettamente e personalmente pronunciato contro la nostra interpretazione individualistica dell'assetto della vegetazione ("). Que-

(2) MATHON CL. CH., 1948. - A propos de la Phytosociologie. Premier essai sur la me'thodologie des recherches concernant les groupements ve'ge'taux et comprenant un a p e r p sur l'autodynamisme des Complexes e'cologiques. Revue g6n6r. d. Sciences. 55; 233-239. - IDEM, 1949. L'autodynamisme des complexes e'cologiques et les grou- pements ve'ge'taux durables. La Feuilles des Naturalists. n. s. 4: 89-92. - IDEM, 1950. Appunti sulfa vegetazione ed in particolare sui lavandeti d i Ponte d i Nava. %vista di Ecologia. 1 : 120-143. NECIU G., 1914. Le unitci ecologiche fondimentali in fitobeografia. Atti R. Accad. Sci. Torino. 49: 1-14 (estr.). - IDEM, 1926. Sociologia vqe ta le o Sinecologia?. Atti della XV Riun. della S.I.P.S. Bologna 1926: 397 425. IDEM., 1926. Recenti contributi alla concezione sinecologica dei Consorzi vegetali. Nuovo Giorn. Bot. Ital. n. s. 34: 872 885. - IDEM, 1930. Caratteri generali dell'azione umana sulla vege'azione. Atti X I Congr. Geogr. Ital. in Napoli 1930. 1: 1 13 (estr.) - IDEM, 1935. Criteri generali d i rilevamento e d i interpretazione delle fitocenosi. Nuovo Giom. Bot. Ital., n. s. 42: 250 260. - IDEM, 1943. Stratificazione delle biocenosi. Caratteri e nomenclatura. Ibidem. 50: 122-140. - IDEM, 1947. Considerazioni sulla classificazione deipiani altimetrici della vegetazione italiana. Rivista Geo- graficxi Italiana. 1-28 (estr.). - IDm, in coll. con G. GOLA e C. CAPPELLETTI, 1947. Trattato d i Botanica. 30 ed. Torino, U.T.E.T., pag. 1042-1136.

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sto k lo stato, della polemica in Italia, nella quale ci siarno decisi ad inter- venire in difesa dell’indirizzo che le nostre osservazioni e la meditazione della vasta letteratura internazionale dell’argomento, ci hanno suggerito negli ultimi quarant‘anni, sia per doverosa solidarietl coll’opera di Col- leghi che ci hanno seguiti e ci sono compagni in questo ordine di idee, sia perchi: t abbastanza owia l’impressione che lo scarsissimo consenso incontrato nel nostro Paese dalla dottrina sigmatista, dipenda non so10 da un tenace attaccamento dei nostri studiosi all’insegnamento di War- ming sui rapporti fra ambiente e vegetazione e che fa capo in Italia alle note ricerche di G. Gola sul terreno e di A. Pavari sul clima, quali fattori dell’ambiente vegetale ed alle indagini sulla ecologia della vege- tazione italiana, continuate per tutta la vita, con osservazioni ed esperi- menti, da A. BCguinot, ma forse ancor pili da un retto e diffuso apprez- zamento della debolezza della concezione floristico-statistica della ve- getazione, formatosi essenzialmente sul lavoro di campagna.

Qualunque piano di studio deve prendere necessariamente le mosse da una base di fatti generalmente accettabili e che quindi possono ve- nire ammessi dagli studiosi appartenenti alle pili diverse tendenze come assolutamente obiettivi. Sembra a noi che nessuno sia riuscito quanto E. Huguet del Villar a prospettare le condizioni di un aggre- gat0 vegetazionale svincolato da qualunque presupposto ecologico o so- ciologico. Quale uniti fondamentale per la sinecologia egli ha designato ciok la sinecia, semplice constatazione diretta ed iniziale d i una coabitazione d i individui vegetali. Si tratta di un termine che pu6 essere applicato a qualunque aggregato di piante, integrato o no, dal momento in cui esso comincia ad assumere la qualitl di un fenomeno direttamente rilevabile sul terreno; esso i: quindi esente dalla premesse dottrinali che .gravano sui termini di associazione e di fitocenosi, perch; il ricercare se la coa- bitazione, debitamente stabilita, dipenda da rapporti intercedenti fra le piante stesse o fra ciascuna di esse o da rapporti di carattere misto, po- trA costituire un compito ulteriore e sarebbe affatto prematuro adottare a priori qualunque di queste ipotesi. Sempre obiettivamente Del Villar precisa che la sinecia t una coabitazione unificata individualizzata ciot unificata dalla uniformitl dei caratteri clie l’aggregato presenta nei li- miti della sua estensione ed una coabitazione unificata distinta, in quanto

(*) HUCUET DEL VILLAR E., 1926. Sur la me‘thode et la nomenclature employe‘es duns mon Elude Giobotanique de 1’Espugne. Corn. .to the Intern. Congress of Plant Sciences. Sect. Ecology. Ithaa (New York) 1926. Pag. 541-561. - IDEM, 1929. Giobotanica. Barcelona. 25-1 13.

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differisce, nel suo assieme, dai caratteri che presentano, ciqcuna nel SUO

complesso, le sinecie contigue. Su queste basi poi 1’A. definisce il ter- mine di formazione come la sinecia stessa considerata sotto l’aspetto morfologico, ossia come una coabitazione individualizzata delle forme biologiche dominanti e quindi riconoscibile per una fisionomia caratteri- stica, e quello di associazione come una coabitazione individualizzata dalla sua composizione jloristica. Non c’t poi motivo di subordinare la nozione di associazione a quella di formazione, in quanto i due termini corrispondono a due diverse facce dello stesso fenomeno, Ia sinecia; sino dal 1912 infatti, Pavillard (“) ha sostenuto che la formazione I: l’espressione fisionomica ed ecologica della associazione, nello stesso mod0 che la forma biologica t l‘espressione fisionomica ed ecologica della specie. I1 semplice fatto della coabitazione rappresenta poi giA un rapporto spaziale con l’ambiente, naturalmente risentito da ogni individuo della sinecia conformemente alla sua specificita; e la disposizione rispettiva degli individui, in sen0 alla sinecia, & pure un rapporto oggettivo di situa- zione, un assetto individuale e specific0 e per nulla un fatto di organizza- zione strutturale. L’abbondanza, la copertura, la dispersione, la strati- ficazione ed anche i cosi detti caratteri sintetici, quali la costanza, la dominanza e perfino la specializzazione (fedelta ecologicamente intesa), non sono, oggettivamente, che reazioni alle condizioni di ambiente, espres- sioni quantitative della coabitazione. Lo stesso pub dirsi ancora per la fisionomia e per la composizione floristica, sino a che un rilevamento pu- ramente descrittivo si limita a constatare su dati morfologici e floristici la presenza di questi caratteri e la proporzione che essi assumono entro i limiti della sinecia; particolari insomma della coabitazione.

Partendo da questa base, positiva, la discussione degli appunti fatti alla concezione individualistica e la contestazione riguardante i vantaggi di una concezione fitosociologica, pud venire impostata su tre successivi capit oli.

1) affermante che una interpretazione soddisfacente dell’assetto e della genesi del rivestimento vegetale pub essere fornita soltanto da in- dagini sulla ecologia e sulla corologia degli individui che lo compongono, contrariamente alla obiezione, che ci t stata fatta, che l’osservazione ccche ogni individuo vegetale ha un suo mezzo diverso ed indipendente da tutti gli altri ha un valore assolutamente’ teorico e limitato )) (Tomaselli 1952, 1. c:pag. 34); e che: ctnon esistono individui strettamente autonomi nella loro ecologia e non possono esistere 1) (Mathon 1950, 1. c. pag. 7).

(5) PAVILLARD J., 1912. Essai sur la nomenclature phytogioographique. Bull. de la SOC. Languedocienne de Geographic. 35: 12-14.

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2) dedicato a stabilire che, se i fenomeni di aggregazione degli in- dividui vegetali rappresentano aspetti interessanti della vegetazione, essi non possono in alcun mod0 essere considerati come entit3 concrete; che l’mservazione empirica e la logica escludono che essi possano venire interpretati altrimenti che sulla base dei fattori della loro stazione e della autoecologia delle lor0 specie e classificati altrimenti che su un com- plesso di dati floristici, ecologici, corologici e singenetici; che la descri- zione statica, floristico-statistica delle cornunit3 vegetali, non ha che un valore sommario e prowisorio e non fornisce elementi sufficienti per la interpretazione e la classificazione della vegetazione.

3) destinato a precisare ed a esemplificare l‘applicazione di questi principi a1 rilevamento ed alla classificazione della vegetazione.

B bene premettere, prima di procedere alla discussione delle critiche mosse su queste basi all’indirizzo individualistico, che la contestazione degli appunti fatti dagli studiosi citati t resa malagevole, perch;, pure attenendosi sostanzialmente ai prowedimenti tecnici sigmatisti, essi ten- gono tutti ad affermare pid o meno nettamente il lor0 distacco dalla dottrina ortodossa di Montpellier, esprimendo dubbi e critiche di vario genere, che non concludono per6 sinora con l’enunciato di principii ori- ginali e dimostrati da applicazioni regolarmente descritte. Questa atti- tudine t specialmente rilevabile in parecchi scritti di Tomaselli. B .noto che i risultati dei rilevamenti sul terreno vengono sottoposti dalla Scuola Sigmatista ad una elaborazione tabellare, second0 criteri che, n t Braun- Blanquet stesso, il quale vi allude sommariamente nel suo trattato (”, n t Tuxen e Preising, che pure accennano ad essi, spiegano esplicita- mente e che hanno sollevata una naturale preoccupazione. Scrivono in- fatti i due ultimi AA.: (( I fondamenti e la tecnica della elaborazione ta- bellare (per esempio col sussidio di tabelle parziali delle specie diagno- stiche importanti) non possono venire esposti qui nei lor0 particolari. Soprattutto essi sono difficilmente spiegabili con una esposizione scritta, ma molto pid facilmente insegnabili mediante l’addestramento pratico personale. Per la padronanza dell’uso delle tabelle sono parimenti pre- messe importanti una particolare attitudine, il colpo d’occhio dei rap- porti risultanti dal quadro tabellare ed una grande esperienza di socio- logia, sinecologia e singenesi dell‘associazione vegetale, come pure di fitogeografia, oltre ad una esecuzione corrispondentemente corretta della tecnica da parte di assistenti bene allenati )) (9 (pag. 9). Questo t molto

( 6 )

(7)

BRAUN-BLANQUET J., 1951. Pjlanzensoziologie. Jena pag. 86. TUXEN R. und PREISING E., 1951. Erfahrungsgrundlagen i i i r die Pflanzensoziolo- gische Kartierung des Westdeutschen Grunlandes. Angev:. Pflanzensoc. 4: 1-29.

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singolare, molto poco precisamente esposto ed apre un largo margine a procedimenti sia pure inconsciamente, ma tanto pid pericolosamente, soggettivi. R. Tomaselli, che ha ripetutamente soggiornato a Montpellier e deve avervi fatto questo tirocinio, dato che una delle sue prime contri- buzioni alla letteratura italiana dell’argomento t stata appunto I’esposi- zione dei principi della Scuola di Montpellier vuole evidentemente assicurarci in proposito, quando scrive che (( l’imparare il metodo pra- tic0 dei rilevamenti ed il sistema descrittivo t sicuramente vantaggioso, ma non t esattissimo che uno speciale talento sia richiesto per farne USO. Una buona conoscenza della flora della regione ed il buonsenso di qua- lunque ricercatore sono sufficienti: come sarebbe del resto possibile la diffusione mondiale di un metodo di cui pochi sarebbero capaci di im- padronirsi? La contraddizione mette in evidenza come il metodo sia piuttosto immaturo e gli studiosi poco preparati ad impiegarlo, ‘ l Meglio sarebbe forse attendere e lasciare che ciascuno lavori come crede meglio, portando la contribuzione di punti di vista personali e di metodi diffe- renti. I1 tempo favorirl la selezione degli esperimenti, i metodi pid filo- sofici e sperimentali acquisteranno automaticamente una diffusione gene- rale e si potrl evitare di inculcarli a priori)). Ed altrove aggiunge che: ((la fitosociologia europea non t rappresentata oggi soltanto da quei di- scepoli che seguono fedelmente gli iniziatori del sistema. Essa e anche rappresentata da quegli elementi che, quantunque accettino alcune delle conclusioni fondamentali, mirano a progredire, ad uscire dallo stereoti- pato, a migliorare il sistema di ricerche, analizzando le premesse filosofiche, colmando le lacune ed eliminando le debolezze del sistema. Forse que- ste nuove tendenze, deviano alquanto dalla linea rigida, dogmatica, clas- sics e noi sappiamo che esse non sono bene accette agli iniziatori. In un prossimo futuro il sistema sara leggermente cambiato e migliorato, reso

. pib flessibile. Questa t un’altra conclusione contro le imposizioni del metodo quale esso t oggigiorno D. Tomaselli insiste a pid riprese su que- sta attitudine divergente dalla dottrina sigmatistica originaria che si va pronunciando fra i giovani. Egli infatti riprende: ” .... i discepoli della dot- trina biocenologica originaria possono venire oggi raggruppati in due categorie, delle quali l’una segue integralmente la teoria di Braun-Blan- quet e ne pratica ancora il sistema, sia perchk convinta della sua validid, sia in quanto t costituita da esordienti che hanno tuttora bisogno di guida; I’altra include quei fitosociologi - fra i quali il Tommaselli stesso si annovera - che accettano tuttora i principi fondamentali.della Scuola nozione di associazione, metodo di rilevamento ecc. - ma che seguono

TOMASELLI R., cfr. Metodi di tilevamento (Nota 1). Fitosociofogia ecc. (Nota 1) pas.

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criteri pic o meno personali nella interpretazione della vegetazione ed hanno quindi rinunciato a1 rigido dogmatismo del sistema)) (pagg. 18-19) (g).

Singolari parole per raccomandare I’adesione a1 sigmatismo! Non c’t per6 nulla da obiettare contro queste intenzioni, anzi t desiderabile, a vantaggio del progresso scientifico, che esse passino alla stato di attua- zione e che, all’abbandono di alcuni principii, si accompagni la proposta e la motivazione dei concetti e dei metodi che li dovrebbero sostituire; ma la nota di Tomaselli, si ferma per ora alle intenzioni. Egli & giunto ad una specie di scetticismo che gli consente di ritenere che il sistema migliore sia quello che fornisce la maggiore possibilit:! di utilizzare i dati sperimentali, tenendo presente che, se t necessario per il progresso della scienza premettere, come ipotesi di lavoro, alcuni principi specu- lativi, quando i dati sperimentali non corrispondono ad essi, 6 sempre possibile riprendere il lavoro su altre basi e ritornando a1 punto di par- tenza. Cosi il sigmatismo & sempre andato avanti, malgrado che parec- chie persone, pure apprezzando la sua tecnica, desiderino di svalutarne il lato teorico, come osserva Giacomini, presentando la fitosociologia come un ben congegnato sistema di metodi di rilevamento, condotto da idee generali mancanti di realta (lo). E Tommaselli aggiunge che con queste idee ed altre molto simili, si e lavorato in Europa da decenni ed aggiungendo esperienza ad esperienza, senza determinare nessuna crisi del sistema teorico (I1). Anche questo t vero, ma i ricercatori che, in una fase pioniera della ancor giovane fitosociologia hanno utilizzato i suoi metodi, che. in parte sono oggi acquisiti alla scienza come utili, hanno anche accettata la sua impostatura teorica. Cosi t awenuto, in un altro campo, per la teoria monoclimacica ed organicistica di Clements, attorno alla quale, per un paio di decenni si t organizzato il lavoro dei biolocenogi americani e che quindi ha esercitato una funzione che non pub essere affatto svalutata, anche se, nella sua forma originaria, la dottrina di Cle- ments rappresenta uno schema superato; ma i naturalisti americani che hanno impiegato questo schema, vi credevano fermamente e lo hanno strenuamente difeso; mentre i nostri sigmatisti non credono pic nella dottrina di Montpellier e non propongono nulla di meglio a1 posto che, come conclude Tomaselli, (( una unione di vari sistemi, floristici e fisio-

(g) TO~MASELLI R. cfr. Fitosociologia ed unitd della vegetazione (Nota 1). I1 testo di questa nota, che dovra essere ripetutamente citata, 6 stato steso in lingua inglese. Ho tradotta questa citazione, come del resto ho fatto per numerose altre in&- cazioni del lavoro, per facilitarne la lettura e procurando di attenermi scrupo- losamente a1 testo.

(lo) GIACOMINI V. cfr. Considerazioni ecc. (Nota 1). (”) TOMASELLI R. cfr. Fitosociologia ecc. (Nota 1).

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nomici, ecologici o corologici e floristici, fitocenotici e dinamici ecc., per tentare di collegare vari indirizzi europei ed americani, conforme- mente agli scopi di ciascun caso specific0 e con lo scopo di ottenere nuovi e pih efficenti metodi descrittivi 1) (Iz).

Concludendo, noi ci troviamo nella condizione di dover difendere il nostro criterio individualistico di interpretazione della vegetazione, contro la propaganda di una Scuola della quale i nostri critici accettano, non senza riserve, il metodo e svuotano di contenuto i criteri direttivi - che almeno nella prassi sigmatistica sono precisi e conseguentemente applicati -, con una serie di riserve che non introducono nessun ele- mento dottrinario nuovo, nessuna direttiva precisa di studio. Fra gli estremi dell’organicismo e dell’individualismo; (( in una posizione pili equilibrata intermedia 11 (scrive anche Giacomini), i fitosociologi europei, nella maggioranza (?), ccconsiderano ragionevolmente l’associazione vege- tale come una fase di equilibrio pili o meno stabile nell’incessante gioco delle competizioni che si svolgono fra le piante per la conquista dello spazio e del nutrimento (questo ci pare un truism0 accettabile da tutti, ma che non prospetta nl: criteri nl: ipotesi!) e ritengono che per questa via di mezzo, fra la sopravalutazione e la negazione, restino aperte molte possibilith di utilizzare, sia i complessi concetti dinamici delle Scuole Americane o i concetti degli strutturisti della vegetazione, come le co- gnizioni sui singoli rapporti individuali, quali possono venire indicate da una indispensabile analisi causale 1). Ma purtroppo, poichl: una cono- scenza anche supediciale della letteratura dimostra che queste Scuole prendono le mosse da principii diversi e talora opposti, sono questi principii che bisognerebbe coordinare attorno all’enunciato di una idea personale e tale da orientare la eventuale convergenza di indirizzi sinora discordanti, onde evitare che la desiderata unione non sfoci in una con- fusione.

b) FITOCENOSI E BIOCENOSI.

I nostri critici ci hanno proposto, inoltre anche un nuovo e vasto problema, sul quale bisogna pur prendere preliminarmente posizione, tanto sotto l’aspetto concettuale, quanto sotto quello metodologico. Si tratta dell’attitudine che il fitocenologo deve assumere nei riguardi del- l’elemento animale e dell’elemento microbico, inseparabili in natura da quello vegetale e costituenti, con esso, quello che Clements e Carpenter hanno chiamat? il (( bioma )I. Non l: logicamente possibile astrarre dal fatto che questi tre diversi elementi coabitano e sono cosi intimamente

(I*) TOMASELLI R. cfr. Fitosociologia ecc. (Nota 1).

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coordinati, che il considerare uno di essi separatamente dagli altri non pub rappresentare che un artificio, certo necessario per lo studioso, ma di valore esclusivamente pratico. In altre parole, il mondo animale pub essere considerato dal fitocenologo come un fattore stazionale esercitante sulla vegetazione una determinata azione, della quale naturalmente si deve tener conto, come di quella di qualunque altra influenza esterna; oppure possiamo prefiggerci di attuare una tecnica che ci consenta di con- siderare direttamente il bioma nel suo complesso e di giungere alla sua interpretazione attraverso una indagine obiettiva, unitaria e contempo- ranea degli elementi che lo costituiscono, cib che equivale ad ammettere, od almeno a presumere preventivamente, nel bioma, proprieti maggiori o diverse da quelle presentate dalla somma delle proprieta degli elementi che lo compongono? in questo caso la fitocenologia, dottrina del rivesti- mento vegetale, rimarrebbe svuotata di un contenuto proprio e ridotta ad un capitol0 della biocenologia. Ci pare di non essere ancora giunti a questo punto e che forse non vi si debba giungere affatto, anche perch6 non k contestabile che, quand’anche si volesse considerare la popolazione delle biocenosi alla stregua di una combinazione passiva di oggetti inerti, o meglio come l’immagine fotografica, istantanea della comuniti, sarebbe difficile prescindere dall’ammettere in ogni caso, la precedenza della costituzione della comunita vegetale su quella del rispettivo popolamento animale. Anche i tempi della costituzione delle comunita microbiche sono sfasati per rispetto a quelli della occupazione della stazione da parte della popolazione vegetale e rispettivamente della penetrazione della fauna; e non 2: quindi ragionevole non tener conto, della ricostruzione cronologica, di questo ordine di precedenza, pure ammettendo, che in pratica, i suoi vari momenti non sono disposti cosi regolarmente e che bisogna were presente I’eventualita di continue interferenze fra di essi.

E in ogni mod0 in rapport0 con questa tendenza, che il termine di biocenosi, proposto sino dal 1877 dal Mobius e dopo di lui utilizzato quasi esclusivamente’ dagli zoologi, sin0 a che anche i botanici se ne sono impadroniti, correggendolo, per l‘uso, nel termine di fitocenosi (‘9, favori I’aspirazione a considerare sinteticamente l’intera popolazione vivente nelle singole stazioni ed il gioco reciproco dei suoi componenti fra di loro, e con l’ambiente stazionale. Che il compito non fosse facile, in quanto si risente di tutta la debolezza insita, non soltanto nella estrema complessiti della composizione di una comunita di questa natura, ma soprattutto nel possibile slittamento verso una concezione organicistica,

(13) GAMS H., 1918, Prinzipienfragen der Vegetationsforschung. Vierteljahrs. d. Na- turforsch. Gesell. in Zurich, s. 293-498.

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od almeno olistica, del complesso vivente considerato in se stesso, del bioma, pu6 facilmente vedersi dagli esami degli schemi proposti per l‘analisi delle cornunits biologiche. I1 saggio di Bruijns per esempio pubblicato proprio dalla S.I.G.M.A. (“), pure limitato ai rapporti della fauna malacologica con la vegetazione, t un lavoro molto diligente, una raccolta di materiali assai interessanti, che tuttavia non oltrepassa la fase di un raffronto fra due statistiche - quella della flora e quella dei mol- ’ luschi terrestri - di un certo numero di stazioni. Esso k del resto l’ap- plicazione della procedura logicamente suggerita da Braun-Blanquet nel capitol0 di (( Pflanzensoziologie )) (9 dedicato all’influenza dell’uomo e degli animali sulle piante. Esso stabilisce che, dato che l’ecologia della associazione vegetale k oggi a grandi linee conosciuta, (?) diventa possibile rendersi molto pib precisamente conto delle condizioni biologiche ed ecologiche che essa offre alle specie animali. Per esprimere per6 sinteti- camente i rapporti fra le associazioni vegetali ed il mondo animale, che s’incontrano in una medesima stazione e possono quindi ritenersi appar- tenenti a110 stesso bioma, I: necessario, sia considerare isolatamente sin- gole specie o singoli gruppi di specie animali ecologicamente affini, nei loro rapporti con le associazioni vegetali, sia, quando si voglia com- prendere nello studio l’intera popolazione vivente della stazione, costi- tuire un intero collegio di collaboratori specializzati, i quali poi stabili- scano, gruppo per gruppo, le condizioni di inserzione della popolazione animale sull’ambiente biotic0 precostituito dalla vita vegetale e micro- bica. Rimane per6 a vedere se le conclusioni dello studio monografico dei singoli gruppi animali nci riguardi della loro inserzione nella stazione coincideranno.

D’altra parte Tansley, pure avendo prospettato sino dal 1936 (I6) e puramente in linea teorica, la convenienza di considerare l’intero si- stema ecologico di una stazione, includendovi, non solo il complesso degli organismi, ma anche quello dei fattori fisici che ne hanno consen- tito il raduno e determinano la permanenza della comuniti integrata (ecosisterna), afferma che le piante e gli animali sono troppo diversi nelle lor0 esigenze e manifestazioni biologiche, per venire utilmente conside- rati come membri di un’unica comunita; le corrispondenze fondamentali esistenti fra di essi a cagione dell’uniti della sostanza vivente, rientrano ampiamente piuttosto nel campo della fisiologia che in quello della eco-

(“) MORZER BRUIJNS M. F., 1947. On biotic communities. S.I.G.M.A. N. 96. (Rias- sunto della tesi dell’A. presentata all’UniversitA di Utrecht).

(lS) BRAUN-BLANQUET J., 1951. Pjlanzensotiologie, s. 360-63. Wien. (la) TANSLEY A. G., 1935. The use and misuse of vegetational concepts and terms.

Ecology. 16: 299 segg.

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logia. Ecologicamente, piante ed animali sono anzitutto antagonisti e lo stesso si pu6 dire del resto per le Tallofite, in particolare per i funghi e per l’intero mondo microbico, che rientrano anchtessi nel bioma e col bioma nell’ecosistema, pure conservando la loro biologia caratteristica. Noi non possiamo del resto sottrarci alla considerazione della posizione. principale delle piante verdi che sono il fondamento della vita della bio- cenosi, sia perchk le piante verdi tendono a vivere aggregate ed hanno le stesse esigenze generali in rapporto col loro ambiente, sia perchk esse assumono frequenti rapporti ecologici di interdipendenza, cosicchk la nozione di comunita vegetale riesce praticamente utile. Anche metodo- logicamente t spesso necessario studiare separatamente il complesso ve- getale ed il complesso animale e spesso anche distinguere in essi aggre- gati minori (9. Anche Siors (la) si t ,pronunziato contro la legittiinit2 di considerare le piante e gli animali, che popolano una stazione, come costituenti di una unitl fisiologicamente integrata. Per parecchie ragioni infatti, la interdipendenza di talune specie animali e talune specie vege- tali pub risultare meglio quando essa venga considerata in rapporto con le condizioni di ambiente o di assetto di una comunita vegetale, di quanto non venga definita dalla composizione floristica di quest’ultima (Gisin 1947), cib che limita la possibilitA di ammettere il parallelismo fra la comunita vegetale e la comunith animale, considerate complessiva- mente. Inoltre fenomeni quali la produzione, l’esigenza di particolari ni- ches per la riproduzione ed il ricovero, la relazione sociale dipendente da autentici fatti d i attrazione reciproca, ecc., che sono nozioni fonda- mentali della biologia animale, non presentano nessuna importanza o ne hanno una minima per la vita delle piante; invece la stratificazione relativamente semplice di parecchie comunita vegetali, assume una com- plessith assai maggiore nelle commit2 animali (Allee et Al. 1949). Per questo k abbastanza owio che il paragone della comunita biologica ed anche della sola fitocenosi, con un organismo non k giustificabile; e che le differenie essenziali, inequivocabili, che intercedono fra le condizioni del popolamento vegetale e quello dell’animale, non sono rimosse dal semplice fatto di foggiare il termine di organismo complesso o di bioma per la comunita biologica.

Per noi che applichiamo metodicamente il criterio autoecologico alltesarne dei fatti biocenologici, anche allo stesso parassitismo, suddi- videndo sin0 a1 limite del divisibile, studiando ciot caso individuale per

(17 TANSLEY A. G., 1939. British Ecology during the past Quarter Century: the Plant Community and the Ecosystem. The Journ. of Ecology. 27:-517.

(I8). SJORS H., 1955. Remarks on Ecosystems. Svensk Botanisk Tidsckrift. ‘49: 156.

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caso individuale ed evitando cosi la nebulosa scala di simbiosi dells quale sembra compiacersi Giacomini, senza chiedersi poi come queste simbiosi possano essere inquadrate nella comuniti (I9), questo mod0 di vedere non 2: affatto imbarazzante, perchk, mentre l’associazione, ente astratto del sigmatismo, t un quadro immodificabile, vero letto di Pro- custe applicato alla vegetazione e non concordante coll’instabilita della po- polazione animale, le caratterjstiche ecologiche di ogni ecoide ed eventual- mente di ogni individuo animale, caratteristiche spaziali, alimentari, accre- scitive, moltiplicative, sono sempre paragonabili e le influenze ambien- tali sulla popolazione, tanto vegetale che animale, facilmente definibili, sia che esse interessino l’intera stazione, sia che rappresentino manife- stazioni pili o meno localizzate in sen0 ad essa. Insomma, poichl: i due elementi - vegetale ed animale - non presentano una perfetta coinci- denza di distribuzione nella stazione, diventa necessario avere presenti, in ogni caso, la condizione ambientale creata dalla presenza dell’elemento vegetale o per lo meno di parti di esso, a1 momento dell’ecesi, poi della coabitazione di quello animale, cib che del resto, sia detto di passaggio, presenta una notevole analogia cot rapporto, che si stabilisce nell’ambiente limitato della fitocenosi, fra la forma biologica dominante e le specie subordinate che compiono la lor0 ecesi nell’ambito della sua influenza.

Anche a questo punto si delinea un distacco della concezione dei nostri critici (Giacomini e Sacchi) dalla dottrina sigmatista. Essi contrap- pongono infatti a1 metodo usuale di prendere le mosse dalla vegeta- zione per giungere alla biocenosi, tanto che, anche quando si parta dal riconoscimento preventivo del bioma, lo spunto viene dato implicita- mente dalle grandi linee del paesaggio vegetale, la tendenza pili recente a non considerare sempre necessaria una preliminare inchiesta sulla ve- getazione ed a condurre l’indagine sui due regni parallelamente, ma con criteri causalmente indipendenti. Molte ricerche con questo indirizzo sono state condotte su biocenosi acquatiche, ma i nostri critici affermano che, per quanto si possa osservare che l’ambiente aerobio manca di un fattore uniformante, quale le masse d’acqua sono per l’ambiente idrobio, anche nel caso delle biocenosi terrestri, ove la vegetazione ha verosimil- mente una importanza mesologica, se non nutrizionale, superiore, il me- todo che converge su correlazioni fra animali k piante, partendo indi- pendentemente dai due gruppi di viventi.e non considerando, sia pure come 3potesi di lavoro, la vegetazione come fattore determinante, t , second0 loro, il pih realistic0 e pib fecondo che sia stato seguito sinora. ( ? O ) .

(lo) GIACOMINI V., cfr. Considerazioni ecc. pag. 5. (Nota 1). (*o) GIACOMINI V. e SACCHI C. F., cfr. Sui rapporti, ecc. p. 35-40. (Nota 1).

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Gli esempi citati a favore di questa tesi non sembrano per6 molto persuasivi. I1 Sacchi stesso del resto, riprendendo poche pagine prima una suddivisione giA proposta in un lavoro precedente (?I), considera come possibilith estreme di (( combinazioni fra comunith di piante e di animali: 1) consorzi animali che coincidono con consorzi vegetali, percht presentano stretti rapporti di indipendenza nutrizionale da questi; 2) con- sorzi animali che coincidono con consorzi vegetali, percht sono entrambi l'espressione di determinate condizioni di ambiente e che pertanto, fermo restando il complesso generale dell'economia stazionale, possono soprav- vivere ad un mutamento anche profondo del tappet0 vegetale. 1) Ora, anche prescindendo dai numerosissimi casi intermedi, 6 certo che, di queste due possibilith estreme, la prima presume senz'altro come ne- cessaria l'occupazione preliminare della stazione da parte della vegeta- zione, la quale, a sua volta, diventa stazione per la fauna; la seconda non t evidentemente interpretabile sulla base di una idoneith generale della fauna a1 pabulum offerto dalla generalith della vegetazione, che non I: in condizioni naturali, neppure ,verosimile, ma piuttosto ammettendo altrettante combinazioni singole - che possono essere affini od etero- genee quanto si vuole, ma ciascuna costituita indipendentemente - quante sono le specie, anzi gli individui animali e ci& una spiegazione individualistica. In queste condizioni, che possono anche essere quelle di una comunith aperta ed instabile, h probabile che lo sviluppo ulteriore della fitocenosi, conduca, una volta raggiunta la saturazione dello spazio disponibile da parte della vegetazione, ad una riduzione anche nella diversith degli ecoidi animali, ma questa sarh sempre awenuta a1 h e l l o delle combinazioni individuali a1 quale essa k in ogni caso possibile, la condizione e quindi la fisionomia della biocenosi, non risultando modifi- cata, se non quando la somma di queste manifestazioni, singole ed auto- nome, non abbia raggiunto un valore diverso naturalmente da biocenosi a biocenosi e da momento a momento. Questo k probabilmente anche il pensiero di Giordani Soika, che del resto, parte nelle sue ricerche da un criterio individualistico e che, in ogni modo, centra la sua interpreta- zione non tanto sulla biocenosi (= olocenosi G-S), quanto sulla bioce- nosi elementare, piccolo raggruppamento di un numero limitato di indi- vidui dipendenti da fattori speciali ("). Sotto questo, punto di vista debtono

(*I) GIACOMINI V. e SACCHI c. F., cfr. Sui rapporti, ecc. c. p. 28 cfr. anche SAC- CHI C. F., 1952. Considerazioni metodologiche e richerche ecologiche e zoogeogra- fiche sulle malacocenosi'litorali in Italia. Boll. SOC. Veneta Stor. Nat. 7: 155-56.

(2:) GIORDANI SOIKA A., 1944. Studi sulle Oloceosi. 1. I1 nuovo concetto di Oleocenosi nell'ecologia e nella biogeografia. Atti 1st. Veneto Sci. Lett. ed Arti, 104: 761-70.

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essere comprese le sue osservazioni sui rapporti intercedenti fra animali e vegetali coabitanti. (( I1 concetto di biocenosi (= olocenosi G-S e cioi: cenosi complessa determinata pih che altro da fattori ambientali, (1. C.

pag. 764 e nota I), che trova una facile applicazione in botanica, 15 men0 facilmente applicabile alla zoologia, in quanto i fattori che determinano una zoocenosi sono molto complessi e solo in parte coincidono con quelli che determinano una fitocenosi (1. c. pag. 763) .... Sono necessarie alcune premesse per precisare la posizione degli ecoidi animali, rispetto a quelli vegetali. I rapporti fra individuo ed ambiente sono molto complessi; in particolare i vegetali hanno rapporti pressochi: esclusivi con il ter- reno e con I’atmosfera, gli animali hanno continui rapporti, pih o men0 necessari, col terreno e con l’atmosfera, ma anche con piante ed altri animali, il che rende assai complesso lo studio dei fattori che determinano le cenozi stesse...; i rapporti fra piante ed animali sono, per lo pih, netti e diventano per lo pih strettissimi per le molte specie e generi monofagi (I’A. i:‘ entomologo) ed allora abbiamo specie e generi animali legati a specie e generi di piante che seguono nella lor0 distribuzione geografica 1).

(1. c., pag. 767). Anche qui tutto il ragionamento riposa implicitamente sull’inserzione del mondo animale sul mondo vegetale e quindi sulla necessaria conoscenza delle condizioni che questo crea per quello nella stazione. Questo concetto appare del resto applicato nei numerosi la- lavori successivi dell’A.; non c’; evidentemente nessuna differenza fra la costituzione di una zoocenosi elementare su di una pianta isolata, in una stazione la vegetazione della quale sia tuttora aperta, dalla ripetizione del medesimo fatto su di una pianta costituente parte di una fitocenosi chiusa e matura, anche ammettendo che I’ambiente in cui esso si verifica sia alquanto modificato, tanto per la pianta quanto per l’animale o la colonia animale, dal fatto di awenire in sen0 ad una comunith vege- tale chiusa: il rapporto: individuo vegetale - individuo animale, non si sposta all’infuori della tolleranza specifica dei due contraenti.

Altra citazione poco calzante come dimostrazione della opportunith dello studio parallelo, ma indipendente, dei due elementi animale e vege- tale del bioma, ci sembra quello del lavoro di C. Overgaard sulle comu- nit3 animali briofiticole, ove la vegetazione muscinale i: considerata piut- tosto come uno dei fattori mesologici, che non come il fattore determi- nante e neppure nutrizionale della composizione delle comunit:! animali inserite sopra di essa. Determinante sarebbe invece il contenuto d’acqua degli strati muscosi e la variazione di questo contenuto condizionerebbe il succedersi di due tipi diversi di biotopo, coincidenti nello spazio, ma separati nel tempo e cioi: rispettivamente dell’ambiente idrobio (micro- fauna) e dell’ambiente aerobio (artropodi). Importante i: la composi-

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zione floristica, tranne per poche briofaghe, data la diversa possibilita di ritenzione idrica dei diversi tipi di pulvini muscinali, ma le differenze floristiche sono, alla lor0 volta, espressioni di differenti condizioni am- bientali (riferito in Giacomini e Sacchi 1. cit. 37-38). Qui la interpreta- zione individualistica appare ancora pili inevitabile, non soltanto perch& la precedenza dell’ambiente biotico vegetale i: imprescindibile, ma per la diversa idratura (causa determinante primaria) dei singoli aggregati monospecifici dei quali il substrato t costituito; & infatti normale che la costituzione di piccoli aggregati monospecifici abbia come limite l’ecoide. Vedremo infatti pi6 oltre, come il raggruppamento dei singoli ecoidi, sin0 a giungere a1 massimo grado di integrazione possibile per una mi- croassociazione, non pub essere fondato, data la variabiliti dei biotopi su piccolo spazio, che sul riconoscimento di numerosi ed intricati feno- meni di correlazione fra gli individui.

I principii fondamentali comuni alla ecologia vegetale ed animale regolano la proporzione, la dispersione e naturalmente anche la sele- zione delle singole specie in tutte le forme di aggregati anche minimi, tendendo sempre, sotto la spinta dell’accrescimento e dell’ abbondante moltiplicazione, ad una integrazione che non viene tuttavia raggiunta integralmente che nell’ecoide; per questo le esigenze dell’individuo sono il criterio fondamentale anche della sinecologia, la quale ricerca, non le possibilitl della fusione impossibile degli individui in un tutto concreto ed unitario, ma le condizioni e le leggi della lor0 coabitazione. Pratica- mente quindi una indagine parallela, anche condotta da un collegio di specialisti, sulla biologia di una biocenosi, data l’inevitabile differenza fra le ‘esigenze e le reazioni particolari delle piante e degli animali e la fondamentale importanza trofica e protettiva, che la preesistenza in una popolazione vegetale rappresenta per lo stabilirsi di una fauna, costituirP forse un tentativo interessante, ma non rappresentera, nk una semplifi- cazione, nC un guadagno di tempo, in confront0 alla regolare progres- sione delle indagini, dall’ambiente fisiografico alla popolazione vegetale e da questa alla popolazione animale. quindi indispensabile che, in ogni caso, I’analisi fitocenologica, la quale possiede una sua fisionomia particolare, preceda l’indagine sui rapporti che l’elemento animale assume colla stazione. Non si esclude, per questo, la possibilitl, forse la frequenza, del fatto che, nel corso del rilevamento della fitocenosi, non s’imponga la necessh di prendere in considerazione parziali fatti di cor- relazione fra piante ed animali, dipendenti da nessi riconoscibili espli- citamente fra la coesistenza di due specie, oppure tali da lasciare preco- cemente intravedere qualche orientamento dell’assetto generale del bioma. Forse t questo che hanno inteso dire Giacomini e Sacchi (1. c. pag. 22

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estr.), alludendo alla possibilith di risolvere sino dalle prime coordinazioni di associazioni, ma gih a h e l l o biocenologico, difficolth che la fitosociologia non aveva ancora superate. Ma, per quanto si k detto, non vediamo come deduzioni di questa importanza e neppure la scoperta di indicatori degni di fiducia di fatti ecologici o di processi successionali, possano ricavarsi altrimenti che dall’intima analisi del popolamento, prima vegetale poi animalt-, spinta sino all’individuo, in quanto questa non ci fornisce semplici presunzioni, ma dati sicuri.

In conclusione sembra a noi che i nostri critici si siano fatta illu- sione sui vantaggi, tanto teorici quanto metodologici, del rinunciare dal considerare a parte e come premessa necessaria, la costituzione della vegetazione; ricerca che pub essere anche uno studio specializzato, quando sia utile e non perdere il suo carattere neppure per I’anticipato ricorso alla precisazione di eventuali rapporti della vegetazione col mondo animale. Noi ci riferiamo del resto continuamente, nelle ricerche sulla ecologia della vegetazione, e cib senza far sorgere incertezze di apprezzamento, alle sue relationi, non soltanto con l’ambiente abiotico, ma anche col- multiforme mondo microbico. Non 2: poi auperfluo ripetere qui che, second0 noi, tutti questi rapporti complicati e labili tra complessi abio- tici e biotici, risultanti, alla lor0 yolta, dalle reazioni intercedenti fra innumerevoli e svariatissimi elementi, in stato di continua variazione qua- litativa e quantitativa, per ragioni di accrescimento, deperimento, molti- plicazione, penetrazione di disseminuli nella statione, non possono essere interpretati che mediante il riferimento alle combinazioni delle loro unit; ultime ed indivisibili. Giacomini e Sacchi sono i primi a riconoscere che non si possono applicare completamente alle associazioni i criteri ed i metodi, specialmente quantitativi, in us0 per le associazioni vegetali e che bisogna tener conto delle grandi differenze, soprattutto fisiologiche, e delle grande molteplicith di tipi che gli animali presentano per rispetto alle piante (1. c. pag. 20 estr.). I n queste condizioni noi ci domandiamo come, per mancanza di idoneita, dipendente da precise ragioni di inassimi- labilith materiale e concettuale, sia possibile l’adozione, a titolo di uniti elementare della biocenosi, della associazione vegetale intesa in senso sigmatista. E neppure vediamo come, anche ammettendo che fitocenosi e zoocenosi non siano che (( aspetti )) della biocenosi, privi di significato sostanziale (1. c. pag. 21 estr.) (e non lo ammettiamo, preferendo consi- derarle come due forme reali, distinte ed interferenti, di occupazione della stazione da parte di ecoidi costituiti da individui accidentalmente diffusi, viventi autonomicamente e, principalmente nel caso dei vegetali, tendenti ad assettarsi nelle stazioni raggiunte sino a1 limite della utilizzabilith integrale dello spazio), sia possibile far collaborare alla sintesi biocenolo-

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gica, ricercatori partiti da premesse concettuali cosi diverse, quali sono quelle che attualmente si contrappongono in fatto di dinamismo della vegetazione, di partecipazione dell’ambiente alla definizione delle unit2 sinecologiche, di condizioni di coabitazione degli individui vegetali ed animali nel biotopo, di coordinazione topografica e geografica delle unit2 sinecologiche e cosi via. Cosi se i nostri critici (1. c. p. 22-23 estr.), pre- ventivando un programma di ricerche sulle biocenosi, distinguibile in due fasi, una prima fase biosociologica ed una seconda biocenologica, ritengono che quest’ultima entri efficacemente in azione, quando si coor- dinino anche due sole associazioni (non importa se esse constino di soli animali o di sole piante), tentando di delineare le relazioni che intercor- rono fra di esse o con l‘ambiente comune, iioi dubitiamo fortemente che si possano risolvere cosi, a1 h e l l o biocenologico, dificolta che la fitoso- ciologia non aveva ancota superato. Metodologicamente cib corrispon- derebbe all’inversione del tradizionale principio Cartesian0 di decomporre I’oggetto della ricerca - qui la biocenosi - nelle sue parti piti semplici e piti facilmente accessibili all’esame - qui l’individuo considerato come membro di una specie nelle sue reazioni all’ambiente elementare - e di non ritentarne la ricostituzione che dopo aver raggiunta una cono- scenza sufficiente o almeno la migliore possibile, delle unit& elementari.

Tomaselli non si t particolarmente occupato dei rapporti fra bioce- nosi e fitocenosi. Mathon invece (*9 si awicina alla nozione di ecosGtema, quale L stata definita nel 1935 da Tansley; ma della sua concezione dei rapporti fra fitocenosi, biocenosi e stazione, nella quale la questione dei rapporti fra vegetazione e mondo animale non t specificamente pro- spettata, dovremo parlare largamente piti avanti.

CAP. I. - AUTONOMIA DELL’INDIVIDUO VEGETALE NELLA COMUNITA

a) I TERMINI DELLA CRITICA DEL PRINCIPIO INDIVIDUALISTICO.

Veniamo ora a discutere il primo degli addebiti che ci sono mossi dai nostri critici, quello anzi che costituisce l’appunto fondamen- tale e ci& l‘aver enunciato sino dal 1914, il principio ((logicamente forse sostenibile, ma praticamente dissolvente )) della . autonomia del- l’individuo vegetale nella comunita e della opportunith di interpretare quindi l‘assetto e la successione della vegetazione in base alla autoecologia delle specie che la costituiscono.

(23) MATHON CL. CH. cfr. A propos de la Phytosociologie ecc. (Nota 2).

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Giacomini ritiene di aver spiegato come noi siamo giunti alla con- cezione individualistica della vegetazione. (( Dovrebbe apparire subito evi- dente che, per tale via (l’indagine causale), una ricerca dei rapporti com- plessi di piante aggregate in un ambiente comune & praticamente irrea- lizzabile; percib si k giunti ad ammettere il problema solo nei suoi ter- mini pic semplici: l’analisi dei rapporti di una singola pianta col suo pro- prio ambiente, da cui la negazione di altre possibili relazioni pih com- plesse. ReaIi e determinate sarebbero soltanto la ecologia individuale, non esisterebbe una ecologia collettiva, una sinecologia in senso stretto che caratterizzi uniti superiori all’individuo (”) .... second0 Negri fe re- lazioni fra singolo vivente ed ambiente (ecoide), sono di significato asso- lutamente preponderante in confront0 a quelle che possono intercedere fra diversi individui riuniti (( casualmente 1); manca a queste ultime re- lazioni ogni carattere di necessiti, che giustifichi una tipologia dei con- sorzi .... L’accomodamento ecologico totale non si verifica che nei ri- guardi dell’individuo (Negri 1935); I’ecoide & (( unith elementare del- l’ecologia )); fra individui vegetali popolanti un determinato ambiente in colonie pure od in qualunque mescolanza od assetto di specie diverse, non intercede collaborazione attiva ai fini del tnaggior benessere della collettivid, ognuno di essi svolgendo il suo ciclo vitale in condizioni di stretta autonomia (Negri 1953) ... (pag. 4). (( Non riteniamo giusto, no- tan0 $la lor volta Tommaselli e De Micheli (9, a1 grado attuale delle nostre conoscenze ecologiche, dire che la fitocenosi i: un affiancamento di individui indipendenti nella loro ecologia e limitarci a considerare ogni specie isolata in equilibrio nel proprio mezzo, anche se, in qualunque grande mescolanza specifica, non c’t .... collaborazione attiva per il mag- gior benessere della collettivith. Infatti, anche se non c’i: la collabora- zione, resta pur sempre una azione reciproca (acidificazione del terreno, variazioni microclimatiche, emissione di rizotossine ecc.), un complesso di fattori ambientali ed un nesso di correlazioni, che determinano una ecologia collettiva e quindi una comunith con un importante significato; anche ammettendo che le specie si riuniscano, all’inizio, indipendente- mente le une dalle altre, ma per l’influenza di condizioni ecologiche simili, esse sono egualmente in rapport0 fra di loro, se pure indirettamente, tramite il mezzo, che t quindi il fattore determinante della via di colle- gamento. L’osservazione che ogni individuo vegetale ha un suo mezzo diverso, ha un valore esclusivamente teorico e limitato; il mezzo A, per

(23) GIACOMINI V . cfr. Considerazioni ecc. p. 4-5. (Nota 1). (2j) TOMASELLI R. e DE MICHELI N. cfr. Su alcune associazioni di licheni epififi, ecc.

1. c. (Nota a pag. 33) (Nota 1).

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esempio, anche se non t (( assolutamente I) identico a1 mezzo B, che gli sta a fianco, pub rientrare benissimo nello stesso (( intorno )) ecologico, il solo rilevabile in pratica. (( I1 y a encore - scrive CI. Ch. Mathon (z6) des irreductibles n'admettant pas ces jaits (le interazioni fra le condizioni-cir- costanze, fra componente e risultante del complesso ecologico; e chi pub negarle, salvo ad apprezzarne oggettivamente il determinism0 e la portata? Qui mi pare si faccia la consueta confusione fra interazione ed interrattrazione, fra assetto ed organizzazione); tel l'italien Negri, qui n p u afirmer : Entre l'individu vigital et son habitat existe un ichange con- tinuel et compost d'actions et de reactions qui continue pendant toute la vie de l'organisme. L e sistkme equilibrt en resultant (l'icoide, Negri 1914), peut &re pris comme m i t t klementaire de l'icologie. I1 n'y a pas de relations entre les differents individus vtgttaux .... L a phytocknose .... est une collection d'in- dividus vtgttaux strictement autonomes - d a m leur icologie (icoides) , immi- g r b par hasarcl duns une station donnie ci cause de l'influence stlective des exigences communes sans lequelles la collectivitt ii'est pas possible. )) Negri Cmet la une contradiction flagrante, qu'il repkte d'ailleurs deux jois, mais qu'il ne peut dipasser, que s'il dtveloppe les consiquences de ses affirmations contradictoires. L a concurrence entre les espices, due ci leur groupement ))

(( grcice ci l'influence stlective des exigences communes )), l'action modificatrice d'un individu sur son substrat qui ci son tour agit sur cet individu et sur d'autres etc. prouvent amplement les interaction directes ou indirectes entre les vtggltaux. M i m e si elles peuvent ne pas apparaitre d un moment donnt, ces interactions n'en exisFent pas moins d l ' t tat latent )). E altrove: (( Egual- mente il problema del sapere se la concordanza fra una biocenosi deter- minata ed un biotopo dato, t dovuta unicamente alla preferenza di ogni pianta individualmente'per un certo biotopo s. s., si basa su di una do- manda sbagliata. Infatti le piante che si installano sulle frane, per il fatto stesso della loro presenza, modificano le frane stesse. Le intera- zioni fra il substrato ed una data pianta, sono in interazione con un altra pianta, con altre piante, con tutto il complesso ecologico di una frana. L'interdipendenza fra le piante delle frane, non apparente all'inizio, esiste tuttavia all0 stato latente (?), diventa rapidamente rnanifesta quando il ricoprimento (epigeo od ipogeo) del suolo aumenta ed ha un ruolo evidente nell'ulteriore sviluppo della pietraia. Non esistono praticamente '' individui strettamente autonomi nella lor0 ecologia ". e non possono esistere 1) (2').

Abbiamo raggruppate le obiezioni essenziali dei 'nostri egregi opposi- tori, perch& esistorio fra di esse interferenze che potranno rientrare sotto

(zB) MATHON CL. CH. cfr. A propos de f a Phytosociofogie. ecc. p. 235. (Nota 2). (27) MATHON CL. CH. cfr. Appunti sulfa vegetazione, ecc. p. 6-7. (Not3 2).

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la medesima contestazione. Non sembra a noi che possa venire seria- mente considerata la supposizione di Giacomini che l'indirizzo indivi- dualistic0 si riduca ad un ripiegamento su di un termine piG semplice, di fronte alla pratica impossibilita di stabilire, su basi prevalentemente ecologiche, il complesso dei rapporti di un gruppo di piante dotato di esigenze specificamente ed individualmente diverse, con un biotopo il quale rappresenta a sua volta un vero e proprio mosaic0 ecologico. Si tratta di due complessi che non potranno mai esattamente coincidere come totalita, anche se le lor0 singole parti sono rappresentate, per il biotopo da fattori generali fisiografici o biotici, per le piante dalla soddisfazione di al- cune esigenze comuni. I1 rapport0 organism0 vegetale-biotopo individuale 1. un dato di fatto: invece ci6 che ci apprende fa semplice osservazione di un aggregato qualunque di piante, di una sinecia, per usare il termine molto generale adottato da H. Del Villar, t semplicemente (9 il fatto dell'incontro di un certo numero di individui. Si tratta nell'inter- pretarlo, di ricercare quale delle possibili ipotesi e cioi l'individualistica, l'organicistica (Clements) od una condizione (( sociologica )), della quale C molto difficile precisare la natura, ma sulla quale convergono precisa- mente le scuole fitosociologiche, presenti la maggiore attendibiliti,

Bisogna dunque vedere se alla sinecia possono venire applicate le pro- posizioni dell'analisi causale ed individualistica della vegetazione che Giacomini ha stralciato da vari punti dei nostri scritti ed t opportuno, pure rinviando piti avanti una ampia giustificazione del nostro punto di vista, sgombrare sin d'ora il campo da qualche incomprensione. Giacomini infatti, dopo di aver detto che l'affermazione basilare che (( unica 1) realta oggettiva e necessaria, sia l'ecoide t , in se s t e m degna di rispetto, aggiunge che l'esperienza deve tuttavia dimostrare la nega- zione che vi k impficita, ciok l'inconsistenza della relazione fra copertura vegetale ed ambiente. E continua: (( Nel concetto di ambiente entrano con efficacia non trascurabile anche fattori biologici, costituiti dalla pre- senza di altri individui vegetali della stessa specie o di specie diversa. L'individuo isolato nell'ambiente fisico i una astrazione e non crediamo che nel concetto di ecoide si voglia includere esclusivamente l'ambiente fisico. Le relazioni di un individuo con un altro possono sovente non essere dirette, ma, in ogni caso, si manifestano indirettamente attraverso modificazioni indotte nel comune ambiente .... Ma, se si ammettono que- sti rapporti (fra individui), si deve proprio ritenere cosi indubbia I'eco- nomia dell'ecoide? Pensiamo allora che, pure ammettendo l'esistenza di questa interferenza fra gli ecoidi, si possa sminuirne il valore, proprio

(23) HUCUET DEL VILLAR E. cfr. Sur la mdthode, ecc. (N. 4).

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adducendo la loro molteplicita e complessita. Si preferirebbe ciot riconoscere nello smistarsi della vegetazione, l’opera del (( caso I), proprio perch; il metodo di indagine non permette di percepire forme di ordina- mento che vadano oltre l’assettarsi di un singolo individuo. Ed ecco allora gli (( ecoidi )) smistarsi e comporsi casualmente (( mediante disse- minuli )) perfettamente autonomi e come se fossero perfettamente auto- nomi)) (”).

Giacomini ha ragione ritenendo che, nella concezione dell’ecoide come unita fondamentale ed esclusiva della vegetazione, sia implicita l’inconsistenza delle relazioni fra le associazioni vegetali intese totalita- riamente, anche se verbalmente si nega il lor0 organicismo, e l’ambiente. Le cose stanno, a mio parere, precisamente cosi. Tipico t il caso della faggeta, fitocenosi familiare a tutti per la coerenza e la costanza della sua fisionomia generale e del suo assetto e della quale tuttavia Lammermayr ha dimostrato l’eterogeneita smontandola pezzo per pezzo ( 3 0 ) , mentre H. Walther ha illustrato le svariate esigenze delle differenti parti del mosaico formato dallo strato erbaceo del suo sottobosco(31). Ogni individuo vegetale, nella misura e nella forma della sue possibilita specifiche, su- bisce, entro i limiti della sua tolleranza, le condizioni dell‘ambiente ed a sua volta le modifica, in grado maggiore o minore, nella misura delle sue possibiliti. Ma queste possibiliti sono molto varie e quanto pib grandi esse sono, tanto maggiore t la capacita dinamogenetica della specie (Pavillard), tanto da fare di esse, in tal caso, una dominante, un fattore principale dell’ambiente stazionale per le specie subordinate, che si sono secondariamente inserite nella nuova stazione determinata dalla presenza della dominante, senza tuttavia che essa perda percib la sua autonomia ecologica, come non la perdono le specie subordinate. Non t poi il caso di parlare di interferenza fra gli ecoidi, i quali, per la lor0 stessa natura di sistemi elementari integrati e . permanenti per tutta la durata della vita dell’individuo, possono affiancarsi, anche se differiscono ecologicamente fra di loro, approfittando della variabilita su piccolo spa- zio delle condizioni stazionali, ma non avere in comune altro che quelle condizioni generali dell’ambiente che hanno favorito la lor0 fissazione nella stazione. E quando Giacomini parla di smistamento e di composi- zione degli ecoidi, (1. c. p. 7), ritengo voglia intendere l’interferenza fra gruppi di ecoidi affini, fra sinusie, che sono sempre possibili quando awengano variazioni nei rapporti intercedenti fra i singoli elementi del

( z o ) GIACOMINI V. cfr. Comideruzioni, ecc. (Noh 1 p. 6-7 estr.). ( 3 0 ) LAMMERMAYR L., 1923. Die Entwicklung der Buchenussoziation seit dem Tertiar.

Fedde’s Rep. Spec. Nov., Beih. 24 (2): 49-73. (31) WALTER H., 1951. Grundlugen der Pflunzenuerbreitung. 1 Teil. Standortlehre.

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mosaic0 stazionale, con rimaneggiamento e ricomposizione, anche pro- fondamente mutata, delle popolazioni stazionali, o per l'occupazione di niches;. rimaste inoccupate da parte delle specie della popolazione gia costituita, per particolare ragioni di inidoneid che non valgano per disse- minuli secondariamente trasferiti nella stazione dagli agenti dissemina- tori; ma non per una qualunque forma di intervento diretto della biologia interna dell'ecoide in quella degli ecoidi coabitanti. Insistiamo anche qui sul fatto, che l'azione delle specie dominanti o comunque influenti, anche su di una porzione limitata della popolazione stazionale ed anche la semplice concorrenza fra due individui affiancati, non pub awenire che attraverso modificazioni dell'ambiente provocate da uno di essi ed alle quali I'altro individuo o gli altri individui reagiscono per il riflesso che la loro economia risente dalla modificazione delle condizioni spaziali o nutrizionali, verificatesi nel rispettivo ambiente immediato.

Ci spiace dover pensare che Giacomini non abbia affatto capito la definizione dell'ecoide, per la giustificazione della quale dobbiamo ri- mandarlo alla memoria originale. ( 3 9 . La condizione dell'ecoide t diret- tamente dedotta dalla fisiologia vegetale e, su questa base, le obiezioni sopra riferite non calzano. Certamente le relazioni di ogni singolo indi-

Cz) NEGRI G. cfr. Le unitd ecologiche fondamentali ecc. (Nota 3) (pag. 7-8 estr.). Nelle stazioni individuali si attua completamente e nella sua forma pib ele-

mentare il fatto fitogeografico; e l'occupazione I: talmente completa, che l'indi- viduo vegetale satura, per dir cosi, quel tanto di ambiente che gli occorre con un adattamento molto pih stretto ed esclusivo di quello che siamo soliti ad ammet- tere collettivamente per gli individui occupanti una delle aree normalmente in- dicate come stazioni di una associazione, a a u s a di una uniformith riconosciuta grosso modo alla lor0 superficie; lo fa anzi talmente cosa sua,che esso diventa un carattere del sistema risultante e non pub essere pensato separatamente. A questo sistema, Vera unith chiusa, nella rispondenza completa delle sue parti, daremo, per intenderci il nome di ecoide (NEGRI (1914) D. Recentemente un concetto analog0 h stato proposto in: A. DIONIGI. La velocitd di sviluppo. Rivista di Ecologia. 1: 22-36. 1949. Riferisco il testo corrispon- dente: u 6 - I1 concetto di a ecobio D. L' organism0 y, inteso quale u ente a se n separato e distinto dall' u ambiente u I: una pura , astrazione. a Organismo u e a ambiente considerati sul piano di realti del biologo, del genetista, sono fan- tasmi della mente ipapace o tarda nel riunire cib che l'analisi condotta dai sensi ha separato. Organismo D e u ambiente B, costituiscono una unica entita - ecobio -: un complesso, ciok, di particelle materiali, if cui moto pib o meno rapido e pih o meno diversamente ordinato nel tempo, che si estrinseca alla nostra percezione come forma u e a funzione u, dipende e dal valore specific0 dei mutui legami (componente biofogica), e dal livello energetic0 dell'insieme (componente ambientale). a Ci sembra che i due concetti si corrispondano. II termine ecobio (1949) quindi, che sarebbe perfettamente accettabife, passa per nec&tA in sinonimia del termine ecoide (1914).

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viduo con quelli contigui si manifestano, come si t: detto pili sopra, sol- tanto attraverso modificazioni indotte nel comune ambiente. Ma gli indi- vidui coabitanti introducono appunto nel biotopo modificazioni, che sono risentite da ciascuno di essi come fattori stazionali e questo t: detto espli- citamente anche nella risoluzione votata in proposito dal Congress0 Bo- tanico Internazionale di Bruxelles (1910): (( 8. d . L a Station (Standort) comprend l'ensemble des facteurs agissant sut une localitk determinghe dans la mesure on ils influent sur la vkgghtation. Remarques. Les facteurs en que- stion peuvent &re groupks de la facon suivante : A. Facteurs physiques .... B. Facteurs biotiques (Influence exercle par les plantes les unes sur le autres [Bactkries du sol, parasites, plantes support ou ombrageantes] : ou par Ies animaux [Fame du s02, insectes pollinisateurs, animaux assurant la disper- sion des espkes ou contribuant d leur de.&xtion] )) (33). Questa risoluzione stabilisce quindi, in forma fisiologicamente ed ecologicamente ineccepi- bile e con notevole semplificazione, la nostra posizione, non soltanto di fronte a1 caso di rapporti indiretti fra gli individui vegetali della po- polazione del biotopo, ma anche nel caso di rapporti pii! o meno diretti dipendenti dalle varie forme di simbiosi largamente intesa e da quelle pili o meno vaghe di mutualismo; l'umicolismo non 2: che una forma particolare del rapporto edafico individuale e non pub essere considerato, neppure nei casi pili accentuati, come un collegamento biologic0 diretto degli individui costituenti la popolazione della particolarissima stazione. Ci pare dunque che vengano a proposito qui alcune linee di H. Kylin, che non rinunciamo a ricordare a1 nostro contradditore: (( Fra le piante autotrofe non esiste alcun rapporto diretto, ma ne esistono molti indi- retti dovuti ai fattori ecologici. Cosi per esempio Oxalis in una faggeta non 1: direttamente dipendente dal faggio, ma bensi dall'ombra del fag- gio. Oxalis pub parimenti vivere in un bosco di betulla o di Picea, ma non dipende direttamente dalla Betulla e dal Piceo, bensi dai fattori determi- nati da questi alberi. Ma poichi l'affermaziohe che differenti specie si ordinano, indipendentemente fra di loro, a seconda dei fattori ecologici, pub eventualmente essere erroneamente compresa, t meglio dire che le differenti specie autotrofe si dispongono singolarmente (ciascuna per proprio conto) a seconda dei fattori ecologici. 10 non credo a rapporti mistici fra le piante, ma credo piuttosto in proposito che noi non cono- sciamo ancora tutti i rapporti legati a fattori ecologici che intercedono fra di esse 1). ("').

(9 A c m DU I11 CONGR~S DE BOTANIQUE (Bruxelles 1910). Biogiographie. Propo- sitios des Rapporteurs concernant la Nomeclature phytogeographique. p. 152.

(") KnxN H.,, 1926. t%er Begriffsbildung und Statistik in der Pflanzensoziologie. Botan. Notiser for 1926. s. 176-77.

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Le stesse considerazioni valgono anche per la critica di TomaseIli. Dire che (( se non c’t la collaborazione (fra le piante) restano per sempre una azione reciproca, un complesso di fattori ambientali ed un nesso di correlazioni che determinano una ecologia collettiva e quindi una comunita con importante significato )), p5) non significa nulla, quando non si specifichi quale sia la natura di questa ecologia collettiva e ciok, in definitiva, se si sia costituita una comunita comunque organizzata (ma questo, anche Tomaselli lo esclude poche linee pih sopra); o se si tratti di influenza della vegetazione sull’ambiente, riflessa dai singoli individui e questo non rappresenta, per definizione stessa del Codice di Nomenclatura (vedi-sopra), che I’entrata in gioco di un fattore stazio- nale. Similmente quando Tomaselli, poco pih oltre, ripete che, anche se le specie della biocenosi si riuniscono indipendentemente, ma per in- fluenza di condizioni ecologiche simili, esse sono egualmente in rap- porto ,@a di loro, seppure indirettamente, tramite il mezzo, che ne t quindi il fattore determinante e la via di collegamento, egli incappa nella medesima contraddizione di termini, percht la condizione di coa- bitazione degli individui vegetali non put, implicare che un assetto di ecoidi spinto sino alla massima utilizzazione dello spazio, cit, che 2: ga- rantito dalla sovrabbondanza dei disseminuli prodotti dalla popolazione stessa od aff luiti dall’esterno; oppure la modificazione dell’ambiente stazionale da parte degli elementi vivi o morti del bioma, che put, alte- rare la condizione della concorrenza vitale fra le sue specie, per esempio impoverendolo od arricchendolo di sostanza nutitrizia o comunque modifi- catrice del substrato con tutte le conseguenze che ne derivano, ma sem- pre grazie alla reazione determinata dall‘ambiente cosi modificato su gli individui della popolazione. Sembra proprio a1 Tomaselli che, considerata a questa stregua - e non ne vediamo altre - l’osservazione che ogni in- dividuo vegetale ha il suo mezzo diverso ed indipendente da tutti gli altri, abbia un valore esclusivamente teorico e limitato? Ma l’esempio che egli adduce che ((i l mezzo A, anche se non t ((assolutamente)~ identico a quello B, che gli sta a fianco, put, rientrare benissimo nello stesso (tin- torno )) ecologico, il solo rilevabile in pratica )), non fa che definire una correlazione ecologica, la quale non implica affatto una interruzione della autonomia dei singoli individui fra i quali essa intercede, ma li colloca, per djr cosi, su di uno stesso binario: anzi rientra senz’altro, per il fatto che la coordinazione ecologica fra i due individui, di specie uguale o diversa, pub continuarsi anche a1 di fuori dei limiti della fitocenosi in

(%) TOMASELLI R. e DE MICHELI N. cfr. SU afcune ussociazioni di licheni epifiti, ecc. (Nota a pag. 34) (Nota 1).

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cui noi li consideriamo, nel fenomeno della pluridimensionalita della associazione, cib che costituisce uno dei problemi centrali della bioceno- logia, qwntunque esso sia negato, con comprensibile tenacia, dal sigma- tismo ortodosso (9. E le correlazioni ecologiche, determinate, come awiene nei vegetali, nei quali manca qualunque forma di interattrazione, da cause esterne, sono comprensibili soltanto quando si ammetta la piena autonomia dei singoli ecoidi,

L‘esame delle obiezioni di Mathon e7), richiede anzitutto m a rettifica, non insignificante, della traduzione da lui data della nostra definizione della fitocenosi. I1 farci dire che gli individui constituenti della fitocenosi sono: (( immigris p a r hasard dans une station donnle, d cause de l’inpuence sllective des exigences communes, sans lesquelles la collectivitl n’est pas possibile D, i servirsi di termini alquanto diversi da me usati (( fortuita- mente immigrati e convenuti in una determinata stazione per I’influenza selettrice di alcune esigenze comuni, mancando le quali la collettivith non h concepibile )) (fortuitement immigris et assemblls dans une station donnle d cause de I’inpuence sllective de quelques exigences communes, faute de- squelles on ne peut pas songer 6 une collectivitl). Evidentemente il fatto della immigrazione fortuita non ha nulla a che vedere con il numero pili o meno grande di esigenze comuni delle specie immigranti e quindi con la loro selezione, mentre il fatto del lor0 convenire in una medesima

,stazione, grazie a1 possesso di alcune esigenze comuni, h perfettamente logic0 o comprensibile e la collezione delle specie, appunto perch; i suoi individui hanno alcune esigenze ecologiche in comune, esprime - anche fisionomicamente -, l’idoneith nel popolamento alle condizioni ecolo- giche generali della stazione, grazie alle quali il raggruppamento delle spe- cie e stato possibile e tende a conservarsi. I1 Mathon ci accusa di con- traddizione ripetuta perch; .... (( la concurrence entre les espkes, due d leur groupement, grcice d (( l’influence sllectrice des exigcnces communes I), l’action modificatrice d’un individu sur le substrat qui d son tour agit sur cet individu (( et sur d’autres )) etc. prouvent amplement les interactions, directes ou indirec-

(36) cfr. per questa questione: GAMS H. cfr. Prinzipienfragen, ecc. (Not3 13); e poi particolarmente: GAMS H., 1939. Die Hauptrichtungen der heutigen Bioz6notik. Chronica Botanica 5 : 133-140. - BRAUN-BLANQUET J., 1939. Lineares oder vieldimensionales System in der Pflanzenzosiologie? Ibidem 5: 391-395. - GAMS H., 1941. uber neue Beitrage tur Vegetationsystematik unter besonderer Beruck- sichtigung des floristischen System von Braun-Blanquet, Botan. Archiv. 42: 201- 248. - GAMS H., 1954. Vegetationssysternatik als Endziel oder Verstandigungs- mittell (Aktuelle ProbIeme der Pflanzenzoziologie). Veroff. d. Geobotan. Inst. Rube1 in Zurich 29: 35-40.

(”i) MATHON CH. CL. cfr. A propos de la Phytosociologie ecc. p. 235 (Nota 2).

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tes, entre les vigitaux. M i m e si elles peuvent ne pas apparaitre ci un moment donnk, ces interactions n'en existent pas rnoins ci l'ktat latent )I. Ma nk noi, nE: chiunque legga attentamente la nostra definizione pa), direttamente in- tesa a precisare che gli individui della associazione non' possono essere considerati altrimenti che come autonomi, date le circostanze della lor0 penetrazione nella stazione, la natura di quest'ultima e le condizioni del- l'ecesi e della successiva coabitazione degli individui, pub vederci una contradizione. Pui, essere utile riferire qui anche alcune linee della pa- gina precedente dello stesso capitol0 p3), evidentemente sfuggita a1 cri- tic0 e che precisano, se necessario, la nostra posizione: (( Nelle collettivita vegetali, costituite per l'intervento assolutamente accidentale dei disse- minuli nella stazione (Gleason, R. Chodat), attraverso un process0 di assestamento necessariamente influenzato dall'ordine accidentale se- condo il quale si sono insediate le specie, manca una qualunque traccia di una struttura definitiva, dovuta ad una morfologia caratteristica ed a un orientamento morfologico regolare ed ereditario, sviluppatosi a partire da un unica cellula, second0 una successione costante e parimenti prestabilita di fasi, per opera di una gerarchia di organizzatori; e manca quindi anche una coordinazione regolare di disposizioni fisiologiche appropriate alle parti morfologiche definite: manca insomma una reale specificita. Quella della associazione t una concezione pericolosa, in quanto irrigidisce l'immagine necessariamente fluida che l'osservazione spassionata dei consorzi, anche piG stabilizzati, impone alla nostra mente, che sola ci consente di conciliarne l'eterogeneita sostanziale colla fisio- nomia caratteristicas. Del resto, partendo dal nostro punto di vista, a noi sembra singolare che sia tanto diffuso l'errore, nel quale incorre anche il Mathon e che abbiamo riscontrato pib sopra nella argomentazione di Tomaselli, di credere che, una modificazione dell'ambiente, per opera di un fattore, specialmente di un fattore biotico, conferisca un carattere di socialit2 agli individui di una popolazione stazionale. Vi cade anche Pavillard ammettendo che, quando un individuo vegetale entra a far

NEGRI G. cfr. Geografia Botanica ecc. (Nota 3), p3g. 1069): La definizione suona precisamente cosi: a la fitocenosi pub essere definita come una collezione di indi- vidui vegetali strettamente autonomi nella loro ecologia (ecoidi), fortuitamente imrnigrati e mantenutisi in una determinata'stazione per I'influenza di alcune esigenze fondamentali comuni e come risultato di episodi di concorrenza piir o meno vivaci; collezione esprimente appunto con composizione, assetto e fi- sionomia generale aratteristica, I'idoneith collettiva dei componenti alle condi- zioni generali dell3 stazione, .grazie alla quale la relativa stabilizwzione della comuniti 6 stata raggiunta e tende a mantenersi (NEGRI 1947) a.

NEGRI G. cfr. Geografia Botanica, ecc. (Nota 3, pag. 1068).

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parte di un popolamento di una stazione, in condizioni tali da portarvi un elemento nuovo di sensibile diversiti ambientale, la stazione che, normalmente, comporta la presenza di qualunque specie che le condi- zioni ecologiche generali, realizzate dall’ambiente fisiografico locale e dalla stessa coabitazione delle specie commensali non siano incapaci di escludere, diventi anche un centro di attrazione per una nuova serie di specie, chiamate a beneficiare delle condizioni mutate in sen0 alla comu- nit3 per l’intervento di questo elemento aggiuntivo. Ma come giustifi- care questa presenza, (( attrazione 1) da parte di un ambiente, che noi non possiamo logicamente pensare che in termini fisico-chimici, su germi aff luenti, sia pure continuativamente ed in quantith esorbitante, ma in condizioni di riposo e quindi di teinporanea inerzia? La penetrazione di ger- mi provenienti da stazioni contigue gi3 popolate, L soggetta bensi ad una selezione che comincia ad esercitarsi sino dalla fase germinale e che pub essere anche molto severa, ma non si pub parlare di attrazione, quando anche una specie trovi poi, nella stazione in cui L penetrata, condizioni ecologiche tali da favorire eccezionalmente il suo sviluppo, anche in confront0 a quello presentato nella stazione di provenienza. Quanto abbiamo detto quindi sotto questo riguardo, per le argomentazioni di Giacomini e di Tomaselli, vale anche per il caso di Mathon. Non Sara inutilmente ripetuto anche qui che l’azione che una specie od il conver- gere di quelle di un gruppo di specie, pib o meno affini e pitl o meno addensate, esercitano modificando le costanti fisico-chimiche della sta- zione ed il carattere della popolazione e quindi le condizioni ecologiche generali dell’ambiente stazionale, costituiscono un fenomeno semplice- mente ambientale per gli individui della comuniti. Le specie dominanti stesse determinano effettivamente, per la vegetazione subordinata, una rnodificazione dell’ambiente a cui esse stesse non sono o sono solo par- zialmente soggette; azione infatti che pub estendersi anche a tutta la stazione, senza tuttavia che l’autonomia ecologica della dominante ne venga compromessa, neppure nel caso, del resto non raro, in cui l’in- fluenza della vegetazione subordinata si rifletta a sua volta su di essa. Bisogna insistere sul fatto che la qualiti di sistema completamente inte- grato posseduta nell’ecoide non ha nulla a chefare, nL con la qualiti, nL con l’intensita dell’azione ecologica che l‘individuo vegetale pub even- tualmente esercitare, modificando, in un mod0 qualunque e per qualunque estensione di spazio e di tempo, l’ambiente che lo circonda e creandovi quindi le condizioni di costituzione. di ecoidi, sia pure subordinati alle necessia generali del nuovo assetto raggiunto, ma fisjologicamente al- trettanto indipendenti, tanto pid che, singolarmente, presentano condi- zioni di integrazione ecologica specificamente diverse.

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Sono le deduzioni che risultano applicando alla analisi delle innumere- voli particolarita dell’assetto della vegetazione i principi della biologia individuale, quelli che ci hanno condotto alla nostra interpretazione in&- vidualistica della comunita vegetale, qualunque sia il grado della sua integrazione. Non ripeteremo qui quanto labili e quindi quanto poli- morfi, siano i rapporti sui quali riposa l’influenza esercitata dal terreno sul- l’individuo vegetale, o quanto sensibili sieno le condizioni microclima- tiche, spesso limitatissime e strettamente contigue e rivelate, meglio che delle piit delicate determinazioni strumentali, dalle forme biologiche della popolazione, che si mescolano pili o meno e si succedono a breve intervallo sull’area stazionale. Questo vedeva gii, con una luciditi che non lasciava prevedere la deroga purtroppo accettata due anni dopo a1 Congress0 di Bruxelles, Ch. Flahault, considerando l’associazione come (( .... un concorso di forme specificatamente o morfologicamente estranee le une alle altre, dirette ciascuna a1 proprio profitto esclusivo, che vi- vono le une presso le altre, in dipendenza della conformiti e della diver- sit2 di esigenze che trovano la loro soddisfazione, sia nelle condizioni di

. ambiente, sia in quelle determinate dalla presenza di altri vegetali )) (‘0).

Parimenti Massart, paragonando le associazioni vegetali ad intarsi, gli elementi dei quali abbiano la pili svariata origine possibile, si chiedeva anzitutto quale sia la combinazione di condizioni che ogni stazione deve presentare per rispondere alle esigenze delle specie che vi crescono; ed in secondo Iuogo, quale sia l’ampiezza della tolleranza ecologica delle sin- gole specie che ne costituiscono la florula, dato che esse crescono anche in altre stazioni, le condizioni generali di esistenza delle quali sono pic o meno diverse (“). Orbene la nozione di ecoide che rende possibile conciliare questi dati di osservazione con una capacita di accomoda- mento anche molto ristretta delle specie, in quanto ai differenti ecotipi corrisponde naturalmente la costituzione di ecoidi soltanto quando l’in- dividuo relativo incontra, nel mosaic0 edafico, una stazione elementare adatta, ha trovato la sua completa giustificazione nelle legge della (( Co- stanza reZatiua del mezzo )) formulata recentemente da H. ed E. Wal- ter, secondo la quale si deve ammettere la conservazione delle completa indipendenza da parte delle singole specie nell’interno della associazione alla quale appartengono e conseguentemente ritenere che non esista nessuna dipendenza diretta e tanto meno .nessun legame speciale fra le specie stesse. L’associazione vegetale, t secondo Walter, soltanto una

(“9 FLAHAULT CH., 1900. Projet de Nomenclature .phyfogPogruphique. Congris Inter- national del Botanique 5 I’Exposition Universelle de 1900 Paris (pag. 15 estr.).

(”) MASSART J., 1910. Equirse de GPographie Botanique de la Belgique. Rec. de 1’Inst. Leo Errera. Tom. suppl. VII bis: 5-6. Bruxelles.

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combinazione di piante singole che appartengono, per lo pid, a molte specie diverse e che, grazie alla concorrenza vitale, si trovano a coa- bitare in una determinata stazione. Deve inoltre essere fatta, in questo caso, una’netta distinzione fra la concorrenza fra gli individui di una singola specie e quella intercedente fra individui appartenenti a specie diverse. La prima, e ciot la concorrenza interspecifica, rinforza le specie, perch&, grazie ad essa, vengono eliminati tutti gli individui deboli e si conservano soltanto i rappresentanti pib validi della specie. Invece nel caso della concorrenza interspecifica, la maggior parte delle specie ven-

’ gono indebolite e persino col tempo distrutte e soltanto poche specie, particolarmente‘ capaci di lottare, si affermano diventando dominanti. (“).

Ma, per contestare la cri t ia di Mathon, k necessario precisare la sua concezione del (( dinamismo dei complessi ecologici 1) risultante dal gioco dei contrasti interni inerenti alla costituzione dei complessi stessi: le condizioni di interdipendenza del complesso ecologico - suolo e vegetazione, esposizione, influenza degli animali, dell’uomo ecc. - sono in stato di cambiamento ed in movimento incessante, in seguito a1 com- pensarsi dei contrasti interni che ne derivano, all’accumulo dei com- biamenti quantitativi interni insensibili e graduali, che provocano cam- biamenti qualitativi apparenti e radicali; & la lotta fra cid che si sviluppa e cib che deperisce. Questo autodinamismo determina l’aspetto; la strut- tura, la stabilith e la durata dei complessi ecologici. (9 L‘impressione che si riceve essenzialmente dagli articoli di Mathon & che essi tendono anzitutto a dimostrare l’impossibilith di una interpretazione autoecolo- gica della vegetazione, che egli, per parte sua, nega esplicitamente, in ac- cordo con questo con i critici precedentemente citati. Infatti anche Giacomini nega, coma abbiamo veduto pid sopra, la legittimiti di pensare, anche astrattamente, all’isolamento dell’individuo nell’ambiente fisico pa). Noi non pretendiamo certamente che egli, parlando di autonomia o di isolamento biologic0 dell’individuo - che sono evidentemente. altret- tanto completi in una stazione desertica, quanto in una foresta equatoriale - intenda riferirsi ad una pianta cresciuta in ambiente sterile! Un in- dividuo, per quanto autonomo, nel suo metabolismo e nelle sue reazioni, deve pure assumere dall’ambiente i materiali necessari a1 compimento delle sue funzioni vitali, ma i rapporti di ogni individuo coll’esterno sono

( ; z ) WALTER H. und; E., 1953. Eine allgemeine Ergebnisse unserer Forschungsreise nach Siidwestafrika 1952-53: Das Gesetz der relativen Standortskonstanz : das Wesen der Pflanzengemeinschaften. Ber. d. Deutsch. Botan. Gesell. 66: 232-233.

(9 MATHON CH. CL. cfr. A propos de Phytosociologie, ecc. (Nota 2 passim); e IDEM. L’autodynamisme des complexes kologiques ecc. (Nota 2 passim).

( ‘ I ) GIACOMINI V. cfr. Considerazioni sul coneelto, ecc. (Nota 1).

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indipendenti da quelli degli individui coabitanti e questo 6 il punto che, a nostro parere, non deve essere mai perduto di vista nell'analisi degli aggregati della vegetazione. Infatti la conquista della spazio conduce bensi passivamente gli individui di una popolazione stazionale a mesco- larsi spesso intimamente fra di loro, determinando l'insorgere di strettis- simi addensamenti; ma la complicazione, talvolta molto notevole di queste situazioni spaziali, non deve essere confusa con fatti di interat- trazione, od addirittura di collegamento materiale, i quali soli giustifi- cherebbero l'ammissione di un legame sociale. Parimenti anche i fenomeni di correlazione fra individui della medesima fitocenosi, dipendenti dal fatto che essi reagiscono analogamente ad un medesimo fattore ambien- tale, non implicano, nk una interattrazione, nt un legarne organic0 fra di essi. E Tomaselli, a sua volta, coll'osservazione, gih riferita e discussa, sul v;?lore, second0 lui esclusivamente teorico e limitatamente significa- tivo dell'autonomia ecologica dell'individuo vegetale, dimostra di non sapersi distaccare dalla constatazione puramente descrittiva dei fenomeni di coabitazione dei vegetali (t la debolezza della tendenza sigmatista!) e di non rendersi conto del fatto che due individui, i quali svolgono il lor0 ciclo biologico in due ambienti elementari non assolutamente iden- tici, non costituiscono due ecoidi identici, ne potrebbero esserlo anche se affiancati e- malgrado l'insufficenza dei mezzi ai quali noi ricorressimo per controllare l'effettivith della lor0 autonomia; e che soltanto la notione di questo isolamento biologico del sistema perfettamente integrato del- l'ecoide, mette a disposizione dell'analisi della vegetazione una unit3 fondamentale, c i d un limite irreducibile del fenomeno ecologico non suscettibile di ulteriori semplificazioni.

Per parte sua Mathon non appoggia la sua affermazione che (( gli individui nettamente autonomi nella lor0 ecologia non esistono e non possono esistere )) (1. c. pag. 53) con nessuna dimostrazione, ma soltanto col rinvio bibliografico a1 Rapport0 presentato nel 1948 da T. D. Lissenko sullo (( Stato della Scienza Biologica )). Tuttavia alla pagina indicata dal nostro critic0 (pag. 53) non trovo nulla di simile, ma, in compenso due frasi che riferisco, perchk sembrano scritte a sostegno della teoria indi- vidualistica della vegetazione: (9 (( L'organisme et les conditions de vie qui lui sont nicessaires, sont un tout indivisibile Des corps vivants diffirents exigent des difiirentes conditions ambiantes pour .leur developpernent .... Cha- que corps vivant se construit soi mime, utilisant ci sa maniire les conditions du milieu ambiant, selon son hereditk. C'est pour cela que des organismes d i f f i -

(as) LYSSENKO T. D., 1948. &at de la Science Biologique. Europe. 26 (33-34): 53. - IDEM. S u r la concurrence 6 l'intirieur des espices. Ibidem: 157-159.

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rents peuvent vivre et se dkvelopper daris le mZme milieu )) (pag. 53). f2 vero che Mathon, per parte sua, scrive: ( ( L a question de savoir si la con- cordance entre une biocknose determinie et un biotope donrik est due unique- ment ci ce que la prifirence, par exemple, de chaque plante, prise individuelle- ment, pour un certain milieu a ktk poste. I1 apparait que cette question est dipasshe. E n eflet les associations vkgktales d'kboulis ne sont peut-itre, au debut, que des plantes rkunies par leur seule afinitk pour le substrat kboulis: les interactions entre les plantes d'kboulis sont peut-gtre alors nulles ou faibles. I1 d e n est pas moins vrai qu'il y a interaction certaine entre substrat et indi- vidu vigital isoli. Nlais, nulles ou peu apparentes a u debut, les intkractions entre le plantes elles mZmes deviennent nianifestes dks que le degrk de cou- verture du sol augmente et ces interactions jouent en role kvident dans le dkveloppement ulterieur du complexe kboulis. Les interactions entre les 'con- ditions-circostances, composantes du complexe kcologique lie peuvent i tre nieks - et c'est cela qui compte; qu'ellesne se niariifestent pas toujours immk- diatement et encore qu'il soit dificile de les chifirer, les preuves sont innom- brables qu'elles existent 1) ('$). Riassumendo dunque, second0 Mathon, niente concordanza globale dell'associazione con la stazione e neppure niente interpretazione delle associazioni, in base alla concordanza degli individui del lor0 popolamento, col relativo ambiente elementare. Una concor- danza, cioi la costituzione di ecoidi indipendenti, potrh ammettersi per gli individui pionieri del popolamento, che ' dipendono dai fattori fisio- grafici, ma, quantunque Mathon ammetta il gioco indipendente degli indi- vidui, essa cesserebbe quando, col progress0 della occupazione della sta- zione, gli individui, subendo un orientamento collettivo, entrano in con- tatto fra di loro. Le interazioni degli individui fra di lor0 e con l'ambiente stazionale si intrecciano inestricabilmente e sarebbe il gioco delle mol- teplici contraddizioni che intervengono fra questi diversi elementi della vegetazione, anzi del complesso ecologico, quello che rappresenterebbe l'autodinamismo, grazie a1 quale la fitocenosi raggiunge il suo aspetto, la sua struttura e la sua durata. Anzi la stabilith apparente dei complessi ecologici sarebbe dovuta allo sviluppo ancor debole delle lor0 contraddi- zioni interne ed alla azione di fattori determinanti principali, relativa- mente costanti, che si limiterebbero reciprocamente. Anche quando, del resto, le interazioni dirette ed indirette del complesso ecologico non si manifestino immediatamente, esse non esisterebbero meno allo stato la- tente.

Per quanto riguarda l'autodinamismo k questione di intenderci. Non c't probabilmente nessuno fra coloro che hanno letto gli articoli del Ma-

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(sc) MATHON CH. CL. cfr. d propos de Phytosociologie,. ecc. (Not3 2. passim.).

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. thon, che non sia stato indotto a stabilire un confront0 fra la sua conce- zione e quella di Ecosistema, proposta sino dal 1935 da Tansley ( 4 9 ,

ciot, l’intero sistema (nel senso dei fisici), includente non soltanto il complesso degli organismi, ma anche l’insieme dei fattori fisici formanti cib che viene chiamato l’ambiente del bioma. Tansley accorda tuttavia alla vegetazione una posizione particolarmente importante nell’Ecosi- stema, tenendo perb presente, come criterio di studio e conformemente alla tradizione della Scuola Inglese, la corrispondenza della UnitA fon- damentale della vegetazione (formazione) all’unitA fisiografica. (( Le due unitA, topografica e biologica (ecotopc-biocenosi), la stazione e la forma- zione vegetale che la ricopre, influiscono reciprocamente l’una sull’altra ed t dunque inevitabile che l’una corrisponda all’altra (cfr. anche F. Clements 1905, pag. 292) D. Avendo poi riconosciuto la varieth di di- mensione e di genesi che pub essere presentata dagli ecostistemi, egli non pub tuttavia fissare un limite inferiore di applicabilith del concetto di ecosistema, non raggiunge quindi il limite dell’individuo e scrive perb: (( I1 metodo generale delle scienze ... t quello di isolare i sistemi mentalmente ai fini dell’indagine, in mod0 che le serie distinte che noi isoliamo, convengano ai fini del nostro studio, sia che il sistema iso- lato sia il sistema solare od un pianeta, una regione climatica od una co- munit3 vegetale od animale, una molecola od un atomo 1). Effettivamente i sistemi che noi isoliamo mentalmente sono non soltanto inclusi, come parte, in altri pih grandi, ma essi possono anche sovrapporsi, contrastarsi, interferire; il lor0 insolamento L parzialmente artificiale, ma esso i: l’unica via per la quale si possa procedere (1. c.). Anche pic recentemente Dan- sereau (1951) e Sjors (1955), ammettono che la diversit3 interna dell’eco- sistema giustifichi un ulteriore suddivisione e, per es., nell’ambito della biocenosi, equiparata ad un ecosistema semplice )), che (( le sinusie o comunita unistratificate, potrebbero, unitamente a1 lor0 habitat, essere -considerate come ecosistemi distinti e che lo stesso potrebbe dirsi per particolari microunit3 e per i lor0 microhabitat, caratterizzati da micro- climi estremamente aberranti, specialmente nei riguardi della condizioni di luminosith e di idratura )). Sjors ritiene tuttavia che queste piccole co- munit3 siano pid giustamente considerate come parti dell’ecosistema, che non come ecosistemi subordinati, ma distinti, perchi: esse sono troppo intimamente legate all’ecosistema superiore, oppure come anelli interme- diari fra i cicli di correlazione dei materiali che si possono distinguere in sen0 a quest’ultimo, ed aggiunge che, poicht questi cicli sono general- mente pih o meno aperti ed incompleti, la lor0 economia autonoma non

(9 TANSLEY A. G. cfr. The me and misue ecc. (Nota 16. passim.).

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basta a farli definire come ecosistemi distinti, cosiccht il limite inferiore di applicabilita di questo concetto rimane, per il momento, piuttosto arbitrario (‘*).

La teoria dell‘autodinamismo dei complessi ecologici t stata propo- sta da Mathon in sostituzione della tendenza predominante a spiegare l’interdipendenza fra biocenosi ed il relativo biotopo, considerando la struttura globale di questa come un riflesso della struttura globale di quello. Anche Tomaselli scrive che il principio fondamentale della Scuola sigmatista t : (( La vegetazione t lo specchio delle condizioni di ambiente: ogni associazione vegetale e non i soli indicatori, sono determinati dalla combinaiione dei fattori dell’ambiente che determina la sua composi- zione 1) (”). Ma essi escludono categoricamente, come abbiamo veduto, l’interpretazione individualistica della biocenosi. Mathon, come si k gia detto, trova la spiegazione della genesi, dello stato, dell‘aspetto del com- plesso ecologico, nel gioco antagonistic0 dei differenti fattori - biotici e fisiografici promiscuamente - le interazioni dei quali, anche se non si ma- nifestano sempre immediatamente, non sarebbero meno presenti, all0 stato latente, nelle loro limitazioni reciproche e nei contrasti interni che ne de- rivano; e la stabilita apparente dei complessi ecologici relativamente dure- voli, dipenderebbe dallo sviluppo ancora debole delle lor0 contraddizioni interne e dalla azione di fattori determinanti relativamente costanti (9.

A nostro parere la lunga discussione che precede dimostra esaurien- temente che non t possibile, pure ammettendo che tutti questi fenomeni possano essere compresi nell’ambito di un ecosistema semplice, la bio- cenosi, inquadrarli in una descrizione lineare, dalla quale risulti appunto l’affermata esatta e globale contrapposizione dell’elemento biotico all’ele- mento fisiografico, che giustamente Mathon ricusa di ammettere. Ma egli rifiuta d’altra parte la corrispondenza individuale: ( ( L a question de savoir si la concordance entre une biocinose determinie Ci la prifirence, par exemple, de chaque plante prise individuellement pour un certain milieu, a it6 posie: il apparait que cette question est depassien. Ma l’affermazione che il legame della porzione organica con la porzione inorganica della biocenosi t talmente intimo, che qualunque interazione che si verifichi, in un momento qualunque e con estensione non precisata, nell’uno o nell’altro campo o fra elementi appartenenti ai due campi, anche se non 1: apparente, si prolunga, in condizioni di latenza, nella vita del sistema, per manifestarsi a suo tempo, noq sarebbe accolta da molti biocenologi, per- cht non potrebbe avere che una spiegazione organicista. Del resto, se si

(*’) SJORS H. cfr. Remarks on Ecosystem, ecc. (Nota 18). (”) TOMASELLI R. cfr. Fitosociologia ed unit6 della vegetarione, ecc. (Not3 1).

MATHON CH CL. cfr. A propos de la Phytosociotogie, ecc. (Nota 2) .

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studiano attentamente gli esempi che accompagnano l'esposizione di %Mathon ("), si constata che, in qualunque di questi casi, in conformit& a processi di successione perfettamente noti, l'azione della vegetazione sul suolo e quella del suolo sulla vegetazione, si alternano come tante fasi distinte, decomponibili sempre in altrettante reazioni, quanti sono gli individui. Grazie ad esse noi vediamo una determinata copertura ve- getale alterare parcellarmente la costituzione di un determinato terreno ed il nuovo substrato, cosi generatosi, influire a sua volta sulla vegeta- zione preesistente, provocandone la decadenza ed aprendo, in conse- guenza, la via alla sostituzione di una nuova biocenosi alla primitiva. Ma il cotisueto process0 successionale consente anche di prevedere nelle loro linee generali partendo dalla ecologia delle singole specie, mutamenti che, rimanendo immutate le condizioni della stazione, si verificheranno nella rispettiva popolazione. Sappiamo come il criterio individualistic0 ci permetta di attribuire queste variazioni della vegetazione a1 pro- cesso di assestamento, nefl'interno della comunita, degli individui vege- \tali che la costituiscono e che tendono singolarmente ad occupare tutto lo spazio disponibile nella stazione, smistandosi in armonia con le con- dizioni di mosaico, pih o meno minute e pih o meno eterogenee, pre- sentate dal terreno e dal grado eventuale di accaparramento dello spazio gii3 awenuto da parte di una vegetazione precedentemente in sito. Tutte queste azioni sono quindi legate, come estensione e come durata, a1 ciclo biologico di singoli ecoidi; qualunque sia il numero degli individui in- teressati, il risultato non pub essere che la riproduzione, pih o meno ri- petuta, ma indipendente, di una medesima reazione da parte degli in- dividui della medesima specie o di specie dotate della medesima sensi- bilith, per il medesinio gruppo di fattori operanti. I1 fenomeno sari3 na- turalmente tanto piti appariscente, quanto pih gli individui interessati saranno numerosi, voluminosi o comunque dominanti o quanto pih la lor0 forma biologica sari3 vistosa e, pih o meno, si riflettera sulla fisio- nomia dell'intero consorzio. E si tratterri sempre dell'addizione di rea- zioni singole, mai di un fatto totalitario, anche se la reazione ad un fat- tore ecologico, subita - individualmente - in una fase giovanile degli individui della specie o delle specie in questione, non si manifestera che in una fase successiva (per es. la rifiorescenza, la mancanza di fioritura o di abbonimento dei semi in seguito ad m a turba fisiologica, subita dall'organismo in una fase precedente). Non k possibile trasferire dal- l'organismo vegetale od animale alla biocenosi, appunto perch& la bio-

(9 MATHON CH. CL. cfr. L'autodynarnisrne des complexes ecologiques, ecc. (Nota 2 ) (passim).

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cenosi non un organismo, la nozione della conservazione all0 stat0 la- tente della reazione ad uno stimolo pregresso e della manifestazione esterna della stessa reazione a distanza di tempo, a meno di abusare di una grossolana ed illegittima analogia stabilita fra la vita di un indi- viduo e le vicende di una comunith o peggio di confondere, come fa il Mathon, in un medesimo fenomeno, il complesso degli individui auto- nomi del popolamento e l’ambiente - anch’esso parcellare - della lor0 stazione. I1 dire che una data vegetazione, che riveste una certa stazione, porta in se il germe della sua distruzione, perch; I’azione degli atmosferili o quella della popolazione vegetale, finiranno necessa- riamente col trasformare il terreno sin0 a1 punto di renderlo inadatto alla primitiva copertura vegetale, aprendo la via aIla sua sostituzione con un’altra comuniti, non significa altro che affermare che qualunque paesaggio fisiografico o biotico ha una durata limitata, ciob un principio ed una fine dipendenti dalle condizioni esterne ed interne e riflettenti nel mod0 e nel tempo il mutare di queste. Tutti questi processisono nettamente epigenetici e non ci sono, nk preformismi, nb rinvii di rea- zioni provocate a distanza di tempo.

Per noi e, limitandoci per semplicita a1 caso della vegetaqione, una stazione i: un area qualunque della superticie terrestre, scoperta o rico- perta da vegetazione gih assestata, relativamente uniforme per rispetto ad alcuni caratteri ambientali abbastanza significativi per esercitare sulle specie invadenti una selezione comune. Per i disseminuli circolanti essa rap- presenta cosi un accettore di natura particolare, in quanto l’ecesi dei germi penetrati nella stazione 1: condizionata, non soltanto dalla idoneith ai fattori ambientali generali, ma anche dalla preadattazione agli altri fattori che possono avere una manifestazione localizzata ad una parte soltanto dell’ambiente stazionale. Ed a proposito della valutazione eco- logica delle specie costituenti la popolazione vegetale della stazione, k bene ricordare che l’indagine da compiersi sulle singole specie della bio- cenosi, non b limitata all’accertamento dei mezzi e delle condizioni della loro disseminazione, conoscenza indispensabile per la ricostruzione epion- tologica della fitocenosi e per lo studio delle sue possibilith attuali di ri- costruzione e di rimaneggiamento interno. Essa deve venire estesa al rico- noscimento del loro areale (“?), in quanto esso k una Vera biocora, limitante, in senso orizzontale e verticale, sulla superficie terrestre, l’estensione della

(9 NECRI G. cfr. Le unit6 ecologiche fondamentali, ecc. (Nota 3). (pag. 7 estr.): y Sotto I’influenza degli agenti favorevoli e contrari ai quali 2: soggetta, l’area di diffusione di ogni specie varia indefinitamente in confront0 a quella delle specie che la accompagnano ed anche nei vari tempi in cui noi la prendiamo in esame; come, in sen0 all’area stessa, k in continua fluttuazione il grado di den-

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combinazione armonica di fattori richiesta dallo svolgimento del &lo biologic0 degli individui della specie. L’immagine, comunemente im- piegata degli sciami di migrazione, costituiti dalle specie proprie dei vari elementi floristici che possono essere rappresentati in una comunita ve- getale, I? infatti incompleta e poco felice.. Pih esattamente la stazione deve essere considerata come il luogo di interferenza degli areali delle specie che ne costituiscono la popolazione. Schmid (53) (1954 pag. 3) scrive giusta- mente che il biocenologo lavora sulla somma degli individui delle specie, somma che costituisce la specie reale, la quale, contrariamente alla specie dei tassonomisti che t un concetto astratto, rappresenta una comunith bio- logics reale e completa.

C. Troll p) ha poi precisato la distinzione esistente fra la nozione geografica di un protopaesaggio e quella topografica di ecotopo (= biotopo dei biocenologi, la stazione della biocenosi), osservando che, con lo sce- verare individui di paesaggio sempre pih piccoli, si raggiunge infine un ordine di grandezza, che t appunto il protopaesaggio (Landschajtmuster, Landschajtmosaik, Landscape pattern), oltrepassato il quale una ulteriore suddivisione implicherebbe la dissoluzione del paesaggio stesso nei suoi elementi costitutivi (ecotopi), che non ne presentano pih la fisionomia caratteristica, percht non possiedono pih il corredo completo di caratteri che la determinano nel protopaesaggio e non sono quindi pih in grado di rappresentarla. Presenti in numero, possono tuttavia trovarsi riuniti in un altro paesaggio analogo, tanto che Troll li designa in modo espres- sivo cone pietre di costruzione del paesaggio: ed aggiunge che l’ecotopo corrisponde a1 biotopo dei biologi e ci& alla stazione di una biocenosi, quando sia stata completamente occupata dalla vegetazione, e che la sua ulteriore suddivisione, su basi biologiche, mette in evidenza la possibilita, anzi si potrebbe dire la normalita, di unita subordinate di aggregazione degli individui costituenti la popolazione, e ancora piii ristrette nel nu- mero degli individui costituenti; ma che, in questo caso, l’ulteriore disso- ciazione interna del biotopo, dipende dal raggrupparsi di organismi di portamento e di dimensiopi particolari in rapport0 con fattori stazionali

sith col quale i suoi individui si sono distribuiti. Altro fatto questo, di cui non pub disconoscersi l’importanza, quando si studi la frequenza rispettiva con cui .le specie entrano in un consorzio vegetale. Ogni specie possiede percib un area di possibiled iffusione, in cui sono comprtse, con maggiore o minore densiti, le stazioni elementari atte ad ospitarne un individuo normale in tutto il corso del suo ciclo vitale. (NEGRI, 1914) )).

(9 SCHMID E., 1954. AnZeitung zu Vegetationsaujnahmen. Zurich. (9 TROLL C., 1950. Die geographische Landschajt und ihre Erforschung. Studium

Generale. 3 (4/5): 169-170 Heildelberg.

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secondari specializzati. Esistono poi altri spazi ed altri aggregati di indi- vidui analoghi, molto pid complicati ed incastrati fra di loro, rappre- sentati dalle sinusie e dalle loro stazioni (1. c. Troll pg. 70-71). A questo punto non t fuori luogo osservare che Troll risponde cosi alla obiezione, ripetutamente fatta, a1 concetto della corrispondenza della comunita alla rispettiva stazione, topograficamente intesa, e fondata su numerosi casi in cui, in una stazione fisiografica, apparentemente uniforme, pud essere riconosciuta la presenza contemporanea di pid cornunit3 vegetali affian- cate ed anche ecologicamente distinte; ed inversamente, sui casi in cui la comunita, mantenendosi sensibilmente uniforme, esorbita dai limiti della stazione contenuta entro i limiti topografici. L’indagine diretta basta, per lo pid, a dimostrare che, anche in quest’ultimo caso, il mutare delle condizioni stazionali t , nella porzione dell’area della comunita esorbitante dall’area della stazione, ecologicamente compensato. Ma c’t un altro caso del quale, per completezza, bisogna tener conto, ed t la constatazione che un gruppo di specie costituenti una sinusia neli’am- bit0 di una fitocenosi, pud estendersi all’infuori dei limiti della stazione di quest’ultima, mantenendo in mod0 riconoscibile la sua identita, caso assai pi6 frequente del precedente, per quanto oggetto di particolare attenzione soltanto dopo che ricerche di Sukatchev e di Gams (““) hanno messo all’ordine del giorno il principio della pluridimensionalith della associazione; e che esso t stato illustrato, sotto un punto di vista alquanto diverso, da Lippmaa (“6) nello sviluppo della nozione di (( Unione ))

(= sinusia). Per chi, come noi, non ritiene necessaria l’adozione di unitA sociologiche astratte per l’interpretazione della vegetazione e, conside- rando le fitocenosi come (I accidenti )) del I( continuum 1) vegetazionale, si studia di spiegare l’assetto del rivestimento vegetale del suolo con un criterio individualistico, queste discordanze dalla nozione convenzionale di associazione, non riescono imbarazzanti. Mentre infatti il Troll si ferma praticamente (1. c. pag. 170-171) alla sinusia ed alle sue condizioni stazionali, subordinate a quelle generali della stazione della biocenosi, noi teniamo piuttosto presenti le condizioni variabilissime, spazialmente e temporalmente, di substrato, ammissibili dal punto di vista della pedo- logia attuale (e del resto la stessa cosa si potrebbe ripetere per quelle delle ultime suddivisioni del microclima, terreno e clima trovando la lor0 estrema ed assoluta espressione, nella possibifita di ecesi che essi offrono all’individuo, ciot nella costituzione ‘dell’ecoide). Second0 queste

(53 GAMS H. Prinzipienfragen in der Vegetationsuorschung, ecc. (Nota 13). (ss) LIPPMAA T., 1938. Areal und Alterbestimmung einer Union (Galeobdolon - Aspe-

rula - Asarum U.) sowie das Problem der Characterarten und der Konstanten. Acta Inst. Horti Botan. Univ. Tartuensis. 6 (2): 1-152). .

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la differenziazione del mosaic0 edafico, nei minuti particolari della sua composizione e nelle numerose combinazioni che essi presentano, non trova, nei riguardi della copertura vegetale, altro limite che lo spazio vi- tale dei singoli individui vegetali. Cib del resto 6 stato detto moIti anni fa da Kraus: (( Das Enderesultat meiner Bemihungen u m den Wellenkalk- boden war das der Natur- (wi ld) Boden, im Gegensatz zum Kulturboden, nirgents gleichartig, sondern, wie man sich am einfachsten vorstellt, a u

‘ einem iiber jene Erwartung mannigfaltigen Mosaik chemisch und physikalisch verschiedenster Bodenflecke besteht. Es sind, auf kleinstem Raum in der Natur, eine unendliche Mannigfaltigkeit chemisch und physikalisch vers- schiedener gebauter N Standort (( gegeben D.(~”) Conseguentemente ci rendiamo ancora una volta conto del fatto che, se .i biologi vogliono spingere la suddivisione del rivestimento vegetale del suolo sino a1 limite dell’ulte- riore indivisibilith, vale a dire sino all’individuo vegetale, lo studio del- l’ambiente offre lor0 la base materiale e diretta della stazione elementare, perchi: anclie questa non pub essere altrimenti definita che come ]’area di impianto dell’individuo, il luogo di convergenza armonicamente combinata di tutte le condizioni necessarie e sufficienti per lo svolgi- mento del ciclo biologico individuale. E cosi siamo giunti una volta di piii all’ecoide.

Ma c’i: un’altra nozione che noi possiamo ricavare, stabilendo un rapport0 analog0 a quello che Troll (1. c. pag. 169-70) ha precisata fra protopaesaggio ed ecotopo. Troll ha bensi riconosciuto la corrispon- denza fra ecotopo e biotopo e quella fra biotopo e biocenosi, ma non ha creduto di compiere il passo inverso, risalendo dal biotopo e dalle rela- tive fitocenosi alla popolazione vegetale del protopaesaggio. Ora sembra logic0 a noi che, nello stesso mod0 che gli ecotopi - pietra di costru- zione della pih piccola espressione di un paesaggio geografico integrato - il protopaesaggio, riunendosi ricostruiscono l’unith del paesaggio geo- grafico, anche le popolazioni dei singoli biotopi, affiancate nel protopae- saggio geografico, vengano a costituire la pih semplice espressione del paesaggio vegetale; espressione per ogni riguardo corrispondente a1 pro- topaesaggio geografico e soggetta alla vicenda dei medesimi fattori fisio- grafici e biologici generali e locali. Per questa unitd geografica, che L nello stesso tempo ecologica e corologica, proponiamo il nome d i (( protopaesag- gio vggetale D. Naturalmente il riconoscimento di questa forma primor- diale di aggregazione spaziale delle fitocenosi, non statistica ma eco- logica, non altera in nulla la nozione dalla quale siamo partiti del mod0 di aggregazione degli ecoidi nella fitocenosi; essa non ha nulla di socio-

(9 KRAUS G., 1911. Boden und K h a auf.kleinsten Raum. Jena, pag. 6.

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logico, pure presumendo il censimento completo della relativa florula e presenta una base ecologica nella sua origine ed un significato fitogeo- grafico nella sua costituzione,

La nostra posizione nell’interpretazione individualistica della vege- tazione t stata cosi prospettata dall’ecoide sino a1 protopaesaggio vege- tale. A1 di sopra dell’uniti geografica, la classificazione ecologica dipende essenzialmente dalla geografia e dal clima: i protopaesaggi vegetali si inseriscono infatti, in rapporto colle coordinazioni molto varie che i pro- topaesaggi fisiografici assumono nella configurazione superficiale e colla altimetria delle terre emerse, nelle fascie (cingoli di Schmid) di vegeta- zione, cosicch;, da un punto di vista molto generale, no; possiamo rico- noscere nel rivestimento del vegetale globo quattro regimi fisiografici distinti; quello dell’ecoide essenzialmente edafico, quello corologico delle popolazioni areali specifiche, quello topografico degli aggregati vegetali, dalle specie pioniere alle fitocenosi pid o meno integrate e quello delle unita climatiche superiori ra’ppresentate dai paesaggi botanici di vario grado. La sinusia, prevalentemente ecologica ed il protopaesaggio, pre- valentemente climatico, costituiscono rispettivamente i termini di pas- saggio dell‘adattamento autoecologico della vegetazione alla costituzione dei primi aggregati vegetali e della vegetazione tuttora vincolata alle con- dizioni topografiche alla vegetazionc ampiamente espansa, in rapporto colla distribuzione continentale dei climi; e sono per& particolarmente interessanti, con la riserva che, a1 di sotto di essi, si tengano costante- mente presenti la correlazione e l’intreccio degli areali specifici, che ne giustificano, grazie alla loro sensibiliti ecologica, non soltanto i linea- menti fisionomici, ma il continuo variare nel tempo. La categoria delle sinusie, proposta da Gams, ha introdotto nella biocenotica la nozione della pluridimensionaliti della associazione, nozione che pu6 essere estesa a tutte le collettivita costituite dalle piante e che b incornpatibile con la concezione statica e con la trattazione floristico-statistica della vegeta- zione; la nozione di protopaesaggio vegetale, che t stata indirettamente presentita in tempi recenti, vard, per parte sua, a colmare I‘hiatus, troppo a lungo durato, fra la geobotanica ecologico-fisionomica e la geo- botanica floristic0 ecologica. Giacomini osserva a questo proposito: (( Anche per lo studio del divenire della vegetazione in un territorio, non t sufficiente il riferimento a tipi biologici od a grandi cenosi connesse a fasce altitudinari, ma b necessario poter lavorare sugli aspetti particolari interrnedi fra l’individuo singolo e le grandi astrazioni corologiche. E an- Cora alla dimensione delle associazioni che noi possiamo seguire paralle- lamente la composizione e l‘evoluzione della vegetazione con riferimento costante ai fattori del mezzo. Quando poi si afferma che b arduo compito

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inserire le associazioni in un vasto sistema corologico per la difficolta di accostare fra di lor0 quelle di territori molto lontani, riconosciamo che si tocca uno dei punti piii critici del sistema fitosociologico. Ma doh- biamo aggiungere che non i un sistema corologico l‘unica ed ultima sin- tesi geobotanica, (?) sebbene sia una delle pili desiderabili ed opportune,

alcune Scuole fitosociologiche, quelle Nordamericane ad esempio, non curano tanto il livello fitosociologico delle ricerche, ma, pure ammettendolo, perseguono vaste sintesi su amplissimi territori. E pos- sibile che, con una armonizzazione delle tendenze Europee con quelle Nordamericane, si possano ottenere vasti inquadramenti delle associa- zioni, senza che queste abbiano a perdere la lor0 importanza in un piano pi6 modesto, ma piii immediatamente utile)) (“*).

A Giacomini t sfuggito che questo tentativo 6 giA in corso; ma pur- troppo il suo postulato di partenza, gli toglie la possibilita di apprezzare una iniziativa male conciliabile per il suo dinamismo con lo spirit0 irrime- diabilmente static0 della Scuola sigmatista, malgrado i tentativi clie, in questi ultimi anni, essa ha fatti per svincolarsi dall’eccessiva staticita delle sue premesse originarie. .

Gia fino dal 1922 p) Schmid ha abbozzato la nozione di una cate- goria di unita subordinate alle fasce di vegetazione le Megacenosi (Haup- coenosen), partendo dal principio dell’importanza particolare di co- munita minori dipendenti da condizioni generali, per una valutazione complessiva delle unita biocenologiche nell’ambito di estesi territori. La biocenologia pub infatti riconoscere la riunione di cornunit3 locali in unita di ordine pili elevato, sempre che esse presentino il carattere di dipendere da condizioni generali, con comunita floristicamente affini, collegate invece con condizioni locali e con frammenti di comunith. Questa sarebbe la megacenosi di Schmid, la quale dovrebbe corrispon- dere parzialmente, per quanto riguarda i dati ambientali, alle biocore per le quali Koppen (1900) ha precisamente trovato specie indicatrici vegetali. Una unita di questa natura sarebbe, per esempio, costituita dalla mega- cenosi del faggio dell‘Europa Centrale, che & costituita dal complesso delle biocenosi tipiche di Fugus siluatica alle quali si possono aggiungere comunita locali, nelle quali il faggio pub essere sostituito da una specie dotata di esigenze ecologiche analoghe, per esempio dal carpino, ma che conservano i gruppi di specie subordinate caratteristiche della faggeta; ed inoltre le comunita dei terreni scoscesi, rupestri, franosi, che siano

(53) GIACOMXNI V. cfr. Considerazioni sul concerto di atsociuzione vegetale, ecc. (Nota 1,

(”) SCHMID E., 1922. Bioz6nologie und Soziologie. Naturwissensch. Wochenschrift. 38: 519.

noto che

Pa%. 16).

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stati occupati da specie caratteristiche della vegetazione del faggio. Non appartengono invece alla megacenosi del faggio le comunita miste di faggio e di Picea che si incontrano entro l’areale del faggio, quando la florula subordinata di questa comunita, appartenga in proporzione predo- minante alla megacenosi del piceo. La megacenosi del faggio riveste cosi un areale che h, come si comprende, ripetutamente interrotto dalla megacenosi del piceo, come pud esserlo anche da aggregati appartenenti alla megacenosi del bosco misto Quercus sessiliflora, Tilia cordata, ecc. L‘ordine di grandezza dell’areale di queste megacenosi dovrebbe corri- spondere all’incirca a quella che Cajander ha attribuito ai suoi tipi cli- matici (Klimatypen 1921).

Non t impossibile del resto, per chi si fondi su dati autoecologici; trovare nella vegetazione stessa delle megacenosi di grado elevato, l’indi- cazione di suddivisioni in megacenosi subordinate, che ’ presentino tut- tavia una estensione superiore a quella del protopaesaggio e che pos- sano venire floristicamente ed ecologicamente coordinate, tanto con le unit3 superiori, quanto col protopaesaggio. sempre il criterio delle cor- relazioni che entra in gioco. Continuando infatti a sviluppare l’esempio delle faggeta, noi distinguiamo nel Continente Eurasico tre distinte me- gacenosi, vicariantemente dominate da Fagus silvatica, F . orientalis, F . Sie- boldii, accompagnato ciascuno da un corteo di specie, che, bencht non coincidano totalmente, n t fra di loro, n t con la specie dominante, coi loro areali, rappresentano tuttavia altrettanti casi di correlazione pih o meno spinta con essa e fra di loro (Gross-Camerer 1931). Ma nella stessa faggeta centroeuropea si ripete a sua volta, la possibilita di una distin- zione in megacenosi minori, in base a1 raggrupparsi di coordinazioni su aree meno estese e che possono corrispondersi od in ogni mod0 awicinarsi giA sensibilmente, sia sotto l’aspetto biocenologico, sia sotto quello dei fattori ambientali influenti sui protopaesaggi.

Partendo da criteri differenti, scriveva del resto Cowles: ((Come t da attendersi, l’influenza della erosione k generalmente distruttiva per la vegetazione od almeno retrogressiva; cib tende a1 distacco dallo stato mesofitico (considerato come stato di massimo equilibrio per la vegeta- zione), mentre l’influenza della deposizione dei materiali erosi t co- struttiva, ciot tende ad assicurare lo stato mesofitico. La successione progressiva della vegetazione k bene illustrata dallo sviluppo che essa pre- senta nelle pianure alluvionali lungo i fiumi e nell’ampiamento delle spiagge sabbiose; la successione regressiva t associata alla attivita ero- siva dei fiumi e delle spiagge )I. ( 6 0 ) . Cosi la vegetazione si evolve dalla

(eo) COWLES H, CH., 1911. The causes of vegetative Cycles. The Botan. Gazette. 51 (3): l71.

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degradazione di un assetto mesofilo, alla ricostituzione piii o men0 di- sturbata di una nuova fase mesofila. Cowles infatti continua pii! oltre, parlando del ciclo biologico: (1 Noi possiamo vedere uno stadio sosti- tuirne un altro sotto i nostri occhi e noi possiarno quindi sperare di PO- tere un giorno, se esercitiamo sufficientemente l’osservazione e la pa- zienza, comprendere le cause profonde del cambiamento. E chiaro tut- tavia che i vari cicli vegetativi non presentano lo stesso valore. Ogni ci- clo climatico ha i suoi cicli biologici, ogni ciclo erosivo, nell’ambito del ciclo climatico, ha, a sua volta, i suoi cicli biologici ed i fattori biotici danno origine ad altri cicli pure biotici e del tutto indipendenti dai cicli climatici e topografici )) (1. c., pag. 180). Insomma, dato che lo sviluppo della vegetazione t generalmente piii rapido di quello dell‘evoluzione topo- grafica del suolo, data la necessita in cui si trova ogni individuo vegetale di trovare una Stazione individuale, che renda possibile il suo sviluppo e date infine la diversiti elementare e permanente della composizione, tanto della vegetazione, quanto del suolo e l‘abbondanza dei mezzi di dissemi- nazione che gli individui vegetali possiedono, soltanto la sensibilita, l’attivita individuale degli elementi della vegetazione spiegano la costituzione com- plessa e nello stesso tempo tipica del rivestimento vegetale e l’attivita inces- sante con la quale la vegetaiione invade tutto lo spazio disponibile ed ecolo- gicamente adatto allo svolgimento della vita vegetale; mentre la partecipa- zione progressivamente piti ridotta in senso spaziale, ma pili aderente in sen- so stazionale, giustifica la selezione progressiva che il materiale floristic0 disponibile nella regione - che ecologicamente t una categoria preva- lentemente climatica - subisce in un primo tempo, in corrispondenza delle diverse stazioni fisiografiche e successivamente, nell‘ambito di que- ste,in sen0 alle stazioni piii specializzate costituite dalla vegetazione. Forse pii! esattamente potrebbe dirsi che il rivestimento vegetale costituisce

1 una coltre che tende attivamente a mantenersi continua, modificando la sua composizione generale a seconda della lenta variazione del clima, ma modellandosi tuttavia piit o meno sensibilmente sulle accidentalita pili o meno pronunciate della topografia e della idrografia che ne dipende e soggetta anche, grazie alla esistenza di queste diverse accidentalita am- bientali, a1 determinarsi, nell’interno stesso della sua compagine vivente, di correlazioni fra gli individui delle specie che la costituiscono, grazie alle quali si possono manifestare, sino a1 limite dell’individuo, rapporti di importanza varia e talora molto significativa. La teoria dei tre cicli proposta da Cowles, non 6 che l’espressione schematica di questa intensa attivita di spostamenti e di ricomposizione della massa vegetale. Una concezione simile a quella di Cowles, ma pii! propriamente legata alla evoluzione della topografia, 6 stata illustrata qualche anno dopo da

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Vahl (61) ed k particolarmente interessante in quanto, proposta sotto l'influenza della Scuola fisiolografica di Davis, particolarmente seguita in quegli anni, ha trovato una espressione buona, per quanto largamente schematica, della correlazione fra altopiano-valli di erosione-penepiano e rispettivamente fase eustatica-fase anastatica-fase eustatica della vege- tazione.

Con maggiore adesione ai particolari del paesaggio vegetale, pure non perdendo di vista i rapporti causali con la topografia, t stata abboz- zata anche da E. G. Nichols una gerarchia delle forme della vegetazione, nella quale il parallelismo fra topografia e paesaggio vegetale k tuttavia rigorosamente mantenuto, anche a1 di sopra del sistema stazione-fitoce- nosi. A1 tipo di habitat che, in una determinata regione climatica, si ripro- duce ogniqualvolta si rinnovi il raggruppamento di determinati fattori del clima, corrispondono raggruppamenti adeguati di specie, individuando un tipo d i associazione. Qualche volta la natura dell'habitat t uniforme anche su grandi estensioni e ad essa corrisponde allora una vegetazione parimenti uniforme; ma, pid frequentemente, entro i limiti di un area che pu6 essere considerata come una unit3 geografica (protopaesaggio Troll 1950), si manifestano differenze stazionali minori (ecotopo, Troll ibid.). Nichols designa un gruppo di habitat, che occupi un'area unitaria e 'che quindi, salvo i caratteri peculiari di ciascun habitat, rientri in quelli generali dell'area comune, come complesso d i habitat; ed intimamente col- legato ad esso k il complesso d i associazioni, costituito dalle unitl della flora, che trovano, nel complesso di habitat, la soddisfazione di esigenze affini in stazioni affini. Un complesso associazionale pub Guindi essere definito come un gruppo di associazioni che costituisce una unit3 corri- spondente ad un complesso stazionale. Le vedute di Nichols sarebbero quindi conformi alla nostra concezione del protopaesaggio vegetale (com- plesso di associazioni) corrispondente a1 protopaesaggio geografico (Troll) (complesso di habitat) (").

Ancora pih recentemente (1948) Paffen si i: pronunciato (63), anche pid esplicitamente, in mod0 analogo.. Come nelle altre scienze, egli dice,

VAHL M., 1911. Zones et biochores giographiques. Overs. ov. det Kgl. Damke Videnskab. Selsk. Forhandl. 4: 287-288.

(6z) NICHOLS E. G., 1917. The interpretation and application of certain terms and concepts in the ecological Classifcation of Plant Communities. The Plant World. 26: 317 e segg.

(63) Pmm R. H., 1948. okologische Landschaftsgliederung. Erkunde Arch. d. Wis- senschaft. Geographie. 2: 167-173 passim. - IDEM, 1951. Geographische Vegeta- tionskunde und Pflanzenzosiologie. Erdkunde. Arch. d. Wissenschaft. Geographie. 5: 196, 203 passim.

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(( anche nella geografia si i: fatta strada la tendenza alle concezioni d'as- sieme, in questo cam alla nozione generale del paesaggio n. Come Troll, egli ritiene che esista, per il paesaggio geografico, un limite a1 di sotto del quale la sua attuazione non 1: pid possibile, perchi: gli elementi in cui venisse ulteriormente dissociato (ecotopi), non ne possiederebbero pib singolarmente il complesso di caratteri, la fisionomia complessiva, nello stesso modo che i caratteri dei materiali di costruzione di un edificio, non ci permettono di presumere quale sara lo stile architettonico della costruzione ultimata. B tuttavia interessante il constatare come questi elementi, ciascuno dei quali possiede una propria individualit3 ecologica, convergano, nel minimo spazio possibile, alla costituzione del proto- paesaggio, e come, per la lor0 stessa struttura, il lor0 ordinamento spa- ziale, le lor0 convergenze funzionali, i lor0 rapporti, si mantengano co- stanti nelle unit3 pid complesse che vengono a costituire. .E poichi: gli ecotopi (rispettivamente biotopi) sono la sede di unita di vegetazione (fitocenosi), le condizionano e ne sono alla loro volta condizionati, le cor- rispondenze che intercedono fra i biotopi del paesaggio, si riflettono nelle correlazioni delle fitocenosi . rispettive nel protopaesaggio vegetale costi- tuito. La vegetazione viene cosi spinta in primo piano nella descrizione del paesaggio, anche se non si voglia assegnarle greograficamente una preminenza assoluta ed il protopaesaggio vegetale assume quydi un signi- ficato tanto piti notevole di categoria geobotanica, in quanto se ne pos- pono facilmente stabilire i rapporti, tanto con le categorie superiori della classificazione ecologico-fisionomica del paesaggio vegetale generale, quanto con quelle subordinate ed intimamente dipendenti dalla topo- grafia; tanto piti dipendenti anzi, quanto pic, col restringersi dell'impor- tanza numerica della popolazione e della estensione spaziale accaparrata del complesso degli individui coabitanti, la Comunith si fa uniforme ed ade- rente a condizioni strettamente locali di stazione, sino a1 limite .della

' saturazione completa dell'ambiente elementare da parte dell'individuo (ecoide).

In un lavoro piti recente (1951) Paffen, dopo aver salutato come una decisione veramente salutare, il ritorno dei fitogeografi ad una conce- zione topografica e quindi ecologica della vegetazione, aggiunge che, quando alla nozione ambigua di )) complesso associazionale )) (Braun-Blan- quet 1951) si sostituisca quella di )) compZesso topografico ecologico d j uegetazione)), (che ci riporta, se non alla lettera, alla sostanza della con- cezione di Nichols precedentemente illustrata - nota dello scrivente), quest'ultima nozione potrA essere considerata con fiducia come una buona base per la dottrina della vegetazione. Contrariamente alla nozione astratta di associazione, si tratta, nel caso del Complesso vegetazionale topogra-

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fico, di una unit3 spaziale concreta. Essa t suscettibile di dividersi in una moltitudine di stazioni biologiche e di unith biologiche parziali ed i: caratterizzata, quando la si consideri nel suo complesso, da una ecologia collettiva pih o meno chiusa e tendente alla omogeneita ed alla unitarieta, che la distingue dai complessi topografico-ecologici vegetazionali conti- gui. Di questi complessi la dottrina della vegetazione pub servirsi come di tipi biocenologici ed anzitutto nel lavoro cartografico. In tali unit3 topo- grafico ecologiche, anche la fitosociologia pub del resto assolvere il suo compito nei rilevamenti sociologici delle popolazioni, per i quali i metodi ormai diventati di us0 corrente, possono benissimo venire utilizzati, quando lo si faccia con le riserve dovute. Recentemente W. Krause (1950), ha mess0 in chiara evidenza la grande importanza dei complessi topografico-ecologici vegetazionali rilevati con questi criteri ed ha parlato di complessi a mosaico. Cosi le uniti fondamentali stabilite su base topo- grafico-ecologica raggiungono la lor0 completa popolazione floristica in tutte le stazioni climaticamente ed edaficamente idonee alla costituzione di una fitocenosi, mentre sono suscettibili, mediante I’analisi delle lor0 forme biologiche, di una tipificazione fisionomico-ecologica che sola pub consentiie la lor0 classificazione naturale. Infine una unita topografico- ecologica vegetazionale cosi intesa, offre anche la possibilit3 di essere, nel caso di una progressiva integrazione di unita ecologiche spaziali superiori, inserita in unita di vegetazione sempre pid grandi. Queste sono costantemente caratterizzate da una parte, - su grande scala - dal clima-e dalla flora delle grandi divisioni generali terrestri, dall’altra in- vece - su piccola scala - c i d a partire dalle unita ecologico-topogra- fiche fondamentali, dal raggruppamento di tipi regionali e dal loro ordi- namento spaziale che alla fine determina il carattere generale della vege- tazione.

Piuttosto l’identificazione abituale del protopaesaggio vegetale sul terreno presenterebbe anche il vantaggio sostanziale di obbligare lo stu- dioso a1 rilevamento integrale e completamente obiettivo della vegeta- zione, tenendo conto ciot, tanto delle aree rivestite da fitocenosi appa- rentemente stabilizzate, quanto di quelle soggette a particolari condizioni di instabilita. Questo punto di vista, che corrisponde a1 criterio adottato, molti anni fa, da Crampton (64) e troppo spesso dimenticato per correre dietro aIla utopia della costruzione di tipi astratti e dell’impiego rituale

(6a) CRAMPTON C. B., 1911. - The vegetation of Caithness considered in relation to the Geology. Pub!. by Committee for the Survey and Study of British Vegetation. Pag. 1-132. - IDEM, 1912. The Geological relations of stable and migratory plant formations. Scott. Bot. Review. I: 1-61 (repr.) Ref. in the Journal of Ecology. 1: p. 50. 1913.

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di questi per I’interpretazione della vegetazione, segna un altro distacco dai metodi della Scuola di Montpellier, canone fondamentale della quale t clie le specie caratteristiche della Associazione devono essere reperibili in ogni comunith, perch; 1’ (( individuo di associazione 1) incarna I’asso- ciazione stessa, come ( ( m a casa incarna il concetto di w a r (Braun- Blanquet 1951 pag. 20). Ne consegue il precetto generale, che le aree rilevate, grandi e piccole, nettamente delimitate e misurate o no, deb- bano presentare la maggiore uniformiti possibile, non soltanto dell3 composizione floristica, che determina la fisionomia della comunith, ma anche per riguardo alla presenza delle specie caratteristiche ed alle con- dizioni topografiche ed edafiche. L’esigenza della uniformith dell’unita di vegetazione considerata, conduce di per se alla frammentazione del tappet0 vegetale ed alla delimitazione di lembi di vegetazione, che, non di rado, corrispondono ad individui di associazione, ‘ma spesso presen- tano piuttosto una composizione mista o costituiscono zone di transi- zione pib o meno larghe, intercalate fra due lembi di vegetazione uni- formi. In questi casi bisogna, nel delimitare la vegetazione da studiarsi, regolarsi in mod0 da scartare anzitutto le striscie eterogenee di transizione Braun-Blanquet (1. c. pag. 52-53). Lo studioso invece che, nel rileva- mento preliminare del territorio in studio, avr3 rilevato nella lor0 inte- rezza, i protopaesaggi vegetali affiancati (0 sovrapposti in qualiti di oriz- zonti distinti, quando la topografia del territorio presenti slivelli impor- tanti), procederi anzitutto a stabilire l‘inventario floristico del protopae- saggio prescelto per la ricerca, controllando successivamente la distri- buzione delle specie nei singoli biotopi, dalla combinazione dei quali il protopaesaggio risulta, indipendentemente dal fatto che la popola- zioni delle singole comunith rilevate in corrispondenza dei biotopi (se- guendo criteri su cui ritorneremo), sieno chiuse od aperte, occupino com- pletamente I’area della stazione rispettiva o no e vi appaiano in condizioni di assetto equilibrato o no. Evidentemente ha limitazione dell’indagine sociologica alla sola biocenosi matura, precetto fondamentale della Scuola di Montpellier, iniplicando una notevole arbitrarieti di scelta e la tra- scuranza delle popolazioni immature, o miste od addirittura ridotte a gruppi di individui sporadicamente dispersi sull’area scoperta delle sta- zioni fisiografiche, rappresenta non soltanto la rinuncia ad una serie di documenti su eventuali stadi attraverso i quali la vegetazione si awia a raggiungere la sua integrazione in un assetto ed una fisionomia definiti, ma anche I‘abbandono all’arbitrio del rilevatore, sia pure esperto, ma infir- mato da un innegabile coefficiente di soggettivith, di una scelta, sul ter- reno, le cui conseguenze risulteranno a1 momento della elaborazione tabellare dei risultati.

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Riassumendo dunque la nostra posizione quale t stata espressa nella memoria del 1914, svolta nelle pubblicazioni successive e maturata dalla esperienza personale e dalla meditazione della letteratura dell’ultimo qua- rantennio, pub essere ricondotta ai fatti seguenti, che l‘osservatore incontra in natura e che deve apprezzare: 1) un fatto ecologico, la costituzione del sistema elementare organismo-ambiente (ecoide) ; 2) un fatto corologico, l’interferenza degli areali specifici in una stazione e conseguentemente la fissazione in corrispondenza di questa di individui che hanno contem- poraneamente un significato di indice floristico, in quanto appartengono ad una specie, di indice ecologico, in quanto i limiti dell’areale di questa specie ci informano sulle condizioni climatiche alle quali la tolleranza dell’individuo t legata; 3) un fatto fisiografico-pedologico, l’eterogeneiti degli individui stabiliti in una stazione, la quale t il resultato della tra-f orma- zione del terreno da parte degli atmosferili e della vegetazione stessa che vi sia precedentemente stabilita, nonchi: della costituzione petrografica del suolo, che presenta quindi, per quanto uniforme possa sembrare, un irre- ducibile condizione di diversiti; 4)’ un fatto geografico, la costituzione di un protopaesaggio vegetale alle spese di un protopaesaggio geografico, grazie alla combinazione degli ecotopi (rispettivamente biotopi); 5) un fatto vegetazionale regionale, l’aggregazione dei protopaesaggi vegetali, nelle megacenosi e nelle fasce di vegetazione. Come questo process0 si verifichi e ciot come le grandi regioni fisiografiche della geografia conti- nentale abbiano assunta una propria fisionomia vegetazionale collegata con la storia geologica e botanica della regione e con le caratteristiche climatiche corrispondenti, ci dice anche in questo caso Paffen, distin- guendo una gerarchia di non meno di sei categorie paesistiche, superiori a1 protopaesaggio e progressivamente pic ampie e denunciando la norma che anche in geografia si debba, per la classificazione ecologica dei pae- saggi, partire dal termine inferiore ciot dal protopaesaggio per giungere ai superiori. Lo stesso pub dirsi per la vegetazione e ne abbiamo del resto la prova nella coincidenza delle zone continentali di vegetazione di- stinte da Brockmann-Jerosch e Rube1 (66) colle fasce di vegetazione illu- strate da Schmid nelle numerose memorie fitogeografiche pubblicate in questi ultimi anni. S i pub dare atto a Giacomini della osservazione sopra riferita, sulla necessith di precisare meglio la transizione dalle fitocenosi alle fasce di vegetazione e sulla opportuniti, per esempio, che la nozione

(“5) KRAUSE W., 1950. Ueber Vegetationskarten als Hilfsmitfel kausalischer Unter- suchung der Pflanzendecke. Planta. Arch. f. Wissenschaft. Botanik. 38: 296-323 passim.

(66) BROCKMAN-JEROSCH H. und RUBEL E., 1912. Die Entstehung der Pflanzengesell- schaften nach okologisch-physionomischen Gesichtspunkten. Leipzig.

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di (( megacenosi )) introdotta da Schmid e da lui applicata essenZialmente alla distinzione delle grandi frammentazioni continentali delle fasce di vegetazione, dovute a cause geografiche, geodinamiche e climatiche, venga precisata e probabilmente scissa in una serie di categorie subordinate. Ma Schmid stesso ha dato un primo esempio di questo riconoscimento di paesaggi vegetali, coordinati con le sue f a c e di vegetazione, dimostrando la corrispondenza con esse degli orizzonti altimetrici della vegetazione nelle catene montuose dell'Eurasia e dell'Africa Set- tentrionale e principalmente poi colla sua Carta della Vegetazione dells Svizzera (9.

Naturalmente il lavoro di ricognizione ecologica della vegetazione e la classificazione dei suoi raggruppamenti, in base a criteri biocenologici, k ai suoi inizi. I principii stabiliti pih addietro possono indicare, I'orien- tamento di questo lavoro di sistemazione. I geografi - Schmidthusen, Paffen, Troll - fra gli altri, insistono a questo proposito sulla necessita che, nelle condizioni raggiunte attualmente dalla trasformazione pih 0 meno evidente del paesaggio vegetale terrestre per opera dell'uomo, sia necessario tenere costantemente conto della possibilita di un intervento, attuale o pregresso, di qttesto fattore; e cib k perfettamente esatto. E pari- menti indubitabile che le medesime leggi hanno determinato e determi- nano la distribuzione della vegetazione prima della compma dell'uma- nita ed oggi e che quindi anche le popolazioni vegetali pih direttamente controllate dall'uomo e sostituenti nel mod0 pih completo la vegetazione originaria, si sono costituite per un fenomeno di invasione secondaria di un terreno abbandonato o di una biocenosi pili o meno penetrabile, awenuto individualmente. Anzi, in molti casi, k stato possibile se- guire questo processo, che rappresenta per il biocenologo un prezioso caso di esperimento sul terreno e, nello stesso tempo, una dimostrazione in atto della autonomia dei componenti della vegetazione. L'esperienza poi i: tanto pih dimostrativa in quanto l'uomo, sia indirettamente, alte- rando l'equilibrio fra la vegetazione e le condizioni fisiografiche della sua stazione, sia direttamente, modificando, su aree piit o nieno estese, i caratteri della topografia, dell'idrografia e della composizione dei terreno, stabilisce la condizione di una Vera sovrapposizione di un paesaggio botanic0 culturale od almeno in una certa misura antropk- zato, sul paesaggio vegetale originario. e la dominanza di specie cul- turali indigene od introdotte, su quella di specie appartenenti alle fitocenosi autoctone.

(67) SCHMID E., 1944-50. Vegetations-Karte der Schweiz (4 fogli e testo introduttivo) Bern.

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b) CONTRIBUTO DEGLI ITALIANI ALLA CONCEZIONE INDIVIDUALISTICA.

Abbiamo preso in considerazione le obiezioni che sono state diret- tamente rivolte a1 nostro orientamento di interpretazione dell'assetto della vegetazione su basi autoecologiche, anzi addirittura sulla autonomia inialienabile dell'individuo in sen0 alla vegetazione, approfittando della occasione per svolgere qualche punto controverso - posizione reciproca delle due nozioni di fitocenosi e biocenosi e conseguenze metodologiche relative, chiarimento della natura e dei rapporti dell'ecoide, combina- zione dell'indirizzo biocenologico con l'indirizzo corologico e definizione del protopaesaggio vegetale, coordinazione dei paesaggi fitoclimatici di grado superiore - che ci interessava particolarmente. Altre questioni riguardanti piuttosto la nozione della associazione in senso sigmatistico ed il suo confront0 con quella di biocenosi; quella della legittimita tec- nica od almeno pratica, di servirsi di una Unitd vegetazionale, pib o meno convenzionalmente riconosciuta, quale base per l'interpretazione della vege- tazione, malgrado la convinzione ripetutamente ed autorevolmente espressa, come abbiamo test; veduto, della van& dell'attaccamento ad una con- cezione concreta della associazione; quella del Conlinuum vegetazionale, sorta, come contrapposto alla precedente, ed indipendentemente in Europa orientale ed in America, per opera di studiosi pid familiari di quanto non sia concesso ai botanici dell'Europa occidentale, con una vegeta- zione tuttora intatta o quasi da parte dell'uomo, verranno considerate pib avanti. Qui vorremmo ancora rilevare, a proposito della interpreta- zione individualistica che difendiamo, come i nostri Critici abbiano voluto considerare la nostra posizione concettuale pib isolata di quanto non sia anche in Italia, non essendone mancati echi nella nostra stessa lettera- tura ed essendo facile trovarle, anche nella letteratura internazionale, maggiori riferimenti di quanto le scarse citazioni dei nostri Critici lasce- rebberlo supporre.

giusto infatti ricordare che, in un volume postumo di A. Borzi (( Problemi di filosofia botanica 1) (6*) un capitol0 t dedicato ai (( Fonda- menti ecologici delle associazioni vegetali 11. I mutui rapporti di convi- venza 0, come dice I'Autore, di cameratismo intercedenti fra le piante, si riassumono, secondo' il Borzi, in una 'potente forza di coesione che tiene riuniti gli individui fra di lor0 in mod0 evidente e che ; prevalente- mente dovuta ai mutui rapporti materiali che avvengono fra individui me- desimi in ordine alla massima utilizzazione dello spazio, anzichi ai legami lor0 con l'ambiente fisico chimico; cosi essi costituiscono (( una delle pib

B o x i A., 1920. Problemi di filosofia botanica. cfr. Cap. 30. I fondamenti ecologici della associazione vegetale. pag. 67-108. Roma.

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spiccate e singolari caratteristiche del regno vegetale, dove la mancanza di locomozione E legata alla necessiti di una dimora invariabile S U ~

terreno da parte degli individui. Di questa forza si pub dire che unicamente consiste in ci6 che ciascun individuo t perfettamente libero nell’esercizio delle proprie funzioni, siccht, se per caso venisse meno in tutto od in parte tale condizione, l‘individuo stesso sarebbe destinato presto o tar& ad essere eliminato a vantaggio dei vicini (pag. 72). 2 da insistere sul principio generale che lo stato di completo isolamento degli individui vegetali t una condizione che non esiste di fatto in natura, non pub esi- stere che in via transitoria eccezionale, temporanea, poicht le piante rap- presentano degli esseri a vita sedentaria; per regola generale i lor0 germi, propagantesi in grandissima parte ed in grandissirno numero, si disper- dono nelle vicinanze delle piante madri e sul limitato spazio di terreno, ove si svolgono nuove e successive generazioni di individui, i qwli vanno, poco a poco addensandosi per costituire delle masse chiuse, folte ed impe- netrabili .... I1 progressivo accrescersi ed espandersi delle successive ge- nerazioni ..., segue sempre un ordine centrijugo e le densitd della popola- zione tende sempre piic e piic ad accrescersi verso l’interno, fintanto che non venga raggiunto quel limite che si direbbe quasi d i saturazione, per cui non resta piG posto disponibile per individui di altre generazioni, ma sino a quando sia raggiunta la massinia densith. L’accrescimento periferico della massa continua perb sempre illimitato (pag. 78) .... Per queste condizioni (concordanza nel mod0 di vivere nelle forme generali e nell’accrescimento) vengono a stabilirsi ed a mantenersi, sempre pii! saldi ed immutabili, i rapporti di convivenza fra individui ed il prin- cipio che li regola ..... rappresenta lo stato di equilibrio normale della vegetazione terrestre. Coll’utilizzazione dello spazio spinta sino a1 non plus ultra, da parte degli individui, non rimanendo piti posto per altri individui, ne risulta che ‘il numero degli individui della stessa specie capaci di vivere entro uno spazio determinato, in condizioni di vita asso- lutamente normali ed uguali, dovrebbe naturalmente mantenersi costante dentro i limiti di variazione delle specie a parit3 di sviluppo, di eta e di condizione (pag. 79); ... Una formazione ’di tal genere esiste e si conserva per tempo indefinito in .natura, merct le attitudini particolari delle specie che la compongono, per cui t consentito ai molti vari individui di con- vivere riuniti in densa massa senza reciproco pregiudizio (pag. 84) .... L’importanza dei rapporti di mutua convivenza fra gli individui, come vedesi, t niolto grande, poicht essi delimitano i tratti caratteristici fon- damentali delle svariate fisionomie vegetali (pag. 101) ....; i rapporti di convivenza ci danno ragione delle svariate fisionomie vegetali e ci rap- presentano l’individuo, nelle condizioni di vegetazione le pii! assoluta-

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mente normali, come unit3 ecologica perfetta di un complesso armonico per eccellenza, le cui parti stanno associate insieme cosi intimamente da iag- giungere il massimo limite di densith immutabile nel tempo e nello spa- zio ....; realmente una potenza di legami quasi invincibile domina nei rapporti degli individui e con cib delle specie coi luoghi; ogni parte orga- nica svolgentesi va a prendere quella forma e quel posto che le spettano, in omaggio alle legge formative ed a quelle dell’eredith, in mod0 che le condizioni di composizione dei consorzi vegetali tendono a conservaqsi immutate dovunque sulla terra, serbando le caratteristiche impresse dai climi e dai luoghi (pag. 102) )I.

Ho trascritto, con una certa larghezza, le frasi principali di questo interessante capitolo, che meriterebbe di essere ripubblicato per intero, tanto chiaramente vi sono state adombrate, in un tempo in cui la bioceno- tica andava costituendosi attraverso le discussioni dei suoi diversi in- dirizzi, i problemi della fitocenosi. La comunith vegetale vi t presentata come una convivenza di individui somaticamente e fisiologicamente in- dipendenti, tendenti alla occupazione di tutto lo spazio disponibile nella stazione raggiunta, mantenentesi, grazie all’assetto dei suoi individui spinto sino ad un massimo di integrazione della biocenosi ed espresso da una fisionomia caratteristica, nonch2: capace di rimanere immutato praticamente sino a che si conservino inalterate le condizioni di ambiente. I rapporti biologici degli individui vengono qualificati come cameratismo.

Nel 1934 R. Corti, a sua volta, analizzando la vegetazione delle‘ pinete di. Sud ovest di Firenze (6g) ha scritto che (( .... lo studio di qua- lunque popolamento vegetale pub riassumersi nella soluzione di tanti probleini di ecologia individuale, quanti sono gli individui del popola- mento, utilizzando dati di carattere esclusivamente geofisico, perch&, anche l’influenza clie ogni singola pianta, subisce, da parte di ciascuno dei suoi commensali e dal lor0 complesso, rimane strettamente limitata ad essa e pub sempre essere espressa in termini fisici .... Della massa dei disseminuli, che, in qualunque momento, investono qualunque area della superficie terrestre per andare in massima parte distrutti, giacere in limi- tata proporzione e per un tempo pih o meno lungo allo stato di quie- scenza nel terreno e passare in minima parte, a vita attiva, quest’ultimo contingente risulterA smistato in un numero maggiore o minore di sta- zioni e si assester3 .costituendo cenosi assai varie, in rapport0 non sol- tanto colle condizioni ecologiche locali, ma anche con l’accidentalith dell’arrivo di ciascuna delle sue specie componenti nella rispettiva sta-

(69) CORTI R., 1934. Ricerche sulla vegetazione dei dintorni di Firenze. N. 3. Rilieui sulle pinete delle colline SW di Firenze. Nuovo Giorn. Bot. Ital., n. s., 41 : 25-120.

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zione .... I processi statistici, piti o meno raffinati, che sono stati adottati per’ rilevare un momento qualunque dell’incessante fluttuare della corn- posizione e quindi dell’aspetto della vegetazione, non possono che de- scrivere fasi particolari della evoluzione dei singoli popolamenti stazio- nali. La ripetizione del rilevamento in tempi successivi precisera bensi la nozione della maggiore o minore frequenza, importanza e durata degh episodi della successione; ma l’intervento di qualunque fattore capace di accelerare, ritardare o perturbare questa serie di episodi, sia pureil fattore umano, non cambia in nulla i rapporti ecologici dei singoli in&- vidui. E poicht ogni sforzo di scomporre il paesaggio vegetale in even- tuali e molto problematiche associazioni concrete, equivarrebbe a1 ten- tativo abbastanza van0 di precisare le condizioni di permanenza di si- stemi per definizione eterogenei ed instabili, quando non si acconten- tasse di rappresentare urfo schema comodo, ma, dopo tutto, non in&- spensabile per la coordinazione dei particolari fisionomici della vegeta- zione, i: lecito chiedersi se questo schema non potrebbe asere pih oppor- tunamente sostituito dalla semplice indentificazione statistica delle pro- porzioni, mediante le quali le specie e le forme biologiche si riuniscono in dipendenza dei pib evidenti gruppi di condizioni ambientali o della influenza (sempre fisica) che l’eccezionale sviluppo di qualche specie o di qualche forma biologica, esercita sulle condizioni ambientali stesse. E merito specific0 di Pavillard e di Braun-Blanquet, I’aver riconosciuto ’l‘importanza ecologica di queste specie giustamente indicate come edi- ficatrici o costruttrici; il lor0 numero, necessariamente non grande, li- mita naturalmente il numero delle cenosi, in quanto che ogni specie o forma biologica costruttrice si accaparra una determinata stazione, ne controlla il process0 dipopolamento e finisce con l’informarne la fisio- nomia per tutto il tempo che le condizioni ecologiche le rimangono favo- revoli 1) (1. c. 84-85). Anche qui la corrispondenza della vegetazione alla stazione i: il motivo fondamentale, I’autoecologia degli individui il criterio di interpretazione, I’accidentalith dell’arrivo dei disseminuli, le partico- larita dei processi dell’ecesi, doppiamente condizionati dalle esigenze specifiche e dalle disponibiliti di stazioni elementari idonee, la subordi- nazione di specie accessorie alla dominante, intesa come un episodio che non infirma l’autonomia della dominante o delle dominate, la distin- zione-delle associazioni ridotta a1 significato di uno schema, comodo, ma non indispensabile, i particolari dell‘interpretazione.

I problemi della associazione sono ripresi in esame nel 1942 da (’9

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(;O) DE PHILIPPIS A., 1942. Introdutione ad m a biologia forestale. Arch. Botan. 18: pas- sim. dr. anche: IDEM, 1937. Classificazioni cd indici del clima in rapport0 a lh vegetazione forestale italiana. Nuovo Giom. Botan., n. s., 44: 1-169 passim.

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A. De Philippis, in un articolo di introduzione ad una (( Biologia forestale ))

L’Autore premette che lo stato di individuo isolato t artificiale e transi- torio, poichk gli esseri tendono ad aggregarsi in collettivith di vario aspetto e significato, che rappresentano I’obiettivo naturale di ogni indagine bio-ecologica. Ma lo studio diretto e sintetico delle collettivita incontra, nell’infinito ordine spaziale e temporale della natura, difficolth troppe volte insormontabili anche per la moderna ricerca sperimentale, il cui procedere pub essere molto pih agevole e sollecito attraverso una preli- minare fase analitica che considera l‘individuo isolato come una prowi- soria astrazione. A110 stadio della biologia individuale od idiobiologica, deve seguire pertanto quello della biologia collettiva o biosociologica (1. c. pag. 73) .... Una collettiviti vegetale t un semplice consorzio o aggregato di individui che la selezione ecologica e le accidentalith della disseminazione, hanno condotto casualmente a coabitare nello stesso spazio, ove ognuno vive la propria vita cercando di affermarvisi nella lotta per l’esistenza (1. c. pag. 77) ... Second0 questo concetto (biocenotico) l’individuo nel suo sistema spaziale equilibrato di reciproche azioni e reazioni (ecoidi di Negri), rappresenta l’unit3 ecologica fondamentale (1. c. pag. 78). A questa concezione si contrappone la nozione sociologica della associazione, consorzio di (( definita composizione floristica, dotato di una sua obiettiva realt3, che va assunto come unit3 di vegetazione e che, second0 la corrente fitosociologica estremista, pui, essere studiato in se stesso a prescindere dal mezzo ambiente e geografico. L’A. respinge questo concetto nella sua forma generale e soprattutto nella sua forma pih accentuata, accettata da studiosi forestali, che considerano la foresta come un organismo complesso, la cui biologia non sarebbe dominata dalla lotta per l’esistenza, ma avrebbe una vita propria, risultato di una armonica distribuzione di compiti fra i singoli membri e dotata di una specie di vitalism0 collettivo; e precisa il suo mod0 di vedere nei termini seguenti: ((Pic aderente alla realtd ci sembra il concetto fitocenotico e percih consideriamo la collettivitci boschiva come espressione d i un rag- giunto equilibrio biologico, cui i singoli ccmponenti contribuiscono, non sud- dividendosi il Iavoro, ma condizionando, in uno od in piii, la vita e I’at- tivitci d i ognuno degli altri, sulla piattaforma della primordiale legge della Iotta per l’esistenza. L e numerose forme in azione, concomitanti o discor- danti, singolarmente variabili nel tempo e reciprocamente influenzantesi, vengono guidate dalla mirabile opera della natura verso uno stato d i com- pensazione praticamente stabile. L‘attivitd della collettivitci non rappre- senta la somma algebrica di quella dei singoli componenti, bensi il resul- tat0 d i un complesso dinamico o gioco d i azioni, interazioni ed interferenze, efletti della coabitazione, ma non espressione d i una vita organica cumu- lativa. I molti fattori fisici e biotici che concorrono alla vita collettiva,

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sono naturalmente interdipendenti; qualsiasi azione estranea su uno di essi si ripercuote sugli altri, ma sempliceinente percht altera le con- dizioni della lotta in altri; cod, per esempio, un taglio esuberante di piante arboree pub modificare la costituzione del sottobosco, ma cib awiene, non perch& esista un legame di dipendenza organica fra sottobosco e soprasuolo, bensi per effetto di un maggiore afflusso di luce e aria e di una diniinuita concorrenza epigea ed ipogea (1. c. pag. 79). I1 D e Philippis osserva qui acutamente, in una nota, che se un concetto organic0 della foresta non t accettabile dal punto di vista biologico, esso 1: perb utile a1 selvicultore, per il quale il bosco costituisce il mezzo produttivo di cui le singole parti, sotto l’azione di una appropriata tec- nica culturale, vengono indotte a cooperare per uno stesso fine, la mi- gliore e pili elevata produzione. Soltanto sotto questo aspetto il bosco pub, second0 De Philippis, essere considerato come un organismo, i cui membri, in stretta relazione di dipendenza, effettivamente collobo- ran0 a beneficio di una parte di esso, un organismo quindi non biologico, ma culturale e produttivo, di cui la tecnica regola il funzionamento. La biocenotica forestale sarebbe quindi lo studio biologico delle collettivitA bo- schive quale conservato stato di fatto e 1’A. preferisce il termine di bio- cenotica a quello di fitocenotica, percht in natura non esistono che bio- cenosi delle quali fanno parte piante ed animali assieme. La partecipa- zione degli animali alla vita vegetale in genere e forestale in particolare, t anzi assai spinta e molti fenomeni biologici e successionali della vege- tazione subiscono influenze, a volta preminenti, da parte degli animali. L’analisi di determinati fenomeni ai fini della selvicoltura esige poi una serie di ricerche particolari, che si riducono, per lo pih, allo studio eco- logico-jisiologico d i ju t t i individuali ed anche la fitocenologia teorica deve a queste ricerche pratiche preziosi contributi. Essa si prefigge non soltanto una descrizione statica del rivestimento forestale del suolo, ma anche lo studio dinamico delle successioni della vegetazione ed anche la messa in evidenza di casi forestali, come unitA di immediato riconosci- mento sul terreno e di peculiare significato ecologico e produttivo (pag. 72 passim).

Le condizioni eccezionali di contatto con la natura in cui si trova il fo- restale colto ed abituato a pensare con indirizzo naturalistico, domina questa concezione di D e Philippis della biologia della collettivita vegetale, conside- rata come semplice aggregato di individui che le accidentalid della dissemi- nazione e le vicende della selezione ecologica hanno portato casualmente a coabitare nello stesso spazio, ove ognuno vive la propria vita, cercando di af- fermarsi per la lotta dell’esistenza. Risultato d i un complesso dinamico di azioni, interazioni ed interferenze, ma non espresssione di una vita organia

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cumulativa, k l’equilibrio biocenotico, in cui i singoli componenti contribui- scono, non suddividendosi il lavoro, ma condizionando,in uno od in pid, la vita e l’attivith di ognuno degli altri. E impossibile non sottoscrivere a queste parole che si inquadrano perfettamente nella concezione sostenuta in que- sto lavoio. Una sola riserva pub essere fatta sull’opportunith della parola organismo, sia pure usata in senso culturale e produttivo e non biologico. Anche ammettendo che nelle biocenosi, pid o meno antropizzate od addi- rittura costituite artificialmente, l’uomo possa considerarsi alla stregua di qualunque altro fattore ambientale, ciok come inserito completamente nella vita del consorzio, idea che pub benissimo essere sostenuta, non si giustifica in alcun mod0 cosi una concezione organicistica della biocenosi; tanto piG che, come abbiamo gi8 avuto occasione di precisare, la posi- zione dell’elemento animale nella fitocenosi non pub essere considerata alla stessa stregua di quella dell’elemento vegetale, quest’ultima rappre- sentando, in ogni caso, un fattore generale e preesistente per la prima e dovendo quindi, anche sotto l’aspetto metodologico, essere studiata in precedenza. In tesi generale poi non bisogna credere che la concezione individualistica della biocenosi si risolva nello studio caotico della auto- ecologia degli individui od anche soltanto nel riconoscimento fra di essi di coordinazioni che non debbano alla lor0 volta venire fra di lor0 coor- dinate in un sistema. Ma questo sisternayper quanto strette siano le con- nessioni su cui si regge, rappresenta sempre e soltanto un ambiente per ciascuno degli individui costitutivi; l’assetto pid preciso, le interrarela- zioni pid strette, non dipendono mai da interattrazioni, non conducono mai ad un legame organic0 e quindi non ledono mai l’autonomia dell’in- dividuo. Quanto a11’uomo t giusta l’opinione dei geografi che esso debba essere considerato come un fattore distinto, che incide, tanto sulla morfologia del suolo, quanto sulla composizione e sulle trasformazioni della vegetazione che lo riveste. Noi possiamo dire anzi che l’azione del- l’uomo si sovrappone all’assetto delle fitocenosi, ed anche che essa de- termina la costituzione di biocenosi nuove, in ambienti pure originali; ma con questo, non verremo mai e non potremo mai affermare che un individuo vivente qualunque ed in particolare un individuo vegetale, muti i termini del suo .ambiente elementare per influenza piuttosto del- l’uomo che di qualunque altro agente. Lo spazio vitale dell’individuo t quello che pub essere, ci& idoneo alla tolleranza dell’individuo e, quando ne oltrepassi i limiti, per l’influenza di un agente qualunque, che pub essere geofisico, biotic0 od umano, .diventa improprio per l’individuo, il ciclo vitale del quale si interrompe. Una concezione organicistica della vegetazione, coincidente pressappoco con quella di Clements, t stata sostenuta in Italia soltanto da A. Cotta, ma non. ha avuto seguito, mal-

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grado l'incontestabile interesse del tentativo e non la poteva avere, come non l'ha, secondo quanto giustamente riferisce il De Philippis, quella di .studiosi forestali che considerano la foresta come un organism0 com- plesso dotato di una vita propria, reggentesi in una condizione di vi- . talismo collettivo sulla distribuzione armonica delle funzioni fra i suoi membri. Ed a quale fattore primario dovrebbe risalire questa distribu- zione? Questi membri non sono in ogni caso che individui autonomi, ognuno dei quali ha in comune con gli altri un insieme di esigenze armo- nicamente distribuite nel corso del proprio ciclo biologico, ma ne t d'al- tra parte diviso da altre esigenze specifiche, che debbono pure trovare nella stazione una soddisfazione distinta, c i d una stazione individuale per la costituzione dell'ecoide; e come tale esso coabita, conservando la sua autonomia ecologica, con gli altri individui vegetali coi quali gli accidenti della disseminazione lo hanno mess0 in contatto, utilizzando eventualmente, ma indipendentemente, le modificazioni della stazione de- determinate da uno o da piti dei suoi inquilini. Questo del resto 6 quanto giustamente anche il De Philippis precisa nella sua interessante esposi- zione.

Giacomini non approva ('9 l'introduzione dell'indice di maturith pro- posto da R. Pichi-Sermolli nella sua memoria sulla vegetazione dei ter- reni ofiolitici dell'alta valle del Tevere(") per l'apprezzamento del grado di evoluzione dei consorzi rilevati (( indice che, dal punto di vista stati- stico, pare di valore piuttosto relativo. Una 'elaborazione fitosociologica, con uno dei metodi ormai divenuti tradizionali, avrebbe permesso di dif- ferenziare e collegare con maggiore evidenza i tipi e gli stadi della vege- tazione )). Pichi-Sermolli veramente, nella elaborazione dei suoi rile- vamenti della vegetazione delle serpentine, ha applicato non uno, ma tre indici: primo, la percentuale d i frequenza biologica (Fb%) calcolata fa- cendo la proporzione fra la somma delle percentuali di frequenza delle singole specie appartenenti ad una stessa forma biologica ed il totale delle percentuali di frequenza di tutte le specie (questi sono i Punti di frequenza di Raunkiaer (1934); secondo, la percentuale d i ripartizione delle specie (&yo), ricavata facendo la proporzione fra il numero delle specie appartenenti ad una stessa forma biologica e che esprime come le specie sieno ripartite fra le forme biologiche del consorzio; terzo, l'indice

,('I) GIACOMINI V., 1949. La geobotanica in Italia durante il decennio 1939-1948. Vegetatio. 2 : 49.

(9 PICHI-SFXMOLLI R., 1948. Flora e vegetazione delle serpentine e delle altre ofioliti dell'alta valle del Tevere. (Toscana). Webbia. 6 : 80:84.

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di maturitd, ricavato dividend0 il totale della somma delle frequenze percentuali di tutte le specie del consorzio, per il numero delle specie che costituiscono il consorzio stesso. Siccome la frequenza di ogni sin- gola specie & espressa in valori percentuali, un consorzio sari tanto pih maturo quanto pih vicino a 100 sari il valore del suo indice di maturita. Non & possibile entrare qui nella discussione del valore di questi tre in- dici: basti ricordare che il confront0 fra le due prime percentuali t utile per stabilire il valore reale che ciascuna forma biologica ha nel popola- mento vegetale, ma anche per accertare quali, fra :e forme biologiche, siano le meglio adatte per vivere in un determinato tipo di stazione. L’indice di maturiti poi, quale quoziente fra i Punti di frequenza ed il numero dell’essenze presenti nel consorzio, esprime la media delle per- centuali di frequenza delle specie e rappresenta quindi la frequenza per- centuale di una specie che, nella costituzione del consorzio, abbia una im- portanza intermedia fra le frequenza delle specie dominanti e quella delle specie sporadiche. Per questa ragione 1’Indice di maturita, meglio del concetto di specie dominante, esprime il grado di maturita raggiunto dal popolamento vegetale. Infatti esso tiene presente la circostanza che le specie dominanti sono accompagnate da specie frequenti e specie sporadiche, la proporzione rispettiva delle quali I: molto importante per la valutazione della maturiti dei consorzi, soprattutto di quelli poco evoluti.

Siccome poi Pichi-Sermolli ha, oltre a1 calcolo di questo indice, indicate schematicamente le caratteristiche principali delle stazioni ri- levate e fatto seguire alla tabella dello spettro biologico, un commento descrittivo delle caratteristiche pedologiche e microclimatiche della sta- zione, nonchk illustrato la fisionomia e i caratteri salienti delle rispettive popolazioni vegetali, egli ha disposto, di un buon materiale di rilevamento per documentare il commento dei caratteri e della storia della vegetazione, particolare oggetto del suo studio. E presumibile che I‘A. come la maggior parte dei nostri fitocenologi, non sia persuaso dei vantaggi di (( una elabo- razione fitosociologica con uno dei metodi ormai divenuti tradizionali (?) 11,

su quelli di una indagine di carattere ecologico e non credo che siano molti gli studiosi i quali, seguendo il commento che accompagna le tabelle di rilevamento delle singole stazioni, deplorino che i dati non siano stati raccolti ed elaboratj seguendo il metodo sigmatista. L’indice di maturita permette veramente di esprimere in mod0 soddisfacente, e fondandosi sulla ecologia delle singole specie, le condizioni complessive della popo- lazione stazionale a1 momento del rilevamento, facilita i confronti su basi individuali fra le popolazioni di sGzioni analoghe ed ha reso possibile

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quindi all’A. paragoni fra la vegetazione da lui studiata e quella dei terreni ofiolitici delle altri parti d’Europa in cui affiorano questi tipi di roccie.

I1 sistema adottato da Corti e da Pichi-Sermolli, di analizzare i popolamenti stazionali, classificandone le specie secondo indici ecolo- gici, che permettono di apprezzare il mod0 di ripartizione delle specie e quindi le lor0 correlazioni, nonchi la maturiti del consorzio (percen- tuale d i frequenza biologica F b x , P. S. 1948 = Corti percentuale di fre- quenza 1934; percentuale d i ripartizione Rs%, P. S. 1948 = Corti per- centuale di presenza 1934; indice d i maturitd, P. S. 1948), t stato appli- cat0 recentemente da G. Montelucci (;9 con orientamento nettamente individualistico, come appare anche da qualche affermazione esplicita dell’A. A proposito di una stazione rupestre delle falde basali del Ter- minillo, egli scrive (1932, pag. 164): ) )La copertura di questa parete da parte della vegetazione i comunque molto scarsa, salvo nei punti piii fessurati e piii alterati dall’erosione. Sembra improprio il parlare di (( con- sorzio )) in una stazione come questa, dove gli individui sono, il piii spesso, isolati, e in generale, distanziati cosi fortemente fra di loro, per la scar- sezza di appigli edafici, da far mancare l’impressione di un ambiente di convivenza ed offrire invece una successione a mosaic0 di ecoidi adia- centi. Eppure t owio che, nell’insieme, un consorzio esiste, ciok una affluenza nella ristretta ed inospitale area stazionale di specie che amano e possono vivervi, pur conservando necessariamente un marcato isola- zionismo individuale. E nell’osservare stazioni d i questo tipo che si rinno- van0 i dubbi verso i concetti jitosociologici. E mai possibile che fra indi- vidui di specie diverse cosi distanti fra di lor0 ‘e senza alcun collega- mento biologico sul terreno, ci possa essere un rapport0 di convivenza, che non sia quello esclusivo dell’identitl di esigenze ecologiche? Qua- lunque concetto di preordinata associazione fra le specie appare infon- dato, qui, dove gli individui sono talmente distanti l’uno dall’altro da non potere certamente influenzarsi vicendevolmente. E evidente invece una armonia sinecologica 1). I1 caso t particolarmente interessante, in quanto investe la questione dei popolamenti delle aree rocciose, sotto ogni aspetto caratteristici, nei quali, malgrado l’inevitabile discontinuit3 delle stazioni individuali, tutto lo spazio accessibile alla vita vegetale k saturato. Ma lo spirit0 secondo il quale 1’A. l’interpreta e l’applicazione

--

(73) M O N ~ U C C I G., 1953-53. - L a vegetatione del Monte Terminillo‘ (Appennino Cenlrale). Webbia. 8: 245:379 e 9: 49-359. IDEM, 1953-54. Investigazioni bota- niche nel Lazio. V. Flora e vegetazione della Valle dell’lnferno a Roma (Monte Mario). Ann. di Botan. 24 (2-3): 1-127 estr. .

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degli stessi indici, si trova anche nella discussione che il Montelucci fa delle condizioni sinecologiche del popolamento delle altre stazioni del Terminillo, nel suo piii recente lavoro dedicato alla vegetazione della stazione laziale di Valle dell’hferno (1954). Anche in questa memoria, a proposito di una boscaglia mesofila degradata, polimorfa, esposta ENE, su suolo argilloso, pH --- 6,5-7 (pag. log), si leggono giudizi di questo genere: (( Ritengo questo rilevamento uno dei piii interessanti, proprio percht da una chiara idea della eterogeneiti che spesso si incontra nelle cenosi laziali soggette a sottoclimi instabili o multiformi nei dettagli fattoriali (per lo stesso (( polimorfismo 1) del clima, base sulla quale i sot- toclimi stazionali si adagiano), a condizioni ecologiche generali, le piii varie e disparate (specialmente queffe edafiche, in una regione mute- volissima), con I’intewento di fattori diversi (quello antropico sempre prevalente) e di esposizioni e coperture differenti variabili entro uno spazio ristrettissimo. Ma cib che importa ai fini della nostra rassegna della giusta intuizione che i fitocenologi italiani hanno avuta della etero- geneit2 della vegetazione, nell‘area di contatto fra le fitocenosi mediter- ranee e quelle mesofile montane, t che essi hanno affrontato il rileva- mento di questi popolamenti polimorfi e concluso, dopo aver constatato la convivenza, all0 stato di intima mescolanza, di popolazioni specifiche ecologicamente e corologicamente eterogenee, nel senso di una neces- saria indipendenza dei nessi che si sono costituiti fra gli individui e l’am- biente nell’ecesi che essi hanno singolarmente raggiunto in corrispon- denza delle minute suddivisioni del mosaic0 edafico. Montelucci rileva qui (pag. 144) la corrispondenza fra i fenomeni di interferenza di specie appartenenti a differenti elementi geografici e quindi dotate di ecologia diversa e quelli analoghi rilevati da R. Corti nel lavoro che abbiamo ci- tato pili sopra e da A. Chiarugi nella sua memoria sulla vegetazione del- 1’Appennino (7‘).

A proposito di quest’ultima non t possibile entrare qui nei parti- colari della variazione che la posizione e l’estensione rispettiva degli oriz- zonti altimetrici della vegetazione appenninica hanno subito dal termine dell’ultima glaciazione sino ai nostri giorni; essi ci porterebbero fuori dell’ar- gomento che stiamo trattando. Basta del resto, ai nostri fini, l’osservare, come gli spostamenti di limiti e le interferenze dei popolamenti delle fascie di vegetazione a carattere continentale, intese come piani di ge- nesi, conservazione e smistamento e di quelli della fascia montana le-

(’9 CHIARUCI A., 1939. - La vegetazione dell’Appennino nei suoi aspetti di ambiente e di storia del popolarnento rnontano. Atti della XXVII Riunione della SOC. Ital. Progr. Scienre. Bologna, 6: 1-37.

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gata ad una condizione climatica di tipo oceanico, che sembrano avere piuttosto dipeso da fenomeni di segregazione e di diffusione, implichino I’ammissione di una mobilita, piit o meno accentuata a seconda della fase climatica, del suo carattere e delle condizioni topografiche ed edafiche, ma assolutamente e costantemente indipendente, degli individui costi- tuenti le varie ed ecologicamen{e eterogenee popolazioni specifiche.

F. Sappa sembra ancor meno accetto ai nostri Critici, tanto piG che Braun-Blanquet stesso, in una recensione della memoria di Giaco- mini, dalla quale siamo partiti dice (9: (( Une severe application de ces idles (le idee di Schmid) par Sappa) (1951) conduit Ci des resultats 02s embrouillCs dans leur complexitk, e t defiant toute syntkse 1). Dello stesso Schmid, Braun-Blanquet aveva scritto nella recente edizione della sua Pflanzensoziologie (1951 p. 556): (( Es hi l t allerdings schwer, eine Klare Vorstellung des grundlegenden (( Biozonose-Modells 1) und seiner Erfassung zu gewinnen. Est ist denn auch bisher, weder vom Author selbst, noch von sonst jemand in die Feldpraxis eingefiihrt worden, so dass sich eine weiteres Eingehen darauf eriibrigt. )) Perb Schmid stesso, che aveva fatto conoscere i suoi concetti ed i suoi metodi mediante parecchie dissertazioni teoriche, si I: preoccupato recentemente (1949-1954) di pubblicarne esposizioni aggiornate; e del resto un giudizio molto competente in proposito era gia stato espresso parecchi anni fa da E. Riibel: (( Aus Emil Schmids Ausfzihrungen in frziheren Kolloquien haben wir gesehen, dass er am meisten Erkenntnis herausholen kann, wen er f i r die kleineren Vegetationseinheiten den okologischen Standpunkt in den Vordergrund stellt, fiir die umfassen- deren Einheiten jedoch den floristich regionalen. Ich bin auch durchaus mit ihm einverstanden dass er zu einem einleuchtenden, den Forscher befriedigen System kommt auf dem weiterzubauen sehr wertvoll sein wird. Daneben behcilt aber die konsequent okologische Einteilung von unten bis oben von Brockmann- Jerosch und Ribel, die jets ihr dreissigjcihriges Bestehen feiert, ihren vollen Wert. 1) (Rubel 1942) (9.

Sappa deriva appunto il suo orientamento verso la costituzione della tipologia fitosociologica mediante il ricoqoscimento di tipi di correla- zione attuati dai membri della fitocenosi, allo scopo di dare una descri- zione completa del suo assetto e di stabilirne le partecipazioni ed il si- gnificato in sen0 alla flora dalla quale dipende, dalle ricerche di Frei- Sulzer e di Schmid ed ha anzi giustiiicato la sua adesione alle dottrine di questi studiosi in due note memorie illustrative dei loro principi e

(9 BRAUN-BLANQUET J., 1954 Recensione. GIACOMINI V., 1952. Comiderazioni s d concetto d i associatione vegetale, ecc. (Nota 1). pubblicato in a Vegetatio 1.

( i 6 ) RUBEL E., 1942. Begriffe und Systerne. Ber. d. Geobotan. Forschungs., Institut Rubel in Zurich f. das Jahr 1942, s. 17-18.

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dei lor0 metodi (9. Le critiche che gli vengono mosse da Giacomini si possono riassumere nei punti seguenti (“9.

1) (1 I1 metodo seguito t molto macchinoso e richiede tempo e fatica non corrispondenti ai resultati ottenuti, percht l’attribuzione delle specie ai cingoli di Schmid, potrebbe, in ogni modo, essere raggiunta con minore apparato N. I1 metodo di Schmid 6 certamente laborioso, ma, anzitutto, la sua realizzazione dipende dalla capa- cita e dalla attivita del rilevatore ed inoltre dalla eventuale disposi- zione di collaboratori, condizioni che possono modificare sensibilmente le possibilith pratiche di esecuzione di un compito. Del resto il lavoro di riconoscimento dei tipi biocenotici richiesti da questa prassi, una volta eseguito per una determinata ricerca, rimane acquisito per ulte- riori indagini. La procedura per la determinazione dei tipi I: cosi precisa- mente stabilita, che i risultati delle indagini possono venire accantonati a la- voro finito, per la redazione di un repertorio dei tipi della regionc corrispon- dente, il quale non avra affatto il carattere di un codice dogmatic0 suscetti- bile di vincolare il giudizio degli studiosi che se‘ne serviranno, perch6 le fonti dalle quali i suoi elementi sono stati derivati, sono assolutamente oggettive; ma piuttosto di una raccolta di dati di prima mano, che potra, del resto, essere anche sottoposta a successive revisioni critiche, come I: awenuto per l’elenco delle forme biologiche. Certo uno studio attento del metodo di Schmid e delle considerazioni con le quali 1’A. lo giustifica, lascia l‘impressione che, pure ammettendo che questo procedimento di studio della vegetazione e la teoria alla quale si appoggia, siano perfetti- bili, come ogni teoria ed ogni tecnica, e forse, con l’esperienza, sempli- ficabili, sia opportuna molta cautela prima di rinunciare ad una forma di analisi della vegetazione i primi saggi della quale (Sappa) non sono affatto risultati (( tr6s embrouillts dans leyr complexitt et defiant toute synthese )) (Braun-Blanquet).

2) (( Riesce difficile, in quanto il metodo 6 fondato sulla autoecologia,

(9 SAPPA F., 1951. Illustrazione ed esemplijicazione sui querceti delle Langhe di un metodo biocenotico proposto da E. Schmid. Nuovo Giorn. Bot. Ital. n. s. 58: 195- 236. cfr. anche: IDEM, 192. La vegetazione delle Langhe (Sub-appennino Pie- montese). Allionia. 1 : 1-144. - IDEM, 1955. Carta della vegetazione forestale delle Langhe (4 fogli I:50.000) con introduzione. Allionia. 2 : 269-72. - IDEM, 1954. Contributo d’interpretazione della vegetazione dei .Monegros (Spazna- Aragona). Allionia: 1: 1-32. - IDEM, 1955. Sulla posizione deI Quercetum lusitanicae nella vegetazione forestale spagnola. In Die Internationale Pflan- zengeographische Exkursion durch Spanien irn Jahre 1953. Veroff. d. Geobotan. Inst. Rube1 in Zurich. 31.

(9 GIACOMINI V., 1952. Rassegna dei lavori italiani di Geobotanica per l’anno 1951. Arch. Botan. 28: 23 (estr.)

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di valutare per mezzo di esso, le grandi uniti biocenotiche e praticamente impossibile di delineare, per questa via, le unit3 minori, le quali dovreb- bero essere, almeno sotto alcuni aspetti, considerate, aprioristicamente, come un tutto reale e non risultare da accostamenti e da pih o meno arbi- trari parallelismi stabiliti a posteriori dell'esame di schede di rilevamento ecologico n. L'affermazione che un metodo fondato sulla autoecologia e ciot, non soltanto sulla biologia dei singoli ecoidi, ma anche sulla reazione correlativa di pih specie all'influenza di un fattore o di un gruppo di fat- tori fisiografici o biotici, non sia suscettibile di valutare, n t le grandi, n t le piccole unit3 biocenologiche, t qui perfettamente giatuita, a meno che i nostri critici non si rendano conto che le correlazioni ecologiche ven- gono rilevate direttamente sul terreno e non riconosciute attraverso l'ela- borazione di tabelle statistiche, compiuta a1 tavolo; quanto si t detto, in tutte le pagine precedenti, t fondato su questo presupposto .ed t quindi contro alla concezione individualistica, adottata oggi da gruppi di studiosi coscienziosi, tanto in Europa che in America, perch;, pih o meno esplici- tamente, sta 'alla base del metodo delle correlazioni, che bisogna portare argomenti. Che poi ci sia chi, col metodo delle correlazioni, abbia otte- nuto valori contestabili per errori di rilevamento o per insufficenza di dati, k possibile; ma cid richiede semplicemente che, volta per volta, si controllino i risultati sospetti, senza che per questo, il metodo rimanga infirmato. Stabilire poi parallelismi su larga base, fondati quindi neces- sariamente sul lavoro di parecchi rilevatori, operanti a distanze talora notevoli di spazio e di tempo, t sempre un lavoro molto delicato, percht esige un controllo sever0 delle condizioni nelle quali il rilevamento t awenuto, anche quando sia giustificata tutta la fiducia possibile sulla perizia del rilevatore ed eventualmente, la rinuncia alla utilizzazione di dati per i quali questo controllo non risulti cornpleto. In ogni mod0 i principii generali e le condizioni ecologiche che governano lo stabilirsi delle grandi unita fitogeografiche, saranno naturalmente tanto pih vale-, voli, quanto pih aderenti alle condizioni dell'assetto ecologico delle unid inferiori, saranno i rilevamenti originali che li documentano; e non c' t nulla che sia pih logicamente persuasivo che un sistema di correlazioni ecologiche sempre pih ampie, che costituiscono come un vasto gradiente, che, dalle prime correlazioni degli ecoidi, ascenda alla coordinazione dei lineamenti continentali del paesaggio vegetale. Questo non ci t sicura- mente dato dalla classificazione floristico-statistica delle associazioni, sta- biliti sulla base di gruppi di specie considerate come indicatrici, Piuttosto soiprende la pretesa che le unit3 fitosociologiclie minori debbano, almeno sotto alcuni aspetti, (quali?) essere considerate aprioristicamente come un tutto reale.Per le ragioni ripetutamente esposte non conosciamo alcun fatto

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od argomento che giustifichi I’interpretazione totalitaria della biologia di un aggregato di piante, qualunque sia il suo grado di integrazione e la sua estensione. Del resto, a seconda della Scuola alla quale lo studioso appar- tiene, gli individui costituenti una comunita, possono essere pensati o come autonomi e come collegati in un organism0 concreto, ma la suppo- sizione di una qualunque condizione intermedia non pub essere conside- rata che una divagazione senza base logica e senza verosimiglianza bio- logics.

3) (( La tipologia ecologico-floristica sostituita alla vecchia tipologia di Raunkiaer e ad ogni altra simile o pih evoluta, t estremamente com- plicata e richiederebbe la elaborazione, da parte di un gruppo di bota- nici, di un formulario di voci corrispondenti ai tipi e tanto numerose quante occorrerebbero per inquadrare le singole specie, vale a dire pres- sapoco quanto le singole specie. Cib non eviterebbe quindi la necessiti di distinguere fra le voci pih importanti e le meno importanti, riaprendo cosi la via a1 soggettivismo del ricercatore )I; e Giacomini ha quindi rite- nuto inutile esercitare una qualsiasi critica sulla struttura dei tipi costi- tuiti da Sappa, sembrandogli di aver dimostrato I il soggettivismo che egli ritiene sia alla base di questa tipologia (( causale ed induttiva 1).

Dove questa dimostrazione sia data, nell’articolo critico, non vediamo. Ma Sappa ha invece applicato con success0 il metodo di Schmid a1 rile- vamento ed alla cartografia (”) della vegetazione delle Laiighe, in una memoria della quale Giacomini stesso ha recentemente data una recensione cortese e l‘ha nuovamente usato nello studio della vegetazione di’ alcune stazioni spagnole dando cosi all’obiezione la pih persuasiva delle rispo- ste. I1 modello della fitocenosi t senza dubbio una astrazione, ma poichi: la sua realizzazione non richiede soltanto una indagine floristico-sta- tistica, ma anche l’uso di tipi ecologici, t necessario di tener conto di tutti- questi elementi della sua struttura, nell’apprezzamento dei continui e graduali cambiamenti che si rilevano dall’esame diretto della vzgeta- zione e dare ai confronti fra le fitocenosi studiate direttamente da tioi e quelle rilevate in altre parti della fascia di vegetazione alla quale appar- tengono, quell‘ampia base ecologica e quella critica delle fonti sulla quale k stato insistito ripetutamente. Da questa considerazione risulta la possibi- lita di riferire, fondandosi sulla tipologia di Schmid, le fitocenosi a unita corologiche concrete quali sono le fasce (cingoli di vegetazione), nelle quali sono riassunti, oltre all’aspetto floristico, l’aspetto geografico, quello genetic0 e quello epiontologico. I1 valore sintetico del metodo non esclude tuttavia, che, riconosciuta la posizione di una fitocenosi nel quadro gene- rale della vegetazione, non si debba analizzarne, con la tecnica adatta, l’as- setto interno. fi del resto la via che viene naturalmente suggerita dalla

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progressione ininterrotta che ci siamo studiati di mettere in evidenza piti addietro, dalla semplice, ma integrale occupazione dell'ambiente ele- mentare da parte di un individuo (ecoide), alla determinazione delle grandi unita vegetazionali (cingoli di Schmid) da parte dei fattori climatici, Nel corso di questa sequenza assistiamo infatti, come abbiamo gil avuto occasione di rilevare, all0 svincolo graduale, nello studio delle condizioni di costituzione delle collettivita vegetali,dalla considerazione dell'influena diretta della morfologia terrestre; svincolo che trova il suo punto critic0 nel passaggio dalla fitocenosi a1 protopaesaggio, la prima ancora soggetta ad un determinism0 prevalentemente stazionale, in quanto la topografia determina ancora una specializzazione locale del clima regionale, il se- condo dipendente gih da una combinazione di biotopi distinti e pre- sentante gia un assortimento di microclimi classificabili nelle categorie fitoclimatiche del paesaggio regionale. E naturale che anche i criteri ed i metodi di valutazione dell'assetto della vegetazione, subiscano, a questo punto, una trasformazione corrispondente.

Di P. Zangheri, che, nel 30 volume di (( Romugna Fitogeogruficu )),

trova occasione di precisare il suo concetto sul regime sinecologico della vegetazione ( 7 9 , Giacomini - lodato ampiamente il libro - scrive: (( L' A. dichiara esplicitamente che in questo ambiente (( associazioni assolutamente non si concepiscono )) e quindi si astiene da espressioni fitosociologiche. Noi conveniamo che, in questo territorio di vegetazione transizionale, eterogenea, spesso indecisa nelle sue forme di aggrega- zione, alle soglie della regione mediterranea, in ambiente complicato da forti influssi antropici attuali e storici, non sia facile fare della fitosocio- logia, ma non crediamo che cib basti per giudicare artificioso e dogmatic0 un sistema applicato, ormai ampliamente e con buoni risultati, non sol- tanto nei (( paesi nordici )), ma anche nella stessa regione mediterranea. Noi siamo per(, del parere che, quando la vegetazione si rileva e si ana- lizza con la chiarezw e profondita che sono proprie. dell'A. di questa monografia, non importa molto se abbia seguito questo od altro sistema; i resultati sono tangibili, comparabili e costituiscono un netto progresso nella conoscenza dei nostri paesaggi vegetali e questo piti per virtd di esperienza e intelligenza, che per opportunith di sistema )) (*O). Pren- diamo volentieri atto della giusta lode tributata a P. Zangheri ed anche della conclusione, un p6 scettica, sull'importanza relativa dei sistemi

(") ZANGHERI P., 1951. Romagna fitogeografica. 111. Flora e vegetazione dei terreni f e r r e t t i t m i del Preappennino Romagnolo. Webbia, 7, Fork

(Eo) GIACOMINI V., 1952. Rassegna dei lauori italiani di Geobotanica' per l'anno 1951. Arch. Botm. 28; 8 (estr.) (recensione ZANCHEFU, Romagna Fitogeografica I I b

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di interpretazione della vegetazione, con la quale termina questa recen- sione. Non per amore di polemica, ma perchi: crediamo che qualunque ricerca scientifica debba valere tanto, quanto vale il suo criterio generale direttivo, noi attribuiamo invece molta importanza alla tendenza ecolo- gica che ha informato il giudizio dello Zangheri, il quale poi si esprime anche pid recisamente di quanto il suo critic0 abbia rilevato. Premesso che, in corrispondenza dei ferretti romagnoli, (( l’eterogeneitri dei popo- lamenti metre il jitogeografo a contatto di situazioni che invano si cerche- rebbe d i inquadrare negli schemi della Scuola jitosociologica )), 1’A. afferma che, chi cercasse, in situazioiii consimili, di procedere ad un coscien- zioso censimento di associazioni o di fissare gerarchie fitosociologiche, non potrebbe condurre il lavoro se non cadendo in tino schema arti- ficioso, non controllabile in natura. (( Solo la potenza selezionatrice di un fattore dominante di non scars0 valore, escludendo molte specie, pub dare ai popolamenti sui quali agisce, anche su aree abbastanza vaste e distanziate, la parvenza di una (( associazione D, con una particolare fisionomia nella quale rimangono le specie, relativamente in numero limitato, che resistono a1 fattore dominante.. .. Ma, anche in questo caso, la pianta b sempre e soltanto una entitd elementare autonoma, la quale (astrazione fatta per i fenomeni di simbiosi, parassitismo, ecc.) tale auto- nomia mantiene a1 cospetto delle altre piante. E logic0 che, dove le con- dizioni ecologiche sono di tip0 intermedio non sufficientemente deciso in un senso o nell‘altro, si avri piG facilmente la presenza di specie do- tate di ecoidi (Negri 1914) eterogenei, che possono coesistere sino a1 limite della lor0 possibilita di adattamento. .. Ne vale, per salvare il con- cetto sociologico e la relativa gerarchia, parlare di (( frammenti di asso- ciazione )) per far vivere, l i dove le associazioni assolutamente non si per- cepiscono, il sistema, anzi ne conferma la artificiosias (De Philippis 1942). Solo le specie edificatrici, quelle che effettivamente esercitano una in- fluenza determinante (( sul regime generale del popolamento e sulla fisio- nomia che esso assumera D, che hanno la qualiti per divenire (( conserva- trici delle condizioni di equilibrio del consorzio )) (Negri 1946), possono determinare i lineamenti fisionomici dei consorzi dei quali fanno parte e su questi si rende palese la, lor0 azione creatrice e conservatrice .... Le altre specie .... rimangono comunque delle subordinate, tutto a1 pih sufficienti a determinare delle facies (entro l’associazione alla quale appartengono) affatto transitorie, dovute a cause strettamente locali 0, pid spesso, alla trasformazione che, per opera dell’uomo, subisce lo strato arboreo )) (Zangheri 1950, pag. 285-86). Come si vede, c’i: nella breve e precisa presa di posizione di Zangheri contro la fitosociologia, molto pid che la constatazione esplicita che, sul suo terreno (( le associazioni

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non si concepiscono )) (la frase di Zangheri 6, pili precisamente, (( assolu- tamente non si percepiscono D) e che le condizioni del suo territorio con- fermano l’artificiosith del sistema; c’i: l’affermazione che, in ogni caso, solo la potenza selezionatrice di un fattore predominante, pub dare, ai popolamenti sui quali agisce, la parvenza di una associazione (( e che, nelle stazioni dominate da fattori caratteristici, come in quelle climatica- mente ed edaficamente uniformi per amplissime estensioni, la pianta t sempre una entitl elementare autonoma, che mantiene tale autonomia a1 cospetto delle altre piante D. Ma c’k un’altra questione alla quale Zan- gheri accenna a (1. c.) proposito della eterogeneith della popolazione di brughiera, oggetto del suo ‘studio, richiamandosi anche alla opinione espressa da De Philippis, clie (( il concetto sociologico visto ed accolto con molto favore nei paesi nordici, dove i consorzi vegetali sono spesso semplificati sino alla monotonia, pcrda consistenza a contatto del caldo sole di pili basse latitudini, che schiude la via ad una molteplicith di com- plesse cenosi, patente negazione di ogni principio di cooperazione a beneficio dei singoli (De Philippis 1942). Giacomini rileva questa doppia allusione ad un argomento ripetutamente invocato dalla letteratura fito- sociologica, per spiegare la difficolth che incontra, nell’ Europa meri- dionale, l’applicazione del concetto di associazioni miste, formulato a proposito della vegetazione nell’Europa temperata e boreale. I1 nostro Critic0 afferma: 1) che non t: possibile contestare le difficolth che effetti- vamente si incontrano per la definizione delle unit2 fitosociologiche nella Regione mediterranea, in confront0 a quelle presentate da ricerche ana- loghe eseguite nell’Europa temperata e fredda, cib che, oltre che la mag- giore complessith di composizione e di struttura, dipende soprattutto dal rimaneggiamento e dalla degradazione subita dalla vegetazione della regione mediterranea, in seguito all’influenza intensa e plurimillenaria che vi ha esercitato l’uomo; 2) che, malgrado cib, da molti anni gran parte della produzione di Montpellier t dedicata appunto alla descrizione della vegetazione mediterranea e che una attivitl analoga si svolge nelle Penisola Iberica e nell’Africa Settentrionale Francese, con successo non minore di quello ottenuto nella Regione alpina ed altrove; 3) clie le dif- ficoltl diventano ancora pili grandi nel caso in m i la vegetazione transi- zionale della regione in studio assuma, come nel caso dello Zangheri, un comportamento ancora pili deciso, perch;, evidentemente (( in tali ambiknti non si potranno stabilire entith fitosociologiche, per il prevalere di numerose forme o facies transizionali, senza ricorrere ad un prelimi- nare studio di condizioni pili normali altrove esistenti, alle quali fare riferimento )) (Giacomini 1952, pag. 18-19).

Non t difficile rispondere a queste obiezioni anche senza rimandarne

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la soluzione a (( condizioni pih normali I)(?) di confronto, perchi: qui le due fitocenosi che, interferendo, danno luogo alla mescolanza floristica, sono perfettamente note e si affrontano chiaramente - la brughiera euro- peo-occidentale dell'orizzonte montano inferiore e la macchia mediterranea del piano basale. I fenomeni di contatto fra le fitocenosi sono, in questo caso, naturalmente favoriti dal fatto che i due orizzonti si sovrappongono altimetricamente ne risulta un ecotono (Clements) che, in determinate condizioni topografiche, pub assumere anche una grande estensione e popolare anche aree disgiunte, generando l'impressione di un popo- lamento primario, difficile, data la sua composizione, a comprendersi quando non lo si analizzi sulla base dell'autocecologia e del significato- geografico delle sue specie. Che, in generale, la vegetazione poi si arric- chisca tanto pih di nuove specie, quanto pih l'osservatore si sposta verso sud, k un altro fatto, perfettamente noto, ed in massima, corrispondente a1 vero. Pili propriamente, in senso sinecologico, si dovrebbe dire che il numero delle specie costituenti la flora aumenta, procedendo verso il sud, in misura molto maggiore del numero delle stazioni disponibili e che quindi la popolazione delle singole stazioni, una volta lo smistamento awenuto, risulta, sia pure in misura diversa, pih ricca. Sempre a questo proposito tuttavia, k necessario osservare che certamente esiste un rapport0 in- verso fra la vastitl degli ambienti dominati da una condizione ecologica ge- nerale. e la loro accidentalitl topografica, cosicchk, sotto tutte le latitu- dini, in un ambiente generalmente soggetto a fattori ecologici molto severi, la diversit3 topografica pub dar luogo a numerose ed inattese stazioni di rifugio, mentre in un ambiente dominato da condizioni uni- formi per la vita delle piante, il rivestimento vegetale pub essere rela- tivamente rnonotono malgrado la varietl della topografia. E altrettanto vero che il carattere climatic0 (oceanico-continentale), sia direttamente, sia modificando le condizioni fisico-chimiche degli strati superiori del terreno (eustatico-anastatico), pub accentuare o ridurre notevolmente, il grado di eterogeneita che, in base alle condizioni topografiche, potrebbe presumersi esistente nella stazione e quindi nella popolazione vegetale corrispondente; considerazione che tuttavia k a sua volta soggetta a tutte le eccezioni risalenti a1 dinamismo della vegetazione ed alla storia della sua costituzione. A110 stesso meccanismo ecologico, che si riduce poi a1 libero gioco sul terreno degli individui appartenenti alle singole specie, pub essere infatti riferito il fenomeno della profonda interferenza fra le popolazioni di fitocenosi contigue sotto l'azione dei climi eustatici, mentre i climi anastatici favoriscono la riduzione degli ecotoni, inter- calati fra le fitocenosi a strisce molto ristrette. Riportandoci a1 caso della brughiera romagnola illustrate da Zangheri, 2: probabile che quivi

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entrino in gioco i due fatti accennati. In primo luogo, l’interferenZa di popolazioni a carattere di macchia con popolazioni a carattere di bm- ghiera, fenomeno attuale favorito certamente anche dalla trasformazione antropica del paesaggio, la quale ha creato, nel rivestimento vegetale origi- nario, pih o meno vaste aree scoperte accessibili alla penetrazione di ele- menti termoxerofili, naturalmente mediterranei: in second0 luogo, il risultato dell’abbassamento del limite inferiore delle stazioni montane, che i: certamente stato pih accentuato nel corso di fasi climatiche ante- riori all’attuale, ma t del resto ancora segnato dal decorso a bassa quota sul versante Adriatic0 del limite inferiore di distribuzione sporadica del faggio (”), fatto che rende comprensibile la presenza di relitti montani di immigrazione probabilmente remota, ma tuttora persistenti in sen0 della vegetazione planiziaria, malgrado il carattere prevalentemente me&- terraneo di questa. Siamo sempre nel camp0 di fenomeni interpretabili soltanto su dati autoecologici.

La trasformazione antropica della vegetazione originaria e l’inva- sione di specie awentizie nelle aree rimaste scoperte in seguito all’azione diretta dell’uomo, non dovrebbero rappresentare poi, nel caso della vege- tazione mediterranea, un problema pih difficile di quello che esse rappre- sentano per lo studio fitosociologico dell’Europa centrale o di qualunque altra regione. Le popolazioni costituite da antropocore locali ed awen- tizie, sono state soggette, da parte della Scuola di Montpellier, a studi speciali e, qualunque riserva si voglia fare sulla definizione e sulla classi- ficazione che i sigmatisti hanno creduto di proporre per queste categorie di specie e per la popolazione risultante dalla lor0 occupazione delle sta- zioni disponibili, noncht della lor0 infiltrazione nelle popolazioni autoctone, 2: lecito ritenere che questi rapporti individuali si siano imposti alla attenzione di osservatori eccellenti e diligenti quali essi sono. La diffi- colth alla quale Giacomini allude, accennando a1 caso di Zangheri, sta precisamente nella mancanza di dinamismo della concezione sigmati- stica, deficenza che dipende fatalmente dal carattere di impressione istan- tanea, di rilevamento fotografico, che presentano i rilevamenti diretti di (( individui di associazione I), sui quali si fonda la elaborazione delle ta- belle vegetazionali e la costruzione della associazione, unith astratta. Noi crediamo invece che nessuna conclusione possa essere tratta, neppure in questo campo, senza ricorrere, caso per caso, alla autoecologia delle sin- gole specie; ed altrettanto difficile che l’interpretazione del popolamento delle stazioni in esame possa fondarsi altrimenti che sulla conoscenza,

(81) NECRI G., 1920. Sul limite altimetrico inferiore del faggio nel bacino padano. Annsli R. Acc. d’Agric., 62: 167-181. - IDEM, 1947. Sul probabile indigenato di Bu- pleurum jruticosum L. in Toscana. NUOVO, Giorn. Botan. Ital. b. s. 53: 326-331.

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non solo delle condizioni fisiografiche, ma anche delle condizioni am- bientali create, caso per C~SO, alla diffusione ed all’ecesi delle specie antropiche, non soltanto dalle specie costitutive della vegetazione origi- naria (specialmente dalle dominanti), ma anche dalle modificazioni che la vegetazione autoctona ha precedentemente subite da parte dell’uomo. Insomma, soltanto la storia completa, fisiografica e biotica, della stazione, pub spiegare l’ecesi della specie ed il destino successivo dei suoi individui nell’ambito della stazione stessa e della fitocenosi che eventualmente la occupi in m a condizione qualunque di integrazione; e la fitocenosi non pub quindi essere compresa sino a che questa storia non sia ricostituita specie per specie. La trasformazione della vegetazione per opera del- l’uomo tende ad una Vera sovrapposizione a1 paesaggio vegetale originario di un paesaggio antropico, -the va costituendosi grazie alla artificiale tra- sformazione fisiografica e biotica delle condizioni primitive. Ma la de- gradazione della vegetazione originaria non pub essere pensata che in- dividualmente, cioI: tenendo conto della tolleranza specifica degli indi- vidui, del loro deperimento progressivo, della eventuale ripresa di vege- tazione per la conquista di spazi rimasti liberi e delle conseguenti condi- zioni mutate della concorrenza per lo spazio e per l’alimento, non sol- tanto fra gli individui delle specie autoctone e quelli delle specie invadenti, ma anche fra i rappresentanti delle specie stesse della vegetazione origi- naria,di fronte ad una condizione ecologica che va mutando o che i: com- pletamente mutata. Questa considerazione deve essere tenuta presente non soltanto per l’interpretazione dei relitti che pib o meno si manten- gono nelle stazioni sfuggite alla trasformazione economica e che presen- tan0 talora una persistenza molto pih notevole di quanto abitualmente si creda (cfr. n. 81), ma anche e principalmente negli eventuali tentativi di ri- costruzione del paesaggio vegetale originario. Siamo quindi sempre co- stretti a ricorrere alla interpretazione individualistica ed I: il caso di ripe- tere qui, che la vegetazione awentizia, che accompagna le aree comple- tamente trasformate dalla coltura, molto ‘meglio che a descrizioni socio- logiche,che non possono avere altro valore che quello del censimento di un momento di una popolazione costituitasi sotto i nostri occhi, corrispon- da invece ad un esperimento spontaneo e molto istruttivo, perch; relati- vamente rapido e facilmente seguibile, del dinamismo delle singole specie autoctone, acclimatate ed awentizie di recente introduzione, nei loro sem- pre fortuiti incontri e della inconsistenza dei raggruppamenti che -esse formano, anche quando questi assumono una certa persistenza, grazie allo stabilirsi, su aree pib o meno vaste, di una specie dominante, perenne o di rapida moltiplicazione, od a1 pullulare di una specie annua, su di un area rimasta indisturbata per un periodo relativamente prolungato.

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da un punto di vista nuovo, fornisce spesso l’occasione di precisare no- zioni imperfettamente definite e di mettere in evidenza particolarita inattese. Cosi, per quanto riguarda la costituzione dei rivestimefiti vege- tali, le ricerche sinfenologiche che A. Marcello ha innestato sul vecchio tronco della fenologia e per le quali, dal 1947, k andato coordinando ma- teriali ed osservazioni e precisando i concetti informatori, la nomen&-’ tura e la tecnica (“), hanno portato preziose conferme alla concezione individualistica della collettiviti vegetale, come noi stessi abbiamo avuto occasione di rilevare. (9 Collettiuitd vegetale, 6 per Marcello un .termine *

che esprime I’aggregato di un certo numero di individui vegetali, senza implicare vincolo o necessit3 di unione fra di essi (6 la nostra comunith vegetale in senso ampio 0, se si vuole, anche la fitocenosi, quale l’abbiamo definita) ; Fenoide, k un termine fenologico indicante l’individuo quale esso appare ed esiste autonqmicamente in natura e corrisponde quindi all’ecoide, termine ecologico, che designa il sistema integrato costituito dall’individuo e dall’ambiente elenientare. Noi non possiamo seguire qui il Marcello negli interessanti sviluppi di questi concetti applicati allo studio dei ritmi biologici della vegetazione e ci basta rilevare come anche per il sinfenologo, l’individuo si inserisca nella conipagine della fitocenosi, grazie alla sua forma biologica, ma anche grazie alla congruenza del ritmo delle sue manifestazioni biologiche col ritmo delle condizioni ecologiche che la forma biologica’ dominante determina nella stazione, diventando cosi, a sua, volta un fattore imprescindibile dell’ecesi delle forme subordinate. La capacith di reazione dei singoli individui si eser- cita quindi, non soltanto di fronte all’azione dei fattori fisiografici della stazione, ma anche sotto forma di interazioni che conducono, all’accomo- damento fra le specie dominanti e subordinate della popolazione stazio- nali. E inutile insistere sul fatto che la determinazione ,dells fisionomia della fitocenosi e l’armonizzazione delle singole specie ai ritmi del suo ciclo biologico, sono, in ogni caso, il risultato di reazioni strettamente individuali messe in correlazione da condizioni ambientali.

Queste le principali e pili o meno esplicite affermazioni degli Autori italiani nei riguardi dell’interpretazione individualistica della vegetazione. Apprezzamenti che, direttamente od indirettamente, conducono alla me- desima concezione, ed accenni alla possibilith che la nozione di ecoide

MARCELLO A., 1950. Ecologia e Sinfenologia. Nuovo Giorn. Bot. Ital. n. s. 57: 669-671. - IDEM, 1953. I1 concefto d i interazione in Sinfenologia. Atti 1st. Veneto Sci.-Lettere ed Arti. C1. Sci. Fk. mat. e nat. 111: 165-182. - IDEM, 1954.De la mithode en Symphinologie. La Ricerca Scientifica. 25 ( 6 ) : 1431-42. NECRI G , 1953 Variazioni fisiologiche nelle fitocenosi, arealgeografia e fenologia. Nuovo Giorn. Bot. Ital. n. s., 58: 565-75.

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abbia una pic estesa e decisa applicazione, potrebbero probabilmente essere trovati con uno spoglio minuto della letteratura, dato il carattere ecologico che in generale assumono, nel nostro Paese, le ricerche con- dotte sulla vegetazione, tanto a scopo di rilevamento scientific0 (”), quanto con intenti pratici, specialmente forestali, guidati da rette norme dottrinali.

c) TESTIMONIANZE DI SCUOLE STRANIERE.

Non t evidentemente possibile far seguire alla rapida analisi dei la’- vori italiani, nei quali t stata adottata una interpretazione nettamente individualistica della vegetazione od almeno la vegetazione t stata ana- lizzata scartando l’interpretazione statistica e sulla base del comporta- mento ecologico e corologico delle singole specie, ciG che corrisponde so- stanzialmente ad una analisi autoecologica, una trattazione corrispondente della attivita spiegata dagli studiosi esteri che lavorano nello stesso indi- rizzo in Europa ed in America. I nostri stessi Critici, fatta eccezione per la contestazione opposta agli indirizzi adottati da Frei-Sulzer e da Schmid, delle quali abbiamo gii discorso e per un appunto superficiale alle opinioni espresse da Picard, considerato come rappresentante della tendenza anti- sociologica in Francia, si sono limitati ad accennare ai nomi di Ramenskji in Europa e di Gleason e Cain in America. E poco, quando non si vo- glia incorrere nell’appunto di s c a r s informazione che Tomaselli es) fa ai colleghi americani nei riguardi del sistema sigmatista. Salvo quindi a sofiermarci un poco pili a lungo sui punti che la discussione ha toccati in Francia, dove i nostri Critici hanno compiuto il lor0 tirocinio fitoso- ciologico, dedicheremo alla nostra adesione alla concezione individuali- stica, quale t stata prospettata in Russia ed in America, una giustifica- zione per necessiti sommaria, salvo a ritornare, laddove occorm, sull’argo- mento, nella discussione del capitol0 seguente.

Ramenskji (86) pone alla base della ecologia della vegetazione il prin-

BRUNELLI G. e APOLLONI N., 1930. - Su alcune caratteristiche delle associazioni lagunari mediterranee. Accad. Naz. Lincei. C1. Sci. Fis., mat. e natu., Rendic. ser. 6 , l l : 607-612. - VATOVA A., 1931. Ricerche preliminari sulle biocenosi della Laguna Veneta. Boll. SOC. Adr. Scu. Natur. 30 (2): 54-62. TOMASELLI R. cfr. Fitosociologia ed unit& della vegetazione ecc. (Nota 1 a pagg.

RAMENSKJI L. G., 1925. Die Grundgzzetzn;.iisigkeiten im Aujbau der Vegctation- decke. Wiestn. opytn. Djela 1924. Woronesh 1925 pag. 1-37 (Rec. d. S.’RUOFF 1926 in Botan. Centrabl. 149: 453-455. - IDEM, 1930. Zur metodik der verglei- chenden Bearbeitung und Ordnung von Pjlanzenlisten und anderen Objecten die durch mehrere verschiedenartig wirkende Faktoren Eestimmt verden. Cohn’s Bei- trage zur Biologie der Pflanzen. 18: 269-304. - IDEM, 1930. Die Projection Auj- nahme und Beschreibung der Pjlanzendecke. Abderhanden’s Handb. d. Biolog. Arbeitsmethoden. Abteil. 6 (1): 137-190).

10-11).

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cipio che il rivestimento vegetale terrestre pub essere rappresentato come un sistema continuo e fluente, soggetto alla azione di molti fattori e che reagisce in modo complesso alle condizioni di luogo e di tempo. ‘In que- ste variazioni si manifestano I’originalit3 ecologica e biologica delle specie costituenti la vegetazione (la loro varia dipendenza dai fattori ambienbli ed i loro rapporti), la loro rnobilita e la loro inerzia. La parte rappresen- tata da ogni individuo vegetale nella fitocenosi ha carattere specific0 (1. c., pag. 13). Questo comportamento, secondo 1‘A. t retto da tre leggi fondamentali : 1) la legge della continuitd del rivestimento vegetale. Questo principio (nozione del Continuum vegetazionale) mess0 in evidenza per vie diverse da parecchi studiosi (come vedremo, anche in America set- tentrionale temperata e per la vegetazione delle foreste e della prateria) stabi- lisce che il rivestimento vegetale del terreno t , in condizioni naturali, un fenomeno fondamentalmente continuo. I limiti generalmente fissati alle unita di vegetazione, non dipendono in generale da relazioni naturali fra vegetazione ed ambiente, ma piuttosto si manifestano in seguito al- l’uso di metodi convenzionali di ricerca o dell‘assenza di determinazioni rigorosamente quantitative o per insufficienza e frammentarieta di ma- teriali di informazione. Nella migliore delle ipotesi, il carattere discon- tinuo 6 un. fenomeno parziale, che richiede di essere giustificato caso per caso; in alcuni casi, il carattere immediato della transizione da un tip0 di rivestimento vegetale ed un altro, t dovuto all’influenza delle col- tivazioni, in altri, a quella di determinate specie dominanti il regime della vegetazione locale (1. c., pag. 14). 2 ) La legge della individualitd ecolo- gica delle specie. Ogni specie presenta una distribuzione particolare, di- pendente dalle condizioni ambientali e partecipa ad un certo numero di raggruppamenti specifici. La specificit3 della distribuzione, in quanto t I’espressione della tolleranza ecologica della specie, t un carattere bio- logic0 (1. c., pag. 15). 3) La legge della disposizione a mosaico del rivesti- mento vegetale. I1 rivestimento vegetale, anche se a primo aspetto si pre- senta uniforme, si decompone in un numero indeterminato di varianti quantitativamente diverse. Questa differenziazione in un caleidoscopio di varianti t , rnolto probabilmente, l’espressione di minute oscillazioni lo- Cali delle condizioni stazionali, manifestantesi in varie direzioni. La va- riazione a mosaico non h poi contraddetta dalla legge precedente‘ della individualita ecologica delle specie; anzi c3sa la completa in modo signi- ficante, permettendoci di prevedere la varieta illimitata delle combina- zioni quantitative delle specie, quale effettivamente poi si osserva in na- tura (1. c., pag. 15-17 passim). In ogni modo la combinazione delle tre regole sopraddette giustifica il fatto che le fitocenosi si inquadrano facil-

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mente nelle categorie sistematiche della fitosociologia (associazioni, for- mazioni, ecc.) sino a che il materiale di rilevamento sul quale t fondata la lor0 descrizione t scarso e frammentario, mentre quando si disponga di un materiale esauriente, frutto di estese osservazioni, la convenzio- nalid del casellario sistematico e delle cosi dette (( unit3 naturali )) diventa evidente (1. c., pag. 17-18). Ramenskji ha espresso ripetutamente, in parecchie pubblicazioni successive a quella sopra citata, queste mede- sime opinioni, fondate su molti anni di esperienza della vegetazione step- pica del Governatorato di Woronesh. Esse corrispondono bene all’espe- rienza da noi acquistata, prima e dopo la conoscenza del lavoro sopra citato, in varie parti di Europa e, nel corso di un viaggio di Otto mesi, nelle savane e nei boschi dell’Etiopia meridionale. In Russia stessa, una tendenza simile, sembra sia stata sostenuta anche da D. N. Kashkarov (1945), uno zoologo che si t occupato dei fondamenti dell’ecologia ani- male (fide A. A. Shakhov 1955); ed in vari altri ambienti fitogeografici di Europa (Olanda, Belgio) si t parimenti manifestata la tendenza a fon- dare l’analisi e l’interpretazione del rivestimento vegetale sullo studio corologico delle singole specie e sulla discussione delle correlazioni interce- denti fra gli individui delle popolazioni stazionali. Effettivamente i con- tributi sempre pid abbondanti dell’indagine sperimentale in laboratorio ed in coltura, hanno sostituito a1 concetto semplicista dell’assetto della vegetazione chiusa per opera della sola concorrenza vitale epigea od ipo- gea, quello della grande complessith dei rapporti interindividuali. I n essi il principio della tolleranza (Good. 1931) entra in gioco con non minore importanza di quello della concorrenza, anzi I?. da ritenersi che tolleranza e concorrenza si alternino ripetutamente nel corso dei rapporti che ogni individuo ha, durante il suo ciclo vitale, coll’ambiente esterno. In queste condizioni diventa sempre pili difficile l’attribuire una importanza poco pih che preliminare, a1 censimento, del resto indispensabile e sia pure eseguito con precisione rigorosa, delle popolazioni stazionali ed a con- siderare altrimenti che come una registrazione schematica di un mo- mento della successione vegetazionale, la tipificazione ottenuta anche attraverso una meticolosa elaborazione tabellare, di un numero, aumenta- bile a piacere senza raggiungere mai una maggiore utilith dimostrativa, di tali descrizioni di un fenomeno irrimediabilmente sfuggente quale t quello della successione della vegetazione, quando non lo si voglia sforzare negli stretti limiti del tempo di cui dispone il pid paziente degli osservatori o la stessa durata di una generazione di studiosi. Cosi t avve- nuto, che, anche nell’Europa continentale, specialmente dopo il movi- mento impress0 alla biocenotica dalla decisiva memoria di Gams sui pro-

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blemi fondamentali dell’indagine vegetazionale (1918), la base delle ri- cerche accennasse fatalmente a spostarsi dai santuari della fitosociologia ortodossa, per opera dei lor0 stessi allievi ed utilizwndone anzi le raffinate risorse tecniche, verso sedi di valutazione maggiore dell’ in&- rizzo ecologico, sussidiato dall’intimo contatto col laboratorio e da rife- rimenti a1 prezioso concorso nell’indagine corologica. E forse alle tracce evidenti di questo ringiovanimento nella produzione stessa di giovani scuole rampollate nello stesso ceppo di Montpellier (Tuxen, Aichinger, Knapp, Ellenberg), dell’indirizzo sempre pid modernamente ecologico che va assumendo l’attivith di W. Ludi e dei suoi allievi, che vogliono alludere i nostri Critici? Ma esse sono tutte dovute alla rivalutazione dell‘ecologia individuale, come lo sono poi, piti accentuatamente, i lavori recenti di Schmid o di Meusel che, sull’esempio non dimenticato di W. Wangerin (1925), di P. Jaccard (1922), e di A. Palmgren (1929), hanno sempre pili associato nell’analisi delle specie costituenti la popolazione sta- zionale, i dati dell’ecologia con quelli della corologia; e documenti ne sono stati i rapporti di coabitazione direttamente osservabili fra gli individui delle fitocenosi. Su questa evoluzione di tendenze nell’interpretazione della vegetazione dovremo ritornare largamente nel prossimo capitolo ponendo a confront0 le nozioni di Associazione e di Continuum vegetazionale.

Una particolare vivacith distingue la produzione dei biocenologi di lingua inglese, i quali, tanto in Inghilterra quanto in America, col lor0 attaccamento alla tradizione ecologica di Warming e col postulato della necessith di fare entrare la stazione nella definizione delle comunith vegetali, sono naturalmente giunti a1 caratteristico dinamismo della lor0 concezione della vegetazione. Moss (1910), Tansley sono stati gli animatori del benemerito (( Committee of British Vegetation )), che sostenne, anche a1 Congress0 di Bruxelles, l’indirizzo ecologico dei fitogeografi inglesi e Tansley ne i: tuttora il decano ed il capo autorevole; Cowles, Clements, Cooper, Nichols, sono state le principali figure della sinecologia ameri- cana ed k lungo la linea Warming-Cowles-Cooper che noi giungiamo alla formulazione della concezione individualistica da parte di Gleason. SU l’opera di questi studiosi, alla quale i nostri Critici sembrano accordare poca attenzione, dovremo ritornare discutendo la nozione di associa- zione, mentre su quella di Gleason ci fermeremo subito, perchi: essa ci consente di riassumere col suo indirizzo quelli di Cain e di Mason, che ne derivano direttamente. Dall’insegnamento di Gleason deriva parimenti l’e- nunciazione fatta in America delle nozioni di Segregato di Asscciazione, da E. L. Braum (1935) e di Continuum vegetazionale da I. T. Curtis e Mc. Intosh (1951), sulle quali ci tratterremo pure diffusamente nel prossirno capitolo.

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Le numerose ricerche e memorie che, nel corso di oltre un trentennio H. A. Gleason ha dedicato alla teoria individualistica della vegetazione (9 partono dal principio che una concezione fondamentale della vegeta- zione non si basa principalmente, n t sulla estensione delle popolazioni vegetali prese in considerazione, n t sull’unita di carattere che esse pre- sentano a primo aspetto, nb sulla lor0 permanenza e neppure su di una struttura definita da essa posseduta, ma piuttosto sull’idea che esse sono l’espressione visibile della giustapposizione di individui vegetali appar- tenenti alla medesima specie od a specie differenti, reagenti o no gli uni sugli altri, sotto l’influenza di cause esterne continuamente attive. Questo enunciato corrisponde, come si vede, in tutto e per tutto, alla nozione di semplice coabitazione delle specie vegetali, enunciata pochi anni dopo a1 Congress0 Internazionale di Ithaca, da Del Villar (1926). Le cause primarie della costituzione degli individui vegetali in comunita, sono la migrazione e la selezione ambientale ed esse operano indipendente- mente su ogni area occupata dalla vegetazione che si prenda in conside- razione, su grande o su piccola scala e senza rapport0 col fatto che lo stesso process0 si svolga su qualunque altra area o con la vegetazione che ne deriva, fatta eccezione per il fatto che I’ultima popolazione vege- tale costituitasi su di un area qualsivoglia, pu6 fungere come fonte di immigrati per la popolazione che le succedera o come controllo dell’am- biente di una popolazione precedente. Per questo, I’influenza di queste cause primarie, non si manifesta tanto nel prodursi di grandi aree rive- stite di vegetazione similare, quanto nel determinare la vita delle piante su qualunque area, per piccola che sia. I1 prodursi di una giustapposi- zione di individui vegetali su estensioni misurabili e determinando la comparsa di una associazione, nel senso ordinariamente attribuito a questo termine, t quindi dovuto ad una similarith di cause cooperanti in corrispondenza dell’area della associazione. I1 comportamento degli individui vegetali, considerato in se per se, non offre quindi alcuna ra- gione dalla quale possa dipendere la costituzione di comunita definite. Le associazioni vegetali, le pili importanti manifestazioni collettive delle piante, hanno quindi, malgrado l’autonomia dei loro costituenti, una esi- stenza reale, tanto che, per adoperare le espressioni stesse di Gleason 1926 (pag. 8), (( noi possiamo percorrerle, misurarne l’estensione, descriverne

GLEASON H. A., 1917. The structure and development of the plant association. Bull. of the Torrey Botm. Club. 44: 463-480. - IDEM, 1926. The individualistic concept of the Plant association. Ibidem 53: 7-36. - IDEM 1927. Furyther wiews on the succession concept. Contribut. of Botm. New York, Gard. n. 292; and Ecology. 8: 299-326. - IDEM, 1939. The individualistic concept of Plant association. Ainer. Mid. Nat. 21: 92-110 (non vidi).

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I’assetto interno, nei termini delle specie che le costituiscono e frequen- temente anche ricostruirne la storia passata e fare ipotesi sul lor0 future I lor0 caratteri fondamentali sono poi un certo grado di omogeneita nella combinazione degli individui che le costituiscono, l‘occupazione di un’area di estensionevariabile, che pub essere anche molto vasta e dotata di limiti piti o meno definibili, ed una certa durata, che pud prolungarsi anche per periodi molto lunghi. Una osservazione precisa per6 ci mostra che l’uni- formit3 della associazione, nello spazio come nel tempo, I: soltanto rela- tiva e che i caratteri generali accennati mascherano un mosaic0 di etero- geneit2 su piccola scala. E tuttavia questa uniformha generale quella che ci autorizza praticamente, ,nell’ispezione preliminare di un paesaggio vegetale, a riconoscere le cornunit3 fisionomicamente ed accettarle prov- visoriamente come uniti della vegetazione, quantunque la variabilita, presto constatata per quanto piccola, dei loro caratteri, basti ad indicare l’impossibilita di considerare le popolazioni di ciascuna di queste aree di vegetazione, come unit3 definitivamente organizzate.

Soltanto in un second0 tempo e. con la riserva imprescindibile della lor0 sostanziale eterogeneita e della loro limitata permanenza, potr3 essere data una descrizione piti rigorosa della corrispondenza dei popo- lamenti vegetali alle stazioni di ogni singolo protopaesaggio, considerato nel momento del rilevamento. Nell‘ambito di una certa estensione, la variazione delle precipitazioni, della temperatura, della durata dell’illu- minazione diurna e spesso della natura del terreno & del resto piccola, tanto che una stessa specie dominante su tutta l’estensione della stazione o su di una parte notevole di essa, esercita sulle specie subordinate una influenza sufficiente ad attenuare l’influenza dei ’fattori fisici, creando per dir cosi una stazione nella stazione e determinando l’accentramento su di essa di una sinusia caratteristica.

Per tutte queste ragioni, essendo impossibile una definizione rigo- rosa di caratteri strutturali e di limiti topografici e cronologici dell‘asso- ciazione, una classificazione delle associazioni, fondata esclusivamente sulla vegetazione, in gruppi piti ampi logicamente accettabili o la descri- zione di rigorose serie successionali, non ha mai potuto essere attuata. I1 concetto di associazione I: d‘altronde sorto indipendentemente da quello di successione. Lo sviluppo della vegetazione pud effettivamente venire studiato senza necessita di riferimento alla sua storia, nella forma di un rilevamento limitato ad un istante della sua esistenza; ma il solo fatto di ammettere, come unit3 strutturale delle vegetazione, l’associazione, implica l‘entrata in azione del fattore tempo, nello stesso mod0 che, quantunque la successione della vegetazione possa essere pensata indi- pendentemente dallo spazio, la sua descrizione come fenomeno naturale

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implica, il concetto spaziale. Un area rivestita di vegetazione, qualunque sia la sua estensione ed il suo grado di uniformit& fa dunque parte di due serie variabili; l’una la serie spaziale, costituita nella sua generaliti dalla vegetazione terrestre attualmente esistente, I’altra la serie tempo- rale, comprendente la .totalitA della vegetazione esistente in ogni tempo; l’associazione che si considera stay in una data stazione ed in un dato momento, all’intersezione delle due serie. Le nostre associazioni sono legate geograficamente ad altre manifestazioni’ spaziali analoghe, ma la posi- zione esatta dei rispettivi confini varia col tempo nello spazio; esse sono temporaneamente legate ad altre fasi cronologiche analoghe, ma l’esatta posizione dei limiti rispettivi varia nello spazio col tempo.

Riassumendo, se, second0 Gleason, non c’l: dubbio sulla esistenza fenomenica delle associazioni, I’incertezza della composizione di questi aggregati di individui vegetali e l’instabilita dei lor0 caratteri, accerta- bile anche su manifestazioni di scarsa estensione, se non diminuiscono l’interesse del fenomeno e neppure, entro certi limiti, il valore positivo della sua constatazione, sono sufficienti per stabilire l’impossibilita di considerare i raggruppamenti delle piante come entita concrete e stabili. Cosi noi possiamo riferirci, in conclusione, alla sua frase molte volte citata: (( certamente la nostra fede sulla integrita e sulla venerabilita della associazione deve risultare seriamente scossa; e noi siamo giustificati giungendo alla conclusione generale, molto lontana della opinione pre- valente, che una associazione non t un organismo, t dubbio sia una unit3 vegetazionale, ma 6. puramente una coincidenza )) (1926 p. 16) (““).

A. St. Cain ( 8 0 ) , condividendo Iargamente il concetto individualistico di Gleason, scrive di non poter rendersi conto come l’associazione, quale viene abitualmente intesa, possa avere una realta obiettiva. Cib che passa infatti, nel migliore dei casi, come associazione, l: una serie di popolazioni di aree locali, ove si verifica l‘interferenza degli areali di una quantiti di specie, ciascuna delle quali svolge il suo ciclo biologico nelle stazioni che le sono confacenti. Laddove si verifica l’interferenza di un gruppo specie che hanno approssimativamente le medesime esigenze ecologiche, l’associazione si ripresentera ripetutamente in una delle sue faciazioni o lociazioni, come awiene in altre localita per altri aggregati. Nel caso poi di spostamento, anche relativamente piccolo, della situazione geografica di questi punti di interferenza in qualunque direzione, I’intervento di

(8s) GLEASON H. A. cfr. The individualistic concept ecc. (Nota 16). (8 ’ ) CAIN A. Sr., 1932. Concerning certain phytosociological concepts. Ecol. Monogr.

8 : 275-508. - I D m , 1944. Foundation of plant Geography. - IDEM, 1947. The characteristic of natural areas and factors in their development. Ecol. Mongr. 17: 175-200.

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656 NEGRI ~ - nuove specie appartenenti alla flora tipica della nuova area raggiunta, si aggiungerh a quello delle precedenti ed i limiti della faciazione e persin0 quelli della stessa associazione, saranno constatabili soltanto 13 dove esista un limite floristico naturale. Cosi la sovrapposizione delle aree loCali di . specie appartenenti a1 territorio floristico considerato, conduce alla costituzione di individui di associazione e di tipi associazionali loCali (pag. 195). Ma, per quanto k stato detto, esiste una stretta connessione fra associazione floristica e piccolezza del territorio, perchk una associa- zione pub esistere soltanto nei limiti di un territorio floristico omogeneo di piccola estensione, dove tutti gli individui di associazione hanno uguale probabilith di contenere le medesime specie. Le associazioni si presentano quindi alla ispezione diretta come fenomeni molto locali.

Cain ha inoltre introdotto nella analisi biocenologica alcuni prin- cipii che concorrono a giustificare la sua concezione individualistica della vegetazione. Uno di questi k il principio delle cause multiple, secondo il quale le reazioni organiche sono multicondizionate e l’ambiente t , per ogni individuo, olocenotico. Egli conclude che le molteplici interrela- zioni fra i fattori ambientali e fra di essi e l’organismo, nella lor0 com- plessith morfologica e fisiologica, sono tali da sfidare ogni soluzione in termini esatti di causalita. Ne consegue che i problemi ecologici non solo possono essere difficili a risolvere in seguito a questa molteplicith della interazione dei fattori e dell’intrecciarsi delle relative reazioni, ma essi possono realmente essere insolubili nel senso matematico; e che tale varietci delle lor0 combinazioni, individuo per individuo, sfida la possi- bilitci d i qualrinque generalizzazione ecologica del rapport0 dell’intero popo- lamento colla relativa stazione Pg).

E poi noto come Cain abbia adottato il principio di tolleranza, svilup- pato da Good (1931) e da Mason (1926) Po) secondo il quale le funzioni re- golatrici dell’esistenza e della riproduzione eficace delle specie vegetali, so- no limitate da un definito grado di intensith di particolari fattori climatici, edafici e biotici. Questi gradi rappresentano la tolleranza delle specie per il fattore particolare. Good esprime l’idea che la base pratica della teoria sia costituita dal fatto che l’evoluzione organica 1: in media determinata da variazioni dell’ambiente, dalle quali sono provocate le migrazioni e dal fatto che i cambiamenti di tolleranza con0 caratteri specifici, conformi

(“0) MASON H. L., 1947. Evolution of certain floristic associations in Western North America. Ecol. Monog. 17: 201-214. - cfr. anche IDEax, 1936. The Principlm of Geographic Distribution as applied to Floral analysis. r&idrofiox. 3: 181-189. - IDEM, 1946. The Edaphic factor in narrow endemisrnous. I. The nature of envi- ronnemental influence. Ibidem. 8 : 209-225. - IDEM, 1954. Migration and evo- lution. Ibidem 12: 161-168.

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alle leggi della evoluzione e controllati da esse. Una difficoltl della appli- cazione del principio di tolleranza sta nel fatto che una specie t , di re- gola, rappresentata da popolazioni molto grandi, cbmprendenti nume- rose sottospecie geografiche, biotipi, ecotipi, differenziati anche solo eco- logicamente. L’adattabilitl di una specie dipende dunque, non tanto dal- l’ampiezza dei suoi limiti di tolleranza, quanto dalla sua ricchezza o povertl in biotipi. Cain trova quindi difficile accettare l’opinione espressa da Good che la tolleranza di una grande unitl tassonomica sia espressa dalla somma delle tolleranze delle unit5 sistematiche subordinate che la compongono e preferisce fare intervenire fra i fattori della comunitl, ana- logamente a quanto, come vedremo, ha fatto Mason, l’elemento ereditario.

La delimitazione della comunith t poi resa difficile dai trapassi graduali, dalle irregolaritl dei limiti degli areali specifici che interferi- scono in corrispondenza di essa, dalla eterogeneitl dei terreni, dalla mancanza di barriere topografiche, ecc. Questa complessitl ha favorito, in varie occasioni, la riunione in blocco di parecchie piccole comunitl in complessi eterogenei, che tendono a ma’cherare differenze e processi importanti. La delimitazione di queste piccole comunith produce poi una frammentazione della vegetazione; ma come osserva Hanson ( 01)

per comprendere pienamente la vegetazione, la frammentazione & pre- feribile alla assunzione in blocco di un gruppo di piccole unitl. La deli- mitazione delle comunith pub essere del resto semplificata, suddividendo preliminarmente una area od una regione in studio in aree geografiche ciot aree naturali, perchi: in tali condizioni I’attenzione viene concentrata, anche per lo studio della vegetazione, su di una area definibile ed ordina- riamente non troppo estesa. Cain, che ha dedicato uno studio speciale a questo principio delle aree naturali in biocenotica, aggiunge a questo proposito che ai fitogeografi si presenta, come compito notevole, la de- scrizione della vegetazione efiettuata nei termini delle . aree naturali, intendendo come area naturale una unitci geografica d i qualunque ordine d i grandezza con sujficienti caratteristiche comuni d i varia sorta per es- sere d i una certa utilitci pratica per i fitogeografi. I1 concetto di ((area naturaleu deve il suo realism0 alla sua stessa indefinitezza, in quanto esso t meno specific0 di quanto non sia quello di (( zona biologica )) e pid ampio di quello di (( comunitci )I, quest’ultimo suggerendo anzi il riconosci- mento della azione simultanea di tutti i fattori operanti e l’esistenza com- binata di fenomeni diversi, quali 1’ azione degli organismi, i differenti stati fisici dell’atmosfera e l’azione del terreno ecc. E quanto noi stessi

(”) HANSON H. C., 1938. Ecology of the Grassland, The Botanical Review, I. 4: 51-82. IDEM, 1950. Ibidem, 11. 16: 283-363.

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abbiamo cercato di esprimere con la proposta del concetto di proto- paesaggio, che ci sembra tuttavia pid pratico, in quanto prospetta una unita pid definita e funzionante come termine intermedio fra l’azione ambientale considerata a1 livello topografico e quella manifestantesi al livello climatico. Si pub forse dire che il protopaesaggio vegetale la minima area naturale definibile.

Pid precisa ancora & la concezione individualistica di H. L. Mason (1. c. n. 90). Egli dice infatti di essere d‘accordo con Gleason (1926) nell’attri. buire un significato coincidentale alla comunita vegetale ed anzi di spin- gersi pid oltre su questa via. Second0 lui l’associazione, quale noi la ossep- viamo, deve la sua costituzione alla coincidenza ed alla sovrapposizione delle tolleranze delle specie che la costituiscono ed alla aggregazione, pure coincidentale, delle sue proprie linee genetiche, quali risultano dalla storia della popolazione. Gli individui appartenenti a due o pid specie possono infatti incontrarsi nella associazione solo in quanto, effettiva- mente, i limiti della loro tolleranza coincidano nei riguardi di quelle funzioni che dipendono da esigenze simultanee e similari, soprattutto per i fattori climatici ed edafici dell’ambiente. I1 fattore biotico, fatte le eventuali eccezioni per talune relazioni di parassitismo e di simbiosi, pub considerarsi come operante solo per via indiretta, attraverso alcune influenze di natura fisica. U n organismo infatli esercita la sua azione alte- rando una condizione fisica dell’ambiente in mod0 da renderlo tollerabile od intollerabile per un altro organismo e le reazioni dell’organismo che v i avvengono, devono essere riferite alle condizioni fisiche alterate e non al- I‘organismo che ha determinato l’alterazione. Mason si serve del termine di coincidenza d i tolleranza per esprimere questo concetto della unitH coincidentale della comunith vegetale,. fondata, per quanto si pub giu- dicare, sulla tollerania per tutti i fattori ambientale di carattere gene- rale (1. c., pag. 204). Caratteristica poi della concezione di Mason & l’im- portanza che egli attribuisce ai fattori storici della vegetazione. La storia floristica, a cagione della mancanza di realth e di precisione delle nostre conoscenze sullo stato degli aggregati nel corso del tempo e della defi- cenza di unit5 funzionale della comunith vegetale, diventa la storia di una riunione di sistemi dinamici operanti indipendentemente, ciascuno dei quali. affronta per conto proprio i suoi problemi. Ogni specie svolge la sua storia genetica ed affronta conformemente alle reazioni degli indi- vidui che la costituiscono, le condizioni ambientali. Queste reazioni sono influenzate dalla diversita genetica delle popolazioni specifiche e dall’ ampiezza delle variazioni che’ intervengono nella misura della loro tolleranza. Mason insiste sul fatto che gli spostamenti migratorii delle piante non dovrebbero mai essere ricostruiti come movimenti individuali

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o come movimenti di flore, ma come interferenze di popolazioni specifiche. L'areale delle specie pub ampliarsi e contrarsi sotto l'influenza dei fattori ambientali,ma la specie pub anche dare geneticamente origine a nume- rose r a z e e ciascuna di queste, a sua volta, produrne altre, aumen- tando cosi la divergenza delle forme derivate; oppure, in condizioni sfavo- revoli, la popolazione specifica pub deperire, riducendosi numericamente ed anche scomparire. Cosi, per ogni'entith della flora, bisogna presupporre i processi genetici individuali attraverso i quali essa ha avuto origine ed t importante rendersi conto del fatto che ogni entith pub essersi gene- ticamente fissata nella associazione floristica rispettiva, immediatamente dopo essersi immigrata, oppure provenire da una associazione contigua, dove esisteva gii prima della migrazione (1. c., pag. 215). Pub essere quindi molto interessante seguire, con i sussidi combinati della paleonto- logia, della storia della flora e della genetica, la storia di una comunith. Essa t una somma della storia indipendente di linee evolutive separate ed intrecciate, che si sono sviluppate attraverso processi genetici diversi, divergenti fra di loro. La Paleontologia ci dimostra, nel caso di associa- zioni molto antiche ed il cui svolgimento ha potuto proseguire indistur- bat0 attraverso interi periodi geologici, che, in ogni tempo, queste spe- cie hanno fatto parte della associazione, l'hanno accompagnata attra- verso gli eventi della lor0 storia genetica, in ragione e nei limiti della loro tolleranza, cosiccht, nel corso dei tempi, la composizione precisa della associazione non si t: mai ripetuta. I cambiamenti che essa ha subito sono dipesi tanto da infiltrazioni di nuovi elementi esteriori alla associa- zione, quanto da mutazioni delle sue specie, cosiccht t necessario ride- finire ripetutamente l'associazione nei termini della variazione degli ele- menti costitutivi, awenuta nell'ambito di una popolazione fondamentale preesistente (1. c., pag. 207). Riassumendo, Mason fonda la sua inter- pretazione della storia floristica della associazione vegetale, sulla intera- zione di tre fasi del dinamismo della vegetazione: primo, la condizione ambientale, comprendente le sue variazioni spaziali, le sue fluttuazioni e la storia dei cambiamenti che essa ha subito nel tempo; secondo, la fisiologia dei singoli individui, specialmente nella misura in cui le lor0 reazioni sono intonate alle condizioni ambientali; le condizioni stesse vengono integrate nell'individuo e le reazioni variano da un individuo all'altro; terzo, la genetica delle popolazioni, con speciale riguardo all'ac- centuarsi od a1 'ridursi delle diversita genetiche nella popolazione, parti- colarmente nei casi in cui vengono influenzati da questi fenomeni i gradi di variabilita della tolleranza ambientale degli individui e lo svi- luppo di nuove razze. Egli mette inoltre in evidenza il fatto che questi dinamismi lasciano poco campo alla possibilitA di considerare la comunit3,

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come una unit2 funzionante, come un atto unico,come costituita da individui strettamente interdipendenti. Nell’interno della comunita, I’interdipen- denza k rigorosamente attuata nei casi di parassitismo o di simbiosi e costi- tuisce allora un problema speciale; l’unid funzionale t legata allo sviluppo della popolazione, si manifesta nei meccanismi della continuith e dells diffusione dei germi e nelle mutazioni adattative e dipende dal coincidere degli eventi della storia della comunith con la tolleranza degli individui verso i fattori ambientali in genere.

Sono note le ampie ed interessanti discussioni originatesi soprat- tutto nei Paesi di lingua inglese ed in quelli dell’Europa orientale e set- tentrionale, in seguito alla presentazione di ipotesi individualistiche per l’interpretazione della vegetazione, da parte di AA. dotati, come quelli dei quali abbiamo riassunte le opinioni, di una vasta esperienza di ri- cerche compiuta sul terreno; ed t presumibile che, stimolato da questi confronti documentati di idee, l’indirizzo individualistic0 abbia a diffon- dersi con l‘accentuarsi della tendenza alla interpretazione ecologica della vegetazione. Quest’ultima trae un prezioso aliment0 anche dall’accu- mularsi di statistiche floristiche stabilite, magari con scopi pratici di vario ordine, ma con rigore di metodo e dall‘esecuzione di vasti rileva- menti cartografici, nei quali, non soltanto k di rigore la determinazione delle aree rivestite da vegetazione sensibilmente omogenea, ma anche, conseguentemente, la ricerca dei lor0 limiti e delle loro zone di contatto, di quelle strisce pid o meno ampie di vegetazione ci& (ecotoni), in corri- spondenza delle quali le popolazioni contigue si accavallano, s’intrecciano, mettendo in istruttiva evidenza il libero gioco delle singole specie e le reazioni particolari di eccezionali incontri di individui. Si tratta di ma- teriali particolarmente favorevoli alla interpretazione individualistica dei fenomeni di coabitazione delle piante, quando essi vengono coordinati con le dovute catuele e completati con le eventuali indagini sperimentali, con l’accertamento di processi fisiologici e genetici. In ogni modo ci sembra evidente, per quanto si t detto, che I‘indagine ecologica, integrata quando occorra dalla ricerca di laboratorio, non possa essere condotta diretta- mente e fruttuosamente che a1 livello individuale, l’accertamento di qualunque rapport0 di carattere sociale e ciok interattrattivo fra due individui, non solo esulando da ogni possibilith tecnica, ma mancando di ogni probabilith supponibile sulle basi della fisiologia vegetale.

Noi dovremo riprendere pid ampiamente queste questioni nel se- condo capitol0 di questa stessa memoria, discutendovi il concetto di asso- ciazione vegetale, il valore biologic0 ed il significato biocenologico dei caratteri fisionomici della vegetazione e l‘azione determinante dei fat- tori fisiografici e biotici sulla costituzione di aggregati di piante in una

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stazione. Ma un’altra fonte documentaria per l’interpretazione indivi- dualistica della vegetazione dovra pure essere ricercata nella introduzione - deprecata bensi dalle Scuole fitosociologiche, ma non meno efiet- tiva e feconda - di dati corologici nella definizione dei raggruppamenti delle specie. Basti riflettere all’importanza degli elementi forniti dalla conoscenza dell’areale delle specie sull’ampiezza della loro tolleranza, di fronte a fattori ambientali che esercitano la lor0 azione nell’ambito del- l’areale stesso (che ha valore di biocora), fattori in parte suscettibili di misura, per comprendere come il dato (( areale geografico )) debba essere considerato elemento essenziale della diagnosi ecologica delle singole specie, indipendentemente dall’indicazione che esso pub fornire sul- l’origine e sulla epiontologia delle specie stesse.

d) IL MOVIMENTO ANTISOCIOLOGICO IN FRANCIA.

Ci basta di aver cosi prospettata, attraverso la discussione delle critiche che ci sono state rivolte il richiamo delle ricerche giA compiute, nel nostro Paese ed il riassunto delle direttive di alcuni autorevoli indivi- dualisti, la possibilita, la logicita dell’orientamento individualistico nella interpretazione della vegetazione. A complemento di questo capitol0 perb riteniamo come si t detto, utile il riferire, nel mod0 pid succinto possibile, i termini della discussione svoltasi in Francia, dove i nostri Critici hanno compiuto la lor0 preparazione fitosociologica, attorno alle opinioni sulla nozione di associazione vegetale espresse da F. Picard, l’unico autore a1 quale Giacomini e Sacchi (’9 abbiano nel lor0 articolo, rivolte critiche specifiche, per quanto brevi e poco motivate; ed accennare anche brevemente alle interessanti contestazioni che sono state sollevate in proposito da parte di eminenti biologi connazionali.

A Picard viene dunque rimproverato di esercitare (9 sui concetti di associazione e di biocenosi, una critica meramente polemica senza costruttivita e senza proposte di termini e di idee nuove (pag. 29), e i nostri critici continuano: (( questa nostra posizione, vicina a quella, fra gli altri AA., di Jovet (1951) (di conservare almeno prowisoriamente a1 termine biocenosi e conseguentemente alla biocenologia, un senso

(O?) GIACOMINI V. e SACCHI C. F. cfr. Sui rapporti fra raggrupparnenti vegetali ed ’ anirnali, ecc. pagg. 29 e 40, Note. (Nota 1). (’3) PICARD F., 1932. -Quetques exemples d’associations anirnales et remarques sur les

fausses biochres . R. C. des Seances de la Soc. de Biogiographie, n. 70: 16 - (con le obiezioni di PRENANT, HUMBERT e CHOUARD). - IDEM, 1933. Les asso- ciations ou biocinoses. Ibidem n. 83: 45-47. - IDEM, 1933. Les phenomdnes sociaux chez Zes anirnaux. Paris. cfr. specialmente Capitol0 3 e 4: pag. 49-81 e special- mente pag. 69-74.

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molto generale, che comprende l’insieme di tutti i tentativi, in qua- lunque direzione orientati, per la rappresentazione . e l’interpretazione di aggregati di esseri viventi, per noi essenzialmente dei vegetali, pur naturalrnente tenendo conto degli altri fattori biotici che influiscon0 sulla vegetazione, non ritenendo convenienti limitazioni, anche se giusti- ficate da un punto di vista storico) (le parole fra parentesi sono aggiunte da noi), non dovrebbe essere seriamente inforrnata da critiche mosse da spirit0 polemico, insufficienti e, teoricamente, non sempre corrette e naturalisticamente difettose, come quelle di Picard (1932), il quale, nel suo tentativo piuttosto sbrigativo di considerare la (( biocenosi ))'sine- nimo di associazione e contrapposto a1 semplice (( ressernblement )), non cura neppure una base etimologica. Vedansi peraltro le critiche dovute a Prenant, Humbert, Pierre Chouard, che seguono la comunicazione di Picard alla SocietC de Biogtographie N.

Queste linee lasciano l’impressione che i nostri Critici non avessero completamente presenti gli scritti, tutt‘altro che insignificanti, di Picard, anche se suscettibili di alcune osservazioni forrnali, che del resto sono riportate da osservazioni di Prenant (”). e esatto infatti che il termine (( biocenosi I), usato propriamente quale terrnine biologic0 generale e ciok per intendere l’intero bioma occupante una stazione, non pub essere considerato come sinonimo del termine di (( associazione )), perchk, anche etirnologicamente, esso corrisponde a (( cornunit2 )) e non ad i( associa- zione D, e per di pib, a comunita di tutti i viventi popolanti la stazione e quindi non ad associazione nel senso sigmatistico, ma, in ogni caso, a individui di associazione; ed k altrettanto vero, che Picard considera come caratteristiche degli individui che costituiscono la biocenosi, non soltanto l’interattrazione, ma anche l’interdipendenza (1932, pag. 70; e 1933, pag. 46), rnentre, se la prima i: indubbiamente un carattere fonda- mentale del fenomeno sociale, la seconda non lo 2, potendo benissirno verificarsi e verificandosi normalmente, nelle associazioni integrate in special modo, che la costituzione di una sinusia (per es. di piante sciafile), sia deterrninata dalla presenza di una dorninante (specie arborea che pro- ietti una ornbra pih o meno intensa sul terreno della stazione), dalla quale la sinusia I: quindi dipendente come, d‘altronde, anche la dominante dipende dalle modificazioni introdotte nella stazione dalle subordinate. Ma appare chiaro a chi legge il testo di Picard, che 1’A. si 1: proposto piuttosto che di prospettare una questione di sinonimia, di contrapporre la condizione purarnente additiva di individui vegetali od animali costi-

(M) PRENANT M., 1933. Les associations uhgitules. C. R. des Seances de la SOC. de Biogiographie, n. 70: 9.

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tuenti una folla, vale a dire una riunione determinata esclusivamente da circostanze esterne, senza l’intervento di alcun fenomeno di interattra- zione fra gli individui componenti, alla condizione associativa - asso- ciazione t per lui anche la biocenosi - nella quale l’interattrazione degli individui rappresenta il principio fondamentale di collegamento. Stu- pisce del resto che, trattandosi di una questione essenziale e non solo di nomenclatura o di priorith, Giacomini non abbia ricordato che essa ve- niva contemporaneamente prospettata anche da E. Rabaud (9, alla auto- rith del quale dei resto anche Picard si appoggia: (( 11 considerare le aree libere come atte ad esercitare una specie di influenza attrattiva, corri- sponde a trascurare il complesso concatenamento di interazioni (intera- zioni, non interattrazioni!) concomitanti e successive che trascinano gli organismi in tutti i sensi. Ogni animale ed ogni pianta che capiti in un ambiente, vi rimane se l’assieme delle condizioni consente di vivervi, e questo assieme pub essere favorevole o sfavorevole tanto in una regione abi- tata, quanto in una regione deserta. Sono precisamente le affinith fisico- chimiche ed il trasporto meccanico, i soli determinanti della distri- buzione degli organismi, ciascuno dei quali si sposta individualmente (0 si dissemina) in funzione delle influenze alle quali soggiace. Tutti quelli che, in una data regione, subiscono una medesima azione risultante da un complesso di fattori convergenti verso la medesima zona, si incon- trano e la lor0 propria interazione si inizia nello stesso momento in cui awiene l’incontro. D i queste convergenze le associazioni vegetali forni- scono l’esempio piti sorprendente. Esse non derivano afiatto da una affiniti speciale che leghi fra di lor0 le specie, ma dallo sviluppo, in una medesima zona e sotto l’impero di certe condizioni, di organismi che vi sono stati trasportati .... Le specie non si attirano affatto tra di loro, n t alcuna specie, esistente gih in stazione, le ha attratte.... Le associazioni vegetali del resto variano in funzione del variare delle condizioni e nulla dimostra piti chiaramente che gli individui e le specie riunite non sono state attirate gli uni. dalle altre. ... L e associazioni vegetali sono anche dipendenti da cause apparentemente insignificanti, ma che determinano zone locali di estensione molto limitata (1928, pag. 375-378 passim) )I.

Qualche anno dopo, egli precisava ancor meglio il suo pensiero. (( In realti il vero criterio i: il determinism0 di questo mod0 di raggruppamento. Esso & evidentemente legato alle condizioni dell’ambiente. I semi tra- sportati dal vento o da qualunque altro agente meccanico, cadono do- vunque, spesso essi germinano, ma essi non radicano e non si sviluppano,

(9 RABAUD E., 1937. Phinomlne social et societbs animales. Paris. pag. 71-73. - cfr. anche IDEM, 1928. Elements d i biologie gbnirale. pag. 375-387 e passim, IDEM 1953. L e hasard et la vie des esphces. Paris. 1953, p. 242 e passim.

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se non in date condizioni, che non sono eguali per tutti .... Evidentemente la biocenosi non B che la riunione fortuita d i un certo numero d i piante. (sott. nostra). Tutte quelle alle quali convengono condizioni comuni, s’incontrano e rimangono frequentemente rlunite; quelle alle quali con- vengono condizioni secondarie, non si incontrano se non quando queste condizioni esistono. Si comprende cosi che, a seconda dei luoghi, attorno ad una specie caratteristica, se ne raggruppino altre, in mod0 piii o meno costante. Ma,in nessun modo,queste piante sono associate f ra d i lor0 e quest0 k il punto essenziale per quanto ci riguarda (sott. nostra) Ne deriva una conclusione nettissima, che raggiunge l’evidenza; a ciascuna delle piante di una biocenosi corrispondono condizioni speciali e, conseguentemente, la biocenosi k un raggruppamento eterogeneo di piante, che non hanno in comune che certe condizioni di ambiente; esse obbediscono ad influenze esterne, ed in assenza di queste influenze, non si riuniscono. Noi ci imbattiamo cosi in un mod0 di riunione di cui riconoscianio tutta l’im- portanza; queste riunioni d i piante, che sono mantenute assieme da un le- game che per loro k esterno, che vivono assieme senza essere associate, senza che la presenza dell’una induca la presenza dell’altra ed inversamente, cu- stituiscono altrettanto Folle (Foules) (sott. nostra). L a Folla k dunquc un aggregato che differisce dalla Colonia per il suo determinismo; essa corrisponde alla riunione d i individui estranei gli uni dagli altri che sono attirati e trattenuti da influenze indipendenti per ciascuno d i essi. Bene inteso gli individui cosi riuniti interagiscono; tuttavia questa interazione non crea un legame, non l i associa in alcun modo, essa t? a1 contrario la con- seguenza del loro rauuicinamento (sott. nostra). I1 raggruppamento cosi costituitosi k, per dire COG, artificiale. quindi singolare il constatare che certi botanici considerino le biocenosi come una totalitl, come una spe- cie di superorganismo, le classifichino descrivendo le loro caratteristiche e le loro variazioni e, mentre si tratta d i piante gettate in certo qua1 mod0 alla rinfusa (sott. nostra), si attribuisce a1 raggruppamento che esse for- mano una individualit2 (1. c., 1937, pag. 71-73) )). Ed ancora recente- mente Rabaud scriveva: (( .... le variazioni e le differenze nella distribu- zione, nell’habitat, nel numero relativo, non sono mai (degli individui), definitivi; esse dipendono esclusivamente da condizioni esterne agli organismi e fra di esse il regime alimentare entra raramente in gioco .... ; in ogoi istante le condizioni della vita cambiano, in ogni istante conse- guentemente sorgono nuove possibilitl di permanenza e nuovi rischi di scomparsa. Questi cambiamenti interessanti non hanno ordinariamente che una-scarsa estensione e non esercitano che una azione strettamente limitata. Essi sono tuttavia sufficienti per provocare una distribuzione permanente degli organismi e per modificare le possibilita dell’incontro

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degli aggressori con le vittitne. Gli organismi fissi, piante od animali, subiscono, senza possibilith di scampo tutte le variazioni e, second0 il caso, soccombono o soprawivono. Gli organism0 liberi si spostano e le direzioni chc prendono sono quasi sempre un risultato delle rnodifica- zione dell'ambiente. Poichk ogni specie, ogni individuo che possiede una organizzazione sua propria, non viene trascinato dalla stessa influenza nella medesima direzione degli altri. Quindi la distribuzione che si ve- rifica t un vero chassi-croisi in tutte le direzioni (1. c., 1953, pag. 242).

Ho creduto opportuno trascrivere queste linee, perch; esse prospet- tan0 limpidamente i punti di vista essenziali della teoria individuali- stica delle biocenosi e quindi della vegetazione, clie, con qualche anno di anticipo, andava acquistando credit0 a1 di lh dell'Atlantico ed era del resto enunciata anche in Russia. k anzi interessante ripetere clie, mentre in America l'awiamento alla interpretazione individualistica era stato dato inizialmente dalla combinazione della fisiografia con I'ecologia e ciot dal tenace attaccamento conservato dai naturalisti anglo-americani, diretti discendenti della Scuola di Warming, alla nozione fisiografica dzlla stazione, poi, dall'estendersi della nozione del Conlinuurn uegeta- zionale, dovuta a1 grande sviluppo delle ricerche sulla vegetazione fore- stale e pratense, in Europa, lo stesso obbiettivo veniva prospettato da diversi studiosi, in condizioni differenti d i orientamento e di luogo; la nozione del Continuum uegetazionale (legge della 'indiuidualifd ecologica delle specie di Ramienskji [1926], legge della cosranza relatiua della sfa- zione di H. e E. Walter [1953]; principio della pluridimensionalitd delle as- soriazioni [Gams 1918, Sukatchev 1932,1934)) e la consecutiva applicazione alla interpretazione della composizione delle fitocenosi, del valore ecolo- gico dcll'areale delle specie, ed infine I'applicazione alla sinecologia bo- tanica dei risultati delle osservazioni eseguite dagli ecologi zoologi su di un materiale del q w l e potevano essere utilmente essere presi in conside- razione, a vantaggio della sinecologia generale, i caratteri di sorniglianza e di differenza rispettiva delle reazioni ecologiche delle piante e degli animali.

Quanto alle critiche alla dottrina individualistica di Rabaud e Picard, Giacomini e Sacchi afferrnano che Grass6 (O6), che avrebbe fatto distinzione fra sssociazione e raggruppamento, senza negare la prima, specialmente nel caso dei vegetali, insista poi percht si prendano in consideratione

(06) GRASSB P. P., 1929. Les mithodes de la phytosociologie sont-elles applicatles a l'htudc des groupements animaux? C . R. des Seinces de la SOC. de Biogt!ographie, n. 48: 57-61. - IDEM, 1950. Biochnotique el phinomine social. L'Ann6e Biolo- gique. 55 (2): 153-160.

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soprattutto raggruppamenti in funzione del mezzo e della storia dell’am- biente, prendendo con ci6 posizione soltanto contro gli abusi della fito- sociologia. Ma Grass& nella sua nota del 1929, dice precisamente che: i metodi fitosociologici, dei quali noi abbiamo fatto personalmente l’espe- rienza, danno alla zoologo il mezzo pratico di stabilire, di caratterizzare sommariamente, una fauna e nulla pid )) ( e pid avanti: (( L’abuso della statistica da talora a1 naturalista una idea falsa del raggruppamento, accor- dando a questo una specie d i personalitci che esso non possiede (sott. nostra). I1 raggruppamento non esiste che in funzione dell’ambiente, della storia geologica del paese; esso k in perpetuo squilibrio, si fa e si disfh per ce- dere il posto a un altro. Come potrebbe la statistica render conto di una evoluzione, spesso molto rapida? Essa corrisponde ad un momento, ad uno stat0 preciso, ma non esprime,nk il passato, nk l’avvenire d i quel com- plesso biologic0 che d un popolamento animale. I1 fitogeografi, a qualunque Scuola appartengano, hanno compreso la necessitci d i sfuggire all’impero sterilizzante dei mezzi puramente statistici (sott. nostra). Essi hanno quindi creato una sociologia genetica, il compito della quale i: quello di mettere in valore il comportamento dinamo-genetic0 delle specie e la loro succes- sione (p. 60); E pid recentemente conferma : (( D a quanto d stato pre- cedentemente esposto, deriva, con la massima chiarezza, che k abusivo il parlare d i sociologia vegetale o d i m a fitosociologia, perchk non possono esserci associazioni dipiante, organismiprivi d i recettori sensoriali e di organi d i movimento. S e la scienza d un linguaggio ben fatto, essa deve tendere ad eliminare dal suo vocabolario i termini d i sociologia vegetale e d i fito- sociologia i quali si riferiscono a studi che sono relativi allo stato sociale )) (sott. nostra) (pag. 158). Altro che prendere posizione contro gli abusi della fitosociologia! Degli altri obiettatori citati da Giacomini, H. Humbert non avrebbe rilevato altro, se non che il punto di vista dei botanici sulla associazione non concorda completamente con quello di Picard (1. c., pag. 9), ma questo punto di vista non e stato precisato. P. Chouard ha affermato che l’associazione vegetale non sussiste quando non si verificano alcune regole statistiche, quali la possibilita di determinare un areale minimo, la presenza di specie costanti e di specie caratteristiche, ecc. ma che, in tal caso, essa costituisce un fatto obiettivo. Aggiunge che k impossibile separare le associazioni dalle societa vere e proprie co- stituite .dagli esseri viventi (biocenosi,parassitismo, simbiosi, ecc.), perchk esistono fra di esse transizioni. Ogni specie modifica, poco o molto, l’ambiente che la circonda,cosiccht tutte le specie sono pid o meno inter- dipendenti, come awiene nel caso della maturazione del terreno delle

(*’) GRASSB P. P., op. cit.

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stazioni montane per opera delle specie pioniere, in quello della crea- zione di un ambiente nuovo nelle torbiere e cosi via. Infine le popolazioni eterogenee che non hanno il carattere di una associazione, sono insta- bili e’sotto l’influenza di alcune specie preponderanti o persino dell’am- biente fisico, evolvono rapidamente verso la costituzione di una associa- zione. 11 numero delle associazioni dalla composizione floristica definita e relativamente costante, I: dunque limitato ( 98).

Noi disponiamo fortunatamente, per giudicare del valore di queste obiezioni, di un lavoro quasi contemporaneo di Chouard (:g) nel quale egli, per dimostrare come, mediante l’analisi statistica, sia possibile sta- bilire, in un popolamento vegetale, una distinzione fra associazioni e raggruppamenti accidentali od eterogenei, prende le mosse da tre pre- messe. La prima I: quella della omogeneita o rispettivamente della di- scontinuitP dell’ambiente e della associazione. Nel primo caso, nessun punto della stazione I: previlegiato ed il caso solo regola la distribuzione delle specie che la popolano, cosicchk, dovunque noi incontriamo le medesime proprieta statistiche e le medesime specie, siamo autorizzati a concludere che i fattori della distribuzione delle piante solo gli stessi e che essi sono distribuiti ugualmente su aree che possiedono papola- menti simili. Nel second0 caso, l’analisi statistica confermata dalla espe- rienza, ci dimostra che, fra le popolazioni che possono venire considerate come (( individui di associazione )) (comunitA), non pub venir definito che un numero limitato di tipi di composizione, i quali, inoltre, mancano di forme intermediarie; fatto che ci permette di considerare oggettivamente le associazioni, come tipi di popolazioni vege‘tali. Quanto alla origine di questo isolamento di tipi, che si verifica malgrado che i caratteri del suolo sottostante, della esposizione, della altimetria, presentino, gli aspetti piG diversi, essa deve anzitutto venire attribuita ai fattori geografici e storici, quali l’influenza semplificatrice della azione dell’uomo attraverso l‘iden- tit2 del govern0 forestale od alla composizione ristretta della flora pros- sima alla origine del popolamento delle aree scoperte (Gleason, 1917); inoltre, indubbiamente, alla azione modificatrice della stazione da parte di talune specie vegetali, che creano esse stesse il lor0 ambiente. Ta- lune specie dominanti, pioniere od edificatrici della associazione, possie- dono poi spesso una larga tolleranza ecologica, che consente lor0 di installare i medesimi raggruppamenti in condizioni di stazione originaria-

(9 CHOUARD P., 1932. (Obiezioni a PICARD F. nella discussione alla SOC. de BiogC- graphie n. 70 dei Compte rendu, pag. 9-10).

(Bg) CHOUARD P., 1932. Associatiom’ vigitales des forits de la Valle‘e de L’Apance ( H . Marne). Appl . de la rnirhode statistique ci I’Ptude des groupements des pfantes. Bull. SOC. Bot. France. 29: 617-634.

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mente diverse (J. Frodin, 1921). La seconda premessa presume l’indi- pendenza delle specie e degli individui e quindi, ai fini del calcolo, as i - mila ogni pianta ad un punto. Effettivamente la realta & pid o meno di- versa, in quanto, in primo luogo molte piante costituiscono zolle o pul- vini di una certa estensione, cosicchk il calcolo non fornisce che una prima approssimazione. Inoltre le piante di una associazione non sono assolu- tamente indipendenti od almeno non lo sono tutte, in quanto reagiscono pid o meno le une sopra le altre, attraendosi (?) od escludendosi. La tee- nica statistica delle correlazioni, applicata ai risultati forniti dal rile- vamento diretto, dovrebbe mettere in evidenza questi legami speciali fra le specie e fra gli individui e fatti biologici disconosciuti potrebbero esserne chiariti. La terza premessa infine consiste nella limitazione del materiale floristico e 1’Autore ha supposto, ai fini del calcolo, che un numero limitato di specie fosse disperso su di una area estremamente estesa; quando il primo termine di questa combinazipne diventasse molto grande ed il second0 molto piccolo, non potrebbero infatti pid venire constatate le medesime probabiliti. Ora la condizione necessaria perch; appaiano le proprieta statistiche della associazione, 2: evidentemente rea- lizzata -nei paesi settentrionali, dove la flora conta poche specie soggette a condizioni ambientali estreme, le quali dispongono di un larghissimo spazio; ‘0 nelle regioni montuose della zona temperata boreale, ove il clima rigoroso e le glaciazioni hanno esercitato una severa eliminazione di specie. Ma la condizione arrischia di non poter pid essere adempiuta, per esempio nel caso delle foreste tropicali primitive, dove le specie della flora sono molto numerose, oppure in certi ambienti circoscritti ad arec troppo ristrette, nei quali diventa molto difficile mettere in evidenza le as- sociazioni. Queste considerazioni spiegano, perch; certe associazioni di alcuni Autori siano giustamente criticabili, in quanto risultano essere con- cezioni arbitrarie, invece che apparire imposte dai fatti (H. Chouard, 1. c.).

Riteniamo che, malgrado 1’Autorith dell’opponente, queste obiezioni non bastino a contestare la legittimiti di una interpretazione individua- listica della vegetazione. La discontinuita delle associazioni e degli am- bienti e la riducibilita della composizione degli individui della associa- zione a pochi tipi, non collegati da combinazioni intermediarie, possono venire logicamente spiegate, da un lato mediante la riduzione del nu- mero-delle specie - ed ogni specie corrisponde ad una forma biologica distinta - che, conseguenza della concorrenza vitale, rappresenta un fenomeno noto e normale dell’assetto della fitocenosi; dall’altro, dalle conseguenze sulla vegetazione delle modificazioni che la vegetazione stessa induce nell‘ecologia della stazione, grazie all’azione delle specie dominanti o per l’accumulo nel terreno dei detriti della vita vegetale.

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Anche all’influenza dello sfruttamento e del govern0 stesso a1 quale l’uomo assoggetta, per ragioni economiche, la vegetazione spontanea od alla sostituzione di quest’ultima mediante una vegetazione culturale, possono tener dietro fatti di infiltrazione di nuove specie nelle fitocenosi cosi ri- costruite, di degradazione pib o meno pronunciata e rapida della vegeta- zione in posto, di spostamento nella dominanza o nella proporzione delle specie, di perdita o di riacquisto di protezione per le specie relitte della vegetazione precedente, tutti difficilmente spiegabili quando non vengano ricondotti alla norma della biologia delle singole specie e della loro speci- fica tolleranza delle condizioni ambientali, e quest’ultima, come dimostrano anche le citate osservazioni di Walter, deve essere molto prudentemente valutata. I raggruppamenti apparentemente analoghi della composizione floristica, la proporzione rispettiva delle specie e la fisionomia, quali si osservano in stazioni a primo aspetto identiche, richiedono una analisi molto accurata, il resultato della quale t spesso la ‘constatazione che, nelle condizioni fisiche del substrato o nell’assetto e nella composizione stessa del popolamento, si sono verificati fenomeni di compensazione, che hanno reso possibile una convergenza analoga di specie, la quale trova, nella analisi minuta del fenomeno, le sue giustificazioni ed t del resto, molte volte, pili apparente che reale, E poi difficile, in queste con- dizioni, comprendere come gli individui di una popolazione, date le ca- ratteristiche fondamentali della vita vegetale, possano non essere, in tutto od in parte, autonomi; ma se si comprende come la concorrenza vitale possa portare e porti, nel corso dell’assetto della fitocenosi, all‘esclusione di specie, t difficile rendersi conto in qua1 mod0 specie vegetali possano essere ritenute capaci di (( attrarsi )), a meno che i fatti di interdipendenza, quali logicamente devono intervenire in ogni fitocenosi, sia pure tempo- raneamente equilibrata, e che non sono evidentemente incornpatibili con l‘autonomia dell’individuo, non vengano erroneamente considerati come fatti di attrazione. Rabaud P O o ) ha insistito, a ragione, anche in un libro recente, sull’abusivo ricorso ai fatti. di concorrenza, che pure vi hanno la loro parte, per spiegare la tendenza del rivestimento vegetale del suolo ad integrarsi pib o meno completamente. Certamente infatti gli individui nuovi, che nascono in sen0 ad una fitocenosi o che vi penetrano sotto forma di disseminuli, non sono inizialmente in grado, a110 stato di seme germinante o di plantula,di concorrere con la vegetazione adulta gih in- sediata e non possono mantenersi nei punti raggiunti, se non occupando e sviluppandosi, in condizioni pressappoco indifese, in una delle nicchie non ancora sfruttate, che esistono o meglio si formano continuamente

(loo) RABAUD E., 1953. Le hnsard et la vie espdces. Paris. (passim.).

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670 NEGRI - in sen0 alla biocenosi, esposta all’inevitabile decadenza alla quale, prima o poi, soggiacciono gli individui che la compongono ed alla successione, parimenti ininterrotta, delle modificazioni elementari del suolo. e in questa vicenda di innumerevoli episodi ecologici e biologici che si ri& sume la vita della biocenosi e che si mantiene la permanente possibilita di variazione nella composizione e nelle proporzioni floristiche dei popo- lamenti vegetali e di ecesi per i nuovi invasori, che approdano alle stazioni. Ma anche queste trasformazioni si risolvono in una somma di reazioni individuali. L’installarsi di una interdipendenza fra le piante, natural- mente dotate di mezzi numerosi e variati di sfruttamento delle condizioni stazionali fisiografiche e biotiche, ciok insomma di accaparramento spa- ziale, non ha nulla a che fare con fenomeni di interattrazione che, nella vita delle metafite, non esistono. Non crediamo che la tecnica statistica, per quanto raffinata, possa mettere in evidenza, in condizioni simili, le- gami sociali di nessuna natura, stretti o lenti, nk rivelare fatti biologici sconosciuti, che smentiscano la condizione fondamentale di autonomia del sistema individuo vegetale-ambiente. Mi sembra si possa dire qui, citando alcune linee di Pavillard che .... ((realizzata in tutta la sua pie- nezza, la composizione di una associazione k costituita da un assieme di specie, la coesistenza delle quali dipende, non soltanto dalla unifor- mita, ma dalla diversit2 delle esigenze specifiche, che trovano la lor0 soddisfazione, sia nelle condizioni proprie dell’ambiente, sia nelle con- dizioni determinate dalla presenza di altre specie. Questa cdmbinazione equilibrata di ecologie specifiche, piir o meno eterogevee, associata agli effetti del comportamento dinamogenetico delle specie, rappresenta la ra- gione perentoria, irrecusabile, della coesione interna e della interdipen- denza, per non dire della solidarieta (?), che differenziano le 2ssociazioni vegetali autentiche stabilizzate, dai raggruppamenti occasionali, pih o meno fortuiti, fragili ed effimeri)). Non si pub dir meglio e possiamo sotto- scrivere a queste linee, se 1’Autore ci consente di riconoscere in questo sistema (( nel quale non esiste nulla di evoluto, di concertato, di prede- stinato e neppure null’altro dovuto a1 caso )) se si eccettui I’afflusso dei disseminuli che alimentano l’accrescimento e la conservazione della co- munitA, un fatto di giustapposizione fra organismi, la coabitazione dei quali & resa possibile dall’uniformita e dalla diversita stessa delle loro esigenze- ecologiche. Quest’ultima condizione ci sembra l’unica base lo- gica che la natura presenti; che cosa ci offre in sua vece Pavillard? Quale k il problema filosofico della associazione che egli ritiene si possa consi- derare come risolto in mod0 soddisfacente?

Non altrimenti si deve concludere quando si voglia rendersi conto del fatto che le proprieta statistiche delle associazioni vegetali si mani-

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festino nettamente soltanto nelle flore povere dei paesi soggetti ad una combinazione di fattori ambientali estremi. Evidentemente la possibilita del manifestarsi di caratteri associazionali riconoscibili, caratteri che sono dovuti a combinazioni di specie, 2: legata alla limitazione della possibilith di tali combinazioni e‘ quindi alla facilita della loro ripetizione; mentre laddove il corredo di specie delle comunita t molto ricco, la varieth delle combinazioni possibili diventa grandissima ed il ripetersi del medesimo raggruppamento proporzionalmente molto raro. (Ma i: ben noto come basti che, anche in questo caso, un fattore ambientale predomini assolutamente, percht la comunith si precisi). E difficile quindi trovare per questo fenomeno, una spiegazione diversa dal libero mescolarsi, an- che in condizioni diversissime degli individui della flora, in stazioni che presentano un certo numero di condizioni idonee per tutti gli individui, componenti la popolazione vegetale.

Passiamo ora alle obiezioni di Prenant (Io1) il quale ritiene Vera, in linea di principio, l’opposizione fra la condizione di associazione e quella di raggruppamento e ritiene quindi giustificato il sostenere, contraria- mente all’opinione di Picard, la possibilith di tentare in taluni casi la defi- nizione e l’analisi dell’habitat mediante quella del raggruppamento vege- tale corrispondente. Abbiamo veduto gih come la posizione di Picard, a parte l‘equivoco della nomenclatura, consista nel distinguere netta- mente gli aggregati incoerenti ( f O U k S ) , quali egli considera tutte le co- munith vegetali, da quelli nei qua1.i gli individui siano legati da interatratta- zione,e tali non possono essere che le comunita animali. Prenant aveva gih, a1 momento delle discussioni con Picard, una visione esatta del ter- mine di biocenosi, e lo preferiva a quello di associazione, che designando un raggruppamento di specie caratterizzato da una composizione siste- matica determinata, relativamente costante nell’ambito di una data area, corrisponde, nell’interpretazione ormai diventata abituale, ad una no- zione floristico-statistica e, grazie a1 suo significato letterale, implica l’at- trazione reciproca degli organismi. Invece il termine di biocenosi (fito- cenosi, zoocenosi = comunith vegetale od animale) corrisponde ad un concetto ecologico (1933, pag. 20-21). Effettivamente la biocenologia non pu6 fare a meno di appoggiarsi, oltre che sulla analisi statistica, anche sulla ecologia e noi stessi abbiamo gih insistito sul principio che; poicht ogni individuo vegetale, in quanto possiede, come qualunque organismo, esigenze ambientali specifiche, i: un indice ecologico. Le due nozioni delle quali i: stata tanto discussa la. posizione reciproca, quella di associazione

(101) PRENANT M., 1951. Les intitactions en biocknotique. L’Annie Biologique. 55: 143-151. - IDEM, (Nota 94).

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(statistica) e quella di formazione (ecologica), non rappresentano che due aspetti della sinecia (lo:). L’analisi statistica infatti, non ci informa sulla causalit3 della costituzione della biocenosi, pure non negandone, come si comprende, il determinism0 ambientale. Essa diventa del resto indispen- sabile quando si tratti di generalizzare fatti isolati, cib che t inevitabile per la ricerca causale; ma non ci fornisce che indicazioni di probabilita. Interviene allora l’analisi ecologica, la quale consente una certa appros- simazione alle cause della costituzione della comunita; ecologiche infatti sono le nozioni di biocenosi, di sinusia, di preadattamento, di correla- zione, e, come osserva Prenant, lo t la stessa scelta prowisoria delle co- munita (individui di associazione) da assoggettarsi a110 studio, che noi facciamo fondandoci sulla fisionomia della vegetazione. Ecologia e sta- tistica sono quindi strettamente connesse, benchk il lor0 collegamento risulti praticamente molto empirico nei rilevamenti che facciamo delle comunita e negli spettri biologici delle associazioni (1933, pag. 186-188). Effettivamente il calcolo delle probabilita dimostrerebbe l’esistenza di uno stato armonico nelle flore e nelle faune; basta infatti la penetra- zione di una specie nuova in un raggruppamento stabilizzato di piante o di animali o la scomparsa di m a specie da una comuniti, perch6 (osser- vazione e calcolo), I’equilibrio originario sia sostituito da un assetto nuovo, pih o meno diverso dal primitivo. Inoltre le fitocenosi presentano, in ,condizioni indisturbate di ambiente, una tendenza a ricostruire automa- ticamente l’assetto primitivo; ma non bisogna pensare che si tratti di un process0 analogo alla ricostruzione autonoma di un organismo, percht il ristabilirsi dell’equilibrio di una associazione t condizionato dalla per- sistenza delle condizioni fisiche e biologiche che l’hanno determinata primariamente. Anche il dinamismo della associazione t determinato dalla ecologia dei suoi individui, tanto t vero che,sui limiti dell’area ri- coperta dalle singole comunita, si incontra costantemente una zona di contrast0 (ecotono) in corrispondenza della quale il fattore o i fattori preponderanti dell’ambiente interferiscono con quelli dell’ambiente della comunita contigua, creando una condizione di instabilita ecologica, che t naturalmente risentita diversamente dalle diverse specie presenti. Con- statiamo dunque, come, tanto il meccanismo della stabilia, quanto quello della integrazione e disintegrazione della comuniti, anche second0 i cri- teri di Prenant, entrino in gioco soltanto a1 livello individuale, cib che sottintende che sarebbe illusorio il pensare ad una reazione totalitaria della comunita, aggregato eterogeneo, all’ambiente stazionale a sua volta eterogeneo. Una volta di pih inoltre, ci troviamo qui di fronte alla irre-

(lo?) HUGUET DE VILLAR R. cfr. Sur la rnirhode ecc. (Nota 4).

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ducibiliti della biologia vegetale a quella animale e ricorre spontanea alla mente la qualifica di divergente che (Io3) Bergson ha applicata alla biologia dei due regni. Data l'immobiliti dell'organismo vegetale, le due nozioni, cosi feconde per la fitocenologia, di specie edificatrice e di specie domi- nante (e rispettivamente subordinata) indicano situazioni affatto parti- colari, che, solo eccezionalmente ed incompletamente, trovano corrispon- denza nel mondo animale; situazioni che, in forma generale, corrispon- dono all'azione esercitata singolarmente dagli individui di una specie, alla creazione, in una' stazione fisiografica, di un ambiente bioticamente nuovo o di inserzioni, parimenti individuali, in questo ambiente, di immi- granti, i cui disseminuli non avrebbero potuto raggiungere la lor0 ecesi nella stazione fisiografica originaria; fenomeni anche questi eccezionali per il regno animale.

Combinando queste conclusioni con quelle piti recenti di Gisin (197) , di Rabaud e di Prenant ci sembra possibile stabilire in mod0 pressap- poco soddisfacente, il valore dei tre concetti discussi - ~ o I I Q , biocenosi, associazione - L'ultimo di essi - associazione - pub essere lasciato da parte da noi, in quanto la nozione di interattrazione sulla quale si fonda, non I: neppure pensabile nel caso dei rapporti che i vegetali hanno fra di lor0 e neppure, almeno in senso bilaterale, in quello dei rapporti che intercedono fra gli individui di due regni, vegetale ed animale, nel bioma. Rimangono gli altri due concetti - folla e biocenosi - che possiamo, senza scostarci troppo dagli enunciati degli Autori sopra citati, definire nei termini seguenti: 1) foZ2a k la riunione fortuita di un certo numero di organismi (nel nostro caso vegetali) convogliati passivamente ed indi- pendentemente dagli agenti disseminatori in una stazione comune, su- scettibile di offrire lor0 le condizioni necessarie e sufficienti per lo svol- gimento del lor0 ciclo individuale; non presentanti nessuna relazione diretta fra di loro, mantenuti assieme esclusivamente dalla influenza delle con- dizioni esterne e sino a che esse rimangono inalterate e quindi costituenti un raggruppamento temporaneo. 2) biocenosi, 2: la riunione fortuita di un certo numero di organismi (nel nostro caso vegetali - fitocenosi), con- vogliati passivamente e indipendentemente dagli agenti disseminatori in una stazione comune, suscettibile di offrire lor0 le condizioni necessarie e sufficienti per lo svolgimento del loro ciclo vitale; costituenti nella sta- zione una copertura vegetale chiusa e relativamente stabile del suolo, in quanto, in condizioni stazionali immutate, le sue perdite individuali, dovute a1 ritmo vitale dei singoli individui od a cause occasionali lesive, fra le quali pub essere annoverata anche l'eventuale concorrenza indivi-

(Irn) BERGSON H., 1928. Buofution Criuatrice. Paris, pag. 115 e segg.

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duale, vengono automaticamente compensate dal moltiplicarsi degli in&- vidui adulti o dall’aff lusso di disseminuli dall’esterno, ed assestate per lo stabilirsi fra i suoi individui di interrelazioni, che non rappresentano tuttavia null’altro che I’inserzione dei nuovi venuti in spazi vuoti e non turban0 1’ autonomia dei suoi individui gih insediati; ecoidi affiancati, su ciascuno dei quali il complesso della vegetazione non esercita la sua in- fluenza che a titolo di fattore ambientale.

Rimane a vedere sin0 a qua1 punto riesca a Prenant (1. c. n. 101) ed a Gisin (104) di giustificare l’esistenza di una condizione realmente concreta della comunitj, ciot corrispondente ad una reazione totalitaria della fitoce- nosi agli agenti esterni. I1 tentativo pub rigoroso di soluzione del problems t stato l’applicazione del calcolo, quantunque i due AA, di cui riferisco qui sommariamente le conclusioni abbiano ammesso che, la com- plessith delle interazioni t tale che, anche alla lor0 interpretazione fisico- chimica, si oppongono difficoltj parzialmente insormontabili, per la ra- gione che i molteplici fattori ecologici non agiscono isolatamente, ma in combinazione nello spazio e nel tempo. Lo studio delle leggi della popo- lazione ha dovuto quindi essere limitato, sperimentalmente, ai casi pii! facili e schematici, e, mediante l’analisi matematica, partendo dalle ipo- tesi pih semplici. Cosi, quando si prendano in esame popolazioni mono- specifiche, considerandone lo sviluppo in un ambiente illimitato, nel quale i mezzi di esistenza, considerati in senso largo, sono sufficienti ad eli- minare la concorrenza fra gli individui, il loro accrescimento awiene se- condo una legge esponenziale. Ma, nella maggior parte dei casi, l’am- biente t abbastanza ristretto, perchi: lo sviluppo delle specie lo modifichi progressivamente, sia per esaurimento delle riserve alimentari, sia per riduzione dello spazio disponibile, sia ancora per accumulo dei rifiuti. La curva di accrescimento della popolazione, analoga del resto alla curva di accrescimento di un organismo, presenta allora un punto di inflessione ed in seguito, un tratto finale appianato, che non dipende che dalla specie, dalle dimensioni e dai caratteri dell’ambiente, non dal numero iniziale degli individui. Nell’equazione della curva cib pub tradursi nell’introdu- zione di uno o pih termini limitanti, ma il risultato non ha valore assoluto. Sono note del resto le ricerche compiute da Volterra per estendere la soluzione del problema ad un numero qualunque di specie, che si nu- trono le une a spese delle altre o si contendono, in massima, una mede- sima necessith materiale limitata. La scelta dei coefficienti e spesso l’im- postazione delle equazioni, dipendono da ipotesi suggerite bensi dai

(lo’) GISIN H., 1947. Analyses et synthhes biocinotiques. Archiv. des Sc. Phys. et Natur. 152: 42-75. - IDEM, 1951. La biocinotique. L’Annie Biologique. 55: 81-88.

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fatti biologici, ma che sono accomodate in modo da permettere lo sviluppo del calcolo e che spesso, se non si fa attenzione, conducono a conclusioni biologiche aberranti. In queste condizioni si possono tuttavia trarre da questi calcoli nozioni preziose per la lor0 generaliti. Quando non si ha, eliminazione od aumento progressivo di specie, si producono fluttua- zioni attorno a valori medi, ma questi diversi casi, nonchi l’ampiezza delle fluttuazioni, dipendono da coefficienti che corrispondono a parti- colariti biologiche; si precisano cosi queste condizioni e se ne pub apr prezzare l’importanza relativa. L’esistenza frequente di un valore medio, esprime l’esistenza di associazioni che hanno raggiunto una certa stabilid; ma anche l’esistenza delle fluttuazioni b un fatto ben noto in biologia. In taluni di questi casi b chiarissimo che le fluttuazioni sono dovute alla concorrenza vitale e non a fattori esterni direttamente agenti. Le stesse equazioni suggeriscono pure problemi determinati, quale i: quello delle perturbazioni provocate, in un sistema variabile prossimo all0 stato di equilibrio, dall’introduzione di alcuni individui di specie nuove o quello delle perturbazioni delle medie determinate da una distruzione uniforme. Accanto ai fatti osservati in natura ed ai calcoli matematici, tro- van0 del resto il lor0 posto le esperienze di laboratorio, i cui risultati pre- sentano una buona concordanza colla osservazione coi calcoli. In fatto di popolazioni miste le ricerche di Gause e di Teissier, controllano in modo soddisfacente i risultati del calcolo, in quanto concerne l’esistenza di equilibri prossimativi e di fluttuazioni, la variazione del livello di equi- librio consecutiva a1 variare delle condizioni d i ambiente, l’elimina- zione, di certe specie da parte di altre appartenenti alla medesima (( nic- chia 1) ecologica e le conseguenze necessarie dei prelevamenti periodici, fatti senza scelta, dall’insieme della popolazione. Come ha dimostrato Gause questi risultati non sono valevoli che per popolazioni numerose; se per una specie il numero degli individui cade a1 di sotto di un certo valore, il risultato cessa di essere prevedibile e dipende ampiamente da particolari locali e secondari di ambiente. Inutile dire che questi calcoli, fondati su ipotesi necessariamente schematiche, non potrebbero con- servare il lor0 valore nel caso di biocenosi complesse. Le stesse esperienze di laboratorio raggiungeranno esse stesse una complessita sufficiente p,g essere direttamente riferite ai vari casi naturali. Ma I: molto importante che, anche per questa via, si trovi confermata la conservazione dell‘auto- nomia nell’assetto spaziale degli esseri viventi, fondamento essenziale della biocenotica (Prenant nota 94, pag. 146-148).

Come si vede infatti queste deduzioni ottenute attraverso processi ana- litici e che del resto corrispondono, come si i: detto bene, nella lor0 estrema generaliti, ai dati empirici, si riferiscono a casi semplificati all0 scopq

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di rendere possibili calcoli giA di per se piuttosto complessi, senta allon- tanarsi troppo dalla reaha o pifi precisamente, dal comportamento di specie singole, cib che pub essere accolto con maggiore fiducia, in quanta i dati dei problemi sono il risultato di osservazioni dirette, naturali o spe- rimentali. In ogni mod0 ed in tesi generale, non c’& nulla come I’appli. cazione dell’analisi ai fenomeni collettivi della vegetazione e la necessita che’si incontra di limitarsi alla considerazione di casi scelti fra i pid sem- plici e qwlche volta anche di semplificare con decisioni, che sono in ogni m‘o‘do arbitrarie, questi stessi casi, che, pure facendoci apprezzare le possibilith d i orientamento presentate dai procedimenti analitici, consigli m’eglio la massima cautela nel loro us0 e dimostri I’impossibilith di esplo- rare col calcolo l’enorme complessith delle relazioni che debbono svolgersi nel corso della coabitazione delle specie costituenti anche una fitocenosi apparentemente molto semplice. 11 fatto che una quantith di procedi- menti e di censimenti fitosociologici e che la stessa delimitazione di unith di vegetazione, siano praticabili in maniera persuasiva soltanto nei ri- guardi delle comuniti di regioni limitate, dotate di una vegetazione relati- vamente povera e perdano, in larga misura almeno, la loro utilizzabilita nel caso della vegktazione di ’ regioni floristicamente molto ricche e biologicamente molto complesse, quali sono le regioni tropicali, ci con- vince della insufficienza degli artifici pih sottili del calcolo e degli schemi pid rigorosi della ((sociologia)) vegetale ad esprimere, con una approssima- zione soddisfacente, l’estrema varieta e complicazione dei rapporti che in- tercedono fra gli individui, per loro natura irriducibilmente autonomi, delle popolazioni vegetali. Si pub poi immaginare quanto piti grande sia la difficolta di considerare nel loro determinism0 gli ecosistemi re- lativi.

A considerazioni analoghe, quantunque concludentesi nella adozione di un procedimento diverso, & giunto Gisin ( I o 5 ) , rilevando come i me- todi sperimentali, che sono stati tentati per districare i rapporti causali e finali che intercedono fra le specie della comunith vegeta1e.e fra di esse e I’ambiente, non hanno dato risultati soddisfacenti nei riguardi del pro- blema speciale della distribuzione ecologica degli organismi. Gli studiosi sono stati quindi ridotti ai metodi descrittivi, che, in fondo, consistono nel raggruppare i &ti della (( esperienza )) estremamente complessa, che la natura. affronta nella distribu6one degli organismi su piccola scala. Perb una dottrina descrittiva non vale che in quanto il suo sistema sia obiettivo e naturale; e, grazie ai progressi della tassonomia, noi siamo attualmente in grado di ottenere una tale sistemazione approfittando

(lo$) GISIN H. cfr. La biocdnotique ecc. (Nora 104).

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delle correlazioni fra i diversi caratteri e fondando ci& I'ordinamento dei cornplessi rnateriali biologici, su caratteri correlativi. Gisin cita a questo proposito una frase di Tuomikoski (Io6) (1 Se noi vogliam ogiungere a1 raggruppamento naturale del materiale biologico, dobbiamo servirci fondamentalmentc, nella classificazione, di caratteri suscettibili di sud- dividere i rnateriali in gruppi che siano, nello stesso tempo, diversi quanto i: possibile fra di loro anclie nei riguardi di altri caratteri, ma che possiedano nello stesso tempo,per conto proprio, molti caratteri comuni N. Non esiste altro ~nezzo piii sicuro per la scoperta di tali basi idonee di classificazione ... della ricerca delle correlazioni iritercedenti fra i diversi lineamenti della vegetazione in esame (Gisin 1951). Le correlazioni della distribuzione ecologica delle specie, per evidenti che esse siano, non sono mai assolute; esse definiscono affinith naturali fra i popolamenti e per- mettono di disporli in serie, in modo da rawicinare fra di loro quelli che concordano per maggior numero particolarith. Risultano, nel com- piere questa operazione, innumerevoli discontinuith relative, ma esse sono vaghe,comprendono entith di tutti i gradi,senza che nessuna di esse assuma maggiore importanza dclle altre, in mod0 che sarebbe impossibile deli- mitare unith biocenotiche fondamentali. Bisogna allora, a seconda delle necessiti pratiche, ammettere parecchi ordini di grandezza adatti agli oggetti considerati ed a1 fine ch'e ci si propone. Una sola classificazione generale dellc biocenosi, fondata su tutti gli organismi che le costituiscono non pui, essere che una semplificazione convenzionale.

I1 significato del metodo delle correlazioni I: chiaro: la distribuzione correlativa di una specie per rapporto con un altra specie o per rapporto ad una certa condizione stazionale, denota affinith ecologiche evidenti. Poich? & relativamente pili facile eseguire rilievi di popolamenti, che non conoscere i fattori dell'arnbiente fisico e la loro influenza ecologica, le migliori diagnosi differenziali per un sistema biocenotico sono quelle fondate sulle specie negativamente correlative, od in altre parole, sulle specie ecologicamente sostitutive (vicarianti); i botanici, aggiunge Gisin, le hanno designate molto bene come (1 specie differenziali n. Se si dispon- gono in serie i popolamenti rilevati, second0 la norma delle specie dif- ferenziali, riesce spesso facile il riconoscere il fattorc correlativo respon- sabile di queste seriazioni. Ma i fattori dorninanti non sono gli stessi per i gruppi di specie di una fitocenosi; anzi'risulta dall'esperienza, che le correlazioni fra specie differenti non sono coordinate. Ogni fattore

('On) TUOMIKOSKI R., 1947. Untersuchungcn uber die Untervegetation der Bruchrnoore in Ostjinnland. I. Zur Mdthodik der pjlanzcnzociologischen Systernatik. Annales Botan. SOC. Zoolog.-Botanic. Fenniae. Vanamo. 17 psssirn

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che varii indipendentemente, ammette una seriazione lineare diversa e siccome lo spazio di parecchie dimensioni non ci k accessibile, Iioi non abbiamo altro partito chc quello di descrivere le biocenosi per mezzo di tanti scherni lineari quanti riteniamo opportuni. In questo mod0 ]’in- ventario biocenotico intrapreso a norma di concetti naturali, conduce alla determinazione dci fattori doniinanti. L’adottare criteri od inqua- dramenti prestabiliti t voler pregiudicarc la parte rappresentata da quc- st i fattori (Gisin, 1951, pag. 81-83).

Come si vcde anche Ic obiezioni opposte alla interpretazione indi- vidualistica di Rabaud e Picard, si appoggiano su fatti d i ecologia delle singole specie o meglio degli individui che le rappresentano nella fitoce- nosi. Ma il calcolo della proporzionalith trorica delle specie c della orno- gencit.? della loro distribuzione nella stazione i: eseguito su casi arbitraria- mente scelti ed, in ogni niodo, estremamente semplificati; il rilevamcnto delle correlazioni non I: attuabile che, singolarmente, per le re!azioni in- tercedcnti fra due specie o fra una specie ed i rispettivi fattori ambientali ed anche questo, per qilanto limitato alle correlazioni pic cvidenti, data la necessith di rcndersi conto dei rapporti che la specie presenta even- tualniente anclie fuori dei limiti della fitocenosi considerata, conduce fatalmente alla constatazione della pluridimensionaliti dell’associazione, riducendo la fitocenosi ad un fenomeno piii o meno transitorio di coin- cidenza d i arec, del quale pub esscre descritta una fase (quella che vienc presentata come associazionc), con la riserva che, in fasi precedenti ed in fasi successive, l’associazione non potrh essere che pili o meno diversa dalla descrizione fitosociologica, diversa nella fisionomia, diversa nei rap- porti delle sue specie, che non possono quindi venire interpretati che attraverso il dinamismo individuale e ciot attraverso I’assetto che assu- mono, nella stazione e fra di loro, gli ecoidi che esse hanno costituito.

Una concezione corretta delle unit) della vegetazione che i: disgra- ziatarnente stata comprornessa, come si t detto altrove, dalla inopportuna disgiunzione delle tre unit.? elementari della vegetazione - stazione associazione, formazione - compiuta nel Congresso Internazionale di Bruxellcs, i: relativamente antica, tanto che, come ricorda Flahault (cfr. nota 40), ne troviamo traccia in A. P. D e Candolle (1820). Ma Flahault stesso ci ha lasciato la sua definizione dell’associazione vegetale (1 WOO), molte volte citata, ma altrettanto trascurata dopo la pubblicazionc del Codicc del 1910, che i: anche l’atto d i nascita della fitosociologia.

Come rnai questa bcllissima definizione, conipleta nelle sue linee essenziali, ha potuto essere smembrata da un consesso di Maestri quale k stato il Congresso del 1910, e consenziente il suo stesso Autore? La tradizione ne t perb rimasta in Francia. Cosi Sorrc poteva scrivere riel

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1913 (ao7): ((La geografia biologica t meno per noi il complesso delle discipline relative alla localizzazione delle diverse forme di vita, che la conoscenza di queste forme, in quanto esse si determinano mutualmente in un punto determinato dello spazio (pag. 6)4 Preoccupazioni esclusi- vamente biologiche rendono anche ragione della nostra attitudine nei riguardi della morfologia. E bensi esatto il dire che tutti i fenomeni bio- logici stanno in dipendenza diretta dalle forme del terreno e che queste alla Ioro volta rimangono inintelliggibili sino a che non i: stata analizzata la genesi .... si osserva tuttavia che non esiste alcuna misura comune fra la rapidith dell'evoluzione dei generi della vita e la velocith della tra- sformazione del rilievo. Non occorre di pic percht noi siamo autoriz- zati .... a considerare le forme del terreno come date una volta per tutte. Noi non terremo conto della evoluzione del rilievo che nella misura in cui il cambiamento delle forme si riflette attualmente sulla attivita vege- tale ....; questa misura t liniitata (t sensibile qui la coincidenza con la distinzione dei tre cicli della vegetazione, stabilith pochi anni prima da Cowles - ciclo climatico, ciclo topografico-edafico, ciclo biologico, Nota dello scrivente) (pag. 8) .... : I fenomeni di endemismo stesci sono fenomeni geografici di primo piano e la lor0 conoscenza i: indispensabile alla critica metodica degli aspetti della vegetazione. Soltanto, nello stato attuale delle nostre conoscenze almeno, i fenomeni di endemismo ci ap- paiono piuttosto come i termini estremi di una serie,che come i punti di partenza di un complesso di azioni e reazioni biologiche (pag. 9) .... Tutte le idee di un biogeografo si ricavano dalla contemplazione del pae- saggio; bisogna trovarsi in sen0 alla natura per sentire il ritmo della sua vita (pag. 10) D.

Una teoria pii! completa dal punto di vista fitocenologico i: poi stata svolta,sempre nello spirit0 .di Warming e di Flahault, che sono stati i due pionieri della interpretazione ecologica della vegetazione in Europa, da H. Gaussen (Io8), il quale, coll'intento di assicurarsi il fonda- mento pid oggettivo possibile, ha preso le rnosse dalla nozione di (( sinecia )), coabitazione individualizzata e ciot unificata e delimitata di piante, pro- posta, come abbiamo gih riferito, E. Huguet del Villar ('"), come punto di partenza di qualunque considerazione su aggregati di individui vege-

(107) SORRE M., 1913. -Les Pyrinies Miditerraniennes. Etude de Ge'ographie Biologique. Paris. Introduction, passim.

(lo*) GAUSSEN H., 1926. Vigitation de la moitid orientale des Pire'nles. Paris. Introduc- tion, passim. - IDEM, 1951. L e dynamisme des biocinoses vhgltales. L'annke Biologique: 55: 89-102. - IDEM, 1954. Ge'ographfe des Plantes. cfr. Les Grou- pements de pfantes, pag. 102-151.

(Iw) HUGUET DEL VILLAR H. cfr. sur la me'thode ecc. (Not3 4).

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tali: La nozione di associazione nasce per il confronto floristico di sinecie presentanti la medesima fisionomia ed occupanti stazioni affini in un determinato territorio, dal quale confronto risulta 1’ impossibilith di tro- varne .in natura due perfettamente uguali; e trova la sua attuazione riel riawicinamento delle comuniti che presentano una fisionomia uniforme, una composizione floristica simile, con un nucleo di specie Caratteristiche comuni ed una condizione stazionale parimenti uniforme. L a coabita- zione delle specie che costituiscono questi raggruppamenti non 6 accompa- gnata da alcuna jorma d i collaborazione a vantaggio comune e la condiziom dei singoli individui dipende da fat t i d i concorrenza, ma forse, piii /re- quentemente, da semplice occupazione d i spazio disponibile (sott. nostra). Quanto pii! poi l’ambiente t uniforme, gli areali delle specie sono vasti, la miscolanza con specie appartenenti a comunith contigue, poco fre- quente, la flora del raggruppamento t povera, ed i limiti sono netti, mentre nella condizione opposta, di ambiente molto variabile, areali ristretti, facile interferenza fra le florule delle comunith affiancate, la flora t ricca ed i limiti confusi, malamente definibili. Con l’aumento della vastith del territorio considerato poi, i caratteri fisionomici si man- tengono su di una estensione incomparabilmente pii! ampia di quelli floristici, indicando una diffusa uniformith della ecologia, mentre la flora gradualmente varia; ed i confronti fra fitocenosi largamente disgiunte nel territorio, vengono stabiliti non in base a specie comuni, ma a specie vicarianti, cioi analoghe nelle esigenze ecologiche ed anche sistematica- mente affini, ma non identiche.

Fonte di equivoci sulla natura delle associazioni t poi il confronto che si t voluto stabilire fra la specie, intesa come totalita di individui geneticamente collegati e limitati ad un’area, nell’ambito della quale le condizioni ambientali che la specie esige sono armonicamente attuate, e l’associazione, aggregato eterogeneo di individui appartenenti a specie diverse, l’areale delle quali interferisce in corrispondenza di una deter- minata stazione - che & quella della associazione - idonea allo sviluppo degli individui stessi, i quali possono d’altra parte differire nei parti- colari rimanenti della lor0 ecologia, partecipare alla costituzione di altre associazioni e non presentare fra di lor0 nessuna affinith sistematica. Sotto questa forma percib la fitocenosi, intesa come semplice sinecia pili o meno prossima a1 suo stato di integrazione, pub essere ritenuta dotata di una iealtA obiettiva, facilmente riconoscibile in natura come un fe- nomeno che ha le sue leggi e la sua durata e che, per comodith di studio, pub anche essere considerata astrattamente (ci& i suoi molteplici cam- pioni possono essere idealmente ridotti ad un tipo), tanto in senso flori- stico (statistica della associazione) quanto in senso ecologico (fisionomia

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della formazione), Gaussen rileva anzi come la mancanza di concretezza della associazione, quale essa viene presentata . in via floristico-stati- stica, pub essere dimostrata anche dalla considerazione, che le specie che ne costituiscono il nucleo caratteristico, che, secondo la dottrina montpellieriana, dovrebbe essere l’espressione della sua . ecologia, non presentano areali coincidenti almeno approssimativamente od almeno sufficientemente concordanti per suggerire un rapport0 storico fra di lor0 superiore a quello che le specie corrispondenti presentano’ con le altre coabitanti nella stazione e che non possono essere Considerate come caratteristiche.

Si t poi gih accennato alla tendenza della fitocenosi a variare ciot a1 suo dinamismo. Sotto questo aspetto Gaussen adotta, in massima, la dot- trina successionista degli autori di lingua inglese, nella forma policlimacica che oggi t la pih diffusa. I1 climax t per lui uno stadio della biocenosi che si mantiene inalterato per un tempo che pub essere anche assai pit3 lungo di una vita umana; per inalterato s’intende la permanenza dei principali tipi biologici, delle specie che li rappresentano, e le modifi- cazioni che le condizioni dell’ambiente subiscono in conseguenza della perennit2 della vegetazione. In generale il climax presenta una maggiore o minore costanza, che riscontriamo contemporaneamente anche nel .suolo, sia che l’evoluzione di quest’ultimo sia ultimata e che esso non sia $1

regolato che dal clima (suolo climatico), sia che esso si sia stabilizzato in uno stato qualunque della sua evoluzione; nel primo caso la succes- sione avra raggiunto, secondo Gaussen, il climax climatico, nel secondo un climax edafico. In quanto poi riguarda la biocenosi, Gaussen ritiene natu- rale e necessario fondarne lo studio su quello delle piante che ne determi- nano la struttura, considerate nei riguardi deI lor0 significato biologico anzicht in quelli del lor0 carattere fitosociologico. Del resto il determinism0 della biocenosi t talmente -complesso che sembra difficile tentarne la spiegazione se non si prendono le mosse da elementi relativamente sem- plici. Sotto questo aspetto gli animali hanno una biologia estremamente varia, evidentemente pih varia di quella dei vegetali, in quanto questi sono per la massima parte immobili ed incapaci di sottrarsi alle influenze dell’ambiente e sono quindi fino ad un certo punto paragonabili, nei lor0 rapporti collettivi, alle collettivita costituite dagli animali fissi, i quali per6 sono mobili nelle loro forme giovanili. La mobiliti dei vege- tali invece t limitata- alla condizione di seme ed t quindi esclusivamente passiva e cessa in coincidenza con l’inizio della germinazione e con la fissazione dell’individuo a1 substrato. fi quindi ammissibile che la con- siderazione preliminare dei vegetali sia necessaria in biocenotica, intro- ducendo nella analisi della biocenosi una prima fasz di chiarimento e

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di ordinamehto delle condizioni biologiche generali (Gaussen 1954, pag. 135-151. passim).

Lo spazio non ci permette di entrare qui in maggiori particolari, Piuttosto desideriamo ricordare, sia pure sommariamente, l’indirizzo adot- tat0 da alcuni altri studiosi francesi che hanno pure preferito alla inter- pretazione floristico-statistica della vegetazione, una interpretazione dins- mica e fondata sulla autoecologia.

Una importanza di primo piano deve essere attribuita alle ricer& di G, Kunholtz-Lordat, che rimontano a1 1921 e durano tuttora. L’Au- tore poteva scrivere giA nel 1923 ( I r o ) : (( I lavori di fitogeografia, che si lusingano di generalizzare, non hanno tenuto conto sufficente dell’ori- gine dei raggruppamenti frettolosamente confrontati. Non basta che i rilevamenti siano eseguiti in stazioni che sembrano simili, per poter essere paragonati. Inoltre occorre che essi appartengano alla medesima serie (vale a dire che appartengano alla medesima successione o ad un medesimo ciclo) )) (pag.206). Qualrhe anno dopo venivano precisate le due nozioni fondamentali, associazione-successione. Non t facile definire la prima che, prowisoriamente, si pub considerare come un raggruppamento pili o meno durevole di specie presentanti le medesime esigenze nei riguardi di uno stesso ambiente, quando ci si debba riferire alla definizione del- I’ambiente interno dei singoli tipi di vegetazione-bosco, prato, ecc. -, pih facile da intuirsi che da esprimere. Effettivamente la tecnica del rile- vamento floristico ci consente di redigere una descrizione rigorosa della comuniti; ma t un procedimento lungo, che precisa bensi la successione sulla carta, ma non vale che per il suo rilevamento e non ne permette la diagnosi rapida sul terreno. L’ideale sarebbe di poter mettere in evi- denza, per ogni associazione, alcune specie cosi strettamente legate ad essa che il loro reperto bastasse a designarla. Ma t noto che le specie ca- ratteristiche delle associazioni, anche quando presentano la maggior fe - deltci possibile, sono soltanto approssimativamente esclusive, sono pratica- mente moZto rare e che sarebbe un grave errore il tentare d i determinare una associazione soltanto in base alle caratteristiche, sia pure esclusive. Bisogna confessare che la nozione d i specie caratteristica, sulla quale sem- brano fondare la loro maggiore speranza taluni fitogeografi, i una ve- duta teorico, la quale, non ha dato sinora che risultati molto magri. Per determinare le associazioni sul terreno non ci rimane quindi che la fisio- nomia che pub essere considerata come la loro facolth pid appariscente, quella percib che consente spesso di scoprirle a prima vista.

La nozione di successione I: pih facile ad afferrare, ma, contrariamente

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(ll0) KUNHOLZ LORDAT L., 1923. Le5 dunes du Golfe du Lion. Montpellier, passim.

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a quella di associazione, non 6 agevole da riconoscersi sul terreno, co- siccht ci si trova di fronte al paradosso di una nozione statica (associa- zione) difficile da comprendere, per quanto composta di fatti facilmente osservabili e di una nozione dinamica (successione) molto facilmente afferrabile, ma la evidenza della quale sul terreno non k immediata ed offre quasi sempre numerose complicazioni. infatti noto che il tappet0 vegetale evolve naturalmente, second0 mo&litA diversissime, verso uno stadio finale, che nelle nostre regioni, t spesso arborescente; bisogna quindi, specialmente nei nostri paesi di civilti antica e di denso popola- mento, tenere stretto conto della azione dell'uomo che pub avere incep- pata l'evoluzione naturale della vegetazione. Cosi, nel caso della vege- tazione forestale, la natura del sottobosco k legata a1 modo di govern0 ancor pi6 che alla natura delle specie sfruttate; t infatti un errore quello di volere fare dipendere sistematicamente una associazione forestale dallo strato dominante. I1 bosco, soggetto ad una regolare manutenzione, ciot quello che quasi sempre nei nostri paesi k oggetto delle osservazioni del fitogeografo, costituisce un ambiente essenzialmente variabile ed t evidente che la vegetazione che riveste il suolo si modifica a seconda di queste variazioni. 11 principio della subordinazione della nozione statica di associazione a quella dinamica di successione, si fonda sul fatto che l'associazione stessa fa parte di una sequenza di fasi e rappresenta anzi uno stadio di riposo pih o meno prolungato, nel corso di una trasforma- zione, che non si interrompe che per l'azione dell'uomo o di una ener- gica influenza ambientale (fisiografica o biologica) e non assume appa- renza definitiva se non per ragioni climatiche (climax climatico) od eda- fiche (climax edafico). L'Autore, che ha gii avuto occasione di affermare la sua preferenza per una interpretazione dinamica della vegetazione, in- troducendo la nozione di ciclo nella storia della vegetazione delle dune, senza pretendere di assegnare alla evoluzione ciclica l'importanza di un principio generale, la ritiene abbastanza frequente per opporla ad una evoluzione lineare della vegetazione che partendo da un terreno vergine si conclude in una fase terminale senza ritorno periodic0 allo stadio anteriore.

Una posizione analoga, anzi pid precisa, veniva poi presa da Kunholtz- Lordat nel 1934 ( I l l ) in una vivace critica opposta a1 (( Prodromo dei rag- gruppamenti vegetali )) del quale la Scuola di Montpellier aveva, l'anno prima, iniziata la pubblicazione. La questione poi veniva ancora ampia-

(l1I) KUNHOLZ LORDAI L. 1934. L'ussociation d Ammophila arundinacea et Medicago marina Braun-Blanquet n'existe pa t . Ann. d'Ecol. Nat. d'Agricolt. de Montpellier 23: 57-60.

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mente ripresa nella recente memoria sui rapporti del tappeto vegetale con i fenomeni attuali di superficie L'Autore non esita nel rilevare le debolezze dell'interpretazione statica e scrive: (( Noi abbiamo osser. vat0 soprattutto il comportamento della vegetazione di fronte ai feno- meni di superficie. Questo punto di vista t dunque diverso da quell0 che porta invece l'indagine sulle associazioni, vale a. dire sui raggrup- pamenti pih o meno stabilizzati, dei quali noi non neghiamo le possibilita, pure pensando, pid che mai, che queste possibilitci sono pih limitate d i quanta non sembrinoammettere certi jitosociologi, a meno che il termine ~associazione~, sia diventando dipendente dalla nozione di equilibrio. Per noi, non potrebbe esservi associazione senza stabilith (con la concessione ragionevole dells qwlifica .di stabiliti relativa) e noi crediamo d i poter dimostrare che, se si determinassero gli indici d i instabilitci con tutta la minuzia che si porta alla ricerca degli indici di stabilitci, si avrebbe almeno altrettante proba- bilitci d i concludere nel senso che la vegetazione 2 in movimento, quanto in quello che la vegetazione 2 (( congelata )I. Soltanto, le opere che ne trat- tano, si mantengono molto discrete a proposito di alcune questioni essenziali, quali (( funzione schermo )I, consistenza e genesi della stratifi- cazione, stadi fugaci e stadi durevoli, longevit3, sintomi caratteristici della evoluzione in senso progressivo e regressivo od anche divergente, ecc. (pag. 13). Lo studio della successione I: considerato generalmente come un corollario pid o meno indipendente da quello della associazione, mentre l'associazione non k, nella nostra economia silvo-pastorale apale , che un caso eccezionale di stabilizzazione di un complesso ininterrotta- mente modificato (pag; 14). I1 grado di continuit3 del tappeto vegetale t un fattore d'importanza dinamica evidente. Quanto pih il tappeto t continuo, tanto minore sarh il numero delle soluzioni di continuiti nella pedogenesi del climax forestale. Ma non si tratta solamente di vasti spazi sprowisti di vegetazione e rispondenti alla nozione di (( radura 11 nel suo abituale significato. I fenomeni di superficie di cui noi studiamo gli effetti, sono essenzialmente distruttori nel tappeto vegetale costituito ed inibitori della sua elaborazione .... Le degradazioni del climax (serie re- gressive) sono generalmente accompagnate da una diminuzione del va- lore del coefficiente di copertura, bencht cii, non sia necessario. Nel corso delle serie progressive, la chiusura del tappeto vegetale, a partire dagli stadii iniziali, forzatamente aperti, costituiti dalle specie pioniere, si fa per mezzo di meccanismi variati,che possono essere ricondotti a due tipi principali, che noi abbiamo qualificati come congiunto e disgiunto ...

(I1*) KUNHOLZ LORDAT L., 1952. Le tapis vigital dam ses rapports avec les phinomines actuels de surface en Bane Provence. Encycl. Biogkogr. et ?%ologiq. 9: 1-208.

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A questa stima puramente quantitativa del rivestimento vegetale, non bisogna mai omettere di aggiungere un apprezzamento della parte che essa t chiamata a rappresentare nella rigenerazione. Evitiamo qui gli errori possibili precisando sempre in qua1 senso venga considerata la successione (progressiva o regressiva). Nei rilevamenti noi abbiamo, come d’uso, valutato la rigenerazione forestale senza attaccare il problema della vegetazione subordinata, come sarebbe pure d‘uso, data la mancanza di informazioni. L e specie fertili si rigenerano tuttavia entro una gamma di ambienti piii o meno estesa e conseguentemente, nello studio della del tappet0 vegetale, bisoinera attaccare un giorno quello dell’ambiente proprio alla rigenerazione di ogni singola specie. Questo ambiente non t solamente il substrato in cui t avvenuta la germinazione dei semi, ma l’am- biente intero (microclima). Siamo ancora molto lontani, dal conoscere l’ambiente optimum per tutte le:specie, persino per le piii comuni e cib dipende, per lo meno per cib che.iiguarda le nostre regioni, dalla diffi- colt3 di osservare la vegetazione in un modo seguito, nel corso delle stagioni. Cib posto il problema da risolvere, per una copertura vegetale data, sari il seguente; t essa favorevole alla evoluzione verso il climax (serie progressiva) o ad una evoluzione che si allontani dal climax (serie regressiva)? Nel primo caso essa prepara e favorisce la rigenerazione delle specie che partecipano a1 climax, nel second0 essa t sfavorevole a questa stessa rigenerazione o prepara quella di specie sempre meno atte a con- servare l‘ambiente forestale .... Si vede quanto sia importante il problema quantitativo e qualitativo della copertura vegetale e sotto quale indirizzo esso possa venire attaccato, soprattutto data la nostra economia pastorale ed estensiva (pag. 27-28) .... Se noi non abbiamo mai rinunciato a con- siderare la fitosociologia dinamica pih feconda della fitosociologia statica (sempre meno praticabile alle buone volontl non specializzate), cib di- pende meno ancora dalle applicazioni pratiche che si possono ricavarne, che dalla speranza di vederla un giorno . costituita. su basi piir solide. Quando, un PO’ per volta, i fitosociologi che orientano i lor0 sforzi verso lo studio delle serie vegetali, saranno sufficientemente aumentati, senza dubbio verranno realizzati rapidi progressi. I1 buon senso deve, in ogni modo, trionfare; I: ampiamente dimostrato che lo studio della evoluzione si fonda, da un lato ed anzitutto, su quello della successione, dall’altro su quello delle associazioni, che sono stadi di equilibrio piii o meno du- revole della successione. Non t affatto dimostrato che lo studio delle successioni debba urtare contro difficoltl insormontabili. La prima che t stata sollevata, sta nel fatto che t per lo pih impossibile ricostruire la serie completa, a partire dagli stadi pionieri sino a1 climax. Gli evoluzio- nisti si trovano forse in condizioni migliori, quando riuniscono in una

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catena, discontinuita delle forme eliminate e delle forme nuovamenie scomparse? I1 gran problema; di fronte all’azione distruttiva dells vita civilizzata, t evidentemente la ricostruzione esatta dei climax; ma poi& essi non esistono pit3 che in localith molto riparate e sono quindi molb rari, bisogna studiare l’evoiuzione del tappet0 vegetale sin0 agli sbdi pih evoluti che noi possiamo ancora riscontrare nel quadro della nostia economia agricola, pastorale, forestale. Se le serie presentano lacune noi dovremmo chiederci perchk esse esistano e la dinamica non verrh pregiu- dicata dal fatto che non si studino solamente i raggruppamenti completi, ma anche i frammenti e, lo si voglia o no, anche stadi piii o meno pros- simi a quelli dell’equilibrio che k stato interrotto. ‘La miglior prova k quella che I’indagine statica moltiplica i rilevamenti floristici a vantag- gio dei confronti, un solo rilevamento non essendo mai sufficiente per definire con certezza una associazione. Essa t la scienza dei confronti; la dinamica come tutte le scienze che studiano fatti di collegamento, i la scienza delle interruzioni successive. I1 campo dello studio delle interm- zioni k veramente piii considerevole di quella dello studio dei confronti? Noi abbiamo mostrato quanta sia la parre inevitabile dell‘elemento sog- gettivo, che conviene tuttavia ridurre a1 minimo. E molto rassicurante il vedere come i lavori dedicati alla associazione, abbozzino solamente la ricerca sulla genesi e sul destino di questo stato di equilibrio ed usiamo espressamente questo termine di abbozzo. Uno studio dinamico esige osservazioni continuate sin0 ai limiti del possibile, per ridurre il numero delle interruzioni e cii, esige tempo, anni ed anni di ricerca. In confront0 i rilevamenti floristici possono venire eseguiti molto rapidamente e tanto pit3 rapidamente quanto piii approfondita k la conoscenza delle specie (pag. 47-50).

La dottrina sviluppata da Kunholtz-Lordat meriterebbe uno studio a parte e bastano del resto gli stralci che abbiamo riprodotto a dimo- strare quanto interessante e rispettosa della realta, sia la sua concezione della fitocenosi ed in genere del paesaggio vegetale e quanta parte egli faccia all’azione individuale nelle continue trasformazioni alle quali la compagine della vegetazione k soggetta.

Non meno degna di attenzione k, d’altra parte, l’interpretazione svolta contemporaneamente da F. Lenoble. In una comunicazione (9 presen-

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(9 L ~ O B L E F., 1926. A p r o p des association uigitales. Bull. de la Soc. Bot. Franci. 73: 873-892. - cfr. anche NEGRI G. Recenti contributi ecc. (Nota 3) -, che i stam largamente recensito da W. WANGEFUN (cfr. Just’s Botanischer Jahresbeticht 1926 1 abt. pag. 298-99), ma ha incontrato una acerba critia di J. PAWLLARD (cfr. Espkces et associuiionr. Archiv. d. BotaAq. 2: 68-72. Bull. Mens. 1928). I sarcasmi non sono buone r&oni ed il lavoro di Lenoble, in ogni modo, non

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tata alla SocietA Botanica di Francia (1926) egli comincia infatti col rile- vare, quanto la definizione delle associazioni vegetali sia andata perdendo di precisione nel passare dall'enunciato fatto approvare da Flahault e Schroeter nel 1910 a1 Congress0 di Bruxelles a quello proposto da P. Allorge nella sua tesi di dottorato (1922): il concetto di Associazione (( dotata di una composizione floristica determinata, presentante una fisio- nomia uniforrne e vegetate in condizioni stazionali parimenti uniformi ))

sfuma completaniente. Effettivamente la fitosociologia,quando si propone di scoprire e di definire unitA della natura della associazione, incontra parecchi ostacoli. Innanzi tutto l'osservazione sufficientemente estesa di- mostra che l'associazione varia nelle differenti stazioni in cui noi la tro- viamo rappresentata - nei singoli individui di associazione - abbastanza per giustificare la constatazione che queste comuniti differiscono troppo fra di loro per poterle attribuire ad una rnedesima (( specie fitosociolocica 1)

di composizione floristica determinata. Un altro argomento molto valido contro la realth oggettiva della associazjone, considerata come un gruppo di composizione floristica definita, t la notevole (( infedelti )) delle specie che si vorrebbero considerare come caratteristiche, persino delle elettive e delle esclu?ive, noncht del numero delle specie costanti costitutive della associazione. Alla incertezza del numero delle associate costanti ed all' incostanza di quelle ritenute fedeli, si aggiunge ancora, per accen- tuare il carattere artificiale della associazione vegetale, l'arbitrio col quale sono scelte, a seconda degli Autori, le specie denominative, nonchi le ca- ratteristiche. Insornma, data una specie qualungue, si possono consta- tare spazi pili o meno estesi in corrispondenza dei quali essa costituisce I'entiti fondamentale della vegetazione, attribuendo a questa una fisio- nomia particolare; questa specie viene, in tal caso, impiegata per designare il raggruppamento che essa effettivamente costituisce assieme alle altre specie. Ma poicht ogni specie denominativa partecipa eventualmente, a .titolo di caratteristica pili o meno fedele, alla costituzione di venti, trenta,

mi sembra meritarli. Tengo poi a rilevare che il Pavillard annota che G. NECRI .... 9 s'il4ve avec rigueur contre les exagirations de M . Lenoble 1). Cib non & esatto, perch;, nella mia nota, i: bensi rilevato qualche eccesso di espressioni del Lenoble, ma cib non toglie che io abbia condiviso allora, come condivido ora, nei riguardi della vsociazione vegetale, I'opinione dell'A. e la parte essenziale degli argomenti da lui addotti in proposito. Sullo stesso argomento, come ac- cenna anche il Pavillard, si 6 pure espresso nel medesimo senso I'abate P. FOUR- NIEX (FOURNIER (I'abbt) P., 1927. Qu'esr que 1'Gsociution du He'rre? Bull. Soc. Bot. France. 74: 416-428) riprendendo anche in base ad osservazioni proprie le opinioni precedenternente espresse da M. Buscw (1911) e soprattutto da M. LAMMERMAYR nella memoria che abbiamo citato (N. 30).

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quaranta associazioni diverse da quella alla quale essa ha dato il nome, si scorge quale sia senz’altro l’intricq I’interpenmazione di tutti questi m i e fa confusione alla quale si giunger3 quando si vogliano senz’altro associare esseri che la natura, ribelle alle nostre teorie, riunisce t vero talvolta, ma ancor pid frequentemente dissocia. In terzo luogo I’uso dei termini (( associazione )), (( specie associata )), autorizzerebbe I’opinione che le differenti specie, le quali costituiscono i raggruppamenti stazionali, non siano semplicemente giustapposte ed indipendenti fra di loro, ma che esse si prestino per vivere un reciproco appoggio: I‘esperienza dimostra che questo non t per lo pili i l caso. Associazione esiste, nello stretto Senso del termine, nei casi di simbiosi o quando una specie modifica, con il suo stesso mod0 di vita, l’ambiente che la circonda in mod0 che vi sia resa possibile la vita di altre specie, che potranno dirsi sue associate (in quanto esse approfittano della modificazione dell’ambiente da esse dzter- niinata, pure conservando la loro autonomia - Nota dello scrivente), bench.? il terrnine d i (( specie satelliti )) possa essere preleribile in questo case. Disgraziatarnente & impossibile dimostrare, nella generalit3 dei mi, questa dipendenza reciproca fra le specie che crescono affiancate nella medesima stazione e la loro fortuita associazione I: una semplice giustap- posizione, spiegata sino ad un certo punto dalla ecologia, ma in nessun mod0 necessaria. La presenza, l’abbondanza, la scarsit3 o la assenza di una specie vegetale in una stazione data dipendono da numerosi fattori climatici, edafici, biotici, storici. Per ogni proprier3 misurabile dell‘am- biente esterno, esiste, per ogni specie, un minimo al di sotto del quale la specie perisce ed un massimo oltre il quale essa scompare; fra questi due estremi intercede quello che pub chiamarsi intervallo vegetativo (l’ampiezza della tolleranza specifica secondo D’O Good - Nota dello scrivente), ed esso pub verificarsi per la temperatura, per l’insolazione, per lo stato igrometrico dell’aria, per il tenore d’acqua del suolo, per la quantita di carbonato di calcio e per il p H del terreno ecc. Se in una data stazione tutti questi costituenti dell’ecologia hanno valori convenienti, sc inoltre i fattori biotici (vegetazione occupante la stazione, fauna, paras- siti, uomo) lo permettono, se infine i germi delle specie possono essere trasferiti, una pianta corrispondente a determinate condizioni si svilup- perA, sia unitamente ad altre dotate di esigenze poco diverse, sia anchc senza di esse; la giustapposizione di queste diverse specie affini nelle lor0 esigenze ecologiche, associazione di fatto, non ha per condizioni neces- sarie la presenza di una e di parecchie d i esse, ognuna di esse potendo anche mancare senza che le altre cessino per questo di vegetare e di ri- prodursi. Si pub, tutto al pid, prevedere che I’associazione realizwta in un dato luogo, non si manterra quando varino le condizioni di stazione,

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perch; il numero delle cornbinazioni fra i minima, optima e maxima pro- pri di ogni specie per ciascuna delle condizioni dell’anibiente ; tale chc non esisteranno probabilmente mai due stazioni o due raggruppamenti vegetali identici, soprattutto quando si tenga conto del fatto che il gioco variato dei fattori biotici e storici intervcrrh accentuando ancora lo stato di indeterminazione. Lungi dal fatto che due specie presentanti le stessc esigenze ecologiche si prestino una assistenza reciproca, come sembre- rebbe indicare il termine di associazione, si osserva lnvece spesso che esse entrano in concorrenza per l‘occupazione del suolo e chc una di esse finisce con 1’ aver il soprawento, eIiminarido 1’ a h a . Infine, bench; da alcuni fitosociologi si sia voluto assirnilare 1’ associazione (( unit.2 fitosociologica )) all3 specie (( unit3 sistematica )), crediamo che i due raggrup- pamenti non siano per nulla paragonabili. La specie della sistematica si fonda su due realth obiettive di eccezionale irriportanza pratica; da un lato la figliazione diretta e dall’altro, salvo rare eccezioni, la variazione individuale oscillante attorno ad un tipo niedio verso il quale, nel corso delle generazioni, sono ricondotte, con una tenacia impressionante, le forme ibride e le varieth. Nulla di simile si verifica ncl caso dclle associa- zioni; esse non si riproducono direttaniente, non procedono l’una Jall’al- tra, ma si accrescono per apposizione casuale dei disseminuli convogliati nella stazione dai noti agenti disseminatori o per moltiplicazione vegeta- tiva o sessuale delle specie gici in sito, e si compenetrano in tutte le maniere possibili, mentre le specie costituenti d i esse si combinano internamente in tutte le proporzioni immaginabili. Non esiste associazione che conservi pro- porzioni costanti nello spazio e nel tempo,nk clie possa considerarsi come un3 (( buona specie 1); le associazioni non sarebbero che specie cattive o pessime. D’altra parte sarebbe ccccssivo ritenere che i diversi rag- grupparnenti vegetali osservabili alla superficie terrestre presentino una composizione completamente arbitraria. Da molto tempo gli studiosi hanno osservato che la flora d i una stazione dipende, in larga misura, dalla sua ecologia, che le imprime, prescindendo dalle esigenze flo- ristiche, una fisionomia speciale e rcalizzando cosi cii, che i fitolocio- logi anglo-americani continuano, conformernente alla dcfinizione di Gri- sebach, a chiarnare una formazione. Tuttavia i raggruppamenti realiz- zati in base alle forrne biologiche, benclk presentino, nelle stazioni do- tate di carattcri ecologici sirnili, una certa aria di famiglia, una fisio- nornia caratteristica, non hanno una coniposiziorie floristica costante, perch; i fattori edafici, climatici, biotici e storici, nonch; le reazioni di questi fattori sulla massa dellc specie ,viventi, danno luogo, come si 6 detto, a combinazioni cosi numerose da escludere che una di esse si ripeta con composizione identica, in modo che la composizione floristica

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di un $1 individuo di asssociatione )J i imprevcdibilc, in quanto i in gran parte I'opera del caso,&ndo a questo termine i l senso cosi chiaramentc attribuitogli & Poincari.

fi per qucsta ragione che le sole UnitA ecologichc ci sernbrano pas- scdcre, in fitosociologia, una rcaltA obiettiva; essa corrisponde del rest0 a raggruppamcnti floristici rnutcvoli e pid o meno instabili,che indubbia- mcnte pssicdono, q w d o appartengano ad una s t e m unith ecologica, specie comuni tanto piti nurnerose,qtunto piu ristretta t? I'area conside. r a u , ma ne presentano anche tante differenti,che non i perrnesso distin- gucrc, secondo Lenoble vsociazioni definite aventi una cornposizione floristica deterrninata. Esistono soltanto raggruppamenti floristici locali, ma non i: lecito, senza far violenza alla vcrith, riunirli in associazioni aventi il valore logic0 d i specie fitosociologiche; queste non csistono che come luus rnenris del loro creatore. I botanici ed i fitosociologi, invecc di cdificare sintesi fallaci, farebbero opera piu pratica studiando la distri- buzione geografica esatta delle singole specie, le loro reazioni di fronte ai fattori edafici, climatici, biotici e storici ed infine i rapporti, le ana- logie, le reazioni delle florule nelle stazioni le cui ecologie sono molto prossimc o differiscono per q u l c h e carattere bene determinato c misurabilc.

Noi abbiarno giA rilevato a suo tempo ('I') I'interesse di questa co- municazionc e Iarnentato che, della discussione che ad essa tenne dietro, nel corso della seduta corrispondente della Societa Botanica di Francia c nella quale sono intervenuti studiosi autorcvoli quali E. Hickel c P. i l l - lorge, non sia stato redatto un verbale corrispondente a11a sua impor- tanza. Abbiamo in ogni mod0 rilevato noi pure I'irnprobabilitA o per lo mcno I'ewgerazione della idea espressa, sia pure in forma molto discreta, da Lcnoble, della possibiliti che qualunque specie della associazionc possa diventare dominante, esagerazione, in ogni cam, non necessaria per sostenere la sua tesi; ed accordao che la questione di nomenclatura relativa ai termini (I associazione 11 e II sociologia vegetale 1) sia essenzial- mcnte verbale (ed in ogni modo oggi superataanche dal diffondersi del- I'uso dei termini t( fitocenosi )) e (( biocenosi JI, II fitocenologia c (1 bioce- nologia JI o I( biocenotica I) in luogo di quelli corrispondenti che fanno capo a1 terriiine associazione); pure esprirnendo I'opinione che la con- servazione del terminc II associazione u possa essere fontt di equivoci, per i l fatto che anche secondo Ramenskji (I1'), che lo proscrive in nome del buon senso, gli individui costituenti la fitocenosi prescntano fr3 di loro un comportamento piuttosto antisociale che sociale. Quanto 31 rest0

(I!') NECRI G. cfr. Rcctnf i confribufi ecc. (Noti 3). (Its) RAHESSKJI L. C . cfr. Die Grundgcmarsigkeit ctc. (Not3 86).

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pub essere utile ripetere che Lenoble.affermando la sua convinzione della preminenza della interpretazione ecologica della vegetazione su quella floristico-statistica, non ha affatto inteso, mentre richiamava l’attenzione sulla utiliti di rimettere in onore i caratteri fisionomici, di promuovere il ritorno allo studio dei raggruppamenti vegetali, considerandoli esclu- sivamente sotto il punto di vista della loro fisionomia, n t di abbandonare quei metodi precisi che siano ormai entrati a far parte della tecnica scien- tifica; ma t andato molto piii in la nelle sue aspirazioni di quanto possa mai chiedersi alla pih raffinata’ statistica delle specie,la quale non potr3 mai essere altro che la prima ed indispensabile tappa di qualunque ri- cerca intesa a chiarire la causalitl ecologica della vegetazione. Che l’indi- rizzo suggerito da Lenoble e quelli precedentemente riassunti di Gaus- sen e di Kunholtz-Lordat, non possano essere accolti dagli adepti del sigmatismo, si capisce, percht rispondono a due mentalit3 diverse ed utili entrambe, quando si sappia fare approfittare l’una dei dati rigo- rosamente accertati dall’altra; molto meno comprensibile & che le consi- derazioni presentate da Leonoble sieno state scartate con un paio di sar- casmi dai quali t assente qualunque ragionamento scientifico.

Abbiamo riassunto, facendo la parte piii larga possibile ai riferi- menti e spesso alla trascrizione diretta delle opinioni dei singoli Autori, il movimento di idee, informato in Francia ad una tendenza antisociolo- gica cosi favorevole alla libera espressione ed a1 confront0 delle idee pih disparate, sarebbe molto interessante e pih precisamente informativo di quella che t realmente la posizione concettuale dei biocenologi in Francia, ove i nostri Critici hanno compiuta la lor0 preparazione fitoso- ciologica. Bisogna, per rendersi conto della misura in cui sono accet- tate le teorie sigmatiste in questo ambiente, tenere conto di parecchi altri lavori - cito a memoria le ricerche di J. Laurent (1921), P. A,llorge (1922), A. Luquet (1926), P. Jovet (1951) -, nei quali l’indirizzo sociologico I: accettato con una notevole libert3 di interpretazione e di applicazione ed essenzialmente con la preoccupazione fondamentale di mantenere un con- tatto rigoroso e continuo, moltiplicando le osservazioni, con le condizioni naturali e di riprodurne fedelmente gli aspetti e le determinazioni. Per chiudere questo capitolo, crediamo tuttavia opportuno citare ancora una pagina di un libro di R. Heim recentemente comparso, nel quale questo eminente naturalista esprime sull’ indirizzo fitosociologico, una opinione formata su di una vasta esperienza del mondo vegetale osservato sotto le pih varie latitudini.

Che cosa t , chiede R. Heim (“c), l’associazione vegetale se non una

(]I6) HEIM R., 1955. Un naturaliste autour du monde. Paris, pag. 47-55.

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interpretazione comoda, semplificata, algebrica di riunioni di specie ve- getali e di individui, effettivamente messi assieme per l‘azione simultanea o correlativa di fattori, la parte rispettiva dei quali non t facile da scoprire? Per i sociologi della nuova scuola, in tali raggruppamenti, le piante non sono che pedine gerarchizzate, esattamente come lo sono i diversi pezzi di un gioco di scacchi. Cosi 6 nato il concetto artificiale e sistematico &]la associazione e delle entith collettive, le dimensioni delle quali ne ampliano o ne riducono i limiti; conclusione logica di una concezione errata. Essa pu6 a rigore essere difesa a1 di sotto di uri certo limite di complicazione. Ma, effettivamente, l’associazione vegetale non offre in alcun modo, nt il valore, nk la solidith di un postulato scientifico. Nessuna ragione var- rebbe per equiparare le unith tassonomiche alle pretese unith sociologiche. Pretendere d’altra parte di affermare che le relazioni fra i componenti data associazione hanno il senso obbligatorio, che pub essere applicato a compagini legate fra di lor0 da una diretta azione strettamente fisiologica, da una specie di simpatia attrattiva, t conforme ad un simbolismo che chi non cerchi i motivi delle sue deduzioni razionali che nei fatti di osser- vazione, non potrebbe ammettere senza serie riserve. Una associazione k un raggruppamento floristic0 la cui relativa costanza statistica si spiega per mezzo di quella dei fattori, l’azione collegata dei quali crea la bioce- nosi, un aggregato che influenze esteriori, cause risalenti a particolariti stazionarie ed uniformi, mantengono nella sua coesione, p’ IU ‘ o meno netta, mediante il loro intervento perturbatore, rinnovatore o semplifi- catore,a seconda dei casi. Grazie a1 gioco della concorrenza e sotto l’influenza dell’uomo e degli animali, si stabilisce una costanza ‘approssimativa, che non potrebbe, del resto, eliminare, 1’ infiltrazione non soltanto di specie accessorie, ma anche di specie accidentali, apatridi od impreviste.

Questa associazione, in termini pitl generali, t l’espressione momen- tanea o terminale, fragile o solida, fluttuante o stabilizzata, di un equi- librio, nel quale si ritrovano i numerosi riflessi delle medesime esigenze e delle resistenze vittoriose alle multiple e clandestine competizioni in- terne della comuniti. I1 termine di associazione maschera sotto la sua risonanza disgraziata, un amalgama di individui viventi in un equilibrio evolutivo costantemente scompensato e ricompensato, dinamico quindi, dipendente nello stesso tempo dalle specie partecipanti e dalle condizioni dell’ambiente stazionale. La minima alterazione di quest’ultimo p06 trascinare con s t una modificazione delle proporzioni delle specie e con- seguentemente dell’equilibrio stesso. Questa complessith spiega perchk la nozione di associazione non possa essere accettata se non nelIa misura in cui essa t l‘espressione floristica della vegetazione legata ad una sta- zione, i cui caratteri, relativamente fissi, stanno sotto la dipendenza di

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cause sia artificiali, sia identificabili con fattori naturali rigorosi, sempli- ficati, estremi, per lo pih strettamente collegati col clima locale. Essa I: la traduzione analitica di una convergenza floristica legata in generale ad u.na semplificazione delle leggi naturali, principalmente sotto l’azione di interventi estranei, per lo pih umani. Si comprende effettivamente che, laddove questi interventi hanno interrotto la lor0 influenza .... ed ancora laddove le condizioni locali impongono una differenziazione estrema di ordine ecologico, il nurnero relativamente piccolo delle specie compo- nenti ed il determinism0 climatico della stazione bene constatabile, auto- rizzino una traduzione ecologica. In questo caso la nuova scienza delle associazioni interpreta le constatazioni precise dei botanici e ‘si sforza di scoprire I’origine e l’awenire di una facies, ricavando ejementi utili dalle fluttuazioni della composizione floristica. Ci si ritrova qui in condizioni preliminari, fuori delle quali il concetto di associazione vege- tale non mi parrebbe fondato che su di una visione dello spirito.

Infatti un botanic0 non dovrebbe ammettere (( associazioni )) in senso biologico, in senso fisiologico, nel senso letterale del termine che la dove esiste una relazione intima di dipendenza fra due esseri viventi o fra un piccolo numero di esseri viventi: le nozioni fondamentali di commensa- lismo, di epifitismo, di parassitismo, di tutte le modaliti riunite sotto il termine di simbiosi, naturalmente di tutti gradi che sono confusi sotto il termine di saprofitismo, sono le sole che possano effettiva- mente riguardare l’associazione. E in virth di una convenzione, della quale alcuni dirnenticano il significato reale, che questo termine designa anche quelle riunioni, pist o meno costanti, di piante, che i fitogeografi potevano pih semplicemente indicare col termine di raggruppamenti, ed ai quali oggi spiriti dogmatici si sforzano di applicare le leggi della gerarchizzazione tassonomica con una precisione, I’esagerazione. della quale ne sopprime qualunque valore (Heim, 1955, pag. 49-51).

Abbiamo cercato di giustificare in questo capitol0 la nostra adozione di una interpretazione individualistica della fisionomia e dell’assetto della vegetazione, assumendo come base delle nostre osservazioni alcuni prin- cipii, per noi essenziali: I’ecoide, sistema elementare integrato, ‘costituito dall’individuo, vegetale e dal suo ambiente; la specie, considerata nella sua realta geografica; come il complesso dei suoi individui popolanti, in determinate condizioni ecologiche ed in vario grado di dispersione, il suo areale; la fitocenosi, popolazione di un biotopo, fisiograficamente e bioticamente determinato, occupato non meno per apposizione succes- siva di disseminuli casualmente provenienti dall’esterno, che per molti-

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plicazione degli individui precedentemeiite in situ, tendenti alla con- quista totale dello spazio della stazione senza raggiungere, mai, dab l’autonomia biologica degli ecoidi, n t una integrazione, nk una stabilita definitiva; e finalmente il protopaesaggio vegetale, equivalente biologico del protopaesaggio geografico (Troll), termine di passaggio fra la defi- nizione edafico-topografica e la definizione climatico-geografica del ri- vestimento vegetale. Abbiamo inoltre cercato, nell’opera degli stud& del nostro Paese e nella letteratura fitogeografica internazionale, il con- senso a questo nostro indirizzo. tuttavia naturale, e vi abbiamo del rest0 accennato ripetutamente anche nel corso della prima parte di quato scritto, che ad una concezione individualistica del rivestimento vegeble terrestre si possa giungere anche attraverso la critica delle teorie fitosocio- logiche in corso, dimostrando come esse non siano conciliabili col dim- mismo e colla eterogeneita irreducibile della vegetazione e conducano invece, fatalmente, ad attribuire a1 rivestimento vegetale un carattere organicisticamente concreto, smentito non meno dai principi fondamen- tali della fisiologia e della ecologia, che dall’osservazione. Questo k il compito che ci proponiamo di svolgere nel capitol0 seguente.

(continua)

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