Date post: | 11-Apr-2017 |
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Marketing |
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Pano ramadigital world
Agenzie Comunicazione 2015, la riscossa della qualitàDarevalorealmessaggio,realizzareprogetti di “storyselling” coinvolgenti, costruire delle fondamenta solide capaci di regalare una reputazione duratura. Utopia?No,èarrivataYourBrand.Camp
Numeri, risultati, fatturati, tutto e subito, costi quel che costi. Se poi i riscontri do-vessero tardare a palesarsi, poco male, il
turn over si occuperà senza pietà degli incapaci, agenzie, strutture, centri media, case di produzio-ne saranno messi all’indice e sarà la volta di qual-cun altro. Gira la ruota, pericolosamente simile a un mulino a vento in balia degli eventi. Lungi-miranza e programmazione intelligente? Vade re-tro. Chi ha tempo non aspetti oltre. E il mondo della comunicazione di certo non attende. Oppure si? Stritolati dalle scadenze, da chimere falsamen-te dorate, fermarsi, stringersi intorno a un tavolo e ripensare alla materia potrebbe essere visto come un atto di miopia. Invece, incredibile a dirsi, è la soluzione per proseguire lunghi tragitti diversifi-cati e quindi maggiormente ricchi di possibilità. A scovare la soluzione ci ha pensato YourBrand.Camp, autoproclamatasi prima start up di co‐cre-azione per progetti di comunicazione “più uma-ni” in cui le imprese possano finalmente mostrare l’anima. Al bando le timidezze dunque.
Nuovi orizzonti di comunicazioneIn breve, ecco il programma della nuova realtà: ideata dalla consumer agency The Talking Village, YourBrand.Camp permette alle aziende di realiz-zare progetti di “storyselling” coinvolgenti, noti-
ziabili e scalabili, attivando collaborazioni auten-tiche e più remunerative in base alla qualità del contenuto. E non pochi hanno già aperto gli oc-chi, come Dyson marchio che ha inventato il pri-mo aspirapolvere senza sacchetto. In giro si dice che social network e relazioni con gli influencer rappresentino le aree in cui i responsabili marke-ting digitale intendono investire di più nei prossi-mi anni. Ma quale approccio funziona veramente in un web super affollato di campagne preconfe-zionate, con contenuti standard spalmati su tutti, spesso pensati solo in termini di quantità di buzz? Come coinvolgere le persone più autorevoli e at-tive in Rete per ottenere partecipazione sincera, e quindi risultati e conversioni di maggior valore? In che modo un influencer o un blogger posso-no fare esperienze che li arricchiscono e conoscere realmente quello che c’è dietro un’azienda e i suoi prodotti? E infine, come si possono scegliere col-laborazioni commerciali per diffondere idee uti-li, interessanti, ed essere remunerati in modo ade-guato e al tempo stesso innovativo? Dal quartier generale di YourBrand.Camp sono arrivate le ta-vole elencanti i punti basilari di quella che potreb-be essere definita una nuova filosofia della co-municazione moderna. Prima di tutto, un piano di marketing deve partire dalle motivazioni pro-fonde delle persone, dalla rilevanza, e risponde-re a tre domande fondamentali: di cosa vogliamo parlare, con chi, e perché; gli influencer non sono tali solo perché convincono qualcuno ma anche
di Davide Sechi
Dalla parte di una comunicazione più umana e duraturaFlavia Rubino, la mente dietroYourBrand.Camp,è sostenitrice di un marketingpositivo, che non risulti legato solamente ai numeri, ma anche al valore e alla collaborazione
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perché possono influenzare a loro volta le strate-gie delle aziende. Bisogna farli sentire parte di un vero team di consulenti; se un progetto ha utili-tà concreta per una community, è molto più com-prensibile e condivisibile; è fondamentale dichia-rare genesi e obiettivi di un progetto, senza nulla da nascondere, altrimenti l’effetto fake e il crollo della fiducia è immediato. Abbiamo provato a fare chiarezza con la fondatri-ce Flavia Rubino
Come e da dove nasce l’idea della nuova agenzia?Si tratta di un progetto partito sei mesi fa che, di fatto, sorge dalle mie precedenti esperienze, radi-cate nella comunicazione degli anni 80-90, quel-la che scaturiva dal e per il Largo Consumo. Poi è arrivata la rete, la possibilità di potersi racconta-re, di condividere, i blog. E io, proveniente da una multinazionale, ho cambiato prospettiva. Succes-sivamente è stata la volta di The Talking Village, sorta di agenzia liquida, i cui propositi si possono scorgere sin dalla denominazione. In sintesi, dopo anni di attività, abbiamo deciso di investire su una nuova piattaforma, un vero e proprio appro-do verso una dimensione inedita, il cui obiettivo è rendere visibile il marketing della Conversazio-ne. Il percorso è sostanzialmente questo: i marchi aprono i camp indirizzati agli influencer interes-sati, i quali si iscrivono, potendo così navigare tra i vari progetti, conversare con le aziende, e infine si attivano nei modi che preferiscono. Cerchiamo così di umanizzare la rete che è formata da per-sone vere, che vogliono essere trattate come tali e non come numeri in un software.
Si può, quindi, dire che esistano un marketing positivo e uno negativo?Certo, quello positivo è realizzato bene, altrimen-
ti è ingannevole e di cattivo gusto. Puoi cavalcar-lo ma i risultati negativi ti si ritorceranno contro, e magari Google ne riporterà i passaggi più salien-ti dopo qualche anno. Questo non significa che non si possa essere provocatori, l’importante è che tale azione abbia dei risvolti positivi in termini di valore sociale. Si può prendere anche una posi-zione scomoda se ci si crede sul serio e i riscon-tri non mancheranno, questo al netto degli hater sempre dietro l’angolo, che ormai fanno parte del-la rete. Ma essere provocatorio solo per vendere alla fine risulta inefficace. Ed è chiaro che il ritor-no di un’operazione che abbia a che vedere con la reputazione si misuri alla fine anche in quote di mercato. Ma quello che più conta è sapersi crea-re un’immagine duratura. E’ questa la rivoluzione apportata dal web: non si possono più fare pro-messe da marinaio, piuttosto occorre spendere del tempo per creare delle fondamenta durature.
Come si comportano i grossi gruppi rispetto a questa rivoluzione progressiva e silenziosa?La consapevolezza del digitale e dei progressi tec-nologici è acclarata, ma forse alcuni di questi gruppi non hanno ben compreso il cambio di at-teggiamento culturale: dalla pubblicità vissuta in maniera tradizionale, ovvero “noi parliamo e voi ascoltate”, al massimo si passa a “noi parliamo e voi ripetete”. Invece è possibile anche una comu-nicazione in cui confrontarsi e collaborare, una comunicazione co-creata. Il digitale l’hanno ap-poggiato tutti, ma spesso solo a parole. Il fatto è che esiste un timore latente riguardo alle nuove modalità di dialogo. Non basta aprire una pagina Fb. Non puoi sapere chi ti abbia regalato un like, da dove provenga e se possa avere una reale se-guito. La soluzione è creare sempre valore.
Non solo aziende e pubblicità: è possibile che un personaggio pubblico, magari un politico, possa contattarvi per rifarsi il look? Prendo come esempio di grande attualità l’ex sindaco Marino…Perché no? Il personaggio in questione sareb-be indirizzato verso un gruppo ristretto di 20-30 blogger, possibilmente appassionati di politica e interessati ai suoi obiettivi, per creare un vero e proprio gruppo di lavoro, un team che darebbe il via a una vera e propria ricerca di mercato. Non esiste personaggio, istituzione o impresa che non possa beneficiare di un marketing fatto di conver-sazioni, relazioni, partecipazione e fiducia.
La nascita del Marketing della ConversazioneYourBrand.Camphacomeobiettivo umanizzare la rete, formata da persone che vogliono essere trattate come tali e non come semplici numeri all’interno di un software
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