Introduzione al Corso
Rita Fresu
http://people.unica.it/ritafresu/
importanza delle vocali nella struttura sillabica italiana e in particolare la terminazione delle parole in vocale
libertà di posizione dell’accento tonico e al tempo stesso la frequenza delle parole accentate sulla penultima sillaba (e viceversa la scarsità di monosillabi e di parole accentate sulla sillaba finale)
meccanismo dell’alterazione per esprimere i concetti di grandezza, piccolezza, ecc. mediante aggiunta di suffissi ai nomi (ragazzo > ragazzino, ragazzetto; ragazzone, ragazzaccio, ecc.)
formazione delle parole anche attraverso il meccanismo della composizione che prevede la possibilità di unire NOME + NOME (cassapanca), VERBO + NOME (cavatappi), NOME + AGGETTIVO (cassaforte), ecc.
non obbligatoria espressione del PPS (mangio e non necessariamente io mangio; piove, diversamente dal francese il pleut e dall’inglese it rains)
preferenza per la sequenza DETERMINATO + DETERMINANTE (il libro di Paolo, piazza Mazzini, rose rosse, pausa caffè e non Paul’s book, Mazzini Square, red roses, coffee break)
tendenza a concentrare l’informazione semantica non nel verbo, posto al centro della frase, ma nel nome, che è più all’esterno (lingua endocentrica vs esocentrica) (mia sorella sta facendo una torta; mio fratello sta facendo la doccia)
relativa libertà dell’ordine delle parole all’interno della frase che consente di porre il soggetto, normalmente collocato prima del verbo, anche dopo di questo (Luca ha parlato ma anche ha parlato Luca; e ancora la prossima settimana Monica verrà a Cagliari ma pure a Cagliari Monica verrà la prossima settiamana oppure a Cagliari la settimana prossima verrà Monica, ecc.).
P. D’ACHILLE, L’italiano contemporaneo, Bologna, il Mulino, 2010, pp. 21-22.
Linguistica italiana (R. Fresu) Università di Cagliari a.a. 2016-2017
morfosintassi ◦ formazione del superlativo di tipo sintetico suffisso -issimo aggiunto alla base
dell’aggettivo: bello > bellissimo (il più bello)
ripetizione dell’aggettivo (bello bello) anteposizione o posposizione di vari avverbi (molto, tanto, assai)
fonetica e lessico
◦ aggettivo floreale < lat. FLOREALE(M) nome fiore < lat. FLORE(M) FL- > /fj/ ◦ aggettivo mensile < lat. MENSILE(M) nome mese < lat. MENSE(M) NS- > /s/
P. D’ACHILLE, L’italiano contemporaneo, Bologna, il Mulino, 2010, p. 23. Linguistica italiana (R. Fresu) Università di Cagliari a.a. 2016-2017
dalla frammentazione linguistica medievale al
primato del fiorentino letterario
◦ IX-X sec. - 1375
unificazione, norma ed espansione dell’italiano
◦ 1375 - 1861
da lingua della letteratura a lingua d’uso nazionale
◦ 1861 – età contemporanea
I. BONOMI et alii, Elementi di linguistica italiana, Roma, Carocci, nuova ediz., 2010, p. 189. Linguistica italiana (R. Fresu) Università di Cagliari a.a. 2016-2017
il periodo che va dalla prima documentazione
di testi in volgare (IX-X sec.) alla fine del Trecento (1375, morte di Boccaccio), quando il fiorentino, grazie al prestigio e alla diffusione della sua letteratura (le ‘tre Corone’ Dante, Petrarca, Boccaccio) ha ormai acquisito una posizione di rilievo sugli altri volgari della penisola.
I. BONOMI et alii, Elementi di linguistica italiana, Roma, Carocci, nuova ediz., 2010, p. 189. Linguistica italiana (R. Fresu) Università di Cagliari a.a. 2016-2017
il periodo che va dalla fine del Trecento all’unificazione politica (1861, proclamazione del Regno d’Italia). L’italiano si unifica come lingua letteraria comune, con la fissazione nel Cinquecento di una norma fondata sul fiorentino letterario trecentesco, e comincia a espandersi in una più ampia varietà di usi scritti (scientifici, tecnici, giornalistici), mentre negli usi parlati in contesti non ufficiali continuano a venire impiegati prevalentemente i dialetti.
I. BONOMI et alii, Elementi di linguistica italiana, Roma, Carocci, nuova ediz., 2010, p. 189. Linguistica italiana (R. Fresu)
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il periodo che va dall’Unità all’età contemporanea. L’italiano diviene progressivamente lingua d’uso anche parlato della nazione, mentre si restringono gli ambiti di impiego dei dialetti. Nel secondo dopoguerra e con maggiore intensità a partire dagli anni Settanta del Novecento si affermano alcuni importanti fenomeni, come l’influsso dell’inglese, la diffusione dell’italiano neostandard (o dell’uso medio), il peso dei modelli linguistici veicolati dai mass media.
I. BONOMI et alii, Elementi di linguistica italiana, Roma, Carocci, nuova ediz., 2010, p. 189. Linguistica italiana (R. Fresu)
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La periodizzazione appena tracciata mette in rilievo i caratteri della storia linguistica italiana, che si possono sintetizzare come segue:
l’italiano si è formato sulla base di un volgare locale, il fiorentino, che ha acquisito
un grande prestigio letterario grazie all’opera di alcuni scrittori (le ‘tre Corone’: Dante, Petrarca, Boccaccio), si è imposto già nel Trecento su tradizioni linguistiche e culturali di altre aree, è stato codificato grammaticalmente nel Cinquecento, diventando la lingua letteraria comune anche senza il sostegno di unità politica. Alcune circostanze storiche hanno portato al primato del fiorentino, favorito anche da una posizione geografica mediana, sugli altri volgari della Penisola:
circostanze esterne cioè la supremazia di Firenze sulle altre città della Toscana e la sua fortuna politica
ed economica negli ultimi anni del Duecento, che determina una possibilità superiore di diffusione dei prodotti culturali.
circostanze interne cioè la maggiore vicinanza del tipo linguistico fiorentino al latino rispetto alle altre
parlate (per esempio la conservazione della vocali finali: fratello rispetto al milanese fradèl).
I. BONOMI et alii, Elementi di linguistica italiana, Roma, Carocci, nuova ediz., 2010, p. 190. Linguistica italiana (R. Fresu) Università di Cagliari a.a. 2016-2017
alto valore letterario dei grandi scrittori del Trecento che lo usarono (‘tre Corone’: Dante, Petrarca, Boccaccio); ma andrà ricordato che anche l’Umanesimo volgare fu fenomeno eminentemente fiorentino, fiorito nel Quattrocento alla corte di Lorenzo il Magnifico.
caratteristiche strutturali che rendevano il fiorentino
meno lontano dal latino e soprattutto lo ponevano in una posizione di medietà (anche geografica) rispetto ad altre parlate della Penisola.
prestigio di Firenze in altri campi socioculturali
(economia, arte, ecc.), che favorì l’espansione della sua parlata.
P. D’ACHILLE, L’italiano contemporaneo, Bologna, il Mulino, 2010, p. 24.
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Cuando bien comigo pienso mui esclarecida Reina: y pongo delante los ojos el antigüedad de todas las cosas: que para nuestra recordación e memoria quedaron escriptas: una cosa hallo y saco por conclusión mui cierta: que siempre la lengua fue compañera del imperio: y de tal manera lo siguió: que junta mente començaron. crecieron. y florecieron. y después junta fue la caída de entrambos. y dejadas agora las cosas mui antiguas de que apenas tenemos una imagen y sombra de la verdad: cuales son las de los assirios. indos. sicionios. e egipcios: en los cuales se podría mui bien provar lo que digo: vengo a las más frescas: y aquellas especial mente de que tenemos maior certidumbre: y primero a las de los judíos. Antonio de Nebrija (1441-1522) Prólogo a la Gramática de la lengua castellana (1492)
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Proprio l’origine colta della nostra lingua, che si rifaceva a una
tradizione letteraria già arcaica quando venne
istituzionalizzata e che fu notevolmente influenzata dal latino,
spiega perché, diversamente dalle altre grandi lingue di cultura,
l’italiano non abbia avuto all’inizio dell’epoca moderna
un’evoluzione strutturale tale da staccarsi totalmente
dalla fase medievale, come è avvenuto, per esempio, per il
francese, assolutamente diverso dalla lingua d’oïl: le innovazioni del
dialetto fiorentino posteriori al Trecento vennero infatti accolte solo
in parte nell’italiano letterario.
P. D’ACHILLE, L’italiano contemporaneo, Bologna, il Mulino, 2010, p. 25. Linguistica italiana (R. Fresu) Università di Cagliari a.a. 2016-2017
Fino all’unificazione nazionale del 1861, l’italiano fu
comunque una lingua usata soprattutto (anche se
non solo, come troppo semplicisticamente si è creduto in
passato) nello scritto, tanto che poté essere giudicata da
alcuni autori una “lingua morta”, proprio come il latino
classico (che infatti continuò per secoli ad essere usato
solo nello scritto e nei confronti del quale, in alcuni
campi, l’italiano stentò a imporsi).
P. D’ACHILLE, L’italiano contemporaneo, Bologna, il Mulino, 2010, p. 25. Linguistica italiana (R. Fresu) Università di Cagliari a.a. 2016-2017
Se consideriamo la quantità di coloro che, ancora fino all’inizio del
Novecento, sapevano leggere e scrivere, certamente molto bassa (anche se sui
dati percentuali le interpretazioni degli stdiosi che si sono coccupati del
rpblema non concordano), dobbiamo concludere che prima dell’Unità
l’italiano, al di fuori della Toscana (dove lingua e dialetto sono sempre stati
in rapporto di continguità), era una lingua nota a un numero di persone
alquanto ridotto, almeno per quello che riguarda la “competenza attiva”,
cioè la capacità di servirsene, nello scritto o anche solo nel parlato; ben
diversa, invece, doveva essere la “competenza passiva”, cioè la capacità di
capire discorsi in italiano, di certo assai più estesa. La stragrande
maggioranza della popolazione parlava uno dei dialetti che si erano
formati nella nostra penisola dopo il crollo dell’Impero romano.
P. D’ACHILLE, L’italiano contemporaneo, Bologna, il Mulino, 2010, p. 26. Linguistica italiana (R. Fresu) Università di Cagliari a.a. 2016-2017
Il ridotto uso parlato dell’italiano favoriva la stabilità e la conservatività delle
strutture della nostra lingua, che però si mostrava, come affermarono vari
intellettuali tra Settecento e Ottocento, poco adatta a rispondere alle esigenze di
alcune moderne forme di scrittura (la prosa scientifica, la saggistica, lo stesso
romanzo).
In realtà, il problema non era linguistico in senso stretto, ma più ampiamente
culturale, come avrebbe poi dimostrato l’esempio dei Promessi Sposi
manzoniani e come avrebbe rilevato pochi anni dopo la raggiunta unificazione
politica e proprio in polemica con Manzoni, il glottologo Graziadio Isaia Ascoli,
che additò nella scarsa diffusione della cultura e nella eccessiva
preoccupazione della forma i due vizi capitali da cui era afflitta l’Italia.
P. D’ACHILLE, L’italiano contemporaneo, Bologna, il Mulino, 2010, p. 26.
La questione della lingua si pone su basi completamente nuove:
non più ricerca di modelli letterari, ma anche di uno strumento comune
adatto a scrivere e a parlare di qualsiasi argomento in qualsiasi situazione.
M. PALERMO, Linguistica italiana, Bologna, il Mulino, 2015, p. 185. Linguistica italiana (R. Fresu) Università di Cagliari a.a. 2016-2017
A partire dall’unificazione politica, in seguito a vari FATTORI, l’italiano
ha progressivamente ampliato i propri àmbiti d’uso, togliendo
spazio ai dialetti.
Tali fattori, principalmente, sono:
- la progressiva alfabetizzazione legata all’obbligo scolastico
- l’emigrazione esterna e interna
- l’urbanizzazione
- le mutate condizioni sociali, economiche e culturali della popolazione
- i più intensi contatti dei cittadini con gli apparati amministrativi statali (l’esercito, la burocrazia, ecc.)
- lo sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa (giornali, ma soprattutto quelli audiovisivi: cinema, radio, televisione, fino ai cosiddetti ai nuovi media (CMC o CTM).
P. D’ACHILLE, L’italiano contemporaneo, Bologna, il Mulino, 2010, p. 26 (con adattamenti).
Linguistica italiana (R. Fresu) Università di Cagliari a.a. 2016-2017
La progressiva espansione dell’italiano ha avuto notevoli
conseguenze. Dopo una fase che potremmo definire di
sistematizzazione grammaticale, durata almeno fino alla fine degli
anni Cinquanta, il crescente uso anche orale dell’italiano, da
parte non solo di una élite di uomini di cultura, ma anche di grandi
masse popolari, ha determinato una pressione del parlato sulle
strutture dello scritto; questa pressione ha provocato varie
ristrutturazioni del sistema linguistico, con l’emersione di
tendenze evolutive a lungo tenute a freno dalla tradizione
grammaticale e perfino con lo sviluppo di tratti innovativi,
spesso dovuti a processi di semplificazione che le altre lingue
romanze avevano già realizzato da secoli.
P. D’ACHILLE, L’italiano contemporaneo, Bologna, il Mulino, 2010, pp. 26-27. Linguistica italiana (R. Fresu) Università di Cagliari a.a. 2016-2017
Profondamente mutato è anche il rapporto tra italiano e
toscano: Firenze e la Toscana solo nel periodo iniziale dello
stato unitario, grazie soprattutto al toscanismo di matrice
manzoniana, hanno mantenuto la posizione di centralità sul
piano linguistico che avevano avuto per secoli; poi hanno finito
col perderla a vantaggio ora di Roma capitale, ora dei centri
industriali del Nord, che si sono rivelati più capaci di
imporre innovazioni linguistiche o comunque più in sintonia
con l’evoluzione del sistema.
P. D’ACHILLE, L’italiano contemporaneo, Bologna, il Mulino, 2010, pp. 26-27. Linguistica italiana (R. Fresu) Università di Cagliari a.a. 2016-2017
sec XIV = primato del fiorentino letterario
◦ tre Corone: Dante, Petrarca, Boccaccio
sec. XVI = codificazione rinascimentale
◦ Pietro Bembo, Prose della volgar lingua (1525)
◦ Vocabolario della Crusca (1612; 1623; 1691; 1729-1738; 1863-1923)
secc. XIX-XX = riforma manzoniana (Ventisettana e Quarantana)
e processi di unificazione linguistica postunitaria
I. BONOMI et alii, Elementi di linguistica italiana, Roma, Carocci, nuova ediz., 2010, p. 189. Linguistica italiana (R. Fresu) Università di Cagliari a.a. 2016-2017
L’italiano contemporaneo appare dunque un sistema
particolarmente complesso, che per alcuni aspetti mostra
ancora un’indubbia continuità con la propria tradizione
scritta, per altri rivela spinte innovative che lo
allontanano da questa. D’altra parte, la diversità delle
circostanze e delle modalità di uso determina, all’interno di una
stessa lingua, una serie di varietà, che è opportuno passare in
rassegna.
a m b i t i d i v a r i a b i l i t à
P. D’ACHILLE, L’italiano contemporaneo, Bologna, il Mulino, 2010, p. 27. Linguistica italiana (R. Fresu) Università di Cagliari a.a. 2016-2017