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Introduzione - Coretech Scientific · dell'archeometria. Se infatti il materiale ha un'emissione di...

Date post: 19-Jan-2021
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1 Introduzione Con il termine luminescenza si intende l'emissione sotto forma di radiazioni elettromagnetiche (nella regione del visibile nella maggior parte dei casi) dell'energia assorbita precedentemente in varie forme. A seconda del tipo di eccitazione si hanno vari tipi di luminescenza (termoluminescenza, fotoluminescenza, elettroluminescenza, triboluminescenza, ecc.). Una prima classificazione dei fenomeni di luminescenza può essere fatta in base al tempo che intercorre tra l’assorbimento della radiazione e l’emissione di luce. Se inferiore a 10 -8 s si parla di fluorescenza, altrimenti di fosforescenza. Un’altra caratteristica peculiare è il diverso comportamento dei due fenomeni rispetto alla temperatura. Mentre infatti l’intensità della radiazione emessa per fosforescenza aumenta con l’aumentare della temperatura, la fluorescenza non è sensibile a variazioni di temperatura. Nonostante sia allo stato solido, sia allo stato liquido che a quello gassoso si conoscano materiali luminescenti, in questo contesto verranno considerati gli aspetti generali del fenomeno solo per cristalli isolanti inorganici fosforescenti. La Luminescenza Termostimolata, comunemente nota come TSL (o semplicemente TL), consiste nell’emissione luminosa da parte di materiali durante il loro riscaldamento. Le prime osservazioni di carattere scientifico risalgono al XVII secolo ad opera di Boyle, ma il suo grande sviluppo e impiego è iniziato nei primi del ‘900 quando si riuscì a mettere in relazione la fosforescenza del materiale con la dose assorbita. Lo sviluppo della TL ha subito poi un forte incremento negli ultimi cinquant’anni supportata dallo sviluppo delle tecniche di indagine che ad essa fanno riferimento, come per esempio lo sviluppo dei rivelatori per la rivelazione di radiazioni (fotomoltiplicatori, CCD, ecc…). Al fianco della TL si è sviluppata da alcuni anni una tecnica alternativa che permette di operare una stimolazione selettiva delle trappole utilizzando radiazione elettromagnetica di opportuna lunghezza d’onda. Questa tecnica
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Page 1: Introduzione - Coretech Scientific · dell'archeometria. Se infatti il materiale ha un'emissione di fosforescenza che è proporzionale alla dose di radiazione assorbita nel tempo

Luminescenza nei cristalli

1

Introduzione

Con il termine luminescenza si intende l'emissione sotto forma di radiazioni

elettromagnetiche (nella regione del visibile nella maggior parte dei casi)

dell'energia assorbita precedentemente in varie forme. A seconda del tipo di

eccitazione si hanno vari tipi di luminescenza (termoluminescenza,

fotoluminescenza, elettroluminescenza, triboluminescenza, ecc.).

Una prima classificazione dei fenomeni di luminescenza può essere fatta in

base al tempo che intercorre tra l’assorbimento della radiazione e l’emissione di

luce. Se inferiore a 10-8 s si parla di fluorescenza, altrimenti di fosforescenza.

Un’altra caratteristica peculiare è il diverso comportamento dei due fenomeni

rispetto alla temperatura. Mentre infatti l’intensità della radiazione emessa per

fosforescenza aumenta con l’aumentare della temperatura, la fluorescenza non è

sensibile a variazioni di temperatura.

Nonostante sia allo stato solido, sia allo stato liquido che a quello gassoso si

conoscano materiali luminescenti, in questo contesto verranno considerati gli

aspetti generali del fenomeno solo per cristalli isolanti inorganici fosforescenti.

La Luminescenza Termostimolata, comunemente nota come TSL (o

semplicemente TL), consiste nell’emissione luminosa da parte di materiali

durante il loro riscaldamento. Le prime osservazioni di carattere scientifico

risalgono al XVII secolo ad opera di Boyle, ma il suo grande sviluppo e impiego è

iniziato nei primi del ‘900 quando si riuscì a mettere in relazione la

fosforescenza del materiale con la dose assorbita. Lo sviluppo della TL ha subito

poi un forte incremento negli ultimi cinquant’anni supportata dallo sviluppo

delle tecniche di indagine che ad essa fanno riferimento, come per esempio lo

sviluppo dei rivelatori per la rivelazione di radiazioni (fotomoltiplicatori, CCD,

ecc…).

Al fianco della TL si è sviluppata da alcuni anni una tecnica alternativa che

permette di operare una stimolazione selettiva delle trappole utilizzando

radiazione elettromagnetica di opportuna lunghezza d’onda. Questa tecnica

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Introduzione

2

prende il nome di Luminescenza Otticamente Stimolata, o più brevemente OSL.

Le potenzialità dell’OSL come metodo di indagine furono dedotte agli inizi degli

anni ottanta da diversi autori. Le prime analisi vennero compiute utilizzando la

luce verde a 514 nm di un laser ad Argon e successivamente la tecnica si è

evoluta in parallelo allo sviluppo della metodologia di stimolazione.

La luminescenza di quarzo e feldspati è usata oggi nel campo

dell'archeometria. Se infatti il materiale ha un'emissione di fosforescenza che è

proporzionale alla dose di radiazione assorbita nel tempo (da isotopi radioattivi

e radiazione cosmica), allora questo segnale può essere usato per risalire all'età

del campione. Questo a patto di conoscere la dose media annua di radiazione

assorbita.

Alla fine degli anni quaranta è nata l'idea di sfruttare il fenomeno della

termoluminescenza nel campo della dosimetria, sia per stimare la dose assorbita

dal corpo umano sia per valutare l'impatto ambientale delle radiazioni

ionizzanti. Il materiale con le migliori caratteristiche per questo scopo è il

fluoruro di litio (LiF) drogato con Mg e Ti. Più di recente la dosimetria si è estesa

anche alla luminescenza otticamente stimolata. I dosimetri per OSL sono di

Al2O3. L’efficienza di un dosimetro è determinata dall’efficienza di risposta alla

dose assorbita e dalla sua linearità.

Equation Section (Next)

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Luminescenza nei cristalli

3

Capitolo 1 Elementi di luminescenza

Capitolo 1

Elementi di luminescenza

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Elementi di luminescenza

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1.1 Luminescenza nei cristalli

“I cristalli sono come le persone, sono i difetti a renderli interessanti”

Un cristallo è caratterizzato da una disposizione periodica degli atomi

secondo ben definite simmetrie. Qualunque deviazione dalla struttura periodica

costituisce un difetto. Tra tutti i vari tipi, quelli che interessano il fenomeno della

luminescenza sono i difetti di punto. Quest’ultimi possono essere vacanze, atomi

interstiziali o atomi sostituzionali (Figura 1-1).

Figura 1-1 Schema dei difetti nella struttura reticolare di un cristallo ionico.

Da sinistra a destra: vacanza negativa, ione negativo interstiziale, impurezza

sostituzionale.

I solidi cristallini possono essere classificati in base alle loro proprietà

elettriche in isolanti, semiconduttori e metalli. Ciò che li distingue, tra le altre

cose, è l’eventuale presenza (e quindi l’ampiezza) di un gap tra il livello occupato

a più alta energia (livello di Fermi) e il livello non occupato a più bassa.

Un semplice modello che descrive in modo soddisfacente lo spostamento di

carica all’interno di un solido e permette di affrontare il fenomeno della

luminescenza è il Modello a Bande di Energia.

La presenza di difetti di punto in un materiale solido cristallino porta alla

rottura del potenziale periodico del cristallo nell’intorno del difetto stesso il che

provoca la creazione di stati elettronici all’interno del gap (Figura 1-2).

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Luminescenza nei cristalli

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Si tratta di stati localizzati, comunemente definiti livelli di trappola se

ricevono e cedono elettroni in banda di conduzione o centri di ricombinazione se

ricevono elettroni dalla banda di conduzione e li cedono in banda di valenza (o

equivalentemente ricevono una lacuna dalla banda di valenza).

Figura 1-2 Schema semplificato di un isolante in cui è presente un solo tipo

di impurezza.

La funzione di accettori di cariche positive o negative da parte dei difetti di

punto è legata alla probabilità loro associata di intrappolare elettroni liberi e alla

posizione all’interno del gap (comunemente definita profondità di trappola). La

probabilità di intrappolamento, che dipende da concentrazione e velocità delle

cariche libere e dalla sezione d’urto di cattura associata alle trappole, verrà

trattata nel paragrafo successivo.

Un elettrone su un livello di trappola è in uno stato metastabile. La

transizione da questo livello allo stato fondamentale infatti è proibita dalle

regole di selezione e i tempi di rilassamento possono essere molto lunghi (a

temperatura ambiente anche dell’ordine di miliardi di anni).

Questo è il vero fattore discriminante tra fluorescenza e fosforescenza, cioè la

presenza o assenza di livelli di trappola. Distinguere i due fenomeni in base al

tempo che intercorre tra assorbimento ed emissione, come descritto

nell’introduzione, non è del tutto corretto. La differenza nel tempo di vita dello

stato eccitato è infatti solo una conseguenza della diversa struttura a bande.

È possibile schematizzare il processo che dà luogo a fosforescenza in un

cristallo isolante dividendolo in due fasi:

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Elementi di luminescenza

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1) Irraggiamento e intrappolamento.

Un cristallo inorganico naturale si trova costantemente sottoposto ad

irraggiamento da parte della radiazione ionizzante ambientale principalmente

costituita da raggi α, β e γ emessa dai radionuclidi della crosta terrestre (vedi

Appendice Errore. L'origine riferimento non è stata trovata.: Errore.

L'origine riferimento non è stata trovata.) e dai raggi cosmici. L’energia

ceduta dalla radiazione viene trasferita agli elettroni che vengono promossi per

la maggior parte dalla banda di valenza alla banda di conduzione. Gli elettroni in

banda di conduzione e le vacanze in banda di valenza sono ora relativamente

liberi di muoversi all’interno del reticolo e possono venire “catturati”

rispettivamente dai livelli di trappola e dai centri di ricombinazione

La natura metastabile e la profondità del livello di trappola (centro T)

impediscono agli elettroni di effettuare una transizione in BV o BC, anche se è

opportuno sottolineare (e se ne discuterà in seguito) che esistono casi in cui

questo non è sempre.

Figura 1-3 Irraggiamento e intrappolamento dell’elettrone nella trappola

(Centro T).

2) Stimolazione ed emissione.

Affinché le cariche confinate nelle trappole vengano liberate è necessario

fornire una certa energia d’attivazione al sistema. Se quest’energia è fornita

termicamente si parla di termoluminescenza, se fornita da una radiazione

elettromagnetica si parla di optoluminescenza (OSL).

In tutti i casi, comunque, il processo di rilassamento (e quindi emissione di

radiazione elettromagnetica) avviene allo stesso modo: l’elettrone acquista

energia sufficiente per tornare in banda di conduzione e da qui decade in modo

radiativo su un centro di ricombinazione (centro R).

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Descrizione analitica

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Figura 1-4 Stimolazione e ricombinazione dell’elettrone nella lacuna (Centro

R).

Nonostante questa semplice trattazione non tenga conto di processi più

complessi, come il reintrappolamento dell’elettrone o la ricombinazione non

radiativa (eventi meno probabili e quindi secondari), essa fornisce in maniera

esauriente una descrizione qualitativa del fenomeno.

È indispensabile sottolineare che in un reticolo cristallino la presenza di un

solo tipo di impurezza è una semplificazione e che la situazione più verosimile

verrà illustrata nei paragrafi successivi.

1.2 Descrizione analitica

In questo paragrafo verrà descritto in modo formale l’andamento

dell’intensità di emissione di luminescenza in funzione del tempo. Verranno

esaminati diversi sistemi, dal caso più semplice a quelli più complessi.

Cinetica del 1° ordine

Nel sistema più semplice che possiamo ipotizzare, cioè con un solo livello di

trappola (Figura 1-2) si ha che l’intensità della radiazione emessa nel tempo alla

temperatura T fissata è legata alla variazione di concentrazione degli elettroni

nelle trappole. La relazione che regola il fenomeno è la seguente

dnI(t) = -C = CnP

dt (1.1)

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Elementi di luminescenza

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n = numero di elettroni intrappolati C = costante di proporzionalità

La probabilità nell’unità di tempo P che un elettrone venga liberato da una

trappola e promosso in BC è:

τ1

P = (1.2)

dove

τ

E-

kT1

= se (1.3)

E = profondità della trappola

Il preesponenziale s è un fattore di frequenza

= νS

ks Ke (1.4)

ν = numero d’interazioni dell’elettrone intrappolato con le vibrazioni fononiche del reticolo cristallino K = costante di probabilità di transizione ∆S = variazione entropica legata al processo

I valori assunti da s sono quelli tipici della frequenza di Debye (106 – 1014 s–1).

Integrando la (1.1) si ottiene l’andamento dell’intensità emessa in funzione del

tempo, per un campione sottoposto a stimolazione costante.

τ=t

-

0I I e (1.5)

I0 = intensità iniziale τ = vita media degli elettroni nelle trappole

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Descrizione analitica

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La (1.5) mostra come, per un modello semplificato, l’andamento della

fosforescenza risulta essere un’esponenziale semplice. In questo caso si parla di

decadimento o cinetica del primo ordine.

Come già accennato tuttavia un modello di questo tipo non descrive il

fenomeno in maniera esaustiva.

Cinetica di ordine diverso dal 1°

Come in ogni sistema fisico dinamico una cinetica di ordine diverso dal 1° è

determinata dalla presenza di diversi stati evolutivi del sistema.

Nel caso della luminescenza questo significa che l’elettrone può seguire

diversi cammini oltre a T → BC → R, come descritto dal paragrafo precedente.

Quando l’andamento dell’intensità emessa non è quello di un’esponenziale

semplice, le ragioni possono essere principalmente 3:

1) Livelli multipli di centri T ed R.

La trattazione è notevolmente semplificata in presenza di diversi livelli di

trappole e un solo centro di ricombinazione o di un solo livello di trappola e

diversi centri di ricombinazione (Figura 1.6). In questi casi avremo infatti

semplici elaborazioni del modello di cinetica del 1° ordine con espressioni

dell’intensità in funzione del tempo date dalla somma di più termini del tipo

della (1.5).

Figura 1-5 Un sistema con diversi livelli di trappola (sinistra) e un sistema

con diversi livelli di centri di ricombinazione (destra).

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Elementi di luminescenza

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2) Reintrappolamento.

Consideriamo ora il caso in cui non sia più trascurabile la probabilità di

reintrappolamento (retrapping) degli elettroni liberati. Questo fenomeno è

mostrato in Figura 1-6 e coinvolge gli elettroni promossi in banda di conduzione,

prima che questi decadano sui centri R.

Figura 1-6 Fenomeno del retrapping.

Quando è presente questo fenomeno l’andamento dell’intensità ha la forma

( )=

α +0

2

0

II(t)

n t 1(1.6)

α = α(T), fattore che tiene conto della probabilità di reintrappolamento

3) Decadimento non radiativo.

Si ha ricombinazione non radiativa quando la dissipazione di energia dello stato eccitato non è accompagnata dall’emissione di radiazione elettromagnetica. Esempi di fenomeni di questo tipo sono il decadimento termico, in cui l’energia viene dissipata attraverso la promozione di vibrazioni fononiche nel cristallo, e i processi di formazione di elettroni Auger, cioè elettroni secondari emessi in seguito all’assorbimento di una radiazione elettromagnetica generata nel rilassamento del sistema da uno stato eccitato.

Il contributo dei fenomeni di decadimento non radiativo è espresso da un

fattore detto “efficienza di luminescenza”

( )η = =+

r r

r nr

P P

P P P(1.7)

Pr = probabilità di ricombinazione radiativa

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Luminescenza termicamente stimolata

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Pnr = probabilità di ricombinazione non radiativa

Quindi in presenza di decadimento non radiativo la (1.5) va riscritta come

−ητ=t

0I I e (1.8)

1.3 Luminescenza termicamente stimolata

Dalla (1.3) sappiamo che la probabilità di emissione radiativa è legata

esponenzialmente alla temperatura. Deduciamo quindi che è possibile stimolare

la luminescenza agendo termicamente sul sistema.

Tipicamente la TL viene osservata riscaldando il materiale da temperatura

ambiente fino a 500 °C e registrando l’intensità della radiazione emessa in

funzione della temperatura. La curva ottenuta, detta glow-curve, presenta uno o

più picchi distinti a diverse temperature, ciascuno dovuto all’emissione

termostimolata di elettroni da trappole di profondità differente.

Figura 1-7 Esempio di segnale di TL del quarzo prodotto da irraggiamento

artificiale.

0

5000

10000

15000

0 100 200 300 400 500

T (°C)

ITL

(a.u

.)

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Elementi di luminescenza

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La descrizione analitica del modello a due livelli (Figura 1-3 e Figura 1-4) è il

frutto di diversi lavori. Secondo Chen, McKeever e Durrani (1981) il fenomeno

può essere descritto dal seguente sistema di equazioni

( )

( )

( )

= − = − − = − − = − −

c

cc h r

vv h h h

hh v h h r c h

dnn N n A

dtdn dn

f n n Adt dt

dnf n N n A

dtdn

A n N n A n ndt

(1.9)

nc = concentrazioni di elettroni liberi (cioè in banda di conduzione) n = concentrazioni di elettroni intrappolati N = concentrazione delle trappole nv = concentrazione di lacune libere (cioè in banda di valenza) nh = concentrazione di lacune nei centri di ricombinazione (cioè concentrazione di centri di ricombinazione disponibili) Nh = concentrazione dei centri di ricombinazione A = probabilità di reintrappolamento degli elettroni Ar = probabilità di ricombinazione radiativa elettrone–lacuna Ah = probabilità di intrappolamento delle lacune f = tasso di produzione coppie elettrone–lacuna

Tutte le concentrazioni appena citate sono da intendersi come densità di stati.

Quindi per esempio n sarà uguale alla densità di stati occupati con energia pari a

ET (energia dei livelli di trappola).

A ciascuno dei centri coinvolti è associata una sezione d’urto di cattura per le

cariche libere. Potremo esprimere la probabilità di reintrappolamento come

∝ σA v (1.10)

v = la velocità delle cariche libere in BV e BC σ = sezione d’urto di cattura

Alle equazioni (1.9) va associata l’equazione di neutralità

+ = +v h cn n n n (1.11)

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Luminescenza termicamente stimolata

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Durante i pochi minuti di esecuzione di una misura possiamo considerare

trascurabile la produzione di coppie elettrone-lacuna (f ≈ 0, nv ≈ 0). Inoltre a

causa dell’aumento di temperatura la probabilità P di emissione elettronica dalle

trappole diventa significativa. La variazione di elettroni intrappolati (dn/dt) è

uguale alla variazione di lacune nei centri di ricombinazione (dnh/dt) e il set di

equazioni (1.9) si riduce alla coppia

( )

( )

= − − − = − −

cc c h r

c

dnnP n N n A n n A

dtdn

n N n A nPdt

(1.12)

più l’equazione di neutralità

= +h cn n n (1.13)

Lo studio approfondito delle emissioni TL affiancato ad altri metodi di

indagine dei difetti di punto, ha messo in luce l’esistenza di un ulteriore tipo di

trappole all’interno del gap, le cosiddette Trappole Termicamente Disconnesse.

Questi difetti sono in grado di catturare elettroni durante l’irraggiamento del

materiale, ma il loro stato di carica rimane invariato durante il riscaldamento.

La presenza di questo tipo di difetti ha l’effetto di aumentare il numero di

centri di ricombinazione secondo la relazione

= + +h cn m n n (1.14)

m = concentrazione di trappole termicamente disconnesse

Per rendere possibile la soluzione analitica del sistema di equazioni

differenziali (1.12) adottiamo l’approssimazione di quasi equilibrio in cui si

assume che:

• La concentrazione di elettroni intrappolati è sempre molto più elevata

della concentrazione di elettroni in BC: =cn n

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Elementi di luminescenza

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• La velocità di variazione della concentrazione di elettroni in BC è molto

più bassa di quella degli elettroni intrappolati: & &=cn n

Se si considera trascurabile la probabilità che gli elettroni vengano

reintrappolati rispetto alla probabilità che si ricombinino radiativamente (A <<

Ar) e si suppone costante il tasso di crescita β della temperatura del materiale,

allora risolvendo la (1.12) si ottiene

− − = − β

∫0

E ET(t)

kT(t) kT(t)TL 0 T

sI (t) n se exp e dT (1.15)

La (1.15) fu dedotta da Randall e Wilkins (1945) ed è valida per una cinetica

del primo ordine, anche in presenza di trappole termicamente disconnesse.

Se la probabilità di reintrappolamento non può essere ritenuta trascurabile

l’ordine della cinetica cambia. L’espressione generale per cinetiche di ordine

generico è dovuta a Chen (Chen et al., 1981).

− −

α β =

−α β

0

0

E ET(t)2 kT(t) kT(t)

T

TL 2E

T(t)kT(t)

T

ms's'm exp e dT e

I (t)ms'

exp e dT

(1.16)

dove = +s' s(N n) e α =+0

0

n

n m

Anche questa espressione è valida indipendentemente dalla presenza o

assenza di trappole termicamente disconnesse.

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Luminescenza otticamente stimolata

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1.4 Luminescenza otticamente stimolata

In alternativa alla stimolazione termica, una radiazione elettromagnetica di

appropriata lunghezza d’onda può indurre il passaggio di elettroni dalle trappole

otticamente sensibili alla banda di conduzione.

In questo caso la velocità di svuotamento delle trappole è legato al tasso di

fotoni incidenti sul cristallo (ovvero alla densità di potenza di illuminazione) e

alla sezione d’urto di cattura fotonica degli elettroni intrappolati.

Come è stato dimostrato (Spooner 1994) il processo di emissione consiste in

una singola interazione fotone–elettrone. La probabilità di emissione degli

elettroni nll’unità di tempo assume la forma

= φσP (1.17)

φ = illuminazione (flusso di fotoni sul campione) σ = sezione d’urto di fotoionizzazione delle trappole

1) Sistema semplice.

In un sistema semplice, costituito da un solo tipo di trappole e di centri di

ricombinazione, trascurando il retrapping e assumendo che il processo di

ricombinazione avvenga esclusivamente per passaggio degli elettroni attraverso

la BC, l’intensità del segnale OSL è descritto dalla (1.1) e (1.5), cioè

−τ= − = =t

OSL 0

dnI (t) C CnP I e

dt (1.18)

Un segnale di OSL quindi è costituito da una curva di decadimento

dell’intensità emessa che, nel caso più semplice, avrà un andamento

esponenziale.

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Elementi di luminescenza

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Figura 1-8 Tipico segnale di luminescenza otticamente stimolata.

2) Livelli multipli di trappole.

In presenza di due o più livelli di trappola l’espressione del decadimento

risulta essere la somma di diversi andamenti esponenziali della forma della

(1.18)

− −τ τ = − + − + = + +

1 2

t t

1 2OSL 01 02

dn dnI (t) ... I e I e ...

dt dt (1.19)

3) Reintrappolamento.

Come descritto nel paragrafo dedicato alla TL, spesso si osserva l’esistenza di

livelli di trappola che possono entrare in competizione con i centri di

ricombinazione catturando gli elettroni liberi. Questo fenomeno contribuisce a

modificare il segnale emesso riducendone l’intensità iniziale e modificandone

l’andamento.

Ammettendo che le trappole in questione siano abbastanza profonde da

rendere nulla la riemissione termica e che non siano otticamente sensibili

avremo allora

( )− −τ τ= − = − −t t

2OSL 01 01 c 2 2 2

dnI (t) n Pe n Pe n N n A

dt (1.20)

0

2000

4000

6000

8000

10000

0 10 20 30 40 50

t (s)

IOSL

(a.u

.)

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Luminescenza otticamente stimolata

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(N2 – n2) = concentrazione di trappole libere di tipo 2 A2 = probabilità di intrappolamento degli elettroni liberi nella trappola di tipo 2

Se invece questi livelli di trappola sono poco profondi (shallow traps) e la

temperatura di misura è sufficientemente elevata da operare il loro svuotamento

si ha

( ) −= − −

E2 kT

c 2 2 2 2

dnn N n A n se

dt (1.21)

4) Livelli multipli di centri di ricombinazione.

Un’ultima osservazione riguarda la possibilità che nel cristallo siano presenti

più livelli di centri di ricombinazione. Esaminiamo il caso di 2 centri, uno

radiativo (con concentrazione di centri disponibili m1) e uno non radiativo (con

concentrazione di centri disponibili m2). L’espressione dell’intensità diventa

−τ= +t

2OSL c

dmI (t) n Pe

dt(1.22)

Nel caso in cui i due centri abbiano la stessa sezione d’urto di cattura è

possibile definire il rapporto m1/m2 = C da cui

−τ =

t0

OSL

II (t) e

C(1.23)

5) Cristallo reale.

Va tenuto presente che in un cristallo reale coesistono tutti i fattori che danno

luogo ai complessi processi sopradescritti (Figura 1-9). Livelli multipli di

trappole e di centri di ricombinazione, trappole competitive e centri di

ricombinazione non radiativi contribuiscono tutti a una cinetica di ordine

diverso dal primo.

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Elementi di luminescenza

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Figura 1-9 Modello combinato comprendente 2 livelli di trappola di cui un

competitiva e 2 livelli di centri di ricombinazione.

1.5 Il quarzo

Tra le molte specie cristalline naturali che presentano proprietà luminescenti

ricopre un ruolo di rilievo il quarzo (SiO2). È un isolante con gap di 9 eV e

struttura tetraedrica. A pressione ambiente ha quattro diverse fasi solide:

Quarzo α (sotto i 573 °C), Quarzo β (tra 573 °C e 870 °C), Tridimite (tra 870 °C e

1470 °C) e Crisobalite (tra 1470 °C e Tfus).

Figura 1-10 Diagramma di fase di SiO2.

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Il quarzo

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I difetti estrinseci del quarzo si possono raggruppare in due classi:

• Ioni sostituzionali del silicio, come ioni di Fe, Ge, Cr e soprattutto Al. Non

sono mai state osservate sostituzioni di atomi di ossigeno.

• Ioni interstiziali.

I difetti intrinseci sono invece dovuti principalmente a vacanze di ossigeno, e

vengono solitamente divisi in due classi:

• Difetti paramagnetici, contenenti un elettrone spaiato. Nel quarzo

cristallino si formano quando i legami Si-O si rompono a causa della

deformazione prodotta da una vacanza di ossigeno vicina. L’elettrone

spaiato è sull’orbitale ibrido sp3 del silicio.

• Difetti diamagnetici, senza elettroni spaiati.

I livelli di trappola nel quarzo

Il quarzo possiede trappole sensibili a stimolazione sia termica che ottica.

Questa caratteristica permette di eseguire su questo materiale sia misure di

Termoluminescenza che di Luminescenza Otticamente Stimolata e di

confrontarle per ricavare informazioni più complete rispetto al comportamento

del minerale.

I numerosi studi di TL effettuati sul quarzo hanno mostrato l’esistenza di

quattro importanti picchi di emissione (Figura 1-7):

• Picco a 110°C. Il tempo di vita degli elettroni sui livelli associati a questo

picco è solamente di qualche ora. È quindi impossibile osservare questo

picco su campioni non irraggiati artificialmente.

• Picco a 210°C. Questo picco, ancora poco studiato, in alcuni casi compare

dopo trattamenti ad alte temperature (molte centinaia di gradi). Alle volte

è anche accompagnato da un secondo picco che compare a una

temperatura di poche decine di gradi inferiore.

• Picco a 325°C. È quello di maggiore interesse in questo lavoro di tesi

perché le trappole ad esso associate sono otticamente sensibili. Le

trappole che svuotiamo termicamente a 325 °C sono quindi le stesse che

svuotiamo otticamente con una radiazione di lunghezza d’onda di 514 nm

(verde) o inferiore. Per questo motivo il picco a 325°C è definito “easy to

bleach”.

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Elementi di luminescenza

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• Picco a 375°C. Comunemente definito “hard to bleach” per via della

relativa insensibilità alla stimolazione ottica e all’elevata profondità delle

trappole associate.

Bisogna sottolineare però che le temperature a cui si manifestano i picchi in

una glow-curve possono trovarsi tutti traslati verso valori maggiori o minori

anche di qualche decina di grado. Va ricordato infatti che la posizione dei picchi

è strettamente legata alla velocità di crescita della temperatura β (equazioni

(1.15) o (1.16)). I valori di temperatura appena indicati si riferiscono ad una

velocità di riscaldamento di 20 °C/s.

L’importanza del quarzo

Il ruolo di protagonista del quarzo nel campo della luminescenza a fine

archeometrico è molto semplice: la crosta terrestre è composta quasi

completamente da silicati e silice, che costituiscono la maggior parte di tutte le

rocce, terreni, argille, sabbie e prodotti di frantumazione delle rocce. Tutti i

materiali inorganici da costruzione, dai graniti ai prodotti artificiali come i

mattoni, i cementi, le ceramiche e i vetri, sono silicati.

In questo lavoro di tesi tutte le misure sono sempre state eseguite su campioni

di quarzo e in seguito, anche quando non specificato, grafici e descrizioni di

fenomeni di luminescenza saranno sempre riferiti a questo materiale.

1.6 Luminescenza e archeometria

Esistono diverse metodologie di datazione con le quali è possibile datare

praticamente ogni composto naturale. Mentre il radiocarbonio domina nel capo

dei composti organici, la luminescenza è sicuramente la principale tecnica di

datazione dei silicati.

Ogni tecnica, oltre a distinguersi per i materiali su cui può essere applicata, si

distingue anche per l’intervallo temporale su cui può investigare (Figura 1-11).

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Luminescenza e archeometria

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Figura 1-11 Intervalli temporali di applicazione dei diversi metodi di

datazione.

Datazione attraverso luminescenza

Ogni materiale riceve una dose continua di radiazioni α, β e γ che lentamente

negli anni carica le trappole. I responsabili di questo irraggiamento sono gli

elementi radioattivi presenti nel materiale (U-235, U-238, Th-232, i figli dei

precedenti e il K-40, vedi Appendice Errore. L'origine riferimento non è

stata trovata.) e i raggi cosmici (seppur con un contributo che è circa un ordine

di grandezza in meno rispetto a quello degli isotopi radioattivi).

La datazione di un campione inizia dal momento in cui esso viene azzerato,

ossia ne vengono svuotate le trappole. È da questo istante che parte il suo

orologio naturale.

In maniera molto schematica, che si tratti di TL o OSL, per stabilire l’età di un

campione, o meglio il tempo trascorso dall’ultimo evento di azzeramento, si deve

operare come segue:

• Misurare l’intensità del segnale naturale del campione.

• Ricostruire, attraverso irraggiamenti artificiali, la curva di emissione in

funzione della dose assorbita (Figura 1-12).

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Elementi di luminescenza

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• Trovare dalla curva ottenuta la dose relativa al segnale naturale (Figura

1-12).

• Stimare la dose annua assorbita dal campione. Ciò è fatto attraverso

un’analisi della concentrazione di isotopi radioattivi nel campione,

dell’umidità del sito e della sua esposizione ai raggi cosmici.

Figura 1-12 Curva di crescita del segnale di luminescenza in funzione della

dose assorbita. Una volta costruita la curva si posiziona su di essa il segnale

naturale (punto bianco) e se ne estrapola la dose equivalente.

A questo punto l’età del campione viene calcolata attraverso una semplice

operazione

= Dose AssorbitaEtà

Dose Annua(1.24)

Applicazioni di TL e OSL

Abbiamo visto precedentemente che mentre tutti e quattro i picchi del quarzo

sono sensibili alla temperatura, solo il picco a 325°C è sensibile alla luce. Questo

fattore determina il differente campo di applicazione delle tecniche di TL e OSL.

Facciamo subito un esempio pratico: vogliamo datare una ceramica antica

rinvenuta durante uno scavo archeologico e a questo scopo prepariamo dei

campioni prelevando materiale ceramico dalla superficie del manufatto. L’evento

di azzeramento è la cottura. La sua esposizione a una temperatura di circa 1000

°C infatti svuota completamente le quattro trappole del quarzo. Se quindi con la

TL ci basassimo sul segnale emesso ad alte temperature in una zona che coincide

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Luminescenza e archeometria

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principalmente col 4° picco (per es. l’area della curva compresa tra 390 e

400 °C) otterremmo una stima della sua età, cioè del momento della cottura. Se

invece ci basassimo sulla zona compresa tra 320 e 330 °C avremmo una stima

del momento della sua sepoltura, poiché in quell’intervallo di temperature cade

il 3° picco (quello otticamente sensibile). Presumiamo infatti che le trappole

otticamente sensibili siano state vuote fintanto che il vaso era esposto alla luce.

Bisogna sottolineare però che i picchi del quarzo in una glow-curve sono molto

sovrapposti (Figura 1-7) e non è facile deconvolverli. Il segnale di TL emesso tra

320 e 330 °C avrà quindi anche dei contributi dovuti alle code dei due picchi

adiacenti. Per questo motivo, quando lo scopo è la datazione dell’ultima

esposizione alla luce di un campione, mi affido all’OSL che mi dà la sicurezza di

un’indagine selettiva sulle trappole otticamente sensibili.

Per questa ragione la grande applicazione dell’OSL in campo archeometrico è

quello della stratigrafia. Volendo stimare l’età di uno strato roccioso nel

sottosuolo dovrò per forza di cose basarmi sulla sua ultima esposizione alla luce,

in quanto il suo ultimo azzeramento termico sarà molto più antico, coincidendo

con la formazione del minerale anziché con la sua sepoltura.


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