Luminescenza nei cristalli
1
Introduzione
Con il termine luminescenza si intende l'emissione sotto forma di radiazioni
elettromagnetiche (nella regione del visibile nella maggior parte dei casi)
dell'energia assorbita precedentemente in varie forme. A seconda del tipo di
eccitazione si hanno vari tipi di luminescenza (termoluminescenza,
fotoluminescenza, elettroluminescenza, triboluminescenza, ecc.).
Una prima classificazione dei fenomeni di luminescenza può essere fatta in
base al tempo che intercorre tra l’assorbimento della radiazione e l’emissione di
luce. Se inferiore a 10-8 s si parla di fluorescenza, altrimenti di fosforescenza.
Un’altra caratteristica peculiare è il diverso comportamento dei due fenomeni
rispetto alla temperatura. Mentre infatti l’intensità della radiazione emessa per
fosforescenza aumenta con l’aumentare della temperatura, la fluorescenza non è
sensibile a variazioni di temperatura.
Nonostante sia allo stato solido, sia allo stato liquido che a quello gassoso si
conoscano materiali luminescenti, in questo contesto verranno considerati gli
aspetti generali del fenomeno solo per cristalli isolanti inorganici fosforescenti.
La Luminescenza Termostimolata, comunemente nota come TSL (o
semplicemente TL), consiste nell’emissione luminosa da parte di materiali
durante il loro riscaldamento. Le prime osservazioni di carattere scientifico
risalgono al XVII secolo ad opera di Boyle, ma il suo grande sviluppo e impiego è
iniziato nei primi del ‘900 quando si riuscì a mettere in relazione la
fosforescenza del materiale con la dose assorbita. Lo sviluppo della TL ha subito
poi un forte incremento negli ultimi cinquant’anni supportata dallo sviluppo
delle tecniche di indagine che ad essa fanno riferimento, come per esempio lo
sviluppo dei rivelatori per la rivelazione di radiazioni (fotomoltiplicatori, CCD,
ecc…).
Al fianco della TL si è sviluppata da alcuni anni una tecnica alternativa che
permette di operare una stimolazione selettiva delle trappole utilizzando
radiazione elettromagnetica di opportuna lunghezza d’onda. Questa tecnica
Introduzione
2
prende il nome di Luminescenza Otticamente Stimolata, o più brevemente OSL.
Le potenzialità dell’OSL come metodo di indagine furono dedotte agli inizi degli
anni ottanta da diversi autori. Le prime analisi vennero compiute utilizzando la
luce verde a 514 nm di un laser ad Argon e successivamente la tecnica si è
evoluta in parallelo allo sviluppo della metodologia di stimolazione.
La luminescenza di quarzo e feldspati è usata oggi nel campo
dell'archeometria. Se infatti il materiale ha un'emissione di fosforescenza che è
proporzionale alla dose di radiazione assorbita nel tempo (da isotopi radioattivi
e radiazione cosmica), allora questo segnale può essere usato per risalire all'età
del campione. Questo a patto di conoscere la dose media annua di radiazione
assorbita.
Alla fine degli anni quaranta è nata l'idea di sfruttare il fenomeno della
termoluminescenza nel campo della dosimetria, sia per stimare la dose assorbita
dal corpo umano sia per valutare l'impatto ambientale delle radiazioni
ionizzanti. Il materiale con le migliori caratteristiche per questo scopo è il
fluoruro di litio (LiF) drogato con Mg e Ti. Più di recente la dosimetria si è estesa
anche alla luminescenza otticamente stimolata. I dosimetri per OSL sono di
Al2O3. L’efficienza di un dosimetro è determinata dall’efficienza di risposta alla
dose assorbita e dalla sua linearità.
Equation Section (Next)
Luminescenza nei cristalli
3
Capitolo 1 Elementi di luminescenza
Capitolo 1
Elementi di luminescenza
Elementi di luminescenza
4
1.1 Luminescenza nei cristalli
“I cristalli sono come le persone, sono i difetti a renderli interessanti”
Un cristallo è caratterizzato da una disposizione periodica degli atomi
secondo ben definite simmetrie. Qualunque deviazione dalla struttura periodica
costituisce un difetto. Tra tutti i vari tipi, quelli che interessano il fenomeno della
luminescenza sono i difetti di punto. Quest’ultimi possono essere vacanze, atomi
interstiziali o atomi sostituzionali (Figura 1-1).
Figura 1-1 Schema dei difetti nella struttura reticolare di un cristallo ionico.
Da sinistra a destra: vacanza negativa, ione negativo interstiziale, impurezza
sostituzionale.
I solidi cristallini possono essere classificati in base alle loro proprietà
elettriche in isolanti, semiconduttori e metalli. Ciò che li distingue, tra le altre
cose, è l’eventuale presenza (e quindi l’ampiezza) di un gap tra il livello occupato
a più alta energia (livello di Fermi) e il livello non occupato a più bassa.
Un semplice modello che descrive in modo soddisfacente lo spostamento di
carica all’interno di un solido e permette di affrontare il fenomeno della
luminescenza è il Modello a Bande di Energia.
La presenza di difetti di punto in un materiale solido cristallino porta alla
rottura del potenziale periodico del cristallo nell’intorno del difetto stesso il che
provoca la creazione di stati elettronici all’interno del gap (Figura 1-2).
Luminescenza nei cristalli
5
Si tratta di stati localizzati, comunemente definiti livelli di trappola se
ricevono e cedono elettroni in banda di conduzione o centri di ricombinazione se
ricevono elettroni dalla banda di conduzione e li cedono in banda di valenza (o
equivalentemente ricevono una lacuna dalla banda di valenza).
Figura 1-2 Schema semplificato di un isolante in cui è presente un solo tipo
di impurezza.
La funzione di accettori di cariche positive o negative da parte dei difetti di
punto è legata alla probabilità loro associata di intrappolare elettroni liberi e alla
posizione all’interno del gap (comunemente definita profondità di trappola). La
probabilità di intrappolamento, che dipende da concentrazione e velocità delle
cariche libere e dalla sezione d’urto di cattura associata alle trappole, verrà
trattata nel paragrafo successivo.
Un elettrone su un livello di trappola è in uno stato metastabile. La
transizione da questo livello allo stato fondamentale infatti è proibita dalle
regole di selezione e i tempi di rilassamento possono essere molto lunghi (a
temperatura ambiente anche dell’ordine di miliardi di anni).
Questo è il vero fattore discriminante tra fluorescenza e fosforescenza, cioè la
presenza o assenza di livelli di trappola. Distinguere i due fenomeni in base al
tempo che intercorre tra assorbimento ed emissione, come descritto
nell’introduzione, non è del tutto corretto. La differenza nel tempo di vita dello
stato eccitato è infatti solo una conseguenza della diversa struttura a bande.
È possibile schematizzare il processo che dà luogo a fosforescenza in un
cristallo isolante dividendolo in due fasi:
Elementi di luminescenza
6
1) Irraggiamento e intrappolamento.
Un cristallo inorganico naturale si trova costantemente sottoposto ad
irraggiamento da parte della radiazione ionizzante ambientale principalmente
costituita da raggi α, β e γ emessa dai radionuclidi della crosta terrestre (vedi
Appendice Errore. L'origine riferimento non è stata trovata.: Errore.
L'origine riferimento non è stata trovata.) e dai raggi cosmici. L’energia
ceduta dalla radiazione viene trasferita agli elettroni che vengono promossi per
la maggior parte dalla banda di valenza alla banda di conduzione. Gli elettroni in
banda di conduzione e le vacanze in banda di valenza sono ora relativamente
liberi di muoversi all’interno del reticolo e possono venire “catturati”
rispettivamente dai livelli di trappola e dai centri di ricombinazione
La natura metastabile e la profondità del livello di trappola (centro T)
impediscono agli elettroni di effettuare una transizione in BV o BC, anche se è
opportuno sottolineare (e se ne discuterà in seguito) che esistono casi in cui
questo non è sempre.
Figura 1-3 Irraggiamento e intrappolamento dell’elettrone nella trappola
(Centro T).
2) Stimolazione ed emissione.
Affinché le cariche confinate nelle trappole vengano liberate è necessario
fornire una certa energia d’attivazione al sistema. Se quest’energia è fornita
termicamente si parla di termoluminescenza, se fornita da una radiazione
elettromagnetica si parla di optoluminescenza (OSL).
In tutti i casi, comunque, il processo di rilassamento (e quindi emissione di
radiazione elettromagnetica) avviene allo stesso modo: l’elettrone acquista
energia sufficiente per tornare in banda di conduzione e da qui decade in modo
radiativo su un centro di ricombinazione (centro R).
Descrizione analitica
7
Figura 1-4 Stimolazione e ricombinazione dell’elettrone nella lacuna (Centro
R).
Nonostante questa semplice trattazione non tenga conto di processi più
complessi, come il reintrappolamento dell’elettrone o la ricombinazione non
radiativa (eventi meno probabili e quindi secondari), essa fornisce in maniera
esauriente una descrizione qualitativa del fenomeno.
È indispensabile sottolineare che in un reticolo cristallino la presenza di un
solo tipo di impurezza è una semplificazione e che la situazione più verosimile
verrà illustrata nei paragrafi successivi.
1.2 Descrizione analitica
In questo paragrafo verrà descritto in modo formale l’andamento
dell’intensità di emissione di luminescenza in funzione del tempo. Verranno
esaminati diversi sistemi, dal caso più semplice a quelli più complessi.
Cinetica del 1° ordine
Nel sistema più semplice che possiamo ipotizzare, cioè con un solo livello di
trappola (Figura 1-2) si ha che l’intensità della radiazione emessa nel tempo alla
temperatura T fissata è legata alla variazione di concentrazione degli elettroni
nelle trappole. La relazione che regola il fenomeno è la seguente
dnI(t) = -C = CnP
dt (1.1)
Elementi di luminescenza
8
n = numero di elettroni intrappolati C = costante di proporzionalità
La probabilità nell’unità di tempo P che un elettrone venga liberato da una
trappola e promosso in BC è:
τ1
P = (1.2)
dove
τ
E-
kT1
= se (1.3)
E = profondità della trappola
Il preesponenziale s è un fattore di frequenza
∆
= νS
ks Ke (1.4)
ν = numero d’interazioni dell’elettrone intrappolato con le vibrazioni fononiche del reticolo cristallino K = costante di probabilità di transizione ∆S = variazione entropica legata al processo
I valori assunti da s sono quelli tipici della frequenza di Debye (106 – 1014 s–1).
Integrando la (1.1) si ottiene l’andamento dell’intensità emessa in funzione del
tempo, per un campione sottoposto a stimolazione costante.
τ=t
-
0I I e (1.5)
I0 = intensità iniziale τ = vita media degli elettroni nelle trappole
Descrizione analitica
9
La (1.5) mostra come, per un modello semplificato, l’andamento della
fosforescenza risulta essere un’esponenziale semplice. In questo caso si parla di
decadimento o cinetica del primo ordine.
Come già accennato tuttavia un modello di questo tipo non descrive il
fenomeno in maniera esaustiva.
Cinetica di ordine diverso dal 1°
Come in ogni sistema fisico dinamico una cinetica di ordine diverso dal 1° è
determinata dalla presenza di diversi stati evolutivi del sistema.
Nel caso della luminescenza questo significa che l’elettrone può seguire
diversi cammini oltre a T → BC → R, come descritto dal paragrafo precedente.
Quando l’andamento dell’intensità emessa non è quello di un’esponenziale
semplice, le ragioni possono essere principalmente 3:
1) Livelli multipli di centri T ed R.
La trattazione è notevolmente semplificata in presenza di diversi livelli di
trappole e un solo centro di ricombinazione o di un solo livello di trappola e
diversi centri di ricombinazione (Figura 1.6). In questi casi avremo infatti
semplici elaborazioni del modello di cinetica del 1° ordine con espressioni
dell’intensità in funzione del tempo date dalla somma di più termini del tipo
della (1.5).
Figura 1-5 Un sistema con diversi livelli di trappola (sinistra) e un sistema
con diversi livelli di centri di ricombinazione (destra).
Elementi di luminescenza
10
2) Reintrappolamento.
Consideriamo ora il caso in cui non sia più trascurabile la probabilità di
reintrappolamento (retrapping) degli elettroni liberati. Questo fenomeno è
mostrato in Figura 1-6 e coinvolge gli elettroni promossi in banda di conduzione,
prima che questi decadano sui centri R.
Figura 1-6 Fenomeno del retrapping.
Quando è presente questo fenomeno l’andamento dell’intensità ha la forma
( )=
α +0
2
0
II(t)
n t 1(1.6)
α = α(T), fattore che tiene conto della probabilità di reintrappolamento
3) Decadimento non radiativo.
Si ha ricombinazione non radiativa quando la dissipazione di energia dello stato eccitato non è accompagnata dall’emissione di radiazione elettromagnetica. Esempi di fenomeni di questo tipo sono il decadimento termico, in cui l’energia viene dissipata attraverso la promozione di vibrazioni fononiche nel cristallo, e i processi di formazione di elettroni Auger, cioè elettroni secondari emessi in seguito all’assorbimento di una radiazione elettromagnetica generata nel rilassamento del sistema da uno stato eccitato.
Il contributo dei fenomeni di decadimento non radiativo è espresso da un
fattore detto “efficienza di luminescenza”
( )η = =+
r r
r nr
P P
P P P(1.7)
Pr = probabilità di ricombinazione radiativa
Luminescenza termicamente stimolata
11
Pnr = probabilità di ricombinazione non radiativa
Quindi in presenza di decadimento non radiativo la (1.5) va riscritta come
−ητ=t
0I I e (1.8)
1.3 Luminescenza termicamente stimolata
Dalla (1.3) sappiamo che la probabilità di emissione radiativa è legata
esponenzialmente alla temperatura. Deduciamo quindi che è possibile stimolare
la luminescenza agendo termicamente sul sistema.
Tipicamente la TL viene osservata riscaldando il materiale da temperatura
ambiente fino a 500 °C e registrando l’intensità della radiazione emessa in
funzione della temperatura. La curva ottenuta, detta glow-curve, presenta uno o
più picchi distinti a diverse temperature, ciascuno dovuto all’emissione
termostimolata di elettroni da trappole di profondità differente.
Figura 1-7 Esempio di segnale di TL del quarzo prodotto da irraggiamento
artificiale.
0
5000
10000
15000
0 100 200 300 400 500
T (°C)
ITL
(a.u
.)
Elementi di luminescenza
12
La descrizione analitica del modello a due livelli (Figura 1-3 e Figura 1-4) è il
frutto di diversi lavori. Secondo Chen, McKeever e Durrani (1981) il fenomeno
può essere descritto dal seguente sistema di equazioni
( )
( )
( )
= − = − − = − − = − −
c
cc h r
vv h h h
hh v h h r c h
dnn N n A
dtdn dn
f n n Adt dt
dnf n N n A
dtdn
A n N n A n ndt
(1.9)
nc = concentrazioni di elettroni liberi (cioè in banda di conduzione) n = concentrazioni di elettroni intrappolati N = concentrazione delle trappole nv = concentrazione di lacune libere (cioè in banda di valenza) nh = concentrazione di lacune nei centri di ricombinazione (cioè concentrazione di centri di ricombinazione disponibili) Nh = concentrazione dei centri di ricombinazione A = probabilità di reintrappolamento degli elettroni Ar = probabilità di ricombinazione radiativa elettrone–lacuna Ah = probabilità di intrappolamento delle lacune f = tasso di produzione coppie elettrone–lacuna
Tutte le concentrazioni appena citate sono da intendersi come densità di stati.
Quindi per esempio n sarà uguale alla densità di stati occupati con energia pari a
ET (energia dei livelli di trappola).
A ciascuno dei centri coinvolti è associata una sezione d’urto di cattura per le
cariche libere. Potremo esprimere la probabilità di reintrappolamento come
∝ σA v (1.10)
v = la velocità delle cariche libere in BV e BC σ = sezione d’urto di cattura
Alle equazioni (1.9) va associata l’equazione di neutralità
+ = +v h cn n n n (1.11)
Luminescenza termicamente stimolata
13
Durante i pochi minuti di esecuzione di una misura possiamo considerare
trascurabile la produzione di coppie elettrone-lacuna (f ≈ 0, nv ≈ 0). Inoltre a
causa dell’aumento di temperatura la probabilità P di emissione elettronica dalle
trappole diventa significativa. La variazione di elettroni intrappolati (dn/dt) è
uguale alla variazione di lacune nei centri di ricombinazione (dnh/dt) e il set di
equazioni (1.9) si riduce alla coppia
( )
( )
= − − − = − −
cc c h r
c
dnnP n N n A n n A
dtdn
n N n A nPdt
(1.12)
più l’equazione di neutralità
= +h cn n n (1.13)
Lo studio approfondito delle emissioni TL affiancato ad altri metodi di
indagine dei difetti di punto, ha messo in luce l’esistenza di un ulteriore tipo di
trappole all’interno del gap, le cosiddette Trappole Termicamente Disconnesse.
Questi difetti sono in grado di catturare elettroni durante l’irraggiamento del
materiale, ma il loro stato di carica rimane invariato durante il riscaldamento.
La presenza di questo tipo di difetti ha l’effetto di aumentare il numero di
centri di ricombinazione secondo la relazione
= + +h cn m n n (1.14)
m = concentrazione di trappole termicamente disconnesse
Per rendere possibile la soluzione analitica del sistema di equazioni
differenziali (1.12) adottiamo l’approssimazione di quasi equilibrio in cui si
assume che:
• La concentrazione di elettroni intrappolati è sempre molto più elevata
della concentrazione di elettroni in BC: =cn n
Elementi di luminescenza
14
• La velocità di variazione della concentrazione di elettroni in BC è molto
più bassa di quella degli elettroni intrappolati: & &=cn n
Se si considera trascurabile la probabilità che gli elettroni vengano
reintrappolati rispetto alla probabilità che si ricombinino radiativamente (A <<
Ar) e si suppone costante il tasso di crescita β della temperatura del materiale,
allora risolvendo la (1.12) si ottiene
− − = − β
∫0
E ET(t)
kT(t) kT(t)TL 0 T
sI (t) n se exp e dT (1.15)
La (1.15) fu dedotta da Randall e Wilkins (1945) ed è valida per una cinetica
del primo ordine, anche in presenza di trappole termicamente disconnesse.
Se la probabilità di reintrappolamento non può essere ritenuta trascurabile
l’ordine della cinetica cambia. L’espressione generale per cinetiche di ordine
generico è dovuta a Chen (Chen et al., 1981).
− −
−
α β =
−α β
∫
∫
0
0
E ET(t)2 kT(t) kT(t)
T
TL 2E
T(t)kT(t)
T
ms's'm exp e dT e
I (t)ms'
exp e dT
(1.16)
dove = +s' s(N n) e α =+0
0
n
n m
Anche questa espressione è valida indipendentemente dalla presenza o
assenza di trappole termicamente disconnesse.
Luminescenza otticamente stimolata
15
1.4 Luminescenza otticamente stimolata
In alternativa alla stimolazione termica, una radiazione elettromagnetica di
appropriata lunghezza d’onda può indurre il passaggio di elettroni dalle trappole
otticamente sensibili alla banda di conduzione.
In questo caso la velocità di svuotamento delle trappole è legato al tasso di
fotoni incidenti sul cristallo (ovvero alla densità di potenza di illuminazione) e
alla sezione d’urto di cattura fotonica degli elettroni intrappolati.
Come è stato dimostrato (Spooner 1994) il processo di emissione consiste in
una singola interazione fotone–elettrone. La probabilità di emissione degli
elettroni nll’unità di tempo assume la forma
= φσP (1.17)
φ = illuminazione (flusso di fotoni sul campione) σ = sezione d’urto di fotoionizzazione delle trappole
1) Sistema semplice.
In un sistema semplice, costituito da un solo tipo di trappole e di centri di
ricombinazione, trascurando il retrapping e assumendo che il processo di
ricombinazione avvenga esclusivamente per passaggio degli elettroni attraverso
la BC, l’intensità del segnale OSL è descritto dalla (1.1) e (1.5), cioè
−τ= − = =t
OSL 0
dnI (t) C CnP I e
dt (1.18)
Un segnale di OSL quindi è costituito da una curva di decadimento
dell’intensità emessa che, nel caso più semplice, avrà un andamento
esponenziale.
Elementi di luminescenza
16
Figura 1-8 Tipico segnale di luminescenza otticamente stimolata.
2) Livelli multipli di trappole.
In presenza di due o più livelli di trappola l’espressione del decadimento
risulta essere la somma di diversi andamenti esponenziali della forma della
(1.18)
− −τ τ = − + − + = + +
1 2
t t
1 2OSL 01 02
dn dnI (t) ... I e I e ...
dt dt (1.19)
3) Reintrappolamento.
Come descritto nel paragrafo dedicato alla TL, spesso si osserva l’esistenza di
livelli di trappola che possono entrare in competizione con i centri di
ricombinazione catturando gli elettroni liberi. Questo fenomeno contribuisce a
modificare il segnale emesso riducendone l’intensità iniziale e modificandone
l’andamento.
Ammettendo che le trappole in questione siano abbastanza profonde da
rendere nulla la riemissione termica e che non siano otticamente sensibili
avremo allora
( )− −τ τ= − = − −t t
2OSL 01 01 c 2 2 2
dnI (t) n Pe n Pe n N n A
dt (1.20)
0
2000
4000
6000
8000
10000
0 10 20 30 40 50
t (s)
IOSL
(a.u
.)
Luminescenza otticamente stimolata
17
(N2 – n2) = concentrazione di trappole libere di tipo 2 A2 = probabilità di intrappolamento degli elettroni liberi nella trappola di tipo 2
Se invece questi livelli di trappola sono poco profondi (shallow traps) e la
temperatura di misura è sufficientemente elevata da operare il loro svuotamento
si ha
( ) −= − −
E2 kT
c 2 2 2 2
dnn N n A n se
dt (1.21)
4) Livelli multipli di centri di ricombinazione.
Un’ultima osservazione riguarda la possibilità che nel cristallo siano presenti
più livelli di centri di ricombinazione. Esaminiamo il caso di 2 centri, uno
radiativo (con concentrazione di centri disponibili m1) e uno non radiativo (con
concentrazione di centri disponibili m2). L’espressione dell’intensità diventa
−τ= +t
2OSL c
dmI (t) n Pe
dt(1.22)
Nel caso in cui i due centri abbiano la stessa sezione d’urto di cattura è
possibile definire il rapporto m1/m2 = C da cui
−τ =
t0
OSL
II (t) e
C(1.23)
5) Cristallo reale.
Va tenuto presente che in un cristallo reale coesistono tutti i fattori che danno
luogo ai complessi processi sopradescritti (Figura 1-9). Livelli multipli di
trappole e di centri di ricombinazione, trappole competitive e centri di
ricombinazione non radiativi contribuiscono tutti a una cinetica di ordine
diverso dal primo.
Elementi di luminescenza
18
Figura 1-9 Modello combinato comprendente 2 livelli di trappola di cui un
competitiva e 2 livelli di centri di ricombinazione.
1.5 Il quarzo
Tra le molte specie cristalline naturali che presentano proprietà luminescenti
ricopre un ruolo di rilievo il quarzo (SiO2). È un isolante con gap di 9 eV e
struttura tetraedrica. A pressione ambiente ha quattro diverse fasi solide:
Quarzo α (sotto i 573 °C), Quarzo β (tra 573 °C e 870 °C), Tridimite (tra 870 °C e
1470 °C) e Crisobalite (tra 1470 °C e Tfus).
Figura 1-10 Diagramma di fase di SiO2.
Il quarzo
19
I difetti estrinseci del quarzo si possono raggruppare in due classi:
• Ioni sostituzionali del silicio, come ioni di Fe, Ge, Cr e soprattutto Al. Non
sono mai state osservate sostituzioni di atomi di ossigeno.
• Ioni interstiziali.
I difetti intrinseci sono invece dovuti principalmente a vacanze di ossigeno, e
vengono solitamente divisi in due classi:
• Difetti paramagnetici, contenenti un elettrone spaiato. Nel quarzo
cristallino si formano quando i legami Si-O si rompono a causa della
deformazione prodotta da una vacanza di ossigeno vicina. L’elettrone
spaiato è sull’orbitale ibrido sp3 del silicio.
• Difetti diamagnetici, senza elettroni spaiati.
I livelli di trappola nel quarzo
Il quarzo possiede trappole sensibili a stimolazione sia termica che ottica.
Questa caratteristica permette di eseguire su questo materiale sia misure di
Termoluminescenza che di Luminescenza Otticamente Stimolata e di
confrontarle per ricavare informazioni più complete rispetto al comportamento
del minerale.
I numerosi studi di TL effettuati sul quarzo hanno mostrato l’esistenza di
quattro importanti picchi di emissione (Figura 1-7):
• Picco a 110°C. Il tempo di vita degli elettroni sui livelli associati a questo
picco è solamente di qualche ora. È quindi impossibile osservare questo
picco su campioni non irraggiati artificialmente.
• Picco a 210°C. Questo picco, ancora poco studiato, in alcuni casi compare
dopo trattamenti ad alte temperature (molte centinaia di gradi). Alle volte
è anche accompagnato da un secondo picco che compare a una
temperatura di poche decine di gradi inferiore.
• Picco a 325°C. È quello di maggiore interesse in questo lavoro di tesi
perché le trappole ad esso associate sono otticamente sensibili. Le
trappole che svuotiamo termicamente a 325 °C sono quindi le stesse che
svuotiamo otticamente con una radiazione di lunghezza d’onda di 514 nm
(verde) o inferiore. Per questo motivo il picco a 325°C è definito “easy to
bleach”.
Elementi di luminescenza
20
• Picco a 375°C. Comunemente definito “hard to bleach” per via della
relativa insensibilità alla stimolazione ottica e all’elevata profondità delle
trappole associate.
Bisogna sottolineare però che le temperature a cui si manifestano i picchi in
una glow-curve possono trovarsi tutti traslati verso valori maggiori o minori
anche di qualche decina di grado. Va ricordato infatti che la posizione dei picchi
è strettamente legata alla velocità di crescita della temperatura β (equazioni
(1.15) o (1.16)). I valori di temperatura appena indicati si riferiscono ad una
velocità di riscaldamento di 20 °C/s.
L’importanza del quarzo
Il ruolo di protagonista del quarzo nel campo della luminescenza a fine
archeometrico è molto semplice: la crosta terrestre è composta quasi
completamente da silicati e silice, che costituiscono la maggior parte di tutte le
rocce, terreni, argille, sabbie e prodotti di frantumazione delle rocce. Tutti i
materiali inorganici da costruzione, dai graniti ai prodotti artificiali come i
mattoni, i cementi, le ceramiche e i vetri, sono silicati.
In questo lavoro di tesi tutte le misure sono sempre state eseguite su campioni
di quarzo e in seguito, anche quando non specificato, grafici e descrizioni di
fenomeni di luminescenza saranno sempre riferiti a questo materiale.
1.6 Luminescenza e archeometria
Esistono diverse metodologie di datazione con le quali è possibile datare
praticamente ogni composto naturale. Mentre il radiocarbonio domina nel capo
dei composti organici, la luminescenza è sicuramente la principale tecnica di
datazione dei silicati.
Ogni tecnica, oltre a distinguersi per i materiali su cui può essere applicata, si
distingue anche per l’intervallo temporale su cui può investigare (Figura 1-11).
Luminescenza e archeometria
21
Figura 1-11 Intervalli temporali di applicazione dei diversi metodi di
datazione.
Datazione attraverso luminescenza
Ogni materiale riceve una dose continua di radiazioni α, β e γ che lentamente
negli anni carica le trappole. I responsabili di questo irraggiamento sono gli
elementi radioattivi presenti nel materiale (U-235, U-238, Th-232, i figli dei
precedenti e il K-40, vedi Appendice Errore. L'origine riferimento non è
stata trovata.) e i raggi cosmici (seppur con un contributo che è circa un ordine
di grandezza in meno rispetto a quello degli isotopi radioattivi).
La datazione di un campione inizia dal momento in cui esso viene azzerato,
ossia ne vengono svuotate le trappole. È da questo istante che parte il suo
orologio naturale.
In maniera molto schematica, che si tratti di TL o OSL, per stabilire l’età di un
campione, o meglio il tempo trascorso dall’ultimo evento di azzeramento, si deve
operare come segue:
• Misurare l’intensità del segnale naturale del campione.
• Ricostruire, attraverso irraggiamenti artificiali, la curva di emissione in
funzione della dose assorbita (Figura 1-12).
Elementi di luminescenza
22
• Trovare dalla curva ottenuta la dose relativa al segnale naturale (Figura
1-12).
• Stimare la dose annua assorbita dal campione. Ciò è fatto attraverso
un’analisi della concentrazione di isotopi radioattivi nel campione,
dell’umidità del sito e della sua esposizione ai raggi cosmici.
Figura 1-12 Curva di crescita del segnale di luminescenza in funzione della
dose assorbita. Una volta costruita la curva si posiziona su di essa il segnale
naturale (punto bianco) e se ne estrapola la dose equivalente.
A questo punto l’età del campione viene calcolata attraverso una semplice
operazione
= Dose AssorbitaEtà
Dose Annua(1.24)
Applicazioni di TL e OSL
Abbiamo visto precedentemente che mentre tutti e quattro i picchi del quarzo
sono sensibili alla temperatura, solo il picco a 325°C è sensibile alla luce. Questo
fattore determina il differente campo di applicazione delle tecniche di TL e OSL.
Facciamo subito un esempio pratico: vogliamo datare una ceramica antica
rinvenuta durante uno scavo archeologico e a questo scopo prepariamo dei
campioni prelevando materiale ceramico dalla superficie del manufatto. L’evento
di azzeramento è la cottura. La sua esposizione a una temperatura di circa 1000
°C infatti svuota completamente le quattro trappole del quarzo. Se quindi con la
TL ci basassimo sul segnale emesso ad alte temperature in una zona che coincide
Luminescenza e archeometria
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principalmente col 4° picco (per es. l’area della curva compresa tra 390 e
400 °C) otterremmo una stima della sua età, cioè del momento della cottura. Se
invece ci basassimo sulla zona compresa tra 320 e 330 °C avremmo una stima
del momento della sua sepoltura, poiché in quell’intervallo di temperature cade
il 3° picco (quello otticamente sensibile). Presumiamo infatti che le trappole
otticamente sensibili siano state vuote fintanto che il vaso era esposto alla luce.
Bisogna sottolineare però che i picchi del quarzo in una glow-curve sono molto
sovrapposti (Figura 1-7) e non è facile deconvolverli. Il segnale di TL emesso tra
320 e 330 °C avrà quindi anche dei contributi dovuti alle code dei due picchi
adiacenti. Per questo motivo, quando lo scopo è la datazione dell’ultima
esposizione alla luce di un campione, mi affido all’OSL che mi dà la sicurezza di
un’indagine selettiva sulle trappole otticamente sensibili.
Per questa ragione la grande applicazione dell’OSL in campo archeometrico è
quello della stratigrafia. Volendo stimare l’età di uno strato roccioso nel
sottosuolo dovrò per forza di cose basarmi sulla sua ultima esposizione alla luce,
in quanto il suo ultimo azzeramento termico sarà molto più antico, coincidendo
con la formazione del minerale anziché con la sua sepoltura.