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IRRAGIONEVOLE DURATA DEL PROCESSO · operatori del diritto una visione di insieme, completata da...

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Strumentari La Nuova Procedura Civile IRRAGIONEVOLE DURATA DEL PROCESSO Rassegna giurisprudenziale sistematica corredata da schemi, dottrina e formule a cura di Giulio SPINA Presentazione di Annamaria FASANO Centro Studi Diritto Avanzato EDIZIONI
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Strumentari

La Nuova Procedura Civile

IRRAGIONEVOLE

DURATA DEL

PROCESSO Rassegna giurisprudenziale sistematica

corredata da schemi, dottrina e formule

a cura di

Giulio SPINA

Presentazione di

Annamaria FASANO

Centro Studi

Diritto Avanzato EDIZIONI

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Diritto Avanzato

Giulio SPINA

IRRAGIONEVOLE DURATA DEL PROCESSO. Rassegna giurisprudenziale sistematica

corredata da schemi, dottrina e formule

ISBN: 9788826031910

© Copyright 2017 Diritto Avanzato

Milano, febbraio 2017

Diritto Avanzato

Direzione editoriale: Giulio SPINA

Direzione scientifica: Luigi VIOLA

www.dirittoavanzato.it

A norma del codice civile, del codice penale e della legge sul diritto d’autore è vietata la riproduzione e l’adattamento, di questo Volume, anche solo parziale, con qualsiasi mezzo o strumento (elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro). Ne è consentito l’uso per soli fini strettamente personali. È vietata la distribuzione, anche gratuita, del presente Volume o di parte di esso, in qualsiasi forma o formato. In particolare, in modo esemplificativo, è vietata la distribuzione o la messa a disposizione di terzi, anche in modo gratuito, a mezzo strumenti elettronici (es. mail, condivisione in social network, etc.) del presente Volume, o di parte

di esso o di parte dei contenuti, anche se riadattati. È altresì vietata la distribuzione o la messa a disposizione di terzi, anche in modo gratuito, di eventuali stampe (o di parte delle stesse) effettuate dall’acquirente. È consentita la stampa per soli fini strettamente personali. In caso di Volume cartaceo, sono consentite le fotocopie solo per uso personale, nei limiti del 15% e nel rispetto delle normative sul diritto d’autore. Ogni abuso verrà perseguito a norma di legge.

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Rassegna giurisprudenziale sistematica corredata da schemi, dottrina e formule

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INDICE - SOMMARIO

INTRODUZIONE ............................................................................................................................................ 6

PRESENTAZIONE ......................................................................................................................................... 8

RASSEGNA GIURISPRUDENZIALE ............................................................................................... 11

PROFILI PROCESSUALI DEL GIUDIZIO PER L’EQUA RIPARAZIONE ...................................... 12

1. Prove e allegazioni ........................................................................................................................ 12

1.1. In particolare: la prova del danno patrimoniale e non patrimoniale .................... 15

2. Spese di lite .................................................................................................................................... 17

3. Competenza .................................................................................................................................... 20

4. Termini .............................................................................................................................................. 21

5. Proponibilità del ricorso e definizione del giudizio presupposto ................................. 23

6. Opposizione ..................................................................................................................................... 25

7. Legittimazione attiva e diritto all’equa riparazione ......................................................... 28

8. Notifica del ricorso e del decreto ............................................................................................ 33

9. Altre questioni processuali ........................................................................................................ 34

VALUTAZIONE DELLA DURATA IRRAGIONEVOLE ......................................................................... 35

VALUTAZIONE DEL DIRITTO ALL’EQUA RIPARAZIONE .............................................................. 39

1. Fondatezza della domanda del giudizio presupposto ...................................................... 39

2. Quantificazione e liquidazione dell’indennizzo ................................................................... 41

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3. Altre questioni in merito all’equa riparazione .................................................................... 44

SCHEMI ....................................................................................................................................................... 50

DISCIPLINA E ITER PROCESSUALI .................................................................................................... 51

1. Rimedi preventivi all’irragionevole durata del processo ................................................ 51

2. Valutazione dell’irragionevolezza ai fini dell’equa riparazione .................................... 53

3. Valutazione sull’equa riparazione ........................................................................................... 55

4. Procedimento per l’equo indennizzo ...................................................................................... 59

5. Procedimento di opposizione .................................................................................................... 61

6. Efficacia ed esecuzione del decreto ....................................................................................... 63

PRINCIPALI CONTRASTI GIURISPRUDENZIALI ............................................................................. 66

1. Contrasto giurisprudenziale 2014: diritto all’equo indennizzo e contumacia ........ 66

2. Contrasto giurisprudenziale 2016: passaggio in giudicato del provvedimento che

ha definito il giudizio presupposto e illegittimità costituzionale ............................................. 69

DOTTRINA ................................................................................................................................................. 73

1. Legge di stabilità 2016 ed eccessiva durata del processo (di Piero SANDULLI) .. 74

2. La questione del passaggio in giudicato del provvedimento che ha definito il

giudizio presupposto ................................................................................................................................ 88

3. Domanda per l’equa riparazione e mediazione civile...................................................... 96

FORMULE E MODELLI .......................................................................................................................... 99

1. Ricorso per irragionevole durata del processo (L. 89/2001) aggiornato alla legge

di stabilità 2016 (di Luigi VIOLA) ..................................................................................................... 100

2. Opposizione a decreto che ha deciso su domanda di equa riparazione da

irragionevole durata del processo (di Luigi VIOLA) ................................................................... 104

3. Modelli di dichiarazione ex art. 5-sexies l. 89/2001) .................................................... 106

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APPENDICE NORMATIVA ................................................................................................................ 124

LEGGE 24 MARZO 2001, N. 89 .......................................................................................................... 125

Art. 1. Pronuncia in camera di consiglio ........................................................................................ 125

Art. 1-bis. Rimedi all'irragionevole durata del processo .......................................................... 126

Art. 1-ter. Rimedi preventivi .............................................................................................................. 126

Art. 2. Diritto all'equa riparazione .................................................................................................... 127

Art. 2-bis Misura dell'indennizzo ....................................................................................................... 130

Art. 3 Procedimento ............................................................................................................................... 131

Art. 4. Termine di proponibilità ......................................................................................................... 132

Art. 5. Notificazioni e comunicazioni ............................................................................................... 132

Art. 5-bis (abrogato) ............................................................................................................................. 133

Art. 5-ter. Opposizione ......................................................................................................................... 133

Art. 5-quater. Sanzioni processuali ................................................................................................. 134

Art. 5-quinquies. Esecuzione forzata .............................................................................................. 134

Art. 5-sexies. Modalità di pagamento ............................................................................................. 135

Art. 6. Norma transitoria ..................................................................................................................... 137

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INTRODUZIONE

Il presente Volume costituisce un vero e proprio prontuario sul tema del diritto

all’equa riparazione per la violazione del termine di ragionevole di durata dei processi,

pensato come agile strumento di lavoro, dalla facile ed immediata

consultazione.

L’Opera – con Presentazione di Annamaria FASANO (Consigliere Suprema Corte di

Cassazione) e aggiornata alle modifiche introdotte alla L. 89/2001 dalla Legge di

stabilità 2016 – è costituita da:

rassegna giurisprudenziale sistematica dell’ultimo biennio (2015-2016): la

rassegna, con massime ragionate ed autoriali, è aggiornata alle recenti

pronunce 2017 e tiene conto (con particolare riferimento al processo civile) –

oltre che dei principi dettati dalla Cassazione, specie a Sezioni Unite, nel 2014 –

anche del documento, di cui all’Inaugurazione dell’anno giudiziario 2017,

“Gli orientamenti delle Sezioni Civili” relativo all’anno 2016, realizzato

dall’Ufficio del Massimario – Suprema Corte di Cassazione);

schemi (dedicati all’illustrazione della disciplina e degli iter procedimentali di

cui alla c.d. Legge Pinto e ai principali contrasti interpretativi sul funzionamento

dell’istituto);

dottrina (con contributo di Piero SANDULLI, Professore ordinario di diritto

processuale civile, sulle modifiche apportate dalla Legge di stabilità 2016 alla

disciplina in questione);

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formule (realizzate da Luigi VIOLA, Avvocato, Docente di diritto processuale

civile, Direttore rivista La Nuova procedura Civile e Direttore scientifico Diritto

Avanzato).

Il presente Strumentario è il compimento di un’intensa attività di rielaborazione,

aggiornamento e sistematica organizzazione di contributi pubblicati nella Rivista La

Nuova Procedura Civile e tutti realizzati – salvo quanto specificatamente indicato –

da Giulio SPINA (Dottore di ricerca, Direttore editoriale Diritto Avanzato, Coordinatore

unico di Redazione La Nuova Procedura Civile, Direttore Osservatorio Nazionale sulla

Mediazione Civile).

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PRESENTAZIONE

La crisi della giustizia italiana parte da lontano. La qualità complessiva della giustizia

in un Paese civile dipende dalla somma di tre componenti:

- La capacità di conseguire correttamente la verità processuale, che è funzione

dell’onestà e della competenza, ma soprattutto della terzietà dei magistrati e

della libertà di contraddittorio tra le parti.

- Il costo dei processi.

- La durata dei processi, misurata nei diversi gradi di giudizio.

Qualcuno ha detto che la giustizia dovrebbe tendere a semplificare e che

l’immediatezza del giudizio è la prima e più importante delle semplificazioni. Purtroppo

nel nostro Paese perdura il ritardo endemico dei tempi del processo. E’ un dato ormai

noto. La problematica ha da sempre rappresentato uno dei temi fondamentali su cui

si è agitato il dibattito della dottrina e della giurisprudenza.

Resta innegabile che il pesante contenzioso da smaltire al quale si cerca di porre

faticosamente rimedio è frutto di una straripante domanda di giustizia, che si affianca

a un tratto nazionale inestinguibile di noi italiani, la litigiosità, che contribuisce a

creare il problema. Si è molto parlato anche della necessità di aumentare la

produttività della magistratura. Un discorso oltre che impossibile, assolutamente

inutile, visto che il Rapporto Cepej negli ultimi anni indica che i magistrati italiani sono

in valore assoluto i più produttivi dopo la Russia e la Polonia, e continuano a smaltire

più cause di quante ne incamerano, con oltre 4 milioni di processi definiti in un anno.

Il processo sarebbe comunque bloccato dalla mancanza di risorse, visto che le

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cancellerie non sono in grado di reggere l’urto di una maggiore produttività, per la

patologica carenza di personale amministrativo.

In passato la situazione è parsa così drammatica da spingere la Corte Europea dei

Diritti dell’uomo a condannare lo Stato Italiano a corrispondere risarcimenti per

violazione della ragionevole durata del processo in quasi il 100% dei casi. La legge n.

89 del 24 marzo 2001, o legge Pinto, introdotta per garantire il diritto al risarcimento

del danno per eccessiva durata dei processi, ha rappresentato proprio la risposta di

diritto interno alle pressanti sollecitazioni provenienti dalla Corte europea dei diritti

dell’uomo, sommersa da ricorsi contro la durata eccessiva dei procedimenti nazionali,

in nome dell’art. 6 della “Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle

libertà fondamentali”, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e ratificata in Italia con l. 4

agosto 1955, n. 848. Ma la legge, approvata in fretta e furia in poche ore dallo

scioglimento delle camere, ha introdotto un rimedio che prevede, assurdamente, un

ulteriore procedimento, che non sempre viaggia a velocità superiore rispetto a quello

contro cui la irragionevole durata si ricorre.

E’ quindi naturale, anche con riferimento a questo specifico intervento legislativo,

esprimere delle riserve. Ma il discorso andrebbe troppo lontano. Negli anni di vigenza,

le tante lacune della normativa sono state colmate dalla giurisprudenza di legittimità,

che, nell’applicazione della legge Pinto, ha talvolta risentito di inevitabili oscillazioni, in

ragione dell’esigenza di non pesare oltre misura sul bilancio dello Stato.

Il percorso seguito in questi anni dalla n. 89 del 2001 è sapientemente illustrato in

questo lavoro. Gli autori hanno avuto cura di evidenziare, nell’ambito di una rassegna

ragionata, i recenti arresti della Suprema Corte di Cassazione e gli ultimi traguardi

della giurisprudenza di merito.

Il volume è uno studio approfondito dello “stato dell’arte”, così come fotografato dalle

Corti e dalle interpretazioni offerte dalla dottrina più attenta.

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L’opera è stata aggiornata con le recenti riforme introdotte dalla legge di stabilità

2016, le quali riducono fondamentalmente la possibilità di ottenere l’indennizzo ed,

altresì, la quantificazione dell’indennizzo stesso, ed illustra il rapporto tra domanda di

equa riparazione e mediazione civile. Sono stati introdotti dei “rimedi preventivi” da

attuarsi nel processo civile, ed è stato valorizzato il comportamento delle parti nel

processo presupposto, rafforzando, in tal modo, anche il contenuto del preesistente

art. 2, comma secondo, della legge n. 89 del 2001, in modo che non vengano risarcite

situazioni che hanno visto l’allungamento dei tempi dei giudizi a causa dei

comportamenti non collaborativi delle parti del processo. Anche con riferimento a

queste novità legislative, un orientamento della dottrina ha correttamente espresso

delle perplessità, ma su questi aspetti rinvio alle acute osservazioni del prof. Sandulli.

Agli autori del libro va un sincero ringraziamento per questo contributo, che offre agli

operatori del diritto una visione di insieme, completata da formule e schemi dedicati

all’illustrazione della disciplina e degli iter procedimentali, oltre che ai principali

contrasti interpretativi insorti nella prassi giudiziaria.

Annamaria FASANO

(Consigliere Suprema Corte di Cassazione)

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RASSEGNA

GIURISPRUDENZIALE

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PROFILI PROCESSUALI DEL GIUDIZIO PER L’EQUA RIPARAZIONE

1. Prove e allegazioni

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 19.12.2016, n. 2621

Irragionevole durata del processo, domanda di equa riparazione e uso dell’informatica: l’istante è tenuto alla sola allegazione dei dati relativi alla sua posizione nel processo

In tema di equa riparazione per la violazione del termine ragionevole di durata

del processo, l’oggetto della domanda è individuabile nella richiesta di accertamento della violazione, rispetto alla quale l’onere della parte istante è limitato alla semplice allegazione dei dati relativi alla sua posizione nel processo

(data iniziale di questo, data della sua definizione, eventuale articolazione nei diversi gradi) e non anche alla produzione degli atti posti in essere nel processo

presupposto. Confermato tale principio, il fatto che la disciplina dell’uso dell’informatica nei processi risaliva ad alcuni anni dopo il deposito del ricorso

introduttivo del giudizio presupposto deve indurre la Corte d’appello ad effettuare una verifica in ordine alla presentazione della istanza (la cassazione giudica fondato il motivo con cui i ricorrenti denunciano violazione della L. n.

1034 del 1971, art. 23, comma 1, e della L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 5, dolendosi del fatto che la Corte d’appello abbia giudicato sulla base di una

risultanza del sito internet della giustizia amministrativa e che non abbia invece disposto accertamenti presso la segreteria del TAR ovvero non abbia acquisito il fascicolo del giudizio presupposto al fine di accertare l’avvenuto deposito

dell’istanza di prelievo)

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 12.10.2016, n. 20609 Irragionevole durata del processo, opposizione ex art. 5-ter, l. 89/2001: la

parte può produrre per la prima volta i documenti che avrebbe dovuto allegare nella fase monitoria

L’opposizione disciplinata dalla L. n. 89 del 2001, art. 5 ter non introduce un autonomo giudizio d’impugnazione del decreto di cui all’art. 3, comma 4 stessa

legge, ma realizza, con l’ampio effetto devolutivo tipico di ogni opposizione, la

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fase a contraddittorio pieno di un unico procedimento. Tale fase ha ad oggetto

non già la verifica delle condizioni di legittimità che presiedono all’emissione del decreto monocratico, ma la medesima pretesa fatta valere con il ricorso presentato ai sensi dell’art. 3, comma 1 detta legge, di guisa che, fermo il

ridetto onere probatorio, non è precluso alcun accertamento e alcuna attività istruttoria che siano necessari ai fini della decisione di merito.

Conseguentemente, la parte privata ben può produrre per la prima volta nel procedimento d’opposizione i documenti che, pure, avrebbe dovuto allegare nella fase monitoria ai sensi dell’art. 3, comma 3, lett. c), abbia o non il giudice

di quest’ultima, ai sensi dell’art. 640 c.p.c., comma 1, richiamato dalla L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 4, invitato la parte a depositarla.

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 5.10.2016, n. 19942

Irragionevole durata del processo, procedimento d’opposizione L. 89/2001 (art. 5-ter): la parte privata può produrre per la prima volta i documenti che

avrebbe dovuto allegare nella fase monitoria

L’opposizione disciplinata dalla L. n. 89 del 2001, art. 5-ter non introduce un

autonomo giudizio d’impugnazione del decreto di cui all’art. 3, comma 4 cit. legge, ma realizza, con l’ampio effetto devolutivo tipico di ogni opposizione, la

fase a contraddittorio pieno di un unico procedimento. Tale fase ha ad oggetto non già la verifica delle condizioni di legittimità che presiedono all’emissione del

decreto monocratico, ma la medesima pretesa fatta valere con il ricorso presentato ai sensi dell’art. 3, comma 1 cit. legge, di guisa che, fermo il ridetto onere probatorio, non è precluso alcun accertamento e alcuna attività istruttoria

che siano necessari ai fini della decisione di merito. Conseguentemente, la parte privata ben può produrre per la prima volta nel procedimento d’opposizione i

documenti che, pure, avrebbe dovuto allegare nella fase monitoria ai sensi dell’art. 3, comma 3, lett. c), abbia o non il giudice di quest’ultima, ai sensi dell’art. 640 c.p.c., comma 1 richiamato dalla L. n. 89 del 2001, art. 3, comma

4, invitato la parte a depositarla

Corte d’Appello di Reggio di Calabria, decreto del 8.2.2016 Irragionevole durata del processo, domanda per l’equo indennizzo: cosa

accede in caso di mancata acquisizione dei verbali del giudizio presupposto?

Chiesta la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento di un equo indennizzo per il mancato rispetto del termine ragionevole del processo, qualora non sia possibile acquisire copia dei verbali delle udienze del giudizio

presupposto, nonostante la richiesta in tal senso rivolta dall’Ufficio, la mancata

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evasione (non giustificata in alcun modo) di detta richiesta da parte del

Tribunale non può legittimare un differimento sine die della decisione, venendo violata altrimenti la ratio della normativa invocata dalla ricorrente (che non ha l’onere di allegazione dei verbali di causa, a differenza di quanto previsto

dall’art. 3 legge 89/2001 nella nuova formulazione, non applicabile nella specie ratione temporis). Pertanto, non resta che provvedere allo stato degli atti,

addebitando per intero allo Stato la durata del giudizio di primo grado, essendo dipesa la mancata acquisizione in copia dei relativi verbali da un disservizio non imputabile alle parti.

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 4.3.2015, n. 4437 Equa riparazione per irragionevole durata del processo, parte attrice, onere di precisare l’intera durata del giudizio inclusi i gradi e le fasi di durata

Anche in tema di equa riparazione per l’irragionevole durata del processo la

parte attrice può disporre del quantum della domanda, ma non dell’allegazione dei fatti storico-normativi che ne condizionano l’ammissibilità, nel senso che tali fatti essa non può selezionare e tacere a suo piacimento senza incorrere nella

relativa sanzione. La parte, pertanto, ha l’onere di precisare l’intera durata del giudizio presupposto, inclusi i gradi e le fasi di durata conforme agli standard di

ragionevolezza. Assolto che sia tale onere, il giudice deve procedere alla valutazione unitaria della durata del processo, anche se nel formulare la

domanda la parte si sia precipuamente riferita ai soli segmenti processuali in cui, a suo avviso, sarebbe stato superato il limite di durata ragionevole

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 11.03.2015, n. 4888

Domanda per indennizzo da irragionevole durata del processo: basta la mera allegazione?

In tema di equa riparazione per la violazione del termine ragionevole di durata del processo, l’oggetto della domanda è individuabile nella richiesta di

accertamento della violazione, rispetto alla quale l’onere della parte istante è limitato alla semplice allegazione dei dati relativi alla sua posizione nel processo (data iniziale di questo, data della sua definizione, eventuale articolazione nei

diversi gradi) e non anche alla produzione degli atti posti in essere nel processo presupposto

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Diritto Avanzato

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 26.1.2015, n. 1365

Equa riparazione per la violazione del termine ragionevole di durata del processo: vanno prodotti gli atti posti in essere nel processo presupposto?

Va condiviso il principio secondo cui in tema di equa riparazione per la violazione del termine ragionevole di durata del processo l’oggetto della

domanda è individuabile nella richiesta di accertamento della violazione, rispetto alla quale l’onere della parte istante è limitato alla semplice allegazione dei dati relativi alla sua posizione nel processo (data iniziale di questo, data

della sua definizione, eventuale articolazione nei diversi gradi) e non anche alla produzione degli atti posti in essere nel processo presupposto

1.1. In particolare: la prova del danno patrimoniale e non patrimoniale DANNO NON PATRIMONIALE

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 15.9.2015, n. 18119 Durata del processo: il danno non patrimoniale può presumersi solo quando il processo supera in modo significativo la durata ragionevole

In tema di equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata del

processo, l’esistenza del danno non patrimoniale può presumersi solo quando il processo superi in modo significativo la sua durata ragionevole, non anche quando esso trovi definizione a ridosso di tale termine, superandolo di pochi

mesi (cinque, nel caso di specie). In questa evenienza, infatti, appare logico presumere, in relazione alla natura del danno stesso e sempre che non risultino

indicazioni contrarie scaturenti in primo luogo dall’importanza della posta in gioco, che un lasso di tempo cosi breve di eccedenza non possa provocare a

carico della parte sofferenze e patemi d’animo apprezzabili e, quindi, autonomamente enucleabili come danno evento.

NOTA: si veda Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 29.8.2014, n. 18435 (Equa riparazione per durata irragionevole del processo: il danno

è presunto oppure va provato?): “Il diritto all’equa riparazione di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 spetta a tutti i protagonisti della vicenda processuale, costituendo l’angoscia e il patema d’animo per l’eccessiva protrazione del

processo i riflessi psicologici del perdurare dell’incertezza in ordine alle posizioni in essa coinvolte; in altri termini, il danno non patrimoniale è da ritenere

conseguenza normale, ancorchè non automatica e necessaria, della violazione

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del diritto alla ragionevole durata del processo: sicchè, pur dovendo escludersi

la sussistenza di un danno non patrimoniale in re ipsa, il giudice, una volta accertata e determinata l’entità della violazione relativa alla durata ragionevole del processo, deve ritenere sussistente il menzionato danno ogniqualvolta non

ricorrano, nel caso concreto, circostanze particolari che facciano positivamente escludere che tale danno sia stato subito dal ricorrente”.

DANNO PATRIMONIALE

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 27.1.2015, n. 1512

Equa riparazione per il mancato rispetto del termine di ragionevole durata del processo: prova del danno patrimoniale e liquidazione agli eredi

In tema di equa riparazione per il mancato rispetto del termine di ragionevole durata del processo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, il danno

patrimoniale, diversamente da quello non patrimoniale, deve essere oggetto di prova piena e rigorosa, occorrendo che ne siano specificati tutti gli estremi, fra l’altro variabili da caso a caso, ovvero che ne sia possibile l’individuazione sulla

base del contesto complessivo dell’atto. Pertanto, incombe al ricorrente l’onere di fornire la prova della lesione della propria sfera patrimoniale prodottasi quale

conseguenza diretta ed immediata della violazione, sulla base di una normale sequenza causale. In tema di violazione del termine di durata ragionevole del

processo, nel caso in cui gli eredi agiscano in tale esclusiva qualità (e non anche in proprio) per ottenere l’equa riparazione del pregiudizio derivante dall’irragionevole durata del giudizio iniziato dal de cuius, il complessivo

indennizzo deve essere liquidato in ragione della quota ereditaria spettante a ciascuno di essi e per il periodo decorrente dalla fine del periodo di durata

ragionevole alla data di decesso del de cuius

NOTA: si veda Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 2.9.2014, n.

18542 (Irragionevole durata del processo ed indennizzo: si deve provare il danno): “in tema di equa riparazione per la non ragionevole durata del

processo, la natura indennitaria dell’obbligazione esclude la necessità dell’accertamento dell’elemento soggettivo della violazione, ma non l’onere del ricorrente di provare la lesione della sua sfera patrimoniale quale conseguenza

diretta e immediata della violazione, esulando il pregiudizio dalla fattispecie del danno evento. Pertanto, sono risarcibili non tutti i danni che si pretendono

relazionati al ritardo nella definizione del processo, ma solo quelli per i quali si dimostra il nesso causale tra ritardo medesimo e pregiudizio sofferto”.

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2. Spese di lite

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 22.12.2016, n. 26851 Irragionevole durata del processo; carattere devolutivo dell’opposizione e regolazione delle spese di lite

L'opposizione ex art. 5-ter della parte privata insoddisfatta dall'esito della fase

monitoria ha carattere pretensivo, a differenza di quella erariale che ha sempre e solo natura difensiva. Pertanto, salvo l'ipotesi d'opposizione incidentale, il

Ministero opposto, avendo prestato acquiescenza al decreto emesso ai sensi dell'art. 3, comma 5, affronta un giudizio che non aveva interesse a provocare e del quale, se vittorioso, non può sopportare le spese. Di conseguenza queste

ultime nel caso di rigetto dell'opposizione vanno regolate in maniera del tutto autonoma, anche a carico integrale della parte privata opponente, ancorchè

essa abbia diritto a ripetere quelle liquidate nel decreto monocratico che abbia accolto solo parzialmente la domanda di equa riparazione.

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 14.11.2016, n. 23187

Tariffa ex D.M. n. 55/2014 e liquidazione delle spese processuali del giudizio per l’equa riparazione da irragionevole durata del processo: è procedimento di natura contenziosa

Ai fini della liquidazione delle spese processuali, va confermato che il processo

camerale per l’equa riparazione del diritto alla ragionevole durata del processo va considerato quale procedimento avente natura contenziosa, né rientra tra quelli speciali di cui alla tabelle A) e B) allegate al D.M. 8 aprile 2004, n. 127

(rispettivamente voce 50, par. 7 e voce 75, par. 3), per tali dovendo intendersi, ai sensi dell'art. 11 della tariffa allegata al D.M. n. 127 cit., i procedimenti in

camera di consiglio ed in genere i procedimenti non contenziosi. Tale principio, relativo alla previgente tariffa di cui al D.M. n. 127 del 2004, appare applicabile anche con riguardo alla tariffa di cui al D.M. n. 55 del 2014, confermandosi che

il procedimento di equa riparazione va configurato come procedimento di tipo contenzioso, ancorché destinato a svolgersi nelle forme camerali.

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 11.2.2016, n. 2749

Giudizi di equa riparazione per violazione della durata ragionevole del processo, spese processuali, compensazione

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I giudizi di equa riparazione, per violazione della durata ragionevole del

processo, proposti ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, non si sottraggono all’applicazione delle regole poste, in tema di spese processuali, dagli artt. 91 e ss. c.p.c., trattandosi di giudizi destinati a svolgersi dinanzi al giudice italiano,

secondo le disposizioni processuali dettate dal codice di rito. Ne consegue, che la compensazione delle spese, anche nel giudizio di equa riparazione, postula

che il giudice motivi adeguatamente la propria decisione in tal senso, dal momento che è pur sempre da una colpa organizzativa dell’Amministrazione della giustizia, che dipende la necessità per il privato di ricorrere al giudice. In

particolare, va confermato che, a giustificare la compensazione delle spese di lite non è sufficiente il riferimento alla mera riduzione della domanda operata

dal giudice in sede decisoria, permanendo, comunque, la sostanziale soccombenza della controparte, che deve essere adeguatamente riconosciuta sotto il profilo della suddivisione del carico delle spese.

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 18.3.2016, n. 5425 Irragionevole durata del processo e spese di lite: successive domande di equa riparazione per il protrarsi della violazione, soccombenza

dell’Amministrazione, condanna alle spese

Dovendosi ritenere che anche i giudizi di equa riparazione per violazione della durata ragionevole del processo, proposti ai sensi della L. 24 marzo 2001, n.

89, non si sottraggono all’applicazione delle regole poste, in tema di spese processuali, dall’art. 91 c.p.c., trattandosi di giudizi destinati a svolgersi dinanzi al giudice italiano, secondo le disposizioni processuali dettate dal codice di rito,

la totale soccombenza dell’Amministrazione dovrebbe comportare la condanna della stessa al pagamento delle spese giudiziali. La proposizione di successive

domande di equa riparazione per violazione del termine ragionevole di durata di un medesimo processo, in conseguenza del protrarsi della violazione anche nel periodo successivo a quello accertato con una prima decisione, costituisce

esercizio di una specifica facoltà prevista dalla legge ed è funzionale al perseguimento delle sue finalità, postulando essa il riconoscimento dell’equo

indennizzo in relazione alla durata dell’intero giudizio, dall’introduzione sino alla pronuncia definitiva (principio, questo, ovviamente applicabile nella previgente disciplina dell’equa riparazione, prima delle modificazioni introdotte dal D.L. n.

83 del 2012, convertito dalla L. n. 134 del 2012). Pertanto, tale condotta non integra gli estremi di un abuso del processo o di un esercizio del diritto in forme

eccedenti o devianti rispetto alla tutela dell’interesse sostanziale, in violazione del principio di lealtà processuale previsto dall’art. 88 c.p.c. e del giusto e sollecito processo, stabilito dall’art. 111 Cost. dunque, se nel caso concreto si

deve escludere che la condotta processuale in questione integri gli estremi di un

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abuso del diritto, si deve parimenti escludere che la stessa integri gli estremi di

un giusto motivo per la compensazione, anche solo parziale, delle spese giudiziali.

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 24.4.2015, n. 8384

Giudizi di equa riparazione per violazione della durata ragionevole del processo: così vanno liquidate le spese di lite

I giudizi di equa riparazione per violazione della durata ragionevole del processo, proposti ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, non si sottraggono

all’applicazione delle regole poste, in tema di spese processuali, dall’art. 91 c.p.c. e segg., trattandosi di giudizi destinati a svolgersi dinanzi al giudice italiano, secondo le disposizioni processuali dettate dal codice di rito. Ne

consegue che in tema di spese processuali, agli effetti del D.M. 20 luglio 2012, n. 140, art. 41 il quale ha dato attuazione al D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 9,

comma 2, convertito in L. 24 marzo 2012, n. 27, i nuovi parametri, cui devono essere commisurati i compensi dei professionisti in luogo delle abrogate tariffe professionali, sono da applicare ogni qual volta la liquidazione giudiziale

intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del predetto decreto e si riferisca al compenso spettante ad un professionista che, a quella

data, non abbia ancora completato la propria prestazione professionale, ancorché tale prestazione abbia avuto inizio e si sia in parte svolta, quando

ancora erano in vigore le tariffe abrogate, evocando l’accezione omnicomprensiva di “compenso” la nozione di un corrispettivo unitario per l’opera complessivamente prestata. Inoltre, la compensazione delle spese,

anche nel giudizio di equa riparazione, postula che il giudice motivi adeguatamente la propria decisione in tal senso, dal momento che è pur

sempre da una colpa organizzativa dell’Amministrazione della giustizia che dipende la necessità per il privato di ricorrere al giudice

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 13.3.2015, n. 5122

Irragionevole durata del processo, equa riparazione: in caso di opposizione avverso l’accoglimento solo parziale del ricorso possono essere applicate sanzioni processuali?

In tema di equa riparazione, nel caso in cui il ricorso venga accolto solo

parzialmente dal presidente della Corte d’appello o da un consigliere da lui delegato e il ricorrente proponga opposizione ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 5-ter, la Corte d’appello in composizione collegiale, ove rigetti l’opposizione,

non può condannare l’opponente al pagamento di una somma di denaro in

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favore della Cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 5-quater della medesima

legge, atteso che tale condanna può essere disposta solo quando la domanda per equa riparazione sia dichiarata inammissibile ovvero manifestamente infondata

3. Competenza

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 4.12.2015, n. 24706 Equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo: come va individuato il giudice territorialmente competente?

Va confermato che in tema di equa riparazione per violazione del termine di

ragionevole durata del processo, ai fini dell’individuazione del giudice territorialmente competente in ordine alla relativa domanda, il criterio di collegamento stabilito dall’art. 11 c.p.p., richiamato della L. 24 marzo 2001, n.

89, art. 3, comma 1, va applicato con riferimento al luogo in cui ha sede il giudice di merito, ordinario o speciale, dinanzi al quale ha avuto inizio il giudizio

presupposto, anche nel caso in cui un segmento dello stesso si sia concluso dinanzi alla Corte di cassazione, non ostandovi, sul piano lessicale, il termine distretto adoperato nell’art. 3 cit., il quale appartiene alla descrizione del criterio

di collegamento e vale a delimitare un ambito territoriale in modo identico, quale che sia l’ufficio giudiziario dinanzi al quale il giudizio presupposto è

iniziato e l’ordine giudiziario cui appartiene, in quanto ciò che viene in rilievo non è l’ambito territoriale di competenza dell’ufficio giudiziario, ma la sua sede

Cassazione civile, sezione sesta, ordinanza del 9.2.2015, n. 2450

Giudizio di equa riparazione per violazione del termine di durata ragionevole del processo: individuazione della competenza e regolamento di competenza

Qualora la Corte d’appello, adita in sede di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89 per violazione del termine di durata ragionevole del

processo, declini la propria competenza territoriale, la corte d’appello presso cui la causa sia stata riassunta, ove ritenga di essere a sua volta incompetente, è legittimata, versandosi in un caso di competenza inderogabile ai sensi dell’art.

28 cod. proc. civ., a proporre d’ufficio regolamento di competenza, ex art. 45 cod. proc. civ., a nulla rilevando che la pronuncia d’incompetenza sia stata

adottata in forma di decreto (anziché di sentenza, come previsto dal detto art. 45), essendo in ogni caso questa la forma prevista dalla citata L. n. 89 del

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2001, art. 3, comma 6. La competenza sulla domanda diretta ad ottenere l’equa

riparazione per l’irragionevole durata di un giudizio davanti a sede distaccata del TAR appartiene alla corte d’appello, individuata ai sensi dell’art. 11 cod. proc. pen., richiamato dalla L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 3 ove tale sede

coincida con la sede di un distretto di corte d’appello, a prescindere dai rapporti interni tra giudici speciali, in quanto ciò che viene in rilievo non è l’ambito

territoriale di competenza dell’ufficio giudiziario, ma la sua sede

4. Termini

Corte di appello di Reggio Calabria, sezione civile, decreto del 13.11.2015, Irragionevole durata del processo, sentenza passata in giudicato per

improcedibilità del proposto ricorso in cassazione: da quando decorre il termine per la domanda di equa riparazione?

In tema di equa riparazione da irragionevole durata del processo, qualora il giudizio presupposto si sia concluso a seguito del passaggio in giudicato della

relativa sentenza dovuto alla tardiva proposizione del ricorso per cassazione, va affermato che il termine di decadenza semestrale per la proposizione della domanda per equa riparazione, previsto dall’art. 4, l. n. 89 del 2001, inizia a

decorrere dalla data di scadenza del termine per notificare il ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado relativa al giudizio

presupposto e non dalla data di deposito della sentenza della Suprema Corte con cui è stato dichiarato improcedibile il ricorso in cassazione.

Il verificarsi della decadenza per il mancato rispetto del termine semestrale per la proposizione della domanda per equa riparazione, previsto dall’art. 4, l. n. 89

del 2001, è rilevabile anche d’ufficio, in ragione della indisponibilità della posizione del soggetto passivo rispetto al diritto azionato, cioè dell’amministrazione pubblica chiamata a corrispondere il richiesto indennizzo,

come pacificamente ammesso dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. 16 settembre 2009 n. 19976; Cass. 7 giugno 2006, n. 13287; Cass. 15 ottobre

2004 n. 20326; Cass. 5 dicembre 2002 n. 17261), con un indirizzo applicabile anche sotto il vigore del testo novellato dell’art. 4, non oggetto di sostanziali modifiche sotto tale profilo.

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Cassazione civile, sezione sesta, ordinanza del 5.3.2015, n. 4517

Equa riparazione per durata irragionevole del processo: il termine per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza alla controparte non è perentorio

In materia di equa riparazione per durata irragionevole del processo, il termine

per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza alla controparte non è perentorio, non essendo previsto espressamente dalla legge. Ne consegue che il giudice, nell’ipotesi di omessa o inesistente notifica del ricorso e

del decreto di fissazione dell’udienza, può, in difetto di spontanea costituzione del resistente, concedere al ricorrente un nuovo termine, avente carattere

perentorio, entro il quale rinnovare la notifica

NOTA: Si veda Cassazione civile, sezioni unite, sentenza del 12.3.2014, n. 5700

(Equa riparazione per violazione della durata ragionevole del processo: il termine per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione

dell’udienza alla controparte non è perentorio): “in tema di equa riparazione per violazione della durata ragionevole del processo, il termine per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza alla controparte

non è perentorio e, pertanto, è ammessa la concessione di un nuovo termine, perentorio, al ricorrente nella ipotesi di omessa o inesistente notifica del ricorso

e del decreto di fissazione dell’udienza”.

Cassazione civile, sezione sesta, ordinanza del 13.2.2015, n. 2989 Equa riparazione per durata irragionevole del processo: cosa accade in caso

di omessa o inesistente notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza?

Va confermato che in materia di equa riparazione per durata irragionevole del processo, il termine per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione

dell’udienza alla controparte non è perentorio, non essendo previsto espressamente dalla legge. Ne consegue che il giudice, nell’ipotesi di omessa o

inesistente notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza, può, in difetto di spontanea costituzione del resistente, concedere al ricorrente un nuovo termine, avente carattere perentorio, entro il quale rinnovare la notifica

Cassazione civile, sezione sesta, ordinanza del 19.1.2015, n. 787 Equa riparazione per durata irragionevole del processo, il termine per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza alla controparte

non è perentorio

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In materia di equa riparazione per durata irragionevole del processo, il termine per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza alla controparte non è perentorio, non essendo previsto espressamente dalla legge. Ne

consegue che il giudice, nell’ipotesi di omessa o inesistente notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza, può, in difetto di spontanea costituzione

del resistente, concedere al ricorrente un nuovo termine, avente carattere perentorio, entro il quale rinnovare la notifica

5. Proponibilità del ricorso e definizione del giudizio presupposto

Cassazione civile, sezione sesta, ordinanza del 23.1.2017, n. 1727 Proponibilità della domanda di equo indennizzo da irragionevole durata del

processo e passaggio in giudicato del provvedimento che ha definito il giudizio presupposto: questione di legittimità costituzionale

Va dichiarata rilevante e non manifestamente infondata, la questione di legittimità costituzionale della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 4, come sostituito

dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 55, comma 1, lett. d), (Misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, art. 1, comma 1, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., art. 111 Cost.,

comma 2, e art. 117 Cost., comma 1, quest’ultimo in relazione all’art. 6, paragrafo 1, e art. 13 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti

dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la L. 4 agosto 1955, n. 848, nella parte in cui subordina al passaggio in giudicato del provvedimento che ha definito il

procedimento presupposto la proponibilità della domanda di equo indennizzo

Cassazione civile, sezione sesta, ordinanza del 20.12.2016, n. 26402 Irragionevole durata del processo, equo indennizzo, domanda proposta prima

del passaggio in giudicato del provvedimento che ha definito il giudizio presupposto: la parola alla Corte costituzionale

Va dichiarata non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 4, come sostituito dal D.L.

83/2012, art. 55, comma 1, lett. d), conv., con mod., dalla L. 134/2012, art. 1, comma 1 (il quale stabilisce che “La domanda di riparazione può essere

proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dal momento in cui la decisione che conclude il procedimento è divenuta definitiva”), in riferimento agli artt. 3 e

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24 Cost., art. 111 Cost., comma 2, e art. 117 Cost., comma 1 (quest’ultimo in

relazione all’art. 6, paragrafo 1, e art. 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali – CEDU, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la L. 4 agosto 1955,

n. 848).

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 1.7.2016, n. 13556 Irragionevole durata del processo, domanda di equa riparazione,

proponibilità subordinata alla preventiva definizione giudizio, stabilità 2016: la questione di legittimità è infondata

La L. n. 89 del 2001, art. 4 laddove subordina la proponibilità della domanda di equa riparazione per l’irragionevole durata di un processo alla condizione della

sua preventiva definizione, non può essere disapplicato dal giudice in forza della pronuncia di incostituzionalità di cui a C. Cost. n. 30 del 2014, da questa

evincendosi che la norma resta legittima, sia pure ad tempus, in attesa della riscrittura del legislatore; adempimento legislativo che deve ritenersi realizzato con la recente L. n. 208 del 2015, che ha innovato la materia prevedendo un

articolato sistema di rimedi preventivi (v. art. 1-ter) alla violazione della Convenzione, il ricorso ai quali è presupposto per azionare il procedimento

d’equa riparazione (art. 1-bis, comma 2). Tali rimedi, che intervengono a monte per impedire la stessa formazione d’un ritardo, hanno assolto al monito

formulato dal richiamato precedente della Corte costituzionale e mutato il relativo quadro normativo di riferimento, nell’ambito di quella discrezionalità politica che il giudice delle leggi ha ritenuto esercitabile per adeguare l’istanza

nazionale ai principi convenzionali così come elaborati dalla Corte EDU. È pertanto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale

dell’art. 4, L. n. 89 del 2001. Altra la valutazione d’efficienza concreta (peraltro ancora tutta da verificare) di tale sistema di rimedi preventivi, che non è rimessa al giudice neppure al limitato fine dello scrutinio di non manifesta

infondatezza della questione di costituzionalità

Cassazione civile, sezione seconda, sentenza del 20.1.2015, n. 866 Irragionevole durata del processo: la domanda di equa riparazione è

proponibile prima della conclusione del procedimento presupposto?

Va affermata la preclusione della possibilità di proporre la domanda di equa riparazione per irragionevole durata del processo nella pendenza del giudizio presupposto

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NOTA: si veda al riguardo Cassazione civile, sezioni unite, sentenza del

16.9.2014, n. 19479 (Durata irragionevole del processo: no alla domanda di equa riparazione durante la pendenza del procedimento), secondo cui “la disciplina della legge 24 marzo 2001, n. 89, come modificata dal d.l. 22

giugno 2012, n. 83, preclude la possibilità di proporre la domanda di equa riparazione durante la pendenza del procedimento nel cui ambito la violazione

della ragionevole durata si assume verificata”.

6. Opposizione

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 26.10.2016, n. 21658 Invalidità della notifica del ricorso e del decreto per equa riparazione per

l’irragionevole durata del processo: cosa deve provare l’opponente?

Necessitata l'applicazione analogica delle norme sul decreto ingiuntivo, va da sé

che anche l'opposizione L. n. 89 del 2001, ex art. 5-ter, ove proposta tardivamente a cagione della assunta invalidità della notifica del ricorso e del

decreto per equa riparazione soggiacciano all'applicazione, del pari analogica, dell'art. 650 c.p.c. Norma che la costante giurisprudenza di questa S.C. interpreta nel senso che non è sufficiente l'accertamento dell'irregolarità della

notificazione del provvedimento monitorio, ma occorre, altresì, la prova - il cui onere incombe sull'opponente - che a causa di quella irregolarità egli, nella

qualità di ingiunto, non abbia avuto tempestiva conoscenza del suddetto decreto e non sia stato in grado di proporre una tempestiva opposizione. Va pertanto affermato che la nullità della notificazione prescritta dalla L. n. 89 del

2001, art. 5, comma 2, può essere fatta valere unicamente con le forme dell'opposizione ex art. 5-ter stessa legge, che ove proposta scaduto il relativo

termine soggiace alle medesime condizioni indicate dall'art. 650 c.p.c., comma 1, analogicamente applicato

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 22.12.2016, n. 26851

Irragionevole durata del processo: carattere devolutivo dell’opposizione e regolazione delle spese di lite

L'opposizione ex art. 5-ter della parte privata insoddisfatta dall'esito della fase monitoria ha carattere pretensivo, a differenza di quella erariale che ha sempre

e solo natura difensiva. Pertanto, salvo l'ipotesi d'opposizione incidentale, il Ministero opposto, avendo prestato acquiescenza al decreto emesso ai sensi

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dell'art. 3, comma 5, affronta un giudizio che non aveva interesse a provocare e

del quale, se vittorioso, non può sopportare le spese. Di conseguenza queste ultime nel caso di rigetto dell'opposizione vanno regolate in maniera del tutto autonoma, anche a carico integrale della parte privata opponente, ancorchè

essa abbia diritto a ripetere quelle liquidate nel decreto monocratico che abbia accolto solo parzialmente la domanda di equa riparazione.

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 12.10.2016, n. 20609

Irragionevole durata del processo, opposizione ex art. 5-ter, l. 89/2001: la parte può produrre per la prima volta i documenti che avrebbe dovuto

allegare nella fase monitoria

L’opposizione disciplinata dalla L. n. 89 del 2001, art. 5 ter non introduce un

autonomo giudizio d’impugnazione del decreto di cui all’art. 3, comma 4 stessa legge, ma realizza, con l’ampio effetto devolutivo tipico di ogni opposizione, la

fase a contraddittorio pieno di un unico procedimento. Tale fase ha ad oggetto non già la verifica delle condizioni di legittimità che presiedono all’emissione del decreto monocratico, ma la medesima pretesa fatta valere con il ricorso

presentato ai sensi dell’art. 3, comma 1 detta legge, di guisa che, fermo il ridetto onere probatorio, non è precluso alcun accertamento e alcuna attività

istruttoria che siano necessari ai fini della decisione di merito. Conseguentemente, la parte privata ben può produrre per la prima volta nel

procedimento d’opposizione i documenti che, pure, avrebbe dovuto allegare nella fase monitoria ai sensi dell’art. 3, comma 3, lett. c), abbia o non il giudice di quest’ultima, ai sensi dell’art. 640 c.p.c., comma 1, richiamato dalla L. n. 89

del 2001, art. 3, comma 4, invitato la parte a depositarla.

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 5.10.2016, n. 19942 Irragionevole durata del processo, procedimento d’opposizione L. 89/2001

(art. 5-ter): la parte privata può produrre per la prima volta i documenti che avrebbe dovuto allegare nella fase monitoria

L’opposizione disciplinata dalla L. n. 89 del 2001, art. 5-ter non introduce un autonomo giudizio d’impugnazione del decreto di cui all’art. 3, comma 4 cit.

legge, ma realizza, con l’ampio effetto devolutivo tipico di ogni opposizione, la fase a contraddittorio pieno di un unico procedimento. Tale fase ha ad oggetto

non già la verifica delle condizioni di legittimità che presiedono all’emissione del decreto monocratico, ma la medesima pretesa fatta valere con il ricorso presentato ai sensi dell’art. 3, comma 1 cit. legge, di guisa che, fermo il ridetto

onere probatorio, non è precluso alcun accertamento e alcuna attività istruttoria

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che siano necessari ai fini della decisione di merito. Conseguentemente, la parte

privata ben può produrre per la prima volta nel procedimento d’opposizione i documenti che, pure, avrebbe dovuto allegare nella fase monitoria ai sensi dell’art. 3, comma 3, lett. c), abbia o non il giudice di quest’ultima, ai sensi

dell’art. 640 c.p.c., comma 1 richiamato dalla L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 4, invitato la parte a depositarla

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 2.2.2016, n. 2005

Equa riparazione da irragionevole durata del processo, decreto, opposizione: natura e conseguenze processuali

L’opposizione al collegio ex art. 5-ter, L. n. 89 del 2001, non è un mezzo d’impugnazione sulla legittimità del decreto monocratico, limitato dai motivi di

censura, bensì è lo strumento processuale che attua il contraddittorio sulla fondatezza della domanda indennitaria, senza limitazione di temi. Di riflesso,

essa non introduce un autonomo giudizio d’impugnazione del decreto che ha deciso sulla domanda, ma realizza, con l’ampio effetto devolutivo di ogni opposizione, la fase a contraddittorio pieno di un unico procedimento, avente ad

oggetto la medesima pretesa fatta valere con il ricorso introduttivo, sicchè non è precluso alcun accertamento od attività istruttoria, necessari ai fini della

decisione di merito, e la parte può produrre, per la prima volta, i documenti che avrebbe dovuto produrre nella fase monitoria ai sensi dell’art. 3, comma 3,

della citata legge, abbia o meno il giudice invitato la parte a depositarli, come previsto dal richiamato art. 640 c.p.c., comma 1.

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 13.3.2015, n. 5122

Irragionevole durata del processo, equa riparazione: in caso di opposizione avverso l’accoglimento solo parziale del ricorso possono essere applicate sanzioni processuali?

In tema di equa riparazione, nel caso in cui il ricorso venga accolto solo

parzialmente dal presidente della Corte d’appello o da un consigliere da lui delegato e il ricorrente proponga opposizione ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 5-ter, la Corte d’appello in composizione collegiale, ove rigetti l’opposizione,

non può condannare l’opponente al pagamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 5-quater della medesima

legge, atteso che tale condanna può essere disposta solo quando la domanda per equa riparazione sia dichiarata inammissibile ovvero manifestamente infondata

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Cassazione civile, sezione seconda, sentenza del 23.2.2015, n. 3508 Equa riparazione per durata irragionevole del processo: opposizione al decreto di rigetto

Nell’ambito del procedimento previsto alla L. n. 89 del 2001, art. 5-ter, ove la

domanda sia stata dichiarata inammissibile ovvero rigettata dal Presidente della Corte d’appello o dal consigliere delegato, l’atto di opposizione avverso il detto provvedimento non può essere limitato alla indicazioni delle ragioni per le quali

si critica il provvedimento stesso, ma deve contenere altresì la indicazione di tutti gli elementi di fatto e di diritto che erano contenuti nell’originario ricorso

per equa riparazione; e ove tale indicazione venga svolta dall’opponente mediante richiamo al ricorso introduttivo, questo deve essere allegato al ricorso in opposizione o riprodotto nel contesto di tale atto, risultando altrimenti

preclusa la possibilità, per l’amministrazione, di svolgere compiutamente le proprie difese. Va inoltre confermato che nel procedimento di equa riparazione

per durata irragionevole del processo, l’opposizione al decreto di rigetto, a norma della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 5-ter, apre una fase contenziosa, soggetta al rito camerale, sicché l’opponente deve notificare all’amministrazione

controinteressata il ricorso e il decreto di fissazione dell’udienza entro un termine idoneo ad assicurare l’utile esercizio del diritto di difesa; tuttavia, non

essendo questo termine perentorio, se la notifica è omessa o inesistente, può concedersi all’opponente un nuovo termine, perentorio, affinché vi provveda

7. Legittimazione attiva e diritto all’equa riparazione

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 16.1.2017, n. 824

Irragionevole durata del processo: erede che vuole far valere iure proprio il diritto all’indennizzo e danno economico rilevante

Con riferimento al caso dell’erede che voglia far valere iure proprio il diritto all’indennizzo va data continuità all’orientamento secondo cui ciò può avvenire

solo per il superamento della predetta durata verificatosi con decorrenza dal momento in cui, con la costituzione in giudizio, quegli abbia assunto a sua volta la qualità di parte, non assumendo alcun rilievo, a tal fine, la continuità della

stessa posizione processuale rispetto a quella del dante causa, prevista dall’art. 110 c.p.c., in quanto il sistema sanzionatorio delineato dalla CEDU e tradotto in

norme nazionali dalla L. n. 89 del 2001, non si fonda sull’automatismo di una pena pecuniaria a carico dello Stato, ma sulla somministrazione di sanzioni

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riparatorie a beneficio di chi dal ritardo ha ricevuto danni patrimoniali e non

patrimoniali, mediante indennizzi modulabili in relazione al concreto paterna subito, che presuppone la conoscenza del processo e l’interesse alla sua rapida conclusione

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 14.9.2016, n. 17991 Irragionevole durata del processo, l’erede ha diritto all’indennizzo?

In tema di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001, qualora la parte costituita in giudizio sia deceduta anteriormente al decorso del termine di

ragionevole durata del processo, l’erede ha diritto al riconoscimento dell’indennizzo, iure proprio, soltanto per il superamento della predetta durata verificatasi con decorrenza dal momento in cui, con la costituzione in giudizio,

ha assunto a sua volta la qualità di parte, non assumendo alcun rilievo, a tal fine, la continuità della sua posizione processuale rispetto a quella del dante

causa, prevista dall’art. 110 c.p.c., in quanto il sistema sanzionatorio delineato dalla CEDU e tradotto in norme nazionali dalla L. n. 89 del 2001, non si fonda sull’automatismo di una pena pecuniaria a carico dello Stato, ma sulla

somministrazione di sanzioni riparatorie a beneficio di chi dal ritardo abbia ricevuto danni patrimoniali o non patrimoniali, mediante indennizzi modulabili in

relazione al concreto patema subito, il quale presuppone la conoscenza del processo e l’interesse alla sua rapida conclusione

Corte di appello di Reggio Calabria, decreto del 26.2.2016

Equa riparazione per l’irragionevole durata del processo, società di persone, legittimazione attiva

Come regola generale, legittimato a chiedere l’indennizzo ex l. Pinto è solo chi sia o sia stato parte del giudizio presupposto, della cui eccessiva durata si duole

e ciò vale anche per gli enti collettivi, comprese le società di persone. In particolare, in tema di equa riparazione per l’irragionevole durata del processo,

le società di persone, pur essendo prive di personalità giuridica, sono munite di una propria soggettività e sono parte in causa nelle controversie riguardanti i rapporti ad esse direttamente riferibili quali centri autonomi di imputazione di

diritti e doveri. Dunque, anche per le società di persone la legittimazione a far valere in giudizio il diritto all’equa riparazione spetta esclusivamente alla

società, in quanto titolare del diritto alla durata ragionevole del giudizio ed ente munito di autonoma e distinta soggettività rispetto a quella dei soci o dell’amministratore. In caso contrario, il ricorso deve essere dichiarato

inammissibile per difetto di legittimazione attiva, rilevabile d’ufficio.

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Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 7.1.2016, n. 89

La presunzione di danno non patrimoniale da irragionevole durata del processo esecutivo non opera per l'esecutato

La presunzione di danno non patrimoniale da irragionevole durata del processo esecutivo non opera per l'esecutato, poichè egli dall'esito del processo riceve un

danno giusto. Pertanto, ai fini dell'equa riparazione da durata irragionevole, l'esecutato ha l'onere di provare uno specifico interesse alla celerità dell'espropriazione, dimostrando che l'attivo pignorato o pignorabile fosse ab

origine tale da consentire il pagamento delle spese esecutive e da soddisfare tutti i creditori e che spese ed accessori sono lievitati a causa dei tempi

processuali in maniera da azzerare o ridurre l'ipotizzarle residuo attivo o la restante garanzia generica, altrimenti capiente.

NOTA: si è ritenuto di realizzare la presente massima in modo difforme da quanto riportato nella Rassegna “Gli orientamenti delle Sezioni Civili” relativa

all’anno 2016, realizzata dall’Ufficio del Massimario – Corte Suprema di Cassazione).

Cassazione civile, sezione sesta, ordinanza del 16.7.2015, n. 14975

Il debitore esecutato ha diritto all’equa riparazione da irragionevole durata della procedura esecutiva?

Il debitore esecutato non è necessariamente percosso dagli effetti negativi di un’esecuzione forzata di durata irragionevole, atteso che dall’esito finale di tale

processo egli ritrae essenzialmente un (giusto) danno. E dunque la presunzione di danno non patrimoniale derivante dalla pendenza del processo non può

operare di regola quanto alla posizione del debitore esecutato, il quale, pertanto, nell’ambito del procedimento di equa riparazione ex lege n. 89 del 2001, ha l’onere di allegare non un generico ma uno specifico suo interesse ad

un’espropriazione celere, e di dimostrarne l’effettiva esistenza, nel rispetto degli usuali oneri probatori gravanti sulla parte attrice. A tal fine non basta dedurre

che il debitore abbia interesse ad una sollecita definizione della procedura esecutiva, sia al fine di evitare spese ulteriori ed aggravi di interessi legali o convenzionali sul debito capitale, sia per entrare in possesso della somma

residuata dalla distribuzione: nell’un caso come nell’altro, occorre allegare e dimostrare, altresì, che l’attivo pignorato, o comunque pignorabile in altra sede

esecutiva, fosse ab origine tale da consentire il pagamento delle spese esecutive e da soddisfare tutti i creditori; e che a causa dell’irragionevole dilatazione dei tempi processuali spese ed interessi siano lievitati in maniera da

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azzerare o ridurre l’ipotizzabile residuo attivo ovvero la restante garanzia

generica, altrimenti capiente

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 14.7.2015, n. 14751 Procedimento fallimentare di una società di capitali, ricorso per la violazione

del termine ragionevole di durata del processo, amministratore, difetto di legittimazione attiva

Il diritto alla trattazione delle cause entro un termine ragionevole è riconosciuto dall’art. 6, par. 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo,

specificamente richiamato dalla L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, solo con riferimento alle cause “proprie” e, quindi, esclusivamente in favore delle “parti” della causa, nel cui ambito si assume avvenuta la violazione, e non anche di

soggetti che siano ad essa rimasti estranei, essendo irrilevante, ai fini della legittimazione, che questi ultimi possano aver patito indirettamente dei danni

dal protrarsi del processo. Pertanto, va confermato che difetta di legittimazione attiva l’amministratore di una società di capitali, in relazione alla dedotta irragionevole durata del procedimento fallimentare aperto nei confronti della

società medesima, già da lui amministrata

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 7.7.2015, n. 14072 Equa riparazione per irragionevole durata del processo: il diritto all’indennizzo spetta anche al contumace

In tema di equa riparazione per irragionevole durata del processo, va

confermato che hanno diritto all’indennizzo tutte le parti coinvolte nel procedimento giurisdizionale, ivi compresa la parte rimasta contumace, nei cui confronti – non assumendo rilievo né l’esito della causa, né le ragioni della

scelta di non costituirsi – la decisione è comunque destinata ad esplicare i suoi effetti e a cagionare, nel caso di ritardo eccessivo nella definizione del giudizio,

un disagio psicologico, fermo restando che la contumacia costituisce comportamento idoneo ad influire – implicando od escludendo specifiche attività processuali – sui tempi del procedimento e, pertanto, è valutabile agli effetti

della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 2

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Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 27.1.2015, n. 1512

Equa riparazione per il mancato rispetto del termine di ragionevole durata del processo: prova del danno patrimoniale e liquidazione agli eredi

In tema di equa riparazione per il mancato rispetto del termine di ragionevole durata del processo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, il danno

patrimoniale, diversamente da quello non patrimoniale, deve essere oggetto di prova piena e rigorosa, occorrendo che ne siano specificati tutti gli estremi, fra l’altro variabili da caso a caso, ovvero che ne sia possibile l’individuazione sulla

base del contesto complessivo dell’atto. Pertanto, incombe al ricorrente l’onere di fornire la prova della lesione della propria sfera patrimoniale prodottasi quale

conseguenza diretta ed immediata della violazione, sulla base di una normale sequenza causale. In tema di violazione del termine di durata ragionevole del processo, nel caso in cui gli eredi agiscano in tale esclusiva qualità (e non anche

in proprio) per ottenere l’equa riparazione del pregiudizio derivante dall’irragionevole durata del giudizio iniziato dal de cuius, il complessivo

indennizzo deve essere liquidato in ragione della quota ereditaria spettante a ciascuno di essi e per il periodo decorrente dalla fine del periodo di durata ragionevole alla data di decesso del de cuius

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 26.1.2015, n. 1367 Durata irragionevole del processo promosso dal condominio senza che i

condomini siano stati parte in causa: a chi spetta la legittimazione ad agire per l’equa riparazione?

Va condiviso il recente principio secondo cui in caso di violazione del termine ragionevole del processo, qualora il giudizio sia stato promosso dal condominio,

sebbene a tutela di diritti connessi alla partecipazione di singoli condomini, ma senza che costoro siano stati parte in causa, la legittimazione ad agire per l’equa riparazione spetta esclusivamente al condominio, quale autonomo

soggetto giuridico, in persona dell’amministratore, autorizzato dall’assemblea dei condomini

NOTA: si veda in argomento Cassazione civile, sezioni unite, sentenza del 18.9.2014, n. 19663 (Durata irragionevole del processo: giudizio

presupposto, condominio, legittimazione): “in caso di giudizio presupposto, risultato di durata irragionevole, intentato dal solo Condominio, la

legittimazione a proporre l’azione di equa riparazione spetta esclusivamente a quest’ultimo”.

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Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 7.11.2014, n. 23859

Equa riparazione da irragionevole durata di un processo civile cui abbiano partecipato ab origine i genitori di un minore quali suoi rappresentanti legali

Va confermato il principio secondo cui in tema di equa riparazione, ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 2, ai fini della determinazione della irragionevole durata

di un processo civile, cui abbiano partecipato ab origine i genitori di un minore (quali suoi rappresentanti legali), occorre tener conto del periodo decorso fino al raggiungimento della maggiore età e di quello relativo alla protrazione del

giudizio nell’ambito della medesima fase processuale in cui i genitori siano rimasti costituiti per effetto dell’ultrattività della rappresentanza processuale,

impregiudicato il diritto del rappresentato ad intervenire, nell’ambito della stessa fase, con la costituzione volontaria in conseguenza del raggiungimento della maggiore età e fermo l’onere della sua autonoma costituzione, per i fini in

questione, nei successivi gradi di giudizio

8. Notifica del ricorso e del decreto

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 28.11.2016, n. 24137 Notifica del decreto ingiuntivo per l’equa riparazione da irragionevole durata

del processo, mancata notifica del ricorso, conseguenze

Il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito nella L. n. 134 del 2012, ha innovato il

procedimento di cui alla L. n. 89 del 2001, prevedendo un meccanismo simile a quello del procedimento ingiuntivo, eppure allo stesso non identico, facendo espresso richiamo al codice di procedura civile solo nei casi in cui la disciplina

dello stesso sia estensibile. Ciò posto l’ipotesi in cui il ricorrente abbia notificato il decreto ingiuntivo al Ministero, senza provvedere alla notifica del relativo

ricorso, non può essere ricondotta alla ipotesi della inesistenza della notificazione del decreto ingiuntivo. Si è invece in presenza di una notificazione incompleta, che da luogo ad un vizio qualificabile come ipotesi di nullità,

riconducibile alla previsione dell’art. 156 c.p.c. e, pertanto – disciplinando l’art. 188 disp. att. unicamente i casi di notificazione mancante o giuridicamente

inesistente – lo stesso non è applicabile, sicchè qualora il Ministero proponga tempestiva opposizione ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 5-ter, nessuna violazione del diritto di difesa risulta palesata.

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Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 29.2.2016, n. 3994

Equo indennizzo da irragionevole durata del processo, notificazione del solo decreto e non anche del ricorso, nullità sanabile

La notificazione L. n. 89 del 2001, ex art. 5, comma 2, del solo decreto e non anche del ricorso non realizza lo scopo dell’atto, che è costituito dalla piena (e

non da una qualunque) conoscenza legale della domanda giudiziale da parte dell’amministrazione ingiunta, e integra pertanto una nullità formale ad assetto variabile ai sensi dell’art. 156 c.p.c., comma 2; tale nullità è sanata con

efficacia ex tunc attraverso una fattispecie a formazione progressiva costituita dall’opposizione erariale ai sensi dell’art. 5 ter, stessa legge e dalla rinnovazione

della notifica del ricorso, disposta d’ufficio dalla Corte d’appello in base all’art. 291 c.p.c., ed eseguita dalla parte ricorrente nel termine appositamente concesso, affinchè l’amministrazione, conseguita la piena conoscenza della

domanda, possa svolgere le proprie difese nel merito ove non altrimenti effettuate in maniera compiuta.

9. Altre questioni processuali

Corte Costituzionale, sentenza del 19.2.2016, n. 36 Illegittimità costituzionale dell’art. 2, c. 2-bis, l. 89/2001 (irragionevole

durata del processo): la durata del procedimento di equa riparazione deve essere più breve del giudizio ordinario

Va dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 2-bis, della legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in caso di violazione del

termine ragionevole del processo e modifica dell’art. 375 c.p.c.), nella parte in cui si applica alla durata del processo di primo grado previsto dalla legge n. 89 del 2001. Difatti, detta disposizione, imponendo di considerare ragionevole la

durata del procedimento di primo grado regolato dalla legge n. 89 del 2001, quando la stessa non eccede i tre anni, viola gli artt. 111, secondo comma, e

117, primo comma, Cost., posto che questo solo termine comporta che la durata complessiva del giudizio possa essere superiore al limite biennale

adottato dalla Corte europea (e dalla giurisprudenza nazionale sulla base di quest’ultima) per un procedimento regolato da tale legge, che si svolga invece in due gradi. Peraltro, l’art. 6 della CEDU preclude al legislatore nazionale, che

abbia deciso di disciplinare legalmente i termini di ragionevole durata dei processi ai fini dell’equa riparazione, di consentire una durata complessiva del

procedimento regolato dalla legge n. 89 del 2001 pari a quella tollerata con

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riguardo agli altri procedimenti civili di cognizione, anziché modellarla sul calco

dei più brevi termini indicati dalla stessa Corte di Strasburgo e recepiti dalla giurisprudenza nazionale.

Cassazione civile, sezione seconda, sentenza del 22.9.2014, n. 19897

Le nuove disposizioni in tema di equa riparazione per violazione del termine ragionevole di durata del processo introdotte nel 2012 hanno efficacia retroattiva?

Alle disposizioni in tema di equa riparazione per violazione del termine

ragionevole di durata del processo introdotte dal d.l. 22 giugno 2012, n. 83 (nella specie, il nuovo art. 2 bis, comma 3, l. 24 marzo 2001, n. 89), non può riconoscersi natura di norme di interpretazione autentica, né efficacia

retroattiva, in quanto nulla vi è nel d.l. in parola che possa indurre a ritenere che il legislatore abbia inteso attribuire efficacia retroattiva alle nuove

disposizioni che, invece, ex art. 55, comma 2, d.l. n. 83/2012, si applicano ai ricorsi depositati dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione (ovvero l’11 settembre 2012)

VALUTAZIONE DELLA DURATA IRRAGIONEVOLE

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 28.11.2016, n. 24138

Ai fini del computo della durata ragionevole del processo occorre aver riguardo all’intera durata del processo e non solo a quella successiva all’istanza di prelievo

Il D.L. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2, come modificato dal D.Lgs. n. 104

del 2010, art. 3, comma 23, all. 4, in base al quale nei giudizi pendenti alla data del 16 settembre 2010 la presentazione dell’istanza di prelievo condiziona la proponibilità della domanda di indennizzo anche per il periodo anteriore alla

presentazione medesima, non implica che detta istanza costituisca il momento a partire dal quale assume rilievo la pendenza giudiziale e si debba calcolare, di

riflesso, la durata ragionevole. Al contrario, l’istanza di prelievo una volta presentata assolve ed esaurisce la propria funzione di presupposto processuale del procedimento di equa riparazione, mentre ai fini del computo della durata

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ragionevole occorre aver riguardo all’intera durata del processo e non solo a

quella successiva all’istanza predetta

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 11.11.2016, n. 22983 Giudizio in unico grado definito in meno di sei anni: irragionevole durata?

La norma dell’art. 2, comma 2-ter Legge Pinto, in base al quale si considera comunque rispettato il termine ragionevole se il giudizio è definito in modo

irrevocabile in un tempo non superiore a sei anni, va interpretata in continuità con il comma che la precede: essa – nel mantenere fermi i limiti di durata

ragionevole fissati nel comma 2-bis – lungi dall’allungare a sei anni il periodo di definizione di un processo che si sia esaurito in un unico grado di giudizio, detta una norma di chiusura, introducendo una valutazione sintetica e complessiva

del processo che si sia articolato in tre gradi di giudizio, consentendo così di escludere la configurabilità del superamento del termine di durata ragionevole

tutte le volte in cui la durata dell’intero giudizio, nei suoi tre gradi, sia contenuta nel parametro complessivo di sei anni, e di trascurare, al contempo, il superamento registrato in un grado quando questo sia stato compensato da un

iter più celere rispetto allo standard nel grado precedente o successivo

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 26.10.2016, n. 21651 Pur potendosi individuare standard di durata media ragionevole per ogni grado, occorre una valutazione sintetica e complessiva dell’unico processo

Pur essendo possibile individuare degli “standard” di durata media ragionevole

per ogni fase del processo, quando quest’ultimo si sia articolato in vari gradi e fasi, quanto agli effetti dell’apprezzamento del mancato rispetto del termine ragionevole, di cui all’art. 6, par. 1, della Convenzione Europea per la

salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, occorre avere riguardo all’intero svolgimento del processo medesimo, dall’introduzione fino al

momento della proposizione della domanda di equa riparazione, dovendosi cioè addivenire ad una valutazione sintetica e complessiva dell’unico processo da considerare nella sua complessiva articolazione (pertanto non è corretto

considerare quale durata ragionevole per il giudizio d’appello quella standard di due anni, senza considerare però che nella specie quest’ultimo grado di merito

non era stato ancora definito, dovendosi in tal caso invece valutare la durata complessiva del giudizio presupposto sino alla data della pronuncia, per accertare in concreto la ritenuta modestia del ritardo e liquidare l’indennizzo in

base alla differenza fra il tempo trascorso e quello, inferiore, che sarebbe stato ragionevole per compiere le medesime attività processuali, operando una giusta

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proporzione tra quest’ultimo e lo standard temporale di definizione dell’intero

giudizio)

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 26.10.2016, n. 21660 Procedura fallimentare notevolmente complessa: qual è la durata

ragionevole?

Va confermato che la durata ragionevole delle procedure fallimentari può essere

stimata in cinque anni per quelle di media complessità, ed è elevabile fino a sette anni, allorquando il procedimento si presenti notevolmente complesso;

ipotesi, questa, ravvisabile in presenza di un numero elevato di creditori, di una particolare natura o situazione giuridica dei beni da liquidare (partecipazioni societarie, beni indivisi ecc.), della proliferazione di giudizi connessi alla

procedura, ma autonomi e quindi a loro volta di durata condizionata dalla complessità del caso, oppure della pluralità delle procedure concorsuali

interdipendenti

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 28.7.2016, n. 15734 Processo di esecuzione, durata irragionevole, equa riparazione: rilevano

anche i tempi impiegati per definire i rimedi cognitivi o quelli esecutivi azionati

In tema di equa riparazione per la durata irragionevole del processo, ai fini del computo della durata ragionevole e dell’eventuale eccedenza devono essere

inclusi nella durata complessiva del processo d’esecuzione i tempi impiegati per definire i rimedi cognitivi o quelli esecutivi azionati, come la fase di reclamo

avverso l’ordinanza che dichiari l’estinzione della procedura

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 15.1.2016, n. 636 Durata del giudizio: il rinvio dell’udienza di undici mesi, anche se riferibile al

comportamento della parte e a questa imputabile, è irragionevole

In tema di durata ragionevole del giudizio, anche nel caso in cui il rinvio di

un’udienza sia riferibile al comportamento della parte e a questa imputabile, il rinvio stesso non può, tuttavia, essere irragionevole; in particolare, un rinvio di

undici mesi appare senz’altro eccessivo rispetto a quello che può essere stimato come ragionevole di tre mesi

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Tribunale di Siena, ordinanza del 4.8.2015

Mancato deposito della procura: il ritardo al procedimento ai fini del rispetto del termine di ragionevole durata va imputato alla parte medesima

Qualora la parte non abbia depositato la procura alle liti, che deve essere depositata da ciascuna parte al momento della propria costituzione all’interno

del proprio fascicolo a norma degli artt. 165 e 166 c.p.c., va affermato che il ritardo che consegue al procedimento, anche ai fini del rispetto del termine di ragionevole durata del processo ex legge 89/5001, non può essere imputato

all’Ufficio bensì alla parte medesima

Cassazione civile, sezione sesta, ordinanza del 16.7.2015, n. 14996 Il termine ragionevole di durata del processo si considera rispettato se

questo viene definito entro 6 anni: sì, ma solo se articolato nei tre gradi

In tema di equa riparazione per violazione del termine ragionevole del processo, la L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 2-ter, secondo cui detto termine si considera comunque rispettato se il giudizio viene definito in modo irrevocabile

in un tempo non superiore a sei anni, costituisce norma di chiusura che implica una valutazione complessiva del giudizio articolato nei tre gradi, e non opera,

perciò, con riguardo ai processi che si esauriscono in unico grado

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 5.5.2015, n. 8943 Durata ragionevole delle procedure fallimentari: 5 anni per quelle di media

complessità; 7 per quelle notevolmente complesse

La durata ragionevole delle procedure fallimentari può essere stimata in cinque anni per quelle di media complessità, ed è elevabile fino a sette anni, allorquando il procedimento si presenti notevolmente complesso; ipotesi,

questa, ravvisabile in presenza di un numero elevato di creditori, di una particolare natura o situazione giuridica dei beni da liquidare (partecipazioni

societarie, beni indivisi ecc.), della proliferazione di giudizi connessi alla procedura, ma autonomi e quindi a loro volta di durata condizionata dalla complessità del caso, oppure della pluralità delle procedure concorsuali

interdipendenti

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Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 6.11.2014, n. 23745

Irragionevole durata del processo: computo complessivo del termine

L’art. 2, comma 2-ter, della legge 24 marzo 2001, n. 89, secondo il quale il

termine ragionevole di durata del processo è comunque rispettato se il giudizio viene definito in modo irrevocabile in un tempo non superiore a sei anni,

costituisce norma di chiusura che implica una valutazione complessiva del giudizio articolato nei tre gradi, e non opera, perciò, con riguardo ai processi che si esauriscono in unico grado

VALUTAZIONE DEL DIRITTO ALL’EQUA RIPARAZIONE

1. Fondatezza della domanda del giudizio presupposto

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 18.11.2015, n. 23644 Irragionevole durata del processo e diritto all’equa riparazione: irrilevanza

della prognosi di accoglibilità della domanda e dell’esito effettivo della causa in cui si è verificata la violazione

Va confermato l’orientamento secondo cui in caso di violazione del termine di durata ragionevole del processo il diritto all’equa riparazione prescinde dalla

fondatezza della pretesa ivi azionata, salvo l’ipotesi di lite temeraria o abusiva o di sopravvenuta consapevolezza della mancanza di fondamento della pretesa;

ciò comporta la normale irrilevanza tanto della prognosi di accoglibilità della domanda quanto dell’esito effettivo della causa in cui si è verificata la violazione

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 29.10.2015, n. 22169

Irragionevole durata del processo: la mera consapevolezza della scarsa probabilità di successo dell’iniziativa giudiziaria è irrilevante al fine di escludere il risarcimento

La configurabilità del danno risarcibile ex lege n. 89 del 2001, non può essere

esclusa sulla base dell’esito sfavorevole del giudizio, a meno che dagli atti processuali non risulti la prova per cui la parte, che richiede il risarcimento del

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danno, abbia proposto una lite temeraria al solo fine di conseguire la

irragionevole durata del giudizio, mentre la mera consapevolezza della scarsa probabilità di successo dell’iniziativa giudiziaria è irrilevante al fine di escludere il diritto al risarcimento del danno, potendo semmai rilevare ai fini della

quantificazione del danno

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 8.6.2015, n. 11828 Durata irragionevole del processo: no al diritto all’equa riparazione in caso di

lite temeraria e consapevolezza dell’infondatezza della propria pretesa

Pur rilevando che il diritto all’equa riparazione per la durata irragionevole del processo spetta a tutte le parti a prescindere dal fatto che esse siano vittoriose o soccombenti, va confermato che vanno escluse le liti temerarie e quelle in cui

si sia artatamente resistito. In particolare, se una domanda viene proposta prospettando l’illegittimità costituzionale della disciplina applicabile,

prospettazione disattesa dal giudice delle leggi, la valutazione del giudice di merito, secondo cui la protrazione del giudizio presupposto successivamente alla detta pronunzia non ha determinato un patema d’animo suscettibile di

indennizzo, appare plausibile e ragionevole e non contrastante con gli orientamenti espressi dalla giurisprudenza di questa Corte in ordine alla

consapevolezza, da parte di chi agisce in equa riparazione, della infondatezza della propria pretesa nel giudizio presupposto

NOTA: Si veda anche Cassazione civile, sezione seconda, sentenza del 16.9.2014, n. 19478 (L’indennizzo da irragionevole durata spetta a

qualsiasi parte, tranne che a colui che pone in essere una lite temeraria): “in caso di violazione del termine di durata ragionevole del

processo, il diritto all’equa riparazione di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 spetta a tutte le parti del processo, indipendentemente dal fatto che esse siano risultate vittoriose o soccombenti, costituendo l’ansia e la sofferenza per

l’eccessiva durata i riflessi psicologici del perdurare dell’incertezza in ordine alle posizioni coinvolte nel processo, ad eccezione del caso in cui il soccombente

abbia promosso una lite temeraria, o abbia artatamente resistito in giudizio al solo fine di perseguire proprio il perfezionamento della fattispecie di cui al richiamato art. 2, e dunque in difetto di una condizione soggettiva di

incertezza”.

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Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 11.3.2015, n. 4890

Irragionevole durata del processo: no all’indennizzo in corso di causa se interviene la consapevolezza del proprio torto

Una situazione soggettiva scevra da ogni ansia derivante dall’incertezza dell’esito della lite può essere originaria o sopravvenuta, secondo che la

consapevolezza del proprio torto da parte dell’attore preesista alla causa ovvero intervenga nel corso di questa, per effetto di circostanze nuove che rendano manifesto il futuro esito negativo del giudizio. In quest’ultimo caso, pur non

potendosi configurare una fattispecie di lite propriamente temeraria, per l’iniziale buona fede della parte attrice, la reazione ansiogena su cui si fonda il

diritto all’equa riparazione ai sensi della legge c.d. Pinto è da escludersi a decorrere dal momento in cui la parte stessa acquisisce tale consapevolezza, facendo venir meno da allora in poi il diritto all’indennizzo per la successiva

irragionevole durata della causa

2. Quantificazione e liquidazione dell’indennizzo

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 16.12.2016, n. 25998 Equa riparazione per irragionevole durata del processo in caso di processo

nel quale sono stati riuniti sin dal primo grado due separati giudizi

In tema di equa riparazione per irragionevole durata del processo, il ristoro del pregiudizio subito non può essere duplicato in relazione ad un processo nel quale sono stati riuniti sin dal primo grado due separati giudizi, dovendo aversi

riguardo all’aspettativa di definizione in tempi ragionevoli delle vertenze giudiziarie nella loro unitarietà e non delle singole domande che in esse siano

proposte

Cassazione civile, sezione sesta, ordinanza del 16.7.2015, n. 14976 Irragionevole durata del processo, liquidazione dell’indennizzo con

moltiplicatore annuo inferiore a quello invocato dalla parte: non è accoglimento parziale della domanda ai fini della compensazione delle spese

Il procedimento d’equa riparazione ex lege n. 89 del 2001 è connotato, causa l’assenza di strumenti di predeterminazione anticipata del danno e del suo

ammontare, dal potere del giudice d’individuare in maniera autonoma l’indennizzo dovuto, secondo criteri che sfuggono (come al dominio, così anche)

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alla previsione della parte. Quest’ultima, nel precisare l’ammontare della

somma richiesta a titolo di danno non patrimoniale, non completa il petitum della domanda tematizzandola sotto il profilo quantitativo, ma sollecita (a prescindere dalle espressioni adoperate) l’esercizio di un potere di liquidazione

interamente ufficioso. Ne deriva che la liquidazione dell’indennizzo in base ad un moltiplicatore annuo inferiore a quello invocato dalla parte, non costituisce

accoglimento parziale della domanda e non giustifica, pertanto, la compensazione delle spese

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 10.11.2014, n. 23968 Irragionevole durata del processo, quantificazione del danno non

patrimoniale: i parametri tabellari plasmati dalla giurisprudenza di legittimità sono derogabili?

Va confermato che in tema di equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, l’inesistenza del pregiudizio importante,

dovuto alla modestia del valore effettivo della controversia sottoposta al giudice nel giudizio presupposto, consente di ragionevolmente ridurre a 500 Euro per anno di ritardo la compensazione del danno non patrimoniale subito per la

lentezza del processo in relazione alla particolarità del caso concreto e così di scendere – al fine di cogliere l’effettiva consistenza economica e sociale della

vicenda presupposta – al di sotto dei parametri tabellari plasmati dalla giurisprudenza di legittimità (da 750 Euro e poi da 1.000 Euro in su), da riservare ai casi in cui il pregiudizio è serio e tale da comportare conseguenze

significative sulla situazione personale della parte

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 20.10.2014, n. 22211 Irragionevole durata del processo: il giudice nazionale può discostarsi dai

criteri della Corte Europea dei diritti dell’uomo

Occorre rilevare che, se è vero che il giudice nazionale deve, in linea di principio, uniformarsi ai criteri di liquidazione elaborati dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo (secondo cui, data l’esigenza di garantire che la liquidazione sia

satisfattiva di un danno e non indebitamente lucrativa, la quantificazione del danno non patrimoniale deve essere, di regola, non inferiore ad Euro 750,00

per ogni anno di ritardo, in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, e non inferiore ad Euro 1.000,00 per quelli successivi), permane tuttavia, in capo allo stesso giudice, il potere di discostarsene, in misura

ragionevole, qualora, avuto riguardo alle peculiarità della singola fattispecie,

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ravvisi elementi concreti di positiva smentita di detti criteri, dei quali deve dar

conto in motivazione

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 8.10.2014, n. 21285 Irragionevole durata del processo: è ammissibile un indennizzo di solo 500

Euro per ciascun anno di ritardo?

In tema di equa riparazione, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, per

violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, il giudice, nel determinare la quantificazione del danno non patrimoniale subito per ogni anno

di ritardo, può scendere al di sotto del livello di “soglia minima” là dove, in considerazione del carattere bagatellare o irrisorio della pretesa patrimoniale azionata nel processo presupposto, parametrata anche sulla condizione sociale

e personale del richiedente, l’accoglimento della pretesa azionata renderebbe il risarcimento del danno non patrimoniale del tutto sproporzionato rispetto alla

reale entità del pregiudizio sofferto. Pertanto, ben si può escludere che un indennizzo di 500,00 Euro per ciascun anno di ritardo, possa essere di per sé considerato irragionevole e quindi lesivo dell’adeguato ristoro che la

giurisprudenza della Corte europea intende assicurare in relazione alla violazione del termine di durata ragionevole del processo

NOTA SUL RITARDO DELLA P.A. NEL PAGAMENTO RICONOSCIUTO IN DECRETO PINTO ESECUTIVO: si veda Cassazione civile, Sezioni Unite, sentenza del 14.3.2014, n. 6312 (Equa riparazione e ritardo della P.A. nel pagamento riconosciuto in decreto

Pinto esecutivo: sì all’ulteriore indennizzo con ricorso diretto alla CEDU): “in tema di equa riparazione per violazione della durata ragionevole del processo, in caso

di ritardo della P.A. nel pagamento delle somme riconosciute in un decreto “Pinto” esecutivo, l’interessato ha diritto – sia che abbia esperito azione esecutiva per il conseguimento delle somme riconosciutegli sia che si sia limitato ad “attendere”

l’adempimento dell’Amministrazione – ad un autonomo indennizzo per il ritardo nel soddisfacimento della sua pretesa, che, tuttavia, può essere fatto valere solo con il

ricorso diretto alla CEDU e non con le forme e i termini previsti dalla legge n. 89 del 2001”.

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3. Altre questioni in merito all’equa riparazione

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 11.11.2016, n. 22981 Irragionevole durata del processo, equa riparazione: la dichiarazione di perenzione non consente di ritenere insussistente il danno per disinteresse

della parte a coltivare il processo

In materia di equa riparazione per durata irragionevole del processo, la dichiarazione di perenzione del giudizio da parte del giudice amministrativo non

consente di ritenere insussistente il danno per disinteresse della parte a coltivare il processo, in quanto in tal modo verrebbe a darsi rilievo ad una circostanza sopravvenuta – la dichiarazione di estinzione del giudizio –

successiva rispetto al superamento del limite di durata ragionevole del processo. Tale principio non soffre deroga nell’ipotesi in cui l’istanza di prelievo

sia stata presentata una sola volta e in epoca risalente rispetto alla conclusione del giudizio. Infatti, sebbene la persistenza dell’interesse alla sollecita decisione del ricorso amministrativo non sia cristallizzabile nel tempo una volta e per

tutte, ma abbia senso solo se intesa diacronicamente, nessuna norma e nessun principio processuale impongono la reiterazione dell’istanza di prelievo ad

intervalli più o meno regolari

NOTA: Si veda Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 29.8.2014, n.

18437 (Equa riparazione per durata irragionevole del processo: non rileva la dichiarazione di perenzione del giudizio da parte del giudice

amministrativo): “in materia di equa riparazione per durata ragionevole del processo, è principio ormai consolidato che la dichiarazione di perenzione del giudizio da parte del giudice amministrativo non consente di ritenere

insussistente il danno per disinteresse della parte a coltivare il processo, in quanto in tal modo verrebbe a darsi rilievo ad una circostanza sopravvenuta –

la dichiarazione di estinzione del processo – successiva rispetto al superamento del limite di durata ragionevole del processo”. Sul tema dell’eventuale rilevanza del procedimento amministrativo si veda

Cassazione civile, sezioni unite, sentenza del 25.2.2014, n. 4429 (Durata ragionevole del processo: è computabile anche il periodo oggetto di

procedimento amministrativo?): “In tema di equa riparazione per superamento del termine di ragionevole durata del processo ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 2, in relazione all’art. 6, par. 1, della Convenzione Europea dei

Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali, non è computabile, ai fini della determinazione della durata del processo, quella del procedimento

amministrativo che lo abbia precedutocene quando il preventivo esperimento sia normativamente prescritto, senza predeterminazione di un termine massimo

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e lo stesso si sia svolto prima dell’entrata in vigore della L. 7 agosto 1990, n.

241 (prevedente all’art. 2 un termine massimo generalizzato, per i casi non regolati da particolari disposizioni, di gg. 30), non partecipando siffatti procedimenti della natura giurisdizionale del processo, che secondo la

normativa in precedenza citata è soltanto quello che si svolge davanti ad un giudice.

Sono invece computabili, ai fini della suddetta ragionevole durata, i tempi occorsi per l’espletamento di attività endoprocessuali, riferibili ad organi dell’apparato giudiziario e ad ausiliari del giudice, nonchè le protrazioni del

processo determinate dall’operato di altri soggetti istituzionali, comunque incidenti sul relativo corso”.

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 12.10.2016, n. 322

Irragionevole durata del processo: danno non patrimoniale per le persone giuridiche

In tema di equa riparazione per irragionevole durata del processo ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, anche per le persone giuridiche il danno non

patrimoniale, inteso come danno morale soggettivo correlato a turbamenti di carattere psicologico, è conseguenza normale, ancorché non automatica e

necessaria, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, di cui all’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia del diritti dell’uomo

e delle libertà fondamentali, a causa dei disagi e dei turbamenti di carattere psicologico che la lesione di tale diritto, solitamente provoca alle persone preposte alla gestione dell’ente o ai suoi membri, e ciò non diversamente da

quanto avviene per il danno morale da lunghezza eccessiva del processo subito dagli individui persone fisiche

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 15.9.2015, n. 18119

Durata del processo: il danno non patrimoniale può presumersi solo quando il processo supera in modo significativo la durata ragionevole

In tema di equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, l’esistenza del danno non patrimoniale può presumersi solo quando il

processo superi in modo significativo la sua durata ragionevole, non anche quando esso trovi definizione a ridosso di tale termine, superandolo di pochi

mesi (cinque, nel caso di specie). In questa evenienza, infatti, appare logico presumere, in relazione alla natura del danno stesso e sempre che non risultino indicazioni contrarie scaturenti in primo luogo dall’importanza della posta in

gioco, che un lasso di tempo cosi breve di eccedenza non possa provocare a

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carico della parte sofferenze e patemi d’animo apprezzabili e, quindi,

autonomamente enucleabili come danno evento.

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 15.9.2015, n. 18118 Irragionevole durata del processo: l’equa riparazione non comprende

l’omessa emanazione di norme di legge per disciplinare l’esercizio del diritto di astensione dalle udienze degli avvocati

Va condiviso il principio secondo cui l’equa riparazione di cui alla L. 24 marzo 2001, n. 89 integra un credito a contenuto indennitario, non risarcitorio,

prescinde da atti o contegni illeciti od illegittimi, deriva dall’oggettivo verificarsi d’inosservanza dell’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, con lesione del diritto della

persona alla definizione della causa in un termine ragionevole, in dipendenza dell’inefficienza dell’organizzazione giudiziaria, e, dunque, abbraccia tutte le

“violazioni di sistema”, ivi incluse quelle riconducibili a scelte legislative che determinino o concorrano a determinare l’eccessivo protrarsi della lite. Fra le indicate “violazioni di sistema” non può essere compresa l’omessa emanazione

di norme di legge per disciplinare l’esercizio del diritto di astensione dalle udienze degli avvocati, giacché la mancanza di dette norme non è causa o

concausa, secondo i comuni parametri in tema di nesso eziologico, del rinvio dell’udienza per l’adesione dei difensori a manifestazione di protesta, detto

rinvio restando riferibile a libere scelte dei competenti ordini professionali e dei loro iscritti, nell’esercizio di diritti a rilevanza costituzionale che quella disciplina non potrebbe comunque compromettere, e, quindi, rimanendo imputabile a

fattori esterni ed estranei all’organizzazione giudiziaria

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 28.7.2015, n. 15905 Irragionevole durata del processo: la particolare complessità del giudizio non

può essere desunta dal fatto che sul ruolo pendano molteplici procedimenti di identico contenuto

Circa la violazione del termine di durata ragionevole del processo la particolare complessità del giudizio non può essere desunta dal fatto che sul ruolo del

giudice pendano molteplici procedimenti di identico contenuto, atteso che non solo non v’è alcun nesso fra l’eccessivo carico di lavoro di un magistrato –

certamente imputabile alla cattiva organizzazione del servizio giustizia – e le difficoltà connesse all’istruzione ed alla decisione di un singolo giudizio, ma che la serialità delle cause è fattore che, all’evidenza, favorisce una loro più rapida

definizione

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Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 14.7.2015, n. 14750

Equa riparazione per eccessiva durata del processo: cosa avviene in caso di una cospicua serie di differimenti chiesti (o non opposti) dalla parte?

È compito del giudice dell’equa riparazione, a fronte di una cospicua serie di differimenti chiesti (o non opposti) dalla parte e disposti dal giudice istruttore,

distinguere, come gli impone la L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2, tra tempi addebitabili alla parte e tempi dei rinvii addebitabili allo Stato per la loro evidente irragionevolezza e pertanto, salvo che sia motivatamente evidenziata

una vera e propria strategia dilatoria della parte, idonea ad impedire alcun esercizio dei poteri di direzione dell’istruttore, individuare la durata

irragionevole del giudizio comunque ascrivibile allo Stato, ferma restando la possibilità che la frequenza e ingiustificatezza delle istanze di differimento incida sulla valutazione del patema indotto dalla durata e quindi sulla misura

dell’indennizzo da riconoscere

Cassazione civile, sezione prima, sentenza del 13.2.2015, n. 2955 Ragionevole durata del processo: il giudice deve evitare ed impedire

comportamenti che ostacolino la sollecita definizione del giudizio

Il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo

impone al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano certamente quelli che si traducono in un inutile dispendio di

attività processuali e formalità superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del

contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale è destinato ad esplicare i suoi effetti (caso di ricorso per cassazione prima facie

infondato, ove la Cassazione afferma che appare superflua, pur potendo sussistere i presupposti, la fissazione del termine ex art. 331 c.p.c. per

l’integrazione del contraddittorio)

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 20.1.2015, n. 803 Equa riparazione per irragionevole durata del processo: rilevanza delle

continue richieste di rinvio

Va confermato che ai fini del riconoscimento, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n.

89, del diritto ad un’equa riparazione per violazione del termine ragionevole del processo, non possono essere ascritti in toto al comportamento delle parti i

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Diritto Avanzato

ritardi dovuti alle continue richieste di rinvio non funzionali al contraddittorio e

al corretto svolgimento del processo, rilevando gli stessi, almeno in parte, in caso di inerzia ed acquiescenza dell’istruttore – in capo al quale sussistono tutti i poteri intesi al più sollecito e leale svolgimento del procedimento stesso – ai

fini della valutazione del comportamento del giudice, ai sensi della citata L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 26.1.2015, n. 1364

Equa riparazione da irragionevole durata del processo, controversia di valore economico non rilevante: riduzione dell’indennizzo

In tema di equa riparazione da irragionevole durata del processo, va confermato che ove non emergano elementi concreti in grado di far apprezzare

la peculiare rilevanza del danno non patrimoniale, l’esigenza di garantire che la liquidazione sia satisfattiva di un danno e non indebitamente lucrativa comporta

che la quantificazione del danno non patrimoniale dev’essere, di regola, non inferiore a Euro 750,00 per ogni anno di ritardo, in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, e non inferiore a Euro 1000 per quelli

successivi, in quanto l’irragionevole durata eccedente tale periodo da ultimo indicato comporta un evidente aggravamento del danno. Ciò posto, va

affermato che un valore economico non rilevante della controversia può autorizzare il giudice nazionale anche a scendere al di sotto di tali livelli, purché

il ristoro non sia meramente simbolico

NOTA: si veda in argomento Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del

27.1.2014, n. 1671 (Sussiste l’indennizzo da irragionevole durata del processo se la posta in gioco è modesta?): “La modestia della posta in

gioco non può incidere sull’an dell’indennizzo per irragionevole durata del processo; invero, pur dovendo escludersi la configurabilità di un danno in re ipsa – ossia di un danno automaticamente e necessariamente insito

nell’accertamento della violazione -, una volta accertata e determinata l’entità della violazione relativa alla durata ragionevole del processo, il giudice deve

ritenere tale danno esistente, sempre che non risulti la sussistenza, nel caso concreto, di circostanze particolari che facciano positivamente escludere che tale danno sia stato subito dal ricorrente”.

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Diritto Avanzato

Cassazione civile, sezione seconda, sentenza del 30.9.2014, n. 20639

Impugnazioni, integrazione del contraddittorio in cause inscindibili e principio della ragionevole durata del processo

Va confermato l’orientamento delle Sezioni Unite del 2013 secondo cui, la fissazione del termine ex art. 331 c.p.c., in forza del principio della

ragionevole durata del processo, può ritenersi anche superflua ove il gravame appaia prima facie infondato e l’integrazione del contraddittorio si riveli, perciò, attività del tutto ininfluente sull’esito del procedimento

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Diritto Avanzato

SCHEMI

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Diritto Avanzato

DISCIPLINA E ITER PROCESSUALI

1. Rimedi preventivi all’irragionevole durata del processo

Di seguito schema riassuntivo della nuova disciplina sui rimedi preventivi introdotta dalla legge di stabilità 2016 (legge 28 dicembre 2015, n. 208,

Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016), in G.U. n. 302 del 30.12.2015 - Suppl. Ordinario n. 70.

A. Principi

La parte ha diritto ad esperire i rimedi preventivi all'irragionevole durata

del processo (art. 1-bis, l. 89/01)

Chi, pur avendo esperito i rimedi preventivi ha subito un danno

(patrimoniale o non patrimoniale) a causa dell'irragionevole durata del processo ha diritto ad una equa riparazione (art. 1-bis, l. 89/01)

E' inammissibile la domanda di equa riparazione proposta dal soggetto che

non ha esperito i rimedi preventivi di cui all’art. 1-ter all'irragionevole

durata del processo (art. 2,comma 1, l. 89/01)

B. I rimedi preventivi nel processo civile (art. 1-ter, l. 89701)

Introdurre il giudizio nelle forme del procedimento sommario di cognizione di cui agli art. 702-bis e ss. c.p.c.

Per approfondimenti si veda SPINA, Schema: rito sommario di cognizione alla luce della recente giurisprudenza

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Diritto Avanzato

Formulare richiesta di passaggio dal rito ordinario al rito sommario a

norma dell'art. 183-bis c.p.c. entro l'udienza di trattazione e comunque almeno sei mesi prima che siano trascorsi i termini di cui all’art. 2, comma 2-bis, l. 89/01 (secondo cui si considera rispettato il termine ragionevole di cui al

comma 1 se il processo non eccede la durata di tre anni in primo grado, di due anni in secondo grado, di un anno nel giudizio di legittimità)

Per approfondimenti si veda SPINA, Schema: art. 183 bis c.p.c. alla luce della recente giurisprudenza

Per approfondimenti si veda SPINA Schema: udienza ex artt. 183 -

183bis c.p.c.

Nelle cause in cui non si applica il rito sommario di cognizione, ivi comprese quelle in grado di appello, proporre istanza di decisione a seguito di trattazione orale a norma dell'art. 281-sexies c.p.c. almeno sei mesi

prima che siano trascorsi i termini di al citato art. 2, comma 2-bis, l. 89/01 Per approfondimenti si veda SPINA, Schema: rassegna

giurisprudenziale sull’udienza di discussione e decisione inoltre, lo stesso art. 1-ter dispone che:

nelle cause in cui il tribunale giudica in composizione collegiale, il giudice

istruttore quando ritiene che la causa può essere decisa a seguito di trattazione orale, a norma dell’art. 281-sexies c.p.c., rimette la causa al collegio fissando

l’udienza collegiale per la precisazione delle conclusioni e per la discussione orale

nei giudizi davanti alla Corte di cassazione, la parte ha diritto a depositare un’istanza di accelerazione almeno due mesi prima che siano trascorsi i termini

di al citato art. 2, comma 2-bis, l. 89/01

C. Entrata in vigore (art. 6, l. 89/01)

La regola dell’inammissibile la domanda di equa riparazione proposta dal soggetto che non ha esperito i rimedi preventivi (di cui all’art. 2, comma 1, l. 89/01) non si applica nei processi:

la cui durata al 31 ottobre 2016 ecceda i termini ragionevoli (di al citato art. 2, comma 2-bis, l. 89/01);

assunti in decisione alla data del al 31 ottobre 2016.

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Diritto Avanzato

2. Valutazione dell’irragionevolezza ai fini dell’equa riparazione

Di seguito schema riassuntivo in ordine alla disciplina di valutazione sulla ragionevolezza o irraginevolezza della durata dei processi civili a norma della

l. 89/2001.

A. Criteri di valutazione

Nell'accertare la violazione il giudice valuta: la complessità del caso; l'oggetto del procedimento;

il comportamento delle parti durante il procedimento; il comportamento del giudice durante il procedimento.

il comportamento di ogni altro soggetto chiamato a concorrere o a contribuire alla definizione del procedimento.

B. Durata ragionevole

Termini di durata sicuramente ragionevole nei giudizi civili (art. 2, comma 2-bis):

primo grado

se il processo non eccede la durata di 3 anni

secondo grado

se il processo non eccede la durata di 2 anni

giudizio di legittimità

se il processo non eccede la durata di 1 anno

esecuzione forzata se il procedimento si è concluso in 3 anni

procedura concorsuale se la procedura si è conclusa in 6 anni

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Diritto Avanzato

intero processo

se il giudizio viene definito in modo irrevocabile in un tempo non superiore a 6 anni

Nota: Corte Costituzionale, sentenza 19.2.2016, n. 36 ha dichiarato l'illegittimità

costituzionale dell'art. 2, comma 2-bis, della legge 24 marzo 2001, n. 89, nella parte in cui si applica alla durata del processo di primo grado previsto dalla legge n. 89 del 2001.

Nota: i richiamati termini decorrono dal deposito del ricorso introduttivo o dalla

notificazione dell'atto di citazione Nota: ai fini del computo non si tiene conto:

del tempo in cui il processo è sospeso; del tempo intercorso tra il giorno in cui inizia a decorrere il termine per

proporre l'impugnazione e la proposizione della stessa.

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Diritto Avanzato

3. Valutazione sull’equa riparazione

Di seguito schema riassuntivo in ordine alla disciplina della valutazione sul quantum dell’equa riparazione connessa alla violazione del termina di durata

ragionevole del processo a norma della l. 89/2001, così come novellata dalla legge di stabilità 2016 (legge 28 dicembre 2015, n. 208, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016), in G.U. n. 302 del

30.12.2015 - Suppl. Ordinario n. 70.

A. Condizioni per il diritto all’equa riparazione

Si ha diritto all’equa riparazione alle seguenti condizioni (art. 1-bis, comma 2):

aver esperito i rimedi preventivi di cui all'articolo 1-ter;

PER APPROFONDIMENTI: si veda il relativo schema

violazione del termine di durata ragionevole del processo;

PER APPROFONDIMENTI: si veda il relativo schema

aver subito un danno patrimoniale o non patrimoniale a causa di tale violazione;

PER APPROFONDIMENTI: si veda il prosieguo del presente schema

NDR: si ritiene che dette condizioni vadano provate in giudizio.

B. Misura dell’indennizzo

A norma dell’art. 2-bis, introdotto dalla legge di stabilità 2016, il giudice liquida a

titolo di equa riparazione, di regola, una somma non inferiore a euro 400 e non superiore a euro 800 per ciascun anno (o frazione di anno superiore a sei mesi), che eccede il termine ragionevole di durata del processo.

Variazioni percentuali.

La somma liquidata può essere:

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Diritto Avanzato

incrementata fino al 20% per gli anni successivi al terzo;

incrementata fino al 40% per gli anni successivi al settimo; diminuita fino al 20% le parti del processo presupposto sono più di dieci; diminuita fino al 40% quando le parti del processo sono più di cinquanta;

diminuita fino a un terzo in caso di integrale rigetto delle richieste della parte ricorrente nel procedimento presupposto;

incrementata fino al 20% per ciascun ricorso riunito, quando la riunione è disposta su istanza di parte (l’indennizzo è riconosciuto una sola volta in caso di riunione di più giudizi presupposti che coinvolgono la stessa parte).

La misura dell'indennizzo, anche in deroga a tali soglie, non può in ogni caso

essere superiore al valore della causa o, se inferiore, a quello del diritto accertato dal giudice.

C. Criteri per la determinazione dell’indennizzo

L'indennizzo è determinato a norma dell’art. 2056 c.c. (il quale dispone quanto

segue: “Il risarcimento dovuto al danneggiato si deve determinare secondo le

disposizioni degli articoli 1223, 1226 e 1227. Il lucro cessante è valutato dal giudice con equo apprezzamento delle circostanze del caso”):

o l’art. 1223 c.c. dispone quanto segue: “Il risarcimento del danno per l'inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal

creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta”;

o l’art. 1226 c.c. dispone quanto segue: “Se il danno non può essere provato

nel suo preciso ammontare, è liquidato dal giudice con valutazione equitativa”;

o l’art. 1227 c.c. dispone quanto segue: “Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate. Il risarcimento

non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza”.

Il giudice tiene conto:

a) dell'esito del processo nel quale si è verificata la violazione del termine ragionevole di durata;

b) del comportamento del giudice e delle parti; c) della natura degli interessi coinvolti; d) del valore e della rilevanza della causa, valutati anche in relazione alle

condizioni personali della parte.

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Diritto Avanzato

D. Disposizioni specifiche

Casi in cui non è riconosciuto l’indennizzo (art. 2, comma, 2-quinquies)

a) consapevolezza della infondatezza (originaria o sopravvenuta) delle proprie

domande o difese (anche fuori dai casi di cui all'art. 96 c.p.c.)

b) accoglimento da parte del giudice della domanda in misura non superiore

alla proposta conciliativa rifiutata dalla parte senza giustificato motivo (art. 91, comma 1, c.p.c.)

c) quando il provvedimento che definisce il giudizio corrisponde interamente al

contenuto della proposta di mediazione rifiutata dalla parte (art. 13,

comma 1, d.lgs. 28/2010)

d) in ogni altro caso di abuso dei poteri processuali che abbia determinato una ingiustificata dilazione dei tempi del procedimento

Casi in cui si presume insussistente il pregiudizio, salvo prova contraria

(art. 2, commi 2-quinquies e 2-septies)

a) dichiarazione di intervenuta prescrizione del reato, limitatamente all'imputato

b) contumacia della parte

c) estinzione del processo per rinuncia o inattività delle parti (artt. 306 e

307 c.p.c. e 84 c.p.a.)

d) con particolare riferimento al processo amministrativo: perenzione del ricorso

(artt. 81 e 82 c.p.a.); mancata presentazione della domanda di riunione nel giudizio amministrativo presupposto (cfr. art. 2, comma, 2-quinquies, dett. e),

d.lgs. 89/2001); introduzione di domande nuove, connesse con altre già proposte, con ricorso separato, pur ricorrendo i presupposti per i motivi aggiunti di cui all'art. 43 c.p.a. (salvo che il giudice amministrativo disponga la

separazione dei processi)

e) irrisorietà della pretesa o del valore della causa (valutata anche in relazione alle condizioni personali della parte)

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Diritto Avanzato

f) si presume parimenti insussistente il danno quando la parte ha conseguito, per

effetto della irragionevole durata del processo, vantaggi patrimoniali eguali o maggiori rispetto alla misura dell’indennizzo altrimenti dovuto.

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Diritto Avanzato

4. Procedimento per l’equo indennizzo

RICORSO

(ex l. 89/2001)

COMPETENZA

Presidente della corte d'appello del distretto

in cui ha sede il giudice innanzi al quale si è

svolto il primo grado del processo

presupposto

REQUISITI FORMALI

Si applica l'art. 125 c.p.c.

LEGITTIMAZIONE PASSIVA

procedimenti del giudice ordinario: Ministro

della giustizia

procedimenti del giudice militare: Ministro della

difesa

altri casi: Ministro dell'economia e delle finanze.

ATTI DA ALLEGATE

a) l'atto di citazione, il ricorso, le comparse e le

memorie relativi al procedimento nel cui

ambito la violazione si assume verificata

b) i verbali di causa e i provvedimenti del

giudice

c) il provvedimento che ha definito il giudizio

(ove questo si sia concluso con sentenza od

ordinanza irrevocabili)

TERMINI

La domanda può essere proposta, a pena di

decadenza, entro 6 mesi dal momento in cui

la decisione che conclude il procedimento è

divenuta definitiva

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Diritto Avanzato

Entro 30 giorni

Inammissibilità

del ricorso

Decreto motivato

che respinge il

ricorso

(in tutto o in parte)

Decreto motivato

che accoglie il

ricorso

E' inammissibile la domanda di equa riparazione

proposta dal soggetto che non ha esperito i rimedi

preventivi all'irragionevole durata del processo.

Si veda lo schema si rimedi preventivi

Ex art. 640 c.p.c.:

il giudice, se ritiene

insufficientemente

giustificata la domanda,

dispone che il cancelliere

ne dia notizia al ricorrente,

invitandolo a provvedere

alla prova;

se il ricorrente non

risponde all'invito o non

ritira il ricorso oppure se la

domanda non è accoglibile,

il giudice la rigetta.

La domanda non può essere riproposta

La parte può fare opposizione (art. 5-ter)

Il giudice ingiunge

all'amministrazione di pagare

senza dilazione la somma liquidata

a titolo di equa riparazione

(autorizzando in mancanza la provvisoria esecuzione)

SANZIONE PROCESUALE

Il giudice, quando la domanda è dichiarata inammissibile ovvero manifestamente

infondata, può condannare il ricorrente al pagamento in favore della cassa delle ammende

di una somma di denaro non inferiore ad euro 1.000 e non superiore ad euro10.000

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Diritto Avanzato

5. Procedimento di opposizione

COMUNICAZIONE

O NOTIFICAZIONE

Ricorso per l’equo indennizzo

Decreto motivato

che respinge il

ricorso (in tutto o in parte)

OPPOSIZIONE

(ex art. 5-ter, l. 89/2001)

TERMINI

Entro 30 giorni (termine perentorio)

dalla comunicazione o notificazione del

decreto

REQUISITI FORMALI

Ricorso. Si applica l'art. 125 c.p.c.

COMPETENZA

Ufficio giudiziario al quale

appartiene il giudice che ha emesso

il decreto (del collegio non può far

parte il giudice che ha emanato il

provvedimento impugnato)

EFFETTI DELL’OPPOSIZIONE

L'opposizione non sospende

l'esecuzione del provvedimento

impugnato (il collegio, quando ricorrono

gravi motivi, può, con ordinanza non

impugnabile, sospendere l'efficacia esecutiva del decreto opposto).

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Diritto Avanzato

DEPOSITO DEL RICORSO

ENTRO 4 MESI

NORME APPLICABILI AL PROCEDIMENTO

Art. 737 e ss. c.p.c. (procedimenti in

camera di consiglio)

EFFICACIA

Il decreto è immediatamente

esecutivo

STRUMENTI DI TUTELA

Il decreto è impugnabile per

cassazione

DECRETO DEL

COLLEGIO

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Diritto Avanzato

6. Efficacia ed esecuzione del decreto

Decreto che, all’esito del

giudizio ex l. 89/01,

accoglie la domanda di equa riparazione

NOTIFICAZIONE

del ricorso e del decreto

(per copia autentica)

al soggetto nei cui confronti la domanda è proposta

TERMINI

Entro 30 giorni dal deposito in

cancelleria del provvedimento

MANCATA NOTIFICAZIONE

Se non si effettua la notifica entro i termini:

inefficacia del decreto;

la domanda di equa riparazione non

può essere più proposta.

CONSEGUENZE DELLA NOTIFICA

rende improponibile l’opposizione;

comporta acquiescenza al decreto da parte del ricorrente.

Il giudice INGIUNGE all'amministrazione

di pagare senza dilazione la somma

liquidata a titolo di equa riparazione

(autorizzando in mancanza la

PROVVISORIA ESECUZIONE)

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Diritto Avanzato

ESCLUSIONI

Non sono ammessi, a pena di nullità

rilevabile d'ufficio, atti di sequestro o di

pignoramento presso la Tesoreria

centrale e presso le Tesorerie

provinciali dello Stato

Non sono soggetti ad esecuzione

forzata:

a) i fondi destinati al pagamento di

spese per servizi e forniture aventi

finalità giudiziaria o penitenziaria;

b) le aperture di credito a favore dei

funzionari delegati degli uffici centrali

e periferici del Ministero della

giustizia, degli uffici giudiziari e della

Direzione nazionale antimafia e della

Presidenza del Consiglio dei ministri,

destinati al pagamento di somme

liquidate a norma della legge 24

marzo 2001, n. 89,

c) le aperture di credito a favore di

emolumenti e pensioni a qualsiasi

titolo dovuti al personale

amministrato dal Ministero della

giustizia e dalla Presidenza del

Consiglio dei ministri;

d) i fondi (le aperture di credito) e le

contabilità speciali del Ministero

dell'economia e delle finanze

destinati al pagamento di somme liquidate a norma della l. 89/2001.

ESECUZIONE

FORMA

Pignoramenti e sequestri vanno

eseguiti esclusivamente, e a pena di

nullità rilevabile d’ufficio, a norma del

libro III, titolo II, capo II c.p.c. (art. 513

e ss.) relativo all’espropriazione

mobiliare presso il debitore

devono indicare, a pena di nullità

rilevabile d'ufficio, il provvedimento

giurisdizionale posto in esecuzione

NOTIFICA

L’atto va notificato al ministero (art. 3,

comma 2, l. 89/01) ovvero al

funzionario delegato del distretto in

cui è stato emesso il provvedimento

giurisdizionale posto in esecuzione

Gli atti eventualmente notificati alla

Tesoreria centrale e alle Tesorerie

provinciali dello Stato non determinano

obblighi di accantonamento, né

sospendono l’accreditamento di somme a

favore delle Amministrazioni interessate

EFFETTI della NOTIFICA

sospende ogni emissione di ordinativi di

pagamento relativamente alle somme

pignorate

obbliga il debitore a vincolare

l’ammontare per cui si procede

(sempreché esistano in contabilità fondi

soggetti ad esecuzione forzata)

è priva di effetti riguardo agli ordini di

pagamento che risultino già emessi

si applica l’art. 1, d.l. 313/94, conv. conv.

mod. in l. 460/94 (pignoramenti sulle

contabilità speciali delle prefetture, delle

direzioni di amministrazione delle Forze

armate e della Guardia di finanza)

NORME SPECIFICHE

Si vedano le disposizioni riportate a pagina

seguente, relativamente ai MODELLI EX ART.

5-SEXIES L. 89/2001

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Diritto Avanzato

ENTRO 6 MESI

I MODELLI EX ART. 5-SEXIES L. 89/2001

Al fine di ricevere il pagamento il creditore è

tenuto a rilasciare all’amministrazione i

seguenti modelli:

Modelli Legge Pinto: Ministero della giustizia,

irragionevole durata del processo, equa

riparazione…modelli di dichiarazione da

rilasciare da parte del creditore alla p.a.

debitrice (art. 5-sexies l. 89/2001)

Prima che sia decorso il termine di sei mesi i

creditori non possono:

procedere all'esecuzione forzata;

procedere alla notifica dell'atto di

precetto;

proporre ricorso per l'ottemperanza

del provvedimento.

Nel caso di mancata, incompleta o

irregolare trasmissione:

l'ordine di pagamento non può essere

emesso;

il termine di sei mesi per il pagamento

non inizia a decorrere.

Nel processo di esecuzione forzata, anche in

corso, non può essere disposto il

pagamento di somme o l'assegnazione di

crediti in favore dei creditori di somme

liquidate a norma della l. 89/2001 in caso di

mancato, incompleto o irregolare

adempimento degli obblighi di

comunicazione.

MODELLI

ex art. 5-sexies, l. 89/2001

L'amministrazione esegue, ove possibile,

i provvedimenti per intero

L'erogazione degli indennizzi agli aventi

diritto avviene nei limiti delle risorse

disponibili sui pertinenti capitoli di

bilancio (fatto salvo quanto disposto

dall’art. 5-sexies, comma 6, ult. part., l.

89/2001)

Le operazioni di pagamento si effettuano

mediante accreditamento sui conti

correnti o di pagamento dei creditori

(cfr. per i pagamenti per cassa o per

vaglia cambiario l’art. 5-sexies, commi 9 e 10, l. 89/2001)

PAGAMENTO

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IRRAGIONEVOLE DURATA DEL PROCESSO

Rassegna giurisprudenziale sistematica corredata da schemi, dottrina e formule

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Diritto Avanzato

PRINCIPALI CONTRASTI GIURISPRUDENZIALI

1. Contrasto giurisprudenziale 2014: diritto all’equo indennizzo e

contumacia

IRRAGIONEVOLE DURATA DEL PROCESSO:

DIRITTO ALL’EQUO INDENNIZZO PER IL CONTUMACE CONTRASTO GIURISPRUDENZIALE TRA CORTE DI CASSAZIONE E CORTE

EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

(Schema già pubblicato in La Nuova Procedura Civile, 1, 2014,

aggiornato per il presente Volume)

LA TESI POSITIVA

La mancata costituzione in giudizio non costituisce di per sé motivo per

escludere senz’altro il diritto all’indennizzo per l’irragionevole durata del processo.

Pronuncia di riferimento

Corte di Cassazione civile, sez. un., sentenza del 14 gennaio

2014, n. 585

Fattispecie Domanda per l’ottenimento dell’equa riparazione del danno non

patrimoniale conseguente alla durata non ragionevole di una causa civile, anche per il tempo in cui il ricorrente era stato

contumace

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Diritto Avanzato

La tutela della ragionevole durata del processo è apprestata indistintamente a tutti coloro che sono coinvolti in un procedimento

giurisdizionale, tra i quali non può non essere annoverata anche la parte non costituita in

giudizio. Anche nei confronti della parte non costituita in

giudizio, la decisione è comunque destinata a

esplicare i suoi effetti. Anche il contumace può subire quel disagio

psicologico, che normalmente risentono le parti, a causa del ritardo eccessivo con cui viene definito il processo che le riguarda.

LA TESI NEGATIVA

La Corte europea dei diritti dell’uomo non può accogliere il ricorso con cui si denuncia, ex. art. 6 CEDU, il fatto che la corte d’appello e la Corte di

cassazione non abbiano accolto la domanda (iure proprio) ex legge Pinto, avendo ad oggetto la durata di un procedimento nel quale gli eredi non si

sono costituiti.

Principali

argomentazioni

Pronuncia di riferimento

Corte europea dei diritti dell’uomo, sez. II, decisione del 18

giugno 2013, ricorso n. 63411/12, Fazio e altri contro Italia.

Fattispecie

I ricorrenti sostengono che, pur non essendosi costituiti nel procedimento nazionale dopo il decesso dei loro padri e de

cujus (parti attrici nel procedimento principale), essi possono tuttavia considerarsi «vittime», ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione, della durata eccessiva del relativo procedimento.

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Diritto Avanzato

L’equa soddisfazione prevista dalla legge «Pinto», al pari dell’articolo 41 della Convenzione, è una conseguenza del danno materiale o morale

subito a causa dell’inosservanza del «termine ragionevole» previsto dall’articolo 6, par. 1

della Convenzione e non una conseguenza del fatto che una decisione emessa in un procedimento civile produca i suoi effetti nei confronti delle parti o degli

aventi diritto. In relazione al danno morale non patrimoniale,

l’angoscia vissuta a causa del ritardo nella conclusione del procedimento nonché l’incertezza circa il suo esito presuppongono la conoscenza del procedimento e

l’interesse ad una conclusione rapida e favorevole, il quale difficilmente si concilia con la

mancata costituzione nel medesimo. Solo attraverso l’intervento nel procedimento,

l’avente diritto ha l’opportunità di partecipare

pienamente e di influire, mediante la sua attività di parte nel procedimento, sull’esito dello stesso.

NOTA DI AGGIORNAMENTO

La tesi positiva è stata seguita da Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del

7.7.2015, n. 14072:

in tema di equa riparazione per irragionevole durata del processo, va

confermato che hanno diritto all’indennizzo tutte le parti coinvolte nel procedimento giurisdizionale, ivi compresa la parte rimasta contumace, nei cui

confronti – non assumendo rilievo né l’esito della causa, né le ragioni della scelta di non costituirsi – la decisione è comunque destinata ad esplicare i suoi effetti e a cagionare, nel caso di ritardo eccessivo nella definizione del giudizio,

un disagio psicologico, fermo restando che la contumacia costituisce comportamento idoneo ad influire – implicando od escludendo specifiche attività

processuali – sui tempi del procedimento e, pertanto, è valutabile agli effetti della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 2.

Principali

argomentazioni

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Diritto Avanzato

2. Contrasto giurisprudenziale 2016: passaggio in giudicato del

provvedimento che ha definito il giudizio presupposto e illegittimità costituzionale

DURATA DEL PROCESSO E PASSAGGIO IN GIUDICATO DEL PROVVEDIMENTO CHE DEFINISCE IL GIUDIZIO PRESUPPOSTO: CONTRASTO

GIURISPRUDENZIALE SULLA QUESTIONE DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE DELL’ART. 4, LEGGE PINTO

(Schema già pubblicato in La Nuova Procedura Civile, 1, 2017)

LA TESI NEGATIVA: no alla questione di legittimità dell’art. 4, l. 89/2001 (secondo cui La domanda di riparazione può essere proposta, a pena di decadenza,

entro sei mesi dal momento in cui la decisione che conclude il procedimento è divenuta definitiva)

È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della L.

n. 89 del 2001, art. 4 in quanto il legislatore, con la novella del 2015,

introducendo un sistema di rimedi preventivi diretti a impedire la stessa formazione del ritardo processuale, ha aderito all'invito rivoltogli dalla Corte

costituzionale con la sentenza n. 30 del 2014.

Pronuncia di riferimento

Cassazione civile, sezione sesta, sentenza del 1.7.2016, n. 13556

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Diritto Avanzato

La L. n. 89 del 2001, art. 4 laddove subordina la proponibilità della domanda di equa riparazione per l’irragionevole durata di un processo alla condizione

della sua preventiva definizione, non può essere disapplicato dal giudice in forza della pronuncia di

incostituzionalità di cui a C. Cost. n. 30 del 2014, da questa evincendosi che la norma resta legittima, sia pure ad tempus, in attesa della riscrittura del

legislatore; tale adempimento legislativo che deve ritenersi

realizzato con la recente L. n. 208 del 2015, che ha innovato la materia prevedendo un articolato sistema di rimedi preventivi (v. art. 1-ter) alla violazione della

Convenzione, il ricorso ai quali è presupposto per azionare il procedimento d’equa riparazione (art. 1-

bis, comma 2); difatti, tali rimedi, che intervengono a monte per

impedire la stessa formazione d’un ritardo, hanno

assolto al monito formulato dal richiamato precedente della Corte costituzionale e mutato il relativo quadro

normativo di riferimento, nell’ambito di quella discrezionalità politica che il giudice delle leggi ha

ritenuto esercitabile per adeguare l’istanza nazionale ai principi convenzionali così come elaborati dalla Corte EDU;

è pertanto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, L. n. 89 del 2001,

restantoperò altra la valutazione d’efficienza concreta (peraltro ancora tutta da verificare) di tale sistema di rimedi preventivi, che non è rimessa al giudice

neppure al limitato fine dello scrutinio di non manifesta infondatezza della questione di

costituzionalità.

Principali

argomentazioni

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IRRAGIONEVOLE DURATA DEL PROCESSO

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Diritto Avanzato

LA TESI POSITIVA: sì alla questione di legittimità dell’art. 4, l. 89/2001

Va dichiarata rilevante e non manifestamente infondata, la questione di

legittimità costituzionale della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 4, come

sostituito dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 55, comma 1, lett. d), (Misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, dalla L. 7

agosto 2012, n. 134, art. 1, comma 1, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., art. 111 Cost., comma 2, e art. 117 Cost., comma 1, quest'ultimo in relazione all'art. 6, paragrafo 1, e art. 13 della Convenzione Europea per la

salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la L. 4 agosto

1955, n. 848, nella parte in cui subordina al passaggio in giudicato del provvedimento che ha definito il procedimento presupposto la proponibilità della domanda di equo indennizzo.

Anche a seguito della l. 208/2015 è rimasto irrisolto il

problema del differimento dell'esperibilità del ricorso alla definizione del procedimento presupposto;

detto problema presenta perduranti profili di illegittimità costituzionale (in rapporto agli artt. 3 e 24 Cost., art. 111 Cost., comma 2, e art. 117 Cost.,

comma 1) nel momento in cui si risolve nella definitiva inammissibilità della domanda proposta

durante la pendenza del procedimento presupposto, pur quando, nelle more, il provvedimento che ha definito quest'ultimo sia passato in cosa giudicata;

la previsione che la domanda di equo indennizzo possa validamente proporsi solo dopo il passaggio in

giudicato del provvedimento che ha definito il giudizio presupposto non può tradursi, sul piano della legittimità costituzionale, nella definitiva inammis-

Pronunce di riferimento Cassazione civile, sezione sesta, ordinanza del 20.12.2016,

n. 26402

Cassazione civile, sezione sesta, ordinanza del 23.1.2017,

n. 1727

Principali

argomentazioni

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Diritto Avanzato

sibilità della domanda erroneamente proposta prima

di tale passaggio in giudicato; ciò, difatti, determina un vulnus costituzionale; risulta rilevante la relativa questione di legittimità

costituzionale, che va nuovamente sottoposta al giudice delle leggi, stante il perdurante

inadempimento del legislatore al monito impartito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 30 del 2014;

per approfondimenti si veda il contributo “La questione del passaggio in giudicato del

provvedimento che definisce il giudizio presupposto” (sezione “DOTTRINA”, n. 2).

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Diritto Avanzato

DOTTRINA

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Diritto Avanzato

1. Legge di stabilità 2016 ed eccessiva durata del processo (di Piero SANDULLI)

LE MODIFICHE APPORTATE DALLA “LEGGE DI STABILITA’” ALLA PROCEDURA DI RISARCIMENTO DEL DANNO DERIVANTE DALLA

ECCESSIVA DURATA DEL PROCESSO

Articolo di Piero SANDULLI

(Professore Ordinario di Diritto Processuale Civile)

(Articolo pubblicato in La Nuova Procedura Civile, 1, 2016)

SOMMARIO

1. Premessa. – 2. Rimedi preventivi. – 3. – Altre limitazioni al risarcimento. – a) Limitazioni

totali. – b) Limitazioni al risarcimento soggette a prova contraria. – 4. La nuova procedura di

liquidazione. – 5. Modalità di pagamento. – 6. Conclusioni.

1. Premessa.

Sulla Gazzetta Ufficiale del 30 dicembre 2015, n. 302, è stata pubblicata la legge di

stabilità per l’anno 20161; la normativa, appena pubblicata, contiene, al comma 7772,

dell’articolo 1, una rilevante modifica, in tema di procedura per il risarcimento del

1 Legge del 28 dicembre 2015, n. 208 (Disposizioni per il bilancio annuale e pluriennale dello

Stato ) in vigore dal primo gennaio 2016. 2 Dei 999 commi che compongono l’unico articolo di essa.

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Diritto Avanzato

danno prodotto dalla irragionevole durata del processo, sulla quale è opportuno

fermare l’attenzione degli operatori del diritto3.

La legge di stabilità 2016, con il comma 777, dell’art. 1, incide direttamente sulla legge

del 24 marzo 2001, n. 89, nella sua parte seconda4, quella in tema di equa riparazione

in caso di violazione della ragionevole durata del processo, apportando ad essa una

ulteriore modificazione dopo quella intervenuta con la legge n. 134 del 20125.

Le innovazioni, da considerare con particolare attenzione, sono contenute negli

aggiunti articoli 1 bis ed 1 ter, rispettivamente rubricati “rimedi all’irragionevole durata

del processo” e “rimedi preventivi”, nonché nei commi sostituiti o integrati all’articolo 2

della legge del 2001; vi sono, inoltre, altre modifiche al procedimento di cui si dirà in

seguito.

Al procedimento, come era stato regolato, in precedenza, dalla legge n. 89 del 2001,

come modificata dalla successiva legge n. 134 del 2012, è stata oggi premessa una

fase relativa ai rimedi definiti dal legislatore nella legge di stabilità “preventivi”, cioè da

utilizzare quando ancora il giudizio “presupposto”, foriero del danno, è pendente.

3 Le modifiche apportate al procedimento di risarcimento del danno derivato dalla violazione

del termine di ragionevole durata del processo non sono le uniche che riguardano il sistema

della tutela civile contenute nella legge di stabilità per l’anno 2016. Al comma 778 è prevista la

compensazione dei crediti vantati dagli avvocati per spese di giustizia, ai sensi dell’art. 82 del

D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, in tema di patrocinio a spese dello Stato, con quanto da essi

dovuto per ogni imposta e tassa, compresa l’I.V.A. Inoltre, i commi 414 e 415, dell’unico

articolo della legge n. 208 del 2015, prevedono l’istituzione di un fondo di solidarietà, a

carattere sperimentale, a tutela del coniuge separato in stato di bisogno, cui si può accedere

con istanza da presentare al Presidente del Tribunale nel cui circondario il coniuge istante ha la

residenza. Il procedimento non è soggetto al contributo unificato e lo Stato si rivarrà nei

confronti del coniuge inadempiente.

Il Presidente con proprio decreto valuta la istanza, assumendo ove occorra informazioni, e nei

trenta giorni successivi al suo deposito la accoglie, trasmettendo al Ministero di giustizia il

proprio provvedimento per la corresponsione. In caso di rigetto il decreto non è impugnabile,

ma può essere riproposto se mutano le circostanze su cui è basata la richiesta. 4 Come è noto la prima parte della legge 81, del 2001, riguarda la modifica dell’art. 375 del

codice di rito civile. 5 Sul punto vedi: E. Manzo, Il procedimento per l’equa riparazione da irragionevole durata del

processo, in Il processo civile sistema e problematiche – Le riforme del quinquennio 2010-

2014, a cura di C. Punzi, Torino 2015, p. 343.

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Diritto Avanzato

Invero, l’articolo 1 bis, divenuto il primo articolo del capo secondo della legge n. 89 del

2001, afferma: “1. La parte di un processo ha diritto a esperire rimedi preventivi alla

violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà

fondamentali, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848, sotto il profilo del

mancato rispetto del termine ragionevole di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della

Convenzione stessa.

2. Chi, pur avendo esperito i rimedi preventivi di cui all’articolo 1 ter, ha subito un

danno patrimoniale o non patrimoniale a causa dell’irragionevole durata del processo

ha diritto ad una equa riparazione”.

Lo studio deve fermarsi sul secondo comma dell’articolo 1 bis, sopra riportato, per

comprendere quali siano, in concreto, detti rimedi preventivi e se la tutela avverso la

irragionevole durata dei processi sia, dopo questa modifica normativa, garantita

soltanto a chi ha esperito tali rimedi preventivi, lasciando priva di ogni tutela al

riguardo, la parte che non si è attivata in tal senso; va compreso, in sostanza, il senso

della locuzione: “pur avendo esperito i rimedi preventivi”; essa comporta la esclusione

dal risarcimento per chi non ha esperito detti rimedi o a questi si rende solo più ardua

la via del ristoro?

2. Rimedi preventivi.

Al primo quesito, sopra individuato, offre la risposta lo stesso legislatore del 2015 che,

con la legge n. 208, inserisce nella struttura del secondo capo della legge n. 89/2001

l’articolo 1 ter, rubricato, appunto, “rimedi preventivi” nel quale, al primo comma, si

legge: “Ai fini della presente legge, nei processi civili costituisce rimedio preventivo a

norma dell’articolo 1 bis, comma 1, l’introduzione del giudizio nelle forme del

procedimento sommario di cognizione di cui agli articoli 702 bis e seguenti del codice di

procedura civile. Costituisce altresì rimedio preventivo formulare richiesta di passaggio

dal rito ordinario al rito sommario a norma dell’articolo 183 bis del codice di procedura

civile, entro l’udienza di trattazione e comunque almeno sei mesi prima che siano

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Diritto Avanzato

trascorsi i termini di cui all’articolo 2, comma 2 bis. Nelle cause in cui non si applica il

rito sommario di cognizione, ivi comprese quelle in grado di appello, costituisce

rimedio preventivo proporre istanza di decisione a seguito di trattazione orale a norma

dell’articolo 281 sexies del codice di procedura civile, almeno sei mesi prima che siano

trascorsi i termini di cui all’articolo 2, comma 2 bis. Nelle cause in cui il tribunale

giudica in composizione collegiale, il giudice istruttore quando ritiene che la causa può

essere decisa a seguito di trattazione orale, a norma dell’articolo 281 sexies del codice

di procedura civile, rimette la causa al collegio fissando l’udienza collegiale per la

precisazione delle conclusioni e per la discussione orale”.

Degli altri cinque commi di cui si compone l’articolo in esame soltanto i numeri 1 e 6

riguardano il processo civile, mentre gli altri hanno ad oggetto il giudizio penale

(comma 2), il processo amministrativo (comma 3), il rito contabile e pensionistico

(commi 4 e 5); invece, l’ultimo comma, il settimo, ha valenza generale facendo salve,

per ogni tipo di rito, le disposizioni relative all’ordine di priorità dei giudizi,

generalmente dettata dai Consigli Giudiziari con le “tabelle”.

Individuati i rimedi preventivi, è necessario valutare, alla luce del contenuto del primo

comma, dell’art. 1 ter, quale deve essere il comportamento che deve attuare la parte

nel processo civile, al fine di evitare che possa esserle preclusa l’azione di danno da

irragionevole durata del processo; durata valutabile, sulla base del criterio contenuto

nel comma 2 bis; in tre anni per il giudizio di primo grado, due anni per il giudizio di

appello ed in un anno per il giudizio di legittimità innanzi alla Suprema Corte. Tale

criterio matematico6 deve essere interpretato, in base al dettato del comma 2, dell’art.

2, della legge 89/2001, il quale prevede che “nell’accertare la violazione il giudice

valuta la complessità del caso, l’oggetto del procedimento, il comportamento delle parti

6 Va ricordato che l’esigenza di misurare la durata dei processi in termini cronologici, a

prescindere dalla complessità del giudizio, è di antica origine tanto che la lex iulia iudiciorm

privato rum stabiliva l’estinzione dei processi non decisi dopo un anno e mezzo dal loro

istaurarsi. Vedi, al riguardo il pregevole studio di D. Grossi, Il giudice regolatore del tempo, in

Studi in onore di Nicola Picardi,in corso di pubblicazione.

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e del giudice durante il procedimento, nonché quello di ogni altro soggetto chiamato a

concorrervi o a contribuire alla definizione”.

Dunque, in base alla legge di stabilità per il 2016, il danno da durata del giudizio può

essere impedito, o limitato, attuando i rimedi preventivi, vale a dire introducendo un

giudizio nelle forme nel rito sommario (art. 702 bis c.p.c.), oppure formulando la

richiesta di mutamento del rito pendente nelle forme dell’ordinario in quello sommario,

a norma dell’articolo 183 bis (articolo aggiunto dalla legge n. 162 del 2014 al codice di

rito civile)7 almeno sei mesi prima del termine di tre anni, previsto dall’articolo 2 sopra

ricordato quale durata ragionevole del giudizio di primo grado8.

Dalla lettura della normativa in esame, dunque, la parte che agisce in giudizio è

chiamata ad optare tra un rito a cognizione sommaria, con la possibilità di ottenere il

risarcimento del danno derivante dalla lunga durata del processo, oppure scegliere la

strada della cognizione piena, ma, in tal caso, rinunciare, sin dal momento della

proposizione del giudizio, a tale ristoro, in quanto una diversa lettura del secondo

comma dell’art. 1 bis non potrebbe trovare spazio, poiché non si giustificherebbe il “pur

avendo esperito” ricordato nel precedente paragrafo.

Invece, alla parte convenuta è data l’opportunità del risarcimento solo se essa chiede il

mutamento di rito da ordinario a sommario, ma il beneficio dell’equo ristoro sembra

non potersi trasferire all’attore che ha agito con il rito ordinario, anche se accogliendo

7 Il testo dell’articolo 183 bis viene di seguito riportato per comodità di analisi: “Nelle cause in

cui il tribunale giudica in composizione monocratica, il giudice nell’udienza di trattazione,

valuta la complessità della lite e dell’istruzione probatoria, può disporre, previo contraddittorio

anche mediante trattazione scritta, con ordinanza non impugnabile, che si proceda a norma

dell’articolo 702 ter e invita le parti ad indicare, a pena di decadenza, nella stessa udienza i

mezzi di prova, ivi compresi i documenti, di cui intendono avvalersi e la relativa prova

contraria. Se richiesto, può fissare una nuova udienza e termine perentorio non superiore a

quindici giorni per l’indicazione dei mezzi di prova e produzioni documentali e termine

perentorio di ulteriori dieci giorni per le sole indicazioni di prova contraria”. 8 L’articolo 183 bis c.p.c. prevede il potere di mutamento del rito da quello a cognizione piena

al rito sommario assegnato al giudice monocratico il quale deve anche valutare, in

contraddittorio tra le parti, la complessità del giudizio e della sua istruttoria.

Tutto questo non è considerato nella normativa in esame, anche se sembra sufficiente ai fini

del rimedio preventivo la sola richiesta di mutamento di rito.

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l’istanza il giudice, valutate le circostanze previste, nell’art. 183 bis c.p.c., trasforma il

rito da ordinario in sommario.

Emerge, chiaramente, la spinta del legislatore in direzione del rito sommario che pone

la parte innanzi alla scelta, di dubbia costituzionalità, tra la pienezza dell’accertamento,

relativa al diritto azionato nel processo presupposto e la rinuncia alla tutela ad essa

accordata dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà

fondamentali, ratificata dalla legge del 4 agosto 1955, n. 8489.

Per i giudizi per i quali non applica il rito sommario, quali le cause del lavoro, quelle in

grado di appello e quelle collegiali in primo grado, il “rimedio preventivo” è costituito

dalla proposizione dell’istanza per ottenere una decisione a seguito di trattazione orale,

così come previsto dall’art. 281 sexies c.p.c., istanza che deve essere proposta da chi

ha interesse ad agire in via risarcitoria, almeno sei mesi prima del termine previsto

dall’art. 2, comma 2 bis, vale a dire tre anni per il primo grado e due anni per il

giudizio d’appello10.

Alla luce del testo dell’art. 281 sexies si evince che il potere di valutare se concedere, o

no, la decisione orale è dato al solo giudice istruttore, mentre nei giudizi collegiali non

sembra individuabile un analogo potere discrezionale, in quanto la richiesta di

trattazione orale è attribuita dal secondo comma dell’art. 275 esclusivamente alle

parti; tale potere è, invece, consentito dall’ultimo comma dell’art. 352 c.p.c.

all’istruttore, nel giudizio d’appello.

3. Altre limitazioni al risarcimento.

a) Limitazioni totali.

9 Del tema si è di recente occupato, esaminando l’iter parlamentare della legge di stabilità:

Andrea Didone nel commento all’art. 183 bis, in Le riforme del processo civile 2015, a cura di

A. Didone, Milano 2016, p. 160. 10 Come è noto la decisione a seguito di trattazione orale può essere adottata anche dalla Corte

d’Appello come emerge dalla novellata formulazione (legge n. 183 del 2011) dell’art. 352,

nell’ultimo comma aggiunto, del codice di rito civile.

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Diritto Avanzato

Il vecchio comma 2 quinques, dell’articolo 211, che pure prevedeva le ipotesi in cui non

viene riconosciuto alcun indennizzo è stato riscritto, dalla normativa in esame, in modo

più preciso e sono state inserite ulteriori limitazioni. Esso oggi prevede le seguenti

quattro ipotesi di diniego del risarcimento:

a) quando la parte ha agito o resistito in giudizio consapevole della infondatezza

originaria o sopravvenuta della proprie domande o difese, anche fuori dai casi di cui

all’articolo 96 del codice di procedura civile;

b) quando il giudizio presupposto ha accolto la domanda in misura non superiore

all’eventuale proposta conciliativa (art. 91, comma 1 c.p.c.);

c) nell’ipotesi in cui il provvedimento che definisce il giudizio presupposto corrisponde

interamente al contenuto della proposta transattiva formulata dal mediatore (art. 13,

comma 1 D. lg. n. 28 del 2010);

d) in ogni altro caso di abuso dei poteri processuali che abbia determinato una

ingiustificata dilazione dei tempi del procedimento”; tali ipotesi, a differenza del

precedente testo, sono relative al solo rito civile, ed in esse è totalmente preclusa

l’azione risarcitoria.

b) Limitazioni al risarcimento soggette a prova contraria.

Dopo aver ricordato che il nuovo testo, con l’articolo 2 sexies, al comma 2, prevede

ipotesi destinate al rito penale ed a quello amministrativo, è necessario evidenziare che

nello stesso secondo comma sono state dettate fattispecie che non escludono

totalmente il risarcimento, ma presumono l’inesistenza del pregiudizio, salvo prova

contraria, da fornirsi ad opera della parte che richiede il risarcimento.

11 Non è riconosciuto alcun indennizzo: a) in favore della parte soccombente condannata a

norma dell’art. 96 del codice di procedura civile; b) nel caso di cui all’articolo 91, primo

comma, secondo periodo, del codice di procedura civie; c) nel caso di cui all’articolo 13, primo

comma, primo periodo, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28; d) nel caso di estinzione

del reato per intervenuta prescrizione connessa a condotte dilatorie della parte, 3) quando

l’imputato non ha depositato istanza di accelerazione del processo penale nei trenta giorni

successivi al superamento dei termini cui all’art. 2 bis; f) in ogni altro caso di abuso dei poteri

processuali che abbia determinato una ingiustificata dilazione dei tempi del procedimento.

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Diritto Avanzato

Tali ipotesi sono: a) la contumacia; b) la estinzione del giudizio ai sensi degli articoli

306 e 307 del codice di rito civile; c) la irrisorietà della pretesa o del valore della

controversia, anche se quest’ultima è da valutarsi, caso per caso, in ragione delle

condizioni personali della parte che chiede il risarcimento.

Infine, il comma 2 septies, dell’art. 2, inserisce una nuova ipotesi di presunzione di

insussistenza del danno, “quando la parte ha conseguito, per effetto della irragionevole

durata del processo, vantaggi patrimoniali eguali o maggiori rispetto all’indennizzo”.

Anche se espressamente la nuova normativa non lo ricorda, in questa fattispecie è

ammessa la prova contraria, come è facile rilevare esaminando il testo del nuovo

comma 2 septies, poiché i vantaggi patrimoniali ricevuti, possono essere contestati

dalla parte interessata, la quale è chiamata a fornire la prova delle sue affermazioni.

E’ interessante rilevare come i commi in parola si siano occupati delle ipotesi anomale

o patologiche del giudizio evitando (o almeno mettendo in dubbio) che esse possano

dar vita al risarcimento del danno derivante dalla durata del giudizio, chiarendo in tal

modo ipotesi che, in precedenza, avevano sollevato non poche perplessità. In sostanza

è anche dei vari comportamenti assunti in giudizio dalle parti che occorre tener conto

ai fini della assegnazione del risarcimento.

4. La nuova procedura di liquidazione.

La nuova normativa, sostituendo il vecchio testo12 del comma 1, dell’articolo 2 bis

(misura dell’indennizzo), ha modificato, a far data dal primo gennaio 2016, il criterio di

liquidazione dell’equa riparazione che oggi opera nel seguente modo: “il giudice liquida

a titolo di equa riparazione, di regola, una somma di denaro non inferiore ad euro 400

e non superiore ad euro 800 per ciascun anno, o frazione di anno superiore a sei mesi,

che eccede il termine ragionevole di durata del processo. La somma liquidata può

12 Il comma in esame era già stato oggetto di modifica con la legge 7 agosto 2012, n. 134 e

così affermava: “il giudice liquida a titolo di equa riparazione una somma di denaro non

inferiore a 500 euro e non superiore a 1.500,00 euro per ciascun anno, o frazione di anno

superiore a sei mesi, che eccede il termine di ragionevole durata del processo”.

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essere incrementata fino al 20 per cento per gli anni successivi al terzo e fino al 40 per

cento per gli anni successivi al settimo”.

Inoltre, dopo il modificato primo comma, sopra riportato, sono stati inseriti i commi 1

bis13, 1 ter14, ed 1 quater15 che danno vita ad altrettante ipotesi di riduzione

dell’indennizzo, tutte le volte in cui vi è pluralità di parti; anche quando la parte che ha

chiesto il risarcimento è risultata totalmente soccombente; infine quando si è in

presenza di più giudizi che coinvolgono la stessa parte (giudizi che sono stati riuniti).

Va, inoltre ricordato che, la modifica del primo comma dell’articolo 3 pone fine

all’incertezza relativa al giudice competente per decidere sulla domanda di equa

riparazione, poiché prevede che “la domanda di equa riparazione si propone con

ricorso al presidente della Corte d’appello del distretto in cui ha sede il giudice innanzi

al quale si è svolto il primo grado del processo presupposto; si applica l’articolo 125 del

codice di procedura civile”.

Così come l’aggiunta al quarto comma chiarisce che non può essere designato a

provvedere “il giudice del processo presupposto”, sancendo, così, una corretta

incompatibilità nell’ambito della procedura con un magistrato che si è espresso nel

giudizio che ha causato l’istanza di risarcimento.

5. Modalità di pagamento.

Infine, il nuovo articolo 5 sexies, aggiunto all’ordito originario della legge n. 89 del

2001, ha regolato, in modo dettagliato, le modalità di pagamento delle somme

liquidate a titolo di equo indennizzo del danno prodotto dalla eccessiva durata dei

13 “La somma può essere diminuita fino al 20 per cento quando le parti del processo

presupposto sono più di dieci e fino al 40 per cento quando le parti del processo sono più di

cinquanta”. 14 “La somma può essere diminuita fino ad un terzo in caso di integrale rigetto delle richieste

della parte ricorrente nel procedimento cui la domanda di qua riparazione si riferisce”. 15 “L’indennizzo è riconosciuto una sola volta in caso di riunione di più giudizi presupposti che

coinvolgono la stessa parte. La somma liquidata può essere incrementata fino al 20 per cento

per ciascun ricorso riunito, quando la riunione è disposta su istanza di parte”.

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Diritto Avanzato

giudizi, colmando, in tal modo, un vuoto presente nel testo originario e ponendo fine

all’incertezza che detto vuoto aveva determinato.

La procedura di pagamento è stata così regolata: una volta ottenuta la decisione al fine

di ricevere il pagamento delle somme in essa liquidate, il creditore rilascia

all’Amministrazione debitrice una dichiarazione “attestante la mancata riscossione di

somme per il medesimo titolo, l’esercizio di azioni giudiziarie per lo stesso credito,

l’ammontare degli importi che l’amministrazione è ancora tenuta a corrispondere, la

modalità di riscossione prescelta”, nonché a trasmettere la documentazione necessaria

a norma dei decreti che dovranno essere emanati entro il 30 ottobre 2016, oppure con

le modalità di seguito specificate.

La dichiarazione ha validità semestrale e deve essere rinnovata su richiesta della

pubblica amministrazione (potrebbe, dunque, ritenersi che in assenza di tale richiesta

la dichiarazione conserva la sua operatività anche se sono trascorsi i sei mesi.

Se la dichiarazione è omessa, incompleta o irregolare l’ordine di pagamento ad opera

dell’Amministrazione, non può essere emanato.

L’Amministrazione effettua il pagamento entro sei mesi dalla data in cui sono

integralmente assolti gli obblighi previsti ai commi precedenti16. Il termine di cui al

periodo precedente non inizia a decorrere in caso di mancata, incompleta o irregolare

trasmissione della dichiarazione.

Chiarisce il sesto comma dell’art. 5 sexies che “l’erogazione degli indennizzi agli aventi

diritto avviene nei limiti delle risorse disponibili sui pertinenti capitoli di bilancio, fatto

salvo il ricorso ad anticipazioni di tesoreria mediante pagamento in conto sospeso la cui

regolarizzazione avviene a carico del fondo di riserva per le spese obbligatorie, di cui

all’articolo 26 della legge 31 dicembre 2009, n. 196”.

Prima che sia decorso il termine di sei mesi, sopra ricordato, i creditori non possono

procedere all’esecuzione forzata, alla notifica dell’atto di precetto, né proporre ricorso

per l’ottemperanza del provvedimento.

16 Come si vede anche in questa circostanza è stata attuata nei confronti della Amministrazione

debitrice una “tempistica” di favore circa i pagamenti.

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Diritto Avanzato

Qualora i creditori di somme liquidate a norma della legge in esame propongano

l’azione di ottemperanza, di cui al titolo I del libro quarto del codice del processo

amministrativo, il giudice amministrativo nomina, ove occorra, quale commissario ad

acta un dirigente dell’amministrazione soccombente17.

Nel processo di esecuzione forzata, non può essere disposto il pagamento di somme o

l’assegnazione di crediti in favore dei creditori in caso di mancato, incompleto o

irregolare adempimento degli obblighi inerenti la comunicazione e la trasmissione dei

documenti.

I creditori di provvedimenti notificati anteriormente all’emanazione dei decreti di cui al

comma 3, dell’articolo 5 sexies, della legge 89 del 2001 (30 ottobre 2016),

trasmettono la dichiarazione ed allegano la documentazione avvalendosi della

modulistica attualmente presente nei siti istituzionali delle Amministrazioni. Le

dichiarazioni complete e regolari, già trasmesse alla data di entrata in vigore della

normativa in esame (primo gennaio 2016), conservano validità, almeno fino alla

emanazione dei decreti di cui si è detto in precedenza.

6. Conclusioni

Le modifiche apportate al procedimento relativo al risarcimento del danno derivante

dalla eccessiva durata dei giudizi e finalizzate ad evitare che, per il futuro, possano

derivare, per il Paese, gli effetti infausti da più parti lamentati sia dalla dottrina18, che

17 Come è facile rilevare, anche in relazione alla presente fattispecie, permane l’incertezza, già

in altre circostanze segnalata (cfr. P. Sandulli – A.M. Socci, Il processo del lavoro, Milano 2016,

p. 557), circa le procedure esecutive da esperire nei confronti della pubblica Amministrazione

che continuano ad operare nell’incerto e talvolta sterile dualismo tra attività del commissario

ad acta e processo esecutivo. 18 In un suo articolo, apparso sul Corriere Giuridico del 2010 (p.425),Claudio Consolo

segnalava che “fin da quando fu approvata la c.d. Legge Pinto ha sprigionato notevoli guasti

per la giustizia in Italia specie per quella civile” nello stesso articolo l’autorevole autore

riteneva, profeticamente, che neppure l’avento della normativa sulla mediazione, filtro

all’azione (D. lg. 28 del 2010), avrebbe contribuito a risolvere il problema della durata dei

processi. Al termine di quello scritto il prof. Consolo suggeriva che “il Consiglio d’Europa sollevi

la Repubblica Italiana dalla esigenza di elargire l’equa riparazione per casi di lieve o media

violazione della ragionevole durata per un periodo di tempo limitato a condizione che il

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Diritto Avanzato

dalla giurisprudenza19, sono, in larga parte, da condividere anche se non possono

essere taciute alcune perplessità che la normativa in esame suscita.

E’ stata certamente opportuna la modifica della legge in direzione della valorizzazione

del comportamento delle parti nel processo presupposto, rafforzando, in tal modo,

anche il contenuto del preesistente art. 2, comma secondo, della legge n. 89 del 2001,

in modo che non vengano risarcite situazioni che hanno visto l’allungamento dei tempi

dei giudizi a causa dei comportamenti non collaborativi delle parti del processo.

Tuttavia, come si è già detto in precedenza, non può non suscitare perplessità la scelta

dei “rimedi preventivi” da attuarsi nel processo civile.

Si è già fatto cenno alla circostanza che l’attore in un processo civile se vuole essere

osservante al rimedio preventivo previsto (rectius: imposto) dalla legge n. 208 del

2015 deve necessariamente introdurre il giudizio nelle forme del rito sommario, vale a

dire con ricorso, a norma dell’articolo 702 bis c.p.c.

Si chiede, dunque, all’attore, sin dall’atto introduttivo del giudizio, di rinunciare ad un

processo a cognizione piena e di accontentarsi di un giudizio sommario.

Diversa è, invece, la situazione del convenuto, rispetto al rimedio preventivo ad esso

richiesto. Invero, il convenuto che voglia (rectius: possa) richiedere l’indennizzo del

danno da eccessiva durata del processo è chiamato a formulare (nel corso del giudizio

ed almeno sei mesi prima della scadenza dei termini previsti dall’art. 2, al comma 2

bis) al giudice istanza di mutamento di rito da ordinario a sommario, a norma dell’art.

183 bis del codice di rito civile. L’art. 183 bis c.p.c. di recentissimo conio, essendo

stato inserito nel codice di rito con il decreto legge n. 132 del 2014, convertito, con

modificazioni, nella legge n. 162 del 10 novembre 2014, tuttavia, assegna il potere di

corrispondente ammontare, calcolato in modo standardizzato e prognostico, venga impiegato

per creare un sistema di dotazioni” idonee ad eliminare i lunghi tempi del processo. Tuttavia,

tali raccomandazioni dell’autorevole autore non sono state recepite e le modifiche apportate al

rito civile (processo telematico, magistrati onorari, filtro in appello) hanno risolto solo in

minima parte la questione della durata dei processi. 19 Vedi, sul punto, la relazione in via generale del Primo Presidente della Corte di Cassazione

per il 2009, in cui ha ricordato i “gravissimi e assurdi costi della legge Pinto”.

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Diritto Avanzato

mutare il rito al solo giudice, in nulla incidendo, rispetto a tale potere, l’istanza

formulata alla parte.

Pertanto, è sufficiente al convenuto la presentazione di una istanza di sollecitazione al

mutamento del rito, anche se tale istanza non viene accolta dal giudice, per consentire,

successivamente, alla parte convenuta nel processo presupposto di fruire della

procedura relativa al risarcimento del danno a seguito della eccessiva durata di esso.

Emerge, come si vede, una diversità di posizioni tra le due parti che rischia di ledere la

eguaglianza tra loro nel processo, anche perché nulla si dice del convenuto che abbia,

nel processo presupposto, proposto domanda riconvenzionale, circostanza questa che

rende più complessa, se non impossibile (art. 702 ter, comma quarto) la

trasformazione del rito.

Il convenuto, attore in riconvenzionale, dunque, può da una parte ottenere il beneficio

di un rito a cognizione piena e dall’altro continuare a fruire del risarcimento previsto

dalla legge n. 89 del 2001, come è stata, nel tempo, modificata.

Per quanto riguarda, invece, i rimedi preventivi quando il processo presupposto è

relativo ad un giudizio non trasformabile nel rito sommario, per entrambe le parti

(attore e convenuto) è, dal nuovo articolo 1 ter, richiesta la proposizione di una

“istanza di decisione a seguito di trattazione orale a norma dell’art. 281 sexies del

codice di procedura civile” ; anche questo rimedio, pur trattando in modo identico le

due parti e non dando vita a discriminazioni tra loro, suscita, però, alcune perplessità.

Invero, l’articolo in parola è stato inserito nel codice di rito civile, dall’art. 68 del

decreto legislativo del 19 febbraio 1998, n. 51, quando il legislatore ha, per un

notevole numero di processi, rinunciato alla collegialità in primo grado; infatti, l’articolo

281 sexies c.p.c. è stato posto nel nuovo capo terzo bis, della sezione quarta, del

secondo libro del codice di rito civile, che regola il procedimento davanti al Tribunale in

composizione monocratica.

Il testo del primo comma di questo articolo, che è opportuno ora richiamare, per

ragioni di chiarezza dell’analisi, afferma “se non dispone a norma dell’articolo 281

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Diritto Avanzato

quinques (vale a dire a seguito di trattazione scritta o mista), il giudice, fatte precisare

le conclusioni, può ordinare la discussione orale della causa nella stessa udienza o, su

istanza di parte, in una udienza successiva e pronunciare sentenza al termine della

discussione, dando lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di

fatto e di un diritto della decisione”.

Alla luce di questo primo comma (il secondo non rileva ai fini della presente analisi) e

della già ricordata circostanza che l’art. 281 sexies trova applicazione, a norma

dell’ultimo nuovo comma dell’art. 352 c.p.c., anche nel giudizio d’appello, è necessario

operare alcune valutazioni circa il potere di impulso in direzione di questa soluzione

processuale assegnato alle parti del processo presupposto ed il potere discrezionale di

dirigere il processo proprio del giudice.

Anche in questa circostanza, come nella precedente, ciò che è richiesto alle parti del

giudizio presupposto è unicamente la mera formulazione dell’istanza per una decisione

a seguito di trattazione orale, istanza che può essere valutata dal giudice che è libero

di accoglierla o di respingerla. E’ evidente che se la causa non può essere decisa nelle

forme previste dall’articolo 281 sexies c.p.c. il vantaggio di contrarre i tempi del

giudizio presupposto non può realizzarsi.

Una ultima considerazione, in relazione a questa “bramosia” più volte, da ultimo,

espressa dal legislatore in favore del rito sommario20, che potrebbe produrre un

progressivo disinteresse al buon funzionamento del processo a cognizione piena.

Invero, l’articolo 111 della nostra Carta costituzionale, come integrato nel 199921,

garantisce la ragionevole durata del giudizio prescindendo dalla tipologia del rito.

Pertanto, l’attività del legislatore deve sempre operare in favore del buon

funzionamento complessivo di ogni processo, non privilegiando un rito a scapito di un

altro.

20 Al riguardo è sintomatico il più volte ricordato mutamento di rito previsto dall’art. 183 bis

c.p.c. Vedi, in dottrina, A. Tedoldi, La conversione del rito ordinario nel rito sommario ad

nutum iudicis, in Riv. dir. proc. 2015, p. 494. 21 La legge costituzionale n. 2 del 1999 ha preposto cinque nuovi commi all’originario ordito

dell’art. 111.

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Diritto Avanzato

Infine, anche se la normativa in esame non ne fa cenno è necessario formulare

l’auspicio che il processo civile possa comprimere, in modo rilevante, i suoi tempi a

seguito dell’avvento del processo telematico22 o meglio dell’incremento dello utilizzo

della modalità telematica nel processo23.

E’, però, necessario, al fine di ottenere i risultati sperati, in termini di contrazione dei

tempi del processo, che vi sia un adeguato investimento in formazione (dei magistrati,

degli avvocati e degli ausiliari dei giudici) ed in tecnologie24.

E’, infine indispensabile un adeguato reclutamento di cancellieri che possano offrire il

supporto necessario al corretto funzionamento del processo telematico.

2. La questione del passaggio in giudicato del provvedimento che ha

definito il giudizio presupposto

22 Vedi, sul punto, A. Villecco, Il processo telematico, in Le riforme del processo civile 2015, a

cura di A. Didone, Milano 2016, p. 11; R. Borruso, L’informatica per il giurista, Milano 1990, p.

7; R. Caponi, Il processo civile telematico tra scrittura ed oralità, in Riv. trim. dir. e proc. civ.

2015, p. 305. 23 Al riguardo sia consentito citare: P. Sandulli, Processo civile: lavori in corso, Roma 2013, p.

84. 24 Va, ricordato come non abbia trovato alcuna attuazione la norma (pur importante) che, nel

rito del lavoro, prevedeva la registrazione sul nastro (art. 422 c.p.c.) sia per la mancanza di

adeguate tecnologie, che per la carenza degli ausiliari dei giudici. L. De Angelis, nel Commento

all’articolo 422 c.p.c. (in Commentario breve al codice di procedura civile, a cura di F. Carpi e

M. Taruffo, Padova 2015, p. 1727), riscontra come “la disposizione risulta assolutamente

diapplicata”.

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Diritto Avanzato

IRRAGIONEVOLE DURATA DEL PROCESSO, INAMMISSIBILITÀ DELLA DOMANDA PER L’INDENNIZZO PROPOSTA PRIMA DEL PASSAGGIO IN

GIUDICATO DEL PROVVEDIMENTO CHE HA DEFINITO IL GIUDIZIO

PRESUPPOSTO: ILLEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE?

(annotazione schematica a Cassazione civile, sezione sesta, ordinanza del 20.12.2016, n. 26402 e Cassazione civile, sezione sesta, ordinanza del 23.1.2017, n. 1727)

Nota di Giulio SPINA

(Nota pubblicata in La Nuova Procedura Civile, 1, 2017)

LA NORMA

Art. 4, l. 24 marzo 2001, n. 89 (come sostituito dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83,

art. 55, comma 1, lett. d)

La domanda di riparazione può essere proposta, a pena di decadenza, entro sei

mesi dal momento in cui la decisione che conclude il procedimento è divenuta

definitiva

LA MASSIMA

Va dichiarata rilevante e non manifestamente infondata, la questione di legittimità

costituzionale della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 4, come sostituito dal D.L. 22 giugno

2012, n. 83, art. 55, comma 1, lett. d), (Misure urgenti per la crescita del Paese),

convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, art. 1, comma 1, in

riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., art. 111 Cost., comma 2, e art. 117 Cost., comma

1, quest'ultimo in relazione all'art. 6, paragrafo 1, e art. 13 della Convenzione Europea

per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a

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Diritto Avanzato

Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la L. 4 agosto 1955, n. 848,

nella parte in cui subordina al passaggio in giudicato del provvedimento che ha

definito il procedimento presupposto la proponibilità della domanda di equo

indennizzo.

LA QUESTIONE

La regola secondo cui la domanda di equo indennizzo possa validamente

proporsi solo dopo il passaggio in giudicato del provvedimento che ha definito il

giudizio presupposto non può tradursi, sul piano della legittimità costituzionale,

nella definitiva inammissibilità della domanda erroneamente proposta prima

di tale passaggio in giudicato.

LE FATTISPECIE

Cassazione civile, sezione sesta, ordinanza del 20.12.2016, n. 26402

Con ricorso depositato il 27 dicembre 2013 veniva chiesto alla Corte di

Appello la condanna del Ministero dell'Economia e delle Finanze all’equa

riparazione per il danno non patrimoniale derivato dalla irragionevole durata di

un giudizio instaurato dinanzi al T.A.R. Puglia in data 17.10.2001 e definito dal

Consiglio di Stato con sentenza del 16.5.2013.

La domanda fu rigettata e avverso tale decisione fu proposta opposizione, ai

sensi della L. n. 89 del 2001, art. 5 ter; ma l'opposizione fu respinta in

quanto quando era stato proposto il ricorso introduttivo (27.12.2013), la

sentenza del Consiglio di Stato non era ancora passata in giudicato, non

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Diritto Avanzato

essendo scaduto il termine per proporre ricorso per cassazione decorrente dalla

data di pubblicazione della sentenza (16.5.2013); conseguentemente, non

ricorreva la condizione dell'avvenuta definizione del procedimento presupposto,

richiesta dalla L. n. 89 del 2001, art. 4, ai fini della proponibilità della domanda

di equa riparazione. Essendo stata la domanda proposta anzitempo, il ricorso

doveva essere rigettato.

Cassazione civile, sezione sesta, ordinanza del 23.1.2017, n. 1727

La Corte d'Appello, con decreto del 21 luglio 2015, dichiarava improponibile il

ricorso con il quale era richiesta la condanna del Ministero della Giustizia

all'equa riparazione per l'irragionevole durata di un procedimento civile svoltosi

dinanzi al Tribunale di Roma, in quanto non risultava che la sentenza che

aveva definito il giudizio fosse ancora passata in giudicato (e per l'effetto

condannava la ricorrente anche al pagamento della somma di Euro 1.000,00 ai

sensi della L. n. 89 del 2001, art. 5 quater).

A seguito di opposizione, la Corte di Appello confermava il decreto opposto,

ritenendo che fosse stato correttamente applicato la L. n. 89 del 2001, art. 4,

come novellato nel 2012, nella parte in cui pone come requisito di proponibilità

della domanda di equa riparazione, il passaggio in giudicato della sentenza che

ha definito il provvedimento presupposto.

Infatti, la decisione che ha chiuso il giudizio presupposto era stata

pubblicata il 22 maggio 2015, e non risultando essere stata notificata,

per il passaggio in giudicato è necessario attendere il termine lungo di

cui all'art. 327 c.p.c., nella fattispecie ancora di un anno.

LE ARGOMENTAZIONI

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Diritto Avanzato

A. La novella del 2012: preclusione della proponibilità della domanda di

indennizzo

durante la pendenza del giudizio presupposto

Quanto alla regola secondo cui la proponibilità della domanda di equa

riparazione è esclusa prima del passaggio in giudicato della sentenza che ha

definito il giudizio presupposto, le pronunce in commento osservano, con

riferimento al richiamato art. 4, legge Pinto, che seppure sul piano puramente

letterale il nuovo testo – come novellato nel 2012 – non esclude espressamente la

proponibilità della domanda di equa riparazione durante la pendenza del

giudizio presupposto, tuttavia alla esclusione di tale proponibilità si è pervenuti a

seguito di un'interpretazione fondata sul criterio sistematico e sull'intenzione

del legislatore: la riforma del 2012 ha condizionato l'an e il quantum del diritto

all'indennizzo alla definizione del giudizio, prevedendo anche una serie di ipotesi di

esclusione del diritto all'indennizzo dipendenti dalla condotta processuale della parte e

financo dall'esito del giudizio (condanna del soccombente a norma dell'art. 96 c.p.c.).

B. La giurisprudenza di legittimità

Sul punto, si ricorda la seguente giurisprudenza di legittimità:

in tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del

processo, nel regime introdotto dal D.L. 22 giugno 2012 n. 83, conv. in L. 7

agosto 2012, n. 134, la proponibilità della domanda di indennizzo è preclusa

dalla pendenza del giudizio presupposto (Cass. n. 19479/2014);

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Diritto Avanzato

deve ritenersi che il dies a quo, da cui computare il termine di sei mesi previsto

a pena di decadenza per la proposizione della relativa domanda, è segnato

dalla definitività del provvedimento conclusivo del procedimento nell'ambito del

quale la violazione si assume consumata, definitività che va collocata al

momento della scadenza del termine previsto per proporre l'impugnazione

ordinaria (Cass. n. 13324/2012 e n. 21859/2012) ovvero al momento del

deposito della decisione della Corte di cassazione che rigetta o dichiara

l'inammissibilità del ricorso, determinando così il passaggio in giudicato della

sentenza impugnata (Cass. n. 21863/2012).

C. Il monito della corte costituzionale

Anche la Corte costituzionale ha confermato la regola in questione.

C. Cost. 25 febbraio 2014 n. 30, dichiarando l’illegittimità costituzionale del D.L. 22

giugno 2012, n. 83, art. 55, comma 1 lett. d), ha ritenuto che il differimento della

esperibilità del ricorso alla definizione del procedimento in cui il ritardo è maturato ne

pregiudichi l'effettività, invitando il legislatore ad intervenire per risolvere il vulnus

costituzionale.

D. La novella del 2015

Successivamente è intervenuto il legislatore che, con la L. 28 dicembre 2015, n. 208

(art. 1, comma 777), ha introdotto il sistema di rimedi preventivi.

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Diritto Avanzato

E. La giurisprudenza di legittimità successiva

Cass. n. 13556 del 2016 ha dichiarato manifestamente infondata la questione di

legittimità costituzionale della L. n. 89 del 2001, art. 4 in questione, ritenendo

che il legislatore, con la novella del 2015, introducendo un sistema di rimedi

preventivi diretti a impedire la stessa formazione del ritardo processuale, avesse

aderito all'invito rivoltogli dalla Corte costituzionale con la richiamata sentenza n. 30

del 2014.

F. La conclusione cui giungono Cass. civ. nn. 26402/2016 e 1727/2017

Le pronunce in commento ritengono, invece, che il legislatore non abbia risolto il

problema: il sistema di rimedi preventivi “è volto a prevenire la irragionevole durata

del processo”, ma “non sfiora il problema della effettività della tutela indennitaria una

volta che l'irragionevole durata del procedimento si sia verificata”.

Pertanto, anche a seguito della l. 208/2015:

è rimasto irrisolto il problema del differimento dell'esperibilità del ricorso

alla definizione del procedimento presupposto;

detto problema presenta perduranti profili di illegittimità costituzionale (in

rapporto agli artt. 3 e 24 Cost., art. 111 Cost., comma 2, e art. 117 Cost.,

comma 1) nel momento in cui si risolve nella definitiva inammissibilità della

domanda proposta durante la pendenza del procedimento presupposto,

pur quando, nelle more, il provvedimento che ha definito quest'ultimo

sia passato in cosa giudicata.

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Diritto Avanzato

Nel dichiarare non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale

in discorso, i Giudici di legittimità concludono quindi osservando che “la previsione che

la domanda di equo indennizzo possa validamente proporsi solo dopo il passaggio in

giudicato del provvedimento che ha definito il giudizio presupposto non può tradursi,

sul piano della legittimità costituzionale, nella definitiva inammissibilità della

domanda erroneamente proposta prima di tale passaggio in giudicato”.

Nei casi in questione, infatti, i ricorrenti, avendo proposto domanda di equo

indennizzo prima che passassero in giudicato i provvedimenti che avevano

definito i giudizi presupposti, si sono visti precludere del tutto l'accesso alla tutela

indennitaria.

Risulta perciò sussistente l'evidenziato vulnus costituzionale e risulta rilevante la

relativa questione di legittimità costituzionale, che va nuovamente sottoposta al

giudice delle leggi, stante il perdurante inadempimento del legislatore al monito

impartito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 30 del 2014.

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Diritto Avanzato

3. Domanda per l’equa riparazione e mediazione civile

ISTANZA DI EQUA RIPARAZIONE, DECORSO DEL TERMINE SEMESTRALE, ISTANZA DI MEDIAZIONE, EFFETTI

(annotazione schematica a Cassazione civile, sezioni unite, sentenza del 22.7.2013, n.

177181)

Nota di Giulio SPINA

(Nota già pubblicata in Osservatorio Mediazione Civile n. 73/2013, rielaborata per il

presente Volume)

FATTISPECIE

L’adita Corte d’Appello aveva ritenuto inammissibile la domanda di equa

riparazione, in quanto proposta oltre il termine di sei mesi (di cui all’art. 4,

L. 24 marzo 2001, n. 89) dalla data in cui la decisione che aveva concluso la

causa in cui s’era verificata la violazione della durata ragionevole era divenuta

definitiva.

L’originario ricorrente, invece, riteneva di non essere decaduto dall’azione

di equo indennizzo per avere iniziato una procedura di mediazione

relativa alla domanda di detto indennizzo entro il semestre dalla definizione

del processo presupposto.

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Diritto Avanzato

LA QUESTIONE

Il contenzioso civile nascente dalla violazione del termine irragionevole di durata del

processo rientra nel campo d’applicazione della mediazione finalizzata alla

conciliazione, essendo indisponibile il diritto al termine ragionevole di durata del

processo?

LA RISPOSTA

La Corte risponde in modo affermativo, con la conseguenza che resta fermo

l’effetto della istanza di mediazione d’interruzione della prescrizione e di

impedimento per una sola volta della decadenza dal diritto di agire per equa

riparazione, giusta l’applicazione del sesto comma dell’art. 5, D.lgs. n. 28 del

2010.

PRINCIPALI ARGOMENTAZIONI

Le controversie relative alla domanda di equa riparazione vertono su diritti

patrimoniali e disponibili (il diritto disponibile al risarcimento del danno va tenuto

distinto dal diritto indisponibile ingiustamente leso al processo giusto e di durata

ragionevole), con la conseguenza che può trovare applicazione la disciplina della

mediazione.

quindi:

istituto della decadenza:

a) la comunicazione della domanda di mediazione alle altre parti, da sola e per una

sola volta, impedisce la decadenza dell’art. 4, L. n. 89 del 2001, ai sensi

dell’art. 5, comma 6, D.lgs. n. 28/2010”;

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Diritto Avanzato

b) un altro termine di sei mesi comincia a decorrere dal deposito del verbale

negativo di conciliazione;

istituto della prescrizione: la conclusione negativa della procedura di mediazione,

pur se di natura facoltativa, incide sulla prescrizione, interrompendola ex art.

5, comma 6, d.lgs. n. 28/2010, così parificando la domanda di mediazione a

quella introduttiva dell’azione di equa riparazione.

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Diritto Avanzato

FORMULE E MODELLI

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Diritto Avanzato

1. Ricorso per irragionevole durata del processo (L. 89/2001) aggiornato alla legge di stabilità 2016 (di Luigi VIOLA)

Formula di Luigi VIOLA

(Avvocato. Docente di diritto processuale civile.

Direttore rivista La Nuova procedura Civile. Direttore scientifico Diritto Avanzato)

(Formula pubblicata in La Nuova Procedura Civile, 1, 2017)

Ricorso al Presidente della Corte di Appello di (art. 3 comma 125, l. 89/2001)

Ricorso per l’equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole

del processo (art. 3 legge 24/03/2001 n. 89)

nell’interesse di

nome cognome, nato a…………..il ….c.f……….residente in……..rappresentato e difeso

da……………….del foro di….elettivamente domiciliato a………, giusta procura in calce

(inserire procura)

- ricorrente

contro

25 Così recita: 1.La domanda di equa riparazione si propone con ricorso al presidente della

corte d'appello del distretto in cui ha sede il giudice innanzi al quale si e' svolto il primo

grado del processo presupposto. Si applica l'articolo 125 del codice di procedura civile).

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Diritto Avanzato

MINISTRO DELLA GIUSTIZIA in persona del Ministro pro-tempore domiciliato ex lege

…….presso l’avvocatura…………..

convenuto

La signora …………….., a mezzo del sottoscritto procuratore e difensore, espone e

chiede quanto segue.

IN FATTO

PROCESSO DI PRIMO GRADO (durato anni ….dal …al….in contrasto con il termine

massimo di anni…….)

1) La ricorrente in data …notificava atto di citazione………

2) L’atto di citazione veniva trascritto presso la Conservatoria dei Registri ……….

3) La causa veniva assegnata al Giudice ……………..

4) In primo grado si sono svolte le seguenti udienze:

a) data…ora…oggetto

b) data….ora….oggetto

c) data….ora….oggetto

d) data….ora….oggetto

………..

La causa è stata decisa il ……………….. e la sentenza è stata depositata in Cancelleria

in data …….con numero……….

Tale sentenza statuiva che……….

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Diritto Avanzato

SUI RIMEDI PREVENTIVI

E’ stato fatto di tutto per accellerare il processo; difatti:

-….

-….

Appare lapalissiano come siano stati utilizzati tutti i possibili rimedi preventivi di cui

all’art. 1ter della L. 89/2001.

IN DIRITTO

Appare totalmente abnorme ed irragionevole la durata del processo civile perché il

termine massimo previsto per il primo grado è pari ad anni….mentre in questo caso il

processo è durato anni…..

Le udienze hanno subito rinvii ingiustificati (come da allegati……)

Pertanto il processo de quo è durato oltre la soglia della durata ragionevole ex art. 6

paragrafo 1 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

CONSEGUENZE PREGIUDIZIEVOLI

Nel caso di specie, la lite ……….

Ciò ha comportato un danno alla ricorrente perché……..come desumibile dagli

allegati……….in quanto……

SUL QUANTUM26

26 Per approfondimenti si veda SPINA, Schema: durata del processo e valutazione, in La Nuova

procedura Civile, 1, 2017 (schema riportato nel presente Volume).

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Diritto Avanzato

Il quantum complessivo, alla luce dell’art. 4bis della citata legge 89/2001, è pari ad

euro……

Tale somma complessiva, che qui si chiede, è stata calcolata nel seguente modo:

…..

COMUNICAZIONE CORTE DEI CONTI

Si chiede che tali fatti vengano evidenziati alla Corte dei Conti, ex art. 5 di cui alla

legge de qua.

CONCLUSIONI

Tutto ciò premesso la ricorrente chiede che previa fissazione con decreto della camera

di consiglio, la S.V. voglia accogliere le seguenti CONCLUSIONI <<Piaccia

………………..contrariis rejectis, dichiarare che, per i fatti in premessa descritti, la

ricorrente ha diritto all'equa riparazione ex art. 2 della legge 24/03/2001 n. 89; per

l’effetto, condannare il Ministro di Giustizia, in persona del Ministro pro tempore in

carica, domiciliato ex lege presso l'Avvocatura Distrettuale dello Stato……………, al

pagamento della detta equa riparazione in favore della ricorrente , nella misura di

euro ……………………………………………, per danni patrimoniali e non, oltre rivalutazione

monetaria ed interessi dalla domanda, o in quell'altra misura, maggiore o minore

ritenuta di giustizia; in ogni caso con vittoria delle spese del presente giudizio.

Elenco documenti……..

Data e città

Firma…

PROCURA

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Diritto Avanzato

2. Opposizione a decreto che ha deciso su domanda di equa riparazione da irragionevole durata del processo (di Luigi VIOLA)

Formula di Luigi VIOLA

(Avvocato. Docente di diritto processuale civile.

Direttore rivista La Nuova procedura Civile. Direttore scientifico Diritto Avanzato)

(Formula pubblicata in La Nuova Procedura Civile, 2, 2017)

Corte di Appello di27

Opposizione a decreto ex art. 5 ter L. 89/2001

nell’interesse di

nome cognome, nato a…………..il ….c.f……….residente in……..rappresentato e difeso

da……………….del foro di….elettivamente domiciliato a………, giusta procura in calce

(inserire procura)

- ricorrente

contro

……………………..convenuto

27 L'opposizione si propone con ricorso davanti all'ufficio giudiziario al quale appartiene il

giudice che ha emesso il decreto.

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Diritto Avanzato

La signora …………….., a mezzo del sottoscritto procuratore e difensore, si oppone al

decreto del…..n…….a firma…..che ha disposto sulla domanda di equa riparazione

che………

L’opposizione viene qui formulata per le seguenti ragioni.

IN FATTO e IN DIRITTO

Come già detto nel ricorso per ottenere l’indennizzo da irragionevole durata, nel

processo….accadeva che…

……

Ebbene tale processo è durato troppo visto che…….

Le ragioni di cui al decreto già citato non possono essere condivise perché contrastano

con il dictum letterale di cui all’art…. nonchè con principi costituzionali con

riferimento agli artt……

CONCLUSIONI

Tutto ciò premesso la ricorrente chiede che la S.V. voglia accogliere le seguenti

CONCLUSIONI <<Piaccia ………………..contrariis rejectis, dichiarare che accolta la

presente opposizione e per l’effetto dichiarare con condanna a................. in ogni

caso con vittoria delle spese del presente giudizio.

Elenco documenti……..

Data e città

Firma…

PROCURA

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3. Modelli di dichiarazione ex art. 5-sexies l. 89/2001)

Ministero della giustizia, irragionevole durata del processo, equa riparazione: modelli di dichiarazione da rilasciare da parte del creditore alla p.a. debitrice

(art. 5-sexies l. 89/2001)

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA

DECRETO 28 ottobre 2016 Approvazione dei modelli di dichiarazione da rilasciare da parte del creditore alla

amministrazione debitrice di somme liquidate a titolo di equa riparazione per la violazione del termine ragionevole del processo ai sensi dell’articolo 5 -sexies , legge

24 marzo 2001, n. 89 e successive modificazioni. Pubblicato in GAZZETTA UFFICIALE DELLA REPUBBLICA ITALIANA Serie generale - n.

258 del 4-11-2016

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APPENDICE

NORMATIVA

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LEGGE 24 MARZO 2001, N. 89

LEGGE 24 marzo 2001, n. 89 Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole

del processo e modifica dell'articolo 375 del codice di procedura civile. (GU n.78 del 3-4-2001)

(fonte: Presidenza del Consiglio dei Ministri - normattiva.it, ex art. 107, l. 388/2000 e d.l. 200/08)

Capo I DEFINIZIONE IMMEDIATA

DEL PROCESSO CIVILE

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato; IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Promulga la seguente legge:

Art. 1. Pronuncia in camera di consiglio 1. L'articolo 375 del codice di procedura civile e' sostituito dal seguente:

"Art. 375. - (Pronuncia in camera di consiglio). - La Corte, sia a sezioni unite che a sezione semplice, pronuncia con ordinanza in

camera di consiglio quando riconosce di dovere: 1) dichiarare l'inammissibilita' del ricorso principale e di quello

incidentale eventualmente proposto; 2) ordinare l'integrazione del contraddittorio o disporre che sia eseguita la notificazione dell'impugnazione a norma dell'articolo

332; 3) dichiarare l'estinzione del processo per avvenuta rinuncia a norma

dell'articolo 390; 4) pronunciare in ordine all'estinzione del processo in ogni altro caso;

5) pronunciare sulle istanze di regolamento di competenza e di giurisdizione.

La Corte, sia a sezioni unite che a sezione semplice, pronuncia sentenza in camera di consiglio quando il ricorso principale e quello

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incidentale eventualmente proposto sono manifestamente fondati e

vanno, pertanto, accolti entrambi, o quando riconosce di dover pronunciare il rigetto di entrambi per mancanza dei motivi previsti nell'articolo 360 o per manifesta infondatezza degli stessi, nonche'

quando un ricorso va accolto per essere manifestamente fondato e l'altro va rigettato per mancanza dei motivi previsti nell'articolo

360 o per manifesta infondatezza degli stessi. La Corte, se ritiene che non ricorrano le ipotesi di cui al primo e al secondo comma, rinvia la causa alla pubblica udienza.

Le conclusioni del pubblico ministero, almeno venti giorni prima dell'adunanza della Corte in camera di consiglio, sono notificate

agli avvocati delle parti, che hanno facolta' di presentare memorie entro il termine di cui all'articolo 378 e di essere sentiti, se compaiono, nei casi previsti al primo comma, numeri 1), 4) e 5),

limitatamente al regolamento di giurisdizione, e al secondo comma". Capo II

EQUA RIPARAZIONE

Art. 1-bis. Rimedi all'irragionevole durata del processo

((1. La parte di un processo ha diritto a esperire rimedi preventivi alla violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, ratificata ai sensi

della legge 4 agosto 1955, n. 848, sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole di cui all'articolo 6, paragrafo 1,

della Convenzione stessa. 2. Chi, pur avendo esperito i rimedi preventivi di cui all'articolo 1-ter, ha subito un danno patrimoniale o non patrimoniale a causa

dell'irragionevole durata del processo ha diritto ad una equa riparazione.))

Art. 1-ter. Rimedi preventivi ((1. Ai fini della presente legge, nei processi civili costituisce rimedio preventivo a norma dell'articolo 1-bis, comma 1,

l'introduzione del giudizio nelle forme del procedimento sommario di cognizione di cui agli articoli 702-bis e seguenti del codice di

procedura civile. Costituisce altresi' rimedio preventivo formulare richiesta di passaggio dal rito ordinario al rito sommario a norma

dell'articolo 183-bis del codice di procedura civile, entro l'udienza di trattazione e comunque almeno sei mesi prima che siano trascorsi i termini di cui all'articolo 2, comma 2-bis. Nelle cause in cui non si

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applica il rito sommario di cognizione, ivi comprese quelle in grado

di appello, costituisce rimedio preventivo proporre istanza di decisione a seguito di trattazione orale a norma dell'articolo 281-sexies del codice di procedura civile, almeno sei mesi prima che

siano trascorsi i termini di cui all'articolo 2, comma 2-bis. Nelle cause in cui il tribunale giudica in composizione collegiale, il

giudice istruttore quando ritiene che la causa puo' essere decisa a seguito di trattazione orale, a norma dell'articolo 281-sexies del codice di procedura civile, rimette la causa al collegio fissando

l'udienza collegiale per la precisazione delle conclusioni e per la discussione orale.

2. L'imputato e le altre parti del processo penale hanno diritto di depositare, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, un'istanza di accelerazione almeno sei mesi prima che siano trascorsi

i termini di cui all'articolo 2, comma 2-bis. 3. Nei giudizi dinanzi al giudice amministrativo costituisce

rimedio preventivo la presentazione dell'istanza di prelievo di cui all'articolo 71, comma 2, del codice del processo amministrativo, di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, almeno sei mesi

prima che siano trascorsi i termini di cui all'articolo 2, comma 2-bis.

4. Nel procedimento contabile davanti alla Corte dei conti il presunto responsabile ha diritto di depositare, personalmente o a

mezzo di procuratore speciale, un'istanza di accelerazione, almeno sei mesi prima che siano trascorsi i termini di cui all'articolo 2, comma 2-bis.

5. La parte dei giudizi di natura pensionistica dinanzi alla Corte dei conti ha diritto di depositare, personalmente o a mezzo di

procuratore speciale, un'istanza di accelerazione, almeno sei mesi prima che siano trascorsi i termini di cui all'articolo 2, comma 2-bis.

6. Nei giudizi davanti alla Corte di cassazione la parte ha diritto a depositare un'istanza di accelerazione almeno due mesi prima che

siano trascorsi i termini di cui all'articolo 2, comma 2-bis. 7. Restano ferme le disposizioni che determinano l'ordine di priorita' nella trattazione dei procedimenti)).

Art. 2. Diritto all'equa riparazione 1. E' inammissibile la domanda di equa riparazione proposta dal

soggetto che non ha esperito i rimedi preventivi all'irragionevole durata del processo di cui all'articolo 1-ter.

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2. Nell'accertare la violazione il giudice valuta la complessita'

del caso, l'oggetto del procedimento, il comportamento delle parti e del giudice durante il procedimento, nonche' quello di ogni altro soggetto chiamato a concorrervi o a contribuire alla sua definizione.

(5) 2-bis. Si considera rispettato il termine ragionevole di cui al

comma 1 se il processo non eccede la durata di tre anni in primo grado, di due anni in secondo grado, di un anno nel giudizio di legittimita'. Ai fini del computo della durata il processo si

considera iniziato con il deposito del ricorso introduttivo del giudizio ovvero con la notificazione dell'atto di citazione. Si

considera rispettato il termine ragionevole se il procedimento di esecuzione forzata si e' concluso in tre anni, e se la procedura concorsuale si e' conclusa in sei anni. Il processo penale si

considera iniziato con l'assunzione della qualita' di imputato, di parte civile o di responsabile civile, ovvero quando l'indagato ha

avuto legale conoscenza della chiusura delle indagini preliminari. (5) (7) ((9)) 2-ter. Si considera comunque rispettato il termine ragionevole se

il giudizio viene definito in modo irrevocabile in un tempo non superiore a sei anni. (5)

2-quater. Ai fini del computo non si tiene conto del tempo in cui il processo e' sospeso e di quello intercorso tra il giorno in cui

inizia a decorrere il termine per proporre l'impugnazione e la proposizione della stessa. (5) 2-quinquies. Non e' riconosciuto alcun indennizzo:

a) in favore della parte che ha agito o resistito in giudizio consapevole della infondatezza originaria o sopravvenuta delle

proprie domande o difese, anche fuori dai casi di cui all'articolo 96 del codice di procedura civile; b) nel caso di cui all'articolo 91, primo comma, secondo periodo,

del codice di procedura civile; c) nel caso di cui all'articolo 13, comma 1, primo periodo, del

decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28; d) in ogni altro caso di abuso dei poteri processuali che abbia determinato una ingiustificata dilazione dei tempi del procedimento.

2-sexies. Si presume insussistente il pregiudizio da irragionevole durata del processo, salvo prova contraria, nel caso di:

a) dichiarazione di intervenuta prescrizione del reato, limitatamente all'imputato; b) contumacia della parte;

c) estinzione del processo per rinuncia o inattivita' delle parti

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ai sensi degli articoli 306 e 307 del codice di procedura civile e

dell'articolo 84 del codice del processo amministrativo, di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104; d) perenzione del ricorso ai sensi degli articoli 81 e 82 del

codice del processo amministrativo, di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104;

e) mancata presentazione della domanda di riunione nel giudizio amministrativo presupposto, in pendenza di giudizi dalla stessa parte introdotti e ricorrendo le condizioni di cui all'articolo 70 del

codice del processo amministrativo, di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104;

f) introduzione di domande nuove, connesse con altre gia' proposte, con ricorso separato, pur ricorrendo i presupposti per i motivi aggiunti di cui all'articolo 43 del codice del processo

amministrativo, di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, salvo che il giudice amministrativo disponga la separazione dei

processi; g) irrisorieta' della pretesa o del valore della causa, valutata anche in relazione alle condizioni personali della parte.

2-septies. Si presume parimenti insussistente il danno quando la parte ha conseguito, per effetto della irragionevole durata del

processo, vantaggi patrimoniali eguali o maggiori rispetto alla misura dell'indennizzo altrimenti dovuto.

3. COMMA ABROGATO DAL D.L. 22 GIUGNO 2012, N. 83, CONVERTITO CON MODIFICAZIONI DALLA L. 7 AGOSTO 2012, N. 134. (5)

-------------- AGGIORNAMENTO (5)

Il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, ha disposto (con l'art. 55, comma 2) che "Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano ai ricorsi depositati

a decorrere dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto".

-------------- AGGIORNAMENTO (7) La Corte Costituzionale, con sentenza 8 - 23 luglio 2015, n. 184

(in G.U. 1ª s.s. 29/7/2015, n. 30), ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2-bis, della legge 24 marzo 2001,

n. 89 (Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell'articolo 375 del codice di procedura civile), nella parte in cui prevede che il

processo penale si considera iniziato con l'assunzione della qualita'

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di imputato, ovvero quando l'indagato ha avuto legale conoscenza

della chiusura delle indagini preliminari, anziche' quando l'indagato, in seguito a un atto dell'autorita' giudiziaria, ha avuto conoscenza del procedimento penale a suo carico".

-------------- AGGIORNAMENTO (9)

La Corte Costituzionale, con sentenza 13 gennaio - 19 febbraio 2016, n. 36 (in G.U. 1ª s.s. 24/02/2016, n. 8) ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 2-bis, della

legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica

dell'articolo 375 del codice di procedura civile), nella parte in cui si applica alla durata del processo di primo grado previsto dalla legge n. 89 del 2001".

Art. 2-bis Misura dell'indennizzo ((1. Il giudice liquida a titolo di equa riparazione, di regola,

una somma di denaro non inferiore a euro 400 e non superiore a euro 800 per ciascun anno, o frazione di anno superiore a sei mesi, che

eccede il termine ragionevole di durata del processo. La somma liquidata puo' essere incrementata fino al 20 per cento per gli anni successivi al terzo e fino al 40 per cento per gli anni successivi al

settimo)). ((1-bis. La somma puo' essere diminuita fino al 20 per cento quando

le parti del processo presupposto sono piu' di dieci e fino al 40 per cento quando le parti del processo sono piu' di cinquanta. 1-ter. La somma puo' essere diminuita fino a un terzo in caso di

integrale rigetto delle richieste della parte ricorrente nel procedimento cui la domanda di equa riparazione si riferisce.

1-quater. L'indennizzo e' riconosciuto una sola volta in caso di riunione di piu' giudizi presupposti che coinvolgono la stessa parte. La somma liquidata puo' essere incrementata fino al 20 per cento per

ciascun ricorso riunito, quando la riunione e' disposta su istanza di parte)).

2. L'indennizzo e' determinato a norma dell'articolo 2056 del codice civile, tenendo conto: a) dell'esito del processo nel quale si e' verificata la

violazione di cui al comma 1 dell'articolo 2; b) del comportamento del giudice e delle parti;

c) della natura degli interessi coinvolti; d) del valore e della rilevanza della causa, valutati anche in

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relazione alle condizioni personali della parte.

3. La misura dell'indennizzo, anche in deroga al comma 1, non puo' in ogni caso essere superiore al valore della causa o, se inferiore, a quello del diritto accertato dal giudice. (5)

-------------- AGGIORNAMENTO (5)

Il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, ha disposto (con l'art. 55, comma 2) che "Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano ai ricorsi depositati

a decorrere dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto".

Art. 3 Procedimento ((1. La domanda di equa riparazione si propone con ricorso al

presidente della corte d'appello del distretto in cui ha sede il giudice innanzi al quale si e' svolto il primo grado del processo presupposto. Si applica l'articolo 125 del codice di procedura

civile)). 2. Il ricorso e' proposto nei confronti del Ministro della

giustizia quando si tratta di procedimenti del giudice ordinario, del Ministro della difesa quando si tratta di procedimenti del giudice militare. Negli altri casi e' proposto nei confronti del Ministro

dell'economia e delle finanze. 3. Unitamente al ricorso deve essere depositata copia autentica dei

seguenti atti: a) l'atto di citazione, il ricorso, le comparse e le memorie relativi al procedimento nel cui ambito la violazione si assume

verificata; b) i verbali di causa e i provvedimenti del giudice;

c) il provvedimento che ha definito il giudizio, ove questo si sia concluso con sentenza od ordinanza irrevocabili. 4. Il presidente della corte d'appello, o un magistrato della corte

a tal fine designato, provvede sulla domanda di equa riparazione con decreto motivato da emettere entro trenta giorni dal deposito del

ricorso. ((Non puo' essere designato il giudice del processo presupposto)). Si applicano i primi due commi dell'articolo 640 del codice di procedura civile.

5. Se accoglie il ricorso, il giudice ingiunge all'amministrazione contro cui e' stata proposta la domanda di pagare senza dilazione la

somma liquidata a titolo di equa riparazione, autorizzando in mancanza la provvisoria esecuzione. Nel decreto il giudice liquida le

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spese del procedimento e ne ingiunge il pagamento.

6. Se il ricorso e' in tutto o in parte respinto la domanda non puo' essere riproposta, ma la parte puo' fare opposizione a norma dell'articolo 5-ter.

7. L'erogazione degli indennizzi agli aventi diritto avviene nei limiti delle risorse disponibili ((nel relativo capitolo, fatto salvo

il ricorso al conto sospeso)). (5) --------------- AGGIORNAMENTO (4)

La L. 27 dicembre 2006, n. 296, ha disposto (con l'art. 1, comma 1225) che le disposizioni di cui al comma 1224, dell'art. 1 della

stessa legge, volte a modificare il presente articolo, comma 3, si applicano ai procedimenti iniziati dopo la data di entrata in vigore della stessa legge 296/2006.

-------------- AGGIORNAMENTO (5)

Il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, ha disposto (con l'art. 55, comma 2) che "Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano ai ricorsi depositati

a decorrere dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto".

Art. 4. Termine di proponibilità ((1. La domanda di riparazione puo' essere proposta, a pena di

decadenza, entro sei mesi dal momento in cui la decisione che conclude il procedimento e' divenuta definitiva.)) ((5)) --------------

AGGIORNAMENTO (5) Il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla

L. 7 agosto 2012, n. 134, ha disposto (con l'art. 55, comma 2) che "Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano ai ricorsi depositati a decorrere dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in

vigore della legge di conversione del presente decreto".

Art. 5. Notificazioni e comunicazioni

(( 1. Il ricorso, unitamente al decreto che accoglie la domanda di equa riparazione, e' notificato per copia autentica al soggetto nei

cui confronti la domanda e' proposta. 2. Il decreto diventa inefficace qualora la notificazione non sia eseguita nel termine di trenta giorni dal deposito in cancelleria del

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provvedimento e la domanda di equa riparazione non puo' essere piu'

proposta. 3. La notificazione ai sensi del comma 1 rende improponibile l'opposizione e comporta acquiescenza al decreto da parte del

ricorrente. 4. Il decreto che accoglie la domanda e' altresi' comunicato al

procuratore generale della Corte dei conti, ai fini dell'eventuale avvio del procedimento di responsabilita', nonche' ai titolari dell'azione disciplinare dei dipendenti pubblici comunque interessati

dal procedimento.)) ((5)) --------------

AGGIORNAMENTO (5) Il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, ha disposto (con l'art. 55, comma 2) che

"Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano ai ricorsi depositati a decorrere dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in

vigore della legge di conversione del presente decreto".

Art. 5-bis (abrogato)

(( ARTICOLO ABROGATO DAL D.P.R. 30 MAGGIO 2002, N. 115 ))

Art. 5-ter. Opposizione (( 1. Contro il decreto che ha deciso sulla domanda di equa

riparazione puo' essere proposta opposizione nel termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento ovvero dalla

sua notificazione. 2. L'opposizione si propone con ricorso davanti all'ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto.

Si applica l'articolo 125 del codice di procedura civile. 3. La corte d'appello provvede ai sensi degli articoli 737 e

seguenti del codice di procedura civile. Del collegio non puo' far parte il giudice che ha emanato il provvedimento impugnato. 4. L'opposizione non sospende l'esecuzione del provvedimento. Il

collegio, tuttavia, quando ricorrono gravi motivi, puo', con ordinanza non impugnabile, sospendere l'efficacia esecutiva del

decreto opposto. 5. La corte pronuncia, entro quattro mesi dal deposito del ricorso,

decreto impugnabile per cassazione. Il decreto e' immediatamente esecutivo. )) ((5)) --------------

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AGGIORNAMENTO (5)

Il D.L. 22 giugno 2012, n. 83,convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, ha disposto (con l'art. 55, comma 2) che "Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano ai ricorsi depositati a

decorrere dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto".

Art. 5-quater. Sanzioni processuali (( 1. Con il decreto di cui all'articolo 3, comma 4, ovvero con il

provvedimento che definisce il giudizio di opposizione, il giudice, quando la domanda per equa riparazione e' dichiarata inammissibile ovvero manifestamente infondata, puo' condannare il ricorrente al

pagamento in favore della cassa delle ammende di una somma di denaro non inferiore ad euro 1.000 e non superiore ad euro10.000.)) ((5))

-------------- AGGIORNAMENTO (5) Il D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla

L. 7 agosto 2012, n. 134, ha disposto (con l'art. 55, comma 2) che "Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano ai ricorsi depositati

a decorrere dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto".

Art. 5-quinquies. Esecuzione forzata

((Al fine di assicurare un'ordinata programmazione dei pagamenti dei creditori di somme liquidate a norma della presente legge, non

sono ammessi, a pena di nullita' rilevabile d'ufficio, atti di sequestro o di pignoramento presso la Tesoreria centrale e presso le Tesorerie provinciali dello Stato per la riscossione coattiva di

somme liquidate a norma della presente legge. 2. Ferma restando l'impignorabilita' prevista dall'articolo 1,

commi 294-bis e 294-ter, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e successive modificazioni, anche relativamente ai fondi, alle aperture di credito e alle contabilita' speciali destinati al pagamento di

somme liquidate a norma della presente legge, i creditori di dette somme, a pena di nullita' rilevabile d'ufficio, eseguono i

pignoramenti e i sequestri esclusivamente secondo le disposizioni del libro III, titolo II, capo II del codice di procedura civile, con

atto notificato ai Ministeri di cui all'articolo 3, comma 2, ovvero al funzionario delegato del distretto in cui e' stato emesso il provvedimento giurisdizionale posto in esecuzione, con l'effetto di

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sospendere ogni emissione di ordinativi di pagamento relativamente

alle somme pignorate. L'ufficio competente presso i Ministeri di cui all'articolo 3, comma 2, a cui sia stato notificato atto di pignoramento o di sequestro, ovvero il funzionario delegato sono

tenuti a vincolare l'ammontare per cui si procede, sempreche' esistano in contabilita' fondi soggetti ad esecuzione forzata; la

notifica rimane priva di effetti riguardo agli ordini di pagamento che risultino gia' emessi. 3. Gli atti di pignoramento o di sequestro devono indicare a pena

di nullita' rilevabile d'ufficio il provvedimento giurisdizionale posto in esecuzione.

4. Gli atti di sequestro o di pignoramento eventualmente notificati alla Tesoreria centrale e alle Tesorerie provinciali dello Stato non determinano obblighi di accantonamento da parte delle Tesorerie

medesime, ne' sospendono l'accreditamento di somme a favore delle Amministrazioni interessate. Le Tesorerie in tali casi rendono

dichiarazione negativa, richiamando gli estremi della presente disposizione di legge. 5. L'articolo 1 del decreto-legge 25 maggio 1994, n. 313,

convertito, con modificazioni, dalla legge 22 luglio 1994, n. 460, si applica anche ai fondi destinati al pagamento di somme liquidate a

norma della presente legge, ivi compresi quelli accreditati mediante aperture di credito in favore dei funzionari delegati degli uffici

centrali e periferici delle amministrazioni interessate.))

Art. 5-sexies. Modalità di pagamento ((1. Al fine di ricevere il pagamento delle somme liquidate a norma

della presente legge, il creditore rilascia all'amministrazione debitrice una dichiarazione, ai sensi degli articoli 46 e 47 del

testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante la mancata riscossione di somme per il medesimo titolo, l'esercizio di azioni giudiziarie per lo stesso

credito, l'ammontare degli importi che l'amministrazione e' ancora tenuta a corrispondere, la modalita' di riscossione prescelta ai

sensi del comma 9 del presente articolo, nonche' a trasmettere la documentazione necessaria a norma dei decreti di cui al comma 3. 2. La dichiarazione di cui al comma 1 ha validita' semestrale e

deve essere rinnovata a richiesta della pubblica amministrazione. 3. Con decreti del Ministero dell'economia e delle finanze e del

Ministero della giustizia, da emanare entro il 30 ottobre 2016, sono approvati i modelli di dichiarazione di cui al comma 1 ed e'

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Diritto Avanzato

individuata la documentazione da trasmettere all'amministrazione

debitrice ai sensi del predetto comma 1. Le amministrazioni pubblicano nei propri siti istituzionali la modulistica di cui al periodo precedente.

4. Nel caso di mancata, incompleta o irregolare trasmissione della dichiarazione o della documentazione di cui ai commi precedenti,

l'ordine di pagamento non puo' essere emesso. 5. L'amministrazione effettua il pagamento entro sei mesi dalla data in cui sono integralmente assolti gli obblighi previsti ai commi

precedenti. Il termine di cui al periodo precedente non inizia a decorrere in caso di mancata, incompleta o irregolare trasmissione

della dichiarazione ovvero della documentazione di cui ai commi precedenti. 6. L'amministrazione esegue, ove possibile, i provvedimenti per

intero. L'erogazione degli indennizzi agli aventi diritto avviene nei limiti delle risorse disponibili sui pertinenti capitoli di bilancio,

fatto salvo il ricorso ad anticipazioni di tesoreria mediante pagamento in conto sospeso, la cui regolarizzazione avviene a carico del fondo di riserva per le spese obbligatorie, di cui all'articolo

26 della legge 31 dicembre 2009, n. 196. 7. Prima che sia decorso il termine di cui al comma 5, i creditori

non possono procedere all'esecuzione forzata, alla notifica dell'atto di precetto, ne' proporre ricorso per l'ottemperanza del

provvedimento. 8. Qualora i creditori di somme liquidate a norma della presente legge propongano l'azione di ottemperanza di cui al titolo I del

libro quarto del codice del processo amministrativo, di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, il giudice amministrativo

nomina, ove occorra, commissario ad acta un dirigente dell'amministrazione soccombente, con esclusione dei titolari di incarichi di Governo, dei capi dipartimento e di coloro che ricoprono

incarichi dirigenziali generali. I compensi riconosciuti al commissario ad acta rientrano nell'onnicomprensivita' della

retribuzione dei dirigenti. 9. Le operazioni di pagamento delle somme dovute a norma della presente legge si effettuano mediante accreditamento sui conti

correnti o di pagamento dei creditori. I pagamenti per cassa o per vaglia cambiario non trasferibile sono possibili solo se di importo

non superiore a 1.000 euro. 10. Nei casi di riscossione per cassa o tramite vaglia cambiario il creditore puo' delegare all'incasso un legale rappresentante con il

rilascio di procura speciale.

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IRRAGIONEVOLE DURATA DEL PROCESSO

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11. Nel processo di esecuzione forzata, anche in corso, non puo'

essere disposto il pagamento di somme o l'assegnazione di crediti in favore dei creditori di somme liquidate a norma della presente legge in caso di mancato, incompleto o irregolare adempimento degli

obblighi di comunicazione. La disposizione di cui al presente comma si applica anche al pagamento compiuto dal commissario ad acta.

12. I creditori di provvedimenti notificati anteriormente all'emanazione dei decreti di cui al comma 3 trasmettono la dichiarazione e la documentazione di cui ai commi precedenti

avvalendosi della modulistica presente nei siti istituzionali delle amministrazioni. Le dichiarazioni complete e regolari, gia' trasmesse

alla data di entrata in vigore del presente articolo, conservano validita' anche in deroga al disposto dei commi 9 e 10)).

Art. 6. Norma transitoria 1. Nel termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, coloro i quali abbiano gia' tempestivamente

presentato ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo, sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole di cui

all'articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848, possono presentare la

domanda di cui all'articolo 3 della presente legge qualora non sia intervenuta una decisione sulla ricevibilita' da parte della predetta

Corte europea. In tal caso, il ricorso alla corte d'appello deve contenere l'indicazione della data di presentazione del ricorso alla predetta Corte europea. (1)

2. La cancelleria del giudice adito informa senza ritardo il Ministero degli affari esteri di tutte le domande presentate ai sensi

dell'articolo 3 nel termine di cui al comma 1 del presente articolo. ((2-bis. Nei processi la cui durata al 31 ottobre 2016 ecceda i termini ragionevoli di cui all'articolo 2, comma 2-bis, e in quelli

assunti in decisione alla stessa data non si applica il comma 1 dell'articolo 2.

2-ter. Il comma 2 dell'articolo 54 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato dall'articolo 3, comma 23,

dell'allegato 4 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, si applica solo nei processi amministrativi la cui durata al 31 ottobre

2016 ecceda i termini di cui all'articolo 2, comma 2-bis)).

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AGGIORNAMENTO (1) Il D.L. 12 ottobre 2001, n. 370, convertito senza modificazioni dalla L. 14 dicembre 2001, n. 432 ha disposto (con l'art. 1, comma 1)

che "Il termine di cui all'articolo 6, comma 1, della legge 24 marzo 2001, n. 89, e' prorogato sino al 18 aprile 2002.".

Art. 7. (Disposizioni finanziarie) 1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, valutato

in lire 12.705 milioni a decorrere dall'anno 2002, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento

iscritto, ai fini del bilancio triennale 2001-2003, nell'ambito dell'unita' previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e

della programmazione economica per l'anno 2001, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo

Ministero. 2. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e' autorizzato ad apportare, con propri decreti, le

occorrenti variazioni di bilancio. La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara' inserita

nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla

osservare come legge dello Stato. Data a Roma, addi' 24 marzo 2001 CIAMPI

Amato, Presidente del Consiglio dei Ministri

Visto, il Guardasigilli: Fassino


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