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Ischiacity 27

Date post: 13-Mar-2016
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Ischiacity 27
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i schiacity magazine di mode & stili di vita Cover Fashion Amarcord Business Nature Art LELLA SCOTTI ELENA BASILE ISCHIA ‘60: LA DOLCE VITA LUCIO D’ORTA I PIZZI BIANCHI CELESTE MANIERI anno 6- N°27 ottobre-novembre 2010 www.ischiacity.it euro 3,50
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ischiacitym a g a z i n e d i m o d e & s t i l i d i v i t a

Cover

Fashion

Amarcord

Business

Nature

Art

LELLA SCOTTI

ELENA BASILE

ISCHIA ‘60: LA DOLCE VITA

LUCIO D’ORTA

I PIZZI BIANCHI

CELESTE MANIERI

anno 6- N°27ottobre-novembre 2010

www.ischiacity.it

euro 3,50

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- D I R E C T O R

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ISCHIA LAVA PIU’ BIANCO

Siamo stati lontani dai nostri lettori per circa due anni: un tempo lunghissimo durante il quale l’economia isolana, e con essa quella del Sud Italia (in particolare) ma anche di tutto il Paese, non ha certo fatto progressi. Risentiamo di una crisi strutturale, di un grave (gravissimo, a detta di alcuni) gap negativo nel campo della formazione e di una fortissima mancanza di competitività con i mercati stranieri. Naturalmente, in una situazione del genere il comparto turistico si trova in profonda sofferenza. E Ischia vive di turismo! Allora, ci siamo detti che anche noi di Ischiacity avremmo dovuto fare la nostra parte. Come? Lo spiego subito (con un esempio). Poniamo il caso che tutti noi lavorassimo in una fabbrica di biscotti e che improvvisamente i nostri prodotti subiscano un allarmante calo nelle vendite; a questo punto abbiamo due ordini di questioni su cui interrogarci: 1) I nostri biscotti sono buoni? Accontentano il desiderio del consumatore? Rispondono alle aspettative di gusto, aspetto, capacità di conservazione, predisposizione “all’azzuppo” e così via? 2) La nostra comunicazione, l’estetica delle confezioni, le promozioni commerciali, la pubblicità sui giornali, televi-sioni, radio e internet è efficace? Il posizionamento sugli scaffali è quello giusto? I piani di distribuzione nelle grandi catene di alimentari sono effettuati con razionalità?E’ a queste domande che dobbiamo dare le giuste rispo-ste, se vogliamo riportare i nostri biscotti in vetta alle clas-sifiche di vendita.Allora, se io fossi il presidente di questo biscottificio con-vocherei una prima riunione con i miei collaboratori, mi metterei intorno ad un tavolo, al centro un vassoio pieno dei miei biscotti e in altri piattini i biscotti dei concorrenti, quindi inizierei con le valutazioni, gli assaggi, le compara-zioni. Porterei, inoltre, delle gran belle tazzone di latte e di tè e chiederei a tutta la mia squadra di fare anche le prove di tenuta in “azzuppo” per capire, pure in situazioni estre-me, come si comporta il mio prodotto. A questo punto de-dicherei giorni, e notti se necessario, al confronto di idee per comprendere tutti, ma proprio tutti i punti di forza dei miei biscotti e di quelli della concorrenza, ma soprattutto cercherei di capire i punti di debolezza! Poi, passerei alla fase di presentazione, comunicazione e commercializza-zione delle mie confezioni: mi farei disegnare la miglio-re veste grafica, darei un aspetto gradevole, appetitoso e friendly ai contenitori ed ai loro involucri, studierei con gli esperti in quali fasce di mercato posizionare le offerte

e come posizionarle. Quindi, spronerei account e rappre-sentanti, motivandoli con incentivi per farli essere aggres-sivi (commercialmente parlando), dinamici e creativi, in una parola fortissimi nel vendere i miei prodotti.Probabilmente i nostri biscotti, se non lesinerò nulla nei processi fino ad ora descritti, torneranno ad essere i più amati dal pubblico.Credo che dovremmo trattare Ischia come i biscotti di questo esempio.E’ per ciò che ho pensato che non ostante i tempi non siano dei migliori - anzi proprio per questo motivo! - Ischiacity dovesse tornare in edicola. Noto con interesse, infatti, che alcuni gruppi di imprenditori hanno deciso di consorziarsi intorno al concetto di qualità: uni-scono le loro forze, cercando di dar vita a delle macro-strutture industriali che possano offrire servizi di qualità e in grado di competere. Ma il concetto di qualità, quando si riferisce all’ambito del territorio e dell’ospitalità, assume un valore difficile da decodificare: esso è, infatti, il risul-tato di una complessa funzione a più incognite, dove cia-scuna incognita deve essere calcolata con esattezza se si vuole dare un valore alla funzione. Per quanto ci riguarda, noi di Ischiacity possiamo sicuramente contribuire ad assegnare un valore certo all’incognita della comunica-zione. Credo che il nostro lavoro risponda perfettamente alle esigenze di tutti coloro che desiderano produrre dei “buoni biscotti” e decidono di proporli in belle confezioni presso i migliori scaffali dei negozi alimentari. Credo che Ischiacity abbia sempre accettato la sfida di pre-sentare agli ischitani ed ai milioni di turisti il più bel volto di quest’Isola. Tutto il lavoro svolto dalla nostra redazione in anni di durissimo impegno si è contraddistinto per serie-tà, efficienza, originalità ed equilibrio. Tutti i nostri articoli sono stati scritti espressamente per il magazine, tutti i nostri servizi fotografici sono stati allestiti appositamente per le esigenze di comunicazione della testata. Il nostro è stato un minuzioso lavoro “sartoriale” di creatività che ci ha spinto a cucire addosso a ciascun evento ed a ciascun personaggio ogni singola pagina della rivista. Credo che sia questa l’unica formula per lavorare bene e fare, so-prattutto, gli interessi di Ischia. Sono queste le ragioni per le quali abbiamo deciso di tornare in edicola. Vogliamo es-sere in prima linea, con il nostro contributo professionale e creativo, in questa fase in cui l’Isola ha bisogno - come un assetato dell’acqua nel deserto - di compattare tutte le migliori risorse per rilanciare il proprio “prodotto” e la propria immagine. Eccoci, noi ci siamo!

cover

lellascotti

photo e art director

riccardosepevisconti

dress

la caprese più

jewelry

maja gioielli

hair

cristiansirabella

make up

nancytortora

riccardosepevisconti

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ischia

city

divis

ionepubblic

ità

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creditseditorinchief

creativedirector

riccardosepevisconti

executivedirector

silviabuchner

artdirectorstyle

umbertoarcamone

photoretouch

romolotavani

assistant

raffaleleimbò

editing

sebastianoserpico

giuseppeserpico

secretary

carmenpatalano

editors

luciaelenavuosovip

peppinobrandihistory

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enzorando

T. 347_6194108

riccardosepevisconti

T. 347_6197874

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peppecirino

cristiansirabella

editore

officinaischitana

dellearti grafiche s.r.l.

di riccardosepevisconti

via A. De Luca, 42

80077 ischia - italy

[email protected]

www.ischiacity.it

retefissa +39.081.983243

retemobile 347.6197874

direttoreresponsabile

riccardosepevisconti

N°27, anno 2010

registrazione tribunale di

napoli, n°5 del 5 febbraio

2005

stampa

tipografia tipolito epomeo,

via torrione, 40 forio

- SUMMARY

i

>VIP09 Ischia, l’isola che amo

>SHOW31 Dolly L’Amour96 Strani Tipici

>LIFE79 Dolcemente complicate

CO

VER NA

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BU

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10 38 53 68 58 31

>COVER10 Lella Scotti

>PLEASURE36 Hotel Manzi48 Visconti

>NATURE38 Pizzi Bianchi

>ART74 Celeste Manieri

>TOURISM50 Regno di Nettuno56 Caricati al massimo!

>AMARCORD25 Ischia ‘60: la Dolce Vita

>BUSINESS53 Lucio D’Orta

72 Hotel Strand Delfini

>HISTORY46 Cavascura

>FASHION58 Elena Basile

>EVENT76 Ischia Jazz 2010

>WELLNESS68 Fonte di Nitrodi

>WEDDINGS80 Tutta l’isola si ama

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- VIP

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Text: Lucia Elena VuosoPhoto: Renato Sarmiento

ISCHIAL’ISOLA CHE AMO

Non solo casalinghe desiderose di “inciuci” e fan delle soap opera, ma ragazze, pensionati e professionisti di tutti i settori si appassionano alle vicende amorose di veline, letterine e soubrettine, ai chili persi o ritrovati di star più o meno note, a smagliature e difetti, a coppie che nascono e si rompono dei vip di cinema e TV. Noi di Ischiacity avendo sorpreso una bellissima e ‘in formissima’ Michelle Hunziker a rinfrescarsi nella piscina dell’Albergo della Regina Isabella a Lacco Ameno, abbia-mo deciso di documentare le sue vacanze ischitane, chie-dendo alle persone che l’hanno incontrata di raccontarci le sue abitudini durante il soggiorno nell’isola verde. Tutti sono stati molto discreti nel parlarci di Michelle, non a caso la conduttrice di ‘Striscia la Notizia’ e ‘Paperissima’, alla ricerca della tranquillità, ha scelto proprio quest’isola per ricaricarsi prima della prossima stagione lavorativa. E tutti sono stati concordi nell’affermare che l’ex moglie di Eros Ramazzotti è allegra, solare e socievole come la si vede sullo schermo.L’attrice aveva già soggiornato ad Ischia, ma sempre per brevi periodi ed aveva desiderio di conoscerla ed apprez-zarla in tutto quello che può offrire, perciò quest’estate ha snobbato le solite mete vacanziere come Formentera, Capri e la Sardegna per trascorrere due settimane in com-pleto relax con la sua famiglia ad Ischia. E in compagnia di mamma, figlia, fratello, cognata e nipotino ha scoperto sapori e paesaggi nuovi, si è riposata, ha stretto amicizie, si è divertita. Michelle, infatti, ha una vera e propria passione per il mare, per cui oltre a fare il bagno nello specchio d’acqua antistante l’albergo, per ben due volte ha effettuato il giro dell’isola via mare, fermandosi a visitare le baie più nasco-ste e suggestive dell’isola, in particolare Punta Imperatore e Sorgeto dove, dopo aver fatto tante domande sulla storia e le tradizioni locali a Mimì, che guidava la barca, ha pran-zato gustando le specialità locali: bruschetta coi pomodo-rini del ‘piennulo’, pennette all’arrabbiata con peperoncini ischitani, spaghetti alle vongole e pesce alla griglia. Un lunedì sera, poi, la famiglia Hunziker si è recata a man-giare al Focolare, il ristorante nel bosco del Cretaio. Sia per la show girl che per la famiglia di Riccardo D’Ambra è sta-

ta una serata all’insegna del divertimento e delle battute e il fratello di Michelle, sommelier, non ha fatto a meno di complimentarsi per il vino locale prodotto con uve di Piano Liguori. Dopo aver visitato la cucina, Michelle ha preso l’aperitivo in cantina; poi sono stati serviti ben 12 antipasti tipici della stagione tra cui parmigiana di melanzane, ro-tolone di melanzane con provola e pomodorini, pancetta fatta in casa, zeppoline con erbe selvatiche e ricotta, e poi riso tostato agli agrumi e basilico e spaghetti fritti con patate. I vini che hanno accompagnato le pietanze sono stati l’Ischia Rosso e Giardini Arimei. Tutto è stato molto gradito ma la pietanza che più ha entusiasmato Michelle è stata la caponata di fagioli zampognari con agrumi. Anche i dolci sono stati una vera sorpresa: crostata con crema di limone e pan di mele con lavanda e rosmarino. Al termine della cena Michelle si è fatta fotografare con tutto lo staff e ha voluto una copia della foto autografata dalla famiglia D’Ambra al completo, con tanto di dedica del papà Riccar-do che l’ha eletta membro onorario della famiglia. Per Michelle ci sono state altre occasioni di divertimento: durante la sfilata di Antonello Visone al Regina Isabella, otto ospiti dell’albergo hanno fatto da indossatrici e lei si è improvvisata cineoperatrice filmando tutto l’evento; in conclusione si è avvicinata alle modelle chiedendo a tutte indirizzi e-mail e recapiti per poter inviare loro le riprese della giornata. La showgirl svizzera ha fatto anche un giro dell’isola via terra, per riuscire a cogliere tutte le sfumatu-re della natura ischitana ed i paesaggi e - come ci ha detto lo stesso ingegner Carriero - ha noleggiato un motorino ed un casco integrale, così da poter circolare liberamente alla scoperta degli incantevoli panorami, dall’alto di Serrara Fontana e di Fiaiano.

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Ischiacity è stato lontano (ed in silenzio) per un paio di anni, anni nei quali in Italia è successo di tutto. E nulla di ciò che è accaduto, francamente, mi è sembrato “edifi-cante”! Ho, abbiamo assistito al lento dissolversi dell’eti-ca, del senso dello Stato, dell’idea di politica come mezzo per curare gli interessi della gente. Ho, abbiamo, assistito ad un brutto spettacolo. Brutto davvero. Allora, nel tornare in edicola con il mio magazine ho deciso di dedicare la copertina ad una persona NORMALE. Perché - questo è il mio messaggio - si può essere stupendamente NOR-MALI. Ho scelto Lella Scotti quale cover perché Lella è di una bellezza intima e pulita e totalmente naturale, che è raro incrociare per strada. Oramai tutto è artifizio, costruzione, illusione. Spesso (troppo spesso) dietro la maschera (per-fettamente dipinta) non c’è nulla! Ma Lella non è così! E’ una giovane donna testarda, entusiasta e forte. Tenace al

punto da sottoporsi a turni di lavoro massacranti per po-tersi sempre dire indipendente, e quindi libera. Una libertà equa ed onesta, pagata con il prezzo del proprio lavoro. Lella è tra le barmaid di uno dei locali più gettonati dell’iso-la, lavora al bar Topless e la si può incontrare facilmente, indaffarata dietro il bancone a preparare le bevande per i clienti. Lella coniuga perfettamente professionalità e sor-risi, non tanto perché se sei una professionista sorridi ai clienti, ma perché Lella sorride per indole, non per me-stiere. Un vecchio maestro samurai selezionava i propri allievi in base alla loro capacità di sorridere: il solo modo pacato e saggio che ognuno di noi ha per affrontare anche i momenti più difficili. E Lella del sorriso è una maestra! E questo, naturalmente, ci ha sedotto. Ma ciò che di più bello abbiamo cercato di cogliere in lei è la semplicità che dà le forme al suo volto intenso. Tutto ciò può sembrare apparentemente un “affronto” in un’epoca di facce, per-

sonalità, vite costruite a tavolino e sofisticate a tal punto da apparire falsamente perfette. Un mondo popolato da personaggi plastificati, gonfiati, levigati e totalmente finti. Un mondo che non ci rappresenta e neppure ci somiglia e che non dovrebbe mai appartenerci. E’ per questo che abbiamo pensato di ambientare gli scatti in luoghi della nostra quotidianità, posti comuni con gen-te comune, intenta a compiere gesti consueti: un campo di bocce animato da un gruppo di amici riunito intorno alla figura carismatica del “vecchio” leader politico, una spiaggia in pieno agosto con l’abituale folla di bagnanti, l’incasinatissima officina meccanica dove padre e figlio si dedicano ad una moto d’annata. Insomma, con Lella e i tanti interpreti di queste immagini abbiamo cercato di rac-contare la nostra voglia di vivere in un paese normale!

VOGLIA DI NORMALITA’

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Pic_1\ T-shirt E.Vil, cardigan Toy Girl, pants J. Brand, stivali e calzerotti Hunter; orologio Mark & Co; anello in acciaio e onice Zoppini.

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Da sin.: Antonio Cuomo, Salvatore Cuomo, Mario Buono, Giovanni Balestriere, Francesco Buono, Antonio Trani, Salvatore Ferrante, Francesco Puzzella, Giosi Gaudioso, Sergio Buono, della Fede-razione Italiana Bocce comitato di Ischia

Photo & AD: Riccardo Sepe ViscontiModel: Lella ScottiMake Up: Nancy Tortora per Aglaia, IschiaHair: Cristian Sirabella per Le donne di Picasso, IschiaDress & Shoes: La Caprese Più Donna, IschiaJewelry: Maja Gioielli, Ischia PonteFashion Assistant: Carmen PatalanoPhoto & Video Assistant: Romolo Tavani, Raffaele ImbòLocation: Bagno Gino, Casamicciola Terme; Associazione Bocciofila, Fiaiano; officina Tufano, Ischia; Sala Giochi Serpico, ForioSpecial Thanks: Gino e Giuseppe Barbieri, Marika Diotallevi; Carlo e Marco Tufano; professor Giosi Gaudioso e tutti i giocatori della Bocciofila; Ivan Serpico

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Pic_2\ Abito in cachemire Della Ciana, cardigan Malo, stola in visone Giovi; tron-chetti Hogan; collana e orecchini in tartaruga e perle, Diffusione Gioielli Arte; orologio Guess.

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Pic_3\ Collo in pelle e pelliccia Yes London, canotta E. Scervino, slim in ecopelle Celyn B., scarpe Paciotti; collana e bracciali in corallo creazioni Maja Gioielli.

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Interview: Riccardo Sepe ViscontiPhoto: Coll. Cervera, A. Esposito, Reverberi Riva, Azienda Cura e Soggiorno Ischia e Procida, N. Pantalone

ISCHIA ‘60LA DOLCE VITA

Adriano Esposito, uno dei grandi seduttori che hanno animato la Dolce Vita ischitana negli anni ’60, si racconta e ci racconta come ci si divertiva a Ischia quando le taverne della Riva Destra ri-suonavano di musica, le ragazze straniere veni-vano qui alla ricerca dei bei ragazzi e personalità famose di tutto il mondo sceglievano Ischia per le loro vacanze.

Come sono nati i locali notturni sulla Riva Destra del Porto?Un tempo quanti buchi sono sul porto, tante case vinicole erano. Gli ischitani esportavano vino, lo faceva anche mio nonno. Il suo soprannome era Capefierro, aveva una barca a vela (che è affondata più di una volta) e vendeva il vino ischitano nel Nord, in Toscana e fino a Marsiglia, aiutato dai suoi 4-5 figli. Al ritorno, passavano dalla Sardegna portando a Ischia prodotti che mancavano, come cavalli e formaggio. Ma questa attività andava diminuendo mentre iniziava il turismo. In questi locali che stavano allineati sul porto, c’era un posto che si chiamava “la Caravana”, lì si riunivano i facchini che scaricavano e trasportavano a spalla la merce. Era l’unico ambiente diverso dagli altri che, senza eccezione, erano case vinicole o ingressi alle abitazioni che stavano ai piani superiori dei palazzi. Uno dei commercianti di vino al dettaglio si chiamava Antonio Cervera, nella sua taverna, fra botti e qualche tavolo, ven-

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deva vino al bicchiere, e fra i clienti veniva un vecchietto che tutti chiamavano Luigi Marcoff. Era un marinaio molto conosciuto e durante l’ultima guerra si era salvato mira-colosamente da due naufragi. Luigi conosceva canzoni napoletane anche antichissime, strimpellava la chitarra e canticchiava con un filo di voce. Tempo dopo, aprì un suo ristorante alla spiaggia del Lido, “Luigi Songs”, e andava da lui Roberto Murolo per attingere a testi di canzoni che non conosceva.

Tornando alla Taverna Antonio, a Luigi si avvicinarono tre o quattro giovani aitanti dell’epoca, si chiamavano Pinot-to, cioè Pino Taliercio, Nino che poi realizzò il suo sogno aprendo sempre al porto un suo locale bellissimo che bat-tezzò “Taverna del marinaio”, Nando Esposito il mio fratel-lo maggiore, Ciccio D’Ambra… Una sera si affacciarono dei turisti tedeschi per sedersi a bere insieme a loro. Se ne aggiunsero altri ed è lì che è iniziato il divertimento per i giovani ischitani, Antonio assoldò altri cantanti, ogni

Pic_1\ In queste pag.: scorci di Ischia negli anni ’50-60 e Adriano Esposito in compagnia di amiche e ami-ci.

Pic_2\ Nella pag. seguente, in basso: il cantante Topolino anima una serata alla taverna Antonio, al centro della foto la principessa M. Gabriella di Savoia.

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ma allora, se ne aggiunsero parecchie, a cominciare dalla “Cambusa” di Claudio D’Ambra che possedeva la casa vinicola Perrazzo, seguì la taverna Lowenbrau di Angelo Monti, più signorile. Avevano cantanti bravissimi che si esibivano senza microfono: anzi all’epoca già ci si lamen-tava dei rumori che erano sicuramente più forti di adesso, perché tutti facevano musica dal vivo. Se devo fare un elenco dei locali notturni, è infinito. Dopo il Monkey Bar, Castillo De Aragona e Rancio Fellone, abbiamo avuto il Bikini, il Flamenco, il Blow Up, l’Hi-Fi Club, lo Scoglio di Tifeo, il Fiasco a Forio, il Pignattiello a Lacco Ameno, il Saracino a Casamicciola, l’Oleander Dancing… In tutti questi ritrovi si faceva mattina. Poi si aggiunsero lo Scotch Club, la Lampara di Tonino Baiocco, il Totem all’estremità della Riva Destra. Più di recente, Baiocco aprì anche il Mamunia, una discoteca enorme dove sono venuti arti-sti internazionali come Ray Charles, Tina Turner, Mireille Mathieu.

sera si usciva e si portavano alla Taverna le ragazze stra-niere, che erano incantate dalla musica napoletana. La maggior parte dei turisti erano tedeschi, svizzeri, svedesi, finlandesi; poi cominciarono a frequentare i locali del-la Riva Destra anche persone famose, regnanti, uomini della finanza e della politica. Oggi, nel 2010, la Taverna Antonio è l’unico locale che non ha mai cambiato il suo aspetto, ma allora, se ne aggiunsero parecchie, a comin-ciare dalla “Cambusa” di Claudio D’Ambra che possedeva la casa vinicola Perrazzo, seguì la taverna Lowenbrau di Angelo Monti, più signorile. Avevano cantanti bravissimi che si esibivano senza microfono: anzi all’epoca già ci si lamentava dei rumori che erano sicuramente più forti di adesso, perché tutti facevano musica dal vivo. Se devo fare un elenco dei locali notturni, è infinito. Dopo il Monkey Bar, Castillo De Aragona e Rancio Fellone, abbiamo avuto il Bikini, il Flamenco, il Blow Up, l’Hi-Fi Club, lo Scoglio di Tifeo, il Fiasco a Forio, il Pignattiello a Lacco Ameno, il Saracino a Casamicciola, l’Oleander Dancing… In tutti questi ritrovi si faceva mattina. Poi si aggiunsero lo Scotch Club, la Lampara di Tonino Baiocco, il Totem all’estremità della Riva Destra. Più di recente, Baiocco aprì anche il Mamunia, una discoteca enorme dove sono venuti arti-sti internazionali come Ray Charles, Tina Turner, Mireille Mathieu.

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Facciamo una carrellata dei VIP che frequenta-vano la Riva Destra.Non è presunzione ma solo un ricordo, e anzi c’è sia orgo-glio che imbarazzo da parte mia per quanto sto per dire: io uscivo con Camilla Parker-Bowles, l’attuale moglie di Carlo d’Inghilterra e futura regina. Camilla veniva all’ho-tel Moresco con la sorella Annabelle e con i genitori, i signori

Pic_3\ In questa pag.: sfilate di moda alla Riva Destra negli anni ’60-’70. Pag accanto: feste private sulle spiagge, nella foto in alto, si riconosce Luca Scotti. Foto al cen-tro, da sin.: Antonio Cervera, fondatore dell’omonima taverna, Rino Esposito e monsieur Loris, detto Cardinale degli chef, addetto al ricevimento del night La Lampara.

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Facciamo una carrellata dei VIP che frequenta-vano la Riva Destra.Non è presunzione ma solo un ricordo, e anzi c’è sia orgo-glio che imbarazzo da parte mia per quanto sto per dire: io uscivo con Camilla Parker-Bowles, l’attuale moglie di Carlo d’Inghilterra e futura regina. Camilla veniva all’hotel Moresco con la sorella Annabelle e con i genitori, i signori Shand. Uscire con gente di questa classe sociale era, al-lora, all’ordine del giorno. Antonio Cervera sapeva che io ero un ragazzo che si sa-peva comportare: una sera alla sua Taverna andò la Regi-na d’Olanda con le figlie, c’era anche Beatrice che oggi è a sua volta regina e Antonio mi chiese di fare conversazione con la regina! Le racconto un altro episodio. Attraccò un panfilo, a bordo c’erano il re Costantino di Grecia con la moglie Annamaria di Danimarca e le due sorelle Irene e Sofia, oggi moglie di Juan Carlos re di Spagna (era pre-sente anche lui). Ora, mio zio Filippo era un bravo sarto e mi mandò a consegnare dei pantaloni fatti su misura. Mi chiesero di indicare loro un ristorante buono e ‘pretesero’ che li accompagnassi, andammo da Zi’ Nannina a Mare. Per me era normale frequentare queste personalità, forse anche perché le vedevo nella sartoria, ma bastava andare alla Taverna Antonio per incontrare i fratelli Enrico e Otto D’Assia (Ndr. Figli di Mafalda di Savoia, figlia del re d’Italia Vittorio Emanuele III), le principesse di Savoia Maria Pia con il marito Alessandro di Jugoslavia, M. Gabriella e M. Beatrice, ma anche attori come Peter Ustinov che scende-va al Regina Isabella e la sera andava a cena da Gennaro Rumore alla Riva Destra. Venivano tanti industriali come i nipoti di papa Ratti che hanno un grande setificio a Como, i Motta dei gelati, i Cademartori del formaggio, i Fila della maglieria, gli Stucchi e il conte Manolo Borromeo, grandi tessitori del Nord Italia, il regista Mauro Bolognini, Monica Vitti insieme a Michelangelo Antonioni. Abbiamo incontra-to Helmut Berger alla Taverna Antonio. Si sono dette tante cose su di lui, ma la verità è una e semplice. Venne in va-canza a Ischia con un amico, e si unì al nostro gruppo: noi conoscevamo Visconti attraverso Roberto Jelasi, lui era un ragazzo carino, perbene, si conobbero e piano piano è nato Helmut Berger attore per Visconti. E allora nacque anche l’amore di Visconti per Berger?Questo l’ho letto sui giornali, è certo che stavano sempre

insieme, ma anche altri frequentavano la casa del regista, Alain Delon, Jean Sorel… Un bel giovanotto ischitano, che chiamavano Ciro ‘U Mballier, era l’autista fisso di Vi-sconti quando era qui.Questi sono i tempi anche di Sandro Petti, l’architetto che aprì prima il Rangio Fellone e poi il Castillo De Aragona, locali notturni che hanno lanciato tantissimi cantanti dive-nuti celebri: sono posti che hanno fatto la storia dell’in-trattenimento…Prima di questi che ha citato lei, nella pineta Nenzi Bozzi aprì un altro locale elegantissimo, il Monkey Bar, era di Ciccio Di Manso, detto Ciccio ‘O Luong, e di altri soci. Vi si tennero parecchie edizioni di Miss Ischia, era la fine degli anni ’40, ero ragazzino ma lo ricordo bene, mio fratello Rino che era più grande ci andava a ballare. Quel locale venne chiuso perché era adiacente un alberghetto, l’al-bergo Giusto, dove si lamentarono con insistenza, preten-

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devano che i cantanti smettessero a mezzanotte: ricordo Patti Pravo in lacrime perché le spensero i microfoni e lei senza non poteva cantare. Erano locali di fama, portavano successo all’isola, fama, ed è ingiusto che a causa di un alberguccio abbiano dovuto chiudere. Torniamo sugli artisti che si esibivano al Rangio Fellone e al Castillo de Aragona.Il periodo d’oro di questi due locali risale a quando ero piccolo, ma i miei fratelli e amici li frequentarono. Noi che eravamo molto giovani, non potevamo permetterci di entrare al Rangio Fellone e ballavamo sulla spiaggia

a pochi metri dal locale, mentre i miei fratelli più grandi che guadagnavano lo frequentavano spesso. I due ra-gazzi ischitani più richiesti erano Tonino Baiocco e mio fratello Rino perché erano due grandi ballerini, ballavano rumba, mambo, fox trot, quick step, tango, valzer, twist e le ragazze impazzivano all’idea di danzare con un bravo ballerino. Ricordo di aver visto al Castillo la Venere Nera Josephine Baker, lì si sono esibiti Gilbert Bécaud, Mina. Oltre ai due locali che dice lei, un successo strepitoso lo aveva anche la Tavernetta dell’albergo Moresco, lì si esibi-va don Marino Barreto, cantante di successo mondiale. Vi arrivò anche Mina, sconosciuta, si fermò un’intera estate; c’era un famoso quartetto, il pianista si chiamava Mattozzi e il cantante Giorgio Creton, un tipo simpaticissimo, che assomigliava a Burt Lancaster. Parliamo di un altro mito che riguarda Ischia, dell’amore nato proprio qui fra Mina e suo fratel-lo Claudio Esposito. In una delle sue ultime ap-parizioni televisive, Mina sfatò il mito di essere stata lanciata come cantante al Rangio Fellone, dichiarando che si esibiva appunto alla Tavernet-ta del Moresco con il nome d’arte di Baby Gate. Ebbene, dicono che in quel periodo, lei avesse letteralmente perso la testa per il bellissimo Claudio…

Mina finiva di cantare al Moresco, e andava con mio fra-tello Claudio al bagno Sirena, proprio di fronte all’alber-go. Allora, la spiaggia era immensa e i bagnini avevano l’abitudine di mettere le sedie sdraio di taglio appoggiate agli ombrelloni chiusi. Claudio e Mina le usavano per farsi una specie di ‘casetta’ e ripararsi da sguardi indiscreti. Una sera si sono spogliati e noi per fare uno scherzo but-tammo gli abiti a mare e rimanemmo per assistere alla scena, eravamo piccoli e un po’ stupidi. Claudio, che era un tipo che non si arrendeva facilmente, era alto, moro, estroverso, un po’ pazzoide a volte, diverso da tutti quanti noi e questo piaceva, ebbene lui strappò da due sedie i teli con cui si avvolsero i fianchi e rientrarono per l’ingresso secondario dell’albergo. Me lo ricordo bene, questa testi-monianza è verità.

Pic_4\ Alcuni ospiti celebri dell’isola: a sin. Il regista Luchino Visconti con Jolanda D’Ambra, sotto da sin.: l’attore Helmut Berger con Gennaro Rumore, Mauri-zio D’Assia, Mina all’Hi-fi Club.

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Text: Elena Lucia VuosoPhoto: Enzo Rando

DOLLYL’AMOUR

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Incontriamo Dolly Lamour ed è innamoramento a prima vista. Qualche ora prima ci ha chiamato Elsa Di Iorio che con la sua Monkeys Agency organizza spettacoli di intrat-tenimento nell’isola d’Ischia. Dai concerti alle feste, dalle sfilate ai vernissage, Elsa è colei che sa trasformare un incontro di persone in occasione mondana e di piacevolis-simo intrattenimento. E naturalmente, è sempre Elsa che ha organizzato lo spettacolo di burlesque di Dolly al Grand Hotel Punta Molino. Con il viatico del patron Eugenio Os-sani, noi della redazione di Ischiacity siamo stati invitati a prendere parte alla serata e a fare un po’ di scatti al suo sensualissimo spettacolo. Charme. E’ la prima cosa a cui si pensa, guardando Dolly Lamour. Non i grandi occhi blu, incorniciati da una riga di eye-liner e da ciglia lunghissime e nere, non la bocca rossa e carnosa o il sorriso affascinante, e neppure i ric-cioli biondissimi da pin-up anni ’40 o il corpo morbido e flessuoso esaltato dagli abiti aderenti, né le unghie laccate o i piedini piccoli che si muovono sui tacchi vertiginosi. Ma solo lo charme. Tutto il resto viene dopo, tutto il resto è… corredo! Perché ogni donna si può truccare, acconciare e vestire ma poche possiedono quella dote innata che il dizionario definisce come fascino, incanto, grazia, attratti-va. Nessuna di queste definizioni coglie appieno l’essenza di Dolly. Lo charme è charme ed è intraducibile. E’ un mix di femminilità, eleganza, e cura minuziosa dei particolari, unite a una carica magnetica che comunica eros in dosi da infarto. E Dolly, grazie alla mediazione dell’agenzia milanese Vo-odoo Deluxe, ha saputo fare di questa sua dote innata una professione che incanta e seduce gli uomini, ma so-prattutto le donne, desiderose di coglierne le movenze e carpirne i segreti. Dolly Lamour - nome d’arte ispirato un po’ al suo viso da bambola, come disegnato nella porcella-na, un po’ alla sua attrice preferita, Dorothy Lamour, diva statunitense degli anni ’30 - è una ballerina burlesque che crea da sé le proprie coreografie, ispirandosi al burlesque originale degli anni ’20-’30 e ’40, riportato al successo mondiale da Dita Von Theese, e si esibisce in tutta Italia: lo scorso agosto, per esempio, al Jamboree di Senigallia, il più importante festival dedicato a questo genere di spet-tacolo in Italia. Il burlesque, dalla parola italiana ‘burla’, è un tipo di spettacolo parodistico nato in Inghilterra nella seconda metà dell’Ottocento, quando riscosse molto suc-cesso tra le classi meno abbienti e che si è evoluto col tempo in una sorta di varietà, che mescola danza, satira, comicità e anche clownerie da circo. “Non a caso - spiega Dolly - per perfezionare la tecnica di ballerina burlesque spesso non serve seguire corsi di danza, bensì di canto, recitazione e arti circensi”, che aiutano ad immedesimarsi nei personaggi di volta in volta interpretati. Di grande importanza per la riuscita di uno spettacolo sono le musiche, che per le esibizioni di Dolly vengono selezionate direttamente dai fondatori dell’agenzia Virgil Riccomi e Ivan Losi, veri e propri cultori del genere, come pure lo studio costante delle dive e delle artiste del bur-lesque originale. Fondamentali sono i costumi che creano immagini femminili fortemente evocatrici, senza cadere mai nella volgarità. E poi, i guanti da sfilare piano piano, il corsetto che si sbottona tra una nota e l’altra, i ventagli ad ostrica con lunghissime piume di struzzo e i pasties, co-pricapezzoli dalle forme fantasiose, con una giusta dose di malizia. E’, infatti, il vedo-non vedo, il gioco di trasparenze e di movimenti, il battito di ciglia e la vaporosità dei boa di struzzo che accarezzano la pelle nuda, che innescano le dinamiche della fantasia. Grazie al burlesque, la donna viene nuovamente immagi-nata, pensata, sognata. Col ritorno della moda della pri-ma metà del secolo scorso si riscopre, infatti, un modello

Dolly Lamour

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Dolly

femminile più autentico: “la bellezza conta fino a un certo punto, una donna può non essere bellissima eppure appa-rire estremamente affascinante”. Anche se - come avverte Dolly - l’eleganza e la seduzio-ne per molti versi è innata, è possibile seguire corsi che insegnano a valorizzarsi e soprattutto a far venire fuori la propria seduttività, ma le regole fondamentali per impara-re ad ammaliare sono il credere in se stessi, il non essere volgari, e il non ostentare eleganza a tutti i costi: “indos-sare l’abito da sera più chic e raffinato ad un’occasione in cui l’abito da sera non è richiesto ha tutt’altro effetto che quello desiderato”. Applicare l’arte del burlesque, del non prendere il mondo, né se stesse troppo seriamente è di sicuro il segreto per apparire come Dolly.

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Text: Silvia BuchnerPhoto: Archivio Terme Manzi Hotel & Spa

HOTEL MANZISolo quattro anni fa l’hotel Terme Manzi ha riaperto i battenti, quando Giacomo Polito, con la figlia Maria che lo dirige, hanno scelto uno degli stabilimenti termali più antichi e prestigiose fra quelli di piazza Bagni a Casamicciola per trasformarlo in un albergo a cinque stelle. Una scommessa audace, importante, che ha arricchito l’isola di una strut-tura dedicata all’ospitalità di qualità. L’albergo con l’arredamento molto curato, originale, a tratti estroso, le piscine, il reparto termale all’avanguardia e la scelta di privilegiare il servizio offerto illustrano bene gli obiettivi che si perseguono al Manzi: creare attorno al cliente un’atmosfera speciale, che altrove non si respira, lasciare in lui un ricordo che sia indelebilmente legato a quei luoghi. Fin dal primo momento, tuttavia, accanto ad un settore tradizionale per l’isola come le terme, la proprietà del Manzi ha voluto distinguersi facendo un fortissimo investimento nella ristorazione. All’interno del Manzi apre, infatti, contemporaneamente all’albergo, nel 2006, il ristorante gourmet Il Mosaico. Ideato da uno chef ischitano giovane e brillantis-simo, Nino Di Costanzo, realizzato grazie alla scelta dei Polito di puntare sulla ristorazio-ne d’eccellenza, oggi i cinque tavoli per circa venti coperti de Il Mosaico costituiscono un’esperienza del gusto unica. Al punto da ricevere alcuni fra i più grandi riconoscimenti che la critica gastronomica tributa: per due anni consecutivi - nel 2008 e nel 2009 - Nino Di Costanzo ed Il Mosaico ricevono la stella Michelin, la guida enogastronomica francese bibbia degli intenditori, cui nel 2009 si aggiungono anche i premi Ristorante Rivelazione di ////// e ////////. I ristoranti italiani con due stelle Michelin sono soltanto trentasei: entrare in quella ristretta rosa vuol dire collocarsi nell’empireo della ristorazione. Vuol dire apparte-nere ad un circuito di elité di strutture della ristorazione che vengono scelti da appassionati ed esperti di enogastronomia oltremodo esigenti, ma anche entrare nel circuito del turismo di lusso della gastronomia. Magnati russi ed arabi, imprenditori italiani inseriscono l’isola d’Ischia nei loro itinerari espressamente per sedersi al Mosaico ed assaggiare i piatti di Nino Di Costanzo. Nino è partito subito puntando su una filosofia del cibo che aveva ben chiara dentro di sé e che fa di una cena al Mosaico un’esperienza unica, un viaggio attra-verso il gusto, i sapori, i profumi di una cucina che si muove con audacia ed equilibrio, raro rigore nella ricerca degli ingredienti e sbrigliata fantasia, filiale attaccamento alla propria terra e a quanto essa produce e desiderio di esplorare tecniche e culture del mangiare diverse per riviverle insieme alla propria. Tutto questo “si mette in scena” - come ama dire lo chef stellato - ogni volta che i clienti siedono nelle confortevoli poltroncine e iniziano quelle tre ore dello ‘spettacolo’, per il quale lui e la sua fantastica brigata di 12 collaboratori lavorano per ore ogni giorno, per settimane, per mesi.Nella scelta delle materie prime, che Nino fa personalmente, quotidianamente al mercato del pesce come negli orti, andando alla scoperta di allevamenti di nicchia per le car-ni, di produttori di vino, formaggi, particolari tipi di frutta, persone che inseguono come

Solo quattro anni fa l’hotel Terme Manzi ha aperto di nuovo i battenti. Giacomo Polito e la figlia Maria che lo dirige, scegliendo di restituire nuovo splendore ad uno degli stabilimenti termali più antichi e prestigiosi fra quelli di piazza Bagni a Casamicciola, per trasformarlo in albergo a cinque stelle, hanno fatto una scommessa audace, importante, che ha arricchito l’isola di una struttura dedicata all’ospitalità di qualità superiore. L’albergo con l’arreda-mento molto curato, originale, a tratti estroso, le piscine, il reparto termale all’avanguardia e la scelta di privilegiare nei dettagli il servizio offerto, illustrano bene gli obiettivi che si perseguono al Manzi: creare attorno al cliente un’atmosfera speciale, che altrove non si respira, lasciare in lui un ricordo che sia indelebilmente legato a quei luoghi. Da subito, accanto ad un settore tradizionale per l’isola come le terme, la proprietà ha voluto distinguersi, facendo un fortissimo investimento nella ristorazione. All’interno del Manzi apre, infatti, insieme all’albergo, nel 2006, il ristorante gourmet Il Mosaico. Ideato da uno chef ischitano giovane e di grandissimo talento, Nino Di Costanzo, realizzato grazie alla scelta dei Polito di puntare sull’eccellenza, oggi Il Mosaico con i suoi cinque tavoli per circa venti coperti costituisce un’esperienza del gusto unica. Al punto da ricevere alcuni fra i più grandi riconoscimenti che la critica gastronomica assegna: nel 2008 e nel 2009 - per l’anno successivo Nino Di Costanzo ed Il Mosaico conquistano la stella Michelin, la guida enogastronomica francese bibbia degli intenditori, cui si aggiungono i premi del Gambero Rosso come Ristorante Rivelazione 2010 e come Chef Emergente dell’anno dalla Guida ai Ristoranti d’Italia del Sole 24 Ore.I ristoranti italiani con due stelle Michelin sono soltanto trentasei: entrare in quella ristretta rosa vuol dire collocarsi nell’empireo della ristorazione, essere scelti da appassionati ed esperti di enogastronomia oltremodo sofisticati, ma anche entrare nel circuito del turismo di lusso della gastronomia. “Avevamo puntato moltissimo sul termalismo - rileva Maria Polito - ma oggi è il ristorante che ci dà notorietà, il Mosaico attrae ed entusiasma e ci ha consentito di uscire dai confini dell’isola per sbarcare sulle riviste e in ambienti selezionati nazionali ed internazionali. Se si riuscisse a creare nell’isola un certo numero di struttu-re della ristorazione ad alto livello, si potrebbe pensare di proporre l’isola come meta di turismo gastronomico di elité, cosa che è già realtà altrove e che farebbe sicuramente bene a Ischia, soprattutto se si riuscisse a offrire a questi che sono ospiti esigenti anche altre forme di divertimento che possano invogliarli a fermarsi”. Magnati russi ed arabi, imprenditori italiani inseriscono l’isola d’Ischia nei loro itinerari espressamente per sedersi al Mosaico ed assaggiare i piatti di Nino Di Costanzo. Piatti che sono creazioni folgoranti, figlie di una filosofia del cibo che lui ha ben chiara dentro di sé e che fa di una cena al Mosaico il viaggio attraverso i sapori, i profumi, la creatività di una cucina che si muove con audacia ed equilibrio, raro rigore nella ricerca degli ingredienti e sbrigliata fantasia, filiale attaccamento alla propria terra e a quanto essa produce e desiderio di esplorare tecniche

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lui l’altissima qualità del prodotto. Nella scelta dei tipi di cottura, negli accostamenti di consistenze, sapori, pro-fumi, che spaziano dalla rivisitazione di piatti puramente campani all’interpretazione di materie prime grandissime attraverso la fantasia, l’audacia, la cultura culinaria di Nino Di Costanzo. Ma Nino - e per raggiungere un tale risultato non poteva essere diversamente - se è sicuramente un grande ta-lento, ha avuto attorno a sé una struttura che lo ha sup-portato ed uno staff che è cresciuto insieme al ristorante. Lo affianca dal primo momento come food manager Co-stantino Russo sommelier ed esperto di oli. Il personale dedicato al settore della ristorazione è cresciuto, in nu-mero e in professionalità: oggi si occupano del cliente che sceglie il Manzi ed Il Mosaico due sommelier e due maitre, ugualmente in cucina ci sono ////// persone, in tutto circa quaranta curano la cucina. Entrano solo materie prime, il pane preparato ogni giorno.“I piatti di Nino hanno degli equilibri, si provano con i vini: tutti dai sommelier ai maitre ai cuochi provano i piatti in fase di ideazione e quando sono pronti, in modo da co-noscerli a fondo e quindi essere in grado di presentarli ai clienti, facendo l’abbinamento con le singole portate, anche a bicchiere. La carta è cresciuta arrivando a 750 etichette, con una dedicata solo agli champagne e spu-manti. Infranto il muro della ritrosia ad andare a mangiare

in un ristorante che sta dentro l’albergo.Attualmente, circa quaranta persone lavorano nella ri-storazione del Manzi che comprende anche il ristorante classico dell’albergo, Gli Olivi, mentre un servizio di risto-razione veloce viene effettuato a bordo piscina e un room service è sempre attivo.

e culture del mangiare diverse per riviverle insieme alla propria. Tutto questo “si mette in scena” - come ama dire lo chef stellato - ogni volta che i clienti siedono nelle confortevoli poltroncine e iniziano quelle tre ore del servizio in cui tutto deve essere impeccabile e per il quale lui e la sua fantastica brigata di dodici collaboratori lavorano per ore ogni giorno, per settimane, per mesi.Una struttura affiatata e professionale ha sempre supportato Nino Di Costanzo e lo staff è cresciuto insieme al ristorante. Lo affianca dal primo momento come food manager Costantino Russo, sommelier ed esperto di oli, che sottolinea come “i piatti di Nino hanno degli equilibri da rispettare: tutti, dai sommelier ai maitre ai cuochi, li provano in fase di ideazione e quando sono finiti, in modo da conoscerli a fondo e quindi sono in grado di presentarli ai clienti, facendo l’abbinamento con i vini, anche a bicchiere”. La carta dei vini in questi anni è cresciuta arrivando a 750 etichette, ed una dedicata è solo a champagne e spumanti. Ma poiché ciascun settore della ristorazione deve avere la sua identità, l’hotel Terme Manzi propone ai suoi ospiti anche il ristorante tradizionale, Gli Olivi, la possibilità di uno spuntino veloce a bordo piscina con il Bouganville e un room service con carta propria sempre a disposizione.

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Text: Silvia BuchnerPhoto: Romolo Tavani, Raffaella Scotti

PIZZI BIANCHI

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Natura in mutamento, in movimento, i Pizzi Bianchi. All’opposto dell’idea più comune di montagna, quella di una realtà solida, che cambia lentamente, questo luogo straordinario dell’isola d’Ischia si trasforma da una stagione all’altra, complici la roccia che la compone e l’acqua. Come spesso accade per le cose speciali, raggiungere i Pizzi Bianchi non è facile. Tanto che questa escursione si è composta di due parti: nella passeggiata ci ha accompagnato la guida escursionistica Assunta Calise, mentre la discesa nelle forre, vale a dire nelle pro-fonde gole che costituiscono i Pizzi, l’abbiamo eseguita grazie ad un gruppo di rocciatori ed esperti di speleologia, come vedremo più avanti.In entrambi i casi, per raggiungere la località si parte dalla piazzetta di Noia, frazioncina con panorama aereo del comune di Serrara Fontana, per prendere un viottolo in discesa, ingannevolmente facile… In realtà, è molto scivoloso, tanto che è assolutamente neces-sario indossare scarpe adatte, possibilmente da trekking, per camminare con tranquillità (e comunque si deve stare bene attenti a dove si mettono i piedi!). Si procede, infatti, per un paio di chilometri, scendendo rapidamente dalle alture verso il mare, lungo uno dei val-loni che con regolarità innervano il versante sud dell’isola d’Ischia. Qui li chiamano ‘cave’, sono stati scavati nei millenni dall’acqua piovana che si è insinuata nel materiale roccioso tenerissimo che ricopre queste colline, modellandole in un paesaggio molto caratteristi-co. I profondi valloni - di Cava Scura, che è la meta della passeggiata, e quelli contigui di Nitrodi e dell’Olmitello - sono separati da pareti alte e scoscese, spesso coperte da un impenetrabile, rigogliosissimo bosco di lecci, querce e macchia mediterranea, in altri casi completamente nude. Affacciandosi sull’orlo delle cave si trattiene il fiato, lo sguardo calamitato dai burroni - sul cui fondo spicca la traccia lasciata dall’acqua provenienti che scorre, scavando e scavando la sua strada verso il mare - e dagli alberi magnifici che que-sto microclima fa crescere altissimi; al termine ultimo della corsa, la costa con la spiaggia dei Maronti fino a S. Angelo e il mare aperto.All’improvviso, però, i tunnel di vegetazione cessano: la roccia nuda, chiara, compare sul fondo della cava. Invece del bosco, un paesaggio di pinnacoli, guglie, montagnole sagomate in profondità da scanalature parallele, innervate da sottili lame, gobbe, pareti verticali che sembrano tagliate con un coltello, per quanto le linee sono nette, e che si alternano a forme capricciose, fantastiche. Mancano le piante: salvo per qualche cespu-glio, tutto è dominato dal riverbero abbacinante sulla roccia della luce del sole. Ai nostri piedi, dentro il vallone di Cava Scura che si perde con le sue sinuosità dirigendosi verso il mare, quelli che popolarmente si chiamano i Pizzi Bianchi o Pizzi di don Andrea. Sono una serie di calanchi, cioè di formazioni provocate dallo scorrere incessante, da millenni, dell’acqua attraverso un materiale in cui incontra poca resistenza e che quindi consuma e modifica a piacimento, un lavorìo senza fine, in un processo di generazione e disgrega-zione. L’acqua scava, infatti, innumerevoli solchi, facendosi strada nella roccia cedevole e creando al suo interno tortuosi cunicoli, quasi delle grotte, dando vita a forre e strettissimi passaggi alti molti metri, a dislivelli di quota che si possono superare solo con attrezzature

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speleologiche, come illustrano bene le immagini. D’altra parte, è sempre l’acqua - con l’apporto ulteriore del ven-to - che consuma le tenere superfici che essa stessa ha generato, incide le alte pareti, erode i pinnacoli: un mec-canismo inarrestabile che riporta al suolo la roccia perché venga nuovamente tagliata dalla forza dello scorrimento della pioggia. Un discorso a parte meritano le colonne di roccia che danno il nome ai Pizzi Bianchi. Su ciascuna di essi c’è (o c’era, essendo intanto caduti) una pietra più dura o un cespuglio: è proprio questa presenza estranea, di consistenza differente dal materiale friabile della roccia

Pic_1\ Nelle pag. seguenti, il fenomeno più ca-ratteristico dei Pizzi Bianchi: dove sassi di roccia più con-sistente proteggono la roccia tenera sottostante, si sono formati i tipici pinnacoli; e un esempio di marmitta, come si chiamano le forme curve che assume la roccia sagoma-ta dalla forza dell’acqua che l’attraversa.

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sottostante, che ha consentito a queste formazioni verti-cali di generarsi. Infatti, la pietra, in alcuni casi grande in altri un semplice sasso (ma il risultato finale, in scala, è il medesimo) o il cespuglio hanno protetto la roccia nella parte che era subito al di sotto di essi, mentre tutto intor-no essa ha continuato a essere consumata, dando vita alle torri e guglie che popolano questo scorcio di vallone. Quando la copertura cade, inizia l’erosione del pinnacolo che finirà per essere consumato anch’esso.Da qualche mese è possibile non solo contemplare questo paesaggio unico dall’alto ma anche entrare nelle viscere

dei Pizzi Bianchi: un’esperienza che può essere fatta in piena sicurezza grazie al percorso tracciato dai giovani dell’Associazione Campana di trekking Vento di Natura, fondata da Antonio Gebbia, naturalista e proprietario dell’Indiana Park, il percorso attrezzato fra gli alberi nato qualche anno fa della pineta di Fiaiano. Appassionato di escursioni, Antonio ha esplorato tutto il sistema delle al-ture dell’isola d’Ischia, ha eseguito la discesa in tutte le cave e lo scorso inverno ha esplorato anche i Pizzi Bian-chi. La prima volta, in verità non è riuscito a compiere il percorso fino al termine del vallone, a causa dei dislivelli

Pic_2\ Nelle pag. precedenti e in questa: scorci dei Pizzi Bianchi e alcune fasi dell’escursione all’interno delle grotte e calanchi che li compongono. In basso, il sin-daco di Barano Paolino Buono.

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I Pizzi Bianchi offrono la visione di un campo di piramidi, coni e cilindri, alti anche dieci metri, sormontati da un masso o da un cappellaccio di terreno più consistente: si tratta, infatti, di forme di terreno che l’azione erosiva di acque selvagge ha sviluppato prevalentemente in verticale. E’ caratteristico di questi monumenti naturali il candore che li connota, insieme a tutta la roccia madre circostante, costituita da materiale originato dall’alterazione fisico-chimica di preesistenti rocce vulcaniche tufacee. In generale, i materiali costituenti isole vulcaniche non sono avari di colore. Basta fare il giro delle Eolie o delle Pontine o riferirsi al tufo giallo napoletano o allo stesso tufo verde dell’Epomeo per riconoscere tonalità variabili dal nero al viola, dal giallo al bruno, dal grigio al bianco. Nel caso in esame, stupisce la non casuale collocazione dei Pizzi all’interno di un perimetro limitato ma riconoscibile, appunto, dalla colorazione bianca. L’acqua corrente, quella delle normali piogge, costituisce l’agente principale di modellamento della bianca formazione tufitica. Ruscellando sul terreno, i filetti fluidi erodono e trasportano via piccole particelle approfondendo la quota del pavimento e aumentando, indirettamente, l’altezza dei coni. L’evoluzione prevedibile di questo processo sarà un aumento dell’altezza dei Pizzi fino a quando il lavorio dell’acqua non inciderà uno strato di consistenza più solida, sottostante alla formazione biancastra. E’ evidente che, col passar del tempo, l’equilibrio dei pinnacoli diventa sempre più precario non solo per l’aumento dell’altezza ma anche per la presenza di forme erosive dell’acqua che si propa-gano in senso orizzontale. Queste ultime, chiamate dai geologi marmitte, sono una sorta di “scultura” prodotta dalla corrente che, dotata di notevole energia, ‘cattura’ sul suo cammino ciottoli e altri materiali detritici e, facendo in prati-ca dei mulinelli, li usa come scalpelli sulle rocce secondo traiettorie circolari. Questo fenomeno erosivo ha modellato il materiale tenero dei Pizzi Bianchi generando caratteristiche cavità dalle pareti sinuose, che sono ben visibili.Resta da capire il meccanismo genetico della “pasta” costituente queste for-mazioni geologiche uniche. Per spiegare il fenomeno bisogna fare un salto indietro nel tempo in cui l’isola d’Ischia, allo stato embrionale, scalava la pro-fondità marina per mostrarsi in superficie con l’importante carico di fango (argilla), limo, sabbia a ciottoli che normalmente ricopre gli abissi. Questi ma-teriali scarsamente cementati, mentre l’isola emergeva, perdevano di equilibro finendo di nuovo sotto il livello del mare. Successive fasi di risalita dell’isola mettevano ancora una volta i pacchi di terreno, ormai ampiamente rimaneg-giati, alla mercè dell’azione degli elementi esogeni (acqua, vento, temperatura, attacchi chimici). A questo punto e solo alla fine di processi abbastanza com-plessi la natura ha potuto disegnare e scolpire i Pizzi Bianchi.

PIZZI BIANCHIText: Antonino Italiano

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di cui abbiamo detto, che vanno dai sette fino ai diciotto metri. Ma non si è arreso, ha risalito Cava Scura partendo dal basso, percorrendo alcuni tratti anche in arrampicata libera, cioè senza l’aiuto di corde. Si è così reso conto che predisponendo nel modo giusto il luogo era possibile renderlo accessibile quasi a tutti. Insieme ai suoi colleghi, ha ‘armato’ la forra, come si dice in linguaggio speleolo-gico, attraverso l’inserimento nella roccia a 50 centimetri di profondità di ancoraggi, cioè di barre filettate in acciaio inox saldate alla pietra stessa con l’uso di resine (simili al cemento usato dai dentisti), per creare un tutt’uno di roccia, metallo e collante. Agli ancoraggi si agganciano le corde per calarsi: muniti infatti, di corde, moschetto-ni, caschetti e tutta l’attrezzatura necessaria, Antonio e Domenico Gebbia con Simone De Sanctis, Mario Agnese,

Raffaella Scotti da quest’anno accompagnano i visitatori in gruppi, attraverso i Pizzi Bianchi e fino ai Maronti, dove la cava termina, in un’escursione che dura 5-6 ore. Ogni passo all’interno del canyon è stato studiato per consen-tire di effettuare il percorso a chiunque sia di costituzione fisica normale.Proprio per la particolarità delle condizioni naturali che hanno dato vita ai Pizzi Bianchi, è sufficiente il passare di un inverno con le sue piogge - metri e metri cubi di acqua al secondo che scendono dalle colline che sono a mon-te e precipitano attraverso le forre come in un corridoio pieno di curve - per svellere i chiodi e portare via corde e scale indispensabili a effettuare la discesa, ma anche per creare nuovi salti di quota che prima non c’erano e pozze d’acqua che è necessario superare, spiega Antonio. “La

nostra presenza e la nostra attività, quindi, oltre a rendere fruibile un luogo unico che altrimenti sarebbe accessibile solo a pochissimi, fornisce anche un controllo costante delle condizioni ambientali di un geosito di importanza Co-munitaria, riconosciuto cioè dalla Comunità Europea, qual è appunto la località dei Pizzi Bianchi”. Oggi grazie a questo gruppo di esperti, si può entrare den-tro un fenomeno naturale eccezionale, toccare con mano

Pic_3\ Nella pag. seguente, il gruppo delle guide:Francesco Maschio, Mariano Scala, Raffaella Scotti, Antonio Gebbia, Sebastiano Serpico

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cosa riesce a generare la forza di miliardi di gocce d’acqua che si muovono insieme, compiere una specie di ‘viaggio al centro della terra’ ischitano, in un luogo poco toccato dall’uomo, con una sua quota di mistero e di ‘dramma’, infatti i ragazzi di Vento di Natura più di una volta si sono trovati a salvare, portandoli con sé per rendergli la libertà, serpenti caduti dall’alto negli anfratti bui e freddi dei Pizzi Bianchi e che lì sarebbero morti, non trovando nutrimento adatto e non riuscendo a risalire lungo le pareti lisce e altissime. Al termine dell’escursione si torna alla luce in un luogo eccezionale quanto quello appena attraversato, Cava Scura, dove si possono vedere le celle scavate nella roccia in epoca romana (!), e fare la sauna come nell’antichità, in ambienti di pietra, dietro un semplice lenzuolo (è dedicato a Cava Scura l’articolo di Peppino Brandi, in questo stesso numero di Ischiacity).

Per la guida escursionistica Assunta Calise, che organizza passeggiate nelle più belle loca-lità dell’isola d’Ischia: info al 329.5355723Per l’escursione all’interno dei Pizzi Bianchi: telefonare a 349.7561195 o rivolgersi all’info-point di Indiana Park a Fiaiano

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… Sotto la spalliera di roccia friabile, che accompagna, infiorettata da stocchi di agavi morte e da tormentati grovigli di fichidindia, la spiaggia, la sabbia vaporava e fumava, preannunciando le acque bollenti di Cavascura. Proseguii, venendo da Sant’Angelo, tra spiaggia e mare - scansando di tempo in tempo figure umane che, isolate o a gruppi, di-stese immobili sotto cumuli di sabbia, con gli occhi rivolti al cielo come sarcofaghi arcaici, cedevano ad essa le tossine accumulate - fino a che, a mezzo quasi dei Maronti, un’alta,

(Memorie, senza tempo, alla moda dell’Ultramontano, di un viaggiatore romantico)

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CAVASCURAText: Peppino BrandiPhoto: Collezione Leopoldo Reverberi Riva, Gaetano Di Scala

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angusta e profonda fenditura mi apparve che spaccava la balconata tufacea fronteggiante l’orizzonte e serpeggiando s’apriva a forza il varco verso il cuore del monte. Ne discendeva un rivolo di acque grigie e tiepide che incidevano nella sabbia il loro letto, lambendo il mare. Quella fenditura saettante, come tracciata dalla folgore, era la soglia di Cavascura. All’in-gresso una grotta profonda e fresca ed una rudimentale tettoia di stuoie con rozzi tavoli e sgabelli, saluta i viandanti diretti alle acque miracolose che scendono dal cuore segreto della montagna, è la taverna di Pietro Paolo. Vi si beve vino rosso, quello che dissipa la tristezza in un canto d’amore, prima di iniziare l’esplorazione delle sorgenti che sono in alto, all’origine di questo serpeggiante vallone, quasi il letto di un torrente montano incassato tra alte rive e volubili tornanti di roccia grigia e friabile. Quando si è dentro, ci si sente al fondo di un canyon, svettano alti nel cielo pinnacoli di roccia, cesellati dalla perenne erosione,

mentre l’acqua tra i piedi nudi continua a fluire discendendo il misterioso canalone verso il mare. Di tanto in tanto, in cima a scale e terrazze, scavate nei suoi fianchi, appariva qualche civettuola casetta, ma anche rozzi abituri presso grotte naturali o spechi di antichi bagni e cave di pietra; ne uscivano voci isolate di misteriosi abitatori, che risuonavano nella solitaria gola come echi armoniosi di un mondo ultraterreno. Infine, un vocìo più fitto ed il consolante scroscio delle acque ci annunciano la vicinanza della meta agognata. Dietro bianchi lenzuoli appesi, si aprono le cavità delle celle antichissime, scavate nella viva pietra in foggia di loculi sepolcrali; entro ciascuna di queste che assomigliano alle etrusche tombe a camera di Tarquinia, una vasca rettangolare è scavata nel pavimento di sasso con un ori-gliere anch’esso di pietra consunta; primordiali canali scoperti corrono lungo le soglie delle celle, gli uni recanti alle vasche il flusso delle acque radioattive che spicciano bollenti dal tufo, gli altri scaricando l’acqua già utilizzata. Due grandi cisterne raccolgono, l’una l’acqua bollente, l’altra quella che le donne di Cavascura tengono a raffreddare per graduarne il calore. E’ il più antico stabilimento termale al mondo e nulla è mutato da quando se ne avvalsero i Romani. I gesti delle bagnine hanno un che di antico e di rituale, quando con i grandi secchi a mano empiono le vasche e ne stemperano il calore, o stendono i grandi lenzuoli che fungono da tendaggi alle celle. Può anche capitare, sbirciando con occhio di-stratto dietro quelle lenzuola, di intravedere delle signore che, mollemente adagiate, abbia-no, con quelle acque rigeneratrici, un rapporto intimo e creativo… Ma quando la stagione inoltra incontro all’inverno, le donne di Cavascura tolgono tende, asciugamani e secchi e discendono con le loro poche robe verso la spiaggia dei Maronti; risalgono ai paesi alti sul monte. Cavascura rimane allora deserta con i suoi canali e le sue antiche celle spalancate sul silenzio inviolato della gola montana; ogni viandante che ripercorra il tortuoso e selvag-gio vallone può bagnarvisi ed abbeverarsi al suo tepore salmastro. Tutto è vago ed incerto attorno a queste acque, a questo luogo remoto in un limbo magico dove si respira un’aria taumaturgica. La scienza medica e quella chimico-fisica si sono arrestate alle soglie della gola, perché non fosse violato questo clima di stregoneria e di leggenda che affascina uomini alla ricerca del perduto turgore giovanile e donne ansiose di infantare. Quel giorno incantato volgeva al termine, quella selva di guglie, affilate, immobili e ieratiche, ci guardavano con occhio distaccato mentre gli umili canneti sembrava che s’inchinassero, stormendo al nostro passaggio. Sopra le agavi stupefatte e le braccia demoniache dei fichidindia in tormento, si libravano con lente ruote i gheppi, come su di un girone infernale, come attorno all’orifizio di una grotta oracolare dove si traessero auspici dagli orecchi di Dioniso, tra i fumi delle acque in bollore. Le rivedo ancor quelle vasche popolate di corpi ignudi, parevano letti e triclinii sormontati da statue vive e ammiccanti; e le vigorose ed onuste sacerdotesse di quel rito propiziatorio continuavano a versare torrenti di acque radioattive, mentre i grandi lenzuoli pendevano dinanzi alle celle come bianchi sudari.

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Text: Silvia BuchnerPhoto: Riccardo Sepe Visconti ed Enzo RandoModels: Maria Vittoria Sarno, Elena BasileHair: Peppe Cirino | Make Up: Nancy Tortora | Jewelry: Maja Gioielli

VISCONTIFuori le strade più belle ed animate del centro di Ischia, la pineta, il passeggio dello shopping… ma basta varcare l’elegante ingresso a vetri del Visconti per immergersi in un’atmosfera inedita, da scoprire. L’american bar con le luci soffuse che invita a fermarsi e poi i tavoli, nel numero giusto, ben distanziati, con gli arredi selezionati attenta-mente per mettere a proprio agio coloro i quali vogliono fare un viaggio nel gusto, fra tradizione e rivisitazione. Sia-mo al ristorante gourmet che ha appena aperto i battenti nell’albergo Regina Palace: la famiglia Bazzoli con questa scelta imprenditoriale di ampio respiro che punta senza esitazioni alla qualità, propone agli ospiti dell’isola e agli ischitani una filosofia del mangiare creativa e rassicuran-te al tempo stesso, saldamente ancorata alle radici della cucina campana e insieme aperta ed attenta al nuovo, alle contaminazioni in un gioco di rimandi fra sapori, con-solidati e inediti, che emoziona. Già il nome scelto - Vi-sconti - è un omaggio e racconta una storia, svelando un frammento del rapporto fra il grande regista Luchino

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Visconti ed Ischia: prima, infatti, di abitare a villa Colucci al Lido e di acquistare la Colombaia a Forio, quando nel 1946 venne nell’isola fu ospite della villa Pilato che oggi è l’albergo Regina Palace, e occupò quella che adesso è la stanza 114. E, in verità, i menù ideati dallo chef executive Crescenzo Scotti sono anch’essi un omaggio: alla cucina napoletana, al mare ed ai suoi frutti, alla varietà e bontà di vegetali che offre il clima del Sud, ripensati in primo luogo con rispetto grandissimo delle materie prime. Prendendo la guida della cucina del Visconti, Scotti - alle spalle mol-ti anni di esperienza sia a Ischia che in ristoranti stellati come quello di Massimiliano Alajmo e all’estero - ha avuto piena libertà dalla proprietà nella scelta di impostazione del ristorante, che accoglie i clienti con un gioco di luci che fa di ogni tavolo un’isola di intimità per i commensali e al tempo stesso esalta quanto viene servito. In questa direzione vanno anche le idee che si svilupperanno nel 2011: realizzare una postazione aperta sulla cucina, dove godersi l’aperitivo e assistere contemporaneamente alla nascita dei piatti e installare in sala uno schermo su cui proiettare in tempo reale le immagini dello chef che alle-stisce le portate. Menù nel segno della stagionalità, quelli del Visconti, e quindi in questo momento alcuni piatti di impronta de-cisamente estiva lasciano il posto ad altri ispirati dalla stagione fredda che arriva: la rivisitazione della saporita pizza di scarole in un guscio di pasta sfoglia, l’introduzione delle carni di agnello, dei funghi porcini, del baccalà in abbinamento con il risotto, l’uso di verdure tipicamente invernali, la proposta di un carrello più ricco di formaggi e di cioccolato. Resta come punto fermo la forte presenza del mare e dei suoi sapori, grande passione dello chef. Quindi, è sempre in carta l’antipasto più amato, il cap-puccino, sovrapposizione di astice, spuma di patate con crema di latte, nero di seppia - presentati in una tazza che ricorda la classica bevanda del mattino - contrasto delicato e vincente del dolce del crostaceo accostato in maniera imprevedibile al sapore del latte e alla sapidità del nero. Grande successo anche per la combinazione di esotico e nostrano nel gambero, marinato con il lime che ne esalta la freschezza, e dolce passion fruit su gustosa ricotta di bufala aromatizzata al ginepro, e per il coniglio, piatto della più pura tradizione ischitana, proposto davvero in una forma inedita, come morbida salsiccia in abbina-mento ai saporosi friarielli. Contrasti che creano equili-brio, fra dolce e sapido, morbido e croccante, crudo e stracotto, ma sempre rispettando i sapori che si possono assaggiare singolarmente o mescolati insieme. Attraverso due menù degustazione, cui a breve se ne aggiungerà un terzo dedicato ai vegetariani, si presenta una significativa selezione dei piatti della carta offrendo a tutti la possibilità di provare l’emozione di un ristorante gourmet. Il Visconti è nato per questo, per far conoscere una concezione di-versa della ristorazione, di grande, grandissima qualità, che vuole incontrare le esigenze della gente, ma anche stupirla, accompagnandola per mano alla scoperta di gu-sti, profumi, sensazioni.

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Realtà consolidate ormai da qualche decennio, le aree marine protette in diversi territori hanno dimostrato tutto il loro potenziale, divenendone l’elemento caratterizzante nonché la primaria fonte di nuove e più tangibili opportu-nità. Il Regno di Nettuno, qui da noi, è ancora in fase di rodaggio, e nonostante le perplessità di non pochi, che sono molto probabilmente un’espressione di rifiuto di ciò che elide consuetudini consolidate, di certo reca con sé tutto il fascino di una sfida. Dal 2007 ad oggi le difficol-tà nell’asset del Regno si sta cercando di superarle con l’impegno costante di quanti credono nella necessità di porre ordine nella fruizione del mare che circonda le isole di Ischia, Procida e Vivara. L’unicità dei luoghi che si ri-specchia nell’unicità di un mare straordinario, ci apre alla riscoperta del nostro vero e più ricco patrimonio, destando in noi orgoglio e nello sguardo dei turisti meraviglia. Una storia ancora breve quella del Regno di Nettuno, ma tutta da scrivere per le generazioni future, purché ce ne sia volontà… In pratica, quattro sono le zone dove è

proibito entrare, le due zone A, a riserva integrale e le due zone B.n.t. (no take), dedicate esclusivamente all’im-mersione subacquea sportiva. Per le altre zone, B, C e D esistono regolamentazioni particolari per la nautica, la pesca e le attività acquatiche. Tutte queste attività sono regolamentate e, per praticarle, è necessaria un’autoriz-zazione. In particolare, la balneazione - che non è con-sentita nella zona A ove è preclusa qualsiasi attività, dalla pesca artigianale alle immersioni, alla pesca sportiva - è invece permessa nelle rimanenti tre zone, che pongono tuttavia dei limiti alle altre attività. Limiti che si riscontrano ovunque quando si tratta di velocità: 5 nodi al massimo entro i 300 metri dalla costa, 10 nodi tra i 300 ed i 600 metri. La ricerca scientifica è consentita seppur previa au-torizzazione. Ad una lettura così, il regolamento del Regno sembra imporre solo limiti, pur tuttavia è proprio da queste limitazioni che parte la sfida dell’AMP. Anche se a tutt’oggi l’organizzazione dell’Ente gestore, Consorzio “Regno di Nettuno”, diretto dal dr. Riccardo M.

Strada e presieduto dal dr. Albino Ambrosio - impegnatisi sin dall’inizio nella costruzione dei meccanismi burocratici ed amministrativi e nell’elaborazione del Regolamento di esecuzione e Gestione dell’Area - è ancora provvisoria, è all’assemblea dei Sindaci dei sette Comuni isolani che spetta la prima e l’ultima parola. E la regolamentazione di anno in anno verrà limata e ridefinita, in virtù dei dati che si registreranno, in linea con gli obiettivi di tutela dell’am-biente marino. L’AMP intende essere attenta anche all’economia del terri-torio, privilegiando le attività tradizionali del luogo come la pesca artigianale, sia pure definendo limiti all’uso di stru-mentazioni troppo aggressive. Quanto al diporto nautico non residente e d’ancoraggio temporaneo, per quest’anno l’idea è stata di autorizzare un numero limitato di accessi e collegare l’autorizzazione ad un vantaggio diretto per il territorio, fra i non residenti, infatti, hanno potuto ancorare solo quanti avessero mangiato in un ristorante o dormito in una struttura alberghiera di Ischia o Procida (naturalmen-te il tutto comprovato dal rilascio dello scontrino fiscale). Un modo per fare economia o rendere all’economia locale servigi. Lo abbiamo detto, siamo solo in fase di rodaggio, tutto può essere migliorato, ma l’importante è andare avanti. In non pochi casi la direzione ‘giusta’ è quella della ‘strada in salita’, o potremmo dire della rotta che, inizialmente, accoglie il marinaio coraggioso con flutti pericolosi. La rot-ta che comporta fatica e sudore. Quella che, non appena si muovono i primi passi, tutti senza esitazione indicano come la via verso la dissoluzione di ciò che l’abitudine ci fa percepire come certezza. Ma questa ‘strada in salita’, questa rotta piena di marosi - sarà solo domani, o fors’an-che dopodomani - potrebbe rivelarsi la strada giusta, la rotta verso acque ricche di pescato, quella che potrebbe renderci certezze migliori, rotta maestra per uno sviluppo ed una crescita della nostra comunità finalmente soste-nibile.

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Text: Anna FermoPhoto: Archivio Delphis

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Text: Piaggio centerPhoto: Piaggio.it

NUOVO BEVERLY 300ie

Caratteristiche tecniche, prestazioni e design

Dopo un decennio in cui il Beverly ha dominato da leader indiscusso il settore degli scooter a ruota alta, la Piaggio offre al suo pubblico la possibilità di provare il nuovo Beverly (in versione 125 e 300), aggiornandolo nell’estetica e nelle prestazioni. Si è scelto di dargli una connotazione più sportiva, con un frontale e una coda più slanciata, che termina con fanali posteriori con stop e luci di posizione a led. Il frontale, invece, offre un nuovo gruppo ottico a doppia parabola, con lampade alogene che garantiscono massima luminosità e con indicatori di direzione integrati alle luci di posizione a led, moderna tecnologia che garantisce alta affidabilità ed efficienza unite a bassi consumi, contribuendo a conferire personalità e riconoscibilità al frontale del veicolo.

Una robusta struttura portante, con una forcella con steli da 35 mm di diametro all’an-teriore e una coppia di ammortizzatori a doppio effetto e molla elicoidale con precarico regolabile su 4 posizioni, garantiscono un ottimale assorbimento delle imperfezioni della strada, assicurando un assetto neutro e preciso del mezzo. Grazie a questa robusta strut-tura portante, alle ruote con cerchi in lega leggera a 20 razze e gomme di grande dimen-sione, il nuovo Beverly assicura tenuta di strada pur mantenendo grande agilità. L’impianto frenante è stato rinnovato e potenziato per consentire maggiore potenza e modulabilità della frenata.La carrozzeria alterna parti colorate a parti verniciati in alluminio, in coordinato con sella e interni del veicolo. L’innovativo elemento centrale attraversa il veicolo e con il suo aspetto metallico lega e tende le forme, enfatizzandone la struttura e quindi il dinamismo, in cui è riconoscibile a colpo d’occhio la firma del design made in Italy.Comodità e funzionalità per il conducente hanno guidato le scelte dei designer del nuovo Beverly: il triangolo di guida sella-manubrio-pedana offre una guida più agevole e una migliore fruibilità anche per persone particolarmente alte, conservando la caratteristica impostazione del Beverly, che trasmette una sensazione di controllo totale di livello motoci-clistico. La sella ha una seduta a livelli separati per conducente e passeggero; il sottosella ha aumentato la capienza di oltre il 50%, divenendo il più ampio della categoria e quindi è l’unico che può ospitare due caschi full jet.

Piaggio Beverly è disponibile in due motorizzazioni, 125 e 300, e in quattro colori: bronzo perseo, bianco perla, blu midnight, nero cosmo e rosso antares. Il modello 300, monocilindrico a 4 tempi, 4 valvole e iniezione elettronica, fornisce una potenza massima di oltre 22 CV a 7.250 giri ed eroga una coppia massima di 23 Nm a soli 5.750 giri. Questi valori assicurano al Beverly 300 un’elevata prontezza nella risposta del gas e prestazioni molto brillanti, rendendolo il mezzo ideale sia per districarsi agilmente nel traffico che per trasferimenti lunghi. Il nuovo Beverly si dimostra, quindi, veloce, scattante, grintoso ma anche fluido nella guida, silenzioso e rispettoso dell’ambiente, grazie al siste-ma a ruota libera in bagno d’olio che all’avviamento riduce la rumorosità, mentre la minore emissione di rumori durante la marcia è affidata alla nuova copertura carter motore.

ISCHIA - Via B. Cossa, 2T. 081 99 37 51FORIO - Via Casa Fiorentino, 11(loc. Panza) T. 081 90 73 33

www.ischiamotor.it

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LUCIO D’ORTA

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“Con me la famiglia D’Orta è giunta alla quarta generazione di commercianti. Ha comincia-to il mio bisnonno con un negozio di frutta e verdura, sempre qui a Casamicciola, adesso io l’ho trasformato in uno dei nove punti vendita che ho aperto nell’isola d’Ischia, in società con Vincenzo Conte, dedicati ai prodotti tipici con il brand I Sapori dell’isola d’Ischia e ad una linea cosmetica, la Ischia Benessere, in società con il dottor Filippo Polcaro. Tengo moltissimo al negozio sul corso Luigi Manzi, non lo lascerei mai, perché ha un significato anche affettivo, qui lavorava mia nonna che tutti conoscevano come Maria ‘e Giuliett’. Non a caso ho battezzato con il suo nome il ristorante che ho dato in gestione, sempre qui a Casamicciola. Però i miei prossimi obiettivi sono aprire uno store nella stazione Marittima di Napoli e il nuovo marchio di prodotti che ho pensato apposta per quella sede…”. Lucio D’Orta è così, legatissimo alle sue radici, sa però guardare sempre avanti, non può fare a meno di buttare il cuore oltre l’ostacolo, appena ha concretizzato un progetto, dedica energie ad uno nuovo, sempre alla ricerca di stimoli, di idee inedite: insomma è un vero imprenditore. Questa mentalità lo ha portato a scegliere di lavorare fin da giovanissimo: oggi a poco più di trent’anni ha accumulato grande competenza ed è riuscito a diffondersi capillarmente nell’isola, adottando una formula particolare nella conduzione dei negozi. Lucio, infatti, ci spiega come non avrebbe potuto assumere tutto il personale indispensa-bile per tenere aperti nove punti vendita, necessari, d’altra parte, a competere con risultati positivi in questo settore sicuramente in crescita - almeno finora - ma nel quale la concor-

Text: Silvia BuchnerPhoto & AD: Riccardo Sepe ViscontiModel: Lucio D’OrtaMake Up: Nancy Tortora per Aglaia, IschiaHair: Cristian Sirabella per Le donne di Picasso, IschiaDress & Shoes: La Caprese Più Uomo, IschiaFashion Assistant: Carmen PatalanoPhoto & Video Assistant : Romolo Tavani, Raffaele ImbòLocation: banchina megayachts, Casamicciola Terme; punta Molino; casa Esposito, IschiaSpecial Thanks: Adriano, Annabelle, Sonya e Laura Esposito, Diana e Giorgia

Pic_\ In questa e nella pag. precedente: Eschimo L’Eskimo, jeans e cintura Dolce & Gabbana, anfi-bi Paciotti; orologio 1° classe Alviero Martini. Pag. accanto: pantaloni PTO 1, camicia Etro, orologio Guess Collection.

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renza è notevole. Da qui la scelta di affidare le strutture non a dei semplici dipendenti, ma a persone che li gestiscono in proprio avendo un accordo preciso con l’azienda I Sapori dell’isola d’Ischia. “In realtà, scelgo a chi dare in gestione i negozi ancor prima di pensare a individuare la sede. Il fattore umano è importantissimo, direi strategico per la riuscita del punto vendita. La più giovane è la ragazza che guida il locale di Ischia Ponte, mi ha dato grandi soddisfazioni e guadagna sicuramente più di quanto farebbe se si limitasse a essere una dipendente. Il negozio naturalmente va posizionato in centro, il contratto di affitto lo faccio io e poi il gestore versa a me l’importo”. A quel punto, chi prende il negozio è proprietario dell’attività ed ha con l’azienda di D’Orta un accordo contrattuale per il rifor-nimento all’ingrosso, che consente a lui di raggiungere una produzione tale da abbattere certi costi, mentre loro hanno la garanzia di un prodotto forte, collaudato, continuamente aggiornato con nuove idee commerciali, che Lucio segue costantemente portandovi tutta l’esperienza maturata, sia nell’allestimento che nell’ideazione delle linee merceologiche. Quindi, il gestore si muove in autonomia: se crede assume dipendenti e comunque più a lungo terrà aperto il negozio e più potrà guadagnare: questa formula consente, dunque, di non avere un andamento solo stagionale, mentre naturalmente prodotti che il brand non copre - essenzialmente il settore enologico - vengono presi altrove. “Questa strategia ci ha consentito di crescere molto anche come grossisti presso altre realtà commerciali che non sono nostre” - conclude Lucio.Raggiunto l’apice a Ischia, Lucio D’Orta, che è presidente dell’ASCOM di Casamicciola Terme, piuttosto che adagiarsi su quanto conseguito finora, ha sentito l’esigenza di usci-re dall’isola. Nasce, così, il marchio Napoli Sapori - dal packaging fortemente evocativo della tradizione partenopea più amata, attraverso la scelta di immagini di Totò o di scorci celebri della città - con il quale apre lo store nella stazione Marittima di Napoli. Anche in questo caso Lucio fa ragionamenti in controtendenza: mentre Napoli viene ancora indicata come una città in crisi, anche turistica, lui sceglie di investire proprio su quel mercato. Interessanti le sue riflessioni: dalla stazione marittima transitano ogni anno 1,5-2 milioni di passeggeri, che tendono a rimanere dentro la struttura protetta del porto, quindi puntare sul suo centro commerciale ha delle prospettive positive. “In tutto quello che faccio la cosa che più m’interessa è comunicare la mia intraprendenza, la mia spinta a dar vita a realtà commerciali vincenti. Certo, ci sono persone portate a rischiare in proprio più di altre, tuttavia sono convinto che una formula come la mia può essere una possibile soluzione all’aumento della disoccupazione che inizia a toccare anche Ischia. Si deve cominciare a pensare di rinunciare al posto fisso e a guardare con atten-zione a formule per cui i lavoratori cessano di essere dipendenti per prendere in gestione settori delle grandi attività alberghiere e della ristorazione, pattuendo con la proprietà la propria quota di introiti. Questa può essere una soluzione praticabile quando si deve affrontare il cambio generazionale, momento delicato per le aziende, e superare crisi che possono verificarsi quando un’attività, soprattutto se molto estesa, è accentrata nelle mani di una sola persona, per cui se quella viene meno, tutto il sistema rischia di crollare, con l’inevitabile perdita di posti di lavoro e di ricchezza. Sono convinto che in tal modo migliori anche la qualità del servizio offerto, chi lavora in autonomia ha maggiore stimolo ad ag-giornarsi, ad innovare perché sa che ciò renderà maggiormente concorrenziale la propria attività, cosa che è difficile ottenere da un dipendente”.

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Text: Mario Rispoli

Quante persone possono essere contemporaneamente presenti in un posto senza rovinarlo? Si chiama capacità di carico di un territorio e secondo l’Organizzazione Mondiale del Turismo, L’Organizzazione delle Nazioni Unite e l’Unio-ne Europea sta alla base dei programmi di sviluppo.Nel turismo la carring capacity segna lo steccato tra un turismo che crea benessere economico e sociale ed uno i cui costi per la collettività superano i benefici economici: vale a dire tra un turismo sostenibile e uno che non lo è.Quello designato nei documenti comunitari, ultimo solo in ordine cronologico Lisbona, è infatti uno sviluppo durevole, un modello cioè che reputa improduttiva una crescita che non preservi le risorse ambientali, culturali e sociali per le generazioni future. I documenti sono esaustivi di esempi di cattiva gestione del territorio, a partire dal fenomeno delle Baleari degli anni Ottanta fino alle coste calabre, og-getto di un trentennio di speculazioni selvagge e dove ora i ragazzi dopo l’esame di maturità devono emigrare perché il lavoro non c’è. Definire la capacità di carico di un luogo non è facile, ma ci sono indicatori di sostenibilità da cui non si può prescindere: traffico, pressione antropica, qua-lità dell’ambiente, dei servizi, livello di reddito diffuso.L’Unione riserva una particolare attenzione alle piccole isole definite territori sensibili e che richiedono un’atten-zione costante perché frequentemente in quei luoghi il territorio con le sue risorse storiche, ambientali, culturali è l’unica chiave dello sviluppo. Le raccomandazioni co-munitarie si concentrano in particolare sulla necessità di controllo della pressione antropica, sottolineando che “i governi territoriali sono i garanti delle risorse, coloro i quali hanno il compito di garantire il benessere delle popo-lazioni e nello stesso tempo le prospettive di vita e lavoro per quelle future”. Questo è il motivo per cui comporta-menti che vanno in senso contrario vengono sanzionati ed esclusi dai finanziamenti.Veniamo ad Ischia. Nel 1981 la popolazione dell’isola era di 44.090 abitanti (Censimento decennale ISTAT). Lo

scorso 31.12.2009 i residenti diventano 62.215 con un aumento di 18.125 abitanti che in termini percentuali rap-presenta il 41.11 %.Il maggiore incremento è stato registrato nei comuni di Forio d’Ischia: da 9.642 a 17.279 abitanti + 79,20 % e Barano d’Ischia da 6.346 a 10.007 abitanti + 57,69 %. Seguono Casamicciola Terme, Lacco Ameno, Serra-ra Fontana e Ischia. Rapportato al decennio precedente (Censimento ISTAT 1971) il Comune di Forio d’Ischia ha più che raddoppiato la popolazione residente. L’ incremen-to è stato, infatti, del il 110 %. E parliamo di sola popo-lazione residente, senza considerare i residenti provvisori (turisti) aumentati in maniera più o meno proporzionale.Traffico: ad Ischia ci sono 31.100 auto di proprietà dei residenti, che gravitano su una rete stradale sostanzial-mente invariata dal 1981: vale a dire un’auto ogni 2 abi-tanti (Fonte ISTAT). In particolare il carico stradale è au-mentato nelle zone periferiche di recente urbanizzazione, dove la rete non è adeguata a consentire un servizio di trasporto pubblico. Ipotizzando una lunghezza media delle automobili di 4 m., se tutte le auto si immettessero senza soluzione di continuità, sull’anello stradale dell’isola, la ex SS 270, non basterebbero 3 corsie per contenerle tutte. Nel calcolo non sono state considerate le auto dei turisti, degli autonoleggi, i taxi, gli autobus pubblici e privati, gli autoveicoli da lavoro e i mezzi a 2 ruote. Tutto questo con una rete stradale che è e deve rimanere quella di una pic-cola isola. E’ evidente come la capacità di carico automobilistico sia abbondantemente superata dalle sole auto dei residenti, senza necessità di scomodare quelle dei turisti. E che i divieti di sbarco siano importanti ma è un po’ come chiu-dere la stalla quando i buoi sono scappati.La situazione di Ischia è anomala anche se paragonata a quella dei nostri dirimpettai.Capri, ad esempio tra il 1981 e il 2009 ha perso il 2.23 % di abitanti. Sorrento il 4.07 %. A Procida, la popolazione è

aumentata, ma del 2.1%.Sono dati che dimostrano come il modello di sviluppo di Ischia si stia allontanando da quello dell’Unione europea. Luciano De Crescenzo guardando una sua foto da giovane e una a settant’anni, si chiedeva: ma quando è avvenuto questo cambiamento? Di notte forse? E perché io non me ne sono accorto? A Ischia è successa una cosa simile: quando sono com-parse tutte queste auto? Di notte forse? E perché non ce ne siamo accorti? E, aggiungiamo, chi doveva accorger-sene? Gli amministratori custodi del limite della capacità di carico? Gli imprenditori che lavorano grazie a risorse che appartengono a tutti noi? I cittadini che non trovano parcheggio?Abbiamo tutto l’inverno per pensarci.

CARICATI AL MASSIMO!

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ELENA BASILE

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AD: Riccardo Sepe ViscontiPhoto: Enzo RandoModel: Elena BasileMake Up: Nancy Tortora per Aglaia, IschiaHair: Peppe Cirino per Parrucchiere Ciro, IschiaDress: Erre I Boutique, Lacco AmenoShoes: Judith, IschiaJewelry: Maja Gioielli, Ischia PonteFashion Assistant: Carmen PatalanoPhoto & Video Assistant: Romolo Tavani, Raffaele ImbòLocation: Albergo della Regina Isabella, Lacco Ameno

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Pic_1\ Nelle pag. precedenti (Hollywood Actors: Paul Newman, Brigitte Bar-dot): giacca Carole Fakiel, gonnellina Betty Boom; tronchetti scamosciati Guess; orologio Haurex, anello Luise Gioielli. In questa pag. e nella seguente, (Hollywood Actors: Audrey Hepburn, Buster Keaton): giacca Carole Fakiel, gonnellina in tulle Cappuccino; cuissard Albano; orecchini in ambra e anello Idea Coral, bracciale con topazio e pietre dure Luise Gioielli.

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Pic_2\ Qui e nella pag. seguente (Hollywood Actors: Charlie Chaplin, Virgi-nia Cherrill; Gene Kelly): giacca Betty Boom, tronchetti Guess; collana in ameti-sta, bracciale e orecchini con pietre dure, tutto Luise Gioielli.

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Pic_3\ Qui e nelle pag. precedenti: (Hollywood Actors: Marlene Dietrich; Alain Delon, Monica Vitti): cappotto Carole Fakiel, stivali Zamagni; col-lana e bracciale in oro e pietre dure, orecchini Baccoro.

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Text: Silvia BuchnerPhoto: Romolo TavaniModel: Lea IaconoHair: Peppe Cirino per Parrucchiere Ciro, IschiaMake up: Nancy Tortora per Aglaia, IschiaVideo Assistant: Raffaele Imbò

FONTE DINITRODI

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Acque che racchiudono sali minerali e oligoelementi catturati attraversando la roccia vul-canica, in cavità sotterranee, per poi fuoriuscire copiose, arricchite di elementi preziosi che combinati fra di loro le trasformano in acque curative. Gli antichi Romani - grandi estimatori e intenditori di terme - erano già arrivati laggiù, a Nitrodi, fra le gole coperte di rigogliosissima vegetazione che tagliano tutto il versante meridionale dell’isola d’Ischia. Custodita in quei valloni, c’è la fonte da cui, da millenni, sgorga un’acqua dolce che si può bere e in cui ci si può bagnare. Ancora ammiriamo le lastre votive lasciate circa 1800 anni

fa presso la fonte da malati che sono guariti grazie a queste acque, e leggiamo le dediche alle ninfe che custodivano la sorgente miracolosa, dediche di pazienti guariti ma anche di medici dell’epoca che le prescrivevano come cura. Anche dopo la fine della civiltà antica, gli ischitani hanno sempre riconosciuto le proprietà delle acque di Nitrodi, nella frazione di Buonopane a Barano, le hanno frequentate, ne hanno tramandato la forza terapeutica. L’acqua di Nitrodi, infatti, cura la pelle, la depura, la rigenera, è comprovato che contribu-isce a risanare ferite e malattie dell’epidermide, se bevuta ha proprietà calmanti, risana le ulcere gastriche e ha un potente effetto diuretico. Oggi ne conosciamo le ragioni: sono nella leggerezza dell’acqua di Nitrodi, che favorisce l’osmosi fra le cellule del corpo e il sistema renale di eliminazione delle tossine; nella potente azione disinfettante dello zolfo, elemento che la pelle assorbe in grande quantità e, dall’interno del derma, riesce a rigene-rarne le cellule, per cui accelera l’eliminazione di quelle morte e la crescita di nuovi tessuti e, proprio grazie all’azione antisettica, elimina batteri e funghi, causa di micosi della pelle.Le acque termali e ipotermali (come quella di Nitrodi, che sgorga ad una temperatura di circa 28C) sono un vera e propria ricchezza, una delle più grandi che Ischia possiede: il

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comune di Barano ha deciso di valorizzare e far conoscere il suo patrimonio di ‘acque nascoste’. Ben consapevoli di possedere una fra le più rilevanti fonti dell’isola, infatti, il sindaco Paolino Buono e la sua Amministrazione hanno scelto di investire su Nitrodi. Già da alcuni anni, in verità, lo stabilimento storico è stato reso più moderno e funzionale, ma non si sono fermati qui. Nell’ultimo anno, infatti, è stato aperto un parco idroaromaterapico sull’altura che sovrasta l’antica fonte. Terrazzamenti e balze collegati da percorsi disegna-no - dove prima c’era solo una natura incolta e inaccessibile - un piacevolissimo giardino, in cui ogni intervento è stato fatto nel pieno rispetto dei luoghi. Gli alberi e gli arbusti tipici della macchia mediterranea che regna in queste zone sono stati conservati, ombreggiano i vialetti che si aprono su ‘punti luce’, dove ci si può sdraiare al sole per fare elioterapia, mentre negli scorci più panoramici, sono dislocate docce e cadute di acqua che fuoriesco-no dalla roccia, per bagnarsi liberamente. Insomma, un posto assolutamente da provare, perché offre la possibilità di sommare la forza curativa dell’acqua al benessere psicofisico che dà contemplare un paesaggio ancora intatto, come quello della cava di Nitrodi che scende a precipizio fino ai Maronti, e respirare una brezza che porta fin quassù lo iodio dal mare e lo mescola agli odori delle piante aromatiche e ai vapori della stessa acqua termale. Con la consulenza del botanico Giuseppe Sollino, infatti, sono state piantate in tutto il parco le essenze della macchia mediterranea: con la pelle ancora bagnata si può fare aromatera-pia, passando vicino alle piante di lavanda, timo, salvia, rosmarino, melissa, menta, mirto e toccandole per favorire lo sprigionamento dei loro oli essenziali che sono corroboranti e agiscono positivamente sul sistema nervoso. E non è finita: un piacevole gazebo ospita il bar dove vengono servite esclusivamente tisane e granite - in diverse ricette, tonificante,

rigenerante, disinfettante, rilassante - preparate con infusione a caldo in acqua di Nitrodi delle piante aromatiche che crescono in questo fertilissimo terreno. Per addolcirle, l’ottimo miele che produce un apicoltore del posto. L’ultima iniziativa in ordine di tempo è l’uscita di una linea completa di cosmetici sia per il viso che per il corpo, prodotti con il 30% di acqua di Nitrodi: piacevole il packaging, attenta la preparazione dei prodotti, promette di essere un nuovo successo.Il progetto Fonti di Nitrodi del comune di Barano è stato imperniato, e con successo, attor-no alla valorizzazione delle forze e delle potenzialità che questo territorio esprime. Anche la gestione della struttura è pubblica, e viene realizzata attraverso la municipalizzata del Comune Barano Multiservizi, diretta dal dottor Giuseppe Di Meglio che con determina-zione ha operato per vedere il parco diventare una realtà. Una realtà felice, visti i tanti turisti (ma anche ischitani) che la affollavano il giorno della nostra visita. Un’idea valida è stata promossa e messa in atto da persone serie e concrete ed il risultato ha un valore ulteriore - per più di una ragione. Dipendenti della Barano Multiservizi, infatti, sono stati assunti per lavorare nella struttura, che offre un’interessante alternativa alla giornata al mare, ampliando e diversificando l’offerta turistica. Questa iniziativa potrebbe, inoltre, fare da apripista ad altre simili, sia a Barano che in altri Comuni, coniugando una efficiente e positiva attività amministrativa e di gestione della risorsa pubblica con un intervento che fa da supporto al turismo in generale e quindi anche a quello delle attività private.

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Nell’incantevole baia di Cartaromana, incastonato tra la Torre di Guevara e gli scogli di Sant’Anna, sorge lo Strand Hotel Delfini Terme. E’ proprio lì, dove la terra incontra il mare, che si apre l’ingresso dell’albergo e ad accoglierci sono loro, i delfini da cui prende il nome, con una statua che riproduce le loro giocose movenze. E non è raro ve-derli in carne, ossa e pinne saltare nello specchio d’ac-qua antistante l’hotel: “I nostri primi clienti – racconta la signora Maria Buono, proprietaria e direttrice insieme col marito e i figli Raffaele e Pasquale – più di 40 anni fa, stavano facendo colazione a letto guardando il mare, quando scorsero un branco di delfini che si era spinto nel-la baia alla ricerca di cibo. A quell’episodio ne seguirono altri simili, così decidemmo di dedicare a questi simpatici ed intelligentissimi mammiferi, che allietavano il risveglio dei nostri ospiti, il nome dell’albergo”. La struttura, che ha ripreso la peculiare conformazione del terreno a terrazze, si sviluppa su più livelli, che per-mettono di godere dell’affascinante panorama da tutte le

possibili angolazioni. Quello che cattura l’occhio appena si arriva sul terrazzo al primo livello, infatti, non è l’enorme piscina termale, o la balconata con le colonnine di marmo in stile impero, o il grande living room esterno sotto un magnifico pergolato, dove ci si rilassa su comodi diva-netti di rattan, sorseggiando un drink, accarezzati da una piacevole brezza di mare, ma la maestosità del castello Aragonese, che sembra così vicino da essere invogliati ad allungare la mano per toccarlo. Entrando nella hall sembra di essere catapultati in un’altra epoca: grandi vasi cinesi finemente dipinti, enormi spec-chi, lampadari con pendenti in cristallo e arredi dorati in stile classico. A dare un tocco di raffinatezza e insieme di tradizione, i pavimenti a mosaico e i tavolini del bar in ceramica di Capodimonte. Le trenta lussuose camere, disposte su tre piani, sono mini appartamenti con salot-tino. Tutti gli ambienti sono pensati per sorprendere: al posto dei numeri le stanze sono contrassegnate da nomi di luoghi, personaggi o eventi legati all’isola; assemblati

nel pavimento con la tecnica musiva, perfettamente inte-grati con lo stile dell’hotel, ci sono grandissimi televisori a schermo piatto e in ogni bagno è installato un dispositivo che permette agli ospiti di distendersi con doccia cervi-cale, idromassaggio, massaggio plantare, bagno turco, aromaterapia, cromoterapia e musicoterapia. Ogni came-ra ha il proprio, ampio terrazzo, e presto verrà realizzata un’idea di Raffaele Buono: ognuno di questi balconi sarà dotato di piscina, per rilassarsi pur mantenendo l’intimità del proprio spazio. Ma gli ospiti dell’Hotel Delfini sono coccolati in tutti i sen-si: altri due settori d’eccellenza dell’albergo sono, infat-ti, la cucina e il benessere. Ogni giorno, a pranzo viene proposta una carta con quindici diversi primi e altrettanti secondi piatti, mentre ad accompagnare la degustazione di cibi raffinati c’è il maestro Trotta, famoso per le sue esibizioni al teatro San Carlo di Napoli, col suo piano bar oppure la voce di una cantante. Due volte la settimana, gli ospiti possono prendere parte al galà dinner, una festa a

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Text: Lucia Elena VuosoPhoto: Archivio Hotel Delfini

HOTEL STRAND DELFINI

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lume di candela con menù a base di pesce pregiato. All’ul-timo livello della struttura è presente un’enorme piscina termale coperta e il centro “health and beauty” dove si possono effettuare trattamenti estetici, aerosol ed inala-zioni, massaggi e fisioterapia. Uno scenario così particolare, non poteva sfuggire alle coppie di sposi più attente all’originalità e all’esclusività, e infatti da qualche anno allo Strand Hotel Delfini Terme, vengono organizzati anche ricevimenti di nozze, durante i quali i novelli marito e moglie possono arrivare dal mare con una piccola imbarcazione. Non a caso molti vip, quali Marisa Laurito, Luca Zingaretti, Francesco Paolantoni e Lina Wertmuller, lo hanno scelto e continuano a sceglierlo per le proprie vacanze, e Leonardo Pieraccioni, per girare

la famosa scena comica de “Il Paradiso all’improvviso” in cui Annamaria Barbera pesca con la maschera da sub stelle marine e ricci, ha trovato nella piattaforma galleg-giante e nella piccola spiaggia privata totalmente attrez-zata, il luogo ideale che esalta tutta la bellezza del mare ischitano. Durante l’estate appena trascorsa, poi, una del-le terrazze dell’albergo è stata allestita con gazebo, tende candide e candele profumate per dare vita all’ultima sera-ta dell’Ischia Global Film & Music Festival: tutti gli ospiti, fra cui moltissime star del cinema, sono rimasti incantati dall’unicità del luogo e dalla maestria della famiglia Buono nell’organizzare il ricevimento.

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Vuole inseguire la libertà, Celeste. E lo fa mettendo sulla tela ciò che sente, che ama e odia, lo sguardo che posa sulla realtà - le persone, i loro rapporti, i luoghi, gli oggetti che gli capitano fra le mani - uno sguardo che vede tutto ciò da un’angolatura differente, che è solo sua. Perché

Celeste Manieri è imbianchino per professione, artista per la visione che ha delle cose e della vita. Fra vernici e pennelli ci è nato, il mestiere lo ha ereditato dal padre e gli piace farlo, gli piace il contrasto fra la precisione e le regole che deve seguire per tinteggiare una casa e la libertà che può mettere quando realizza un quadro. Uno degli elementi guida per l’artista è la familiarità profonda con le materie prime, i supporti, le tecniche pittoriche: la scelta di utilizzare vernici e smalti, per esempio, gli viene dal fatto di aver bisogno di un colore che asciughi in fretta per terminare rapidamente l’opera e passare ad un’altra che già ha in mente (cosa impossibile dipingendo a olio); i quadri astratti eseguiti sulla carta vetrata o usando la sabbia sono sfide. Tutto è occasione per sperimentare, tutto può servire a dare voce alla ricerca interiore, este-tica e artistica di Celeste Manieri: “prima o poi dipingerò usando lo smalto per le unghie!”. Molte di queste opere rimandano forte la sensazione che Celeste Manieri ami giocare e voglia farlo con le convenzioni dell’arte, per scompaginarle. Rispondono a questa sua esigenza opere come “Tela su olio” in cui gioca sulla celeberrima dicitura ‘olio su tela’, o ancora, la scelta di elevare ad opera il lato sempre nascosto del quadro, quello che si appoggia alla parete e che diventa un secondo quadro da scoprire.

Tuttavia, Libertà non è anarchia. Non a caso la sua produ-zione completamente astratta degli ultimi anni - cui Cele-ste è approdato avendo cominciato a dipingere a quindici anni e dopo essere passato attraverso una fase figurativa, presto abbandonata per l’universo del surrealismo, fino ad approdare appunto all’astrattismo - è connotata dal mo-tivo ricorrente di essenziali cornici scure che si contrap-pongono e contengono anche visivamente l’esplosione di sfumature e contrasti cromatici che dominano tutte le sue opere. Celeste per indole non si guarda indietro, tanto che quando i quadri sono terminati li impacchetta o li gira verso la parete, un modo simbolico per rappresentare il bisogno di andare sempre oltre. Il suo desiderio di fondo è quello di violare una regola appena l’ha posta, di scaval-care le convenzioni, per portare in emersione un mondo ‘altro’, fuori dagli schemi figurativi, non immediatamente visibile per noi, ma che lui sente e comunica. Nasce così la serie di quadri in cui i confini delle ‘cornici’ vengono attraversati da elementi esterni che occupano lo spazio, sembrano scaturire da esso e definiscono la tridimensio-nalità. Sono oggetti comuni, che l’artista maneggia per lavoro, una morsa in ferro, una chiave d’arresto, pezzi di metallo e di mobile, frammenti di zappe, ruote di biciclet-ta, vecchi manubri, spesso a un passo dall’essere gettati

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Text: Silvia BuchnerPhoto: Enzo Rando

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via e nei quali - invece - Celeste Manieri vede significati e forme che incontrano il suo immaginario. E diventano uc-celli, ali (o coltelli?), fiori, chiavi, vele, il mondo stesso… grimaldelli per valicare la realtà che ci avvolge, per non fermarsi ad essa.

CELESTEMANIERI

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Con questa XII edizione l’Ischia Jazz Festival, organizzato dal comune di Ischia in collaborazione con Ischia Risorsa Mare, si conferma un appuntamento che cresce con co-stanza in qualità: dal 30 agosto al 2 settembre l’isola ha suonato jazz e non solo. La novità su cui hanno puntato gli organizzatori per il 2010 è stata, infatti, la tre giorni dedicata alla prima edizione dell’Ischia Rock Festival, e si è rivelata vincente. A testimoniarlo i tanti giovani che hanno applaudito alcuni tra i migliori gruppi della scena rock nazionale come 24Grana, The Mantra ATSMM e gli isolani Thisorder. Il momento clou è stato indubbiamen-te il concerto della PFM, giovani e meno giovani hanno lasciato da parte le sedie per ballare e cantare insieme

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Text: Redazione IschiacityPhoto: Enzo Rando

ISCHIA JAZZ 2010

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alla rock band prog i loro successi e quelli di Fabrizio De André, una rivisitazione con gli arrangiamenti originali del-lo storico tour che il gruppo intraprese con il cantautore genovese nel 1979 e che diventò poi un doppio album, ancora oggi punto di svolta nella discografia della canzo-ne d’autore italiana. L’esperimento, voluto fortemente dal Direttore Organizzativo Piero D’Ambra, ha unito il rock al jazz, avvicinando gli appassionati dell’uno e dell’altro ge-nere. Fondamentale è stata anche la scelta di ambientare i concerti rock nella più grande Pineta Mirtina e quelli jazz nella più raccolta e suggestiva Pineta Nenzi Bozzi, valoriz-zando così due location naturali che vanno decisamente promosse. Dal 2 settembre è stato il momento dei grandi

concerti jazz: il festival quest’anno ha trovato il suo tema nella dedica a Bill Evans, indimenticato genio pianistico di cui ricorrono i trenta anni dalla scomparsa. Ed ecco allora un convegno per non dimenticare il grande artista, che ha portato ad Ischia musicisti, giornalisti e storici di fama internazionale come Eddie Gomez, Claudio Sessa, Vitto-rio Castelnuovo, Pascal Wetzel e Ludovic Florin ed Enrico Pieranunzi ispiratore ed ideatore dell’appuntamento. Sil-vano Arcamone, Direttore Artistico di questa edizione, ha sottolineato che si sta lavorando affinché il materiale sca-turito dall’incontro tenutosi al Castello Aragonese, come testimonianze video, scritti ed audio, diventi un prodotto editoriale di pregio ed interesse. Questa edizione di Ischia

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Jazz ha voluto dare spazio ad alcune forme particolari di jazz, come quello latino di origine afro cubana. Gonzalo Rubalcaba, Omar Sosa e Diego Amador hanno testimo-

niato come questo genere di jazz, sebbene più popolare nel senso di vicino al pubblico, per la sua origine sociale e per i suo ritmi riconoscibili ed amati, abbia degli esponenti

di altissimo livello e di fama mondiale. Poi i grandi tributi, quello di Antonio Faraò insieme ad Eddie Gomez a Miles Davis e quello di Enrico Pieranunzi proprio a Bill Evans, ispiratore odiato e poi tanto amato dal pianista romano. Tutti concerti assolutamente inediti ed originali che il pub-blico ha decisamente apprezzato, riempiendo la platea.Come ogni festival jazz che si rispetti la musica ha con-tinuato a risuonare nelle notti isolane grazie alla rasse-gna Ischia Jazz Club che ha presentato i concerti tenutisi all’Alchemie Club e all’Ecstasy Club da alcuni fra i più acclamanti musicisti italiani, come Pippo Matino, France-sco Bearzatti, Gegè Munari, Joe La Viola, Ellade Bandini e Claudio Romano. Indimenticabile la jam session svoltasi durante il concerto di Joe La Viola con il grande Tullio De Piscopo. L’augurio è quello di darsi appuntamento al pros-simo anno con un’edizione ancora più prestigiosa.

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Noi donne siamo incontentabili, da che mondo è. Ci piace l’uomo tenebroso perché sta zitto, guarda altrove, è perso nel chissà chi o nel chissà cosa. Soprattutto, a renderlo affascinante ai nostri occhi che sono sicuri di vedere cose che voi umani maschi non po-treste neanche immaginare, è il pensiero che il tenebroso ne abbia tanti, di pensieri, che gli frullano nella testa, nel cuore duro fuori ma morbido dentro - e su questa morbi-dezza ci mettiamo la mano sul fuoco, basta essere sicure di aver intravisto quel piccolo germoglio di luce nel loro sguardo finto truce.Su quale pianeta staranno atterrando i suoi sospiri, men-tre fa le avances solo alle signore di paglia, inebriati da tutto quell’eau de tabacc. Chi starà cercando nel fondo di quel bicchiere stregato da una rossa doppio malto a cui resistere non può. Ma soprattutto, perché ci guarda e non favella. A cosa mai starà pensando? Ecco. È su questo punto interrogativo martellante come vien bene solo su un chiodo fisso che casca l’asina. Perché il più delle volte l’uomo avvolto dalle tenebre è rimasto al buio anche nella mente.Ma parla così poco che spesso ci illudiamo che i pensieri migliori se li tenga per sé per poi tirarli fuori al momento più opportuno, che so, un anniversario, un compleanno, una proposta di matrimonio. Anche se alla fine gliela fac-ciamo noi, fa lo stesso. Chi tace acconsente, quindi abbia-mo vinto comunque.E poi al diavolo, è così figo con quel broncio alla Sca-marcio, quello sguardo alla Johnny Depp, la pelata alla Montalbano e la zeppola di Nichi Vendola. Ci può bastare, ci diciamo convinte. Infine succede che ri-usciamo a farlo cadere nella rete delle nostre calze firmate e lo portiamo all’altare dove basta strappargli solo due semplici parole, “sì” e “lo voglio”, il resto lo aggiungerà il vocabolario della vita da aggiornare insieme. Il guaio, però, è che il 90% di questi vocaboli ce li met-tiamo noi, continuando a tormentarlo con domande del tipo: “Perché non parli mai? A cosa pensi? Ma perché sei così serio?”. Staremo tutto il tempo a lamentarci perché è asociale, in-troverso e musone, dimenticandoci che l’abbiamo scelto proprio per quel motivo lì, per quel sorriso che non c’era ma che caparbiamente abbiamo voluto vedere nascosto in qualche angolo sperduto del suo cuore, pronto a venir fuori nel prima o nel poi.

Allora meglio buttarsi su un altro tipo di esemplare ma-schile, il buffone di corti e cortigiane, il giullare che ci fa ridere ridere ridere ancora, così la guerra quotidiana paura non fa. Con Dottor Jekyll e Mister Smile tutto sembra leggero, superabile, semplice. Tutto è un gioco, basta conoscerne le regole. E la regola d’oro è non chiedergli mai di diven-tare serio. Invece a un certo punto realizziamo che ridere allunga sì la vita, ma quella delle zampe di gallina, e allora basta, pen-siamo alle cose serie e per una volta, dai, sii serio anche tu, che non siamo più bambini sperduti, l’isola che non c’è l’abbiamo buttata in pasto ai coccodrilli, ci resta questa che c’è, è qui e ti chiede di crescere in fretta e di pensare a mettere il lavoro prima di te stesso e della tua simpatia.“Suvvia, non è il momento di scherzare”, gli ripetiamo fino a sfiancarlo così tanto da fargli sparire quel sorriso che ci aveva rubato il cuor. Così tanto che alla fine avrà sempre un’aria depressa, ma solo con noi, pronte ad intonare il ritornello del “perché con me non ridi più”.Dolcemente complicate, cantava la Mannoia, scriveva un uomo che voleva andarci piano.La lista potrebbe andare avanti all’infinito. Deve essere ro-mantico ma non troppo, rude ma non troppo, premuroso ma non troppo, sfuggente ma non troppo. Quel ‘ma non troppo’ è la ricetta essenziale per farci sentire appagate. E anche in quel caso non è detto che gli ingredienti ci vada-no davvero bene, ma soprattutto siamo noi che dobbiamo impastarli, altrimenti si perde il gusto (e quindi si va nella perdenza assoluta). E l’uomo in tutto questo bazar mentale? L’uomo ha una certezza universale: vuole stare tranquillo. Fate l’amore, non fate la guerra ma soprattutto riservategli la pace. Noi forse non lo sappiamo ma mentre invadiamo il suo ter-ritorio con parole pour parler, problemi reali e immaginari, crisi di pianto, di panico, premaman, postparto, bastimenti carichi di ormoni in tilt, lui è tornato sulla sua isola felice. Da solo, stavolta. Non la vediamo ma è lì, dove il senso di quello che diciamo non potrà mai raggiungerlo. Figuriamoci noi.

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Text: Emma Santo

DOLCEMENTECOMPLICATE

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01FIORI D’ARANCIO

Text: Lucia Elena Vuoso

Vincenzo ZabattaSandra Ruberto19 giugno 2010Photo: Oscar Pantalone

Entrambi ischitani, 33 anni lui, 32 lei, hanno portato su e giù per l’Italia, per ben 9 anni, la loro storia d’amore. Sandra, infatti lavora a Mantova, ma questo non ha impedito ai due innamorati di vedersi almeno una volta alla settimana e di decidere di sposarsi, nonostante debbano affrontare ancora un anno di sacrifici prima del trasferimento definitivo di Sandra. Per dimostrarle il suo amore, la sera prima delle nozze Vincenzo, che suonava nella banda musicale, si è recato sotto casa della futura sposa e le ha fatto una serenata in prefetto stile napoletano, coinvolgendo nella propria felicità tutto il vicinato.

Michele CastaldiSara Cigliano2 giugno 2010Photo: Michele Magnanimo

Lui 30 anni, lei 24, si sono sposati dopo ben dieci anni di fidanzamento. Il loro è stato un matrimonio “pirotecnico”: la sera prima delle nozze Michele ha fatto irruzione a casa di Sara con alcuni amici e, dopo una serenata di gruppo, hanno sparato i fuochi artificiali. Botti e fuochi pirotecnici sono stati sparati anche subito dopo la cerimonia in chiesa, per le strade di Panza, durante una pausa in mezzo al traffico per brindare, e perfino al termine del ricevimento.

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Michele MancinoArianna Di Meo19 agosto 2010 Photo: Michele Magnanimo

Lei italoamericana originaria di Bacoli, lui ischitano doc. Si sono conosciuti tramite un’ami-ca comune e per Michele è stato un colpo di fulmine mentre Arianna non ricambiava le sue attenzioni. Poco dopo il loro incontro lei è partita per gli Stati Uniti e qui si è accorta che Michele le mancava. Al suo rientro hanno cominciato a frequentarsi e da allora, non si sono mai lasciati.

Vito IaconoAnna Napolitano19 maggio 2010 Photo: Bruno Di Scala

Anna si è trasferita ad Ischia da Napoli per lavorare come commessa. Una sera ad una festa di compleanno in discoteca ha conosciuto Vito, in un modo abbastanza particolare: lei stava cadendo e lui, che l’aveva notata, è corso in suo aiuto prendendola al volo. Da quel momento è stato amore: si sono scambiati il primo bacio al Soccorso a Forio e, dopo qualche mese di convivenza, Anna ha scoperto di aspettare una bambina.

Tutta l’isola si ama

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02IL LINGUAGGIO DELLA

MATITA: Michele D’Ambra

La capacità di esprimersi attraverso il linguaggio della matita, soprattutto con il fumetto, prende corpo in Michele D’Ambra da autodidatta, con un paziente lavoro di ricerca sulle strisce degli albi storici, ricopiati per allenare il tratto e utilizzati per reinventare storie inedite. Salvo un breve corso di acquerello a dodici anni, quindi, i disegni di Michele sono sempre stati frutto dell’istinto, coltivato anche attraverso l’esperienza adolescenziale del Club del Fumetto, cui segue verso i vent’anni l’esperienza di “Magazzino”. Il primo giornale a fumetti nato nell’isola di Ischia vede la collaborazione di un gruppo di giovani disegna-tori tra cui, oltre a Michele, la sorella Rita, Peppe Iacono, Claudio e Mariano Cappello e

03BELLISSIMA GIORDANA !

Giordana Musto De Georgio Photo: Ischiacity

altri quattro o cinque appassionati. Il giornale pubblica su fotocopie e viene distribuito gratuitamente, raccogliendo consensi, finché non lo nota da Domenico di Meglio che sul quotidiano “Il Golfo” decide di pubblicare periodicamente le gesta dei nostri eroi.L’esperienza giovanile si esaurisce per naturale crescita dei componenti il gruppo, e Miche-le prosegue da solo. Da solo ma non solitario, sempre legando al suo mondo di illustrazioni l’attualità e la passione per la politica ed il sociale. E’ il periodo della nascita di Expressioni, collettiva arte giovani, e anche Michele vi partecipa per diverse edizioni, proponendo le

sue storie. Nasce anche l’associazione culturale Controvento e, proprio attraverso l’im-pegno sociale e di promozione artistica e culturale della stessa, si presenta l’opportunità di partecipare a diverse mostre alla Torre di Guevara e al Carcere di Punta Molino. Poi a Palazzo D’Ambra ed alla Biblioteca Antoniana in occasione della celebrazione di varie “Giornata della Memoria”, tanto per non smentire l’idea di legare l’il-lustrazione ed il fumetto a temi di grande rilevanza cultu-rale. Oggi, dopo un periodo che l’ha visto impegnato altrove, Michele rinnova la vena creativa e desidera finalmente dedicarsi per intero alla sua passione, non solo per coniugarla felicemente all’impegno sociale ma anche legandola ad una ispirazione diversa e più adulta. Infatti, osservando i suoi ultimi lavori, si può rilevare una consolidata maturità espressiva che spazia attraverso numerosi temi ed interessi, e lascia intuire la possibilità di illustrare il mondo visto da tante finestre aper-te su diversi scenari. Il desiderio di Michele D’Ambra in questo momento sarebbe di mettere le sue capacità al servizio dell’editoria, magari illustrando libri per ragazzi, con un occhio anche all’ambito pubblicitario, scommettendo fortemente su se stesso e rimettendosi in gioco. A trentacinque anni si può fare, sono abbastanza per avere una certa maturità artistica, ma non troppi per lanciarsi oltre l’ostacolo.

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Photo: Riccardo Sepe Visconti

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04LA CASA DI NINETTA

Text: Lucia Elena Vuoso Photo: Ischiacity

Una sedia, un tavolino, una candela accesa. Ci sono già le stelle della notte di San Lorenzo a fare da scenografia alle parole di Lina Sastri, talmente tante e luminose, che tutto il resto diventa superfluo. Lina è vestita di bianco e parla, recita un monologo in questa notte stellata, e le perso-ne che la ascoltano, in piedi, sedute, sul prato, per terra, affacciate dalla strada, piangono. Parla di una di quelle stelle che sono lassù in cielo, Lina, della stella che per lei ha brillato di più in assoluto: sua madre. E canta anche, esegue i ritornelli di quelle canzoni che Ninetta, anche da anziana e ammalata, intonava con la stessa passione di quando era giovane. E attraverso il racconto della vita di Anna, mamma dell’attrice napoletana, scritto di getto, senza correzioni, qualche tempo dopo la sua morte, non è solo Lina la protagonista della magica notte estiva, ma i cuori di tutti gli spettatori, che si immedesimano nei figli che non hanno saputo comunicare ai genitori il proprio amore e che, in qualche modo, vorrebbero tornare indietro per farglielo capire. In parte di ispirazione autobiografica, come tutti gli scritti di chi scrittore non è di professio-ne - “La casa di Ninetta”, libro edito da Marsilio, è un

viaggio nelle usanze, nei modi di essere, nelle epoche di Napoli, attraverso la vita della madre. Ricordi belli e brutti prendono vita: dalla fattura che aveva colto la stessa Lina da piccola, e che però era indirizzata ad Anna, la quale essendo ignara (poiché era nata in gennaio), non poteva essere colpita, all’amore violento e fedifrago di un marito opportunista, alla genialità di una donna che dal nulla e con nulla ha saputo conquistarsi una posizione, alla tri-stezza nel vedere quella stessa donna, forte e tenace, devastata da una malattia che non perdona, umiliando il corpo e la mente, l’Alzheimer. Lina Sastri, che nella sua carriera di attrice cinematografica ha vinto tre David di Donatello, domina la scena, si siede, si alza, si siede nuo-vamente, non piange, non si commuove, recita e basta. Eppure, dalle sue parole traspare l’emozione di ricordare quella che per lei è “la donna più bella e straordinaria mai conosciuta” e la volontà di gridare a tutti cosa abbia rap-presentato per la sua vita e per la sua professione. Ma è alla fine dello spettacolo, dopo che tutti hanno apprezzato ed applaudito la performance, che Lina Sastri, con la per-sonalità imprevedibile tipica degli attori, si innervosisce:

non concede interviste e ha fretta di andare via. Forse per riuscire a richiudere le porte di tutti i ricordi, dei dolori e delle gioie di figlia; forse, semplicemente, per andare a guardare le stelle.

05MEMORIE DI AMALIE

Text: Lucia Elena Vuoso Photo: Ischiacity

Un diario che si tramanda di generazione in generazione, donne che imprimono il proprio vissuto su pagine bianche e le colorano di sentimenti ed emozioni, episodi storici che scandiscono la quotidianità di persone semplici e le isole di Ischia e Ponza come protagoniste. Un romanzo storico, una saga familiare, un’avventura che cattura il lettore tra le albe di Ischia e i tramonti di Ponza, un racconto dolce e forte al tempo stesso, il primo scritto da Rita Bosso, insegnante di matematica e fisica a Roma, legata alle due isole non solo dal suo ‘sangue misto’, ma da un amore intenso per le tradizioni, le abitudini, i modi di dire, appresi durante la sua infanzia e per gli scorci di quotidianità vis-suti in prima persona. La vicenda del romanzo comincia ad Ischia nel 1734, anno in cui il re Carlo I di Borbone decide di incentivare il trasferimento delle classi sociali più disagiate verso l’isola di Ponza, e la prima delle protagoniste che tramandano il nome di Amalia non vuole trasferirsi perché ama la sua isola e quel “filo di luce rossa teso che avresti potuto sten-derci i panni”; tuttavia Amalia parte ugualmente per ac-contentare il marito. La nipote, che ha preso il nome della nonna, nasce a Ponza, dove da questo punto in poi prose-guirà la narrazione. Trova, infatti, il diario e riprende la sua stesura alla fine del ‘700, in pieno periodo illuminista. La terza Amalia è una donna coraggiosa, che nel quadernet-to narra le disavventure e la conseguente emarginazione che deve vivere per poter stare insieme all’uomo che ha scelto. L’ultima Amalia della famiglia, una volta appreso che la nipotina in arrivo non si chiamerà come lei, decide di interrompere per sempre la tradizione del diario. Le voci delle protagoniste del romanzo di Rita Bosso han-no preso vita attraverso le letture di attori martedì 17 ago-sto, presso il complesso museale di Villa Arbusto a Lacco Ameno: punti di vista di critica e pubblico hanno arricchito l’incontro, per un libro destinato a lasciare un’impronta non effimera nel nostro mondo interiore.

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07FIORELLA MANNOIA

IN CONCERTOPhoto: Ischiacity

Fra gli eventi di punta dell’estate 2010, c’è stato sicura-mente il concerto di Fiorella Mannoia, una delle migliori interpreti delle canzoni dei grandi cantautori italiani, da Fossati a Bertoli, a Paolo Conte e Vasco Rossi: questi autori insieme ai suoi grandi successi hanno costituito il cuore dell’esibizione del 30 agosto a piazza S. Girolamo.

06SIAMO NOI LE PIU’ BELLE :

Diana Canestrino e Giorgia Buonocore

Photo: Ischiacity

08IL DURO LAVORO DI AD!

Photo: Ischiacity

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09CUORE DI NONNO

PEPPE BRANDI CON IL NIPOTINO ADRIANO

11CUORE DI PAPA’

LUCA DE ANGELIS CON ISABELLA1

035ESIMA EDIZIONE DELLA SAUCICCIATAPhoto: Ischiacity

L’estate a Ischia non è tale senza il rito della “Saucicciata” che torna - puntuale e attesissimo - da ben trentacinque anni, facendone sicuramente uno degli appuntamenti più longevi della bella stagione. Una serata rinfrescata dalla brezza come ai primi di agosto è possibile solo a Serrara Fontana, ha accolto quanti sono accorsi numerosissimi nella piazza del Comune montano - con le sue stradine scoscese, le case imbiancate a calce, i vigneti rigogliosi sui terrazzamenti - per gustare i succulenti banchetti a base di salsicce fontanesi accompagnate dai friarielli del posto e, soprattutto, innaffiati da generosi bicchieri di vino locale.

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12SCHIUMA PARTY A ISCHIA

PONTEPhoto: Ischiacity

Sta diventando un appuntamento da non perdere per i ragazzi ischitani e per gli ospiti dell’isola lo schiuma party. Organizzato dalla ELLEGI Spettacoli di Gian Marco Ba-lestrieri, ha visto accorrere i giovanissimi in costume da bagno o shorts, pronti a tutto per due ore di divertimento sotto il morbido getto schiumoso del cannone.

13INTI ILLIMANI: MUSICA FOLK

A CASAMICCIOLA TERMEPhoto: Romolo Tavani

Piazza Marina gremita di pubblico si è riempita delle note inconfondibili e struggenti del flauto andino e dei versi della tradizione musicale del paese sudamericano, attraverso l’esi-bizione di questo gruppo la cui attività, negli anni ’70, ha coinciso con la tragica dittatura militare che ha oppresso il Cile. Allora, gli Inti Illimani, costretti a lasciare il proprio paese, resero celebre nel mondo la musica popolare andina, segno di identità e di libertà che, insieme alla canzone di impegno politico, è alla base del loro repertorio.

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14ART SHOW 2010

Text: Lucia Elena Vuoso Photo: Pietro Messina

Movimenti lenti, sinuosi, ritmici. Il completo dominio della mente sul corpo che esegue alla perfezione salti, capriole, giravolte, avvitamenti. Braccia e gambe che smettono di essere prolungamenti del tronco e diventano estensione della musica. Corpi che si muovono all’unisono, eseguendo figure geometriche perfette e poi, con un balzo, esplodono in mille forme, azioni, movenze. L’incedere dolce e sensuale, il passo deciso e l’andatura fiera. La bellezza che prende vita attraverso forme, colori e tessuti. Lineamenti incorniciati da stoffe, corpi armonici e proporzionati valorizzati da mise innovative. Non semplici abiti ma vera e propria essenza di moda. Un connubio perfetto quello dell’Art Show 2010: la Body Ballet Dance di Paolo Massa e l’atelier DEA di Ciro De Angelis, il talento di due maestri isolani della danza e della moda, la bravura e la preparazione degli allievi dell’uno, l’originalità e l’eleganza delle creazioni dell’altro. Sul palcoscenico allestito nella piazza delle Alghe, a Ischia Ponte, le sere del 5 e 6 agosto si sono alternati balletti hip hop, break dance e video dance e sfilate di abiti leggeri e coloratissimi.Gli allievi della Body Ballet Dance hanno eseguito coreografie studiate appositamente per la serata da Paola Zatti: in un crescendo di spettacolarità, si sono susseguite le incredibili movenze di street dance di ragazzi e ragazze sempre più esperti, che sono cresciuti nella scuola di danza di Paolo Massa e di sua moglie Anna De Angelis, classificandosi sempre ai primi posti nelle gare nazionali. Nate come danze di rottura, la break dance come l’hip hop non si prestano facilmente ad essere schematizzati ed eseguiti in uno spettacolo di ballo, ed invece i docenti della Body Ballet, unica accademia sull’isola ad insegnare queste discipline, sono riusciti a rendere possibile, piacevole ed accessibile a tutti questo spettacolo. Ciro De Angelis ha presentato la sua idea di donna, proponendo abiti freschi ma raffinati. Le modelle, tutte bellezze ‘made in Ischia’, hanno saputo interpretare alla perfezione balze e volant, pizzi e paillettes, fucsia, gialli, blu e verdi accesi, trasparenze e lunghezze, ondeggiando accarezzate da una leggera brezza estiva.

15HAPPY HOURS SUL MARE

Photo: Ischiacity

I caldi e salmastri tramonti isolani si sono animati sulle piattaforme del litorale di Casamicciola Terme al suono della musica di Franz Dj (e non solo), e hanno accolto quel pubblico giovane che, in cerca di relax, divertimento, buona musica e qualche drink, ama trascorrere le vacan-ze a Ischia, immerso nel divertimento che solo l’isola può dare.

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16SAGGIO 2010 DE IL

BALLETTO DI ISCHIAPhoto: Ischiacity

17BEN ARRIVATO CRISTIAN !

Photo: Ischiacity

Hanno dai 4 ai 6 anni le piccole ballerine del corso propedeutico alla danza classica e moderna della scuola Il Balletto di Ischia di Tony Fortezza e Barbara Rumore, che si sono esibite in due diverse coreografie durante lo spettacolo messo in scena al piazzale delle Alghe.

Il 20 giugno Filippo e Masha Bozza hanno battezzato il loro bambino Cristian. Auguri!

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18Come ti rendo… “Gaudioso”

Giosi!Photo: Ischiacity

19GIANNI RIVERA

OSPITE ILLUSTRE

La lunga passerella di vip che hanno visitato quest’estate l’isola d’Ischia è stata percorsa tra l’altro dalle larghe falcate del grande campione Gianni Rivera: il comune di Ischia ha colto al volo l’occasione per insignirlo dell’ambito titolo di Ospite Illustre, come riconosci-mento per le tantissime magiche emozioni che il maestro del calcio che ci ha regalato durante la sua lunga carriera.

Photo: Ischiacity20LELLA AL BAGNO GINO

DI CASAMICCIOLAPhoto: Ischiacity

La nostra cover Lella Scotti posa con i fratelli Gino e Giuseppe Barbieri e con Marika Dio-tallevi, che ci hanno accolto con grande disponibilità per il servizio fotografico.

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21SFILATA SANT’ALESSANDRO

2010Photo: Romolo Tavani

22BARANO TALENT SHOW

Grazie all’ “Extreme Night Group”, associazione composta da Antimo Ferrari, Michele Lombardi, Andrea Sirabella, Luigi Iorio e Domenico Balestriere, e al patrocinio del comune di Barano, piazza San Rocco ha dato vita ad un Talent Show che ha riscosso un successo notevole. La finale, tenutasi alla vigilia di Ferragosto, e condotta dalla showgirl Barbara Chiappini insieme con Mariaelena Verde e Andrea Sirabella, ha visto trionfare la napoleta-na Maria Pomatico, con la canzone ‘Dimmi se ci sei’ di Alex Baroni, che si è aggiudicata un caratteristico trofeo raffigurante un microfono anni ’50; al secondo posto si è classificata Antonella Bifulco, al terzo Biagio Foglia ed Erika Barbato. Un ex aequo che dimostra che compito difficile abbia avuto la giuria, composta da professionisti del settore tra cui il can-tautore partenopeo Sasà Ferraiolo, che porterà tutti i 28 concorrenti dell’edizione 2010 in sala di incisione per dare vita alla ‘MMS compilation Barano Talent Show”.

Text: Lucia Elena Vuoso Photo: Romolo Tavani

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23LUIGI DE FILIPPO

Text: Annamaria RossiPhoto: Ischiacity

Il sette agosto scorso, Luigi De Filippo ha compiuto ottant’anni. Inevitabili i festeggiamenti anche a Ischia, dove l’attore trascorre ormai da tempo parte delle sue estati. L’occasione è stata colta dalla rassegna “Libri d’a...mare” tenutasi in Piazza Santa Restituta a Lacco Ameno, un’interessante serata con la presenza dell’illustre personaggio nella veste di scrittore. “Un cuore in palcoscenico” il titolo per circa duecento pagine di racconti da uomo di teatro, e di storie su Napoli, l’antica Napoli di quando era ra-gazzo che ha sempre portato nel cuore, naturalmente senza tralasciare importanti vicende che hanno riguardato la sua famiglia, sicuramente la più rappresentativa del teatro italiano del Novecento. Luigi De Filippo non dimostra affatto la sua età, è un ottantenne d’assalto, un vero “leone”, e non solo inteso come segno zodiacale. Elegante nei modi come solo un gran signore napoletano sa essere, padroneggia il palco con la disinvoltura di un grande attore e la capacità di far sentire a proprio agio la nutrita platea, come se si fosse all’incon-tro con un vecchio amico. E sciorina una quantità impressionante di racconti ed aneddoti anche poco noti che hanno caratterizzato la sua carriera di attore, le sue vicende familiari, gli innumerevoli personaggi conosciuti: una cena con Pirandello, l’incontro con Totò, Scia-scia, Fellini, Malaparte e molto molto altro. Ma naturalmente non tutto, per sapere tutto bisogna leggere il libro, una sorta di riassunto delle puntate precedenti che comprende anche le poesie umoristiche da lui stesso scritte. Solo un riassunto, perché la storia conti-nua. Ancora tanto teatro e il desiderio di fare cinema, visto che il cinema non lo ha richiesto spesso. Enrico Vanzina è seduto in prima fila, e viene ironicamente invitato a provvedere. Tra un racconto e l’altro, mentre il pubblico lo avvolge con calore sempre più crescente, l’attrice e cantante Mariana Mercurio regala perle di musica con la sua intensa voce, per-ché, afferma Luigi De Filippo, recitare è musica ed armonia, quindi è inevitabile intervallare note musicali ad un racconto. Tra i brani eseguiti, una bellissima canzone scritta dal padre, Peppino De Filippo: “Paese Mio”, dolce, densa di ricordi e nostalgie. Come dolce è stata la serata, il racconto di un uomo dal destino inevitabile, nel ricordo e nella stima della sua grande famiglia che tutti noi abbiamo amato e continuiamo a ricordare con affetto.

24OSPITALITA’ ITALIANA:

FINALE A ISCHIAText: Annamaria RossiPhoto: Giovanni Bercini

Ischia, nella sala del cineteatro Excelsior, ha ospitato il galà della V edizione del premio Ospitalità Italiana, organizzato dall’Istituto Nazionale Ricerche sul Turismo, presieduto da Maurizio Maddaloni. Fra i 30 finalisti, selezionati fra migliaia di strutture ricettive di tut-te le categorie e della ristorazione che aderiscono alla certificazione “Ospitalità Italiana” attraverso il voto dei clienti e quello di una giuria tecnica, si è aggiudicato il primo posto assoluto il resort a 5 stelle pugliese Masseria S. Domenico. Hanno animato la serata finale tenutasi il 24 settembre 2010, condotta da Gino Rivieccio e Paola Mercurio, le esibizioni di numerosi artisti, fra cui Lina Sastri, Sal Da Vinci, Tullio De Piscopo.

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25PIANO & JAZZ 2010

Photo: Enzo Rando

La tre giorni (26-28 agosto) jazzistica dedicata al pianoforte - cui si è aggiunto il concerto del trombettista Roy Hargrove - organizzata da Tony Conte e da Gaetano Altieri in collabo-razione con l’Albergo della Regina Isabella, quest’anno ha visto come protagonista asso-luto l’artista italo-americano Chick Corea, che si è esibito al parco di Villa Arbusto a Lacco Ameno, da solo, insieme a Stefano Bollani e in trio con Miroslav Vitous al contrabbasso e Roy Haynes alla batteria.

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Photo: Romolo Tavani

TIPI DA SPIAGGIA

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Text: Lucia Elena VuosoPhoto: Archivio Strani Tipici

STRANI TIPICI

Dieci prodotti tipici ischitani, genuini e saporiti, confezio-nati in maniera strana. L’etichetta sulla scatola è un omino senza volto, col te-schio di Amleto in una mano, e una chitarra strimpellante nell’altra. Dieci prodotti invitanti, tutti insieme al centro di una stan-za, tutti pronti ad essere assaggiati, o meglio gustati con gli occhi e le orecchie, con le emozioni e con l’interazione diretta. Dieci improvvis-attori, al secolo Luigi Mennella, Pietro Di Meglio, Rosamaria Pilato, Laura Sogliuzzo, Au-rora Cecchi, Emanuel Pascale, Jacopo Jacobone, Boris Molinaro, Vito Maria Impagliazzo e Maria Elena Verde che si esibiscono appunto attraverso l’improvvisazione. Un gruppo di ragazzi che sognava da sempre di fare teatro ma non sapeva da dove cominciare, fino a quando nel giu-gno 2007 Luigi Mennella, rientrato da Siena, dove aveva frequentato la “Scuola di Improvvisazione Teatrale”, deci-se di metter su un piccolo laboratorio per tutti coloro che volessero apprendere questo particolare modo di recitare. L’improvvisazione, infatti, non si improvvisa, c’è bisogno di molta preparazione e concentrazione per riuscire al meglio in performance di questo tipo. Non ci sono prove agli spettacoli, ma allenamenti come nelle gare sportive, e le discipline in cui ci si prepara sono l’ascolto, il toast, il monologo con cambio d’emozione, la storia infinita, lo sketch misto e lo specchio, tutte brevi scenette in cui un esterno al gruppo di attori, di volta in volta, suggerisce una parola che diventerà un tema, dà il segnale per cambiare emozione mantenendo la trama o per far entrare nuovi attori in scena, creando così degli imprevisti. La cosa più difficile da imparare per chi improvvisa è non dire mai di no, non tirarsi indietro davanti ad una difficoltà e cercare di portare avanti la gag fino alla fine. E le recite che gli Strani Tipici, nome coniato da Luigi, il fondatore del gruppo, hanno messo in scena fino ad ora gli hanno consentito di guadagnarsi una serata al Teatro Aurelio di Roma lo scorso marzo ed una al Teatro Bolivar di Napoli a maggio 2010. Prima erano arrivate le richieste di collaborazione coi comuni di Ischia, Casamicciola Terme e Lacco Ameno per manifestazioni in piazza, e da parte di agenzie private come la Platypus Itinerary, con la quale hanno realizzato la visita teatralizzata del Castello Arago-nese: un viaggio nel tempo che porta il pubblico, per lo più scolastico, a conoscere i personaggi che hanno abitato il Castello da Alfonso I d’Aragona fino al primo discendente della famiglia Mattera. A partire da marzo prossimo sarà messa in scena anche la visita teatralizzata del Museo di Villa Arbusto a Lacco Ameno e “Il bosco incantato”, in località Rotaro a Casamicciola. Ma gli Strani Tipici, attualmente l’unico gruppo di improv-visazione teatrale del sud Italia, sono conosciuti anche al di fuori dall’isola: hanno partecipato infatti ai match di improvvisazione, una sorta di fase di riscaldamento prima della gara nazionale, a Follonica e a Reggio Emilia e sono stati contattati per esibirsi a Cercola e a Pagani, in pro-

vincia di Salerno. L’esperienza più bella ed entusiasmante, oltre a quella di esibirsi in veri teatri, è stata la rassegna teatrale di Ischia, dove l’allegra compagnia ha portato in scena lo spettacolo di improvvisazione “E sopravvissero felici e contenti”, che è stato inserito nella programmazio-

ne del Teatro Bolivar di Napoli per la prossima stagione. La trama di base è data dalle favole dei fratelli Grimm, il cui libro si è perso e quindi Cappuccetto Rosso, i Tre Porcellini, Hansel e Gretel, la nonna, il lupo, le fate e le streghe cattive si ritrovano ad interagire tra di loro, por-tando avanti la storia con temi scelti dal pubblico, che da spettatore diventa parte attiva della rappresentazione, po-sizionandosi anche fisicamente al centro della scena.Un’altra ‘opera’ che i dieci attori stanno portando avanti è l’associazione culturale Laboratorio Artisti Precari nata nel 2008 e che vuole essere un contenitore per diverse forme d’arte. A partire da ottobre 2010 per otto mesi, l’associa-zione propone dei laboratori di sperimentazione teatrale le cui materie saranno la recitazione, l’umorismo e la sto-ria del teatro. Ci sarà a metà del corso una ‘prova con il pubblico’ e successivamente incontri con professionisti e stage. Tutti possono partecipare, senza limiti di età né di preparazione, l’importante è avere voglia di mettersi in gioco e di dare un po’ di sé, proprio come fanno gli Strani Tipici ogni volta che si esibiscono.

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