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Istituto Comprensivo Statale n.1 ³ G. Caria Macomer · Istituto Comprensivo Statale n.1 ³ G....

Date post: 02-Sep-2019
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Istituto Comprensivo Statale n.1 G. CariaMacomer Genere, gender e dintorniUno sguardo sulle differenze di genere Classe 2ªC Anno Scolastico 2016/2017 Scuola Secondaria di primo grado A. FoisBorore
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Istituto Comprensivo Statale n.1

“G. Caria” Macomer

Genere, gender e dintorni…

Uno sguardo sulle differenze di genere

Classe 2ªC

Anno Scolastico 2016/2017

Scuola Secondaria di primo grado “A. Fois” Borore

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INDICE

Parità senza pregiudizi/4

Premessa/6

Gli stereotipi/8

Anche le donne hanno dei diritti/9

Le donne in politica, nel mondo del lavoro, nella società…/10

La donna nei paesi in via di sviluppo/12

Negin e le altre…/13

Uno sguardo al passato…/14

Le disuguaglianze di genere nel mondo/15

Cinema e stereotipi/16

La violenza di genere/17

Come cambiare il nostro modo di pensare/18

Le nostre riflessioni/19

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INDICE

Parità senza pregiudizi/4

Premessa/6

Gli stereotipi/8

Anche le donne hanno dei diritti/9

Le donne in politica, nel mondo del lavoro, nella società…/10

La donna nei paesi in via di sviluppo/12

Negin e le altre…/13

Uno sguardo al passato…/14

Le disuguaglianze di genere nel mondo/15

Cinema e stereotipi/16

La violenza di genere/17

Come cambiare il nostro modo di pensare/18

Le nostre riflessioni/19

Genere, gender e...dintorni

“Essere donna l’ho sempre considerato

un fatto positivo, un vantaggio,

una sfida gioiosa e aggressiva…

Che cosa c’è da invidiare agli uomini?

Tutto quello che fanno,

lo posso fare anch’io.

E in più, so fare anche un figlio”

Joyce Lussu

“Uscii dallo stato di adolescente femmina per entrare nel mondo degli adulti col bagaglio di alcuni punti di vista trasmessi dall’educazione:

che la donna ha le identiche capacità dell’uomo di realizzarsi come essere umano;

che si acquista dignità sviluppando l’intelligenza e non circondandosi di oggetti costosi;

che la cultura e la coscienza politica sono la stessa cosa;

che bisogna guadagnarsi il pane al più presto

per non dipendere da altri”.

Joyce Lussu

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uest’anno abbiamo pensato di approfondire una tematica molto importante: l’educazione al rispetto di genere e alle pari opportunità.

Ci è stato spiegato che queste attività vengono promosse dal Mi-nistero della Pubblica Istruzione in tutte le scuole di ogni ordine e grado, per contribuire a creare un paese sempre migliore e ri-spettoso dei diritti di tutte e di tutti e, cosa non meno impor-tante, anche per prevenire violenze e discriminazioni nei confronti

delle donne, contro l’omofobia e l’intolleranza per le differenze. Tutto ciò in nome di un rispetto per l’individuo dovuto a tutti, che va ricordato e praticato a scuola sin dalla più tenera età.

I fatti di cronaca degli ultimi anni, parlano da soli, talvolta gli autori delle violenze non sono adulti, ma ragazzini! Anche per questo pensiamo sia giusto affrontare certe questioni con i bambini più piccoli, solo così avranno la possibilità di crescere liberi da ogni pregiudizio o condizionamento.

Amiamo definire il nostro lavoro ”a work in progress”: un’attività che si è sviluppata giorno per giorno attraverso letture, riflessioni, proposte ci-nematografiche tematiche, articoli di cronaca… tutto ciò, insieme al di-battito che ne è seguito, ci ha consentito di far emergere il nostro punto di vista sulle differenze di genere e di riflettere sul modo in cui noi ra-gazzi e ragazze ragioniamo sul tema delle pari opportunità e sui condizio-namenti cui siamo inconsapevolmente esposti.

L'obiettivo era sia quello di riflettere sugli stereotipi, per poterli riconoscere e mettere in discussione, sia comprendere come interpretiamo i modelli maschili e femminili che ci vengono proposti dai mass me-dia, e se ci riconosciamo in ciò che osserviamo.

L’attività è stata interessante perché ci ha dato la possibilità di osser-vare con occhi diversi la realtà che ci circonda, ed in particolare il rapporto tra maschi e femmine.

Dopo aver analizzato le immagini pubblicate sulle riviste femminili e seguito alcune serie televisive, in

particolare quelle destinate agli adolescenti, abbiamo esami-nato le varie forme di condizionamento e gli stereotipi pro-posti dalla pubblicità e dai programmi televisivi cosiddetti “generalisti”, cioè rivolti al grande pubblico; al termine sia-mo giunti a questa conclusione: tutti offrono un’immagine stereotipata della donna (per es. la donna appare fragile e sottomessa, oppure assume le sembianze di una “bambola non pensante”.

PARITA’ SENZA…PREGIUDIZI

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uest’anno abbiamo pensato di approfondire una tematica molto importante: l’educazione al rispetto di genere e alle pari opportunità.

Ci è stato spiegato che queste attività vengono promosse dal Mi-nistero della Pubblica Istruzione in tutte le scuole di ogni ordine e grado, per contribuire a creare un paese sempre migliore e ri-spettoso dei diritti di tutte e di tutti e, cosa non meno impor-tante, anche per prevenire violenze e discriminazioni nei confronti

delle donne, contro l’omofobia e l’intolleranza per le differenze. Tutto ciò in nome di un rispetto per l’individuo dovuto a tutti, che va ricordato e praticato a scuola sin dalla più tenera età.

I fatti di cronaca degli ultimi anni, parlano da soli, talvolta gli autori delle violenze non sono adulti, ma ragazzini! Anche per questo pensiamo sia giusto affrontare certe questioni con i bambini più piccoli, solo così avranno la possibilità di crescere liberi da ogni pregiudizio o condizionamento.

Amiamo definire il nostro lavoro ”a work in progress”: un’attività che si è sviluppata giorno per giorno attraverso letture, riflessioni, proposte ci-nematografiche tematiche, articoli di cronaca… tutto ciò, insieme al di-battito che ne è seguito, ci ha consentito di far emergere il nostro punto di vista sulle differenze di genere e di riflettere sul modo in cui noi ra-gazzi e ragazze ragioniamo sul tema delle pari opportunità e sui condizio-namenti cui siamo inconsapevolmente esposti.

L'obiettivo era sia quello di riflettere sugli stereotipi, per poterli riconoscere e mettere in discussione, sia comprendere come interpretiamo i modelli maschili e femminili che ci vengono proposti dai mass me-dia, e se ci riconosciamo in ciò che osserviamo.

L’attività è stata interessante perché ci ha dato la possibilità di osser-vare con occhi diversi la realtà che ci circonda, ed in particolare il rapporto tra maschi e femmine.

Dopo aver analizzato le immagini pubblicate sulle riviste femminili e seguito alcune serie televisive, in

particolare quelle destinate agli adolescenti, abbiamo esami-nato le varie forme di condizionamento e gli stereotipi pro-posti dalla pubblicità e dai programmi televisivi cosiddetti “generalisti”, cioè rivolti al grande pubblico; al termine sia-mo giunti a questa conclusione: tutti offrono un’immagine stereotipata della donna (per es. la donna appare fragile e sottomessa, oppure assume le sembianze di una “bambola non pensante”.

PARITA’ SENZA…PREGIUDIZI

Per non parlare delle bambine-modelle che sfilano sulle passerelle con abiti succinti e con il viso trasformato dal pesante trucco che mette in evidenza occhi e labbra; in tali casi verrebbe quasi da pensare ad “un’infanzia nega-ta”, e per contrasto ci vengono in mente le tante bambine che nei cosid-detti “terzo” e “quarto mondo” non possono accedere ai diritti primari come l’istruzione; l’uomo, invece, viene mostrato coraggioso e virile (pur non essendolo).

Abbiamo capito che gli stereotipi sono il frutto di una educazione basata sulla convinzione che gli uomini e le donne siano diversi. In realtà di diverso hanno SOLO L’ASPETTO FISICO!!

Le nostre letture… Per iniziare abbiamo letto in classe il libro “Così sei fatto tu” scritto da Alberto Pellai, medico, psicoterapeuta dell’età evoluti-va, il quale cerca di far raccontare da un adulto (un nonno) a un bambino e a una bambina, le difficoltà legate alla conquista della propria identità di genere.

Attraverso le narrazioni di questo simpatico nonno abbiamo cerca-to di comprendere com’era un tempo il mondo e di compararlo a quello attuale e alle tante opportunità di crescita, di affermazio-ne che esso offre, sia agli uomini che alle donne, mettendo in evi-denza i ruoli svolti dagli stessi nel passato e nel presente, nei vari contesti: familiare, sociale, professionale, nonché le loro aspettati-

ve, sempre in ambito sociale. Che cosa è emerso da questa narrazione? innanzitutto chè è molto difficile far accettare alle persone che appartengono a un’altra generazione un cambiamento che, secondo l’autore del libro, è avvenuto troppo velocemente e che dovrebbe rivoluziona-

re la propria “visione delle cose”, ed in par-ticolare il modo di concepire il rapporto tra maschi e femmine. Al termine del percorso di lettura, l’autore ci ha dato la possibilità di ragionare sull’ im-portanza di seguire un percorso di acquisizione dell’identità di ge-nere, per cercare di diventare DAVVERO CIO’ CHE SI VUOLE ES-SERE, non la persona già “costruita” dagli stereotipi culturali e dalle attese di una società che spesso, ancora oggi, lascia ai mar-gini le DONNE, ma questa è un’altra storia…

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Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei riguardi delle donne

Onu, 1981.

G li stati partecipi prendono ogni misura propria ad eliminare la discriminazione nei riguardi delle donne….per quel che ri-

guarda l’educazione e per assicurare l’eliminazione di ogni concetto stereotipato dei ruoli dell’uomo

Perché è importante l’educazione di genere

Secondo noi l’educazione di genere è fondamentale per formare le future generazioni alla vera parità tra maschi e femmine. Questo obiettivo, però, si potrà raggiungere solo sradicando gli stereotipi di ge-nere che condizionano tutti noi, anche nelle piccole cose di tutti i giorni...

Iniziamo dal significato delle parole…

Genere e gender: viene dal greco genos che significa specie, razza.

Indica i tratti sociali e culturali che danno significato al sesso. Il

termine genere segnala la presenza dei due sessi nella società.

Identità di genere: è il modo in cui ci percepiamo nel nostro essere maschi o femmine.

Ruoli di genere: sono i ruoli che assumono le donne e gli uomini in pubblico. A lungo la donna

è stata definita dal matrimonio e dalla maternità, l’uomo

dal lavoro e dalla posizione sociale.

Differenze di genere: sono i comportamenti, i valori, la

sensibilità, le competenze attraverso le quali emergono le

differenze tra uomini e donne.

Disuguaglianze di genere: sono gli squilibri tra donne e uo-

mini, per ciò che riguarda la partecipazione alla vita pub-

blica, l’accesso alle risorse, il riconoscimento di diritti, la

rilevanza sociale. Generalmente la parte svantaggiata è la donna. La donna spesso subisce il

ruolo dominante del maschio.

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Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei riguardi delle donne

Onu, 1981.

G li stati partecipi prendono ogni misura propria ad eliminare la discriminazione nei riguardi delle donne….per quel che ri-

guarda l’educazione e per assicurare l’eliminazione di ogni concetto stereotipato dei ruoli dell’uomo

Perché è importante l’educazione di genere

Secondo noi l’educazione di genere è fondamentale per formare le future generazioni alla vera parità tra maschi e femmine. Questo obiettivo, però, si potrà raggiungere solo sradicando gli stereotipi di ge-nere che condizionano tutti noi, anche nelle piccole cose di tutti i giorni...

Iniziamo dal significato delle parole…

Genere e gender: viene dal greco genos che significa specie, razza.

Indica i tratti sociali e culturali che danno significato al sesso. Il

termine genere segnala la presenza dei due sessi nella società.

Identità di genere: è il modo in cui ci percepiamo nel nostro essere maschi o femmine.

Ruoli di genere: sono i ruoli che assumono le donne e gli uomini in pubblico. A lungo la donna

è stata definita dal matrimonio e dalla maternità, l’uomo

dal lavoro e dalla posizione sociale.

Differenze di genere: sono i comportamenti, i valori, la

sensibilità, le competenze attraverso le quali emergono le

differenze tra uomini e donne.

Disuguaglianze di genere: sono gli squilibri tra donne e uo-

mini, per ciò che riguarda la partecipazione alla vita pub-

blica, l’accesso alle risorse, il riconoscimento di diritti, la

rilevanza sociale. Generalmente la parte svantaggiata è la donna. La donna spesso subisce il

ruolo dominante del maschio.

Maschilismo: l’ideologia maschilista si fonda sulla convinzione che la superiorità dell’uomo rispetto alla donna sia un fatto naturale.

Femminismo: il termine fu coniato alla fine del XIX secolo per indicare quei movimenti che avevano come scopo la parità politica, sociale ed economica tra uomini e donne.

Violenza di genere: è la violenza esercitata su una donna (o bambina) in quanto donna.

Pari opportunità: è un’espressione che indica l’uguaglianza di diritti e la possibilità di accedere, sen-za alcuna discriminazione, all’istruzione, al lavoro e a ogni altra occasione di realizzazione personale.

PARITA’

DIFFERENZE DI GENERE

Articolo 37

La donna lavoratrice ha gli stessi di-ritti e, a parità di di lavoro, le stesse retri-buzioni che spettano al lavoratore. Le con-dizioni di lavoro devono consentire l’adem-pimento della sua essenziale funzione fami-liare e assicurare alla madre e al bambino una speciale e adeguata protezione.

Articolo 117

Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, cul-turale ed economica e promuovono la pari-tà di accesso tra donne e uomini alle cari-che elettive.

Il livello di impegno nella lotta contro gli stereotipi di genere è maggiore negli Stati in cui l’edu-cazione sessuale è da tempo una materia obbligatoria nelle scuole. Solo in Polonia, Spagna, Gre-cia e Italia non lo è.

Diritti umani: ad ogni persona vengono conferiti certi diritti fon-damentali, semplicemente per il fatto di essere un essere umano.

Sono detti diritti umani perché non sono semplicemente un privilegio (che può essere tolto in base al ca-priccio di qualcuno). Sono diritti perché sono cose che è permesso essere, fare o avere. Questi diritti esistono per proteggerci da even-

tuali persone che vogliono danneg-giarci o farci del male, ci aiutano inoltre ad andare d’accordo tra di

noi e vivere in pace.

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C he cosa sono gli Noi ci siamo posti questa

domanda e dopo qualche...ricerca abbiamo trovato una risposta semplice che spiega in poche parole il suo significato: uno stereotipo è molto simile a un pregiudi-zio, cioè un’idea preconfezionata che si basa su una visione non veritiera della realtà. Uno stereotipo può essere rappresentato dalla convinzione che gli uomini siano più bravi delle donne nei settori in cui siano ri-chieste abilità manuali e particolari capacità di con-centrazione (per es. le riparazioni meccaniche, oppure pilotare un aereo) eppure se osserviamo la realtà esi-stono donne “pilota” o “comandanti “di unità navali, proprio come gli uomini. Alcuni sono riferibili all’uo-mo e altri alla donna, per es. : uomo: forte, rigido e autoritario; donna: debole, sensibile.. Tali pregiudizi sono molto diffusi e perciò difficili da evitare.

Purtroppo essi limitano tantissimo le aspirazioni delle donne lavoratrici: anche nella nostra realtà molte persone sono vittime di stereotipi ed infatti pensano che le donne siano incapaci di fare certi me-stieri o di svolgere determinate attività. Molti riten-gono che ci siano mestieri “da uomini” e “da donne” e che certi compiti ( come per esempio cucire, cucina-re, badare ai bambini, siano esclusivamente di pertinenza delle donne) sottovalutando un impor-tante aspetto: che la buona riuscita di un lavoro non dipende dal genere di appartenenza ma dalla pas-sione e dall’impegno che si ripongono nell’eseguir-lo !!!

Nel nostro paese le donne partecipano in minima parte alla vi-ta politica. Nonostante più del 50 per cento della popolazione italiana sia composta da donne, i politici, gli industriali, i fun-zionari dello stato, i banchieri ecc...sono uomini. Purtroppo sono ancora poche le donne che possono svolgere le attività un tempo destinate solo ai maschi. Inoltre, a parità di mansione, lo stipendio delle donne è spesso inferiore a quello dei colleghi maschi.

Grazie a questo lavoro abbiamo capito che ciò che siamo non dipende dal sesso di ap-partenenza, ma dai valori che abbiamo, dall’educazione che riceviamo, dalla società e dalla cultura in cui siamo “immersi”, spesso però le persone vengono educate in base alla categoria della quale fanno parte.

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C he cosa sono gli Noi ci siamo posti questa

domanda e dopo qualche...ricerca abbiamo trovato una risposta semplice che spiega in poche parole il suo significato: uno stereotipo è molto simile a un pregiudi-zio, cioè un’idea preconfezionata che si basa su una visione non veritiera della realtà. Uno stereotipo può essere rappresentato dalla convinzione che gli uomini siano più bravi delle donne nei settori in cui siano ri-chieste abilità manuali e particolari capacità di con-centrazione (per es. le riparazioni meccaniche, oppure pilotare un aereo) eppure se osserviamo la realtà esi-stono donne “pilota” o “comandanti “di unità navali, proprio come gli uomini. Alcuni sono riferibili all’uo-mo e altri alla donna, per es. : uomo: forte, rigido e autoritario; donna: debole, sensibile.. Tali pregiudizi sono molto diffusi e perciò difficili da evitare.

Purtroppo essi limitano tantissimo le aspirazioni delle donne lavoratrici: anche nella nostra realtà molte persone sono vittime di stereotipi ed infatti pensano che le donne siano incapaci di fare certi me-stieri o di svolgere determinate attività. Molti riten-gono che ci siano mestieri “da uomini” e “da donne” e che certi compiti ( come per esempio cucire, cucina-re, badare ai bambini, siano esclusivamente di pertinenza delle donne) sottovalutando un impor-tante aspetto: che la buona riuscita di un lavoro non dipende dal genere di appartenenza ma dalla pas-sione e dall’impegno che si ripongono nell’eseguir-lo !!!

Nel nostro paese le donne partecipano in minima parte alla vi-ta politica. Nonostante più del 50 per cento della popolazione italiana sia composta da donne, i politici, gli industriali, i fun-zionari dello stato, i banchieri ecc...sono uomini. Purtroppo sono ancora poche le donne che possono svolgere le attività un tempo destinate solo ai maschi. Inoltre, a parità di mansione, lo stipendio delle donne è spesso inferiore a quello dei colleghi maschi.

Grazie a questo lavoro abbiamo capito che ciò che siamo non dipende dal sesso di ap-partenenza, ma dai valori che abbiamo, dall’educazione che riceviamo, dalla società e dalla cultura in cui siamo “immersi”, spesso però le persone vengono educate in base alla categoria della quale fanno parte.

uando conosciamo e osserviamo una persona, uno dei primi “dati” che notiamo di essa è il sesso: maschile o femminile. Subito siamo portati a pensare che un uomo, per il fatto stesso di essere

maschio, sia dinamico, efficiente, capace di fare le cose, dunque adatto alla guida e al comando. Da una donna, invece, tendia-mo ad aspettarci disponibilità, capacità di comprendere e di manifestare il sentimento. Su questa differenza tra maschi e

femmine si è creata per lungo tempo una separazione netta tra uomo e donna a discapito di quest’ultima.

Nei paesi industrializzati a regime democratico, grazie alle battaglie politiche e culturali le donne sono riuscite a conquistare gli stessi diritti degli uomini in molti ambiti della vita pubblica e a veder riconosciuto il diritto alla mater-nità senza dover lasciare il posto di lavoro; eppure le leggi non bastano, perché vengano ap-plicate completamente è necessario un cambiamento della mentalità dei cittadini. Nel nostro paese è ancora radicata la mentalità secondo la quale il compito della donna sia quello di stare a casa ad accudire i figli. Purtroppo ci sono ancora molti uomini che considerano la donna una loro “proprietà” e che si sentono legittimati a controllare anche con la violenza.

Ancora oggi, in molte società del mondo, nascere donna costituisce un problema quando non, addirittura, una maledizione. Nelle società occidentali, le lunghe battaglie delle donne hanno portato alla conquista della parità sul piano legislativo e a una notevole emancipa-zione della donna all’interno della famiglia e sul luogo di lavoro, ma l’uguaglianza vera è ancora lontana!

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Le donne in politica...

l 2 giugno 1946 le donne italiane parteciparono alle elezioni politiche per scegliere la Monarchia o la Repub-

blica ed anche per scegliere i propri rappresentanti all’As-semblea Costituente. In quel periodo, prima della liberazione dal nazifascismo, le donne si erano distinte come staffette ed anche come combattenti nella lotta partigiana per la libera-zione dell’Italia.

Successivamente sono entrate a far parte delle nostre istitu-zioni. Purtroppo il loro numero è ancora ridotto rispetto a quello dei colleghi maschi.

Secondo una recente classifica del 2013, l’Italia risulta al 34esimo posto nel mondo per presenza femminile nelle assemblee parlamentari (28%) preceduta da paesi considerati ar-retrati dal punto di vista della democrazia, come Ruanda (53%) e Mozambico (42,5 %). In Europa un esempio positivo viene dai paesi scandinavi Svezia e Finlandia, anche se c’è sem-pre un leggero squilibrio tra i parlamentari uomini e donne.

...nel mondo del lavoro

Nel lavoro, le donne spesso devono affrontare tante difficoltà . Duran-te le nostre ricerche abbiamo analizzato una serie di dati statistici che rivelano la presenza delle disparità di cui tanto si parla. Per esempio, in Italia il numero delle donne dirigenti d’azienda è decisamente più basso rispetto a quello dei colleghi maschi; un’altra ingiustizia riguarda lo stipendio: sempre secondo le statistiche, a parità di mansioni e qualifiche, lo stipendio percepito dalle donne è inferiore almeno del 37% rispetto a quello degli uomini, tutto ciò accade nonostante l’articolo 37 della Costituzione Italiana reciti: “La donna lavoratrice ha gli stessi di-ritti e, a parità di lavoro, le stesse re-tribuzioni che spettano al lavoratore.

Questo poster del 1943 ritrae Ro-sie Rosie the Riveter, il simbolo delle donne americane che duran-te la seconda guerra mondiale lavoravano nelle fabbriche di mu-nizioni al posto degli uomini impe-gnati al fronte.

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Le donne in politica...

l 2 giugno 1946 le donne italiane parteciparono alle elezioni politiche per scegliere la Monarchia o la Repub-

blica ed anche per scegliere i propri rappresentanti all’As-semblea Costituente. In quel periodo, prima della liberazione dal nazifascismo, le donne si erano distinte come staffette ed anche come combattenti nella lotta partigiana per la libera-zione dell’Italia.

Successivamente sono entrate a far parte delle nostre istitu-zioni. Purtroppo il loro numero è ancora ridotto rispetto a quello dei colleghi maschi.

Secondo una recente classifica del 2013, l’Italia risulta al 34esimo posto nel mondo per presenza femminile nelle assemblee parlamentari (28%) preceduta da paesi considerati ar-retrati dal punto di vista della democrazia, come Ruanda (53%) e Mozambico (42,5 %). In Europa un esempio positivo viene dai paesi scandinavi Svezia e Finlandia, anche se c’è sem-pre un leggero squilibrio tra i parlamentari uomini e donne.

...nel mondo del lavoro

Nel lavoro, le donne spesso devono affrontare tante difficoltà . Duran-te le nostre ricerche abbiamo analizzato una serie di dati statistici che rivelano la presenza delle disparità di cui tanto si parla. Per esempio, in Italia il numero delle donne dirigenti d’azienda è decisamente più basso rispetto a quello dei colleghi maschi; un’altra ingiustizia riguarda lo stipendio: sempre secondo le statistiche, a parità di mansioni e qualifiche, lo stipendio percepito dalle donne è inferiore almeno del 37% rispetto a quello degli uomini, tutto ciò accade nonostante l’articolo 37 della Costituzione Italiana reciti: “La donna lavoratrice ha gli stessi di-ritti e, a parità di lavoro, le stesse re-tribuzioni che spettano al lavoratore.

Questo poster del 1943 ritrae Ro-sie Rosie the Riveter, il simbolo delle donne americane che duran-te la seconda guerra mondiale lavoravano nelle fabbriche di mu-nizioni al posto degli uomini impe-gnati al fronte.

nche in famiglia la donna fa il doppio della fatica rispetto all’uo-

mo! Spesso il peso della gestione familia-re ricade su di lei perché si pensa che questo sia un suo compito esclusivo. A questo si aggiunge la difficoltà legata alla carenza di sostegni di tipo sociale, come gli asili nido o strutture simili presenti nei luoghi di lavoro. Secondo i dati, nel nostro paese solo l’11% dei bambini riesce ad accede-re agli asili comunali e, non dimentichiamo, con grande sacrificio sotto il profilo economico.

Ecco perchè le donne, ancora oggi, talvolta sono costrette a rinunciare ad una opportunità di lavoro!

...e nella società

Cosa significa Promuovere le pari opportunità?

Sapete che nel 2003 l’art. 51 della nostra Costituzione è stato mo-dificato per promuovere la parità dei diritti fra tutti i cittadini? L’articolo recita: “ Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza…” . In linea con il contenuto dell’articolo sono state in-trodotte le “quote rosa” che prevedono la presenza di un certo nu-

mero di donne sia nei posti di dirigenza delle aziende pubbliche e private, sia nelle liste elettorali. Questo sistema ha animato un ampio dibattito: secondo alcuni tali quote rappresenterebbero una forma di discriminazione “alla rovescia” perché le donne, se sono veramente capaci, dovrebbero far-cela da sole, senza un aiuto! Voi cosa ne pensate?

Nella nostra società molte donne hanno raggiunto posizioni di primo piano, sapete perché? Le discrimi-

nazioni e le ingiustizie le hanno spronate a dare il meglio di sé in

tutti i settori, per es. nella politica o nel mondo scientifico.

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a situazione della donna nei paesi dell’Africa e del Medio Oriente è ancora molto difficile. Però anche al loro interno c’è

una notevole differenza tra gli stati “progressisti” dove le donne ricoprono incari-chi dirigenziali e istituzionali e i paesi tradi-zionalisti, dove la donna vive una condizione di totale sottomissione all’uomo.

Per es. in alcuni paesi le donne possono essere lapidate solo se sospettate di adulterio, come era accaduto ad Amina Lawal, una donna nigeriana che nel 2002 fu condannata per sospetto adulterio dopo aver concepito un fi-glio fuori dal matrimonio. Amina non è mai stata giustiziata grazie alle organizzazioni umanitarie che si sono mobilitate in tutto il mondo per sensibilizzare la comunità interna-zionale e per chiedere la revoca della con-danna a morte.

Non dobbiamo dimenticare la discrimina-zione e la repressione nei confronti delle donne iraniane a afghane; nonostante ciò milioni di donne stanno prendendo co-scienza della loro condizione di non li-bertà e attraverso le nuove forme di co-municazione cercano di diffondere nei loro paesi e all’estero le immagini e le pa-role d’ordine dei movimenti nati nei lo-ro paesi per raggiungere la parità dei di-ritti.

Un altro fenomeno che colpisce per la sua

drammaticità è quello delle “spose bambine”:

ragazze giovanissime vengono obbligate a sposa-

re uomini anche molto più grandi di loro; que-

sto purtroppo le espone al rischio di morte a

causa delle gravidanze precoci. Secondo l’Uni-

cef queste provocherebbero la morte di circa 70.000 persone nell’arco di un anno.

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a situazione della donna nei paesi dell’Africa e del Medio Oriente è ancora molto difficile. Però anche al loro interno c’è

una notevole differenza tra gli stati “progressisti” dove le donne ricoprono incari-chi dirigenziali e istituzionali e i paesi tradi-zionalisti, dove la donna vive una condizione di totale sottomissione all’uomo.

Per es. in alcuni paesi le donne possono essere lapidate solo se sospettate di adulterio, come era accaduto ad Amina Lawal, una donna nigeriana che nel 2002 fu condannata per sospetto adulterio dopo aver concepito un fi-glio fuori dal matrimonio. Amina non è mai stata giustiziata grazie alle organizzazioni umanitarie che si sono mobilitate in tutto il mondo per sensibilizzare la comunità interna-zionale e per chiedere la revoca della con-danna a morte.

Non dobbiamo dimenticare la discrimina-zione e la repressione nei confronti delle donne iraniane a afghane; nonostante ciò milioni di donne stanno prendendo co-scienza della loro condizione di non li-bertà e attraverso le nuove forme di co-municazione cercano di diffondere nei loro paesi e all’estero le immagini e le pa-role d’ordine dei movimenti nati nei lo-ro paesi per raggiungere la parità dei di-ritti.

Un altro fenomeno che colpisce per la sua

drammaticità è quello delle “spose bambine”:

ragazze giovanissime vengono obbligate a sposa-

re uomini anche molto più grandi di loro; que-

sto purtroppo le espone al rischio di morte a

causa delle gravidanze precoci. Secondo l’Uni-

cef queste provocherebbero la morte di circa 70.000 persone nell’arco di un anno.

egin è una ragazza afghana di vent’anni, viene da un villaggio

della provincia orientale di Kunar. Suo padre l’ha mandata a Kabul a soli nove anni perché voleva che andasse a scuola. E’ stata ospitata nell’orfanotrofio di Afce-co (Afghan Child Education and care or-ganization) una villa circondata da alte mura protette da guardie armate, dove una decina di adolescenti rimaste orfane oppure provenienti da province lontane, vivono, studiano, suonano strumenti mu-sicali, giocano a calcio. Negin di recente ha scoperto di voler fare la direttrice d’orchestra, quando ha avuto il coraggio di parlarne con i suoi genitori, il padre l’ha sostenuta consentendole di iscriversi all’Istituto nazionale della musica, un luo-go unico in Afghanistan, aperto nel 2010 grazie a una donazione della Banca Mon-diale e del Ministero dell’Istruzione. Su 200 studenti, 65 sono ragazze; maschi e femmine di diverse etnie imparano insie-me.

L’orchestra afghana “Zohra”

Purtroppo i genitori e i tre fratelli minori di Negin si sono dovuti trasferire a Kabul per sfuggire alle ritorsioni dei parenti. Negin ora vive lontana dal suo paese, rientrarvi sa-rebbe troppo pericoloso: la gente sa che è una musicista perché l’ha vista in tv e la considera una cattiva ragazza. I suoi zii hanno minacciato di uccidere suo padre perché l’ha sostenuta. Secondo loro una ra-gazza di etnia Pashtun non può suonare perché non ne hanno diritto nemmeno i maschi. Ora Negin ha un solo sogno: tornare in patria per condurre l’orchestra naziona-le...e noi facciamo il tifo per lei!

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l’“harem di Pickering”.

F acciamo un passo indietro nel tempo per conoscere la storia delle donne che per prime hanno lavorato all’Osservatorio

astronomico di Harvard. A cavallo tra Ottocento e Novecento alle donne non era concesso fare osservazioni al telescopio, perché era considerato un lavoro poco femminile. A loro spettava ordinare, dividere, catalogare e classificare il materiale che i colleghi racco-glievano osservando il cielo.

A loro si devono alcune delle scoperte più impor-tanti dell’Astronomia di quegli anni. Antonia Maury e Annie J.Cannon elaborarono la classifi-cazione stellare tuttora in uso nelle università. Nonostante questi importanti contributi allo stu-dio scientifico queste donne non poterono mai in-traprendere la carriera universitaria. Annie J.Cannon rimarrà “calcolatore”, questa era la sua mansione, fino all’età di 75 anni quando, final-mente le verrà offerta la cattedra di Astronomia. Condividiamo pienamente il messaggio dell’autri-ce del libro ”The glass universe” scritto da Dava Sobel: “le donne possono dare un grande contribu-to allo sviluppo delle conoscenze scientifiche e quindi alla crescita dell’umanità”.

Il direttore dell’Osservatorio di Harvard, E. Pickering, insieme alle donne “calcolatore”.

Il sogno di Velentina Thereshkova era poter andare nello spazio. Orfana di padre, caduto durante la Seconda guerra mondiale, Valentina lavorava in una fabbrica tessile della Russia centrale, nel tempo libero, però, si dedicava allo studio per poter acce-dere alla scuola per cosmonauti. Dopo alcuni tentativi non andati a buon fine, nel 1962 passò l’esame di ammissione e co-minciò l’addestramento per diventare astronauta. Il 16 giugno 1963, a bordo della navicella Vostok 6, volò nello spazio infini-to . Una curiosità...il suo nome in codice era Caika , “gabbiano” in lingua russa.

...e al presente. “Donne che...contano” Sono tante le donne che hanno fornito un importante contributo allo studio scientifico: Marie Curie ( vincitrice di due premi nobel, per la fisica e la chimi-ca), Rita levi Montalcini, premio Nobel per la medicina, l’astrofisica Margheri-ta Hack e...tante altre che si sono distinte nella lotta per la difesa dei diritti umani, della tutela ambientale e degli animali, ma anche nel contribuire ad accrescere le conoscenze scientifiche e a questo proposito ci piace ricordare un’eroina dei nostri giorni: Samantha Cristoforetti, la prima astronauta italia-na ad entrare negli equipaggi dell’Agenzia Spaziale Europea ad andare in orbi-ta. Un esempio di determinazione e coraggio!

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l’“harem di Pickering”.

F acciamo un passo indietro nel tempo per conoscere la storia delle donne che per prime hanno lavorato all’Osservatorio

astronomico di Harvard. A cavallo tra Ottocento e Novecento alle donne non era concesso fare osservazioni al telescopio, perché era considerato un lavoro poco femminile. A loro spettava ordinare, dividere, catalogare e classificare il materiale che i colleghi racco-glievano osservando il cielo.

A loro si devono alcune delle scoperte più impor-tanti dell’Astronomia di quegli anni. Antonia Maury e Annie J.Cannon elaborarono la classifi-cazione stellare tuttora in uso nelle università. Nonostante questi importanti contributi allo stu-dio scientifico queste donne non poterono mai in-traprendere la carriera universitaria. Annie J.Cannon rimarrà “calcolatore”, questa era la sua mansione, fino all’età di 75 anni quando, final-mente le verrà offerta la cattedra di Astronomia. Condividiamo pienamente il messaggio dell’autri-ce del libro ”The glass universe” scritto da Dava Sobel: “le donne possono dare un grande contribu-to allo sviluppo delle conoscenze scientifiche e quindi alla crescita dell’umanità”.

Il direttore dell’Osservatorio di Harvard, E. Pickering, insieme alle donne “calcolatore”.

Il sogno di Velentina Thereshkova era poter andare nello spazio. Orfana di padre, caduto durante la Seconda guerra mondiale, Valentina lavorava in una fabbrica tessile della Russia centrale, nel tempo libero, però, si dedicava allo studio per poter acce-dere alla scuola per cosmonauti. Dopo alcuni tentativi non andati a buon fine, nel 1962 passò l’esame di ammissione e co-minciò l’addestramento per diventare astronauta. Il 16 giugno 1963, a bordo della navicella Vostok 6, volò nello spazio infini-to . Una curiosità...il suo nome in codice era Caika , “gabbiano” in lingua russa.

...e al presente. “Donne che...contano” Sono tante le donne che hanno fornito un importante contributo allo studio scientifico: Marie Curie ( vincitrice di due premi nobel, per la fisica e la chimi-ca), Rita levi Montalcini, premio Nobel per la medicina, l’astrofisica Margheri-ta Hack e...tante altre che si sono distinte nella lotta per la difesa dei diritti umani, della tutela ambientale e degli animali, ma anche nel contribuire ad accrescere le conoscenze scientifiche e a questo proposito ci piace ricordare un’eroina dei nostri giorni: Samantha Cristoforetti, la prima astronauta italia-na ad entrare negli equipaggi dell’Agenzia Spaziale Europea ad andare in orbi-ta. Un esempio di determinazione e coraggio!

onostante i tanti progressi fatti negli ulti-mi decenni, la disuguaglianza fra uomini e

donne in molti aspetti della vita è ancora diffusa in tutti i paesi, al di là della loro ricchezza. Pur-troppo esistono grandi differenze nel modo in cui si allevano i bambini e le bambine: nell’istruzione, nella cura della salute e anche nella nutrizione.

Nel 2013 l’Italia si è trovata solo al 34esimo posto nel mondo come percentuale di membri femminili del Parlamento. È stata superata da molti paesi poveri dell’Africa e dell’Ameri-ca Latina.

Italia

Penisola scandinava

Nei paesi scandinavi le donne occupano posizioni impor-tanti nella società e la percentuale delle donne in parla-mento è tra le maggiori al mondo, circa il 43,6% in Sve-zia. Questi paesi hanno fatto molta strada perché le don-ne e gli uomini siano trattati allo stesso modo nei luoghi di lavoro. Ma nel settore privato la percentuale di donne che occupa posizioni di vertice, rimane ancora debole.

Africa settentrionale e Medio Oriente

Negli stati dell’Africa settentrionale e del Me-dio Oriente la media delle donne che lavora-no è molto bassa: sotto il 30% del totale della forza lavoro. Inoltre, le donne rappresentano il 67% degli analfabeti complessivi di quest’a-rea.

Asia centro-orientale

Nell’Asia centrale e orientale ben il 70% degli analfabeti è costituito da donne. Em-blematica la condizione delle donne indiane vedove o “promesse spose” a un uomo che non conoscono.

Per comprendere la condizione della donna indiana è sufficiente leggere un vecchio detto del Padma Purana (il codice familiare indiano) che recita: “La donna è creata per obbedire in tutte le età: ai geni-tori, al marito, ai suoceri ed ai figli.. Essa penserà solo a suo marito e non guarderà mai in faccia un altro uomo. Durante una prolungata assenza del marito, la moglie non uscirà di casa, non si pulirà i denti, non si taglierà le unghie, mangerà solo una volta al giorno, non dormirà su un letto, non indos-serà abiti nuovi..” Per questo non deve stupire che le bambine indiane non vengano nutrite né curate come i figli maschi, che le donne vengano sfruttate nelle attività domestiche e che percepiscano salari inferiori agli uomini.

La Svezia conferma la sua fama di Paese partico-larmente attento agli stili di vita e alla lotta contro le discriminazioni. La sex och samlevnadsundervi-sning (traduzione di “educazione sessuale”) è pra-ticata già dal lontano 1955 in tutte le scuole, de-clinata secondo gli indirizzi, ma obbligatoria per tutti i ragazzi dopo i 12-13 anni.

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protagonista del film è Wadjda, una bambina di 10 anni che vive alla periferia di Riyad. Nonostante viva in un mondo tradi-zionalista, Wadjda è una bambina affettuosa, simpatica, intraprenden-te e decisa a superare i limiti imposti dalla sua cultura. Dopo una lite con l’amico Abdullah, un ragazzino del quartiere con cui non avrebbe il permesso di giocare, Wadjda mette gli occhi su una bellissima bici-cletta verde, in vendita nel negozio vicino casa sua. La ragazzina vuole disperatamente la bicicletta per poter battere l’amico Abdullah in una gara. Tuttavia la mamma di Wadjda, per timore dei giudizi negativi di una società “maschilista” che considera le biciclette un pericolo per la virtù delle ragazzine, non permette che la figlia abbia quella bicicletta. La ragazzina decide quindi di provare a guadagnare i soldi da sola, consapevole del fatto che sua madre è troppo distratta per accorgersi di ciò che accade, occupata com’è a convincere il marito a non prendere una seconda moglie. Ben presto però i piani di Wadjda vengono ostacolati quando viene scoperta a produrre e a vendere di nascosto dei braccialetti alle compagne di scuola, la preside, molto arrabbiata e delusa, se ne accorge e minaccia di espellerla dall'istituto. Giusto nel momento in cui sta per perdere la speranza nei suoi progetti di guadagno, inaspettatamente, a scuola arriva una circolare che annuncia Lo svolgimento di una gara di recitazione del Corano, il cui premio in palio è un'ingente somma di denaro sufficiente per l'acquisto della bicicletta. La bambina coglie al volo l'occasione e si iscri-ve al concorso andando incontro a parecchie difficoltà. Ma la sua determinazione fa sì che, non senza grande impegno da parte sua, Wadjda vinca il concorso. Al momento dei ringraziamenti, la preside le chiede in che modo utilizzerà i soldi, e la bambina confessa ingenuamente di voler comprare una biciclet-ta. L'intero pubblico è indignato dalle sue parole e la preside le impedisce di ottenere il premio che viene devoluto in beneficenza.

Wadjda si è dovuta sottomettere alla chiu-sa mentalità del suo Paese, e sua madre ha fallito nel tentativo di rimanere l'unica donna dell'uomo che ama. Ma il finale del film mostra un piccolo segnale di speran-za: la sera del matrimonio del padre, Wad-jda riceve in regalo da sua madre la bici-cletta verde che desiderava tanto. Le donne devono quindi sostenersi e colla-borare per ottenere la giusta considerazio-

ne all'interno di una società classista e maschilista.

Regia: Haifaa Al Mansour; Origine: Arabia Saudita, Germania, 2012.

A noi questo film è piaciuto tanto perché offre numerosi spunti di rifles-sione sulla condizione femminile in generale, ed in particolare sul ruolo della donna nei paesi islamici. Sembra incredibile che in un paese economi-camente sviluppato come l’Arabia Saudita, alle donne non sia permesso guidare l’auto, nonostante non esista una legge ufficiale che impedisca que-sta azione. In virtù di un’ordinanza governativa del 1990 tale consuetudi-ne è ormai consolidata e le donne che violano questo divieto rischiano l’ar-resto. Secondo il Gender Inequali-ty Index (Indice della disuguaglianza di genere) del Programma delle Na-zioni Unite per lo sviluppo, l’Arabia Saudita si colloca al 145°posto su 148 paesi, con una partecipazione delle donne al mercato del lavoro nel Pae-se, tra le più basse al mondo. A que-sto si aggiunge la pratica barbarica della lapidazione messa in atto dal governo per punire le donne che non intendono “allinearsi” con il regime. Per concludere consigliamo a tutti questo film perché “tra una sequenza e l’altra” incita le donne a diventare più consapevoli dei propri diritti e a lottare instancabilmente per vederli riconosciuti. Insomma…se noi (uomini o donne) aspiriamo a qualco-sa, dobbiamo fare tutto ciò che è in nostro potere per averla. In definitiva…non bisogna arren-dersi mai!!

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protagonista del film è Wadjda, una bambina di 10 anni che vive alla periferia di Riyad. Nonostante viva in un mondo tradi-zionalista, Wadjda è una bambina affettuosa, simpatica, intraprenden-te e decisa a superare i limiti imposti dalla sua cultura. Dopo una lite con l’amico Abdullah, un ragazzino del quartiere con cui non avrebbe il permesso di giocare, Wadjda mette gli occhi su una bellissima bici-cletta verde, in vendita nel negozio vicino casa sua. La ragazzina vuole disperatamente la bicicletta per poter battere l’amico Abdullah in una gara. Tuttavia la mamma di Wadjda, per timore dei giudizi negativi di una società “maschilista” che considera le biciclette un pericolo per la virtù delle ragazzine, non permette che la figlia abbia quella bicicletta. La ragazzina decide quindi di provare a guadagnare i soldi da sola, consapevole del fatto che sua madre è troppo distratta per accorgersi di ciò che accade, occupata com’è a convincere il marito a non prendere una seconda moglie. Ben presto però i piani di Wadjda vengono ostacolati quando viene scoperta a produrre e a vendere di nascosto dei braccialetti alle compagne di scuola, la preside, molto arrabbiata e delusa, se ne accorge e minaccia di espellerla dall'istituto. Giusto nel momento in cui sta per perdere la speranza nei suoi progetti di guadagno, inaspettatamente, a scuola arriva una circolare che annuncia Lo svolgimento di una gara di recitazione del Corano, il cui premio in palio è un'ingente somma di denaro sufficiente per l'acquisto della bicicletta. La bambina coglie al volo l'occasione e si iscri-ve al concorso andando incontro a parecchie difficoltà. Ma la sua determinazione fa sì che, non senza grande impegno da parte sua, Wadjda vinca il concorso. Al momento dei ringraziamenti, la preside le chiede in che modo utilizzerà i soldi, e la bambina confessa ingenuamente di voler comprare una biciclet-ta. L'intero pubblico è indignato dalle sue parole e la preside le impedisce di ottenere il premio che viene devoluto in beneficenza.

Wadjda si è dovuta sottomettere alla chiu-sa mentalità del suo Paese, e sua madre ha fallito nel tentativo di rimanere l'unica donna dell'uomo che ama. Ma il finale del film mostra un piccolo segnale di speran-za: la sera del matrimonio del padre, Wad-jda riceve in regalo da sua madre la bici-cletta verde che desiderava tanto. Le donne devono quindi sostenersi e colla-borare per ottenere la giusta considerazio-

ne all'interno di una società classista e maschilista.

Regia: Haifaa Al Mansour; Origine: Arabia Saudita, Germania, 2012.

A noi questo film è piaciuto tanto perché offre numerosi spunti di rifles-sione sulla condizione femminile in generale, ed in particolare sul ruolo della donna nei paesi islamici. Sembra incredibile che in un paese economi-camente sviluppato come l’Arabia Saudita, alle donne non sia permesso guidare l’auto, nonostante non esista una legge ufficiale che impedisca que-sta azione. In virtù di un’ordinanza governativa del 1990 tale consuetudi-ne è ormai consolidata e le donne che violano questo divieto rischiano l’ar-resto. Secondo il Gender Inequali-ty Index (Indice della disuguaglianza di genere) del Programma delle Na-zioni Unite per lo sviluppo, l’Arabia Saudita si colloca al 145°posto su 148 paesi, con una partecipazione delle donne al mercato del lavoro nel Pae-se, tra le più basse al mondo. A que-sto si aggiunge la pratica barbarica della lapidazione messa in atto dal governo per punire le donne che non intendono “allinearsi” con il regime. Per concludere consigliamo a tutti questo film perché “tra una sequenza e l’altra” incita le donne a diventare più consapevoli dei propri diritti e a lottare instancabilmente per vederli riconosciuti. Insomma…se noi (uomini o donne) aspiriamo a qualco-sa, dobbiamo fare tutto ciò che è in nostro potere per averla. In definitiva…non bisogna arren-dersi mai!!

La violenza non nasce dal nulla

Le cause della violenza contro le donne sono diverse. Secondo gli esperti chi commette que-sti atti ha qualche problema familiare o perso-nale. Gli episodi che leggiamo sui giornali non nascono dal nulla. E’ per questo motivo che per contrastare questi reati non bastano le solite pene nei confronti di chi li commette, ma è in-dispensabile cambiare il nostro modo di vedere la donna nella società e tra le mura domesti-che.

Il femminicidio La violenza domestica è la prima causa di morte nel mondo per le donne tra i 16 e i 44 anni. Per questo dobbiamo comprendere che non è un feno-meno raro, causato solo da persone malvagie, ma può riguardare chiunque, anche persone conside-rate “insospettabili” solo per il ruolo che rivestono nella società o per l’estrazione sociale, purtroppo questi aspetti non sempre sono direttamente pro-porzionali alle loro buone intenzioni. La violenza sulle donne, spinge fino all’omicidio. E’ fonda-mentale una reale e profonda rivoluzione che por-ti a un’effettiva parità fra uomini e donne.

Il dramma di Malala

Durante il regime islamico fondamentalista dei Tale-bani in Afghanistan, uomini e donne incontravano numerosissime costruzioni e divieti. Era vietato ascoltare musica, guardare show televisivi e portare i capelli troppo corti; in particolare le donne. Dopo l’intervento militare della NATO nel 2001 il regime è caduto ma i Talebani hanno continuato a essere in-fluenti nel paese. Nella valle dello Swat viveva Mala-la Yousafzai una ragazza che pensò di far conoscere al mondo intero i divieti sulle ragazzine per impedire loro di andare a scuola. Malala fu aggredita a colpi di arma da fuoco da due talebani, ma grazie a una deli-cata operazione chirurgica, riuscì a salvarsi e da allo-ra non ha mai smesso di portare avanti la sua lotta contro la violazione dei diritti umani.

Arresto obbligatorio in flagranza, introdotto il braccialetto elet-tronico Se le forze dell’ordine sorprenderanno una persona nell’atto di commettere i reati di maltrattamenti in famiglia e stalking, do-vranno arrestarlo all’istante. Inoltre, la polizia giudiziaria, se autorizzata e se ricorre la flagranza di gravi reati (tra cui lesioni gravi, minaccia aggravata e violenze), può applicare la misura dell’allontanamento d’urgenza dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa. I destinatari di questo provvedimento potranno essere controllati attraverso il braccialetto elettronico o altri strumenti elettronici. Nel caso di atti persecutori, inoltre, sarà possibile ricorrere alle intercettazioni telefoniche.

Decreto Legge 14/08/2013 n° 93

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Sapete che in Italia si sta affermando una nuova figura di “maschio”? Eh si, oggi molti uomini hanno abbandonato gli stereotipi che li volevano “rigidi” e “severi”, incapaci di comprendere gli altri, soprattutto i figli. I giovani papà sono più presenti in famiglia e cercano di occuparsi dei

loro bambini al pari delle donne...un bel cambiamento!

Cosa pensate della distinzione tra maschi e femmine in base ai colori dei capi di abbiglia-mento, dei giochi, dei libri o riviste per ra-

gazzi o ragazze ? Anche voi ritenete che l’AZZURRO sia sinonimo di MASCHIO e il

ROSA di FEMMINA? Noi crediamo che questo stereotipo debba scomparire...anche se è molto difficile perché le aziende che pro-ducono i giochi, i vestiti e altro, attraverso la pubblicità spingono noi consumatori (e so-prattutto i bambini inconsapevoli) ad acqui-stare l’articolo anche in relazione al colore

…ma ricordatevi: il sesso

NON HA COLORE!

Anche la scelta dei giochi è condizionata dalla pubbli-cità...chi ha detto che le bambine non possono usare i giochi riservati ai maschi oppure giocare a calcio?

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Sapete che in Italia si sta affermando una nuova figura di “maschio”? Eh si, oggi molti uomini hanno abbandonato gli stereotipi che li volevano “rigidi” e “severi”, incapaci di comprendere gli altri, soprattutto i figli. I giovani papà sono più presenti in famiglia e cercano di occuparsi dei

loro bambini al pari delle donne...un bel cambiamento!

Cosa pensate della distinzione tra maschi e femmine in base ai colori dei capi di abbiglia-mento, dei giochi, dei libri o riviste per ra-

gazzi o ragazze ? Anche voi ritenete che l’AZZURRO sia sinonimo di MASCHIO e il

ROSA di FEMMINA? Noi crediamo che questo stereotipo debba scomparire...anche se è molto difficile perché le aziende che pro-ducono i giochi, i vestiti e altro, attraverso la pubblicità spingono noi consumatori (e so-prattutto i bambini inconsapevoli) ad acqui-stare l’articolo anche in relazione al colore

…ma ricordatevi: il sesso

NON HA COLORE!

Anche la scelta dei giochi è condizionata dalla pubbli-cità...chi ha detto che le bambine non possono usare i giochi riservati ai maschi oppure giocare a calcio?

“Essere uomo” non si-gnifica solo forza e coraggio, ma anche avere sentimenti ed emo-

zioni […]”

Secondo me le femmine e i maschi hanno gli stessi diritti. Un uomo può fare il domestico e

una donna può lavorare in campagna. En-trambi possono vestire di nero o rosa. Secon-

do me possono fare le stesse cose.

“Essere uomo” significa rispettare e non discriminare nessuno per il co-

lore, la cultura e le proprie

abitudini.

Un uomo potrebbe vestirsi di rosa e una donna Araba usare i pantaloni senza es-sere discriminata. Ma que-

sto è impossibile.

In Italia siamo abbastanza for-tunati perché gli uomini e le

donne hanno la stessa impor-tanza, mentre in altri paesi le donne non contano niente.

Spesso le donne sono vittime della violenza dei loro mariti o compa-gni. Io spesso penso: “ma questi come fanno a picchiare la donna che dicono di amare”?

Uomini e donne devono avere la possibilità di crescere insieme e di esprimersi senza divieti o limitazioni...

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Progetto grafico ed elaborazione testi

a cura degli alunni della classe 2ªC

Angioni Nikolas

Atzeni Dennis

Cappai Gabriele

Cappai Salvatore

Carta Alessandra

Cau Enrico

Cocco Gabriele

Derudas Michelle

Mannu Francesco

Meloni Salvatore

Nurra Samuele

Pilu Ilaria

Pinna Paolino

Porcu Nicolò

Scarpa Gianmichele

Sias Giovanni

Tola Giampaolo


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