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Itinerari di architettura, Milano

Date post: 26-Mar-2016
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Itinerari di architettura, Milano
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Riccardo Badano Matricola: 3258598 Università degli studi di Genova Facoltà di Architettura Corso di Laboratorio di Progettazione V A.A 20122013 Prof. Arch. Marco Casamonti Arch. Mattia Cadenazzi_ Arch. Carlotta Costantino_ Arch. Federica Poggio Carlotta Bassi Matricola: 3273403 Serena Benvenuto Matricola: 3199549 Camilla Corsi Matricola: 3253340 Guya Di Bella Matricola: 3242043 Marco Gaggero Matricola: 3251919 Giulia Lecchini Matricola: 3266001 Davide Vitelli Matricola: 3250226 GRUPPO N° 6 ITINERARI DI ARCHITETTURA MILANO 1912\2012
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Page 1: Itinerari di architettura, Milano

Riccardo BadanoMatricola: 3258598

Università degli studi di Genova Facoltà di ArchitetturaCorso di Laboratorio di Progettazione V A.A 2012-­2013

Prof. Arch. Marco Casamonti

Arch. Mattia Cadenazzi_ Arch. Carlotta Costantino_ Arch. Federica Poggio

Carlotta BassiMatricola: 3273403

Serena BenvenutoMatricola: 3199549

Camilla CorsiMatricola: 3253340

Guya Di BellaMatricola: 3242043

Marco GaggeroMatricola: 3251919

Giulia LecchiniMatricola: 3266001

Davide VitelliMatricola: 3250226

GRUPPO N° 6

ITINERARI DI ARCHITETTURA

MILANO

1912\2012

Page 2: Itinerari di architettura, Milano

01_Ca’ Brutta

02_Palazzo di Giustizia

03_Villa Necchi Campiglio

04_Palazzo dell’Arte

06_Casa Rustici

07_Palazzi Montecatini

08_Palazzo dell’Arengario

09_Università Bocconi

10_Condominio XXI Aprile

11_ Complesso edilizio, Corso Italia

12_ PAC

13_Torre Breda

14_Complesso edilizio, Via Nievo

15_Grattacielo Pirelli

16_Torre Velasca

17_Complesso edilizio, Via Quadronno

18_Chiesa SS.Battista e Paolo

19_Chase Manhattan Bank

20_Gallaratese

21_Sede della Mondadori

22_Monumento a S.Pertini

23_Università della Bicocca

24_Nuovo Portello

25_Ristrutturazione Teatro Scala

26_Ampliamento Bocconi

27_Fiera Milano Rho

28_Museo del Novecento

Page 3: Itinerari di architettura, Milano

25_Ristrutturazione Teatro Scala

26_Ampliamento Bocconi

27_Fiera Milano Rho

28_Museo del Novecento

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Page 7: Itinerari di architettura, Milano

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project: Cà Brutta

typology: housing

architect Giovanni Muzio

realization: 1919-­1923

address: Via Moscova 12

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RIFERIMENTO IMMAGINI| AUTORI

1_Veduta da largo Bertani

2_L’angolo tra via Appiani e la via privata con l’accesso ai garages

3_Il fronte del corpo in linea lungo la via privata

4_Il fronte alto del corpo in linea

5_La soluzione dell’angolo tra via Moscova e via Appiani

6_Ingresso di servizio nella corte

7_Le due testate lungo via Turati

8_L’arco di collegamento su via Turati

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

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Giovanni Muzio nasce a Milano il 12 febbraio 1893. A Bergamo dove si

quando si stabilisce a pavia per seguire il biennio propedeutico di inge-­

gneria. Nel 1912 è a Milano, dove si iscrive al III corso per gli architetti

civili al Politecnico: agli ultimi anni di studio risalgono le frequentazioni

e l’amicizia con Sironi, Funi, Boccioni, con cui partecipa alle incande-­

diale. Laureatosi nel 1915, è subito chiamato alle armi. Fino al 1919

vive in prima persona l’esperienza della guerra, svolgendo incarichi

militari prima in Piemonte e poi in Veneto, dove impara a conoscere

ed amare la lezione classica delle architetture palladiane. Dal 1919 è

a Parigi dove lavora presso la sezione militare della Conferenza per la

pace;; qui conosce Ungaretti e entra in contatto con i principali circoli

artistici francesi.

Per Giovanni Muzio gli anni dell’immediato dopoguerra scandiscono

le tappe di un’intensa operosità, presto indirizzata sulle tracce di un

continuo ripensamento di pochi, costanti temi: il legarsi dell’architettura

ad un’idea di “lunga durata”, l’irrompere del classico aspirazione all’au-­

torevolezza e alla coerenza progettuale;; la pertinenza del materiale e

la considerazione della tecnica come supporto e non come linguag-­

gio programmaticamente espressivo;; il senso della tradizione come

autonomia nella continuità;; l’idea, soprattutto, dell’architettura come

più ampio progetto dell’arte di costruire la città.

L’incontro con padre Agostini Gemelli segna l’inizio di un ininterrotto

rapporto di collaborazione con l’Ordine dei Frati Minori: dall’Università

Cattolica (1927-­1949) al complesso dell’Angelicum di Milano (1939-­

Muzio esprimerà nell’asciutto rigore delle sue architetture la sostanza

stessa dell’istituzione religiosa e del suo programma di visibile presen-­

za nelle articolazione del sociale. Ma soprattutto per Muzio i grandi

complessi milanesi costituiranno l’opportunità di un progetto di ricuci-­

tura dei tessuti storici della città nel tramite di un’architettura chiamata

a testimoniare di una continuità della tradizione e della sua perenne

vitalità.

La nuova sede del Palazzo dell’Arte al Parco del Sempione (1933),

il Palazzo dei giornali di piazza Cavour (1938-­40), il progetto per il

Mausoleo di Ataturk (1938) ad Ankara, le numerose case abitazione

costruite a Milano nelle zone della nuova espansione, saranno altret-­

tante risposte alle richieste di una nuova monumentalità come rap-­

presentazione dell’istituto pubblico e tangibile espressione del decoro

urbano. Nel secondo dopoguerra Muzio continua a essere fedele ai

temi della sua stagione felice, sia nel suo lavoro di docente, sia in

quello di costruttore.

Giovanni Muzio muore a Milano il 21 maggio 1982.

Page 8: Itinerari di architettura, Milano

strisce orizzontali, individuate da piani cromatici di vario peso.

Nella parte inferiore, un rivestimento in travertino crea il riferimento

ad una sorta di basamento rustico con corsi ad altezza differenziata

di due o tre piani;; nella cona mediana, il trattamento dell’intonaco alla

francese (cemento spruzzato su fondo a calce) individua una stesura

grigia a forte carattere chiaroscurale;; mentre l’ultima fascia eseguita in

marmorino palladiano (calce e polvere di marmo), introduce più lievi

ritmo coloristici coi toni del bianco, del nero e del rosa.

Al progressivo décalage cromatico che alterna toni della base con

quelli ariosi degli ultimi piani, corrisponde così l’assotigliarsi graduale

della struttura che sfrangia a massiccia compattezza dei primi sei piani

nella composita sagomata soluzione del settimo mansardato.

L’alternarsi delle schermaglie chiaroscurali e l’accentuato gusto per il

di elementi di dettaglio, liberamente assunti dalla gramamtica classica.

architettonica di balaustre, altane e tagliafuochi.

L’equiparazione inoltre di elementi funzionali ed elementi solo allusivi

una prospettiva fortemente illusionistica la percezione immediata del-­

le singole componenti e l’individuazione stessa della loro ascendenza

formale.

Accade così che il fronte di Via Turati viene enfatizzato attraverso il

ricorso alla soluzione delle due testate che, grazie al lieve aggetto,

al basamento continuo in travertino, alle altane, assumono una certa

autonomia. Il prospetto lungo su Via Moscova esibisce invece l’arretra-­

mento degli ultimi due livelli;; poi, il brusco risvolto su Via Appiani, se-­

gna lo scarto tra le modulazioni piatte su Via Moscova e le più pronun-­

ciate articolazioni di quella su Via Appiani. Un pesante portico scandito

da tozze colonne accoglie l’ingresso e la sagoma aggettante di uno

sbalzo centrale, secondo una soluzione volumetrica ripetuta lungo Via

Mangili. Anche in questo caso, il passaggio tra le due facciate è media-­

to dalla sagoma appuntita di uno smusso che originariamente ospitava

l’accesso, oggi murato, ai garages sottoerranei.

“Casa torva, scontrosa, inamabile, qui non l’inutile ha ispirato l’archi-­

tetto, ma la Necessità [...]. L’angolo è smussato per facilitare la fuga

di quei pochi che riescono ad evadere dal Carcere del Bisogno”;; con

suo diario milanese.

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project: Cà Brutta

typology: housing

architect: Giovanni Muzio

realization: 1919-­1923

address: Via Moscova 12

Comunemente considerata emblematico manifesto di quel movimen-­

to etichettato come “Novecento” architettonico, la casa che l’architetto

1922, è stata il controverso oggetto di una singolare quanto contrad-­

dittoria fortuna critica.

Bollata, infatti, dai contemporanei come opera freddamente “moderni-­

sta” ed eccessivamente anticipatrice, tanto da guadagnarsi l’appellati-­

vo popolare Cà Brutta, si è pure meritata nelle valutazioni della critica

successiva l’ambiguo riconoscimento della “promessa mancata”. Non

sono però mancati riconoscimenti di originalità espressiva e contributi

innovatori ad opera, ad esempio, di Marcello Piacentini che ne assun-­

se pubblicamente le difese lodandone la semplicità ispirata all’edilizia

minore come un ritorno alla “schiettezza della nostra razza”.

mancato però di scorgere forme e modi poi sviluppati dall’avanguardia

razionale: l’impostazione urbanistica, in primo luogo, precorritrice di un

più libero disporsi ai limiti del lotto;; la franca dichiarazione tipologica

va nel libero distribuirsi dei vari fronti della casa.

Al centro degli interrogativi riguardo al complesso di Via Moscova vi

era inoltre il suo esuberante programma iconologico e decorativo. Il

suo carattere di ostentato intellettualismo è stato visto, di volta in volta,

al passato nei modi di un’analitica scomposizione della grammatica

classica. Si è potuto guardare insomma a quella secca trascrizione di

coro o, al contrario, come un’inedita testimonianza di una componente

espressionistica, quasi presaga dei complessi problemi che all’archi-­

tettura andava ponendo la costruzione della nuova città.

esteso ad occupare l’intero isolato tra le attuali Via Turati, Moscova,

Appiani e Cavalieri.

Una strada privata ne attraversa il lotto trapezoidale, dividendone

l’ampia mole in due distinti corpi di fabbrica, ricongiunti in facciata da

labile ad un triangolo dagli spigoli arrotondati) parte da Via Turati e,

seguendo il perimetro dell’area, spicca nell’angolo sulla Piazza Bertani

una spettacolare curva di raccordo con l’altro fronte rettilineo su Via

Moscova. Quello minore, invece (un blocco in linea ad un impianto

rettangolare) corre parallelamente alle Vie Cavalieri e Mangili, segnan-­

do l’ampiezza massima del lotto. Nell’originario paesaggio urbano ne

risultava quindi l’effetto di una massa piena e massiccia che premeva

con cortine alte e compatte lungo l’intero perimetro dell’area

RIFERIMENTO IMMAGINI|

1_Piante del sottoterreno, del pian terreno, del quinto piano e del sesto piano

2_Studi di sezioni

3_Dettagli di facciata e calcolo delle mansarde e testate scale

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Page 9: Itinerari di architettura, Milano

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project: Palazzo di Giustizia di Milano

typology: public

architect: Marcello Piacentini

realization: 1931-­1940

address: Corso di Porta Vittoria

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RIFERIMENTO IMMAGINI| AUTORI

1_Vista satellitare del Palazzo di Giustizia_bing maps

2_Particolare torre da Via San Barnaba_www.lombardiabeniculturali.it

3_Scorcio da Corso di Porta Vittoria e Via Carlo Freguglio_street view

4_Zoom su ingresso in Via San Barnaba_www.corteappellomilano.it

5_Particolare ingresso principale_www.corteappellomilano.it

6_Statua della Giustizia nel parcheggio interno_www.corteappellomilano.it

7_Scorcio da Via Carlo Freguglio e Via San Barnaba_street view

8_Bassorilievo facciata di Via San Barnaba_www.giustiziamilano.it

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

Mario Lupano -­ Marcello Piacentini -­ Laterza, 1991 -­ pag. 142-­145

www.corteappellomilano.it

www.lombardiabeniculturali.it

www.giustiziamilano.it

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Marcello Piacentini nasce l’8 dicembre 1881 a Roma. Manifesta una precocissima vocazione per l’architettura che coltiva con ostinatezza. Collabora con il padre Pio Piacentini all’attività professionale e cultu-­rale. Nel 1906 consegue il diploma di Professore di disegno architet-­tonico.Il 10 novembre 1909 si costituisce la “Società Pio e Marcello Piacen-­tini”. I viaggi all’estero non sono infrequenti, nel 1910 Marcello si reca a Parigi e poi a Bruxelles. Nell’estate 1913 viaggia attraverso le città della Germania, traendone grandi insegnamenti. A Roma, tra il 1911 e il 1916, all’interno dell’Associazione Artistica fra i Cultori di Architettura partecipa ai lavori delle commissioni speciali guidate da G. Giovannoni per elaborare studi e proposte di edilizia romana, altrettanti esempi di critica operativa al vigente Piano Regolatore della Capitale.Nel febbraio 1915 parte alla volta degli Statu Uniti per seguire la co-­

Exposition of San Francisco, per il quale era stato incaricato della progettazione da Ernesto Nathan. Il padiglione, inaugurato il 24 aprile 1915, è accolto con molto successo di pubblico e critica, vince l’uni-­co Grand Prix dell’Esposizione (su 110 padiglioni americani e stranie-­ri partecipanti). Prova entusiasmo per quel modo di vivere moderno,

per il funzionamento dei servizi pubblici. Prova orrore per il paesaggio monotono e antiartistico. Quando torna in Italia la guerra è già iniziata. Non interrompe la privata attività professionale. Nel 1919 viene liqui-­

in via del Clementino 94.Codirige, con G. Giovannoni, la nuova rivista “Architettura e arti de-­corative”, grande sforzo editoriale patrocinato dalla Associazione Arti-­stica fra i Cultori. Il 6 aprile 1928 muore il padre di Pio Piacentini. Nei

espressi dallo Stato fascista. Piacentini intanto segue con interesse e preoccupazione le prime mosse dei giovani architetti razionalisti. Nell’agosto 1930 torna in Germania (nel 1929 era stato a Berlino) per

-­senhof e le concrete architetture non ha dubbi, preferisce le seconde.

-­centini la Direzione generale della progettazione e realizzazione della Città Universitaria di Roma. Piacentini tramuta l’incarico in esperienza di progettazione collettiva, chiamando a collaborare un gruppo di pro-­gettisti, tra i migliori d’Italia. Nei primi mesi del 1937 si reca più volte a Parigi per seguire i lavori di costruzione e presenziare l’inaugurazione del Padiglione italiano all’Esposizione internazionale. La smania del lavoro gli distrugge la salute. Nel 1959 dovrà arrendersi alla malattia. Muore a Roma il 18 maggio 1960.

Page 10: Itinerari di architettura, Milano

Per trent’anni si contrapposero soluzioni diverse senza che nessuna si

concretizzasse, sino a quando, alla metà degli anni Venti, fu disposto il

trasferimento a Baggio della vecchia caserma di S. Prassede, in corso

to i requisiti necessari per il nuovo palazzo. Intanto fu bandito un con-­

corso per il progetto della nuova sede, che avrebbe dovuto essere ispi-­

rata ad un’idea “semplice e severa”, rispondente allo scopo e degna

della città di Milano. Fra gli undici progetti presentati nessuno contem-­

plava pienamente i requisiti per essere messo in opera;; forse anche

per difetto di chiarezza del bando, il primo premio non venne dunque

assegnato e furono riconosciuti tre premi a pari merito. Sull’esito del

concorso fu impostato l’incarico del Podestà a Marcello Piacentini,

in quegli anni in grado di vantare vasta eco e riconoscimenti, per la

progetti già presentati e premiati e, avvalendosi anche esclusivamente

progetto quanto nell’esecuzione delle opere. Il progetto di Piacentini,

che in qualità di legato del Ministero dell’Educazione Nazionale doveva

pronunciarsi anche sul piano regolatore della città, fu poi presentato al

Capo dello Stato, ottenendo immediato ed incondizionato consenso

per esser stato giudicato “grandioso e razionale ad un tempo, degno

quindi della Giustizia e di Milano”. I lavori furono iniziati nel 1932 e

portati a termine nel 1940;; negli otto anni trascorsi Piacentini si avvalse

della collaborazione dell’architetto Ernesto Rapisardi che seguì il can-­

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project: Palazzo di Giustizia di Milano

typology: public

architect: Marcello Piacentini

realization: 1931-­1940

address: Corso di Porta Vittoria

Il complesso si trova lungo corso di Porta Vittoria, ad est dell’antica

cerchia dei navigli, ed occupa un’area quadrilatera di circa 30.000 mq,

un enorme volume che si eleva su una pianta a forma di trapezio,

aperta da otto cortili di differente ampiezza. Il palazzo è diviso in tre

su via Manara e via Freguglia, la Pretura, con ingresso dalla via San

Barnaba. Al vertice sud-­ovest si innalza una torre, alta 61 metri, origi-­

nariamente destinata a custodire l’Archivio e a lungo luogo di deposito

provvisorio dei materiali oggi conservati all’Archivio Civico. Oltre alle

quattro ingressi principali, destinati al pubblico, e alcuni ingressi minori,

riservati agli impiegati e ai servizi, si aprono a perimetro.

La distribuzione interna è garantita da sei scaloni e nove ascensori, cui

si aggiungono numerose scale secondarie che completano le comuni-­

cazioni interne. Preceduta da una monumentale gradinata, la facciata

principale è aperta da un triplice portale di accesso al grande vestibolo

di smistamento, alto venticinque metri. La fronte è sormontata da una

epigrafe giustinianea, unico elemento decorativo sul coronamento. La

severa architettura, mirata a conferire al palazzo la monumentalità in

grado di soddisfare le esigenze celebrative del regime, è arricchita da

numerose opere artistiche che rappresentano il tema della Giustizia;;

sculture, pitture e mosaici caratterizzano gli ambienti. Bassorilievi di

Fausto Melotti ornano i tre portali d’ingresso su via Freguglia e su via

San Barnaba, dove risaltano ai lati bassorilievi di Corrado Vigni. Al cen-­

tro del cortile d’onore è collocata la più grande statua del complesso, la

All’interno la solennità degli ambienti lascia ampio spazio alle opere

artistiche in una sorta di grande museo. Particolarmente suggestiva è

l’aula della Corte d’Appello civile dove, accanto al cromatismo dei mar-­

mi, delle pietre di rivestimento e delle vetrate, sono collocati tre grandi

bassorilievi che formano un trittico imponente: la “Giustizia romana” di

Romano Romanelli, al centro la “Giustizia corporativa” di Arturo Marti-­

ni, e la “Giustizia biblica” di Arturo Dazzi.

Anche pittori insigni hanno lasciato testimonianze, con opere ispirate al

tema della Giustizia;; sugli altri, Carlo Carrà, cui si devono due affreschi

disegnati nel 1933 e realizzati poi nel 1938, e Mario Sironi, autore di un

mosaico realizzato nel 1936.

zia di piazza Beccaria risultava inadeguata alle esigenze, tanto che si

pensò di trasferire le preture “nell’informe fabbricato verso le carceri”.

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RIFERIMENTO IMMAGINI|

1_Pianta piano terreno_www.lombardiabeniculturali.it

2_Prospetto principale_Marcello Piacentini, pag.142

3_Sezione longitudinale_Marcello Piacentini, pag. 143

Page 11: Itinerari di architettura, Milano

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project: Villa Necchi Campiglio

typology: housing

architect: Piero Portaluppi

realization: 1932-­1935

address: Via Wolfango Amedeo Mozart 4

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RIFERIMENTO IMMAGINI| AUTORI

1_Giardino d’inverno, particolare dell’esterno

2_Galleria al primo piano che conduce agli appartamenti padronali

3_Prospetto principale

4_Scala interna

5_Giardino d’inverno, particolare dell’interno

6_Dettaglio del copricalorifero in ottone

7_Dettaglio porte di sicurezza in alpaca

8_Sala da pranzo con porte scorrevoli

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

Luca Molinari, Fondazione Piero Portaluppi-­Piero Portaluppi: linea errante

nell’architettura del Novecento;; Milano 2003, Skira editore

www.portaluppi.org

www.fondoambiente.it

Visita guidata a Villa Necchi Campiglio 7/11/12

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Piero Portaluppi nasce a Milano il 19 marzo 1988.

Nel 1905 si diploma all’Istituto tecnico Carlo Cattaneo e si iscrive al

zecchi. Nel periodo universitario iniziano anche i primi lavori come ca-­

ricaturista, collabora con alcuni giornali satirici milanesi, tra essi “Il Ba-­

bau” e “L’uomo di pietra”. Nel settembre 1910 si laurea in architettura

con 98,33 su 100 e viene premiato con la medaglia d’oro che il Collegio

degli Ingegneri e degli Architetti di Milano conferiva al migliore laure-­

ato del Politecnico. L’anno seguente ottiene la nomina ad “assistente

straordinario di Architettura superiore” aggregato al corso di Gaetano

Moretti, iniziando così la carriera accademica. Contemporaneamente

avvia l’attività professionale.

primo piano dell’imprenditoria elettrica italiana, per il quale, tra il 1912

e il 1926, realizza numerose centrali idroelettriche, le più spettacolari in

Val Formazza. Nel 1913 sposa Lia Baglia, nipote di Conti, con la quale

ne faranno seguito molti altri tra i quali “Milano com’è ora e come sarà”

sul piano regolatore del 1927, e soprattutto due libri sulla sua attività,

“Aedilitia I” nel 1924 e “Aedilitia II” nel 1930.

Chiamato alle armi durante la Prima Guerra Mondiale, al termine del

quello della borghesia milanese. Nel 1920 realizza due progetti simbo-­

lo della sua attività;; il grattacielo S.K.N.E. e i grandi blocchi residenziali

del quartiere di Allabanuel, che costituiscono il manifesto della sua iro-­

nia architettonica e insieme una visione scettica sulla modernità e sul

fenomeno dell’urbanesimo. Durante gli anni ‘20 e ‘30 viaggia molto in

Europa per motivi di studio ed è impegnato inoltre in una crescente atti-­

vità progettuale che, oltre alle centrali idroelettriche, lo porta alla realiz-­

e privati sempre nella città di Milano. Nel 1927 entra nel Rotary Club e

partecipa molto attivamente alla vita sociale milanese anche durante

gli anni del fascismo. Esporrà anche alla V Triennale del 1933 assieme

ai BBPR, presentando il progetto della Villa del sabato per gli sposi.

Continua inoltre la sua attività di docente aperto al dialogo con i gio-­

vani razionalisti ed ottiene la cattedra di Composizione Architettonica

1963, anno di ritiro dall’attività accademica. Ottiene successivamente

dell’Ordine degli Architetti tra il 1952 e il 1963. Una fortuna pubblica

che corrisponde inversamente a un silenzio della critica e delle riviste

specializzate sulla sua produzione architettonica che, per quanto pro-­

Il 6 luglio 1967 Portaluppi si spegna nella sua casa in Corso Magenta.

Page 12: Itinerari di architettura, Milano

Gli interni sono stati in parte rimaneggiati nel dopoguerra da Tomaso

Buzzi, che ha sostituito un’ovattata e tutto sommato più rassicurante

eleganza borghese (con richiami al Settecento francese) alla geome-­

trica allure anni Trenta, di cui restano tracce in particolare nella stanza

del mobilio per i locali di servizio.

Di originale, oltre ai preziosi rivestimenti di pavimenti (talora in noce o

rovere, talora in travertino e marmo verde come nel giardino d’inverno)

e pareti (nella sala da pranzo ad esempio la parete è rivestita in per-­

gamena), rimangono alcuni tocchi che bastano di per sè a suggerire

le griglie copricalorifero a maglie geometriche in ottone, la balaustra

Portaluppi, infatti, progettò personalmente alcuni arredi della villa

come gli armadi a scomparsa, tavoli in marmo e lapislazzuli, il divano

ad “s” del giardino d’inverno, l’arredo per la servitù, e, allo stesso tem-­

Una serie si accorgimenti tecnici (i citofoni per comunicare da un piano

all’altro, l’ascensore, il passavivande, la climatizzazione della ceranda

e della piscina,le porte di ottone di sicurezza della veranda) segnalano

la precisa scelta di una modernità abitativa priva di incertezze.

Oggi la villa appartiene al FAI (Fondo Ambiente Italiano) ed è inserita

nel circuito dell “case museo” italiane. Al suo interno infatti sono visi-­

bili molte opere di Sironi, Martini, De Chirico, Canaletto, Tiepolo, frutto

di donazioni avvenute nel corso degli anni, la prima dell’imprenditore

Alighiero dè Micheli e della moglie, la seconda della gallerista Claudia

Gian Ferrari, oltre a quelle possedute dalla famiglia Necchi Campiglio.

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project: Villa Necchi Campiglio

typology: housing

architect: Piero Portaluppi

realization: 1932-­1935

address: Via Wolfango Mozart 4

Dopo un primo progetto del 1930, Portaluppi avvia il cantiere nel 1932.

Commissionata dal cavalier Angelo Campiglio, la villa è immersa in un

giardino che, essendo in parte dell’Istituto dei Ciechi e in parte della

Provincia di Milano, è oggetto di una convenzione di comunanza di

cortile. Un blocco a un piano, separato dalla villa e prospettante su via

Mozart, ospita la portineria e i garages. Il piccolo corpo architettonico,

sorta di anteprima miniaturizzata della villa, ne eccheggia anche l’a-­

spetto esterno sobrio, calibrato, in bilico tra reminescenze loosiane e

pacato razionalismo. Dalla strada, dunque, non è possibile indovinare

nulla sulla personalità della villa vera e propria, che sorge schermata

agli sguardi da una cancellata continua. Nel giardino, la piscina a dop-­

pia profondità e il campo da tennis alludono a una possibilità di vita

all’aria aperta tanto insolita per Milano da rappresentare l’unico cotè

veramente lussuoso della villa.

L’esterno, compatto e sobrio nella bipartizione fra basamento e piano

superiore, gioca sulla presenza di aperture arcuate e architravate, di-­

segnando prospetti assimmetrici con giochi di aggetti appena accen-­

nati.

La distribuzione interna prevede la presenza di un seminterrato per le

cucine, di un piano terreno per locali di soggiorno, di un piano superio-­

re con gli appartamenti padronali,i locali per gli ospiti e la stanza della

guardarobiera e di un ultimo livello per la servitù, al quale si accede

anche con una scala esterna.

Dall’ingresso, segnalato da una scala con gradini a forma semicirco-­

lare, si accede al piano di rappresentanza. Qui i locali di servizio (la

diolo, una saletta con un camino in marmo e un’ulteriore sala, mentre

dall’altro si trovano la sala da pranzo, il fumoir, la biblioteca e il jardin

d’hiver (giardino d’inverno). Quest’ultimo è progettato per alloggiare

piante esotiche nella serra continua ricavata tra i due vetri manovrabili

elettronicamente. Separato dal resto della casa da due preziose porte

coulisse in alpaca e bronzo, esso rappresenta, con la sua luminosità,

un primo avamposto del giardino.

La successione dei locali, resi permeabili gli uni agli altri dalla presenza

di porte scorrevoli a scomparsa, suggerisce una circolazione libera e

una dimensione estroversa e socievole: un modo di abitare improntato

a quella convivialità che caratterizza lo stile dei proprietari.

Uno scalone con pareti di legno e balaustre preziosamente lavorate,

con una grande vetrata alla quota del pianerottolo spalancata sugli

alberi del parco, conduce al primo piano, dove si trovano i locali padro-­

nali e quelli per gli ospiti, fra cui, presenza assidua, Maria Gabriella di

Savoia ed Enrico d’Assia. Due degli appartamenti sono disposti sim-­

metricamente ai lati di una galleria voltata a botte.

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RIFERIMENTO IMMAGINI|

1_Pianta piano terra

2_Pianta primo piano

3_Sala da pranzo con mobilio originale disegnato da Portaluppi

Page 13: Itinerari di architettura, Milano

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project: Palazzo dell’Arte

typology: pubblic

architect: Giovanni Muzio

realization: 1933

address: Viale Emilio Alemagna 6

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RIFERIMENTO IMMAGINI| AUTORI

1_Il volume d’ingresso

2_Sale d’esposizione

3_La galleria semicircola prima della ricostruzione

4_V Triennale di Milano 1933, veduta della Piazza d’onore

5_V Triennale di Milano, gli archi di Mario Sironi

6_Il ponte di Michele De Lucchit

7_Vista della galleria semicircolare interna

8_Veduta del prospetto posteriore

BIBLIOGRAFIA SITOGRAFIA

-­Silvana Annicchiarico (a cura di), Triennale Design Museum : Michele De

Lucchi : il Museo del Design e la nuova Triennale, Milano Electa 2008

-­Dario Marchesoni (a cura di), La Triennale di Milano e il Palazzo dell’arte,

Milano Electa 1985

http://it.wikipedia.org/wiki/Palazzo_dell’Arte

Giovanni Muzio nasce a Milano il 12 febbraio 1893. A Bergamo dove si

quando si stabilisce a pavia per seguire il biennio propedeutico di inge-­

gneria. Nel 1912 è a Milano, dove si iscrive al III corso per gli architetti

civili al Politecnico: agli ultimi anni di studio risalgono le frequentazioni

e l’amicizia con Sironi, Funi, Boccioni, con cui partecipa alle incande-­

diale. Laureatosi nel 1915, è subito chiamato alle armi. Fino al 1919

vive in prima persona l’esperienza della guerra, svolgendo incarichi

militari prima in Piemonte e poi in Veneto, dove impara a conoscere

ed amare la lezione classica delle architetture palladiane. Dal 1919 è

a Parigi dove lavora presso la sezione militare della Conferenza per la

pace;; qui conosce Ungaretti e entra in contatto con i principali circoli

artistici francesi.

Per Giovanni Muzio gli anni dell’immediato dopoguerra scandiscono

le tappe di un’intensa operosità, presto indirizzata sulle tracce di un

continuo ripensamento di pochi, costanti temi: il legarsi dell’architettura

ad un’idea di “lunga durata”, l’irrompere del classico aspirazione all’au-­

torevolezza e alla coerenza progettuale;; la pertinenza del materiale e

la considerazione della tecnica come supporto e non come linguag-­

gio programmaticamente espressivo;; il senso della tradizione come

autonomia nella continuità;; l’idea, soprattutto, dell’architettura come

più ampio progetto dell’arte di costruire la città.

L’incontro con padre Agostini Gemelli segna l’inizio di un ininterrotto

rapporto di collaborazione con l’Ordine dei Frati Minori: dall’Università

Cattolica (1927-­1949) al complesso dell’Angelicum di Milano (1939-­

Muzio esprimerà nell’asciutto rigore delle sue architetture la sostanza

stessa dell’istituzione religiosa e del suo programma di visibile presen-­

za nelle articolazione del sociale. Ma soprattutto per Muzio i grandi

complessi milanesi costituiranno l’opportunità di un progetto di ricuci-­

tura dei tessuti storici della città nel tramite di un’architettura chiamata

a testimoniare di una continuità della tradizione e della sua perenne

vitalità.

La nuova sede del Palazzo dell’Arte al Parco del Sempione (1933),

il Palazzo dei giornali di piazza Cavour (1938-­40), il progetto per il

Mausoleo di Ataturk (1938) ad Ankara, le numerose case abitazione

costruite a Milano nelle zone della nuova espansione, saranno altret-­

tante risposte alle richieste di una nuova monumentalità come rap-­

presentazione dell’istituto pubblico e tangibile espressione del decoro

urbano. Nel secondo dopoguerra Muzio continua a essere fedele ai

temi della sua stagione felice, sia nel suo lavoro di docente, sia in

quello di costruttore.

Giovanni Muzio muore a Milano il 21 maggio 1982.

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Page 14: Itinerari di architettura, Milano

te”

(dalla testo dela pergamena cementata nella prima pietra)

Il Palazzo dell’Arte realizzato in tempi brevissimi,autunno 1931-­prima-­

vera 1933, è un progetto di Giovanni Muzio, realizzato dall’impresa

Fratelli Ragazzi che sorge su un‘ area di parco Sempione ed è nato

per ospitare la Quinta Triennale, approdata per la prima volta a Milano

dopo gli inizi monzesi.

di palcoscenico ideale, destinato a mettere in scena non se stesso ma

ciò che esso, di volta in volta, si decideva dovesse essere esposto.

menti fondanti di un palazzo destinato ad accogliere mostre e mani-­

festazioni.

centrale, corrispondenti all’ingresso su viale Alemagna e sul vasto

porticato affacciato al parco, ed è caratterizzato dall’ampia curva che,

all’interno. La posizione consente scorci visuali di particolare bellezza,

motivata tanto dall’architettura, caratterizzata dal rivestimento in rosse

mattonelle accostata al granito rosa di Baveno, quanto dagli elementi

portanti del parco, con i viali, le alberature e i prati. Ne deriva un com-­

plesso unitario dove gli elementi si compenetrano e compensano a

vicenda, arricchendosi reciprocamente.

Costruito in cinque lotti resi indipendenti dalla fondazione alla coper-­

tura mediante giunti di dilatazione, si eleva su tre piani, con notevoli

di volta in volta organizzati a supporto delle mostre, dei congressi e

delle rappresentazioni.

L’ingresso, protetto da un porticato, si apre al centro della facciata

principale che presenta soluzioni architettoniche alquanto misurate

se rapportate a quanto appare invece sul lato opposto, direttamen-­

te affacciato al parco;; qui il monumentale porticato assume un chiaro

ruolo di mediazione con l’estesa area verde, nella quale le due ali si

allungano, quasi a penetrarla. Il linguaggio utilizzato da Muzio ha ri-­

carattere di “regime”.

viso dal corridoio di entrata attraverso il quale si accede ad un grande

vestibolo centrale dal quale dipartono i percorsi per le sale espositive,

lo scalone che porta al piano superiore e il collegamento con la ter-­

razza.

zione. Al centro un grande salone d’onore di fronte al quale sbarca lo

scalone

Il Palazzo ha una lunghezza di 131,40 m, una larghezza di 23 m e

I rivestimenti esterni sono in Litoceramica, Italklinker della ditta Picci-­

nelli spa, le coperture a Shedse a terrazzi.

L’area espositiva posta al piano d’ingresso è di circa 4000 mq con un

larga ,54 e due laterali larghe 3,23 m ciascuna.

Il salone d’onore, di 32,50 m per 11,75 m, ha un’altezza di 11 m.

L’area espositiva al primo piano (compresa la copertura sopra il teatro)

è, come al piano sottostante, di circa 4000 mq, con le stesse limitazioni

di carico.

I piani di esposizione sono collegati ai magazzini con un montacarichi

Sopra la sala d’onore esiste un terrazzo, accessibile con l’ascensore,

che può essere adibito a caffè pensile con veduta panoramica sulla

città e sul parco.

stile classico che sottolinea il carattere monumentale e “di regimesen-­

sta di alcuni suoi contemporanei.

Prettamente razionalisti sono corpi come la scala di sicurezza sul lato

nord, la torre degli ascensori, le passerelle di collegamento con la ter-­

razza, le coperture e la terrazza a nord;; le parti più in vista sono invece

caratterizzate da soluzioni quali l’ordine gigante, l’arcata in serie, la

scelta dell’impluvium interno ed altri tocchi classicheggianti. Gli interni

sono lasciati volutamente grezzi, per lasciare il massimo spazio agli

allestimenti delle varie mostre.

Al piano terra si apre oggi la Galleria della Triennale, su progetto di

Gae Aulenti, dedicata alle esposizioni temporanee, una struttura este-­

sa su 1500 mq in sintonia con l’originaria opera di Muzio ed attrezzata

con avanzati contenuti tecnologici.

All’architetto Michele de Lucchi sono da riferire le soluzioni progettuali

per la ristrutturazione delle aree comuni, in un programma complessi-­

vo di rinnovamento degli spazi dedicati al pubblico, con la nuova libre-­

ria allestita nella sala Impluvium, il Caffè Ristorante interno ed il Caffè

all’aperto, verso il Parco.

Dal 2005 è attiva anche la Biblioteca del progetto, attrezzata anche

come archivio storico e centro di documentazione che raccoglie un

secolo di testimonianze di arte, design e architettura moderna.

4

project: Palazzo del’ Arte

typology: pubblic

architect: Giovanni Muzio

realization: 1933

address:Viale Emilio Alemagna 6

RIFERIMENTO IMMAGINI|

1_Pianta piano terra pag. 86, La Triennale di Milano e il Palazzo dell’Arte

2_Pianta primo piano pag. 86, La Triennale di Milano e il Palazzo dell’Arte

3_Sezione longitudinale pag.87, La Triennale di Milano e il Palazzo dell’Arte

4_Sezione trasversale pag. 87, La Triennale di Milano e il Palazzo dell’Arte

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Page 15: Itinerari di architettura, Milano

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typology: housing

architect: Luigi Figini, Gino Pollini

realization: 1933-­1934

address: Via Perrone di San Martino, 8

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RIFERIMENTO IMMAGINI| AUTORI

1_Scorcio del volume sopraelevato_Figini e Pollini: Architetture 1927-­1989

2_Vista frontale lato ingresso_M. Gaggero, D. Vitelli

3_Vista frontale, 1934_Figini e Pollini: Architetture 1927-­1989

4_Veduta del terrazzo al secondo livello_Paolo Rosselli

7_Vista giardino, livello 0_Paolo Rosselli

8_Veduta del soggiorno_Paolo Rosselli

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

Savi V. -­ Figini e Pollini: Architetture 1927-­1989 -­ Milano -­ Electa, 1990 -­

pag. 26-­29

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LUIGI FIGINI

Nato a Milano nel 1903, compie gli studi classici presso il Leone XIII

(esercitandosi pure nella pittura, in questi anni, durante le vacanze);; si

iscrive quindi alla facoltà di Architettura presso il politecnico di Milano,

dove si laurea nel 1926. Nell’ambiente della scuola l’insofferenza per

lo stereotipato insegnamento accademico e l’ansia di ricerca di nuove

vie l’accomuna con Larco e Rava, con Terragni, più tardi con Pollini. Si

consolidano le amicizie. Da tali incontri, soprattutto, ha origine il Grup-­

po 7. Da allora con gli amici del Gruppo 7, con il MIAR (Movimento

italiano per l’architettura razionale), e più tardi con il gruppo degli archi-­

tetti della rivista “Quadrante”, opera per il rinnovamento architettonico

in atto sull’architettura moderna e partecipa a numerose esposizioni

in Italia e all’estero. Nel 1950 dà alle stampe L’elemento verde e l’a-­

bitazione. Collabora a riviste diverse, da “Natura” a “Quadrante”, da

“Comunità” a “Chiesa e quartiere”, con scritti e saggi in particolare

sull’architettura sacra e l’architettura spontanea.

È nominato accademico nazionale di San Luca e riceve la medaglia

d’oro della Provincia di Milano (alla memoria). Luigi Figini è scomparso

il 13 marzo 1984.

GINO POLLINI

Nato a Rovereto nel 1903 e rientratovi nel 1918 da Roma, ultimati

gli studi liceali, si iscrive alla facoltà di Ingegneria del Politecnico di

Milano. Nel 1923 Pollini passa dalla facoltà di Ingegneria a quella di

Architettura. In contrasto con l’insegnamento accademico, che vigeva

ricercano nuove vie per l’architettura, tra i quali – con Pollini – Figini

e Terragni. Ciò porta alla formazione nel 1926 del Gruppo 7 (al qua-­

le aderisce poco dopo anche Libera, che aveva terminato gli studi a

Roma);; con il Gruppo 7 ha inizio la battaglia per l’affermazione dell’ar-­

chitettura razionale in Italia. Pollini si laurea nel 1927. Dopo aver par-­

tecipato al concorso per il piano regolatore di Bolzano, costituisce lo

studio con Figini a Milano. Quasi tutta la sua attività professionale si

svolge, in stretta collaborazione con lui.

Delegato italiano del CIAM dal 1930 al 1946 partecipa attivamente

all’organizzazione e ai lavori di quella associazione. Dal 1933 al 1936

fa parte del gruppo di architetti della rivista “Quadrante” e di molte com-­

missioni di studio e giudicatrici di concorsi di urbanistica e di architettu-­

ra. Si dedica all’insegnamento universitario alla facoltà di Architettura

di Milano a partire dal 1963 come professore incaricato di Elementi di

architettura, poi dal 1969 alla facoltà di Architettura di Palermo come

professore ordinario di Composizione architettonica.

È nominato accademico nazionale di San Luca ed è insignito della

medaglia d’oro della Provincia di Milano. Si spegnerà nel 1991.

Page 16: Itinerari di architettura, Milano

In quel contesto storico, mentre tanta parte dell’architettura non si di-­scosta affatto da concezioni ideologiche e provinciali esercitazioni di stile, il giovane Figini sperimenta le istanze più avanzate della cultura europea con il progetto della propria abitazione. Metafora e surrogato di quanto allora si andava cercando per abitare nella grande città, sole, aria, luce e vista sul paesaggio dai piani alti di un gran palazzo, la villa è un atto di fede incondizionato nei confronti del razionalismo.Prima ancora di acquisire in proprietà l’area, l’architetto elabora il pro-­getto: la documentazione relativa alla costruzione di un villino ad uso di

di Milano il 7 luglio 1934 e appena un mese dopo ottiene il nulla osta alla costruzione.Il giorno 18 ottobre 1934 è siglato l’atto di vendita dell’ appezzamento di terreno di circa 300 mq sito in via Perrone di San Martino di proprietà della SATUM, Società Anonima Terreni Urbani Milano ed acquistato dai coniugi Figini Luigi e Teresa Bottinelli.

completato nel corso dell’estate. Il podestà di Milano rilascia la licenza di occupazione dello stabile con decorrenza dal giorno 28 aprile 1936.

traccia del tempo, non perde la sua unicità.

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typology: housing

architect: Luigi Figini, Gino Pollini

realization: 1933-­1934

address: Via Perrone di San Martino, 8

In via Perrone di San Martino, una delle strade del minuto tessuto edi-­

città, si trova la villa dell’architetto Figini, costruita a metà degli anni Trenta e presto assurta a modello dell’architettura razionalista. Forse proprio per la sua elementare semplicità, ben rappresenta l’afferma-­zione di un equilibrato connubio tra forma e funzione. Una sorta di dichiarazione delle minime necessità vitali e spirituali necessarie all’e-­sistenza in una grande città.La particolare casa d’abitazione appoggia su una serie regolare di pila-­

dalla cui lezione Figini applica in questa che è la propria abitazione

Savoie a Poissy (1929). La pianta rettangolare alquanto allungata è orientata secondo l’asse eliotermico, così da garantire il miglior appor-­to di illuminazione e il controllo della calura nelle calde estati milanesi.La struttura portante è su pilastri in cemento armato, che anima anche la scala di accesso al piano dell’abitazione. Al primo livello il salone di soggiorno, aperto sul terrazzo, la cucina ed una stanza da letto “di

con camera da letto e bagno, affacciati su due terrazze solarium, una attrezzata come palestra, l’altra dotata di piccola vasca marmorea a pavimento. Una sorta di giardino dentro casa, dunque, ma anche una

-­tico, dove i pilastri raccolgono le tracce ascendenti di edere e rampi-­canti.

con tinteggiatura, originariamente verde, identica alle pareti esterne.

del primo livello, con serramenti avvolgibili colorati in verde, incisione replicata in alto nella muratura che diventa a vento, lasciando in evi-­denza una sottile linea di travatura estesa al perimetro. La casa è un diaframma che, attraverso le aperture, entra nello spazio circostante e da questo si lascia penetrare, assieme al sole, al vento, al paesaggio

ampi spazi verdi e coltivati all’intorno.

partire dal secondo decennio del Novecento come parte integrante del progetto del Quartiere Industriale Nord Milano. Lo sviluppo di questo particolare comparto a nord del centro storico di Milano, prossimo all’a-­nello ferroviario, è dovuto ad una cooperativa di costruzioni di villette

RIFERIMENTO IMMAGINI|

1_Pianta giardino livello 0_Figini e Pollini: Architetture 1927-­1989, pag.27

2_Pianta livello 1_Figini e Pollini: Architetture 1927-­1989, pag.28

3_Sezione longitudinale_Figini e Pollini: Architetture 1927-­1989, pag.28

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Page 17: Itinerari di architettura, Milano

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project: Casa Rustici

typology: housing

architect: Giuseppe Terragni, Pietro Lingeri

realization: 1935

address: Corso Sempione 36

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RIFERIMENTO IMMAGINI| AUTORI

1_vista prospettica_Photographer Maria Bostenaru

2_vista prospettica_Photographer Maria Bostenaru

3_prospetto sud_Image posted on Flickr

4_dettaglio prospetto sud_Image posted on Flickr

5_vista prospettica_Photographer Laura Montedoro

6_foto d’epoca_from “The Modern Flat”, 1937, London, Architectural Press

7_foto d’epoca_from “The Modern Flat”, 1937, London, Architectural Press

8_foto d’epoca_from “The Modern Flat”, 1937, London, Architectural Press

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

F R S Yorke, Frederick Gibberd -­ The Modern Flat -­ 1937 -­ London -­ Archi-­

tectural Press.

Antonino Saggio -­ Giuseppe Terragni, vita e opere -­ 1995 -­ Roma -­ Editori

Laterza.

A cura di Bruno Zevi -­ Giuseppe Terragni -­ 1980 -­ Bologna -­ Zanichelli

http://www.fondazione.ordinearchitetti.mi.it

http://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Terragni

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Giuseppe Terragni nasce a Meda nel 1904. Nel 1921 si diploma e si iscrive al Politecnico di Milano. I contenuti del Corso di Laurea qui risul-­

-­tesco, perciò l’esperienza universitaria si rivela deludente. Nel 1926 Terragni apre con il fratello uno studio a Como. Le novità in campo architettonico arrivano in Italia nel 1925, grazie a “Vers une architectu-­re” di Le Corbusier. Alcuni studenti milanesi rimangono affascinati dal-­le nuove teorie e formalizzano un gruppo. Il “Gruppo 7” comprende, oltre Terragni, Adalberto Libera, Luigi Figini, Guido Frette, Sebastiano Larco, Gino Pollini, Carlo Enrico Rava. Essi contavano su 4 concetti: coerenza costruttiva (uso dell’acciaio e del cemento armato), coerenza funzionale (nuovi programmi non vincolati dalle vecchie regole compo-­sitive), coerenza igienica (ricerca della disposizione ottimale rispetto ai parametri di illuminazione naturale e ventilazione), e coerenza impian-­tistica;; questi legittimano i componenti del gruppo quali “Razionalisti” e vengono condensati in 4 articoli sulla rivista “Rassegna Italiana”. A Roma viene organizzata la “I Mostra Italiana di Architettura Razio-­nalista”, nella quale il Gruppo 7 ha una sezione interamente dedicata. La nascita tangibile dell’architettura razionale italiana è nel 1929, con la realizzazione del progetto di Terragni per la società Novocomum. Negli anni successivi egli diventa il maggior esponente del Movimento Italiano di Architettura Razionale (MIAR). Mussolini visitò la Mostra del Miar organizzata in quel periodo e poi diffuse a tutti i quotidiani una petizione sull’architettura per abiurare l’eccletismo passatista e adot-­tare una nuova architettura imponendo un drastico svecchiamento. In questo testo appare un’argomentazione fondamentale per ottenere il patrocinio di una nuova architettura da parte di un regime fortemente nazionalistico come il fascismo italiano: l’origine internazionale del mo-­vimento razionale italiano viene recisa e si propagandano le sue origini “romane”. Questo fu motivo di polemiche: alcuni giovani architetti fon-­dano un nuovo gruppo e redigono un contro manifesto che denuncia proprio quell’internazionalismo che si era cercato di rimuovere. Il MIAR

-­smo e nel 1928 ha l’incarico di progettare la Casa del Fascio di Como, che diventerà il simbolo dell’architettura razionalista italiana. Nel 1933, Terragni sente il rischio di essere tagliato fuori dalla battaglia culturale e quindi, per rimanere attivo, apre a Milano uno studio con Lingeri. La collaborazione tra Lingeri e Terragni porta ad una serie di interventi volti alla realizzazione di case da reddito e l’opera più vitale e creativa da loro prodotta è Casa Rustici. Quando tra il 1937 e il 1938 nuove tendenze architettoniche stanno diventando prevalenti, Terragni redige due nuove importanti proposte per Roma, ma in questo clima egli è costretto in un angolo perché buona parte del suo repertorio espres-­sivo viene compresso.Nel 1941 Terragni viene arruolato. Rimpatriato nel 1943, muore di improvviso per trombosi cerebrale il 19 luglio 1943.

Page 18: Itinerari di architettura, Milano

La scalinata d’accesso monumetale consente il collegamento con la grande portineria, la quale presenta copertura in vetro-­mattone, che crea un grande effetto di trasparenza.Casa Rustici rappresenta, rispetto alle altre opere milanesi di Terragni, una assoluta novità distributiva. Appare chiaro il superamento del classico schema a cortile chiuso, con bagni, cucine e locali tecnici verso l’interno e gli ambienti abitabili affacciati verso l’esterno. Superare l’impianto a cortile rappresentava in quel momento storico una ricerca di grande importanza per gli architetti funzionalisti perché

e, al contempo era la premessa per un’urbanistica moderna. Infatti, come già Le Corbusier aveva ripetutamente dimostrato, il bloc-­co a cortile risultava vincolato dalle forme irregolari di un isolato peri-­metrato da “strade corridoi”;; era quindi sorta la necessità di ricercare l’indipendenza tra i corpi di fabbrica e la viabilità, per consentire a cia-­scun sistema di funzionare al meglio. Questa ricerca si esplica nella casa di Terragni, dove i due corpi nei quali si collocano gli appartamenti, sono ciascuno serviti da una scala a cui si accede dalla grande portineria comune, coperta in vetro mat-­tone. Gli ambienti principali di ciascun appartamento affacciano sulle strade esterne, ma proprio per la logica distributiva dell’impianto, alcu-­ne camere da letto si affacciano anche verso la corte centrale. La novità della soluzione però, se da una parte serve a mettere in pra-­tica i requisiti del Funzionalismo (il riscotro d’aria, la doppia illumina-­

ambienti, la minimizzazione dei corridoi), è anche l’applicazione di un tema già anticipato nei lavori di Terragni e che si notava già nell’orga-­nizzazione distributiva della Casa del fascio di Como. A Milano l’area tra i due blocchi, atrio al primo livello e vuoto schermato dai balconi-­passerelle a quelli successivi, risolve la distribuzione tra i

nella costruzione, lo spazio a cielo aperto naturalmente detta lo svilup-­po della forma architettonica che si serve dell’ossatura a telaio che, come un grande bow window, si appende al di sopra del seminterrato e del primo piano. Nel prospetto su corso Sempione il telaio assolve due

Casa Rustici cerca quindi un nuovo superamento della corte attraverso -­

Essa ragiona sul vivere urbano per proporre un tipo di abitazione che, nello spazio, nella forma e nell’organizzazione, risolve la problematica più importante: il rapporto tra il privato della casa e il pubblico della città.

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project: Casa Rustici

typology: housing

architect: Giuseppe Terragni, Pietro Lingeri

realization: 1935

address: Corso Sempione 36

Casa Rustici fa parte una serie di interventi condotti a Milano da Terra-­gni e Lingeri, conosciuti come le “cinque case milanesi”. Questi furono voluti da alcuni personaggi facoltosi i quali commissionarono la proget-­

tutti piani del complesso, a meno del piano attico, dove era prevista la villa del proprietario.Casa Rustici, tra le 5 case milanesi, è sicuramente quella più inte-­ressante per gli elementi di novità che introduce, per i quali suscitò scalpore, al punto che la sua realizzazione fu bloccata varie volte dalla Comissione edilizia.

di Milano in cui si prevedeva un grande sviluppo. Il lotto era trapezoi-­-­

duzione di un’architettura abbastanza regolare che allo stesso tempo sfruttasse la volumetria complessiva.La soluzione adottata dai due architetti fu quella di disporre ortogonal-­mente alla strada principale due corpi di fabbrica distinti, dividendo il

recuperare il volume complessivo e riempire anche la parte restante e triangolare del lotto, essi realizzarono una torre nella parte sinistra del lotto, la quale conteneva altri alloggi.Interessante è il fronte principale, la facciata su Corso Sempione, sulla

-­similabili a passerelle. Queste “passerelle” orizzontali di collegamento creano una facciata virtuale di grande effetto, di grande trasparenza verso la corte interna. L’effetto così prodotto è di grande impatto, e vie-­ne accentuato anche dallo spessore della soletta delle passerelle, che

marcapiano: viene così evienziata un’intelaiatura orizzontale.Altro elemento interessante si trova all’ultimo piano, a 25 metri di al-­tezza: si tratta della villa del proprietario, immersa nel verde. Essa è suddivisa in una zona giorno situata sulla sommità della palazzina di sinistra, ed una zona notte sulla sommità di quella di destra;; le due zone sono collegate da una passerella coperta, che corre a metà della profondità del lotto. La villa è immersa nel verde del tetto giardino, concepito sul modello delle coperture di Le Corbusier.

proprio. L’effetto di separazione di questo volume prismatico si perce-­pisce chiaramente attraverso l’inserimento di una serie di logge proprio nel punto di attacco con il blocco edilizio. Inoltre la massa volumetrica della torre è resa ancora più evidente e forte grazie all’inserimento di piccoli balconcini semplici e stretti sulla fronte.

RIFERIMENTO IMMAGINI|

1_Pianta piano terra

2_Pianta piano tipo

3_Sezione longitudinale

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Page 19: Itinerari di architettura, Milano

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project: Palazzi Montecatinitypology: publicarchitect: Gio Ponti, Antonio Fornaroli, Eugenio Soncinirealization: 1935-1938; 1947-1951address: Via della Moscova 2; Largo Donegani 2

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RIFERIMENTO IMMAGINI| AUTORI

1_fronte del primo palazzo_fondazione.ordinearchitetti.mi.it2_il primo palazzo visto da Via Manin3_vista aerea_fondazione.ordinearchitetti.mi.it4_foto del primo palazzo in costruzione_corriere.it5_attacco tra il primo palazzo e il fronte su via Turati_skyscrapercity.it6_fronte del secondo palazzo_lombardia.beniculturali.it

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

Gloria Arditi, Cesare Serratto_Gio Ponti, Venti cristalli di Architettura_Ve-nezia 1994_Il Cardo, pgg. 74-87 (immagine 2, pianta 1, sezioni).Collana L’architettura I protagonisti vol.5: Fulvio Irace_Gio Ponti_Beve-rate di Brivio (LC) 2009_Gruppo Editoriale L’Espresso S.p.a., pgg. 46-49 (pianta 2).

www.fondazione.ordinearchitetti.mi.itwww.corriere.it; www.skyscrapercity.it

Gio (Giovanni) Ponti nasce a Milano nel 1891, e si laurea in architettura al Politecnico di Milano nel 1921, dopo aver interrotto gli studi a seguito della sua partecipazione alla prima guerra mondiale.Inizialmente apre lo studio insieme all’architetto Emilio Lancia (1926-1933), per poi passare alla collaborazione con gli ingegneri Gioacchi-no Luigi Mellucci (1927), Antonio Fornaroli ed Eugenio Soncini (1933-1945).Nel 1923 partecipa alla I Biennale delle arti decorative tenutasi all’ISIA di Monza e successivamente viene coinvolto nell’ organizzazione delle varie Triennali, sia a Monza che a Milano.Negli anni venti comincia la sua attività di designer all’industria cera-mica Richard Ginori, e rielabora complessivamente la strategia di di-segno industriale della società; con le ceramiche vince il “Gran Prix” all’Esposizione di Parigi del 1925. In questi anni la sua produzione è improntata più ai temi classici ed è vicino al movimento Novecento, che si contrappone al razionalismo del Gruppo 7. Sempre negli stessi anni inizia anche la sua attività editoriale fondando nel 1928 la rivista Domus, testata che non abbandonerà più salvo che per un breve perio-do durante il quale fonderà la rivista Stile. Domus insieme a Casabella, rappresenterà il centro del dibatto culturale dell’architettura e del design italiani della seconda metà del Novecento.L’attività di Ponti negli anni trenta si estende: organizza la V Triennale di Milano nel 1933, disegna le scene ed i costumi per il Teatro alla Scala, ed è partecipe dell’associazione del Disegno Industriale ADI, essendo tra i sostenitori del premio “compasso d’oro” promosso dai magazzini La Rinascente. Nel 1936, quando la sua professionalità è affermata, diventa professore di ruolo alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, cattedra che manterrà sino al 1961.Nel 1951, si unirà allo studio insieme a Fornaroli, l’architetto Alberto Rosselli ed intanto sia il design che l’architettura di Ponti diventano in questi anni più innovative abbandonando i frequenti riallacci al passato neoclassico. È qui che inizia il periodo di più intensa e feconda attività sia nell’architettura che nel design, negli anni cinquanta, infatti, verran-no realizzate alcune delle sue opere più importanti come il secondo Palazzo Montecatini in Via Turati-Largo Donegani a Milano, il grattacie-lo Pirelli sempre a Milano, il complesso voluto a Forlì da Aldo Garzanti che comprende sia l’Hotel della Città et de la Ville sia il Centro Studi Fondazione Livio e Maria Garzanti.Nel 1950 Ponti comincia inoltre ad impegnarsi nella progettazione di “pareti attrezzate” ovvero intere pareti prefabbricate che permettevano di soddisfare diversi bisogni, integrando in un unico sistema apparec-

per il progetto della seduta “Superleggera” del 1955 (prod. Cassina) realizzata partendo da un oggetto già esistente e di solito prodotto arti-gianalmente: la Sedia di Chiavari, migliorato in materiali e prestazioni.Gio Ponti muore a Milano nel 1979.

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Page 20: Itinerari di architettura, Milano

Realizzati in tempi diversi su due lotti contigui, i palazzi per la Monte-catini sono stati disegnati per ospitare in un unico, modernissimo com-

di materiali come l’alluminio e il marmo che Ponti impiegherà per la costruzione concepita come modello in scala reale delle potenzialità offerte dall’industria italiana.

fabbrica di varia altezza, che disegnano una H arretrata rispetto a via Moscova per consentire l’inserimento di uno spazio utilizzato come parcheggio.L’intero complesso – descritto da Ponti come uno dei primi esempi di sottomissione dell’architetto all’opera (1957) – è studiato a partire da un’attenta analisi del dimensionamento minimo dell’unità di lavoro, costituita dalle scrivanie per quattro impiegati e dai suoi collegamenti con le condotte energetiche ed impiantistiche, che includono le do-tazioni d’avanguardia (come la climatizzazione, la centrale telefonica o la posta pneumatica) che ne faranno un emblema della modernità milanese.Al punto che il palazzo fu elogiato sia da Curzio Malaparte sia da Giu-

alla progettazione di ogni sua parte, dalle scrivanie in lamiera, alle se-dute in anticorodal, ai tramezzi, ai segnalatori luminosi, agli impianti igienici, alle cabine degli ascensori e molto altro.

perfettamente complanari alle lastre di marmo cipollino apuano verde, tagliato controverso alla venatura per ottenere il particolare effetto de-nominato “a tempesta”.E sono coronate non più dagli obelischi immaginati per le case degli anni

Danneggiato gravemente durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale, il primo palazzo Montecatini è stato parzialmente ri-costruito e innalzato di un piano per volere del presidente della società, Guido Donegani, nonostante la manifesta contrarietà di Ponti.

che poi sarà uno degli elementi base del suo linguaggio architettonico

in sé stessa.Il secondo palazzo, costruito a quindici anni di distanza dal primo su un lotto adiacente, ne riprende alcuni principi compositivi, anche se – osserva Piero Bottoni – «la forma esterna a paragone del contiguo palazzo appare soverchiata dalla ricchezza e vistosità dei materiali»

tessere bianche, che riveste quelle rivolte all’interno.Anche qui un elemento alto collega due corpi più bassi, arretrando rispetto alla strada e andando a formare, stavolta, una piccola piazza, che introduce a una galleria pubblica in cui vengono esposti i prodotti della Montecatini.Il complesso però è chiuso da un quarto braccio, che conferma lalogica insediativa del blocco a corte interna prevista per il terreno.Affacciato su via Montebello, questo blocco ha un carattere molto di-verso dagli altri, con la facciata scandita da fasce orizzontali e movi-mentata da leggeri aggetti.

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project: Palazzi Montecatinitypology: publicarchitect: Gio Ponti, Antonio Fornaroli, Eugenio Soncinirealization: 1935-1938; 1947-1951address: Via della Moscova 2, Largo Donegani 2

RIFERIMENTO IMMAGINI|

1_planimetria del primo palazzo (forma ad H) e del secondo palazzo (forma trapezioidale)2_spaccato assonometrico dell’ala su via Turati del primo palazzo_euro paconcorsi.it3_sezioni del primo palazzo

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Page 21: Itinerari di architettura, Milano

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project: Palazzo dell’Arengariotypology: public

realization: 1936-­1956

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2_L’Arengario, da piazzetta Reale

5_L’Arengario, da piazzetta Reale, dettaglio6_L’Arengario, da piazzetta Reale, dettaglio

8_L’Arengario, da piazzetta Reale, dettaglio delle decorazioni

www.treccani.it

www.iuav.it

Piero Portaluppi: vedi scheda 03

Giovanni Muzio: vedi scheda 02

A Milano compì gli studi e svolse la sua carriera dopo aver conseguito -­

Ma i suoi interessi si spostarono ben presto verso il campo dell’ar-­-­

palmente in area milanese per una committenza privata composta da industriali che, guardando ai modelli europei, avviarono una serie di

stile e sull’architettura di Stato, fu libero di impostare un linguaggio mo-­derno strettamente legato all’innovazione delle tecnologie edilizie e dei

sviluppando una ricerca coerente nel corso della sua intensa carriera

complessi di abitazioni, con l’attenzione sempre rivolta ai caratteri ti-­

Il rigoroso metodo messo a punto nelle ricerche sull’abitazione venne -­

impegno tecnico, sono caratterizzate da aderenza alle funzioni, rigore

Fu impegnato, nel corso della sua carriera, anche in campo urbanisti-­

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Page 22: Itinerari di architettura, Milano

il progetto generale dell’architetto Mengoni, vede la sua conclusione

-­no al secondo grado: sono i progetti elaborati da Marcello Canino, dal

tempo, è evidentemente mirato a sorprendere i concorrenti con una

-­pi, il cui progetto, composto da un gran numero di disegni nettamente

Non ancora terminata la costruzione, il fabbricato -­ e l’adiacente Sala

anni successivi sono attuati i lavori di adeguamento degli ambienti in-­

corpi di fabbrica che si affacciano alla piazza, determinando uno sce-­

maggiore sviluppo in pianta, allungato su due soli piani dei tre com-­

monumentale porta urbana che, secondo il proposito dei progettisti,

al piede da un portico pilastrato, percorso da una trabeazione su cui si

di marmo di Candoglia, aperte al primo e secondo livello da una doppia serie di alte arcate a tutto sesto, appoggiate alla base dei fabbricati

Con il piano di riordino di tutti i musei civici, l’Amministrazione Comu-­

una sezione dell’ampio patrimonio artistico moderno e contemporaneo

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project: Palazzo dell’Arengariotypology: public

realization: 1936-­1956

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Page 23: Itinerari di architettura, Milano

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project: Università Bocconi

typology: public

architect: Giuseppe Pagano, Giangiacomo Predeval

realization:1937-­1941

address: Via Sarfatti 25

FOTO

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RIFERIMENTO IMMAGINI| AUTORI

3_Veduta d’insieme da Via Sarfatti verso il Parco Ravizza

5_Sequenza dei corpi su via Ferdinando Bocconi

6_Poltroncine dell’aula magna

7_Veduta generale del corpo delle aule verso ovest

8_Particolare di elementi collegamento e sicurezza corpo nord delle aule

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

A. Saggio_L’opera di Giuseppe Pagano tra politica e architettura_Edizioni

Dedalo

F. Brunetti_Giuseppe Pagano, l’Università Bocconi di Milano_Alinea

Editrice_Firenze_1997

A. Bassi, L. Castagno_Giuseppe Pagano_Editori Laterza_Bari_1994

www.architetturadelmoderno.it

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Giuseppe Pagano Pogatschnig è nato a Parenzo, cittadina della costa istriana, nel 1896, ed è morto nel campo di concentramento di Mau-­thausen nel 1945. Dopo la prima guerra mondiale, alla quale partecipa

-­co meritandosi cinque medaglie al valore, si iscrive al Politecnico di Torino dove si laurea nel 1924;; a Torino inizia la professione e l’ardita opera di polemista, volta a diffondere in Italia i concetti dell’architettura nuova.

-­ternazionale di Torino e diventa un convinto attivista del Partito fasci-­sta, illudendosi di poter conciliare i temi del Movimento Moderno con quelli del regime.

periodo anche della direzione di “Domus”. Partecipa a diversi progetti, come il piano urbanistico “Milano verde”, con altri architetti razionalisti come Franco Albini, Giancarlo Palanti, Ignazio Gardella, Irenio Diotallevi. Tra le sue opere più importanti si

-­zione con G. Levi-­Montalcini), che suscita vive reazioni per il purismo dei volumi esterni e dell’arredamento, la Casa a struttura di acciaio presentata alla V Triennale di Milano del 1933, l’Istituto di Fisica dell’U-­

dei canoni razionalisti: il padiglione aggiunto alla VI Triennale di Milano -­

Membro del direttorio della Triennale di Milano e della commissione

Si arruola volontario nella seconda guerra mondiale, comprendendo però l’impossibilità di conciliare il suo impegno civile e la sua visione

del movimento socialista, esponendosi in prima persona. Nel 1944 è arrestato e deportato nel campo di concentramento di Mauthausen, dove muore l’anno successivo. Pagano, durante la sua vita, polemizza duramente contro l’accademi-­smo e il monumentalismo, sostenendo la nuova realtà della produzio-­ne in serie e la modestia di una architettura che fosse interamente al servizio della società: nelle sue opere raggiunge una profonda coeren-­za con queste posizioni di principio, rifuggendo da soluzioni legate al mondo fantastico individuale.Di lui Bruno Zevi annotava che il suo essere architetto mirava “non alla poesia, ma a un linguaggio civile”.

Page 24: Itinerari di architettura, Milano

quasi ad incastro.-­

cio è sottolineato dall’identità di tutti gli elementi minori, dalla costanza delle sagome,dalla ritmica analogia dei serramenti.Alla realizzazione di questo desiderio contribuisce la candida evidenza

che il rivestimento integrale di piastrelle di litoceramica imprime su tut-­

Il muro di cinta, in pietra di Finale, completato da una siepe, è tenuto volutamente basso in maniera da non contrastare con inadatti atteg-­

della Università commerciale Luigi Bocconi, da “Costruzioni-­Casabel-­

Nulla è lasciato al caso, Pagano e Predeval si preoccupano infatti an-­che della progettazione o della scelta degli arredi interni, degli elemen-­ti di illuminazione e dei serramenti. Perseguono inoltre l’integrazione tra architettura e arte, testimoniata per esempio, dalle opere di Arturo Martini, dalle ceramiche di Fausto Melotti e di Tullio d’Albissola e dalle sculture di Leone Lodi.L’Università Bocconi di Milano è una delle opere simbolo del Funzio-­nalismo Italiano, riassume gli intenti di una ricerca che mirava alla chiarezza espressiva, alle nitide geometrie, alla piena corrispondenza

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project: Università Bocconi

typology: public

architect: Giuseppe Pagano, Giangiacomo Predeval

realization:1937-­1941

address: Via Sarfatti 25

Nel 1936 fu richiesto a Pagano, dalla direzione dell’ Università Bocco-­ni, di esprimere un parere sul progetto per la nuova sede dell’Universi-­

creazione di una serie di cortili interni secondo moduli ottocenteschi. Pagano ne critica l’arretratezza e la mancanza di funzionalità e indica soluzioni diverse che prendono la consistenza di progetti alternativi. L’incarico viene portato a termine con l’ingegnere Predeval, titolare con

periodo milanese. La linea di ricerca consiste nel separare in pianta e in alzato le varie funzioni.

aule di lezione sono distinte in planimetria ed evidenziate in volumi di diversa altezza.

alla necessità di eliminare i cortili chiusi, di dare ad ogni ambiente il godimento della più favorevole illuminazione, di favorire l’areazione naturale e di accentrare tutti i servizi in una logica e chiarissimia distri-­

feb.-­ mar. 1942).Nel corpo centrale, che corrisponde al nodo di distribuzione dei percor-­si interni e delle scale, si innesta ad ovest il corpo delle aule di lezione e ad est il corpo dei servizi, a nord le due aule magne, a sud il blocco

Gli innesti fra i vari corpi sono realizzati senza sprechi e creano spazi variati per le attrezzature a terra e per il verde di arredo. Pur senza

creando un rapporto originale tra i vari corpi di fabbrica, gli spazi aperti, i percorsi pedonali e carrabili.L’articolazione della pianta e la ricerca di volumi autonomi che ne evi-­denziano la funzione deriva a Pagano dalla lezione di Gropius. Ma in

-­sparenti, denunciano la funzionalità interna e danno evidenza e forma alle scelte di disaggregazione funzionale della pianta.

smaterializzazione della parete che segue la destinazione degli spazi interni con uno schema a loggiato rigidamente chiuso entro un’ intela-­iatura reticolare a modulo costante diagonale.

muro che se esprime la sua esigenza di unità e di standard e l’inte-­resse per partiti compositivi dati dalla ripetizione di elementi modulari, contraddice la ricerca di funzionalità e articolazione planimetrica.

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RIFERIMENTO IMMAGINI| AUTORI

verniciati in verde-­azzurro, sull’orlo dei balconi è disposto un parapetto

trasparente in vetro rigato, sostenuto da intelaiatura metallica.

3_Particolare dell’angolo ovest del portico, “pietre lavorate” dallo scultore

Leone Lodi. Alludono alle attività primordiali dell’uomo e sono disposte

con il ritmo libero delle antiche scultore romaniche.

Page 25: Itinerari di architettura, Milano

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project: Condominio XXI aprile

realization: 1950

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Mario Asnago nasce il 25 marzo 1896 a Barlassina, in provincia di

Milano. Ottiene il diploma di scuola tecnica superiore e in seguito, nel

1913, supera l’esame di ammissione al primo cordo comune dell’ Ac-­

cademia di Brera nello stesso anno di Muzio, Lancia e Ponti. Durante

la Prima Guerra Mondiale è chiamato alle armi e fatto prigioniero in

Austria. Nell’ottobre 1922 consegue la licenza di architettura al regio

Istituto di belle arti di Bologna e, nello stesso mese, sempre a Bologna,

si diploma professore di disegno architettonico e ornato. Si trasferi-­

sce quindi a Milano dove la sua attività aprendo lo studio e trovandosi

da subito impegnato in molti progetti. Nel 1927 risulta iscritto all’ordi-­

ne degli architetti di Milano e, nello stesso anno, apre lo studio in via

Contunua a svolgere l’attività didattica, attività però per la quale non si

sente portato. Durante tutta la sua vita continua a dipingere e vive da

vicino le vicende del mondo dell’arte, realizzando anche alcune tele

per galleristi milanesi, tanto che nel 1951 viene allestita una mostra

personale dei suoi lavori pittorici. Nel 1962, a causa dei problemi di

salute della moglie, si trasferisce sul lago di Como e si ritira dalla sua

professione nel 1971 e lo studio viene chiuso. Muore a Monza il 28

gennaio 1981.

Claudio Vender nasce a Milano il 20 marzo 1904. Nel 1918 si iscrive

al primo corso comune dell’ Accademia di Brera. Terminati i tre anni di

corso comune, nell’anno 1921-­22 si iscrive al corso di nudo ma in risul-­

ta abbia frequentato. Vender ottiene la licenza di architettura nell’otto-­

bre del 1922 al regio Istituto di belle arti di Bologna, e, anche lui, nello

stesso anno, si diploma in professore di disegno architettonico.

Diventa professore di disegno presso la Scuola professionale di dise-­

gno Istituzione Generoso Galimberti di Seveso dal 1933 al 1942, che

trasferisce a Seveso con la famiglia. Ama la cultura classica e si diletta

a tradurre i lirici greci, e, come Asnago, anche se meno assiduamente,

non trascura la pittura. Negli ultimi anni della sua vita trascorre lunghi

periodi sul lago di Garda, dove segue numerosi cantieri per complessi

residenziali, ville e alberghi. Claudio Vender muore a Saronno il 23

settembre del 1986.

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Page 26: Itinerari di architettura, Milano

una sequenza perpendicolare alla strada che introduce una lunga vista

no l’ingresso vero e proprio all’atrio comune, segnalato da un’ampia

vetrata aggettante. Una breve scala porta al livellod el piano rialzato

dal quale partono gli elementi di distribuzione verticale: a destra al cor-­

a sinistra la corpo alto mediante due scale e tre ascensori, che distribu-­

mittenza, affaccio est ovest e una chiara distinzione per zone di utiliz-­

zo. Le zone di soggiorno sono situate sul lato ovest, caratterizzato dal

serramento a nastro a due strati che forma una sorta di serra.

Le zone di servizio sono sul lato est. Il settimo piano ha una scala

interna di accesso a un apaprtamento per ospiti affacciato su una ter-­

razza a prato. Asnago e Vender hanno poi disegnato la distribuzione

e l’intero arredamento per l’abitazione del settimo e ottavo piano, l’ap-­

partamento del Cavalier Fiastri, presidente della società committente.

La permutazione continua tra materiali, forme delle bucature e loro

metrica introduce complessi rimandi incrociati nella composizione dei

quattro fronti, alludendo ad una sequenza spaziale che nega la fronta-­

verso il giardino, il fornte est è segnato dal complesso gioco di ombre

delle logge che caratterizzano l’affaccio degli ambienti di servizio.

Agli ultimi due piani il tema del tetto-­giardino è risolto attraverso un

amaggiore libertà plastica e materica, nella ricerca di un modello abita-­

tivo liberato dalla pesantezza dei tipi storici.

la ricerca di innovazioni tecniche e funzionali: la vasca all’ngresso uti-­

lizza l’acqua di scarico dell’impianto di condizionamento, il percorso

di accesso al garage può essere riscaldato per far sciogliere la neve,

il riscaldamento invernale e il raffreddamento estivo funzionano me-­

dell’aria autonomi.

canica;; la “sala di ginnastica” comune, l’ardita soluzione a serra delel

vetrate degli appartamenti e l’ampio giardino ipotizzano un modello

di vita dove l’abitare nella città storica non è in contraddizione con gli

ideali salutisti del tempo.

paradigma insuperato di residenza urbana moderna.

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project: Condominio XXI aprile

realization: 1950

tà dell’area un tempo occupata dal circo romano, e caratterizzata dal

grande isolato che comprende la basilica di Sant’Ambrogio e i palazzi

nobili di via Cappuccio. Il condominio XXI aprile occupa l’area di Casa

dei Panigarola, distrutta dai bombardamenti, conosciuta per gli affre-­

schi di Bramante, oggi conservati alla Pianacoteca di Brera.

Il palazzo viene commissionato da un’importante società, la Fabbrica

e ad abitazione dei dirigenti.

Bernardino delle Monache e in adiacenza al cinquecentesco Palazzo

Dopo numerose variant, il Comune approva uno schema che prevede

disposti perpendicolarmente alla strada, che si affacciano sui giardini

retrostanti. L’intenzione di dare un carattere di quinta architettonica al

trostante era già chiara nel 1950.

ticolareggiato, che prevedeva uno schema a “T”, con corpi bass (14 m)

paralleli alla strada e corpi alti (32 m) perpendicolari ad essa.

si congiunge all’attiguo Palazzo Visconti in posizione leggermente ar-­

corpo alto arretrato perpendicolare al primo.

zione decisamente innocativa sul piano formale tipologico.

L’articolazione dei corpi edilizi, che segue ragioni di carattere insedia-­

mentre i piani superiori del corpo alto ospitano gli appartamenti.

Questa suddivisione genera nei prospetti un complesso disegn dato

dalle varietà delle aperture, nella esplicita volontà di dichiarare in fac-­

so controllo del disegno complessivo.

nord verso il giardino da una sorta di chiasmo che ne inverte la posizio-­

Così la permutazione dei materiali in facciata ( marmo perlino nel cor-­

po basso verso strada e nella facciata sud del corpo alto e klinker color

sabbia per il resto dei fronti) appare alludere a una gerarchia tra strada

e giardino, senza tuttavia corrispondere in modo univoca all’articola-­

zione volumetrica o alla suddivisione funzionale.

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Page 27: Itinerari di architettura, Milano

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project: Complesso residenziale Corso Italia

typology: architettura per la residenza

architect: Luigi Moretti

realization: 1949 -­ 1955

address: Corso Italia, 1-­17, Milano

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RIFERIMENTO IMMAGINI| AUTORI

1_ vista prospettica _ Image posted on Tumblr

2_ vista prospettica _ Photographer Giuseppe Albera©

3_ vista prospettica _ Image posted on ArchiSquare

4_ viata prospettica _ Image posted on Pinterest

5_ vista prospettica _ Image posted on ArchiSquare

6_ vista prospettica _ Photographer Giuseppe Albera©

7_ vista prospettica _ Image posted on ArchiSquare

8_ vista prospettica _ Image posted on ArchiSquare

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

http://www.lombardiabeniculturali.it

http://www.archisquare.it

http://www.tumblr.com

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BIBLIOGRAFIA DI LUIGI MORETTI

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Page 28: Itinerari di architettura, Milano

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project: Complesso residenziale Corso Italia

typology: architettura per la residenza

architect: Luigi Moretti

realization: 1949 -­ 1955

address: Corso Italia, 1-­17, Milano

DESCRIZIONE DELL’ OPERA

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RIFERIMENTO IMMAGINI|

1_ planimetrie

2_ planimetrie

3_ sezione longitudinale

Page 29: Itinerari di architettura, Milano

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project: Padiglione d’Arte Contemporanea

typology: museum

architect: Ignazio Gardella

realization: 1951-­1953

address: Via Palestro 14

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RIFERIMENTO IMMAGINI| AUTORI

1_foto di interno_anonimo_wordpress.it

2_foto di interno_anonimo_turismo.milano.it

4_vista prospettica facciata sud_anonimo_ordinearchitetti.mi.it

5_vista prospettica facciata sud_anonimo_turismo.milano.it

6_vista prospettica facciata sud_anonimo_architetturami.it

7_veduta d’epoca_anonimo_segnoitaliano.it

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

A cura di M.Casamonti_Ignazio Gardella Architetto 1905-­1999. costruire

le modernità_2006_Catalogo della mostra

Ciarcia Saverio_Ignazio Gardella: Il Padiglione di arte contemporanea di

Milano_2002_CLEAN

http://www.fondazione.ordinearchitetti.mi.it

FOTO

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Ignazio Gardella nasce a Milano il 30 marzo 1905 da una famiglia

dell’agiata borghesia genovese, in cui professione di architetto e inge-­

gnere si tramanda da quattro generazioni: il bisnonno, allievo dell’ar-­

chitetto neoclassico Carlo Barabino, ne continuò l’opera a Genova nel-­

la prima metà dell’Ottocento;; Ignazio si laurea in ingegneria nel 1928

al Politecnico di Milano, dove ha l’opportunità di entrare in contatto

con quelli che diverranno i maggiori esponenti del Movimento Moderno

italiano.

padre Arnaldo Gardella, partecipa prima della guerra a numerosi con-­

corsi di architettura che sfoceranno nella realizzazione del Dispensario

ntitubercolare di Alessandria, capolavoro del razionalismo italiano.

Già con le sue prime opere Gardella acquista una grande e immedia-­

ta fama. Così in questi anni rafforza le amicizie con Giolli, Pagano e

Persico, il gruppo che si riconosce in “Casabella” e che lavora all’alle-­

stimento delle prime Triennali (dove Gardella vincerà numerosi premi e

Questi sono anni in cui l’attività professionale è assai ridotta, ma è

il periodo in cui elabora, insieme con altri architetti milanesi, il Piano

A.R. per Milano, che sarà presentato nell’immediato dopoguerra, mi-­

ristrutturare la città.

Nel primo dopoguerra Gardella progetta e costruisce diverse opere

mica iniziata con la nomina a professore ordinario dell’ Istituto di Archi-­

L’attività di Gardella ha avuto un ruolo determinante anche nel campo

del design, già dal 1947 quando fonda, insieme a Luigi Caccia Domi-­

nioni l’azienda Azucena, la prima che inaugurò la produzione italiana

di design di qualità.

Nell’ultimo periodo della sua vita Gardella, ormai tra i decani dell’ar-­

di Architettura di Genova,che gli valgono numerosi premi e riconosci-­

Medaglia d’oro del Presidente della Repubblica ai Benemeriti della

Ignazio Gardella muore ad Oleggio il 15 marzo del 1999.

Page 30: Itinerari di architettura, Milano

piano terra, occupata da una fascia continua si presenta vuota e tra-­sparente.La vetrata è protetta da una griglia di sicurezza che si muove a sali-­scendi, dietro la quale si trova la galleria delle sculture. La fascia al piano superiore, realizzata con una muratura continua, si presenta piena e compatta;; il rivestimento della muratura è realizzato con larghe piastrelle di ceramica color rosso-­bruno. Contro il fondo scuro delle piastrelle spicca ilreticolo bianco delle gri-­glie a saliscendi.

tutta la sua lunghezza la galleria dove vengono esposte le opere gra-­

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project: Padiglione d’Arte Contemporanea

typology: museum

architect: Ignazio Gardella

realization: 1951-­1953

address: Via Palestro 14

Il PAC (Padiglione d’Arte Contemporanea) di Milano, viene costruito tra il 1951 e il 1954 sull’area delle scuderie della Villa Reale distrutte dai bombardamenti del 1943, per volontà dell’allora Sovrintendente Fernanda Wittgens.Viene prescelto nel marzo 1948, il progetto dell’Architetto Ignazio Gar-­

dei rustici, con una suddivisione in due piani visibile dalla zona del parco, ma con un solo piano verso Via Palestro, dalla quale

Inaugurato nel 1954 come sede per le collezioni d’arte del XX secolo, il Padiglione è destinato ad ospitare per il trentennio successivo una attività espositiva piuttosto discontinua.Nel 1979 il PAC riapre, dopo un lungo periodo di chiusura per restauri, come sede destinata a mostre temporanee, a carattere nazionale e internazionale.

Il Padiglione viene ricostruito secondo il progetto originario dallo stes-­

sua normale attività espositiva per decisione di Philippe Daverio, allora assessore del Comune di Milano.

nell’adeguamento dei sistemi di sicurezza e climatizzazione agli stan-­dard internazionali previsti per gli spazi museali ed inoltre nella crea-­zione di uno spazio destinato ad una caffetteria.Il numero di persone che visitano annualmente il PAC è di circa

All’interno del Padiglione d’Arte Contemporanea sono in funzione un bookshop gestito a rotazione da Case Editrici di cataloghi d’arte e una piccola sala video. Lo spazio è totalmente accessibile ai portatori di handicap ed è dotato di un ascensore che raggiunge le diverse zone espositive.Il Padiglione di Arte Contemporanea è delimitato da tre facciate coper-­te da un tetto a piccole capriate disposte in parallelo e rivestite in rame. Nelle falde delle capriate sono disposti i lucernari che garantiscono illuminazione zenitale alle sotostanti sale di esposizione.

di ferro con una luce di 7m del tutto simile a quella utilizzata nei capan-­noni industriali dell’hinterland milanese.Nella facciata est, il solo intervento moderno è riconoscibile nel por-­tone archivoltato dell’ingresso;; il portone è chiuso da un telaio in ferro e vetro. La facciata sud, verso il parco,è interamente di nuova costruzione e sostituisce la precedente distrutta dai bombardamenti bellici;; essa è divisa in due fasce orizzonatli sovrapposte: la fascia a

RIFERIMENTO IMMAGINI|

1_pianta piano terra (azzurro)

2_prospettiva (disegno di studio)

3_attentato di via Palestro_foto di repertorio_Corriere della Sera

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Page 31: Itinerari di architettura, Milano

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project: Torre Breda (Grattacielo di Milano)typology: housing - publicarchitect: Luigi Mattioni, Ermenegildo ed Eugenio Soncinirealization: 1954-1956address: Via Vittor Pisani 2

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RIFERIMENTO IMMAGINI| AUTORI

1_ torre in costruzione_skyscrapercity.com2_la torre in una cartolina d’epoca_skyscrapercity.com3_foto d’epoca a volo d’uccello di Piazza della Repubblica4_la torre e il Grattacielo Pirelli visti dal Duomo_skyscrapercity.com5_vista sud-est della torre nell’aspetto odierno-skyscrapercity.com6_vista del prospetto ovest su Via Vittor Pisani-skyscrapercity.com7_vista dell’attico sormontato dalle antenne_skyscrapercity.com8_vista dell’ingresso principale e del porticato_skyscrapercity.com

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

Giovanna Alfonsi, Guido Zucconi_Luigi Mattioni: architetto della rico-struzione_1985_Electa, pgg. 40-45 (immagine 3, planimetrie, prospetti e sezione)

http://fondazione.ordinearchitetti.mi.ithttp://skyscrapercity.comhttp://wikipedia.org/wiki/Luigi_Mattionihttp://wikipedia.org/wiki/Grattacielo_di_Milano

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Luigi Mattioni (Milano, 1914–1961) è stato un architetto italiano, fra i maggiori architetti del dopoguerra, attivo soprattutto a Milano. Si lau-reò in Architettura presso il Politecnico di Milano nel 1939, con relato-re Piero Portaluppi, conseguendo il premio come miglior laureato del triennio 1936-39. Cominciò a lavorare presso lo studio di Giovanni Mu-zio. Nel 1940 ottenne la Medaglia d’Oro per aver curato l’allestimento della Mostra delle ceramiche per la VII Triennale di Milano. Nel 1944 fu nominato assistente incaricato nel corso di Elementi di Architettura e Rilievo dei Monumenti del Politecnico di Milano e si dedicò allo stu-

Nel secondo dopoguerra aggiunse all’insegnamento l’attività di pub-blicista e quella professionale. Scrisse per riviste come Stile diretta da

i fondatori dell’originale esperimento editoriale A - Attualità, Architet-tura, Abitazione, Arte insieme a Carlo Pagani e Bruno Zevi. Aprì uno studio a Milano, in Piazza Cinque Giornate, occupandosi di costru-zioni per l’industria, arredo, allestimenti e urbanistica. Divenne anche consulente per il piano regolatore della città di Milano con Gaetano Ciocca, Amos Edallo, Augusto Magnaghi e Mario Terzaghi. Nel 1946 ricevette l’incarico per l’allestimento della Mostra Internazionale della Ricostruzione; nel 1947 ricevette dal commissario Bottoni l’incarico si curare alcune sezione della VIII Triennale di Milano insieme a Belgiojo-so, Diomede, Marescotti, Mucchi e Zanuso. In questa occasione gli fu nuovamente assegnata la Medaglia d’oro per il contributo dato con la realizzazione del “Diorama del Soleggiamento” e l’estensione di norme tecniche per il QT8. Nel 1948 fu inviato a partecipare al primo conve-gno di Edilizia e Urbanistica Rurale della Valle Padana, a Cremona, e da lì iniziò la stagione del boom professionale che lo vide protagonista della scena milanese per il decennio 1950-60 con la Torre Breda, il Centro San Babila il Centro Diaz (Terrazza Martini) e il Palazzo Omsa. Fu un innovatore in campo tecnico-organizzativo. I suoi interessi cultu-

e ricca biblioteca di architettura, nonché nell’aggiornata raccolta di ca-taloghi e materiali, strumenti fondamentali nella nuova organizzazione manageriale dello studio da lui ideata: l’assetto tayloristico dello studio Mattioni ritrova situazioni comparabili soltanto all’estero, specie nella Germania Federale e negli USA (non a caso nel 1958 visitò gli stu-di di Philip Johnson e dei SOM). La gestione dello studio è scandita da un parametro inventato da Mattioni, il modulora. I costi di gestione annuali ( Somma di spese generali, retribuzioni, margine desiderato) vengono divisi per le ore lavorate dai componenti dello studio, titolare

ite un numero di ore il cui costo totale sia pari alla parcella stabilita dai parametri di legge. Morì a 47 anni per un aneurisma cerebrale ed è stato inserito nel Famedio del cimitero monumentale di Milano.

Page 32: Itinerari di architettura, Milano

indipendente per la servitù. Impianti tecnologici avanzati (il grattacie-lo adottava già criteri di risparmio energetico, come l’aria condiziona-ta autonoma in tutti gli appartamenti, che sfruttava acqua prelevata a 14°C nel sottosuolo per il raffreddamento), posta pneumatica e un blocco centrale di bagni ciechi - approvati in deroga alle vigenti norme di igiene - dotano ogni appartamento di accessori che solleticarono

la composizione delle planimetrie della zona giorno e delle facciate, rette da un’esile incastellatura perimetrale in c.a. indipendente dalla struttura portante arretrata. Le griglia modulare dei prospetti poteva così ospitare logge, bow-windows, o semplici vetrate scongiurando la monotonia dei fronti e salvaguardando le velleità di distinzione dei

zione italiana, simbolo di un rinnovo e di ripresa della città a pochi

“Ragazze d’oggi” di Luigi Zampa del 1955, in cui lo si vede ancora non terminato (mancano i serramenti). Alcune scene sono infatti am-bientate nell’appartamento ovale al 29 piano, anche se in realtà è una ricostruzione e solo la panoramica su Milano fu girata effettivamen-te dal Grattacielo, sulla terrazza che oggi è occupata dalle numerose antenne. Entro pochi anni, assieme ai grattacieli già presenti in zona

far parte del primo cluster urbano con moderni grattacieli a Milano.

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project: Torre Breda (Grattacielo di Milano)typology: housing - publicarchitect: Luigi Mattioni, Ermenegildo ed Eugenio Soncinirealization: 1954-1956address: Via Vittor Pisani 2

Il grattacielo di Milano (o Torre Breda) è, ad oggi, il quinto in città per altezza, dopo la Torre Cesar Pelli A (231 m), Palazzo Lombardia (161 m), la Torre Diamante (140 m) e il Grattacielo Pirelli (127 m), ed è situato all’incrocio tra via Vittor Pisani e viale Tunisia, lungo il monumentale asse che collega la nuova stazione centrale e la va-sta area rettangolare di piazza della Repubblica. Prima della guerra il piano Albertini (1934) era stato attuato parzialmente con la costru-

l’elevazione della torre attestata su via Pisani, alla quale il progetto di Luigi Mattioni e dei fratelli Soncini avrebbe dovuto adeguarsi.Vincitori di un concorso ad inviti al quale avevano presentato proget-ti distinti, i giovani architetti vengono scelti dal gruppo di imprenditori che si cela dietro una società creata appositamente per l’operazione immobiliare, la S.p.A. Grattacielo di Milano. Fra i promotori spicca il gruppo dirigente della Rdb (Rizzi, Donelli, Breviglieri), impresa produt-trice di cemento e componenti per l’edilizia. I progettisti, interpreti di una tendenza all’innovazione e alla trasformazione che li accomuna ai committenti, si avvalgono della consulenza di Piero Portaluppi e di Arturo Danusso, impegnato da anni in una vasta opera di sperimen-tazione, modellazione e costruzione di strutture in cemento armato, mentre l’impresa costruttrice, espressione della committenza, è diretta

tria dell’impianto urbano originario, elevandolo sino alla quota di 117 metri, la più alta mai raggiunta in Italia e la prima a superare quella della statua della Madonnina, posta sulla guglia principale del Duo-mo, infrangendo il limite imposto da una legge risalente al fascismo. Costruito in cemento armato secondo un modulo di 180 cm che ne informa tanto la distribuzione planimetrica quanto le partizioni vertica-

sul fondo di uno scavo di otto metri sotto il piano stradale, la cui sta-bilità fu garantita da preventive iniezioni di calcestruzzo. Nell’interra-to sono collocate le autorimesse e parte degli impianti, mentre uno zoccolo di otto piani, rivestito in serizzo dubino lucidato, asseconda

cessivi venti piani, rivestiti da tessere in gres ceramico color turchi-no di tonalità digradante verso l’alto, sono destinati a residenze per

dotta e distribuita simmetricamente attorno al nocciolo centrale degli ascensori e dei servizi. Gli appartamenti, in genere due per piano, si dispongono attorno ad un grande salone di soggiorno, affacciato a nord o a sud, accessibile direttamente da un atrio dedicato allo sbarco ascensori e posizionato a cerniera tra un’ala privata, dove sono col-locate le camere e i bagni, e un’ala di servizio con ingresso indipen-dente, composta da cucina “all’americana”, locali annessi e alloggio

RIFERIMENTO IMMAGINI|

1_planimetria del piano terra, con ingressi pedonali e carrabili planimetria del piano tipo della torre, con soluzione a due appartamenti planimetria dell’attico, con la grande terrazza

skyscrapercity.com3_prospetto nord (su Via Felice Casati), prospetto est (su Piazzetta Razza) e sezione trasversale

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Page 33: Itinerari di architettura, Milano

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project: Complesso residenziale

typology: housing

architect: L.C. Dominioni

realization: 1954-­1955

address: Via I.Nievo 28

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RIFERIMENTO IMMAGINI| AUTORI

2_vista prospettica facciata est_anonimo_abitaremilano

3_dettaglio prospetto est_anonimo_foto in sito

4_vista prospettica facciata est_anonimo_foto in sito

5_vista prospettica facciata ovest_anonimo_foto in sito

6_foto di repertorio_ordine degli architetti di Milano

7_dettaglio del rivestimento esterno_anonimo_foto in sito

8_bow-­window facciata est_anonimo_foto in sito

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

A cura di Fulvio Irace_Luigi Caccia Dominioni. Case o cose da abitare.

Stile di Caccia_2002_Marsilio editore

http://www.fondazione.ordinearchitetti.mi.it

Luigi Caccia Dominioni nasce a Milano, dove attualmente vive e lavo-­ra, il 7 dicembre 1913. Nel 1931 si iscrive alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano dove incontra, anch’essi studenti, i fratelli Castiglioni, Peressutti, Ro-­gers e Zanuso. Grazie alla guida di due straordinari docenti, Moretti e Portaluppi, in questo gruppo di giovani emergono passioni e talento. Nel 1936, Caccia Dominioni consegue la Laurea in Architettura e apre uno studio professionale con i fratelli Livio e Piergiacomo Castiglioni.Risalgono infatti a quegli anni le sue partecipazioni a diverse Triennali, alla VI nel 1936 con la mostra “Priorità italiche in arte”, alla VII nel 1940 con la presentazione del radioricevitore Phonola a cinque valvole -­ e

Questa intensa attività professionale si fa necessariamente disconti-­

Al suo rientro in patria apre un proprio studio professionale in uno degli

distrutta dai bombardamenti e realizzata nuovamente su progetto dello stesso Caccia Dominioni.Nel 1947 fonda assieme all’ amico architetto Ignazio Gardella la Azu-­cena, che produrrà artigianalmente arredi e oggetti di design, tra cui le famose maniglie da lui progettate. Negli anni della rinascita economica realizza, infatti, la casa di famiglia

Biblioteca e Pinacoteca Ambrosiana (1966), il raccordo tra la chiesa di

(1969-­70). Alla sua attività più recente risalgono lo studio per la pedonalizzazione

e i progetti per la sistemazione di parte del palazzo sede della Banca Popolare di Verona realizzata da Carlo

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Page 34: Itinerari di architettura, Milano

Inserito nel 1956 in un più esteso piano di lotizzazione nell’are Fiera di Milano, questo condominio si caratterizza per la sua “quieta” semplicità, grazie anche al voluto contrasto tra la regolarità stereometrica del parallelepipedo e l’inconsueto rivestimento in pia-­strelle di klinker color verde azzurro.Si tratta di un lungo corpo di fabbrica sviluppato su nove piani fuori terra con quattro appartamenti per livello.Il paramento esterno subisce improvvise interruzioni dovute alla diso-­

a smaterializzare il volume, nonchè all’inserimento di ampie verande in leggero aggetto comprese in serramenti metallici laccati in nero, quasi delle cornici pensate per introdurre alla complessità degli interni. Questa volontà di esplicitare all’esterno il meccanismo intrinseco all’e-­

alla fruizione di questa machine à habiter. Nella differenziazione degli ingressi (quello carrabile posto sul retro diretto ai garage e quello principale sul fronte opposto) si rivela una chiara propensione nei confronti di un approccio urbanistico nella progettazione di Caccia, convinto assertore del ruolo della pianta quale matrice generativa dell’intero progetto, strumento per operare un

dinamico indissolubilmente legato al movimento dell’uomo.La cura riposta nell’elegante articolazione spaziale e materiale delle parti comuni del fabbricato arricchite dalle pavimentazioni a mosaico di Francesco Somaini e nell’inviluppo verticale delle scale elicoidali in-­tese quali dispositivi funzionali ma anche occasione ove sperimentare ricercati dettagli rappresenta una costante nell’opera di Dominioni e, più in generale, tra gli appartenenti della “scuola milanese”.

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project: Complesso residenziale

typology: housing

architect: L.C. Dominioni

realization: 1954-­1955

address: Via I.Nievo

RIFERIMENTO IMMAGINI|

1_pianta piano tipo

2_dettaglio scala interna

3_piano terra + piano primo

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Page 35: Itinerari di architettura, Milano

15project: Grattacielo Pirelli

typology: public

architect: Gio Ponti, Giuseppe Valtolina, Pier Luigi Nervi, Antonio

Fornaroli, Alberto Rosselli, Giuseppe Rinardi, Egidio Dell’Orto

realization: 1956-­1960

address: Piazza Duca d’Aosta 5, 7/A

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RIFERIMENTO IMMAGINI| AUTORI

1_Veduta generale del cantiere _ ”Edilizia Moderna “ dicembre 1960

2_Il grattacielo in una foto del 1973 _ Archivio storico Pirelli

3_Modello nella versione progettuale 1955 _ Archivio Storico Pirelli

4_Veduta ambiente di lavoro “open space”_”Edilizia Moderna “ dicembre 1960

5_Atrio pricipale, veduta d’insieme_ ”Edilizia Moderna “ dicembre 1960

6_Auditorium, particolare struttura in c.a. _”Edilizia Moderna “dicembre 1960

7_Vista dal basso_”Grattacielo Pirelli”, Paolo Cevini

8_Dettaglio della copertura_ ”Grattacielo Pirelli”, Paolo Cevini

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

www.lombardiabeniculturali.it

www.wikipedia.org

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Gio (Giovanni) Ponti nasce a Milano nel 1891, e si laurea in architettura al Politecnico di Milano nel 1921, dopo aver interrotto gli studi a seguito della sua partecipazione alla prima guerra mondiale.Inizialmente apre lo studio insieme all’architetto Emilio Lancia (1926-­1933), per poi passare alla collaborazione con gli ingegneri Gioacchino Luigi Mel-­lucci (1927), Antonio Fornaroli ed Eugenio Soncini (1933-­1945).Nel 1923 partecipa alla I Biennale delle arti decorative tenutasi all’ISIA di Monza e successivamente viene coinvolto nell’ organizzazione delle varie Triennali, sia a Monza che a Milano.Negli anni venti comincia la sua attività di designer all’industria ceramica Richard Ginori, e rielabora complessivamente la strategia di disegno indu-­striale della società;; con le ceramiche vince il “Gran Prix” all’Esposizione di Parigi del 1925. In questi anni la sua produzione è improntata più ai temi classici ed è vicino al movimento Novecento, che si contrappone al razio-­nalismo del Gruppo 7. Sempre negli stessi anni inizia anche la sua attività editoriale fondando nel 1928 la rivista Domus, testata che non abbandone-­rà più salvo che per un breve periodo durante il quale fonderà la rivista Sti-­le. Domus insieme a Casabella, rappresenterà il centro del dibatto cultura-­le dell’architettura e del design italiani della seconda metà del Novecento.L’attività di Ponti negli anni trenta si estende: organizza la V Triennale di Milano nel 1933, disegna le scene ed i costumi per il Teatro alla Scala, ed è partecipe dell’associazione del Disegno Industriale ADI, essendo tra i sostenitori del premio “compasso d’oro” promosso dai magazzini La Ri-­nascente. Nel 1936, quando la sua professionalità è affermata, diventa professore di ruolo alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, cattedra che manterrà sino al 1961.Nel 1951, si unirà allo studio insieme a Fornaroli, l’architetto Alberto Ros-­selli ed intanto sia il design che l’architettura di Ponti diventano in questi anni più innovative abbandonando i frequenti riallacci al passato neoclas-­sico. È qui che inizia il periodo di più intensa e feconda attività sia nell’ar-­chitettura che nel design, negli anni cinquanta, infatti, verranno realizzate alcune delle sue opere più importanti come il secondo Palazzo Montecatini in Via Turati-­Largo Donegani a Milano, il grattacielo Pirelli sempre a Milano, il complesso voluto a Forlì da Aldo Garzanti che comprende sia l’Hotel del-­la Città et de la Ville sia il Centro Studi Fondazione Livio e Maria Garzanti. Nel 1950 Ponti comincia inoltre ad impegnarsi nella progettazione di “pareti attrezzate” ovvero intere pareti prefabbricate che permettevano di soddi-­sfare diversi bisogni, integrando in un unico sistema apparecchi ed attrez-­

della seduta “Superleggera” del 1955 (prod. Cassina) realizzata partendo da un oggetto già esistente e di solito prodotto artigianalmente: la Sedia di Chiavari, migliorato in materiali e prestazioni.Gio Ponti muore a Milano nel 1979.

Page 36: Itinerari di architettura, Milano

realizzati come un “sandwich” in lamiera: alluminio anodizzato all’e-­

-­zione uno dei grattacieli più alti d’Europa. Lo slancio delle sottili testate rastremate come una lama è sottolineato dalla profonda fentidura me-­diana, corrispondente ai collegamenti verticali di emergenza.Lo sviluppo in altezza sottolinea il vuoto circostante nonostante i due

-­praelevato per l’ingresso di rappresentanza, e uno posteriore. In copertura, oltre una terrazza panoramica, si libra nel cielo una ve-­letta sospesa.L’interno è organizzato su un modulo da 95 cm, origine di una maglia

elastica degli ambienti, e che ricorre nel design delle porte e degli

-­sentatività, e attraverso il colore vengono sottolineate continuità e di-­scontinuità.L’impiego di materiali prodotti dalla Pirelli fa del grattacielo una straor-­dinaria vetrina, capace di entrare nell’immaginario collettivo dei mila-­nesi, simbolo della ricostruzione e del miracolo economico in atto nel paese.Il grattacielo viene inaugurato il 4 aprile del 1960. Da subito però rivela

-­ne Lombardia, che ancora oggi vi ha la sua sede.

15project: Grattacielo Pirelli

typology: public

architect: Gio Ponti, Giuseppe Valtolina, Pier Luigi Nervi, Antonio

Fornaroli, Alberto Rosselli, Giuseppe Rinardi, Egidio Dell’Orto

realization: 1956-­1960

address: Piazza Duca d’Aosta 5, 7/A

Il grattacielo Pirelli sorge sull’area del primo stabilimento dell’azienda, distrutto dai bombardamenti durante la Seconda Guerra Mondiale: una sorta di “risorgenza”, cui di fatto si riporta tutta la carica monumen-­

proclamata intenzione di modernità dei progettisti, non abbandona la tradizione locale né tradisce il sentimento storico collettivo.Le premesse immediate della vicenda del grattacielo Pirelli vanno quindi ricercate e individuate nel clima della ricostruzione milanese dell’immediato dopoguerra. In senso economico e industriale, anzitut-­to.

La progettazione vede la collobarazione di Gio Ponti, il quale dirige anche tutte le fasi costruttive, Giuseppe Valtolina, Antonio Fornaroli, Alberto Rosselli, Egidio Dell’Orto;; Valtolina cura l’aspetto strutturale in collaborazione con i consulenti Pier Luigi Nervi, Arturo Danusso, Piero Locatelli e Guglielmo Meardi.Il grattacielo Pirelli si eleva da un basamento esagonale impostato a perimetro del lotto compreso tra piazza Duca d’Aosta, via Pirelli e via Fabio Filzi.La pianta della torre consiste in due poligoni speculari accostati, se-­parati dal corridoio centrale che va rastremandosi alle estremità, de-­

galleria interna. Larga nel punto più profondo 18,5 metri e lunga 70,4 metri, la pianta così sviluppata ha creato non pochi problemi alla de-­terminazione della struttura, dato il basso rapporto fra le dimensioni. Caratteristica della pianta è la posizione in perimetro di servizi, scale

Peculiare la scelta progettuale dei materiali: l’intera struttura portante è in calcestruzzo armato, materiale raramente preferito all’acciaio per

un impianto studiato per confezionare a pié d’opera calcestruzzi con dosaggi perfettamente calibrati e inerti speciali.Le fondazioni consistono in tre platee reciprocamente autonome, atte a ricevere e disrtibuire il peso portato dai quattro pilastri-­parete e dalla gabbia ascensori,quella centrale e le due laterali il restante peso.Gli elementi verticali dell’ossatura sono quattro piloni, visibili anche dall’esterno poiché percorrono a coppie l’altezza delle facciate. Sono pilastri rastremati: alla base sono larghi 2 metri, che diventano 50 cm in sommità. Travi orizzontali, colleganti i pilastri, fungono da basi per i solai dei piani.La facciata, interamente vetrata nel progetto originario, viene invece realizzata in alluminio e vetro e si presenta in parte a pannelli ciechi. Ciechi ma non opachi, per far salve almeno le prerogative di “brillan-­tezza” e “leggerezza” che Ponti considera irrinunciabili. I pannelli sono

RIFERIMENTO IMMAGINI| AUTORI

1_Pianta del piano terreno _ “Edilizia Moderna” dcembre 1960

2_Piante schematiche _ “Edilizia Moderna” dicembre 1960

3_Studio di massima struttura di sostegno copertura,1958_ Archivio Nervi

4_Sezione schematica trasversale_”Edilizia moderna” dicembre 1960

Ponti,“Domus” marzo 1956

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Page 37: Itinerari di architettura, Milano

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tproject: Torre Velasca

typology: Commerciale e Residenziale

architect: BBPR

realization: 1958

address: Piazza Velasca, Milano

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RIFERIMENTO IMMAGINI| AUTORI

1_ vista prospettica _ Image posted on Il Sole24ore

2_ vista prospettica _ Image posted on Il Sole24ore

3_ schizzi progettuali _ Images hosted on Flickr, posted by YP3

4_ vista prospettica _ Image posted on Società Dante Alighieri

5_ vista prospettica _ Image hosted on Il Sole24ore

7_ vista prospettica _ Images hosted on Flickr, posted by Tohr Alkimista

8_ vista prospettica _ Images hosted on Flickr, posted by YP3

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

Il progetto di architettura. La Torre Velasca BBPR _ Disegni e progetto

della Torre Velasca a cura di Leonardo Fiori e Massimo Prizzon. Saggio

introduttivo di Francesco Tentori _ editrice ABITARE Segesta

http://www.turismo.milano.it

http://it.wikipedia.org/wiki/Torre_Velasca

http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca

FOTO

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BIBLIOGRAFIA BBPR

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Page 38: Itinerari di architettura, Milano

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project: Torre Velasca

typology: Commerciale e Residenziale

architect: BBPR

realization: 1958

address: Piazza Velasca , Milano

DESCRIZIONE DELL’ OPERA

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RIFERIMENTO IMMAGINI|

2_assonometria, dettaglio facciata, dettaglio sezione, dettagli piante

3_sezione longitudinale, sezione trasversale

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Page 39: Itinerari di architettura, Milano

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project: Complesso residenziale

typology: housing

architect: A. Mangiarotti

realization: 1956-­1960

address: via Quadronno 24

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RIFERIMENTO IMMAGINI| AUTORI

1_foto d’epoca facciata nord_anonimo_archivio iuav

2_foto d’epoca facciata ovest_anonimo_archivio iuav

3_studio Mangiarotti-­Morassutti in via Quadronno_anonimo

4_vista prospettica facciata ovest_anonimo_ordinearchitetti.mi.it

6_foto d’interno_anonimo_designita.it

8_vista prospettica facciata est_anonimo_architetturami.it

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

M.Tafuri_Storia dell’architettura italiana:1944-­1985_2002_Piccola bibliote-­

ca Einaudi

http://www.fondazione.ordinearchitetti.mi.it

http://www.atcasa.corriere.it

http://www.studiomangiarotti.it

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Angelo Mangiarotti nasce a Milano il 26 febbraio 1921.

Frequenta e consegue la laurea in Architettura al Politecnico nel 1948.

Dopo una breve ma intensa esperienza negli Stati Uniti, durante la

quale entra in contatto con gli importanti nomi della scena internazio-­

nale quali Frank LLoyd Wright, Walter Gropius e Mies van der Rohe,

nel 1955 ritorna in patria per fondare un proprio studio con la collabo-­

razione del collega Bruno Morasutti.

Nel 1959 realizza la prima versione di uno dei suoi oggetti di

disegno industriale più famosi, la sedia “59” prima di dirottare le proprie

attenzioni verso il settore dell’automobile.

Entra in Alfa Romeo come consulente per la realizzazione di macchine

componibili basati sull’utilizzo di moduli e parti intercambiabili.

La sua attività professionale è accompagnata costantemente da quella

didattica: nell’anno accademico 1963-­1964 riceve una cattedra all’I-­

stituto Superiore di Disegno Industriale di Venezia e due anni dopo

per l’azienda italiana di arredamento ed illuminazione Artemide.

Altri prodotti mirabili sono le realizzazioni create per Agape, Zanotta,

Knoll e Cassina.

Nello sviluppo dei suoi lavori è rintracciabile la crescente passione per

la scultura, che avvicina il progettista alla materia e ai possibili metodi

per lavorarla. Oltre che in occidente (Stati Uniti e Europa) è molto co-­

nosciuto anche in Giappone dove da vita al Mangiarotti & Associates

il 1976 e il 1983 insegna negli atenei di Adelaide, Palermo e Firenze

prima di ritornare a Milano nel 1997.

Il Politecnico nel 2002 gli conferirà la laurea ad honorem in disegno

industriale. Negl’anni il designer milanese si dedica con particolare

attenzione alle problematiche produttive industriali e ai processi di

bientale legato alla grande produzione.

Oltre al disegno industriale ciò che ha reso Mangiarotti famoso in tutto

il mondo è l’architettura legata alle infrastrutture e all’urbanistica, non-­

ché all’ingegneria strutturale: sei tra le sue opere più importanti le ha

realizzate nella sua città natale, a Milano:si tratta di stazioni per il ser-­

vizio passeggeri per il trasporto ferroviario facenti parte sia del sistema

di trasporto pubblico suburbano di Milano “le linee S del Passante” sia

della rete nazionale delle ferrovie dello stato.

Nel 1994 gli viene tributato il Compasso d’Oro alla carriera, a corona-­

mento di un’opera che durante gli anni è stata esposta ed apprezzata

Angelo Mangiarotti muore a Milano il 30 giugno 2012.

Page 40: Itinerari di architettura, Milano

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project: Complesso residenziale

typology: housing

architect: A.Mangiarotti

realization: 1956-­1960

address: via Quadronno 24

Le personalità di Angelo Mangiarotti e Bruno Morassutti rappresentano un caso del tutto originale nel panorama del dopoguerra italiano. For-­matisi nel contesto milanese, hanno ben presto sviluppato un percorso autonomo grazie ad uno sguardo rivolto alla cultura d’oltreoceano e ai rapporti tra architettura e industria.Il complesso in centro città, realizzato nel 1960 su incarico di una coo-­

dal giardino pubblico antistante avrebbero dato l’impressione di un “ba-­stione” ininterrotto vetrato e sfaccettato come un cristallo, una visione allo stesso tempo miesiano ed espressionista.

-­sto conserva però la pianta asimmetrica e i fronti spezzati dell’idea originaria.La pianta libera, al di là dei pochi vincoli costituiti dai setti di irrigidimen-­

volumi poliedrici che creano visuali sempre differenti, mentre la retro-­stante zona dei servizi è impaginata in modo più rigoroso e squadrato. Una spina centrale formata da una lunga parete attrezzata conarmadi e contenitori sottolinea anche visivamente questa duplice na-­tura dell’opera.

innestato su una struttura tradizionale di solette in cemento armato

una rigorosagriglia modulare che permette di utilizzare a seconda delle preferenze tre tipologie di elementi prefabbricati: serramento, pannel-­

La tecnica di montaggio dei componenti, perfettamente reversibile, consente di estendere questa libertà anche nel tempo, trasformando

-­chi elevando la casualità a fattore compositivo della facciata.Anche la presenza sin dall’origine di un essenza rampicante che oggi

una volta per tutte in ogni sua parte.-­

rotti, esprime anche in modo quasi paradigmatico uno dei concetti più pervasivi del suo lavoro, quello della creazione di “famiglie di forme” che derivano dall’applicazione successiva a scale differenti, e con op-­portune variazioni, di un’unica forma archetipa.

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RIFERIMENTO IMMAGINI|

1_piano tipo

3_particolare di facciata

Page 41: Itinerari di architettura, Milano

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project: Chiesa dei SS. Battista e Paolo

typology: church

architect: Luigi Figini, Gino Pollini

realization: 1964-­1968

address: Via M. P. Catone, 10

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RIFERIMENTO IMMAGINI| AUTORI

1_Particolare campanile_Stefano Suriano

2_Vista campanile e facciata lato ovest_Stefano Suriano

3_Vista generale da Via Catone_Stefano Suriano

4_Vista interna navata centrale e altare_Stefano Suriano

5_Particolare bucature_Stefano Suriano

6_Particolare colonna altare_Stefano Suriano

7_Vista ingresso da Via A. Maffucci_Stefano Suriano

8_Particolare lucernario sopra l’altare_Stefano Suriano

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

Savi V. -­ Figini e Pollini: Architetture 1927-­1989 -­ Milano -­ Electa, 1990 -­

pag. 104-­111

www.lombardiabeniculturali.it

LUIGI FIGINI

Nato a Milano nel 1903, compie gli studi classici presso il Leone XIII

(esercitandosi pure nella pittura, in questi anni, durante le vacanze);; si

iscrive quindi alla facoltà di Architettura presso il politecnico di Milano,

dove si laurea nel 1926. Nell’ambiente della scuola l’insofferenza per

lo stereotipato insegnamento accademico e l’ansia di ricerca di nuove

vie l’accomuna con Larco e Rava, con Terragni, più tardi con Pollini. Si

consolidano le amicizie. Da tali incontri, soprattutto, ha origine il Grup-­

po 7. Da allora con gli amici del Gruppo 7, con il MIAR (Movimento

italiano per l’architettura razionale), e più tardi con il gruppo degli archi-­

tetti della rivista “Quadrante”, opera per il rinnovamento architettonico

in atto sull’architettura moderna e partecipa a numerose esposizioni

in Italia e all’estero. Nel 1950 dà alle stampe L’elemento verde e l’a-­

bitazione. Collabora a riviste diverse, da “Natura” a “Quadrante”, da

“Comunità” a “Chiesa e quartiere”, con scritti e saggi in particolare

sull’architettura sacra e l’architettura spontanea.

È nominato accademico nazionale di San Luca e riceve la medaglia

d’oro della Provincia di Milano (alla memoria). Luigi Figini è scomparso

il 13 marzo 1984.

GINO POLLINI

Nato a Rovereto nel 1903 e rientratovi nel 1918 da Roma, ultimati

gli studi liceali, si iscrive alla facoltà di Ingegneria del Politecnico di

Milano. Nel 1923 Pollini passa dalla facoltà di Ingegneria a quella di

Architettura. In contrasto con l’insegnamento accademico, che vigeva

ricercano nuove vie per l’architettura, tra i quali – con Pollini – Figini

e Terragni. Ciò porta alla formazione nel 1926 del Gruppo 7 (al qua-­

le aderisce poco dopo anche Libera, che aveva terminato gli studi a

Roma);; con il Gruppo 7 ha inizio la battaglia per l’affermazione dell’ar-­

chitettura razionale in Italia. Pollini si laurea nel 1927. Dopo aver par-­

tecipato al concorso per il piano regolatore di Bolzano, costituisce lo

studio con Figini a Milano. Quasi tutta la sua attività professionale si

svolge, in stretta collaborazione con lui.

Delegato italiano del CIAM dal 1930 al 1946 partecipa attivamente

all’organizzazione e ai lavori di quella associazione. Dal 1933 al 1936

fa parte del gruppo di architetti della rivista “Quadrante” e di molte com-­

missioni di studio e giudicatrici di concorsi di urbanistica e di architettu-­

ra. Si dedica all’insegnamento universitario alla facoltà di Architettura

di Milano a partire dal 1963 come professore incaricato di Elementi di

architettura, poi dal 1969 alla facoltà di Architettura di Palermo come

professore ordinario di Composizione architettonica.

È nominato accademico nazionale di San Luca ed è insignito della

medaglia d’oro della Provincia di Milano. Si spegnerà nel 1991.

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7

8

Page 42: Itinerari di architettura, Milano

Il complesso ecclesiastico occupa un lotto trapezoidale alla Bovisa,

periferia ovest di Milano, delimitato dalle vie Catone, Patti e Maffucci e

attestato con altri fabbricati sino al limite di viale Jenner.

L’impianto è organizzato attorno a due fabbricati distinti e contrapposti,

dalla forma molto irregolare, con un perimetro costituito dal continuo

ricorso a linee spezzate, un incessante susseguirsi di avanzamenti ed

arretramenti;; non v’è linea che non s’intersechi ad angolo retto, nes-­

suna inclinazione anomala ma compenetrazione continua tra esterno

ed interno.

in volta con l’erba di prato che si insinua negli interstizi o con la chio-­

L’alternarsi dei volumi genera scorci su zone in ombra, racchiuse in un

chiostro o, piuttosto, aperte, nel disporsi delle facciate rivestite in cotto

a differente tessitura, in un continuo e vibrante mutare di luce.

Ciò che più colpisce emotivamente di questa chiesa non è soltanto lo

sviluppo dei prospetti, ma è soprattutto l’interno, dove alla bellezza del

perimetro della grande aula unica si aggiunge la determinante parte-­

cipazione della luce.

Entrando nel tempio, da via Patti, attraverso il sagrato protetto da un

come roccia che si spezza e si frantuma originando linee ascendenti,

verso la luce che spiove dall’alto. Annunciato da una intensa colorazio-­

ne blu e dalla sonorità lieve, ma percettibile, di una caduta d’acqua, lo

spazio del Battistero si apre attraverso un diaframma a lato della nava-­

ta;; al centro un monumento marmoreo vive per la presenza dell’acqua,

una singola nota, una goccia che scivola su di esso e cade nella sotto-­

stante vasca;; l’armoniosa combinazione della luce e del suono genera

suggestioni poco lontane da quelle evocate da una grotta naturale.

un luogo sublime di concentrazione e di meditazione;; Figini e Pollini

un decennio prima da un maestro del Movimento moderno, raccoglien-­

done i principii ispiratori.

nelle proposte di aggiornamento con la variante al piano regolatore

generale, l’area su cui insiste il progetto della chiesa dei Ss. Giovanni

Battista e Paolo, prevista al momento a verde pubblico, sarà destinata

alla formazione della nuova parrocchia.

Il lotto, di proprietà del Comune, è ceduto all’Opera Diocesana per la

Preservazione e Diffusione della Fede che, nella persona di Monsignor

Pollini.

dedicata alla Madonna dei Poveri, a Baggio, dei due architetti, coeta-­

nei e stretti in un sodalizio professionale nato poco dopo la laurea e

protratto sino alla scomparsa di Figini, nel 1985.

Derivata da una lunga ricerca iniziata nel 1960 con i progetti per la

chiesa, non realizzata, di un quartiere popolare nella città di Bergamo,

il progetto elaborato per il tempio a San Giovanni e Paolo supera la

accentuata articolazione dell’organismo, leggibile sia nella pianta che

nelle facciate.

I disegni sono presentati all’esame del Comune nel 1964;; nella docu-­

presa Borio, Mangiarotti & C.

Nell’anno successivo il progetto ottiene i permessi di costruzione, con-­

dizionati all’approvazione della variante del piano urbanistico. Dopo al-­

cuni mesi dall’avvio delle opere, il cantiere è contestato dai rappresen-­

rilevano differenze tra le opere autorizzate e quelle in corso di esecu-­

Nel 1967 la chiesa è completata al rustico, mentre per la canonica

Gianluca Papini ed eseguite sotto la direzione del collega Carlo Man-­

giarotti. L’intero complesso è portato a compimento pochi anni dopo.

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project: Chiesa dei SS. Battista e Paolo

typology: church

architect: Luigi Figini, Gino Pollini

realization: 1964-­1968

address: Via M. P. Catone, 10

RIFERIMENTO IMMAGINI|

1_Planimetria generale_Figini e Pollini: Architetture 1927-­1989, pag.104

2_Prospetto ovest_www.lombardiabeniculturali.it

3_Sezione longitudinale_Figini e Pollini: Architetture 1927-­1989, pag.105

1

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Page 43: Itinerari di architettura, Milano

19

project: Chase Manhattan Bank

typology: public

architect: B.B.P.R.

realization: 1958-­1969

address: Piazza Meda

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RIFERIMENTO IMMAGINI| AUTORI

1_vista prospettica_from “Genius Loci”, Noberg-­Schulz, 1980, NY, Rizzoli

2_vista prospettica_Photographer Scott Budzynski

3_vista prospettica_Image posted on ArchiSquare

4_vista prospettica_Photographer Giuseppe Albera

5_vista prospettica_Photographer Scott Budzynski

6_vista prospettica_Photographer Scott Budzynski

7_vista prospettica_Photographer Giuseppe Albera

8_vista prospettica_Photographer Giuseppe Albera

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

A cura di Antonino Piva -­ BBPR a Milano -­ 1982 -­ Milano -­ Electa.

M. G. Errico -­ Tra razionalismo e continuità -­ marzo2012 -­ Roma -­ Aracne

editrice.

http://www.fondazione.ordinearchitetti.mi.it

http:// www.architetturami.com/

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Page 44: Itinerari di architettura, Milano

Dal colmo della copertura emergono le torri delle scale in cemento armato a vista, che hanno la funzione di controvento per la struttura a telaio di acciaio.È interessante notare come l’acciaio, generalmente associato agli

con la stessa espressività con cui i BBPR hanno trattato il cemento -­

zione postbellica, però, all’acciaio venne preferito il cemento armato sopratutto per ragioni di convenienza economica.

19

project: Chase Manhattan Bank

typology: public

architect: B.B.P.R.

realization: 1958-­1969

address: Piazza Meda

Tra il 1958 e il 1969 il gruppo BBPR si confrontò con un intervento di -­

risalente al 1934, prevedeva una costruzione simmetrica rispetto al -­

gli interventi già realizzati in altre aree del centro storico come, ad

fosse in grado di confrontarsi con i volumi dell’abside e del tamburo

-­centeschi realizzati tra il 1928 e il 1931 da architetti come Magistretti, Portaluppi e Greppi.

-­se Manhattan Bank si sarebbe connessa agli estremi con due impor-­

realizzato da Figini e Pollini, che appariva sobriamente razionalista e concepito in piena coerenza con le indicazioni del piano regolatore

previsto dal piano, di forma trapezoidale, avrebbe sicuramente domi-­nato e contrastato con l’abside e il tiburio.

un’ampia curva, sollevando da terra una massa semicilindrica che sta-­

-­rale di sottili montanti metallici.

adiacente (nove metri dal piano stradale) fu considerata dagli architetti

si era già posto a Figini e Pollini durante la progettazione della sede -­

traccia di un ipotetico primo piano, che ne riduce otticamente l’altezza ristabilendo le corrette proporzioni di facciata.

in rame, e coperto da un tetto a falde rivestite dello stesso materiale.

1

2

3

RIFERIMENTO IMMAGINI|

1_planimetria generale prima e dopo l’intervento

2_pianta piano terra

3_prospetto

Page 45: Itinerari di architettura, Milano

20

project: complesso residenziale “Monte Amiata”

typology: housing

architect: Carlo Aymonino-­Aldo Rossi

realization: 1967-­1972

address: Via E. Falck 53

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RIFERIMENTO IMMAGINI| AUTORI

7_Vista Generale Anonimo

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

zioni Roma

http://www.monoatelier.com/complesso-­gallaratese-­monte-­amiata/

http://www.treccani.it/enciclopedia/carlo-­aymonino/

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8

_ Carlo Aymonino, nipote di Marcello Piacentini, si laurea in architet-­tura nel 1950 a Roma. Iniziò come docente alle Facoltà di Architet-­tura di Palermo, di Venezia e di Roma, dove fu professore ordinario di Composizione Architettonica alla Sapienza (1980-­93). Dal 1974 al 1979 è rettore dell’Istituto di Architettura di Venezia. Dei primi anni di attività sono i progetti per la palazzina Tartaruga a Roma (1951-­54), con Ludovico Quaroni;; per il quartiere Spine Bianche a Matera (1954-­

Sessanta risale il progetto del complesso residenziale Monte Amia-­ta del Gallaratese con il contributo di Aldo Rossi. Agli anni settanta risalgono i progetti per l’Università di Firenze (1971) per l’Università delle Calabrie (1973), per il palazzo di Giustizia di Ferrara (1977-­84), il Campus Scolastico Superiore di Pesaro (1970-­84). Nel 1976 e nel 1985 ha partecipato alla XIII e XV Triennale di Milano ed alla Biennale

alla Giudecca a Venezia (1984), il Centro residenziale e commerciale Benelli a Pesaro (1980-­83),il Complesso residenziale Tor Sapienza a Roma (1981-­82), il sistema di piazze al centro di Terni (1985) i sistemi polifunzionali a Scandicci (1989), a San Donà del Piave (1990), in via Ostiense a Roma (1991);; tra i suoi ultimi progetti la copertura del Giar-­dino Romano all’interno dei Musei Capitolini. _ Aldo Rossi (maggio 1931-­settembre 1997) si forma negli anni Cin-­quanta presso il Politecnico di Milano. Assistente di Ignazio Gardella e Marco Zanuso, insegna presso la Scuola urbanistica di Arezzo e allo IUAV di Venezia;; professore incaricato al Politecnico di Milano nel 1959, negli anni successivi collaborerà anche con diverse università americane. L’attività progettuale si divide tra edilizia privata e pubblica. Si ricordano tra i primi progetti realizzati: l’ampliamento della scuola De Amicis di Broni (1970), un’unità residenziale al quartiere Gallara-­tese (1973), il Cimitero di San Cataldo di Modena (1978) e la scuola

Borgoricco (1989), la ristrutturazione del Teatro Carlo Felice di Geno-­

al progetto per la ricostruzione del Teatro “La Fenice” di Venezia. A livello internazionale si ricordano la Kochstrasse e Friedrichstrasse a Berlino (1981), l’Hotel “Il Palazzo” di Fukuoka (1989) e a Maastricht il Bonnefanten Museum (1994). L’attività di storico e teorico dell’architet-­tura comprende collaborazioni con riviste quali “Casabella Continuità”, “Società” e “Il Contemporaneo”, la pubblicazione di Architettura della

sezione di architettura alla Triennale di Milano e nel 1983 la Biennale di architettura di Venezia. Nominato Accademico di San Luca, vince il Pritzker Prize nel1990 e nel 1991 la Thomas Jefferson Medal in Ar-­chitecture, è noto anche per l’ attività di designer, artista e per l’opera

Page 46: Itinerari di architettura, Milano

relle aeree, rosso per le gallerie, rossastro per le residenze. Il complesso si articola in 5 corpi di fabbrica, quattro dei quali – A1, A2, B e D – dispiegati a ventaglio, concettualmente convergenti verso

-­sti su due piani e racchiude un piazza-­corte che svolge il ruolo di col-­

aymoniniani rispondono ad una varietà tipologica e distributiva degli

105-­25 mq), delimitati dall’interazione del modulo strutturale di 3.60

metalliche. Tale ballatoio caratterizza la struttura, richiamando la casa popolare milanese a ballatoio.

focale, lungo l’asse di tangenza delle due piazze triangolari. La sezio-­ne alle quote inferiori è scavata da un ampio passaggio rastremato,

che collegano alle cantine e ai garages seminterrati.In corrispondenza del grande tamburo delle attrezzature commerciali,

sigilla i corpi B, D e A1. I prospetti sono caratterizzati dalla giustappo-­sizione degli elementi di contenimento: parapetti di cemento prefabbri-­cato, traforati secondo un modulo quadrato.

di 8 piani di alloggi, per un’altezza di 27.90 metri, hanno uno sviluppo lineare di 154 metri. I relativi prospetti sono caratterizzati da una fram-­

-­ziali: maisonnettes a patio al primo piano, duplex ai piani intermedi, alloggi a mansarda all’ultimo piano. I percorsi diventano parte essenziale della struttura compositiva: all’interno si articolano in scale e pianerottoli, come luminosi affacci

-­re come tunnel che distribuiscono l’accesso ai duplex. Dai garages e dalle cantine i percorsi si dispongono senza soluzione di continuità, a

-­toi d’affaccio degli ultimi livelli.

in modo che ci siano i livelli per la mobilità veicolare e quelli per quella pedonale. Le due piazze triangolari a quota 3 metri costituiscono luogo di incontro o di giuoco, la terza è di convergenza e di distribuzione dei percorsi pedonali.

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project: complesso residenziale “Monte Amiata”

typology: housing

architect: Carlo Aymonini-­Aldo Rossi

realization: 1967-­1972

address: Via E. Falck 53

“Questo dinosauro rosso, con una rigida e lunga coda bianca, sorge ormai terribilmente sopra la pianura.” Aldo RossiL’insediamento residenziale “Monte Amiata” al Gallaratese 2 si inseri-­sce in una vicenda giuridico-­amministrativa tutt’ altro che lineare quale è quella che snoda l’iter urbanistico e i progetti di piano del settore nord-­ovest della periferia milaneseLa “Monte Amiata società Mineraria per Azioni” acquista nel 1944 un lotto di terreno agricolo in località Trenno, nel settore settentrionale del futuro G2, dell’estensione di circa 12 ettari. Successivamente, il PRG del 1953 conferma la destinazione residen-­ziale della zona di proprietà della “Monte Amiata” e nel giugno ‘63 il Comune di Milano adotta il Piano di Zona per l’edilizia economica po-­

un accordo che prevede la possibilità per i privati, le cui aree sono in-­

alla condizione di realizzare alloggi di tipo economico popolare. La “Monte Amiata” dopo gli accordi con il comune di Milano ottiene sulla proprietà residua una volumetria massima pari a 169000 mc. La “Monte Amiata” sceglie come progettista Carlo Aymonino, il qua-­le nella prima elaborazione propone una struttura lineare, sulla quale

dell’intero complesso. La logica compositiva risponde ad un impianto geometrico, evidenziando un organismo unitario. Sono inoltre presenti due triangoli equilateri slittati lungo un comune lato obliquo,i quali de-­

Tra il settembre e l’ottobre del 1967 viene messa a punto il primo plani-­volumetrico. Nel 1968 proseguono gli aggiustamenti del planivolume-­trico secondo le norme di costruzione del Regolamento Edilizio e vie-­ne presentato alla Ripartizione Urbanistica il secondo planivolumetrico

linea, i corpi B e C, fusi in una sezione unitaria, spaccata longitudinal-­mente dalla galleria semicoperta, il corpo D che si attesta attraverso un ponte all’A1, al B e al C. Dai corpi A1 e A2 dipartono le passerelle aeree di collegamento tra i parcheggi posti verso via Cilea e i percorsi

le linee di forza del progetto, è già, in questa fase, organicamente de-­terminata. Il 1 ottobre 1968 il progetto viene respinto a causa di nume-­rose irregolarità di carattere igienico -­ regolamentare. Il 13 novembre

un congegno morfologico unitario mantenendo forme elementari che permettono un’immediata riconoscibilità di impianto.Inoltre la connetti-­vità demandata ai percorsi è evidenzata dai colori: giallo per le passe

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RIFERIMENTO IMMAGINI|

2_Ortofoto dell’area del complesso residenziale

5_Studio per la testata occidentale del corpo A1

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Page 47: Itinerari di architettura, Milano

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project: Sede casa editrice A. Mondadori

architect: Oscar Niemeyerrealization: 1968-­1975address: Segrate (Milano)

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RIFERIMENTO IMMAGINI| AUTORI 1_Particolare della struttura portante in cemento armato_Roland Halbe2_Scultura ”Colonna dai grandi fogli”, di A. Pomodoro, collocata nello spec-­chio d’acqua davanti alla sede_Roland Halbe3_Vista aerea d’insieme_ Roland Halbe4_Veduta d’insieme_Roland Halbe5_Scorcio di un interno_Tiziana Colombo6_Vista della “piazzetta”_Roland Halbe

8_Dettaglio delle arcate_Tiziana Colombo

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

Lionello Puppi_Guida a Niemeyer_Milano_A.Mondadori_1987Oscar Niemeyer [a cura di E. Mocchetti]_Oscar Niemeyer_Milano_A.Mondadori_1975Roberto Dulio_ Il Palazzo Mondadori_Electa_2007Roberto Dulio_Oscar Niemeyer e la Mondadori a Segrate_«Casabella» n. 753_2007

http://www.archimagazine.com/bniemeyer.htm

Oscar Niemeyer nasce a Rio de Janeiro nel 1907. Si laurea alla scuo-­

la Nazionale di Belle Arti di Rio de Janeiro nel 1934 e in seguito si

unisce ad un gruppo di architetti brasiliani che collabora con Le Cor-­

busier alla costruzione del nuovo Ministero dell’Educazione e della

Sanità di Rio, esperienza formativa per il suo futuro lavoro. Niemeyer

proseguirà la collaborazione con Le Corbusier per la realizzazione del

Palazzo delle Nazioni Unite di New York.

dritte e agli angoli retti dello stile internazionale, tendenza dominante

dell’architettura moderna europea negli anni ‘30.

Nel 1939 Niemeyer e Lúcio Costa disegnarono il padiglione brasiliano

al New York World’s Fair (in collaborazione con Paul Lester Wiener).

Impressionato dall’esecuzione del padiglione il sindaco Fiorello La

Guardia onorò Niemeyer con le chiavi della città di New York.

ampiamente all’espressivo stile architettonico barocco brasiliano.

Nel 1956 viene nominato consulente architettonico della Nova Cap, un’

organizzazione incaricata di realizzare i progetti di Lucio Costa per la

nuova capitale del Brasile. L’anno successivo diventa capo architetto

città, quali il Congresso Nazionale, il Palazzo del Planalto, la Corte

Suprema Federale, il Palazzo Arcos, la Cattedrale e il Museo Juscelino

appartenenza politica al Partito Comunista lo costringe ad emigrare

in Francia. Durante la sua permanenza in Europa, costruisce, tra gli

altri progetti, la Sede del Partito Comunista Francese e l’Università di

in Brasile, riprende a lavorare in Brasile, insegnando all’Università di

Rio de Janeiro e lavorando privatamente.

Niemeyer è considerato uno dei primi ad aver sperimentato nuovi con-­

del cemento armato per creare strutture sensazionali che rispecchiano

le sinuose curve naturali delle montagne, delle spiagge e della baia

di Rio de Janeiro. Come i suoi maestri, Lucio Costa e Le Corbusier, è

un Modernista, ma la sua ricerca di architettura grandiosa legata alle

radici della sua terra, lo porta a elaborare nuove forme per un inedito

lirismo architettonico.

Copacabana, a Rio de Janeiro ed ha ancora molti progetti importanti

da realizzare. Quello più recente: il Museo Oscar Niemeyer a Curitaba

Nel 1988 gli viene assegnato il Premio Pritzker mentre nel 2004 gli è

conferito il Premio Imperiale per l’architettura.

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Page 48: Itinerari di architettura, Milano

dori, avendo avuto modo di ammirare il Ministero degli Affari Esteri,

Itamaraty, che Niemeyer aveva completato a Brasilia tre anni prima, gli

periferia di Milano, prossima all’aeroporto di Linate e agli svincoli viari

immettenti all’autostrada verso Verona, sede degli stabilimenti tipogra-­

Il committente chiede all’architetto, oltre che il massimo di articolazione

funzionale, un’immagine di elevata temperatura formale, capace di co-­

stituire il monumento celebrativo della prestigiosa tradizione editoriale

fondata e impersonata dal padre Arnoldo.

1974 dopo che Niemeyer elaborò diverse versioni del progetto.

L’architetto brasiliano inseguiva da tempo l’idea, di un’opera architet-­

tonica innovativa, non solo per le strutture e le forme, ma anche per il

modo di viverla: voleva realizzare uno spazio aperto in cui più di

mille persone potessero comunicare e operare in armonia.

L’intuizione di Giorgio Mondadori e I’idea di Niemeyer permisero di re-­

alizzare un progetto davvero coraggioso per I’epoca e un’opera che

ancora oggi simboleggia arte e cultura.

Fortemente ispirata al Ministero degli Affari Esteri di Brasilia, la sede

della Mondadori a Segrate se ne distanzia per le dimensioni oltre che

A Segrate l’andamento longitudinale della costruzione consente la

messa in opera di un sistema strutturale nel quale la scocca in ce-­

mento armato, traforato dai ritmo di archi parabolici differentl I’uno

lunghezza e trenta di larghezza.

Libri, la Divisione Generale Periodici e alcune redazioni giornalistiche,

oltre alle Direzioni Centrali del Gruppo: Personale, Finanza, Relazioni

Esterne e Comunicazione.

I ristoranti, i bar, le boutiques sono distribuiti nell’elevazione di due

piani in portico dal livello del piano terra del gran palazzo, lateralmente

e ,avanzando, al prospetto in circolo irregolare così da suggellare il

vacuo aperto di un’ evocazione della piazza all’italiana.-­

me libere dalle due costruzioni annesse che emergono da una distesa

dazioni giornalistiche del Gruppo e alcuni servizi, Niemeyer propone

una planimetria irregolare e ondulata che ricorda la forma di una fo-­

di ventimila metri quadri che oltre a esaltare I’aspetto monumentale

condizionamento e antincendio.

Una grande perizia artigianale sovrintende alla realizzazione di tut-­

venature costituiscono una delle connotazioni espressive piu forti del

cemento a vista del Palazzo.

Gli azulejos di Athos Bulcao, che rivestono uno dei due accessi alll’edi-­

emerge dalle acque alla destra della passerella di accesso al Palazzo,

completano il complesso.

Un’enorme distesa verde, parco paesistico, realizzato su disegno di

pioppi, cipressi.

All’interno gli spazi lavorativi, arredati in open space, sono curati con

grande attenzione, introducendo una gamma di colori che scandiscono

il succedersi degli ambienti passando da tonalità calde ad effetti più

forti.

In questo gioco di colori assume un ruolo principale l’illuminazione,

studiata per esaltare o ridurre I’effetto

maschera inoltre gli elementi fonoassorbenti, gli impianti elettrici e di

di vetro, una esterna di colore bronzo e una interna di colore chiaro, fra

le quali è inserita una camera d’aria.

Questo dispositivo consente di coniugare i requisiti di sicurezza, ge-­

stione termica e insonorizzazione, alla possibilità di godere ampiamen-­

te della vista della natura che circonda il Palazzo.

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project: Sede casa editrice A. Mondadori

architect: Oscar Niemeyerrealization: 1968-­1975address: Segrate (Milano)

RIFERIMENTO IMMAGINI|

1_Planimetrie piani terra, tipo e quinto_Casabella n. 7532_Schizzi di progetto3_Arcate di differrente ampiezza che sostengono il nucleo centrale del

4_Dettaglio delle arcate_Roland Halbe5_Schizzi per il ristorante e i negozi6_”Piazzetta” su cui si affacciano i servizi sociali, situata davanti al corpo centrale della sede_Roland Halbe

2

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6

1

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Page 49: Itinerari di architettura, Milano

22

project: Monumento a Sandro Pertini

typology: monument

architect: Aldo Rossi

realization: 1988-­1990

address:Piazza Croce Rossa

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RIFERIMENTO IMMAGINI| AUTORI

1_Vista del lato Ovest Giovanni Dall’Orto

2_Scorcio della scalinata Tiziana Colombo

3_Fronte Anonimo

4_Dettaglio della parte alta Anonimo

5_Schizzo Aldo Rossi, taken from “Aldo Rossi, tutte le opere”

6_Schizzo Aldo Rossi, taken from “Aldo Rossi, tutte le opere”

7_Dettaglio della scalinata Luciano Morpurgo

8_Vista -­nord-­Est Anonimo

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

A. Ferlengo (a cura di), “Aldo Rossi. Tutte le opere”, Electa, Milano 1999

http://www.domusweb.it/it/news/aldo-­rossi-­disegni/

http://it.wikipedia.org/wiki/Aldo_Rossi

http://it.wikipedia.org/wiki/Monumento_a_Sandro_Pertini

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Aldo Rossi ( 3 maggio 1931 -­ 4 settembre 1997) si iscrive al Politecnico di Milano nel 1949 e si laurea nel 1959 iniziando l’attività professionale frequentando gli studi di Ignazio Gardella e Marco Zanuso. Nel 1963 inizia l’attività didattica presso la scuola di Arezzo e poi quella

di Milano.

La svolta professionale arriva quando Carlo Aymonino gli da l’incarico

quartiere Gallaratese di Milano. Nel 1971 vince il concorso per la realizzazione del cimitero San Catal-­

-­gnando presso il Politecnico di zurigo e poi nuovamente a Venezia.

nazionale di San Luca e comincia negli anni successivi a collaborare -­

-­nezia.Gli anni successivi sono caratterizzati da importanti lavori: i progetti a

Nel 1987 vince due concorsi internazionali: uno a Parigi per la Villette

Museo di arte contemporanea di Gand.-­

stico.

-­dicazione nel 1999 ( dopo ricorso) della gara per la ricostruzione del

Page 50: Itinerari di architettura, Milano

ripete all’interno delle sue opere.-­

se fece dono alla città di Milano del monumento. A partire da quel mo-­

riviste del settore. -­-­

22

project: Monumento a Sandro Pertini

typology: monumet

architect: Aldo Rossi

realization:1988-­1990

address: Piazza Croce Rossa

A.Rossi

-­one e via Alessandro Manzoni.

lunga feritoia.Il cubo misura otto metri di lato e si basa su un modulo rigoroso di

-­gono il monumento sono realizzati in lega di rame.

A.Rossi

-­-­-­

spressione della volontà collettiva.

nuovo segno e una nuova organizzazione dello spazio in piazza Croce Rossa.

non realizzato risalente al 1962 e ideato con Luca Meda e Gianugo Polesello e il monumento ai Partigiani a Segrate del 1965.

1_Pianta

2_Prospetto Est

3_Sezione AA

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project: Università della Bicoccatypology: universitary centrearchitect: Gregotti Associatirealization: 1994-1997address: Piazza della Scienza 3

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RIFERIMENTO IMMAGINI| AUTORI

2_vista di una corte ribassata_fondazione.ordinearchitetti.mi.it

5_ponti pedonali dei Dipartimenti Umanistici6_aula magna dei Dipartimenti Umanistici7_Dip. Umanistici da P.zza Ateneo Nuovo_fondazione.ordinearchitetti.mi.it8_vista dei Dipartimenti Umanistici_fondazione.ordinearchitetti.mi.it

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

Guido Morpurgo_Gregotti Associati 1953-2003_Milano 2004_Rizzoli Skira, pgg. 138-139, 228-231, 242-245. (immagini 5-6, dettagli e sezioni)

http://fondazione.ordinearchitetti.mi.it (testi e immagini)http://wikipedia.org/wiki/Vittorio_Gregotti (testi)http://www.unimib.it (immagini e planimetria)

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Gregotti Associati International è stata fondata nel 1974 da Vittorio Gregotti. Ne sono attualmente partner lo stesso Vittorio Gregotti, Au-

zativa. Dagli anni Settanta ad oggi vi è stata una continua crescita delle attività, che spaziano dalle diverse tipologie architettoniche alla

lizzazioni anche nel campo del disegno industriale. Gregotti Associati International ha le proprie sedi a Milano e Venezia, ma per la dimen-sione internazionale dei suoi incarichi, vengono spesso aperte sedi temporanee nelle località in cui la società opera con progetti di lunga durata. Una caratteristica che distingue Gregotti Associati International è la modalità dell’elaborazione progettuale architettonica: si privilegia infatti il lavoro di gruppo, con il quale la tecnologia elettronica e le spe-

caratteristica è la spiccata vocazione intellettuale dei partner Vittorio Gregotti e Augusto Cagnardi, che hanno sempre abbinato all’esercizio progettuale l’attività culturale, con la pubblicazione di libri, dirigendo

le categorie critiche dell’architettura, a partire dalle sperimentazioni degli anni 50 e 60, dalle università di Palermo, Firenze e della Cala-bria degli anni 70, attraverso il disegno urbano della città europea e le sue applicazioni nei piani regolatori di Torino e altri comuni italiani e per Olvia, la nuova città in Ucraina, tra gli anni 80 e 90. Le principali

urbani: dalle aree ex industriali di Milano Bicocca, Cesena e Civita-nova; i quartieri residenziali di Palermo, Venezia, Berlino; i concorsi per Strasburgo, Londra, Roma, Vienna, cui vanno aggiunte le molte opere “monumentali” quali il centro Culturale di Belém, gli stadi di Bar-cellona, Nîmes, Genova, Marrakech e Agadir, i teatri degli Arcimbol-di a Milano e di Aix-en-Provence, le nuove sedi della Pirelli e della

Page 52: Itinerari di architettura, Milano

Sede dei Dipartimenti Umanistici U6-U7

recuperati, che distribuiscono spazi per la didattica, la ricerca, un labo-ratorio linguistico e uno informatico, servizi per gli studenti e i docenti,

al 1920 come stabilimenti della società Pirelli. Il carattere industriale dei fabbricati si rivela nella tipologia a grandi corti interne e nei lunghi

i manufatti in funzione dell’identità complessiva del nuovo insediamen-

tato sull’asse nord-sud si sono introdotti schermi frangisole metallici a “T” rovesciata fortemente aggettanti, che insieme agli sfondati degli in-gressi a doppia altezza e alle scale di sicurezza, caratterizzano e attri-

orientato sull’asse est-ovest, a fondale dell’ampia piazza lastricata e alberata, è completato e sopralzato di un piano attraverso un’apposi-ta struttura metallica. Al di sotto della piazza sono collocati due piani interrati di parcheggi pubblici di pertinenza dell’Università, che sono

do ovest, che costituisce il fronte del recinto universitario. L’ingresso

corso pedonale centrale che struttura l’intera area di intervento. Due tagli nelle solette articolano lo spazio libero su tripla altezza e consen-tono l’inserimento di un sistema di scale incrociate, affacciate sul vuo-to dell’atrio centrale. Una soluzione analoga la ritroviamo anche nella

verde. In entrambi i casi, ai piani seminterrato e terra sono posizionati

le aule, di cui quelle più grandi, gradonate, sono ricavate nei volumi delle corti coperte da vetrate, velari e pozzi di luce che ne assicurano l’illuminazione naturale. Al primo piano sono previsti gli spazi per le esercitazioni mentre i piani superiori sono dedicati ai dipartimenti, ai la-boratori e al centro di calcolo, mentre la grande biblioteca è collocata in un punto di cerniera tra i due fabbricati, direttamente connessa ai ponti pedonali preesistenti, che sovrapassano la strada tra i due fabbricati.

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project: Università della Bicoccatypology: universitary centrearchitect: Gregotti Associatirealization: 1994-1997address: Piazza della Scienza 3

grande recinto di 140x140 m, costruito a contatto con le strade pe-rimetrali in modo da restituire all’interno dell’isolato un grande spazio aperto pubblico. Sviluppati su sei piani fuori terra, i volumi distribui-

laboratori, aule e altri spazi didattici e di servizio per le facoltà. Il recinto formato dai due corpi di fabbrica è interrotto sull’asse est-ovest, dove è attraversato dalla strada veicolare e dalla metropolitana leggera che connette l’area Bicocca con i grandi assi di penetrazione da nord al centro di Milano. Sull’asse nord-sud l’isolato è invece interferito dal percorso pedonale mediano di attraversamento delle quadras allinea-te, che formano il tessuto della fascia centrale dell’intero insediamento. Su questo asse, due grandi portali permettono l’accesso allo spazio aperto interno all’isolato. La croce dei percorsi che forma la piazza, de-scrive il bordo delle quattro piazze rettangolari ribassate ad uso degli studenti come luoghi di sosta e di incontro. Da questo livello si acce-de alle gallerie interne che, illuminate da alte vetrate, distribuiscono le grandi aule gradonate. Al di sotto della piazza centrale è collocato il parcheggio interrato il cui accesso avviene tramite rampe collocate ai lati della strada di attraversamento trasversale, in corrispondenza dei

architettonica dei volumi è regolata dalla tessitura disegnata dal si-stema modulare di pannelli prefabbricati di cemento verniciato che, appesi alle strutture attraverso placche in acciaio realizzate su appo-sito disegno, costituiscono la griglia ordinatrice sulla quale articolare l’impaginato delle fronti,e che permette l’inserimento elementi ecce-zionali. I prospetti est e ovest presentano grandi bow-window metal-lici di due piani, mentre le altre fronti, escluse quelle esposte a nord, presentano speciali frangisole metallici a “T” rovesciata fortemente aggettanti, che contraddistinguono volumetricamente la punteggiatura

tallica perimetrale che contiene gli impianti tecnologici. La scelta del colore rosso mattone, utilizzata anche per i Dipartimenti delle Facoltà umanistiche, contrassegna la presenza universitaria nell’area Bicocca.

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RIFERIMENTO IMMAGINI|

menti universitari. Quelli progettati da Gregotti Associati sono quelli

frangisole dei Dipartimenti Umanistici

so quella dei Dipartimenti Umanistici

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Nato a Milano nel 1955, Cino Zucchi ha conseguito il Bachelor of Science in Art and Design presso il Massachusetts Institute of Techno-­logy nel 1978 e la Laurea in Architettura presso il Politecnico di Milano nel 1979, dove dal 1980 svolge attività didattica e di ricerca. Oggi è Professore Ordinario di Composizione Architettonica e Urbana presso la Facoltà di Architettura e Società di Milano e docente al Dottorato di Progettazione Architettonica e Urbana. Ha partecipato in qualità di docente a numerosi seminari di progetta-­zione e teoria urbana, ha partecipato all’organizzazione e all’allesti-­mento della XV, XVI, XVIII e XIX Triennale di Milano, e il suo lavoro è stato esposto alla 6°,8°, 12° e 13° Biennale di Venezia. Insieme allo studio Cino Zucchi Architetti ha progettato e realizzato

il ridisegno di aree agricole, industriali o storiche, ha partecipato a con-­corsi liberi e a inviti nazionali e internazionali.

Page 54: Itinerari di architettura, Milano

con tre testate chiuse.I pedoni accedono ai blocchi dal lato opposto, attraverso alti portici dalle colonne rivestite in pietra bianca che affacciano sui giardini co-­muni.sul lato verso il parco, un grande schermo in elementi di cemento prefabbricato protegge le profonde logge degli appartamenti, cercando di coniugare alta densità con alta qualità ambientale.

Edilizia Residenziale Convenzionata a Torre

e l’altro in posizione arretrata, formano insieme una nuova piazza di progetto che inizia il percorso verso il parco e verso la testata della Fiera di Milano, inquadrata dalla lunga prospettiva.

tapparelle e a oscuri scorrevoli, le profonde logge dai parapetti in ferro e vetro sono disposti secondo una serie di permutazioni che enfatizza le viste lunghe verso la città.L’uso dei materiali di rivestimento (piastrelle in cotto decorato e pietra bianca) e la soluzione di coronamento, vogliono costituire una rilettura critica dei caratteri dell’edilizia milanese nel secondo dopoguerra.

Edilizia Residenziale Libera a TorreLe tre torri di edilizia libera sono disposte irregolarmente intorno a un giardino comune al quale si accede dalla nuova piazza di progetto.Sul semplice volume in pietra di diversi tagli e colori le logge private in aggetto assumono una disposizione irregolare, addensandosi sul lato che guarda il nuovo parco.

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L’area in cui si inserisce il progetto, quella dell’ex fabbrica Alfa Romeo al Portello cuneo incastrato tra il QT8 e la Fiera, è stata ripensata verso

per la residenza e Charles Jencks con Andreas Kipar e Land per il parco urbano.L’area, un grande trapezio tagliato a metà da una strada di scorrimento veloce, è stata organizzata da Valle in maniera molto elementare: quat-­tro settori, di cui uno occupato dal parco, mentre i rimanenti, destinati alla residenza sia convenzionata che libera, sono collegati secondo diagonali pedonali che traguardano con un ponte l’asse attrezzato. Il primo nucleo residenziale realizzato, disegnato da Cino Zucchi, sorge alle spalle del centro commerciale, che con il suo portico centrale fuori

dell’isolato verso il parco. Il comparto progettato da Cino Zucchi prevede un accostamento di diverse individualità formali e tipologiche attraverso cui riprodurre una varietà urbana ispirata ai modelli dell’architettura milanese degli anni

-­solato allineandosi ai tracciati stradali, le due torri di residenza sono rivolte alla città e presentano un impaginato di prospetti consapevol-­

le torri residenziali che si affacciano sul verde hanno un’interfaccia più permeabile pensata in funzione della vista sul parco. Appare quindi evidente l’intenzione iniziale del progettista di reggere e ricostruire una forma di dialogo urbano multiplo con i diversi frammenti di città su cui si affaccia in maniera schizofrenica: un fronte urbano tradizionale su via Traiano;; un angolo quasi retto che guarda da una parte il retro del comparto commerciale e dall’altra il vuoto del nuovo parco;; un quarto lato che invece si confronta con il rumoroso asse attrezzato di viale Serra. Il progetto non si impone ma costruisce nuove modalità di relazione con il contesto e all’interno del nuovo isolato, garantendo una condizio-­ne positivamente anomala per un progetto speculativo. Al centro del complesso domina per massa e densità l’ex mensa adibi-­

-­to con un rivestimento in Pietra del Cardoso a lunghi conci orizzontali e con serramenti in alluminio e vetro.

Edilizia Residenziale Convenzionata in LineaI tre corpi alti otto piani sono uniti da bassi muri a formare un unico isolato. L’orientamento dei corpi paralleli a Via Traiano massimizza l’e-­sposizione solare e l’affaccio verso il nuovo parco, mentre protegge

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project: Ristrutturazione Teatro alla Scala

typology: restoration

architect: M.Botta

realization: 2002-­2004

address: Piazza della Scala

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RIFERIMENTO IMMAGINI| AUTORI

1_vista prospettica_facciata sud_anonimo_gruppoivas.it

2_vista prospettico_interno_anonimo_ teatroallascala.org

3_vista prospettica notturna_facciata sud_anonimo_infomilano.it

4_vista prospettica_facciata ovest_anonimo_botta.ch

5_vista prospettica_corte interna_anonimo_infomilano.it

6_vista prospettica_facciata est_anonimo_botta.ch

7_vista prospettica_facciata sud_anonimo_botta.ch

8_particolare_facciata sud_anonimo_ordinearchitetti.mi.it

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

Philip Jodidio_Mario Botta_2003_Taschen

Alessandra Coppa_Mario Botta_2009_Motta Architettura

http://www.teatroallascala.org/it/index.html

http://it.wikipedia.org/wiki/Mario_Botta

http://www.botta.ch

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Mario Botta, nasce nel 1943 in Svizzera a Mendrisio, nel Canton Ti-­cino. Sin da adolescente sviluppa una sincera passione verso l’arte del co-­struire, tanto che all’età di sedici anni disegna la sua prima casa unifa-­miliare, realizzata a Morbio Superiore, in Ticino. Dopo un periodo d’apprendistato presso lo studio degli architetti Carlo-­ni e Camenisch a Lugano, frequenta il liceo artistico di Milano e prose-­gue i suoi studi all’Istituto Universitario d’Architettura di Venezia, dove si laurea nel 1969 con i relatori Carlo Scarpa e Giuseppe Mazzariol.Nel 1965 collabora con l’architetto Le Corbusier alla realizzazione del nuovo ospedale del capoluogo veneto e successivamente allestisce, insieme a Louis Kahn, la mostra dedicata al progetto per il nuovo Pa-­lazzo dei Congressi della città.

d’insegnamento e di ricerca, tenendo conferenze, seminari e corsi di architettura in varie scuole europee, asiatiche e americane. Nel 1976 Botta è nominato professore invitato presso il Politecnico di Losanna e nel 1987 presso la Yale School of Architecture a New Haven;; dal 1982 al 1987 è membro della Commissione Federale Svizzera delle Belle Arti;; dal 1983 è professore titolare della Scuola Politecnica Federale di Losanna in Svizzera. Nel corso degli ultimi anni l’architetto svizzero si è impegnato come ideatore e fondatore della nuova Accademia di Architettura di Mendri-­sio, dove attualmente è professore ordinario e dove ha svolto l’incarico di direttore per l’anno accademico 2002/03.Numerosi sono i riconoscimenti internazionali che hanno premiato la

Europeo per la Cultura ricevuto nel 1995, il Merit Award for Excellence in Design by the AIA nel 1996, ottenuto per il progetto del Museo d’Ar-­te Moderna a San Francisco, e la Legione d’Onore della Repubblica Francese nel 1999.Tra le realizzazioni vanno ricordate: il teatro e casa per la cultura a Chambéry;; la galleria d’arte Watari-­um a Tokio;; la mediateca a Villeu-­rbanne;; il SFMOMA museo d’arte moderna a San Francisco;; la catte-­drale della resurrezione a Evry;; il museo Jean Tinguely a Basilea;; la sinagoga Cymbalista e centro dell’eredità a Tel Aviv;; la biblioteca mu-­nicipale a Dortmund;; il centro Dürrenmatt a Neuchâtel;; il MART museo d’arte moderna e contemporanea a Rovereto;; la torre Kyobo a Seoul;;

Fondazione Bodmer a Cologny;; il centro pastorale Giovanni XXIII a Seriate e la biblioteca a Bergamo;; la ristrutturazione del Teatro alla Scala di Milano, la chiesa del Santo Volto a Torino e il centro wellness ad Arosa.

Page 56: Itinerari di architettura, Milano

I servizi lungo Via Filodrammatici prendono il posto delle sopraffetta-­

zioni recenti realizzate sopra i tetti in modo tale da ripulire il fronte sulla

strada secondo gli aspetti originali.

Oltre la quinta stradale il progetto prevede un riordino al piano terra

con la formazione dello spazio laterale alla scena, là dove si trovava

“la Piccola Scala”. Sul retro del Casinò Ricordi si recupera il vuoto

della corte.

Nella parte sopra al tetto di copertura di questo corpo ottocentesco

vengono demoliti tutti i corpi edilizi aggiunti confusamente nei decenni

scorsi e viene innalzato un nuovo volume a pianta ellittica dove trova-­

no posto numerosi servizi richiesti (camerini, cameroni, spogliatoi,…).

E’ questo un volume “nuovo”, aggiunto sopra ai tetti che si situa a lato

del volume della scena con una propria autonoma immagine.

I nuovi volumi al di sopra dei tetti esistenti sono realizzati con struttura

mento esterno in Botticino classico. Per la facciata dell’ellissoide si è

scelto un rivestimento frangisole a elementi verticali. Per la torre, una

facciata ventilata con disposizione a lastre lisce orizzontali “a maglia

sfalsata”.

mate in un gioco di pieni e vuoti, per l’ingresso della luce naturale, che

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project: Ristrutturazione Teatro all Scala

typology: restoration

architect: M.Botta

realization: 2002-­2004

address: Piazza della Scala

La ristrutturazione della Scala di Milano interessa un ampio triangolo

Le differenti parti edilizie sono dominate lungo Via Verdi dal volume del

corpo teatrale e da quello retrostante della scena secondo il progetto

del Piermarini e sul lato di Via Filodrammatici dai corpi edilizi ottocen-­

teschi.

scorsi.

Queste trasformazioni, avvenute all’interno del perimetro edilizio, han-­

no sempre mantenuto il rispetto delle facciate sul fronte

stradale ma hanno alterato in maniera importante l’impianto tipologico

originario con sopraffettazioni e addizioni all’interno delle corti.

Altri importanti innalzamenti dei volumi sono avvenuti negli ultimi de-­

cenni con la costruzione di corpi tecnici per far fronte alle esigenze

della macchina teatrale e per rispondere almeno in parte alla messa a

norma dei sistemi di sicurezza.

L’intervento architettonico proposto può essere distinto in quattro set-­

tori: quello del restauro conservativo, quello del volume della torre

scenica, quello delle costruzioni di servizio sopra i tetti lungo Via Filo-­

Il restauro conservativo interessa il corpo della sala del Piermarini e il

L’intervento in questi settori è teso unicamente al ripristino della strut-­

tura originaria con la rimozione delle parti aggiunte e il riordino delle

tatori.

Il volume della torre scenica è l’intervento edilizio più importante: pre-­

vede l’innalzamento della torre scenica per rispondere alle nuove esi-­

genze tecniche con la formazione di un doppio graticcio tecnico che

eleva la quota di copertura a 37,80 m rispetto alla quota del piano terra.

In questo settore è prevista anche una costruzione ipogea della fossa

scenica che raggiunge quota –16,00 m.

Nei piani retrostanti la torre scenica sono ricavate sei sale di prova che

raggiungono la quota di copertura della torre stessa.

L’innalzamento di volume della torre scenica e dei volumi del retrosce-­

na sono inscritti in un parallelepipedo arretrato di due metri e mezzo

rispetto al fronte della facciata lungo Via Verdi.

RIFERIMENTO IMMAGINI|

1_schizzo a mano libera

2_modello in scala_sezione_botta.ch

3_tecnica mista: disegno tecnico e schizzo a mano libera.

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Page 57: Itinerari di architettura, Milano

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project: Ampliamento Università Bocconi

typology: universitary centre

architect: Grafton Architects

realization: 2002-­2008

address: Via Röntgen 1

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RIFERIMENTO IMMAGINI| AUTORI

1_Particolare di una scala_Bocconi University

4_Nelle viscere del complesso, l’Aula Magna_Bocconi University

5_Particolare trattamento zone d’angolo_Bocconi University

6_Particolare trattamento zone d’angolo_Bocconi University

7_L’atrio di fronte all’Aula Magna_Bocconi University

8_Modello in scala della sezione_Ros Kavanagh

BIBLIOGRAFIA| SITOGRAFIA

Stefano Casciani -­ Domus n. 909, 12/2007 -­ pag. 23-­31

www.unibocconi.it/

www.architonic.com

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Lo studio Grafton Architects si forma a Dublino nel 1978 e ha al suo -­

versità tra cui si ricordano il Dipartimento di Ingegneria Meccanica

-­mento dell’Università Bocconi a Milano;; quest’ultima opera ha valso allo studio riconoscimenti internazionali come il World Building of the

Prize 2009.-­

a Milford e il Solstice Art Centre di Navan. Di recente lo studio si è aggiudicato i concorsi internazionali per la realizzazione della Scuola di economia dell’Università di Tolosa e per il nuovo Campus UTEC

I Grafton Architects sono stati il primo studio di architettura irlandese

la loro presenza nella prestigiosa rassegna in laguna è stata ribadita nel 2008 e si ripeterà nel 2012.

Page 58: Itinerari di architettura, Milano

-­camente la città stessa: “una fossa, secondo alcuni circolare, dove si

e/o terra proveniente dalla madrepatria dei nuovi abitanti”.Di notte – come in queste teatrali immagini prodotte a cantiere aperto, ma fermo – qualcuno, o qualcosa, pare ancora al lavoro nel nuovo complesso Bocconi, alla ricerca del mundus di Milano: ammesso che ne sia rimasto ancora uno, che questa sia ancora una città.

Caricando di forte valore simbolico la sede dell’università, le progetti-­ste irlandesi presentano alla città il volume scultoreo dell’aula magna, interrato nel suolo e svelato nel suo foyer attraverso una lunga vetrata sullo slargo urbano dell’ingresso.Sopra questo basamento interrato di tre livelli, il piano alla quota stra-­dale è sostanzialmente ‘permeabile’. Su di esso – costituito da una sequenza di spazi pubblici e cortili rivolti verso l’interno o l’esterno (che svolge la funzione di passaggio urbano) – sono sospesi volumi com-­patti e articolati che si elevano per sei piani.

traslucidi.L’intero complesso, che occupa un lotto rettangolare di 160 metri per 70, è completamente rivestito con ceppo di Grè, una pietra lombarda

città stessa.

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project: Ampliamento Università Bocconi

typology: universitary centre

architect: Grafton Architects

realization: 2002-­2008

address: Via Röntgen 1

Il primo complesso Bocconi rimane aperto verso il Parco Ravizza,

Dopo anni di alterne vicende, con qualche punta di genio come gli

l’abbattimento – ora che su casette e casone senza qualità si staglia la grande scultura costruttivista di Grafton Architects. Shelley McNa-­mara, Yvonne Farrell, i loro entusiasti collaboratori e un altrettanto entusiasta committente sono gli autori di una nuova, vera architettu-­

ha prodotto solo eterni cantieri – e a Milano qualche spettro, come la Biblioteca Europea di Bolles e Wilson che mai si farà – ha funzionato. McNamara e Farrell nel 2001, allora vere outsider, hanno vinto il con-­corso internazionale bandito dall’Università Bocconi: non con uno degli inutili blob che tempestano le pagine dei settimanali femminili evoluti, ma con una lezione di geometria generativa, incurante delle polemiche insulse tra reale e virtuale, disegno a matita o al computer, città gene-­rica o città qualunquista.

contorcimenti ideologici, dal voler esser assolutamente moderno sotto la bandiera di un regime retrivo – Grafton Architects sfondano in ogni

cui il loro predecessore si è rinchiuso. Verso l’alto – con i blocchi vitrei

di democrazia spaziale che cerca di dare a ognuno degli occupanti luce e aria in quantità e qualità omogenea;; verso il suo stesso interno – aprendo canyon di luce agli spazi di comunicazione e d’incontro, sollevnado scale che s’incrociano a perdita d’occhio;; verso il basso e

profondità, facendo spazio nel sottosuolo per l’enorme spazio dell’Aula Magna, per poi nuovamente risalire verso l’esterno, protendendo l’e-­

e viale Bligny, trasformato in luogo urbano, macchina illusionistica tra

dell’architettura milanese per progettare e realizzare la nuova Bocco-­ni non ha impedito loro di esprimersi in una composizione fortissima: che non nasconde una vera capacità di “scolpire” lo spazio urbano, di

termine.Torna alla mente il racconto di Joseph Rykwert nel suo L’idea di città. Nelle viscere di ogni nucleo urbano di antica fondazione, a cominciare da Roma, si celebra un mundus, presagio linguistico dell’universo delle

RIFERIMENTO IMMAGINI|

1_Planimetria generale_www.architonic.com

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project: Fiera Milano Rho

realization: 2005

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RIFERIMENTO IMMAGINI| AUTORI

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Page 60: Itinerari di architettura, Milano

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project: Fiera Milano Rho

realization: 2005

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RIFERIMENTO IMMAGINI|

Page 61: Itinerari di architettura, Milano

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project: Arengario -­ Museo del 900

typology: museum

architect: Studio Italo Rota

realization: 2010

address: Via Marconi 1

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RIFERIMENTO IMMAGINI| AUTORI

1_Prospetto su Piazza Duomo -­ Render studio Italo Rota

3_Vista della scala dall’alto -­ foto di Gianni Congiu, Studio Italo Rota

4_Sala delle Colonne taken from www.exibart.com

6_Vista su Via Manzoni -­ foto di Gianni Congiu, Studio Italo Rota

7_Piano terra della Torre -­ foto di Gianni Congiu, Studio Italo Rota

8_Vista dal basso della scala -­ foto di Gianni Congiu, Studio Italo Rota

BIBLIOGRAFIA SITOGRAFIA

-­Maria Vittoria Capitanucci, Milano le nuove architetture, pag 30-­31, 2012

Skira editore,Milano.

-­Luca Molinari, Vittoria Alebbi, Italo Rota Project, works, visions 1997-­

2007, pag 329-­336, Skira editore, Milano

http://www.neoenews.com/news.html

http://it.wikipedia.org/wiki/Italo_Rota

http://www.studioitalorota.it/pages-­projects/museo900.html

http://www.studioitalorota.it/CV.html

Italo Rota nasce a Milano nel 1953, si laurea in architettura al Politec-­

nico di Milano nel 1982.

Già prima di concludere l’università la sua formazione è avvenuta pres-­

so gli studi di Franco Albini e Vittorio Gregotti dove il suo apprendistato

dura quattro anni.

Dal 1976 al 1981 partecipa alla realizzazione della rivista Lotus Inter-­

national con l’architetto Pierluigi Nicolin. La passione per i libri e per la

scrittura si concretizzerà in un’importante collezione personale.

All’inizio degli anni Ottanta si trasferisce a Parigi per il progetto dell’al-­

lestimento museale del Musée d’Orsay, vinto assieme a Gae Aulenti.

continuerà con il concorso, vinto nel 1985, per le nuove sale della

Scuola Francese della Cour Carré del Louvre, inaugurate nel 1992, e

con il recente Museo del Novecento a Milano (2002-­2010).

Durante i quasi vent’anni passati in Francia vengono affrontate diverse

eventi ed istituzioni culturali, anni durante i quali collabora anche con

il regista Bernard Sobel.

chiato e illuminato controluce ripete in maniera irreale le tribune del

teatro greco.

Il 1996 è l’anno del rientro in Italia. La sede del suo studio passa da

Parigi a Milano dove negli anni 1995 1996 ricopre la carica di assess-­

sore alla qualità urbana.

Gli stessi studi dell’architetto sono parte integrante del suo lavoro, per

l’accumulo di objets trouvés, libri, pezzi da collezione trasversali, dal

casco di Yuri Gagarin alle maschere dell’Africa Nera che si mischiano

senza gerarchie al materiale tecnico della professione.

che di Anzola e San Sisto.

Importanti sono i lavori per lo stilista Roberto Cavalli, per cui Italo Rota

tine.

Progetti di landarchitecture, come la sistemazione urbana del centro di

Nantes (1992-­1995) e la promenade del Foro Italico a Palermo (2005),

si alternano ad altre recenti realizzazioni come l’albergo Boscolo Exe-­

de Agua per l’Expo di Saragozza del 2008, l’allestimento del Triennale

Design Museum nel 2007, oltre al già citato Museo del Novecento,

inaugurato nel dicembre 2010.

aziende produttrici del design italiano. Molto spesso si parla di una

produzione sviluppata assieme all’architetto Alessandro Pedretti in cui

l’oggetto è parte integrata e integrante dello spazio progettato.

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Page 62: Itinerari di architettura, Milano

“Ci può descrivere sinteticamente come si è sviluppato il progetto ar-­

chitettonico del Museo del Novecento?”

“Il museo è fondato sull’idea semplice di camminare e pensare. Il mu-­

stre entrano le architetture circostanti piazza del Duomo che si integra-­

no come un collage con le opere esposte. Lo spazio espositivo è stato

trattato come un’installazione. Installazione nel senso che bisognava

fare relazionare tra loro una serie di oggetti con una precisa strategia.

Di conseguenza si tratta di un museo particolare perché la collezione

è molto particolare.”

Italo Rota

Nel contesto della riorganizzazione generale logistica dei musei cit-­

tadini, l’amministrazione ha individuato nel palazzo dell’Arengario in

piazza Duomo la sede per il nuovo museo del Novecento.

L’allestimento prevede circa 400 opere, aprendo con il Quarto Stato diPellizza da Volpedo, opera simbolo dell’inizio del secolo e introduzione

alle collezioni dal futurismo alla transavanguardia, chiude con l’espe-­

rienza dell’arte povera italiana.

all’interno del meccanismo della piazza del Duomo.

Il grande salone voltato al piano terreno, pensato in origine come spa-­

zio pubblico, è occupato in modo esclusivo e poco fruibile. La scala

monumentale, la terrazza e lo splendido balcone coperto sono sempre

stati meta per pochi e la vista che offrono su piazza del Duomo è sco-­

nosciuta alla maggiorparte dei milanesi.

Il progetto di trasformazione del palazzo si pone quali obbiettivi fon-­

damentali la concretizzazione di un sistema distributivo e museale

semplice e lineare, che permetta di ottimizzare l’utilizzo degli spazi a

disposizione e di restituire un immagine forte e al tempo stesso attra-­

Nello spazio verticale della torre è inserito un sistema di risalita con

una rampa a spirale, che dal livello della metropolitana, raggiunge la

quota della scala delle Colonne, spazio che sena l’inizio del percorso

delle collezioni museali e quindi il livello della terrazza panoramica af-­

facciata su piazza Duomo.

Avvolte nella rampa trovano posto sale informatiche ed espositive di

differenti dimensioni, contenute in un unico volume bombato che dal

piano interrato, dove avviene il colleamento con la metropolitana sale

verso l’alto.

terrazza panoramica su piazzetta Reale e sulla facciata del Duomo,

Attraverso la rampa si rinnova l’antico concetto di incontro: le opere

infatti, non seguono una rigida scansione cronologica, ma sono dispo-­

ste in modo da creare delle interferenze, memori di situazioni cittadine,

dove è facile scoprire accostamenti arditi.

L’intervento di restauro della sala delle Colonne prevede un rivesti-­

mento delle murature interne con un sistema di pannelli scorrevoli di

vetro opacizzato.

Al di sopra della sala vengono realizzati deu livelli espositivi che con-­

sentono di godere della vista verso piazza Duomo e verso al facciata

quattrocentesca di Palazzo Reale.

L’ultimo grande ambiente di coronamento della Torre monumental eo-­

spita la collezione di Fontana, dove si libra il neon creato dall’artista in

occasione della IX Triennale di Milano.

La nuova struttura , che contiene tutti gli impianti di risalita-­discesa per

la spettacolare entrata su piazza Duomo.

Al nuovo sistema di risalite posteriore si agganci ala manica di colle-­

gamento con Palazzo Reale. Questo pontile discreto e minimale e “

ca che è l’insieme di via Rastrelli e piazza Diaz.

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project: Arengario -­ Museo del 900

typology: museum

architect: Studio Italo Rota

realization: 2010

address:Via Marconi 1

RIFERIMENTO IMMAGINI|

1_sezione longitudinale , Italo Rota project, works, vision , pag 331

2_sezione trasversale, Italo Rota project, works, vision , pag 330

3_percorsi interni alla torre, Italo Rota project, works, vision , pag 330

4_3d della Torre, Italo Rota project, works, vision , pag 332

5_Esploso delle funzioni , Italo Rota project, works, vision , pag 332

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