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Rivista Diocesana Novarese Bollettino Ufficiale per gli Atti del Vescovo e della Curia di Novara 489 SOMMARIO - ANNO 101 (2016) - N° 6 (novembre - dicembre) LA PAROLA DEL VESCOVO Convegno Catechistico Diocesano 2016 pag. 492 Conclusioni del vescovo Franco Giulio Brambilla Vi ho sollevato su ali di aquila... pag. 498 Omelia per la chiusura della Porta Santa Leggere e ascoltare, mangiare e comunicare pag. 502 Omelia per il conferimento dei ministeri del lettorato e dell’accolitato Consacrazione della chiesa pag. 506 di Santa Maria Madre della Chiesa e San Rocco Omelia di Mons. Franco Giulio Brambilla A Natale nessuno escluso pag. 509 Messaggio di Natale ai bambini della diocesi La porta della Misericordia rimane sempre spalancata pag. 510 Messaggio del Vescovo alla Diocesi per il Natale 2016 Verbum abbreviatum pag. 513 Omelia nella Messa della notte di Natale LA PAROLA DEL PAPA Nella fedeltà al carisma ripensare l’economia pag. 518 Messaggio del Santo Padre Francesco al secondo simposio internazionale La nonviolenza stile di una politica per la pace pag. 522 Messaggio del Santo Padre Francesco per la celebrazione della 50ª Giornata Mondiale della pace Stupore per quanto Dio compie: “Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente” (Lc 1,49) pag. 528 Messaggio del Santo Padre Francesco per la XXV Giornata Mondiale del malato 2017 Presentazione degli auguri natalizi pag. 531 alla Curia Romana Discorso del Santo Padre Francesco 00 Sommario062015 copia 5-01-2017 11:05 Pagina 489
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Rivista Diocesana NovareseBollettino Ufficiale per gli Atti del Vescovo e della Curia di Novara

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SOMMARIO - ANNO 101 (2016) - N° 6 (novembre - dicembre)

LA PAROLA DEL VESCOVO

Convegno Catechistico Diocesano 2016 pag. 492Conclusioni del vescovo Franco Giulio Brambilla

Vi ho sollevato su ali di aquila... pag. 498Omelia per la chiusura della Porta Santa

Leggere e ascoltare, mangiare e comunicare pag. 502Omelia per il conferimento dei ministeri del lettorato e dell’accolitato

Consacrazione della chiesa pag. 506di Santa Maria Madre della Chiesa e San RoccoOmelia di Mons. Franco Giulio Brambilla

A Natale nessuno escluso pag. 509Messaggio di Natale ai bambini della diocesi

La porta della Misericordia rimane sempre spalancata pag. 510Messaggio del Vescovo alla Diocesi per il Natale 2016

Verbum abbreviatum pag. 513Omelia nella Messa della notte di Natale

LA PAROLA DEL PAPA

Nella fedeltà al carisma ripensare l’economia pag. 518Messaggio del Santo Padre Francesco al secondo simposio internazionale

La nonviolenza stile di una politica per la pace pag. 522Messaggio del Santo Padre Francesco per la celebrazione della 50ª Giornata Mondiale della pace

Stupore per quanto Dio compie:“Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente” (Lc 1,49) pag. 528Messaggio del Santo Padre Francesco per la XXV Giornata Mondiale del malato 2017

Presentazione degli auguri natalizi pag. 531alla Curia RomanaDiscorso del Santo Padre Francesco

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Ufficiale per gli Atti di Curia Attività Pastorali in Diocesi Direttore Responsabile Andrea GilardoniReg.Tribunale di Novara n. 4 del 18-08-1948

Per abbonamento:Via Puccini 11 - 28100 NOVARA • Tel. 0321/661.661 • Fax 0321/661.662

C.C.P. n. 1016977017 intestato a Diocesi di NovaraCopia distribuita solo in abbonamento ABBONAMENTO PER IL 2017 € 40

Edizione della Stampa Diocesana Novarese - Fotocomposizione in proprio - Stampa - La Terra Promessa - Novara

CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Il lavoro che vogliamo pag. 546Verso la 48ª Settimana Sociale dei Cattolici in Italia

Auguri, Santo Padre pag. 547Gli 80 anni di Papa Francesco

DIOCESI

Omelia di S.E. il Card. Renato Corti Vescovo Emerito di Novara pag. 550III domenica di Avvento - Anno A

Sinodalità. Dimensione permanente nella vita della Chiesa e, pag. 554in particolare, nel presbiterioRitiro del Clero della Diocesi di Novara tenuto da S.E. il Card. Renato Corti

UFFICIO PER IL CLERO E LA VITA CONSACRATA

La liturgia nella vita spirituale del prete diocesano pag. 557

UFFICIO DELLA CARITAS DIOCESANA

Nuove povertà, vecchi aiuti? pag. 566Percorso di formazione della Caritas Diocesana 2016-2017

UFFICIO AMMINISTRATIVO

Decreto di assegnazione delle somme derivanti pag. 567dall’otto per mille Irpef attribuite alla Diocesi di Novara per l’anno 2016

CURIA DIOCESANA

Dioecesis pag. 571

IN MEMORIA

Don Ignazio Tonetti pag. 577Don Anselmo Saglio pag. 579

INDICE 2016 pag. 580

RINNOVO ABBONAMENTI pag. 587

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LA PAROLA DEL VESCOVO

la parola del vescovo 9-09-2013 12:56 Pagina 1

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LLaa PPaarroollaa ddeell VVeessccoovvoo

Convegno Catechistico Diocesano 2016Conclusioni del vescovo Franco Giulio Brambilla

Novara - Seminario diocesano, 6 novembre 2016

Introduzione. Mi complimento per la presenza sia

femminile, ma soprattutto maschile.Vorrei abbracciare affettuosamentetutte le donne catechiste, perché an-cor oggi la catechesi è gestita princi-palmente “dall’altra metà del cielo”.Vorrei che siano portati i saluti a tut-ti, anche a chi non è presente.

Ecco le mie considerazioni “a punti”,cioè per capitoli essenziali, moltoaperti, che hanno sullo sfondo l’idea dianimare un progetto comune, ma nonun progetto faraonico che poi non siriesce a mettere in pratica. Ecco per-ché è un discorso fatto a punti. Sen-tiamo tutti, l’urgenza di questo, sia sulversante della proposta oggettiva, siasul versante delle mediazioni, sia sulversante dei soggetti coinvolti (comu-nità, famiglia, scuola ed a fare da ba-ricentro i catechisti con i sacerdoti).

1. La comunità soggetto primo e ultimo. Risposta ad un gruppo: “la comunità

cristiana è il soggetto primo ed ultimodel percorso dell’Iniziazione cristianadei bambini, dei ragazzi e dei preadole-scenti con le loro famiglie perchè que-st’azione è il momento con cui la Chie-sa genera nuovi figli, rigenerando sestessa”. È il primo punto degli elemen-

ti fondamentali del Sinodo: entrano incampo subito tutti, la comunità cri-stiana si trova all’inizio ed alla fine, inmezzo c’è il percorso, poi i destinataridel percorso (bambini, ragazzi, prea-dolescenti) e poi c’è il punto d’incande-scenza del percorso, quando la Chiesadiventa capace di generare rigeneran-do se stessa. “Perchè – è stato chiesto– la comunità è anche soggetto ulti-mo?”, è abbastanza intuitivo che la co-munità sia soggetto primo, ma la con-notazione “ultimo” sembra depistare.Perchè? Cosa avviene all’interno diquesto percorso? Che il bambino vienegenerato alla vita dalla famiglia e vie-ne rigenerato alla fede, con la famiglia,nella comunità cristiana. La comunitàcristiana è prima nell’intenzione, per-chè il bambino ha bisogno di usciredalla famiglia per diventare grande.Uscirà a gradi diversi. Un conto è ciòche accade da zero a sei anni, un con-to è ciò che avviene all’inizio del per-corso catechistico, poi è cosa assai di-versa ciò che avviene da preadolescen-te, adolescente e giovane, quando il fi-glio è consegnato dai genitori alla vita.L’educazione raggiunge il suo scopoquando il figlio diventa grande, apren-dosi alla vita, alla chiesa, alla società.“Attraverso la Chiesa, si apre alla so-cietà” bisognerebbe dire. In questo

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senso, la comunità cristiana è “sogget-to ultimo”.

2. La catechesi in famiglià Nei primi vent’anni della vita avviene

una duplice generazione. In italianoabbiamo due verbi per dire questo:procreare (mettere al mondo il figlio) egenerare (dargli una luce per vivere).Per dargli la luce per vivere ci sonotutti i passaggi delle età della vita edegli attori che sono in gioco, con do-saggi diversi.

Si discute molto in letteratura pasto-rale, ed anche nelle comunità parroc-chiali, se la catechesi d’Iniziazione cri-stiana dai 7 agli 11 anni deve essereprevalentemente in famiglia o nella co-munità. In Italia ci sono diverse scuo-le di pensiero, diversi orientamenti suquesto. Alcune parrocchie hanno scel-to la strada della famiglia, cioè ridare ibambini alle famiglie perchè si pren-dano a cuore la catechesi, sulla basedell’idea che la famiglia è il primogrembo della fede. Cosa si può osser-vare in proposito? Rimandiamo ilbambino (della scuola primaria) allafamiglia nel momento in cui esce dal-la famiglià è l’età della scolarità, il fi-glio comincia a uscire di casa (anchese poi ci ritorna). Osserviamo questoandirivieni per 5 anni, compreso il pri-mo anno della scuola media, cioè finoalla pubertà. Il ragazzo fa una primaesplorazione del mondo. Noi possiamoconsegnarlo ancora ad una catechesitutta familiare. La catechesi dovrebbeessere il luogo dell’interpretazione cri-stiana, della lettura cristiana del-l’esperienza di questo tempo di pas-saggio per uscire dal grembo maternoverso il mondo: è il tempo in cui si ègenerati alla vita in formato grande.Se noi osserviamo con più attenzione,dal punto di vista antropologico, come

avviene la crescita della vita di un ra-gazzo e poi di un preadolescente, que-sto ci sarebbe maggiormente d’aiuto.Se una catechesi dell’Iniziazione ele-mentare fosse solo in famiglia sarebbenon dico contraddittoria, ma insom-ma... introdurrebbe almeno una ten-sione. Se qualcuno accetta di fare lacatechesi in famiglia deve tener d’oc-chio fortemente la comunità cristianae la scuola (che è la grande assente).Non perchè bisogna andare a fare ca-techismo alla scuola, ma perchè biso-gna creare l’alleanza anche con lascuola, rinnovare il triangolo dell’alle-anza educativa tra famiglia, comunitàe scuola. Il bambino esce di casa, per-chè ne ha bisogno e a 6/7 anni esce inmodo stabile (il gioco, il Grest, la scuo-la, la comunità, lo sport, etc.), anchese è un’uscita diversa da quella del-l’adolescente.

3. Le età della vita. Noi non abbiamo ancora interioriz-

zato una vera riflessione sulle stagionidella vita. “Ogni età della vita ha lasua grazia – diceva Guardini – che ere-dita ciò che si è vissuto nell’età prece-dente e anticipa ciò che si vivrà nellaseguente, per realizzare ciò che si vivenell’età presente”. Questa è una cosamolto importante da sapere per chi se-gue i ragazzi dalla terza elementare fi-no alle medie: qual è la grazia dellafanciullezza. In italiano non abbiamoun bel termine per dire le prime etàdella vita: infanzia – fanciullezza. Intedesco si dice “Kindheit”. C’è ungrande autore che ha scritto persinouna metafisica della fanciullezza [Gu-stav Siewerth, Metaphysik der Kin-dheit]. Qual è la grazia di questo tem-po? La grazia vuol dire quel dono cheaccolto diventa capace di plasmare unlivello dell’umanità che rimarrà nel-

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l’età seguente o resterà magari solo al50% o non rimarrà affatto o resterà fe-rito perchè trasmesso male. Faccio unesempio sul tema da 0 a 6 anni perchèci ho lavorato molto. La grazia che co-me dono il bambino riceve dai genito-ri, riguarda gli elementi essenziali del-la sua identità psichica. Che poi ver-ranno lavorati dai sei anni fino allapubertà. I doni sono cinque: la vita, lacasa, l’affetto, la lingua e la fede. Da 0a 6 anni va fatto un programma adat-to che valorizza questi doni che vannoilluminati con i gesti del Battesimo.Questi cinque doni sono temi di fede odi vita? Così la fede viene divisa dallavita. Eppure non esiste una vita senzafede. È impossibile vivere la vita senzala (una) fede. Sarà una fede solo uma-na, ma è una fede. Non è che la fedesia presente solo se ha un nome cri-stiano. Se osserviamo tutti i segni bat-tesimali non sono altro che la letturacristiana di questi cinque doni. Fino almomento della Cresima il ragazzo ri-ceve in modo progressivo i cinque do-ni, che formano la sua identità psichi-ca. Se uno ha chiaro quali sono i doniricevuti, capisce l’evoluzione del bam-bino, che è plasmato da queste realtà.Vi faccio un esempio sul dono più in-trigante, la lingua. Un bambino riceveil dono della lingua e della parola infamiglia da 0 a 6 anni, molto prima diandare a scuola. Se un bambino hamamma, papà e nonni che parlano trelingue diverse ed ognuno è costante aparlare la sua lingua, il bambino da 0a 6 anni impara senza difficoltà trelingue. La lingua si chiama “linguamadre”, sapete perchè? Perchè la in-segna il papà e la mamma, ma sicco-me quest’ultima parla un po’ di più, sicapisce perchè si dice lingua madre...E pensate: il bambino, l’infante (coluiche non sa parlare), riceve la lingua

dei genitori già da quando è in grem-bo. Così se il piccolo ha una di quellemadri toste che non smettono mai diparlare, all’ottavo mese chiama il tele-fono azzurro e dice: “fatemi uscire diqui”. Per sette mesi il bambino ha sen-tito una voce sola. All’inizio dunque c’èla lingua madre, ma la prima voce di-versa che il bambino sente è quella delpapà, colui che ha una voce più gravedi quella della mamma. La primaesperienza che un bambino fa dell’esi-stenza di un “altro” (a meno che nonabbia anche un fratello od una sorel-la) è quella del padre! Anzi è la mam-ma stessa che glielo indica: ecco il pa-pà! Ella, quindi, introduce il padre inuno spazio rassicurante per il bimbo.Nasce così l’esperienza che esiste unaltro che non è alternativo o concor-rente, ma è un tu promettente e fra-terno.

E poi nei primi quattro-cinque annidi vita il bambino riceve il senso diogni cosa attraverso la lingua. Ricevele forme fondamentali della vita. Im-para la prima forma del bello: la mam-ma ed il papà dicono che è bello obrutto quello che il bimbo ha fatto. Ri-ceve la prima forma del bene: la mam-ma dà mangiare al bimbo la pappa egli dice che è buona. La parola è in-trinseca al gesto e voi sapete che leprime parole che il bambino dice sonolegate all’organo della suzione, in tut-te le lingue. Mamma, papà, pappa....sono tutte parole con le labiali. Il bam-bino vede che la mamma ha provatoper prima il cibo (pensate quante vol-te la mamma fa questo gesto per indi-care che quello che il bimbo sta man-giando è buono), e poi mentre lo dà albambino gli dice anche che è buono!Gesù stesso osserva: guardate i giglidel campo, nessuno li veste, guardategli uccelli del cielo, nessuno li nutre,

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eppure Dio si prende cura di loro! So-no i due verbi della mamma: vestire –nutrire. Poi il bimbo riceve in casa laprima forma del vero, impara quandola mamma dice: “hai detto la verità” opiù spesso dice “hai detto una bugia”.Vedete che la lingua si trasmette sem-pre dentro una relazione. Il bimbo nonsi addormenta sentendo un audioli-bro, ma ascoltando il racconto alla se-ra. Il bambino tutte le sere vuoleascoltare una favola. La mamma, ma-gari, gli dice: “te l’ho già raccontata ie-ri sera, e so solo questa favola”. Ma ilbambino le dirà: “raccontamela dinuovo”, perchè lui deve passare que-sta sera dalla chiarezza del giorno al-l’oscurità della notte. E deve fare que-sto passaggio dentro una relazionenarrativa rassicurante. Il bimbo infinericeve in famiglia anche la prima for-ma della legge, della norma, del divie-to. Questi s’imparano in casa quandola mamma ed il papà dicono: “si può onon si può”. Capite cosa succedequando non si dice più: “non si può”.Perchè spesso ci hanno suggerito cheè meglio lasciar fare ai figli quello chevogliono. Ricordo una pedagogista in-glese, Asha Phillips, che sosteneva: la-sciate fare ai ragazzi quello che voglio-no. Poi si è pentita (perchè talvolta sipentono...). Ha scritto un libro, SayingNo: Why it’s Important for You andYour Child (100.000 copie solo in in-glese), è stato tradotto in italiano conil titolo “I no che aiutano a crescere”(importiamo sempre tutto riveduto e...corrotto). Si è pentita perchè ha capi-to che un bambino senza binari è sen-za orientamento. Questa mentalitàpermissiva, reagiva contro il padre-padrone dell’Ottocento, ma poi nel‘900 ha proposto la figura della madreavvolgente.

Ecco, questo sarebbe il dono (ho il-

lustrato solo uno dei cinque) che la fa-miglia trasmette da 0 a 6 anni. Cosavuol dire parlare con i genitori, accom-pagnarli, far crescere in loro questidoni fondamentali da trasmettere. Al-lora tutto ciò diventa interessante peraccompagnare una famiglia. Uno diquesti cinque doni (ripeto vita – casa –affetti – lingua – fede) è appunto la fe-de. Questi sono i cinque doni che lafamiglia trasmette (tutto, in parte, oper nulla) da 0 a 6 anni. Poi da 6 finoa 11 anni emerge l’Io del ragazzo, an-cora protetto dall’ombrello del papà edella mamma. è un Io sicuro sottoquesto ombrello, e per questo diventalibero di esplorare il mondo. Il ragazzodiventa il grande esploratore del mon-do. Questo è il dono della fanciullezza!Chi o che cosa gli facciamo vedere inquesta età, con quali esperienze loconfrontiamo? Al massimo la zia, per-chè gli dà la mancia. E se osassimo unpo’ di più Ecco il tema centrale dellafanciullezza, l’allargamento dell’Io almondo. Il bambino è portato ad esplo-rare il mondo, perchè egli è protettonel suo Io, in quanto c’è il papà e lamamma che lo rassicurano, perchè èamato, stimato, vive dentro un rap-porto affettivo (oppure non è amato ostimato abbastanza, per avere il co-raggio di esplorare il mondo). Però luinon sente il problema dell’identitàpersonale, perchè la vera scissionedell’Io avverrà con la pubertà. La pu-bertà non è un solo un fenomeno fisi-co, perchè le ragazze sembrano esplo-dere, o i maschi cambiano di voce ecresce la peluria, ma nel fenomeno fi-sico della trasformazione del corpo,avviene il fenomeno psichico della se-parazione e dell’incrinatura tra l’Io edil Sè. Qui si apre la grande avventuradell’adolescenza, l’età della crescita! Equesti dovrebbero essere i temi di con-

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fronto e convergenza dei tre soggettieducativi: famiglia – comunità – scuo-la.

Raccogliamo il lavoro fatto oggi neigruppi, riconduciamolo anche con unpo’ di semplificazione ad alcuni nodiessenziali e poi facciamolo decollare.Credo che sia necessario un progettodiocesano, che diventi come una spinadorsale del cammino comune a livellodiocesano. Ci vorrà un po’ di tempo,non poniamoci limiti, altrimenti diven-ta il prèt-à-porter per domani. Invececi vuole un progetto che descriva que-ste fasi fondamentali della vita e comeentrano i tre soggetti di cui ho parlatocon le loro rispettive funzioni.

4. La formazione dei catechisti. L’annuncio nuovo di questa sera è

che l’UPM è il luogo del lavoro comunedei catechisti in vista del camminopratico dell’anno. All’inizio dell’anno icatechisti di una UPM si riuniscono edicono: cosa facciamo quest’anno?Che strumenti abbiamo in mano? Co-me prevediamo il calendario, trimestredopo trimestre. Stendiamo due cartel-le su queste cose: più riusciamo ad ot-tenere consenso su alcune cose essen-ziali, più il nostro lavoro diventa effi-cace. I catechisti si prendono un po’ ditempo per loro: è il momento del lavo-ro pratico. In una prima seduta a set-tembre si guarda il programma pertutto l’anno e si imposta una primaparte fino a Natale. Se questo vienefatto in maniera competente a livellodi UPM, otterrà già grandi risultati. Sec’è da abbattere qualche campanile lofacciamo con garbo, ma lo facciamo.Mentre la formazione più fondamenta-le, la descrizione dell’età della vita edelle tappe della fede, questo è il com-pito dell’Ufficio catechistico. Magari cisuddividiamo in due macro-zone,

nord e sud. Come deve essere la for-mazione dei catechisti ai due livelli,operativo e fondamentale. Il livellooperativo (UPM) finora non è stato co-sì, perchè lavoriamo ancora con le sin-gole parrocchiette, ma dovremo met-terci insieme, perchè nel 2020 ci saràuna UPM con non molti preti e imma-gino con bel gruppo di catechisti chelavorano insieme. Noi in questi prossi-mi anni dovremo lavorarare perchè ilmomento operativo (formazione di pri-mo livello) si orienti sempre più inquesta direzione. Occorre indicare co-sa va preparato e come si opera a que-sto livello. Il livello formativo fonda-mentale (livello diocesano o di macro-zone), più ampio, deve essere un po’più qualificato. Dobbiamo fare in pro-spettiva un’operazione delicata: sot-trarre la catechesi alla sua immaginescolare.

5. I rapporti con le famiglie. Per un’esperienza positiva, dovremo

dire ai genitori che facciamo un per-corso per loro, non solo come genitori,ma soprattutto come coppia. Parliamodi loro, come coppia, perchè nel tempodel figlio che va da 0 a 6 anni, essiscoprono che sono diventati papà emamma. I genitori vanno educati inquesto, accompagnati con tenerezza,affetto. I genitori durante il periodo deifigli da 6 a 11 anni sono in una nuovastagione del loro cammino di genitori:certo che vengono nella comunità peri figli, ma questa è un’opportunità cheva fatta crescere. Riscopriamo con lo-ro il matrimonio, andando ad incon-trarli a casa (il vescovo fa anchel’esempio del suo parroco che facevaincontri la domenica pomeriggio, in 5momenti corrispondenti alle 5 partidel rito della Messa, con i bambini del-la Comunione, con una catechesi sul

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rito e mediante il rito, in cui ognunodei ragazzi partecipava a “drammatiz-zare” una parte della Messa. I genitorivedevano che i ragazzi imparavano acelebrare la Messa avendo ciascunoun loro ruolo). Non esiste la famigliadel mulino bianco, sappiamo che cisono delle situazioni un po’ particola-ri. Se la famiglia non viene da voi, an-date voi da loro. Una cena a casa congenitori e bambini è più istruttiva chemille incontri.

6. I sussidi di mediazione e gli animatori. Sarebbe interessante creare una

task-force che vada in giro a vedere seci sono già delle esperienze, schede,testi. Occorre riprendere la buona tra-dizione di far mandare a memoria. Noistiamo perdendo la potenza della me-moria, dobbiamo ricuperare questodeficit. Non si tratta di mandare tuttoa memoria, ma di riprendere una de-cina/ventina di testi fondamentali del-la tradizione cristiana di preghiera (es:la Cresima di ragazzi che recitano lasequenza dello Spirito Santo imparataa memoria).

Occorre una formazione comune tracatechisti ed animatori perchè i priminon siano solo pieni di fogli e i secon-

di non facciano solo giocare. Il rappor-to animatore/formatore è il rapportodifficile della pastorale giovanile. An-che molti nostri preti corrono il rischiodi essere soprattutto animatori, per-chè qui in Piemonte molti sono figli didon Bosco. Anche gli animatori sonomolto presenti al GREST (magari50/60 animatori), ma quando arrival’inverno spariscono, e si fa una faticaenorme a raccoglierli. Se tu animatoreli animi devi insieme formarli. Se deviformarli, ma non li hai animati, nonhai nessuno da formare. Tra anima-zione ed educazione deve esistere unacircolarità virtuosa. Si tratterà anchedi suggerire a chi segue il post-cresi-ma di dare un altro nome, perchè que-sta stagione non è un periodo post,ma è un nuovo cammino, una nuovastagione della vita.

Infine, ultima annotazione. Per i ra-gazzi disabili con difficoltà familiari bi-sogna avere solo un’attenzione: primadi tutto occorre non ghettizzarli (esem-pio del bambino che si sente escluso edisturba), ma bisogna tenerli vicini; inparticolare con i disabili perchè non sipiangano addosso, ma anche per glialtri, perchè tutti insieme si affrontinole avversità nella crescita.

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Vi ho sollevato su ali di aquila...Omelia per la chiusura della Porta Santa

Novara - Cattedrale, 13 novembre 2016

Abbiamo varcato per l’ultima volta laPorta Santa dell’Anno giubilare dellamisericordia. Ora che la Porta è statachiusa, possiamo meditare su una do-manda molto semplice: quale ricordoo, con una parola più pregnante, qua-le memoria portiamo con noi dopoquest’anno? Quale memoria portiamodentro di noi, nella nostra vita, nellanostra famiglia, nell’impegno socialedi ogni giorno?

Ognuno può fare mentalmente an-che il conto quanto dista il prossimoAnno Santo, che cadrà nel 2025. Puòchiedere al Signore di fargli vivere ilpercorso di vita che ha ancora davan-ti (per alcuni magari molto lungo, peraltri come me ormai l’ultimo scorciodella vita) come un tratto che affondale sue radici nell’esperienza di grazia,alimentato dalla misericordia piùgrande che ci ha avvolto quest’anno.Questo è stato un Anno Santo specia-le. Un anno straordinario per l’espe-rienza della misericordia che papaFrancesco non solo ha desiderato pro-porci come il sigillo del suo pontifica-to, ma che ha voluto raggiungesse tut-te le parti della terra, aprendo moltePorte Sante nelle Chiese locali di tuttoil mondo. Raccolgo tre piccoli suggeri-menti per la nostra memoria. Sono tre

immagini che vengono dalle lettureche abbiamo ascoltato.

Sollevati su ali di aquila…

La prima immagine è molto poetica ericorre quando Mosè sale sul monteper ricevere le tavole della legge (Es19,3-8). Prima che sia dato il decalogoe per poter accogliere la legge, Mosè famemoria con il popolo e per il popolodell’esperienza della liberazione dal-l’Egitto. Il Libro dell’Esodo usa questaimmagine molto bella, che vi regalo:“voi stessi avete visto – è bella questaespressione perché si tratta di vedere,di fare esperienza, di passare attraver-so la porta della liberazione – ciò che ioho fatto all’Egitto e come ho sollevatovoi su ali di aquile e vi ho fatto venire fi-no a me”. Il Signore disegna come unarco in volo di fronte al suo popolo,perché questo tragitto è il fondamentodel suo essere popolo. Egli lo porta co-me su ali di aquila. Immaginate l’aqui-la madre che porta il piccolo sulle sueali, per insegnargli a volare, lo portasulle sue ali perché non si spaventi nelgettarsi in picchiata e poi riprenderequota.

Il popolo era in schiavitù, ma si trat-tava una schiavitù rassicurante: c’erala carne, c’erano delle ottime cipolle

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d’Egitto, c’erano tutte le sicurezze! EDio ha portato fuori Israele in luoghisolitari, in un deserto grande e spa-ventoso, ma non l’ha liberato lascian-dolo solo, ma lo ha portato come su alidi aquila. Per questo dice: “se vorreteascoltare la mia voce e custodirete lamia alleanza, voi sarete per me unaproprietà particolare!”. L’appartenenzasingolare del popolo viene declinatapoi nel testo come “un regno di sacer-doti e una nazione santa”. Vi ricordoche il popolo è stato scelto tra gli altripopoli, perché fosse benedizione pertutti i popoli. La prima immagine chevolevo raccogliere per voi è proprioquesta: “essere sollevati su ali di aqui-la”.

Quest’anno della misericordia ci hainsegnato un’esperienza semplice.Cerco di dirvi cosa ha insegnato a mespiegandolo a voi. Mi ha fatto speri-mentare che noi siamo più di ciò chefacciamo, del bene che operiamo, maanche del male che purtroppo ci capi-ta di compiere. L’uomo e la donna so-no di più di questo! La misericordia cidice che noi siamo più delle buone re-lazioni con gli altri, dei rapporti giustie buoni che noi riusciamo a costruire.Soprattutto siamo di più dei nostri er-rori e dei nostri peccati. C’è semprequalcosa di più grande che il Signoreci concede! Ci solleva su ali di aquila!E questo ci consente di aprire ungrande orizzonte. Se guardiamo a noistessi, non siamo così sicuri di esserecapaci domani di tornare a vivere unavita rinnovata, ma il Signore lungoquest’anno ha fatto guardare a noistessi con il suo sguardo. Noi abbiamopotuto fare atti di misericordia, le ope-re di misericordia, solo perché siamostati destinatari, oggetto di una mise-ricordia più grande.

Allora portiamo a casa questo senso

di leggerezza, che un grande filosofoha definito “la divina leggerezza dellasperanza”. La misericordia ci fa prova-re la divina leggerezza della speranza.L’uomo d’oggi è ancora appesantitodalle sue difficoltà e dai suoi peccati,delle sue inclinazioni e dai suoi gesti,più ancora è ottenebrato da unosguardo ripiegato su di sé. Ricordiamonel Vangelo che, quando Pietro cam-minava sulle acque e guardava la suapaura, affondava; quando inveceguardava il Signore, che lo chiamava asé, riusciva a camminare sulla super-ficie del lago.

Edificati per diventareil tempio di Dio…

La seconda immagine proviene dallaLettera agli Efesini di Paolo (Ef 2,19-22). Sembra richiamare qualche ele-mento che si trova anche nella Primalettera di Pietro. Dice: “voi non sietepiù stranieri, né ospiti ma siete concit-tadini dei santi, familiari di Dio, edifi-cati sopra il fondamento degli apostolie dei profeti, e avendo come pietrad’angolo lo stesso Cristo Gesù”. E poiecco la seconda immagine: “in Lui tut-ta la costruzione cresce ben ordinataper essere tempio santo nel Signore, inlui anche voi, insieme con gli altri, veni-te edificati per diventare dimora di Dio”– una casa di Dio, un’abitazione di Dio– “per mezzo dello Spirito”. La secondametafora è un’immagine edilizia. Se laprima era dinamica e ci lanciava nel-l’avventura della vita, la seconda ciaiuta a costruire un tempio solido,una costruzione ben compaginata. Perfare questo è necessario che ciascunodi noi si “lasci edificare”! Il verbo (sy-noikodoméo) vuol dire edificare, com-paginare, sagomare…insieme, per co-struire un grande edificio con tutte le

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aperture, i pilastri, le pareti, gli orna-menti.

Potremmo dire che è l’aspetto socia-le della misericordia. Per costruire lacittà dell’uomo, la casa comune, la fa-miglia buona, è necessario che ciascu-no di noi si lasci compaginare, inca-strare l’uno nell’altro, sagomare e li-sciare gli spigoli. Qualcosa bisognacambiare, qualcosa occorre smussare;è necessario avere l’umiltà di entraredentro una costruzione più grande.Solo così si diventa un edificio solidoche non viene scardinato neppurequando la terra trema, quella terra si-smica che spesso fa tremare le nostrefamiglie e che ci mette davanti a rac-conti davvero angoscianti. E che ci fatalvolta chiedere: come farà a viverequesta persona? come farà a starenella sua famiglia? È tutto molto com-plicato, ascoltando molte storie rac-contate durante quest’anno della mi-sericordia. Per questo ognuno di noiringrazi per il bene che trova nella suacasa, non abbia timore per quelle dif-ficoltà che ci possono ancora essere, eascolti la parola del Signore che diceche dobbiamo sempre daccapo la-sciarci edificare, per costruire una di-mora nello Spirito Santo, con un’azio-ne “spirituale”. Un atto cioè che mettealla prova la nostra libertà e la rendepiù leggera, più elastica, più duttile.

Voi siete miei amici…

La terza immagine viene dal Vangeloe parla della vite e dei tralci (Gv 15,1-17). La misericordia consente di farcircolare nei tralci la linfa della vite, lasua stessa vita! Osservate che, perquanto riguarda l’immagine della vitee dei tralci, il testo non parla del tron-co e dei tralci, ma della vite che è iltutto e dei tralci che sono la parte.

Dunque, noi siamo una parte del tut-to e la vite dona la linfa ai tralci. Se itralci sono separati dalla vite, diventa-no secchi e sono gettati nel fuoco. Co-sì dice il testo: “Rimanete in me e io invoi. Come il tralcio non può portare ilfrutto da solo se non rimane nella vite,così anche voi se non rimanete in me.Io sono la vite, voi i tralci”. Quest’annoabbiamo fatto l’esperienza di una ri-nascita, di un rinnovamento. San Pao-lo parla dell’uomo e della donna nuo-vi, del vestito nuovo, dell’essere rive-stiti di Cristo. L’idea, che sia possibileveramente diventare nuovi, non ci èmolto familiare. Non vi riflettiamomolto, perché ci guardiamo semprecon i nostri occhi. Questa sera la Por-ta Santa si è chiusa, ma si è aperta lavia santa, perché attraversi le stradedella nostra quotidianità.

Allora vorrei regalarvi primaun’espressione del Concilio di Trento epoi l’immagine più bella del Vangelo dioggi. L’espressione del Concilio diTrento si riferisce alla giustificazione:il Concilio afferma “l’unica causa for-male della giustificazione è la giustiziadi Dio, non è quella per la quale Eglistesso è giusto, ma quella per cui ci fagiusti” (cap. 7: DH, 1529). Noi siamogiusti, solo se ci lasciamo fare da lui.L’espressione è un po’ polemica per-ché afferma ciò che i protestanti sem-bravano negare: che la causa formaledella giustizia misericordiosa non è laqualità essenziale di Dio, ma l’operasua in noi che ci fa giusti. Poi, però, alcapitolo 16 del decreto su La Giustifi-cazione, in un contesto più pacato eproprio in collegamento con l’immagi-ne della vite e dei tralci, il Concilio usaun’espressione sorprendente. Dice co-sì: “Dio è talmente buono verso tutti gliuomini da volere che diventino loro me-riti quelli che sono i suoi doni” (DH,

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1548). Forse si potrebbe anche fare unpassetto in più: Dio è talmente buonoverso tutti gli uomini da “fare in modo”– non solo l’ha voluto perché Egli è mi-sericordia, ma ha fatto in modo – chediventassero nostri meriti quelli che so-no i suoi doni. Karl Barth dirà poi: Dionon solo ci “dichiara giusti”, ma ci“rende giusti”.

Se noi stacchiamo il tralcio dalla vi-te, pensando che il suo dono diventi ilmerito di cui vantarci, allora il tralciovive separato dalla vite, s’inaridisce esecca, viene gettato nel fuoco e brucia-to. Se il nostro merito – il merito èl’azione dell’uomo – rimane innestatonel dono, si alimenta di continuo aldono, allora sentiremo fiorire dentro lenostre azioni la forza e la potenza del-la grazia di Dio. Spero che ciascuno dinoi abbia fatto una simile esperienzadurante quest’anno della misericor-dia. Se qualcuno si è dedicato almenoa un’opera di misericordia (visitare imalati, vestire gli ignudi, dar da man-giare agli affamati), possiamo pensareche quest’opera della misericordia sa-rà l’eredità dell’Anno Santo nella suavita di tutti giorni, quasi facendolospecializzare in quest’opera di miseri-cordia.

Ecco il regalo che il Signore ci faquesta sera da portare a casa alle per-sone che incontreremo e da testimo-niare nella vita sociale. È l’immagineconclusiva che ci consegna il testoevangelico di oggi: «Non vi chiamo piùservi perché il servo non sa quello chefa il suo padrone, ma vi ho chiamatiamici». Molto spesso nei Vangeli sinot-tici si usa l’immagine del servo in ter-mini positivi, e tante parabole usano

questo codice per parlare del discepo-lo nel Regno. Giovanni introduce unaltro codice: la nostra fede è la religio-ne dell’amicizia, dell’amore, di unamore disposto a dare la vita per glialtri. Se un contemporaneo di Gesù,Epitteto, un filosofo del primo secolo,diceva: “amatevi gli uni gli altri”, lastessa espressione è usata da Giovan-ni con una piccola aggiunta, che fa ladifferenza: “amatevi gli uni gli altri, co-me io vi ho amato”. Il “come io” di Ge-sù fa la differenza cristiana.

Questa sera sono venuti in casa epi-scopale alcuni amici. Nel salone v’è uncrocifisso del ’400 che purtroppo haperso le braccia. Uno di loro mi hadetto: “certo è molto bello così, però ilvero crocifisso deve avere le bracciaspalancate!”. Vi ho già ricordato tantevolte che noi abbiamo qui a fianco nel-la cappella del Lanino un crocefissoche ha le braccia strette. Pare che siaun crocifisso di influsso giansenista.Giansenio affermava che “Gesù è mor-to per i soli fedeli predestinati” (DH2005-2006; cf anche DH, 2304-2305).Noi possiamo arrivare anche a stringe-re le braccia di Cristo sulla croce. No,Cristo è morto per tutti e le braccia so-no aperte a tutti, anzi sono spalanca-te per ciascuno. Noi possiamo restrin-gere le braccia persino a Gesù, ma es-se restano aperte come nello stupendocrocefisso che campeggia sopra il no-stro altare qui nella Cattedrale. Que-sto è il “come io” di Gesù. Per questonoi siamo amici con Lui e tra di noi.Questo è il piccolo segreto che rimarràogni giorno come frutto del Giubileo,come dono dell’Anno della misericor-dia. Così vi auguro di cuore!

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Leggere e ascoltare,mangiare e comunicare

Omelia per il conferimento dei ministeri del lettorato e dell’accolitato

Novara - Seminario San Gaudenzio, 1° dicembre 2016

«Nel medioevo, come nell’antichità,non si legge di norma, come oggi, prin-cipalmente con i propri occhi, ma conle proprie labbra, pronunciando ciòche si vede, proclamandolo, e con leproprie orecchie, ascoltando le paroleche si pronunciano, comprendendo,come si dice, le voces paginarum. Ci siconsegna a una vera lettura acustica:legere significa nello stesso tempo au-dire; non si comprende se non ciò chesi ascolta» (J. LECLERCQ, L’amour de let-tre et le désir de Dieu, Paris 1963, 21).

Per gli antichi leggere e ascoltareerano due elementi inscindibili. Ogginormalmente non leggiamo più a vocealta. Forse sono rimasti solo gli stu-denti, il giorno prima degli esami, aleggere a voce alta, per imprimersi me-glio nella mente la materia studiata.Eppure, gli antichi non leggevano solocon gli occhi, ma con la voce. Il teolo-go benedettino Jean Leclercq in un li-bro che ha fatto epoca, L’amour deslettres et le désir de Dieu, parla di vo-ces paginarum, la voce delle pagine.Diceva che si legge con le proprie lab-bra e quindi si ascolta la propria voce.Bisogna proclamare ciò che si legge,per dare voce alle pagine.

Questa sera i nostri amici riceveran-no il ministero del lettorato e dell’acco-

litato. Dobbiamo accompagnarli a faredue gesti: i lettori a leggere e ascolta-re; gli accoliti a mangiare e comunica-re.

I primi leggono e ascoltano, e devonoimparare a sfogliare le voci che ci sononelle pagine, le voces paginarum. I se-condi mangiano e comunicano, e de-vono condividere i doni che rendonodegna la vita, i dona bonorum.

LEGGERE PER ASCOLTARE: le voces paginarum

Dunque, anzitutto, leggere perascoltare. Bisogna leggere a voce alta,perché la parola penetri nel nostrocuore. Se leggiamo solo con gli occhi laparola ci sfugge. Colpisce solo un or-gano, gli occhi, ma non riesce a colpi-re anche gli orecchi. Ma la parola èfatta per essere ascoltata, per essereaccolta come un appello che viene daldi fuori.

E cosa deve essere letto, per essereascoltato? Due tipi di pagine: le pagi-ne della vita e le pagine della scrittu-ra. Nessuno può leggere le paginedella Parola di Dio, se non è capace dileggere le pagine della vita. Perchésiate capaci di diventare ministri del-la Parola dovete imparare a leggere avoce alta prima le pagine della vita

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per confrontarle con le pagine dellaParola.

Le pagine della vita sono difficili daleggere perché bisogna amarle, gu-starle, bisogna quasi starci dentro.Oggi, sono qui presenti i vostri genito-ri e tante persone che vi hanno ac-compagnato a questa tappa interme-dia del cammino verso il presbiterato.Il rapporto circolare tra le pagine dellavita e quelle della Parola dipende pro-prio dal papà e dalla mamma, da tut-ta la vostra famiglia e da coloro che vihanno introdotto alla vita e alla fede: igenitori, le suore, i sacerdoti, le perso-ne che vi hanno voluto bene, coloroche avete incontrato a scuola e nellacomunità.

La vita senza la Parola diventa mutae scialba, quasi amorfa, la Parola sen-za vita si trasforma in frasi fatte, chenon scaldano il cuore e non sono ca-paci di dare energia alla nostra esi-stenza.

Questo bell’incrocio tra le paginedella vita e le pagine della Parola sitrova narrato nell’episodio dei Magi. IMagi vengono a Betlemme, perchéhanno letto nelle pagine della loro vi-ta, persino della loro professione –erano astronomi, o comunque studio-si degli astri – e hanno visto in unacongiunzione strana la stella da lungoattesa e l’hanno seguita, ma non rie-scono a trovare in modo certo il luogodove conducesse. È una stella inter-mittente. Le pagine della vita sono in-termittenti. Hanno bisogno di essereguidate dalla Parola. La Parola, che aGerusalemme conoscevano fin daitempi antichi, viene citata in modogiusto dai sacerdoti e dagli scribi. Maè una parola che non è capace di por-tare a Betlemme, perché non interro-ga le pagine della vita. A Betlemmevanno solo i Magi. Perché solo essi

hanno saputo leggere le pagine dellaParola e della vita in sincronia. Allora,la stella riappare solo per loro e li gui-da alla mèta, a Betlemme.

ASCOLTARE PER PARLARE: perché la parola diventi carne

Dopo questo primo anello tra le pa-gine vita e della Parola - leggere perascoltare - dobbiamo ascoltare perparlare.

Anche qui dobbiamo ascoltare duecose: la voce e la coscienza. Ascoltarela voce è diventato difficile per tuttinoi: siamo diventati la società del vi-deo, non dell’audio. E, invece, dobbia-mo ascoltare la voce. La voce producela connessione tra parola detta e losguardo di chi parla. La voce conducedalla parola proclamata a colui che lapronuncia. Tuttavia, c’è uno scarto in-superabile tra la parola detta e coluiche parla e ascoltare la sua voce èsempre difficile.

Nel prepararci a leggere e a comuni-care la parola di Dio, saremmo primanoi stessi tentati di essere troppo fa-miliari con la Parola. Così corriamo ilrischio di presentarla come una cosache non è interessante. E rendiamonoiosa la predica. La predica di per sénon è noiosa. È noiosa se fatta in ma-niera banale. Bisogna essere capacidi far risuonare una Parola viva, ener-getica, forte, ma anche trasparente esuadente.

Per fare ascoltare così la Parola, oc-corre farla risuonare nella coscienza.Spesso con i ragazzi uso questa imma-gine: la coscienza è come la cassa dirisonanza di una chitarra. Una perso-na può essere bravissima a suonare,ma se ha una cassa di risonanza di le-gno cattivo o bucata, non può farebuona musica. Troppo spesso noi ab-

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biamo coscienze che sono piatte, chenon riescono a far risuonare dentro disé le diverse sfumature di ciò cheascoltiamo. Le voces paginarum (dellavita e della Parola) non produrrannofrutto, se non le facciamo risuonarenella nostra coscienza. Se non abbia-mo la forte capacità di stare con noi edi abitare presso di noi.

Di recente leggevo Agostino, che co-mincia i suoi Soliloquia domandando-si chi parla dentro di lui. Anche il fe-nomenologo francese che commentavail testo del vescovo di Ippona si do-manda se chi parla è il doppio di Ago-stino o è una voce esterna. E Agostinodà la risposta: è il “maestro interiore”.Agostino dice che abbiamo tanti mae-stri, ma alla fine essi trovano una sin-tesi, il punto di risonanza effettivo, nelmaestro interiore. Egli non solo ci con-sola, ma talvolta ci scuote. Non solo cifa star bene, ma talvolta ci sprona acamminare verso il bene. Non solo cirincuora, ma talvolta ci rimprovera. Ilmaestro interiore non è il mio io allospecchio, ma è il mio io in cui risuonauna Parola che viene da lontano. E perchi ascolta così la Parola, essa comin-cia a prendere corpo dentro di lui, co-mincia a diventare carne e vita con-creta.

MANGIARE PER COMUNICARE: i dona bonorum

E ora arriviamo al ministero degliaccolti, che è il ministero del Pane del-la vita. C’è un rapporto profondo tra ilpane e la Parola. Gli accoliti sarannochiamati a distribuire i doni e i benidella vita. Sulla falsariga del latino ci-tato per il ministero del lettorato (le vo-ces paginarum), potremmo dire che gliaccoliti sono chiamati a distribuire idona bonorum.

Anche qui dobbiamo seguire un du-plice processo. Il primo è: mangiareper comunicare. Bisogna nutrirsi del-la Parola e del pane. Il Concilio Vatica-no II dice che c’è un’unica mensa del-la Parola e del pane. Non ci sono duemense distinte. Sapete che gli assi del-la chiesa sono tre: la mensa (del panespezzato e del calice condiviso), la cat-tedra (che è la parola in atto, attuale einterpellante) e l’orientamento a Geru-salemme (ma sarebbe meglio dire allaPasqua del Signore).

Noi deporremo sulla mensa il paneconsacrato da condividere. È un paneche va mangiato. Eppure se venisseun visitatore da Marte ad assistere al-le nostre celebrazioni, direbbe che sia-mo riuniti per guardare, non per man-giare. Spesso solo metà di chi è pre-sente nelle nostre chiese fa la comu-nione, l’altra metà – chissà perché –no. L’obiezione che si sente spesso è:“ma io non sono pronto…”. Non cre-diate che questo problema non ci fos-se anche i primi cristiani: nella Dida-ché – a chiusura della preghiera euca-ristica ivi contenuta – troviamo la re-gola: “Chi è santo si accosti, chi non loè si converta”. Non c’è altra maniera dipartecipare alla celebrazione eucari-stica. Chi va alla Scala di Milano nonva con l’iPod o con i jeans. Ci va pre-parato. Bisogna arrivare preparati epronti per partecipare alla mensa eu-caristica. Per mangiare il corpo del Si-gnore.

Noi trasformiamo ciò che mangiamoin noi stessi, perché noi stessi siamotrasformati in ciò che mangiamo. C’èuna reciproca e benefica trasformazio-ne. La prima evoca la categoria dell’as-similazione, la seconda si può dire conil termine metamorfosi. Nessuno puòdistribuire l’eucaristia, fare il ministrodell’eucaristia, addirittura consacrare

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l’eucaristia, se non si lascia assimila-re da essa.

Ma essa ci assimila a che cosa? Do-menica ero alla messa di Coldiretti e almomento delle offerte hanno portatoquasi l’intero mercato. In questa origi-nale composizione della processioneoffertoriale, il pane e il vino offerti perla celebrazione sembravano cose danulla, affidate alle fragili mani di dueragazzi. Eppure tra tutti i doni, Cristoha voluto essere presente negli ele-menti più semplici. Nel pane e nel vi-no veniamo trasformati nel corpo e nelsangue del Signore. Solo quello che èumile ed elementare è capace di tra-sformarci. Bisogna essere trasformati,per essere capaci di comunicare econdividere. Comunicare è donare edonare è condividere.

PER DIVENTARE CONFORMI ALLA PASQUA

Noi cristiani dobbiamo diventareconformi alla Pasqua di Gesù, alla suavita data in sacrificio per noi. “Con-

formi” significa assumere la stessaforma, ma è possibile diventare con-formi solo assumendola “insieme”. Latrasformazione non riguarda solo ilrapporto tra noi e il Signore, ma ri-guarda il rapporto reciproco tra di noi.Tutto ciò è segnalato dal gesto che fac-ciamo insieme: la Comunione. Tuttiinsieme diciamo un unico “amen” e di-ventano un unico corpo. Di questa ca-pacità di compaginare, di costruire ununico corpo, parla la lettera di Pietroriferendosi ad un unico tempio di Dio.Questo è esattamente il dono dell’eu-caristia. L’eucaristia rende buoni tuttii dona bonorum della vita. Custoditel’eucaristia, nutritevi di essa, trasfor-matevi con essa, comunicate ad essa,condividetela e donatela a tutti gli al-tri.

Ricevete i due ministeri della Parolae del Pane eucaristico. Due scalini persalire alla mensa sacerdotale. Questinon sono ministeri che passano. Essirimangono per tutta la vostra vocazio-ne al sacerdozio e durante tutta lamissione presbiterale.

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Consacrazione della chiesadi Santa Maria Madre della Chiesa

e San RoccoOmelia di Mons. Franco Giulio Brambilla

Novara - Parrocchia di San Rocco, 4 dicembre 2016

Finalmente! Dopo quasi cinque annidal mio arrivo a Novara riusciamo adentrare nella nuova chiesa. La suainaugurazione ha atteso 18 anni. Erovenuto la prima volta, la settimana do-po il mio ingresso ufficiale nella nostraDiocesi, il 5 febbraio 2012. Ho trascor-so due ore qui, visitando il cantiere conl’elmetto giallo in testa. In questi cinqueanni, tra molte grida e lacrime, abbiamopotuto portare a compimento una casaper la parrocchia di San Rocco.

Vorrei proporvi la mia riflessione,partendo dal logo centrale di questachiesa, che vi sarà subito familiare,perché sovrasta l’assemblea ed è mol-to ben visibile stando seduti nella na-vata.

Nella croce là in alto vedete due pa-role, scritte in greco. Sul braccio verti-cale la parola ºø™. Si pronuncia“Phós”. In greco “Phós – Photós”, signi-fica Luce ed è la parola dalla quale initaliano deriva, ad esempio, il vocabo-lo “fotografia”. La luce che scende dal-l’alto è richiamata da questo lucernaioe idealmente attraversa tutta la pare-te. Sul braccio orizzontale abbiamo al-tre tre lettere che combinandosi conl’Omega centrale compongono la paro-la ∑øH. Si legge “Zoè” e significa Vita.Da questa parola derivano i nostri ter-mini “zootecnico” o “zoologico”.

È una croce multicolore – realizzatada una giovane e promettente artistanovarese, Chiara Peretti - e quando laluce sarà accesa (perché il rito preve-de che la luce ci sia data alla fine del-la consacrazione della Chiesa) vedretetutte le tessere del mosaico in cerami-ca e l’oro delle lettere brillare di unaluminescenza piena di fascino.

È dunque di queste due parole e diuna terza cosa “nascosta” che vi vorreiparlare.

LA LUCE CHE ILLUMINA E RISCALDA

La prima parola è Luce. Oggi è unagiornata nuvolosa, ma potrete con-templare la bellezza di questa chiesaquando la illumineremo. Luce è la lu-ce della vita: quando mamma e papàgenerano un bambino si dice che lohanno dato alla luce. E luce è ancheciò di cui questo stesso bambino habisogno per vivere: è la luce della fede.Attenzione, però. Non è una luce cheillumina soltanto. È una luce che illu-mina e riscalda. È come il sole: chedona splendore ed insieme calore allaTerra. Senza il sole la vita sul nostropianeta non sarebbe possibile.

La luce che illumina e la luce che ri-scalda sono i due simboli che ci ven-

PER LA CONSACRAZIONE DELLA CHIESADI

SANTA MARIA MADRE DELLA CHIESA E SAN ROCCOOmelia di mons. Franco Giulio Brambilla, Vescovo di Novara

Novara, San Rocco, 4 dicembre 2016

Finalmente! Dopo quasi cinque anni dal mio arrivo a Novara riusciamo ad entrarenella nuova chiesa. La sua inaugurazione ha atteso 18 anni. Ero venuto la prima volta, lasettimana dopo il mio ingresso ufficiale nella nostra Diocesi, il 5 febbraio 2012. Ho trascorso due ore qui, visitando il cantiere con l’elmetto giallo in testa. In questi cinque anni, tra moltegrida e lacrime, abbiamo potuto portare a compimento una casa per la parrocchia di San Rocco.

Vorrei proporvi la mia riflessione, partendo dal logo centrale di questa chiesa, che visarà subito familiare, perché sovrasta l’assemblea ed è molto ben visibile stando seduti nella navata.

Nella croce là in alto vedete due parole, scritte in greco. Sul braccio verticale la parolaΦΩΣ. Si pronuncia “Phós”. In greco “Phós – Photós”, significa Luce ed è la parola dallaquale in italiano deriva, ad esempio, il vocabolo “fotografia”. La luce che scende dall’alto è richiamata da questo lucernaio e idealmente attraversa tutta la parete. Sul braccio orizzontaleabbiamo altre tre lettere che combinandosi con l’Omega centrale compongono la parolaΖΩH. Si legge “Zoè” e significa Vita. Da questa parola derivano i nostri termini “zootecnico” o “zoologico”.

È una croce multicolore – realizzata da una giovane e promettente artista novarese, Chiara Peretti - e quando la luce sarà accesa (perché il rito prevede che la luce ci sia data allafine della consacrazione della Chiesa) vedrete tutte le tessere del mosaico in ceramica e l’oro delle lettere brillare di una luminescenza piena di fascino.

È dunque di queste due parole e di una terza cosa “nascosta” che vi vorrei parlare.

LA LUCE CHE ILLUMINA E RISCALDA

La prima parola è Luce. Oggi è una giornata nuvolosa, ma potrete contemplare labellezza di questa chiesa quando la illumineremo. Luce è la luce della vita: quando mamma epapà generano un bambino si dice che lo hanno dato alla luce. E luce è anche ciò di cui questo stesso bambino ha bisogno per vivere: è la luce della fede. Attenzione, però. Non è una luceche illumina soltanto. È una luce che illumina e riscalda. È come il sole: che dona splendoreed insieme calore alla Terra. Senza il sole la vita sul nostro pianeta non sarebbe possibile.

La luce che illumina e la luce che riscalda sono i due simboli che ci vengono dati per comprendere meglio il senso della luce della fede. La prima enciclica di papa Francesco, scritta a quattro mani con papa Benedetto si chiamava proprio così: Lumen Fidei.

Quando i colori di questa croce saranno illuminati, in essi potremo riflettere noi stessi.Porteremo qui in Chiesa la nostra settimana e chiederemo al Signore la luce per vivere e per riscaldare il nostro cuore. Perché le nostre fatiche, la nostra sofferenza, la nostra ricerca sianodavvero illuminate e riscaldate da questa luce. Lo dico soprattutto per le famiglie. Oggi lachiesa è piena e don Giuseppe sognerebbe che tutte le domeniche fosse così. Però questachiesa diventerà sempre più frequentata e diventerà la nostra casa, se sarà capace di darci unaluce che illumina e che riscalda.

Dovremo portare qui tutta la nostra esistenza, perché sia illuminata e riscaldata eperché uscendo dalla chiesa possiamo a nostra volta irradiarci nel quartiere di San Rocco,

PER LA CONSACRAZIONE DELLA CHIESADI

SANTA MARIA MADRE DELLA CHIESA E SAN ROCCOOmelia di mons. Franco Giulio Brambilla, Vescovo di Novara

Novara, San Rocco, 4 dicembre 2016

Finalmente! Dopo quasi cinque anni dal mio arrivo a Novara riusciamo ad entrarenella nuova chiesa. La sua inaugurazione ha atteso 18 anni. Ero venuto la prima volta, lasettimana dopo il mio ingresso ufficiale nella nostra Diocesi, il 5 febbraio 2012. Ho trascorso due ore qui, visitando il cantiere con l’elmetto giallo in testa. In questi cinque anni, tra moltegrida e lacrime, abbiamo potuto portare a compimento una casa per la parrocchia di San Rocco.

Vorrei proporvi la mia riflessione, partendo dal logo centrale di questa chiesa, che visarà subito familiare, perché sovrasta l’assemblea ed è molto ben visibile stando seduti nella navata.

Nella croce là in alto vedete due parole, scritte in greco. Sul braccio verticale la parolaΦΩΣ. Si pronuncia “Phós”. In greco “Phós – Photós”, significa Luce ed è la parola dallaquale in italiano deriva, ad esempio, il vocabolo “fotografia”. La luce che scende dall’alto è richiamata da questo lucernaio e idealmente attraversa tutta la parete. Sul braccio orizzontaleabbiamo altre tre lettere che combinandosi con l’Omega centrale compongono la parolaΖΩH. Si legge “Zoè” e significa Vita. Da questa parola derivano i nostri termini “zootecnico” o “zoologico”.

È una croce multicolore – realizzata da una giovane e promettente artista novarese, Chiara Peretti - e quando la luce sarà accesa (perché il rito prevede che la luce ci sia data allafine della consacrazione della Chiesa) vedrete tutte le tessere del mosaico in ceramica e l’oro delle lettere brillare di una luminescenza piena di fascino.

È dunque di queste due parole e di una terza cosa “nascosta” che vi vorrei parlare.

LA LUCE CHE ILLUMINA E RISCALDA

La prima parola è Luce. Oggi è una giornata nuvolosa, ma potrete contemplare labellezza di questa chiesa quando la illumineremo. Luce è la luce della vita: quando mamma epapà generano un bambino si dice che lo hanno dato alla luce. E luce è anche ciò di cui questo stesso bambino ha bisogno per vivere: è la luce della fede. Attenzione, però. Non è una luceche illumina soltanto. È una luce che illumina e riscalda. È come il sole: che dona splendoreed insieme calore alla Terra. Senza il sole la vita sul nostro pianeta non sarebbe possibile.

La luce che illumina e la luce che riscalda sono i due simboli che ci vengono dati per comprendere meglio il senso della luce della fede. La prima enciclica di papa Francesco, scritta a quattro mani con papa Benedetto si chiamava proprio così: Lumen Fidei.

Quando i colori di questa croce saranno illuminati, in essi potremo riflettere noi stessi.Porteremo qui in Chiesa la nostra settimana e chiederemo al Signore la luce per vivere e per riscaldare il nostro cuore. Perché le nostre fatiche, la nostra sofferenza, la nostra ricerca sianodavvero illuminate e riscaldate da questa luce. Lo dico soprattutto per le famiglie. Oggi lachiesa è piena e don Giuseppe sognerebbe che tutte le domeniche fosse così. Però questachiesa diventerà sempre più frequentata e diventerà la nostra casa, se sarà capace di darci unaluce che illumina e che riscalda.

Dovremo portare qui tutta la nostra esistenza, perché sia illuminata e riscaldata eperché uscendo dalla chiesa possiamo a nostra volta irradiarci nel quartiere di San Rocco,

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gono dati per comprendere meglio ilsenso della luce della fede. La primaenciclica di papa Francesco, scritta aquattro mani con papa Benedetto sichiamava proprio così: Lumen Fidei.

Quando i colori di questa croce sa-ranno illuminati, in essi potremo ri-flettere noi stessi. Porteremo qui inChiesa la nostra settimana e chiedere-mo al Signore la luce per vivere e perriscaldare il nostro cuore. Perché lenostre fatiche, la nostra sofferenza, lanostra ricerca siano davvero illumina-te e riscaldate da questa luce. Lo dicosoprattutto per le famiglie. Oggi lachiesa è piena e don Giuseppe sogne-rebbe che tutte le domeniche fosse co-sì. Però questa chiesa diventerà sem-pre più frequentata e diventerà la no-stra casa, se sarà capace di darci unaluce che illumina e che riscalda.

Dovremo portare qui tutta la nostraesistenza, perché sia illuminata e ri-scaldata e perché uscendo dalla chie-sa possiamo a nostra volta irradiarcinel quartiere di San Rocco, illuminan-do e riscaldando la vita di ogni giorno.La chiesa è punto di arrivo e di parten-za: ma il momento decisivo è quandosi esce, avendo incontrato e portandoil Signore che illumina e riscalda.

LA VITA CHE CERCA E CHE INVOCA

La seconda parola è Vita. La vita èuna vita che cerca e una vita che invo-ca. Lo si capisce bene guardando i gio-vani, anche quelli che sono qui oggi: lavita è ricerca. Ma dev’essere una ricer-ca che è capace di diventare invocazio-ne, preghiera, persino attesa. Comesuggerisce il tempo che stiamo viven-do, l’Avvento.

Oggi, vedete, la vita è diventata percerti versi più difficile. È la conseguen-

za di ciò che è successo negli ultimi 25anni. La nostra è una vita piena di ri-sorse e di beni, ma ci manca la cosapiù importante: il pane che dà la vita.Allora, cari giovani, dovete essere ca-paci di venire in questa chiesa e parti-re da questa chiesa per cercare la vita.La nostra vita è piena di cose: nessunodi voi ha passato la notte pensando dinon aver da mangiare per il giorno do-po. E tuttavia a questa vita manca lacapacità di cercare quel significato chesta dentro in questi beni, anche se nonsi esaurisce in nessuno di essi.

Quando godiamo di qualcosa di buo-no - un’amicizia, un affetto, un disco,una serata, un bel panorama – dobbia-mo saper riconoscere che c’è un “di più”che ci sfugge e questo apre il nostrocuore all’invocazione e alla preghiera.

Tra poco consacreremo questo alta-re, che è di una bellezza mozzafiato. IlConcilio dice che questa è l’unicamensa della Parola e del Pane. L’uomovive di Pane e Parola. Un Pane capacedi essere illuminato dalla Parola, diessere reso sapido dalla Parola e unaParola che diventa nutriente e croc-cante come il pane. Non è la chiacche-ra. Noi viviamo una società strematadalla parola. Subiamo un’overdose dimessaggio. Abbiamo bisogno di unaparola sapida, che è capace di darciogni domenica quel piccolo pane chetrasmette la potenza di Dio nella no-stra esistenza. È la vita che cerca e lavita che invoca. Che va cercata nellabellezza e nella fatica di ogni giorno eva fatta diventare Pane di vita che illu-mina la mente e scalda il cuore.

BRACCIA APERTE PER ACCOGLIERE TUTTI

La terza parola è nascosta. Osserva-te questa croce: vi sono due sfumatu-

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re, sui bracci orizzontali, che sembra-no quasi brillare nel loro colore cheemana un chiarore bianco, sottolinea-to da un profilo d’oro. È quasi il colo-re di un’apparizione.

I bracci orizzontali della croce sonomolto più grandi. Voi sapete che a mepiacciono le croci con le braccia di Cri-sto molto larghe, come in questo caso,dove la forma leggermente concavadella parete ne accentua l’effetto diabbraccio.

Chi ascolta la Parola di vita, accoglila fede che illumina e riscalda, chi ac-coglie il Pane di vita sentirà il calore diqueste braccia che ci avvolgono. Sonobraccia nude e disarmate, ma sonobraccia che accolgono e avvolgono.

Questo quartiere della città forse haqualche difficoltà, ha qualche bisognoin più, merita una maggiore attenzio-ne; e perciò ringrazio le autorità la cuipresenza è un segno di cura per que-sta parte della città.

Voi, però, d’ora in avanti sapete cheavete anche una casa dove c’è il Si-gnore con le braccia allargate che viaccoglie. Non abbiate paura di parlar-gli, di raccontargli le vostre preoccu-pazioni. Perché quando vi sarete sedu-ti per parlargli, queste braccia saran-no già aperte per accogliervi.

Guardate queste braccia come sonolarghe. Dentro c’è una presenza spiri-

tuale che non risponde solo ai nostribisogni materiali. Ci dona la vicinanzastessa del Signore. Il rito che si com-pie qui ogni domenica nella sua sem-plicità sconvolgente è un pane spezza-to che diventa corpo distribuito e uncalice condiviso che è sangue che lavae ristora.

Questa è la vostra casa. La consegnoal vostro parroco, don Giuseppe, ai re-sponsabili della comunità e soprattut-to a voi, che siete il popolo santo diDio.

Questa è la casa della gente. Questachiesa, venendo dalla strada del quar-tiere quasi non si vede, va cercata,perché è nascosta da altri edifici. Mauna volta trovata diventa un vero cen-tro che ci attira e che ci accoglie. Ec-co, cercatela, venite e partite da qui,perché da ora in avanti la comunità diSan Rocco ha trovato la sua casa co-mune. Può essere la casa di tutti, per-ché è la casa di Dio. È la casa di Dio,perché s’incontra la croce di Gesù:Egli è la luce che illumina e riscalda,Egli è Il pane di vita che nutre e risto-ra, Egli ha le braccia nude e disarma-te che tutti accoglie e tutti invia sullestrade del mondo.

Buon cammino!

+ Franco Giulio BrambillaVescovo di Novara

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A Natale nessuno esclusoMessaggio di Natale ai bambini della diocesi

Cari Ragazze e Ragazzi,

il tema delle prossime feste è questo:“A NATALE NESSUNO ESCLUSO”. IlVangelo ci racconta che, quando Ma-ria arrivò a Betlemme con Giuseppe,«diede alla luce il suo figlio primogeni-to, lo avvolse in fasce, lo depose in unamangiatoia, perchè non c’era postoper loro nell’alloggio» (Lc 2,7).

La Madonna depone il bambino Ge-sù nella mangiatoia, lo fascia con cu-ra, lo mette in un luogo distante dallosguardo frettoloso di coloro che sem-brano non accoglierlo. Maria con Giu-seppe, gli angeli con i pastori, Giovan-ni Battista ed Elisabetta, Simeone conAnna, e tutte le statuine dei vostri pre-sepi, raffigurano tutti coloro che senzasaperlo o senza volerlo, hanno accoltoGesù, mentre gli altri lo hanno esclu-so.

Gesù ci insegna che “a Natale nessu-no è escluso”. Ditelo al vostro papà ealla vostra mamma, ricordatelo alnonno e alla nonna, raccontatelo aivostri parenti, che a Natale nessunopuò essere escluso. Nessuno di noivorrebbe essere escluso, perchè nonha un amico, non trova una casa, nonha da mangiare, non trova chi loascolti, non incontra una mano da

stringere. Nessuno di noi vorrebbe es-sere da solo, quando soffre, fatica, stamale, è nella prova o quando muore.

Cari ragazzi, voi che avete il cuoresemplice e lo sguardo puro, non esclu-dete nessuno dalla vostra amicizia,non allontanate nessuno dal vostrocuore, non respingete nessuno dai vo-stri giochi, ma includete molti, anzitutti, facendovi prossimi gli uni deglialtri. Andiamo anche noi a Betlemmea deporre in fasce e adagiare nellamangiatoia il Bimbo Gesù. Sostiamoin preghiera con i nostri doni, ma so-prattutto con lo stupore del nostrocuore.

Come ci dice un grande poeta dellanostra terra, Clemente Rebora:

Madre del bel bambino che nelle braccia l’hai, oh dacci il piccolino, per non lasciarlo mai!a chi non sa pigliarlotu glielo accosterai nessuno voglia slegarlo, da te, dolce Maria.

(C. Rebora, Davanti al Presepio)

Così vi abbraccia a uno a uno il vo-stro Vescovo!

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La porta della Misericordiarimane sempre spalancataMessaggio del Vescovo alla Diocesi per il Natale 2016

Carissimi,

«Termina il Giubileo e si chiude laPorta Santa. Ma la porta della miseri-cordia del nostro cuore rimane semprespalancata. Abbiamo imparato cheDio si china su di noi, perché anchenoi possiamo imitarlo nel chinarci suifratelli. La nostalgia di tanti di ritorna-re alla casa del Padre, che attende laloro venuta, è suscitata anche da te-stimoni sinceri e generosi della tene-rezza divina. La Porta Santa che ab-biamo attraversato in questo Annogiubilare ci ha immesso nella via dellacarità che siamo chiamati a percorre-re ogni giorno con fedeltà e gioia. È lastrada della misericordia che permettedi incontrare tanti fratelli e sorelle chetendono la mano perché qualcuno lapossa afferrare per camminare insie-me» (Misericordia et misera, 16).

Desidero porgervi gli auguri per que-sto Santo Natale con le parole con cuipapa Francesco ha chiuso il Giubileo:la porta della misericordia del nostrocuore rimane sempre spalancata! Lamisericordia non può essere una pa-rentesi nella vita della Chiesa, ma è iltema fondamentale del Vangelo e ilcuore della vita cristiana e umana.L’augurio per questo Natale riprende

le parole dell’Apostolo a Tito: «Quandoapparvero la bontà di Dio, salvatorenostro, e il suo amore (philanthropìa)per gli uomini, egli ci ha salvati, nonper opere giuste da noi compiute, maper la sua misericordia, con un’acquache rigenera e rinnova nello SpiritoSanto» (Tit 3,4-5).

Gesù è il volto della filantropia diDio, della sua amicizia per gli uomini.Egli ci ama rigenerandoci con la suamisericordia a vita nuova. Noi abbia-mo sperimentato in quest’anno la te-nerezza di Dio, abbiamo visto moltepersone che si sono accostate al suoperdono, tante altre che nel silenzio enella discrezione hanno fatto generoseopere di misericordia. L’onda caldadella sua misericordia ha attraversatola nostra vita, ha rinnovato il volto del-le nostre comunità, ha sciolto le du-rezze del nostro individualismo e ci hafatto gustare la bellezza di nuovi lega-mi sociali.

Non è stato un anno facile per la no-stra Italia e per la sua vita civile e so-ciale. L’arrivo di migranti così nume-rosi ha scosso la coscienza di moltepersone. Le terribili scene del terremo-to che hanno devastato la terra di Be-nedetto, patrono e simbolo del cuore

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dell’Europa, si sono impresse nei no-stri occhi, lasciando la traccia di lan-cinanti domande e la visione di tantiesempi di eroica solidarietà. Non pos-siamo non portare nel cuore tutti que-sti volti e quelli di molti altri che sonosenza lavoro, che faticano ad arrivarea fine mese, che scrivono a me per tro-vare la dignità di un impiego e la fie-rezza di poter sostenere la vita delle lo-ro famiglie.

La porta della misericordia rimanesempre spalancata nella vita persona-le. L’“amicizia di Dio per gli uomini” èl’impronta che rimane di questo Giu-bileo straordinario della misericordia.Essa si è impressa prima di tutto nel-le nostre coscienze. Abbiamo imparatoche una vita buona non può esseresenza misericordia. Se ci rinchiudia-mo nelle nostre case, se ci acconten-tiamo del potere consolatorio del no-stro benessere, al massimo possiamofare e rifare il conto con pochi spiccio-li, che non aprono il cuore al futuro.Dobbiamo abbandonare il gelo dellacontabilità della speranza nella nostravita.

La porta della misericordia rimanesempre spalancata nelle nostre fami-glie. Abbiamo sperimentato in casa ilpotere rasserenante e beatificante deirapporti buoni. Ci siamo rallegrati del-l’accoglienza della vita, della bellezzadegli affetti, della gioia del perdono,della forza dell’educare, della prossi-mità nella sofferenza, della condivisio-ne nel dolore, della speranza nellamorte. Dopo il Giubileo della miseri-cordia la nostra famiglia non può es-sere più come prima: da casa albergo,deve diventare dimora accogliente egenerante alla vita in formato grande.

La porta della misericordia rimane

sempre spalancata nelle nostre comu-nità. Esse devono essere luogo dell’ac-coglienza e dell’ascolto, della prossi-mità e della cura, della festa e del per-dono. Esse devono aprirsi a una parti-colare cura del bisogno, in tutte le for-me in cui si presenta. Sono il luogonaturale delle opere di misericordiacorporale e spirituale. La nostra socie-tà, piena di beni e povera di valori spi-rituali, manca di attenzione, di pa-zienza, di tenerezza, di prossimità. Lamisericordia deve dilatare il nostroorecchio ad ascoltare sempre più la vi-ta delle persone.

La porta della misericordia rimanesempre spalancata per la nostra socie-tà. La vita civile si fonda su rapportigiusti, ma essi non cresceranno senon respireranno l’ossigeno della mi-sericordia. Al lavoro, nelle relazionibrevi, nella vita sociale, il balsamo del-la misericordia scioglie le durezze, ali-menta la fiducia, guarisce le ferite,scioglie le divisioni, coalizza le forze,condivide le risorse, fa crescere la ca-rità politica. Una società coesa e con-corde è il frutto della misericordia, diuna giustizia più grande, che non dàsolo a ciascuno il suo, ma ad ognunociò di cui ha veramente bisogno.

La lettera apostolica di Papa France-sco è intitolata Misericordia et misera.«Sono le due parole che sant’Agostinoutilizza per raccontare l’incontro traGesù e l’adultera. Non poteva trovareespressione più bella e coerente diquesta per far comprendere il misterodell’amore di Dio quando viene incon-tro al peccatore: “Rimasero soltantoloro due: la misera e la misericordia”»(Misericordia et misera, 1). Per questoNatale vi dono il commento del Vesco-vo di Ippona: «Quella donna era dun-

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que rimasta sola, poiché tutti se neerano andati. Gesù levò gli occhi versodi lei. […] Credo che più degli altri fos-se rimasta colpita e atterrita da quelleparole che aveva sentito dal Signore:Chi di voi è senza peccato, scagli perprimo una pietra contro di lei. […] Maegli, che aveva respinto gli avversari dilei con la voce della giustizia, alzandoverso di lei gli occhi della mansuetudi-ne, le chiese: Nessuno ti ha condanna-

to? Ella rispose: Nessuno, Signore. Edegli: Neppure io ti condanno […]. Co-me, Signore? Tu favorisci dunque ilpeccato? Assolutamente no. Ascoltateciò che segue: Va’ e d’ora innanzi nonpeccare più. Il Signore, quindi, con-danna il peccato, ma non l’uomo» (InJoh 33,6).

Buon Natale di misericordia e spe-ranza!

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Verbum abbreviatumOmelia nella Messa della notte di Natale

Cattedrale di Novara, 25 dicembre 2016

Dio Padre ha abbreviato il suo Verbo.Volete sapere quanto era lungo

e quanto lo ha fatto breve?Questo Verbo dice: io riempio il cielo

e la terra;ora, fatto carne, è deposto in una

stretta mangiatoia»(san Bernardo di Chiaravalle)

Questa citazione di san Bernardo diChiaravalle, il cantore della Madonnae del Natale, ci fa leggere nel piccoloGesù, la Parola “più breve” del Padre.Verbum abbreviatum! «Dio Padre haabbreviato il suo Verbo». Dio che neitempi antichi aveva parlato tante voltee in molti modi per mezzo dei Profeti,nella pienezza del tempo, nel tempofavorevole, ci ha parlato nel Figlio suoGesù, nella piccolezza di questo Bam-bino. In Lui ci ha detto la parola più“breve”, la sua parola “essenziale”!

Ci chiede san Bernardo: «Volete sa-pere quanto era lungo [il Verbo] e quan-to lo ha fatto breve?». Fa rispondere aLui stesso: «Questo Verbo dice: io riem-pio il cielo e la terra». C’è un verbo, unaparola dilatata che riempie il cielo enella terra, che è scritta nelle paginedella vita e della creazione, nei libridella legge e dei profeti. Ci vuoleun’esistenza intera per leggere e stu-diare i “verba multa”, le parole inter-minabili che la creazione del mondo ela parola dei sapienti hanno raccoltonel libro della vita. E aggiunge sanBernardo: «ora, fatto carne, è deposto

in una stretta mangiatoia». Tutta la pa-rola di Dio, le parole che Dio ha da di-re si compendiano in questo bambino.Ci vuole uno sguardo nuovo, ma deveessere uno sguardo d’amore infinito,per leggere la “parola breve” del Diofatto bambino, di Dio che impara a es-sere uomo pur essendo il Figlio. Com-menta il grande teologo Henri de Lu-bac: «Senza di Lui, invece, il legame siscioglie: di nuovo la parola di Dio si ri-duce a frammenti di «parole umane»;parole molteplici, non soltanto nume-rose, ma molteplici per essenza e sen-za unità possibile, perché, come con-stata Ugo di San Vittore, “multi suntsermones hominis, quia cor hominisunum non est” (numerose sono le paro-le dell’uomo, perché il cuore dell’uomonon è uno)» (p. 258-259)1.

Questa notte, cari fratelli, chiediamola grazia di avere gli occhi per leggerein questo bambino il Verbo abbreviato(abbreviatum), il cuore per amare ilverbo concentrato (contractum), le ma-ni per accogliere verbo unificato (coa-dunatum).

Verbum abbreviatum. Gesù è la pa-rola più breve di Dio, nel senso cheColui che è in sé stesso immenso e in-comprensibile, Colui che è infinito nelseno del Padre si racchiude nel senodella Vergine o si riduce alle proporzio-ni di un bambino nella stalla di Be-tlemme. Il Bimbo di Betlemme ci diceche la ricchezza inesauribile di Dio si

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comunica nella povertà sconvolgentedel figlio della Vergine: «Egli essendo erimanendo ricco, si fece povero, perarricchirci attraverso la sua povertà(2Cor 8,9). Commenta ancora il teolo-go francese ricordando la grande tra-dizione: «il contenuto molteplice delleScritture sparse lungo i secoli dell’at-tesa viene tutt’intero ad ammassarsiper compiersi, cioè unificarsi, comple-tarsi, illuminarsi e trascendersi in Lui.[…] come insegnava già sant’Ambro-gio, nel tempo e tra gli uomini, nell’at-to con cui egli invia il suo Verbo adabitare la nostra terra. “Semel locutusest Deus, quando locutus in Filio est”(Dio ha pronunciato una sola parola,quando ha parlato nel suo Figlio): per-ché è Lui che dà il senso a tutte le pa-role che lo annunziavano, tutto sispiega in Lui e solamente in Lui: “Etaudita sunt etiam illa quae ante auditanon erant ab iis quibus locutus fueratper prophetas” (e si sono allora capiteanche tutte quelle parole che non era-no state intese prima da coloro ai qua-li egli aveva parlato attraverso i profe-ti)» (p. 261-262). Proviamo a dirlo conle nostre povere parole. Quando Dioha parlato ci ha detto una sola parola:ci ha donato se stesso nel camminoumano di Gesù, in un bimbo che na-sce, che cresce, in un uomo che soffree che muore. Questo è il Verbum ab-breviatum! Questa parola concisa diDio ci dice “vivi come e con Gesù”.

Verbum contractum. Gesù solo non èsolo la parola abbreviata, il discorsobreve, il racconto conciso di Dio (pen-sate solo alle parabole, dove in ognu-na è narrato il mistero del Regno). Ge-sù è soprattutto la concentrazione diluce, la pienezza di vita del grembo delPadre, generato nel seno della Verginedall’azione creatrice dello Spirito san-

to. Nel vagito dell’“infante” (di coluiche non sa parlare), la Parola, fin quisoltanto «udibile alle orecchie», si ècontratta, si è concentrata diventando«visibile agli occhi, palpabile alle mani,portabile sulle spalle», anzi è diventa-ta «mangiabile»! Guardiamo il Bimbodi Betlemme, tocchiamo la sua carne,portiamolo in braccio, mangiamolo(con gli occhi della fede). Sentite comecommenta il teologo questa concen-trazione della Parola nella piccolezzadel Bambino: «Tutte le Scritture si riu-niscono nelle mani di Gesù come il pa-ne eucaristico, e, portandole, egli por-ta sé stesso nelle sue mani: “tutta laBibbia in sostanza, affinché noi nefacciamo un solo boccone...”. “A piùriprese e sotto varie forme” Dio avevadistribuito agli uomini, foglio per fo-glio, un libro scritto, nel quale una Pa-rola unica era nascosta sotto numero-se parole: oggi egli apre loro questo li-bro, per mostrare loro tutte queste pa-role riunite nella Parola unica. Filiusincarnatus, Verbum incarnatum, Libermaximus (Figlio incarnato, Verbo in-carnato, Libro per eccellenza): la per-gamena del Libro è ormai la sua car-ne; ciò che vi è scritto sopra è la suadivinità» (p. 264-265). Anche qui pro-viamo a dirlo con le nostre parole: im-pariamo giorno per giorno a leggere illibro della vita per rivestire di carne laParola di Dio; impariamo ad ascoltarela parola di Dio per dare senso e spe-ranza alla carne fragile dell’uomo, allesue miserie e alle sue povertà, ai suoigiorni e alle sue opere, al sogno di co-struire un mondo diverso.

Verbum coadunatum. Infine, Gesù èla parola di Dio che ricapitola ogni suaparola e riconcilia tutti nel suo amore.È una parola che unifica il senso delmondo, non ricorrendo a interminabi-

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li parole, ma raccogliendole tutte nellasintesi della misericordia, della tene-rezza, dell’amore senza condizioni.Tutte le parole si raccolgono in unasola parola (verbum coadunatum) cheè il gesto dell’amore, l’opera della mi-sericordia concentra tutte le parole,quasi in una fusione nucleare. Alla fi-ne il nostro teologo commenta: «Ver-bum coadunatum: Verbo condensato,unificato, perfetto! Verbo vivo e vivifi-cante. Contrariamente alle leggi dellinguaggio umano, che diventa chiaro,spiegandolo, esso, da oscuro, diventamanifesto, presentandosi sotto la suaforma abbreviata: Verbo pronunziatodapprima “in abscondito” (nascosta-mente), e adesso “manifestum in car-

ne” (manifesto nella carne)» p. 268).Ecco, alla fine, la rivelazione del mi-stero del Natale: il linguaggio umanoha bisogno di tante parole per dare lavita, la parola di Dio comunica la for-za della vita, raccogliendola e riconci-liandola nella piccolezza della storia diquesto Bimbo.

Carissimi. È Natale! Anche per me,in questa notte, la parola dev’esserebreve e concisa: il Signore ci concedauno sguardo, una parola e un gestod’amore e di tenerezza per donare noistessi tenendo in braccio questo pic-colo bimbo, il verbum abbreviatum.Gesù è la parola essenziale che Dio hada dirci e da donarci!

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1 I brani che citerò, con paginazione nel testo, vengono da HENRI DE LUBAC, Esegesi me-dievale. I quattro sensi della Scrittura, vol. III, Jaca Book, Milano 1996, 258-271.

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LA PAROLA DEL PAPA

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Nella fedeltà al carismaripensare l’economia

Messaggio del Santo Padre Francesco ai partecipanti al secondo simposio internazionale sul tema:“nella fedeltà al carisma ripensare l’economia degli istituti

di vita consacrata e le società di vita apostolica”

Pontificia Università Antonianum, 25-27 novembre 2016

Cari fratelli e sorelle,

vi ringrazio per la vostra disponibili-tà a ritrovarvi insieme per riflettere epregare su una tematica così vitale perla vita consacrata come è la gestioneeconomica delle vostre opere. Ringra-zio la Congregazione per gli Istituti diVita consacrata e le Società di Vitaapostolica per la preparazione di que-sto secondo simposio; e, nel rivolgermia voi, mi lascio guidare dalle paroleche formano il titolo del vostro incon-tro: carisma, fedeltà, ripensare l’eco-nomia.

Carisma

I carismi nella Chiesa non sonoqualcosa di statico e di rigido, non so-no “pezzi da museo”. Sono piuttostofiumi di acqua viva (cfr Gv 7,37-39)che scorrono nel terreno della storiaper irrigarla e far germogliare semi diBene. In certi momenti, complice unacerta nostalgia sterile, possiamo esse-re tentati di fare “archeologia carisma-tica”. Non succeda che cediamo a que-sta tentazione! Il carisma è sempreuna realtà viva e proprio per questo èchiamato a fruttificare, come ci indicala parabola delle monete d’oro che il reconsegna ai suoi servi (cfr Lc 19,11-

26), a svilupparsi nella fedeltà creati-va, come ci ricorda continuamente laChiesa (cfr Giovanni Paolo II, Esort.ap. postsin. Vita consecrata, 37).

La vita consacrata, per sua natura, èsegno e profezia del regno di Dio. Per-tanto questa sua duplice caratteristicanon può mancare in nessuna delle sueforme, a patto che noi consacrati ri-maniamo vigilanti e attenti a scrutaregli orizzonti della nostra vita e del mo-mento attuale. Questo atteggiamentofa sì che i carismi, donati dal Signorealla sua Chiesa attraverso i nostri fon-datori e fondatrici, si mantengano vi-tali e possano rispondere alle situazio-ni concrete dei luoghi e dei tempi neiquali siamo chiamati a condividere etestimoniare la bellezza della sequelaChristi.

Parlare di carisma significa parlaredi dono, di gratuità e di grazia; signifi-ca muoversi in un’area di significatoilluminata dalla radice charis. So beneche a molti che operano nel campoeconomico queste sembrano parole ir-rilevanti, da relegare nella sfera priva-ta e religiosa. Invece è risaputo, ormaianche tra gli economisti, che una so-cietà senza charis non può funzionarebene e finisce disumanizzandosi. Mai

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l’economia e la sua gestione sono eti-camente e antropologicamente neutre.O concorrono a costruire rapporti digiustizia e di solidarietà, o generanosituazioni di esclusione e di rifiuto.

Come consacrati siamo chiamati adiventare profezia a partire dalla no-stra vita animata dalla charis, dallalogica del dono, della gratuità; siamochiamati a creare fraternità, comunio-ne, solidarietà con i più poveri e biso-gnosi. Come ben ricordava il Papa Be-nedetto XVI, se vogliamo essere vera-mente umani, dobbiamo «fare spazioal principio di gratuità come espres-sione di fraternità» (Enc. Caritas in ve-ritate, 34).

Ma la logica evangelica del donochiede di accompagnarsi a un atteg-giamento interiore di apertura alla re-altà e di ascolto di Dio che in essa ciparla. Dobbiamo domandarci se siamodisposti a “sporcarci le mani” lavoran-do nella storia di oggi; se i nostri occhisanno scrutare i segni del regno di Diotra le pieghe di vicende certamentecomplesse e contrastanti, ma che Diovuole benedire e salvare; se siamodavvero compagni di strada degli uo-mini e delle donne del nostro tempo,particolarmente di tanti che giaccionoferiti lungo le nostre strade, perchécon loro condividiamo le attese, lepaure, le speranze e anche quello cheabbiamo ricevuto, e che appartiene atutti; se ci facciamo sopraffare dallalogica diabolica del guadagno (il diavo-lo spesso entra dal portafoglio o dallacarta di credito); se ci difendiamo daciò che non capiamo fuggendolo, op-pure sappiamo starci dentro in forzadella promessa del Signore, con il suosguardo di benevolenza e le sue visce-re di misericordia, diventando buoni

samaritani per i poveri e gli esclusi.

Leggere le domande per rispondere,ascoltare il pianto per consolare, rico-noscere le ingiustizie per condividereanche la nostra economia, discernerele insicurezze per offrire pace, guarda-re le paure per rassicurare: queste so-no diverse facce del poliedrico tesoroche è la vita consacrata. Accettando dinon avere tutte le risposte e, a volte, direstare in silenzio, forse anche noi in-certi, ma mai, mai senza speranza.

Fedeltà

Essere fedeli significa domandarsiche cosa oggi, in questa situazione, ilSignore ci chiede di essere e di fare.Essere fedeli ci impegna ad un lavoroassiduo di discernimento affinché leopere, coerenti con i carismi, continui-no ad essere strumenti efficaci per fargiungere a molti la tenerezza di Dio.

Le opere proprie, di cui si occupaquesto simposio, non sono soltantoun mezzo per assicurare la sostenibi-lità del proprio istituto, ma apparten-gono alla fecondità del carisma. Que-sto comporta chiedersi se le nostreopere manifestano o no il carisma cheabbiamo professato, se rispondono ono alla missione che ci è stata affidatadalla Chiesa. Il criterio principale divalutazione delle opere non è la lororedditività, ma se corrispondono al ca-risma e alla missione che l’istituto èchiamato a compiere.

Essere fedeli al carisma richiedespesso un atto di coraggio: non si trat-ta di vendere tutto o di dismettere tut-te le opere, ma di fare un serio discer-nimento, tenendo lo sguardo ben ri-volto a Cristo, le orecchie attente alla

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sua Parola e alla voce dei poveri. Inquesto modo le nostre opere possono,al tempo stesso, essere feconde per ilcammino dell’istituto ed esprimere lapredilezione di Dio per i poveri.

Ripensare l’economia

Tutto questo comporta ripensarel’economia, attraverso un’attenta let-tura della Parola di Dio e della storia.Ascoltare il sussurro di Dio e il gridodei poveri, dei poveri di sempre e deinuovi poveri; comprendere che cosa ilSignore chiede oggi e, dopo averlocompreso, agire, con quella fiducia co-raggiosa nella provvidenza del Padre(cf Mt 6,19ss) che hanno avuto i nostrifondatori e fondatrici. In certi casi, ildiscernimento potrà suggerire di man-tenere in vita un’opera che produceperdite – stando bene attenti a chequeste non siano generate da incapa-cità o da imperizia – ma ridà dignità apersone vittime dello scarto, deboli efragili: i nascituri, i più poveri, gli an-ziani malati, i disabili gravi. E’ veroche ci sono problemi derivanti dall’etàelevata di molti consacrati e dallacomplessità della gestione di alcuneopere, ma la disponibilità a Dio ci faràtrovare soluzioni.

Può darsi che il discernimento sug-gerisca di ripensare un’opera, che for-se è diventata troppo grande e com-plessa, ma possiamo allora trovare for-me di collaborazione con altri istituti oforse trasformare l’opera stessa in mo-do che questa continui, seppure conaltre modalità, come opera della Chie-sa. Anche per questo è importante lacomunicazione e la collaborazione al-l’interno degli istituti, con gli altri isti-tuti e con la Chiesa locale. All’internodegli istituti, le varie province non pos-

sono concepirsi in maniera autorefe-renziale, come se ciascuna vivesse persé stessa, né i governi generali posso-no ignorare le diverse peculiarità.

La logica dell’individualismo può in-taccare anche le nostre comunità. Latensione tra realtà locale e generale,che esiste a livello di inculturazione delcarisma, esiste anche a livello econo-mico, ma non deve fare paura, va vis-suta e affrontata. Occorre far crescerela comunione tra i diversi istituti; e an-che conoscere bene gli strumenti legi-slativi, giuridici ed economici che per-mettono oggi di fare rete, di individua-re nuove risposte, di mettere insiemele forze, le professionalità e le capacitàdegli istituti a servizio del Regno e del-l’umanità. E’ molto importante anchedialogare con la Chiesa locale, affin-ché, per quanto possibile, i beni eccle-siastici rimangano beni della Chiesa.

Ripensare l’economia vuole esprime-re il discernimento che, in questo con-testo, guarda alla direzione, agli scopi,al significato e alle implicazioni socialied ecclesiali delle scelte economichedegli istituti di vita consacrata. Di-scernimento che parte dalla valutazio-ne delle possibilità economiche deri-vanti dalle risorse finanziarie e perso-nali; che si avvale dell’opera di specia-listi per l’utilizzo di strumenti che per-mettono una gestione oculata e uncontrollo sulla gestione non improvvi-sati; che opera nel rispetto delle leggie si pone al servizio di un’ecologia in-tegrale. Un discernimento che, soprat-tutto, si pone controcorrente perché siserve del denaro e non serve il denaroper nessun motivo, neppure quellopiù giusto e santo. In questo caso sa-rebbe sterco del diavolo, come diceva-no i santi Padri.

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Ripensare l’economia richiede com-petenze e capacità specifiche, ma èuna dinamica che riguarda la vita ditutti e di ciascuno. Non è un compitodelegabile a qualcuno, ma investe laresponsabilità piena di ogni persona.Anche qui siamo di fronte ad una sfi-da educativa, che non può lasciarefuori i consacrati. Una sfida che certoin primo luogo tocca gli economi e co-loro che sono coinvolti in prima perso-na nelle scelte dell’istituto. A costoro èrichiesta la capacità di essere astuticome i serpenti e semplici come le co-lombe (cfr Mt 10,16). E l’astuzia cri-stiana permette di distinguere fra unlupo e una pecora, perché tanti sono ilupi travestiti da pecore, soprattuttoquando ci sono i soldi in gioco!

Non bisogna poi tacere che gli stessiistituti di vita consacrata non sonoesenti da alcuni rischi indicati nel-l’Enciclica Laudato si’: «Il principiodella massimizzazione del profitto, chetende ad isolarsi da qualsiasi altraconsiderazione, è una distorsione del-l’economia» (n. 195). Quanti consacra-ti continuano ancora oggi a pensareche le leggi dell’economia sono indi-pendenti da ogni considerazione eti-ca? Quante volte la valutazione sullatrasformazione di un’opera o la vendi-ta di un immobile è vista solo sulla ba-se di un’analisi dei costi-benefici e va-lore di mercato? Dio ci liberi dallo spi-rito di funzionalismo e dal cadere nel-la trappola dell’avarizia! Inoltre, dob-biamo educarci ad una austerità re-sponsabile. Non basta aver fatto laprofessione religiosa per essere poveri.Non basta trincerarmi dietro l’affer-mazione che non possiedo nulla per-ché sono religioso, religiosa, se il mioistituto mi permette di gestire o gode-re di tutti i beni che desidero, e di con-

trollare le Fondazioni civili erette persostenere le opere proprie, evitandocosì i controlli della Chiesa. L’ipocrisiadei consacrati che vivono da ricchi fe-risce le coscienze dei fedeli e danneg-gia la Chiesa.

Bisogna cominciare dalla piccolescelte quotidiane. Ognuno è chiamatoa fare la sua parte, ad usare i beni perfare scelte solidali, ad avere cura delcreato, a misurarsi con la povertà del-le famiglie che sicuramente gli vivonoaccanto. Si tratta di acquisire un habi-tus, uno stile nel segno della giustiziae della condivisione, facendo la fatica –perché spesso sarebbe più comodo ilcontrario – di compiere scelte di one-stà, sapendo che è semplicementequanto dovevamo fare (cfr Lc 17,10).

Fratelli e sorelle, mi tornano allamente due testi biblici che vorrei la-sciarvi per la vostra riflessione. Gio-vanni nella sua Prima Lettera scrive:«Se uno ha ricchezze di questo mondoe, vedendo il suo fratello in necessità,gli chiude il proprio cuore, come rima-ne in lui l’amore di Dio? Figlioli, nonamiamo a parole né con la lingua, macon i fatti e nella verità» (3,17-18).L’altro testo è ben conosciuto. Mi rife-risco a Matteo 25,31-46: «Tutto quelloche avete fatto a uno solo di questimiei fratelli più piccoli, l’avete fatto ame. [...] Tutto quello che non avete fat-to a uno solo di questi più piccoli, nonlo avete fatto a me». Nella fedeltà al ca-risma ripensate la vostra economia.

Vi ringrazio. Non dimenticate di pre-gare per me. Il Signore vi benedica e laVergine Santa abbia cura di voi.

Dal Vaticano, 25 novembre 2016

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La nonviolenza stiledi una politica per la pace

Messaggio del Santo Padre Francescoper la celebrazione della 50ª Giornata Mondiale della pace

1° gennaio 2017

1. All’inizio di questo nuovo annoporgo i miei sinceri auguri di pace aipopoli e alle nazioni del mondo, ai Ca-pi di Stato e di Governo, nonché ai re-sponsabili delle comunità religiose edelle varie espressioni della società ci-vile. Auguro pace ad ogni uomo, don-na, bambino e bambina e prego affin-ché l’immagine e la somiglianza di Dioin ogni persona ci consentano di rico-noscerci a vicenda come doni sacri do-tati di una dignità immensa. Soprat-tutto nelle situazioni di conflitto, ri-spettiamo questa «dignità più profon-da»[1] e facciamo della nonviolenza at-tiva il nostro stile di vita.

Questo è il Messaggio per la 50ªGiornata Mondiale della Pace. Nel pri-mo, il beato Papa Paolo VI si rivolse atutti i popoli, non solo ai cattolici, conparole inequivocabili: «E’ finalmenteemerso chiarissimo che la pace è l’uni-ca e vera linea dell’umano progresso(non le tensioni di ambiziosi nazionali-smi, non le conquiste violente, non lerepressioni apportatrici di falso ordinecivile)». Metteva in guardia dal «perico-lo di credere che le controversie inter-nazionali non siano risolvibili per le viedella ragione, cioè delle trattative fon-date sul diritto, la giustizia, l’equità,ma solo per quelle delle forze deterren-ti e micidiali». Al contrario, citando la

Pacem in terris del suo predecessoresan Giovanni XXIII, esaltava «il senso el’amore della pace fondata sulla verità,sulla giustizia, sulla libertà, sull’amo-re».[2] Colpisce l’attualità di queste pa-role, che oggi non sono meno impor-tanti e pressanti di cinquant’anni fa.

In questa occasione desidero soffer-marmi sulla nonviolenza come stile diuna politica di pace e chiedo a Dio diaiutare tutti noi ad attingere alla non-violenza nelle profondità dei nostrisentimenti e valori personali. Che sia-no la carità e la nonviolenza a guidareil modo in cui ci trattiamo gli uni glialtri nei rapporti interpersonali, inquelli sociali e in quelli internazionali.Quando sanno resistere alla tentazio-ne della vendetta, le vittime della vio-lenza possono essere i protagonisti piùcredibili di processi nonviolenti di co-struzione della pace. Dal livello localee quotidiano fino a quello dell’ordinemondiale, possa la nonviolenza diven-tare lo stile caratteristico delle nostredecisioni, delle nostre relazioni, dellenostre azioni, della politica in tutte lesue forme.

Un mondo frantumato

2. Il secolo scorso è stato devastatoda due guerre mondiali micidiali, ha

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conosciuto la minaccia della guerranucleare e un gran numero di altriconflitti, mentre oggi purtroppo siamoalle prese con una terribile guerramondiale a pezzi. Non è facile saperese il mondo attualmente sia più o me-no violento di quanto lo fosse ieri, nése i moderni mezzi di comunicazione ela mobilità che caratterizza la nostraepoca ci rendano più consapevoli del-la violenza o più assuefatti ad essa.

In ogni caso, questa violenza che siesercita “a pezzi”, in modi e a livelli di-versi, provoca enormi sofferenze di cuisiamo ben consapevoli: guerre in di-versi Paesi e continenti; terrorismo,criminalità e attacchi armati impreve-dibili; gli abusi subiti dai migranti edalle vittime della tratta; la devasta-zione dell’ambiente. A che scopo? Laviolenza permette di raggiungereobiettivi di valore duraturo? Tuttoquello che ottiene non è forse di scate-nare rappresaglie e spirali di conflittiletali che recano benefici solo a pochi“signori della guerra”?

La violenza non è la cura per il no-stro mondo frantumato. Risponderealla violenza con la violenza conduce,nella migliore delle ipotesi, a migrazio-ni forzate e a immani sofferenze, poi-ché grandi quantità di risorse sono de-stinate a scopi militari e sottratte alleesigenze quotidiane dei giovani, dellefamiglie in difficoltà, degli anziani, deimalati, della grande maggioranza degliabitanti del mondo. Nel peggiore deicasi, può portare alla morte, fisica espirituale, di molti, se non addiritturadi tutti.

La Buona Notizia

3. Anche Gesù visse in tempi di vio-lenza. Egli insegnò che il vero campo di

battaglia, in cui si affrontano la violen-za e la pace, è il cuore umano: «Dal didentro infatti, cioè dal cuore degli uo-mini, escono le intenzioni cattive» (Mc7,21). Ma il messaggio di Cristo, difronte a questa realtà, offre la rispostaradicalmente positiva: Egli predicò in-stancabilmente l’amore incondizionatodi Dio che accoglie e perdona e insegnòai suoi discepoli ad amare i nemici (cfrMt 5,44) e a porgere l’altra guancia (cfrMt 5,39). Quando impedì a coloro cheaccusavano l’adultera di lapidarla (cfrGv 8,1-11) e quando, la notte prima dimorire, disse a Pietro di rimettere laspada nel fodero (cfr Mt 26,52), Gesùtracciò la via della nonviolenza, che hapercorso fino alla fine, fino alla croce,mediante la quale ha realizzato la pacee distrutto l’inimicizia (cfr Ef 2,14-16).Perciò, chi accoglie la Buona Notizia diGesù, sa riconoscere la violenza cheporta in sé e si lascia guarire dalla mi-sericordia di Dio, diventando così asua volta strumento di riconciliazione,secondo l’esortazione di san Francescod’Assisi: «La pace che annunziate conla bocca, abbiatela ancor più copiosanei vostri cuori».[3]

Essere veri discepoli di Gesù oggi si-gnifica aderire anche alla sua propo-sta di nonviolenza. Essa – come ha af-fermato il mio predecessore BenedettoXVI – «è realistica, perché tiene contoche nel mondo c’è troppa violenza,troppa ingiustizia, e dunque non sipuò superare questa situazione senon contrapponendo un di più diamore, un di più di bontà. Questo “dipiù” viene da Dio».[4] Ed egli aggiunge-va con grande forza: «La nonviolenzaper i cristiani non è un mero compor-tamento tattico, bensì un modo di es-sere della persona, l’atteggiamento dichi è così convinto dell’amore di Dio e

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della sua potenza, che non ha pauradi affrontare il male con le sole armidell’amore e della verità. L’amore delnemico costituisce il nucleo della “ri-voluzione cristiana”».[5] Giustamente ilvangelo dell’amate i vostri nemici (cfrLc 6,27) viene considerato «la magnacharta della nonviolenza cristiana»:esso non consiste «nell’arrendersi almale […] ma nel rispondere al malecon il bene (cfr Rm 12,17-21), spez-zando in tal modo la catena dell’ingiu-stizia».[6]

Più potente della violenza

4. La nonviolenza è talvolta intesanel senso di resa, disimpegno e passi-vità, ma in realtà non è così. QuandoMadre Teresa ricevette il premio Nobelper la Pace nel 1979, dichiarò chiara-mente il suo messaggio di nonviolenzaattiva: «Nella nostra famiglia non ab-biamo bisogno di bombe e di armi, didistruggere per portare pace, ma solodi stare insieme, di amarci gli uni glialtri […] E potremo superare tutto ilmale che c’è nel mondo».[7] Perché laforza delle armi è ingannevole. «Men-tre i trafficanti di armi fanno il loro la-voro, ci sono i poveri operatori di paceche soltanto per aiutare una persona,un’altra, un’altra, un’altra, danno lavita»; per questi operatori di pace, Ma-dre Teresa è «un simbolo, un’icona deinostri tempi».[8] Nello scorso mese disettembre ho avuto la grande gioia diproclamarla Santa. Ho elogiato la suadisponibilità verso tutti attraverso«l’accoglienza e la difesa della vitaumana, quella non nata e quella ab-bandonata e scartata. […] Si è chinatasulle persone sfinite, lasciate morire aimargini delle strade, riconoscendo ladignità che Dio aveva loro dato; ha fat-to sentire la sua voce ai potenti della

terra, perché riconoscessero le lorocolpe dinanzi ai crimini – dinanzi aicrimini! – della povertà creata da lorostessi».[9] In risposta, la sua missione– e in questo rappresenta migliaia, an-zi milioni di persone – è andare incon-tro alle vittime con generosità e dedi-zione, toccando e fasciando ogni corpoferito, guarendo ogni vita spezzata.

La nonviolenza praticata con deci-sione e coerenza ha prodotto risultatiimpressionanti. I successi ottenuti dalMahatma Gandhi e Khan Abdul Ghaf-far Khan nella liberazione dell’India, eda Martin Luther King Jr contro la di-scriminazione razziale non sarannomai dimenticati. Le donne, in partico-lare, sono spesso leader di nonviolen-za, come, ad esempio, Leymah Gbo-wee e migliaia di donne liberiane, chehanno organizzato incontri di preghie-ra e protesta nonviolenta (pray-ins) ot-tenendo negoziati di alto livello per laconclusione della seconda guerra civi-le in Liberia.

Né possiamo dimenticare il decennioepocale conclusosi con la caduta deiregimi comunisti in Europa. Le comu-nità cristiane hanno dato il loro con-tributo con la preghiera insistente el’azione coraggiosa. Speciale influenzahanno esercitato il ministero e il magi-stero di san Giovanni Paolo II. Riflet-tendo sugli avvenimenti del 1989 nel-l’Enciclica Centesimus annus (1991),il mio predecessore evidenziava cheun cambiamento epocale nella vita deipopoli, delle nazioni e degli Stati sirealizza «mediante una lotta pacifica,che fa uso delle sole armi della veritàe della giustizia».[10] Questo percorsodi transizione politica verso la pace èstato reso possibile in parte «dall’im-pegno non violento di uomini che,

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mentre si sono sempre rifiutati di ce-dere al potere della forza, hanno sapu-to trovare di volta in volta forme effica-ci per rendere testimonianza alla veri-tà». E concludeva: «Che gli uomini im-parino a lottare per la giustizia senzaviolenza, rinunciando alla lotta diclasse nelle controversie interne ed al-la guerra in quelle internazionali».[11]

La Chiesa si è impegnata per l’attua-zione di strategie nonviolente di pro-mozione della pace in molti Paesi, sol-lecitando persino gli attori più violentiin sforzi per costruire una pace giustae duratura.

Questo impegno a favore delle vitti-me dell’ingiustizia e della violenza nonè un patrimonio esclusivo della Chie-sa Cattolica, ma è proprio di molte tra-dizioni religiose, per le quali «la com-passione e la nonviolenza sono essen-ziali e indicano la via della vita».[12] Loribadisco con forza: «Nessuna religio-ne è terrorista».[13] La violenza è unaprofanazione del nome di Dio.[14] Nonstanchiamoci mai di ripeterlo: «Mai ilnome di Dio può giustificare la violen-za. Solo la pace è santa. Solo la pace èsanta, non la guerra!».[15]

La radice domestica di una politica nonviolenta

5. Se l’origine da cui scaturisce laviolenza è il cuore degli uomini, alloraè fondamentale percorrere il sentierodella nonviolenza in primo luogo al-l’interno della famiglia. È una compo-nente di quella gioia dell’amore che hopresentato nello scorso marzo nel-l’Esortazione apostolica Amoris laeti-tia, a conclusione di due anni di rifles-sione da parte della Chiesa sul matri-monio e la famiglia. La famiglia è l’in-

dispensabile crogiolo attraverso ilquale coniugi, genitori e figli, fratelli esorelle imparano a comunicare e aprendersi cura gli uni degli altri inmodo disinteressato, e dove gli attriti oaddirittura i conflitti devono esseresuperati non con la forza, ma con ildialogo, il rispetto, la ricerca del benedell’altro, la misericordia e il perdo-no.[16] Dall’interno della famiglia lagioia dell’amore si propaga nel mondoe si irradia in tutta la società.[17] D’al-tronde, un’etica di fraternità e di coe-sistenza pacifica tra le persone e tra ipopoli non può basarsi sulla logicadella paura, della violenza e dellachiusura, ma sulla responsabilità, sulrispetto e sul dialogo sincero. In que-sto senso, rivolgo un appello in favoredel disarmo, nonché della proibizionee dell’abolizione delle armi nucleari: ladeterrenza nucleare e la minaccia del-la distruzione reciproca assicuratanon possono fondare questo tipo dietica.[18] Con uguale urgenza supplicoche si arrestino la violenza domesticae gli abusi su donne e bambini.

Il Giubileo della Misericordia, con-clusosi nel novembre scorso, è statoun invito a guardare nelle profonditàdel nostro cuore e a lasciarvi entrarela misericordia di Dio. L’anno giubila-re ci ha fatto prendere coscienza diquanto numerosi e diversi siano lepersone e i gruppi sociali che vengonotrattati con indifferenza, sono vittimedi ingiustizia e subiscono violenza. Es-si fanno parte della nostra “famiglia”,sono nostri fratelli e sorelle. Per que-sto le politiche di nonviolenza devonocominciare tra le mura di casa per poidiffondersi all’intera famiglia umana.«L’esempio di santa Teresa di GesùBambino ci invita alla pratica dellapiccola via dell’amore, a non perdere

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l’opportunità di una parola gentile, diun sorriso, di qualsiasi piccolo gestoche semini pace e amicizia. Una ecolo-gia integrale è fatta anche di semplicigesti quotidiani nei quali spezziamo lalogica della violenza, dello sfruttamen-to, dell’egoismo».[19]

Il mio invito

6. La costruzione della pace median-te la nonviolenza attiva è elemento ne-cessario e coerente con i continui sfor-zi della Chiesa per limitare l’uso dellaforza attraverso le norme morali, me-diante la sua partecipazione ai lavoridelle istituzioni internazionali e grazieal contributo competente di tanti cri-stiani all’elaborazione della legislazio-ne a tutti i livelli. Gesù stesso ci offreun “manuale” di questa strategia dicostruzione della pace nel cosiddettoDiscorso della montagna. Le otto Bea-titudini (cfr Mt 5,3-10) tracciano ilprofilo della persona che possiamo de-finire beata, buona e autentica. Beati imiti – dice Gesù –, i misericordiosi, glioperatori di pace, i puri di cuore, colo-ro che hanno fame e sete di giustizia.

Questo è anche un programma euna sfida per i leader politici e religio-si, per i responsabili delle istituzioniinternazionali e i dirigenti delle impre-se e dei media di tutto il mondo: appli-care le Beatitudini nel modo in cuiesercitano le proprie responsabilità.Una sfida a costruire la società, la co-munità o l’impresa di cui sono respon-sabili con lo stile degli operatori di pa-ce; a dare prova di misericordia rifiu-tando di scartare le persone, danneg-giare l’ambiente e voler vincere ad ognicosto. Questo richiede la disponibilità«di sopportare il conflitto, risolverlo etrasformarlo in un anello di collega-

mento di un nuovo processo».[20] Ope-rare in questo modo significa sceglierela solidarietà come stile per fare la sto-ria e costruire l’amicizia sociale. Lanonviolenza attiva è un modo per mo-strare che davvero l’unità è più poten-te e più feconda del conflitto. Tutto nelmondo è intimamente connesso.[21]

Certo, può accadere che le differenzegenerino attriti: affrontiamoli in ma-niera costruttiva e nonviolenta, cosìche «le tensioni e gli opposti [possano]raggiungere una pluriforme unità chegenera nuova vita», conservando «lepreziose potenzialità delle polarità incontrasto».[22]

Assicuro che la Chiesa Cattolica ac-compagnerà ogni tentativo di costru-zione della pace anche attraverso lanonviolenza attiva e creativa. Il 1° gen-naio 2017 vede la luce il nuovo Dica-stero per il Servizio dello SviluppoUmano Integrale, che aiuterà la Chie-sa a promuovere in modo sempre piùefficace «i beni incommensurabili del-la giustizia, della pace e della salva-guardia del creato» e della sollecitudi-ne verso i migranti, «i bisognosi, gliammalati e gli esclusi, gli emarginati ele vittime dei conflitti armati e dellecatastrofi naturali, i carcerati, i disoc-cupati e le vittime di qualunque formadi schiavitù e di tortura».[23] Ogniazione in questa direzione, per quantomodesta, contribuisce a costruire unmondo libero dalla violenza, primopasso verso la giustizia e la pace.

In conclusione

7. Come da tradizione, firmo questoMessaggio l’8 dicembre, festa dell’Im-macolata Concezione della Beata Ver-gine Maria. Maria è la Regina della Pa-ce. Alla nascita di suo Figlio, gli ange-

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li glorificavano Dio e auguravano pacein terra agli uomini e donne di buonavolontà (cfr Lc 2,14). Chiediamo allaVergine di farci da guida.

«Tutti desideriamo la pace; tantepersone la costruiscono ogni giornocon piccoli gesti e molti soffrono e sop-portano pazientemente la fatica ditanti tentativi per costruirla».[24] Nel2017, impegniamoci, con la preghiera

e con l’azione, a diventare persone chehanno bandito dal loro cuore, dalle lo-ro parole e dai loro gesti la violenza, ea costruire comunità nonviolente, chesi prendono cura della casa comune.«Niente è impossibile se ci rivolgiamo aDio nella preghiera. Tutti possono es-sere artigiani di pace».[25]

Dal Vaticano, 8 dicembre 2016

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[1] Esort. ap. Evangelii gaudium, 228.[2] Messaggio per la celebrazione della 1a Giornata Mondiale della Pace, 1° gennaio 1968.[3] «Leggenda dei tre compagni»: Fonti Francescane, n. 1469.[4] Angelus, 18 febbraio 2007.[5] Ibid.[6] Ibid.[7] Madre Teresa, Discorso per il Premio Nobel, 11 dicembre 1979.[8] Meditazione “La strada della pace”, Cappella della Domus Sanctae Marthae, 19 novembre 2015.[9] Omelia per la canonizzazione della Beata Madre Teresa di Calcutta, 4 settembre 2016.[10] N. 23.[11] Ibid.[12] Discorso nell’Udienza interreligiosa, 3 novembre 2016.[13] Discorso al 3° Incontro mondiale dei movimenti popolari, 5 novembre 2016.[14] Cfr Discorso nell’Incontro con lo Sceicco dei Musulmani del Caucaso e con Rappresentanti delle

altre Comunità religiose, Baku, 2 ottobre 2016.[15] Discorso, Assisi, 20 settembre 2016.[16] Cfr Esort. ap. postsin. Amoris laetitia, 90-130.[17] Cfr ibid., 133.194.234.[18] Cfr Messaggio in occasione della Conferenza sull’impatto umanitario delle armi nucleari, 7 di-

cembre 2014.[19] Enc. Laudato si’, 230.[20] Esort. ap. Evangelii gaudium, 227.[21] Cfr Enc. Laudato si‘, 16.117.138.[22] Esort. ap. Evangelii gaudium, 228.[23] Lettera apostolica in forma di “Motu proprio” con la quale si istituisce il Dicastero per il Servi-

zio dello Sviluppo Umano Integrale, 17 agosto 2016.[24] Regina Caeli, Betlemme, 25 maggio 2014.[25] Appello, Assisi, 20 settembre 2016.

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Stupore per quanto Dio compie:“Grandi cose ha fatto per me

l’Onnipotente...” (Lc 1,49)

Messaggio del Santo Padre Francescoper la XXV Giornata Mondiale del malato 2017

Cari fratelli e sorelle,

l’11 febbraio prossimo sarà celebra-ta, in tutta la Chiesa e in modo parti-colare a Lourdes, la XXV GiornataMondiale del Malato, sul tema: Stupo-re per quanto Dio compie: «Grandi coseha fatto per me l’Onnipotente…» (Lc1,49). Istituita dal mio predecessoresan Giovanni Paolo II nel 1992, e cele-brata per la prima volta proprio aLourdes l’11 febbraio 1993, tale Gior-nata costituisce un’occasione di atten-zione speciale alla condizione degliammalati e, più in generale, dei soffe-renti; e al tempo stesso invita chi siprodiga in loro favore, a partire dai fa-miliari, dagli operatori sanitari e daivolontari, a rendere grazie per la voca-zione ricevuta dal Signore di accompa-gnare i fratelli ammalati. Inoltre que-sta ricorrenza rinnova nella Chiesa ilvigore spirituale per svolgere sempreal meglio quella parte fondamentaledella sua missione che comprende ilservizio agli ultimi, agli infermi, ai sof-ferenti, agli esclusi e agli emarginati(cfr Giovanni Paolo II, Motu proprioDolentium hominum, 11 febbraio 1985,1). Certamente i momenti di preghie-ra, le Liturgie eucaristiche e l’Unzionedegli infermi, la condivisione con i ma-lati e gli approfondimenti bioetici e

teologico-pastorali che si terranno aLourdes in quei giorni offriranno unnuovo importante contributo a taleservizio.

Ponendomi fin d’ora spiritualmentepresso la Grotta di Massabielle, di-nanzi all’effige della Vergine Immaco-lata, nella quale l’Onnipotente ha fattograndi cose per la redenzione del-l’umanità, desidero esprimere la miavicinanza a tutti voi, fratelli e sorelleche vivete l’esperienza della sofferen-za, e alle vostre famiglie; come pure ilmio apprezzamento a tutti coloro che,nei diversi ruoli e in tutte le strutturesanitarie sparse nel mondo, operanocon competenza, responsabilità e de-dizione per il vostro sollievo, la vostracura e il vostro benessere quotidiano.Desidero incoraggiarvi tutti, malati,sofferenti, medici, infermieri, familiari,volontari, a contemplare in Maria, Sa-lute dei malati, la garante della tene-rezza di Dio per ogni essere umano e ilmodello dell’abbandono alla sua vo-lontà; e a trovare sempre nella fede,nutrita dalla Parola e dai Sacramenti,la forza di amare Dio e i fratelli anchenell’esperienza della malattia.

Come santa Bernadette siamo sottolo sguardo di Maria. L’umile ragazza di

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Lourdes racconta che la Vergine, da leidefinita “la Bella Signora”, la guarda-va come si guarda una persona. Que-ste semplici parole descrivono la pie-nezza di una relazione. Bernadette,povera, analfabeta e malata, si senteguardata da Maria come persona. LaBella Signora le parla con grande ri-spetto, senza compatimento. Questoci ricorda che ogni malato è e rimanesempre un essere umano, e come taleva trattato. Gli infermi, come i porta-tori di disabilità anche gravissime,hanno la loro inalienabile dignità e laloro missione nella vita e non diventa-no mai dei meri oggetti, anche se avolte possono sembrare solo passivi,ma in realtà non è mai così.

Bernadette, dopo essere stata allaGrotta, grazie alla preghiera trasformala sua fragilità in sostegno per gli altri,grazie all’amore diventa capace di ar-ricchire il suo prossimo e, soprattutto,offre la sua vita per la salvezza del-l’umanità. Il fatto che la Bella Signorale chieda di pregare per i peccatori, ciricorda che gli infermi, i sofferenti,non portano in sé solamente il deside-rio di guarire, ma anche quello di vive-re cristianamente la propria vita, arri-vando a donarla come autentici disce-poli missionari di Cristo. A BernadetteMaria dona la vocazione di servire imalati e la chiama ad essere Suoradella Carità, una missione che leiesprime in una misura così alta da di-ventare modello a cui ogni operatoresanitario può fare riferimento. Chie-diamo dunque all’Immacolata Conce-zione la grazia di saperci sempre rela-zionare al malato come ad una perso-na che, certamente, ha bisogno di aiu-to, a volta anche per le cose più ele-mentari, ma che porta in sé il suo do-no da condividere con gli altri.

Lo sguardo di Maria, Consolatricedegli afflitti, illumina il volto dellaChiesa nel suo quotidiano impegnoper i bisognosi e i sofferenti. I fruttipreziosi di questa sollecitudine dellaChiesa per il mondo della sofferenza edella malattia sono motivo di ringra-ziamento al Signore Gesù, il quale si èfatto solidale con noi, in obbedienzaalla volontà del Padre e fino alla mor-te in croce, perché l’umanità fosse re-denta. La solidarietà di Cristo, Figliodi Dio nato da Maria, è l’espressionedell’onnipotenza misericordiosa di Dioche si manifesta nella nostra vita – so-prattutto quando è fragile, ferita, umi-liata, emarginata, sofferente – infon-dendo in essa la forza della speranzache ci fa rialzare e ci sostiene.

Tanta ricchezza di umanità e di fedenon deve andare dispersa, ma piutto-sto aiutarci a confrontarci con le no-stre debolezze umane e, al contempo,con le sfide presenti in ambito sanita-rio e tecnologico. In occasione dellaGiornata Mondiale del Malato possia-mo trovare nuovo slancio per contri-buire alla diffusione di una cultura ri-spettosa della vita, della salute e del-l’ambiente; un rinnovato impulso alottare per il rispetto dell’integralità edella dignità delle persone, anche at-traverso un corretto approccio allequestioni bioetiche, alla tutela dei piùdeboli e alla cura dell’ambiente.

In occasione della XXV GiornataMondiale del Malato rinnovo la miavicinanza di preghiera e di incoraggia-mento ai medici, agli infermieri, ai vo-lontari e a tutti i consacrati e le con-sacrate impegnati al servizio dei ma-lati e dei disagiati; alle istituzioni ec-clesiali e civili che operano in questoambito; e alle famiglie che si prendo-

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no cura amorevolmente dei loro con-giunti malati. A tutti auguro di esseresempre segni gioiosi della presenza edell’amore di Dio, imitando la lumino-sa testimonianza di tanti amici e ami-che di Dio tra i quali ricordo san Gio-vanni di Dio e san Camillo de’ Lellis,Patroni degli ospedali e degli operato-ri sanitari, e santa Madre Teresa diCalcutta, missionaria della tenerezzadi Dio.

Fratelli e sorelle tutti, malati, opera-tori sanitari e volontari, eleviamo in-sieme la nostra preghiera a Maria, af-finché la sua materna intercessionesostenga e accompagni la nostra fedee ci ottenga da Cristo suo Figlio la spe-ranza nel cammino della guarigione edella salute, il senso della fraternità edella responsabilità, l’impegno per losviluppo umano integrale e la gioiadella gratitudine ogni volta che ci stu-

pisce con la sua fedeltà e la sua mise-ricordia.

O Maria, nostra Madre, che in Cristo accogli ognuno di noicome figlio,sostieni l’attesa fiduciosa del nostrocuore,soccorrici nelle nostre infermità esofferenze,guidaci verso Cristo tuo figlio e no-stro fratello,e aiutaci ad affidarci al Padre checompie grandi cose.

A tutti voi assicuro il mio costantericordo nella preghiera e vi imparto dicuore la Benedizione Apostolica.

8 dicembre 2016,Festa dell’Immacolata Concezione

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Presentazione degli auguri natalizialla Curia RomanaDiscorso del Santo Padre Franceasco

Giovedì, 22 dicembre 2016

Cari fratelli e sorelle,

vorrei iniziare questo nostro incon-tro porgendo i miei cordiali auguri atutti voi, Superiori, Officiali, Rappre-sentanti Pontifici e Collaboratori nelleNunziature sparse nel mondo, a tuttele persone che prestano servizio nellaCuria Romana, e ai vostri familiari.Auguri di un santo e sereno Natale eun felice anno nuovo 2017.

Contemplando il volto del BambinoGesù, sant’Agostino esclamò: «Immen-so nella natura divina, piccolo nellanatura di servo»[1]. Anche san Maca-rio, monaco del IV secolo e discepolodi sant’Antonio abate, per descrivere ilmistero dell’Incarnazione, ricorse alverbo greco smikruno, cioè farsi picco-lo quasi riducendosi ai minimi termi-ni: «Udite attentamente: l’infinito,inaccessibile e increato Dio per la suaimmensa e ineffabile bontà ha presoun corpo e vorrei dire si è infinitamen-te diminuito dalla sua gloria»[2].

Il Natale, quindi, è la festa dell’umil-tà amante di Dio, del Dio che capovol-ge l’ordine del logicamente scontato,l’ordine del dovuto, del dialettico e delmatematico. In questo capovolgimentosta tutta la ricchezza della logica divi-

na che sconvolge la limitatezza dellanostra logica umana (cfr Is 55,8-9).Scrive Romano Guardini: «Quale capo-volgimento di tutti i valori familiari al-l’uomo – non solo umani, ma anchedivini! Veramente questo Dio capovol-ge tutto ciò che l’uomo pretende diedificare da sé»[3]. Nel Natale noi sia-mo chiamati a dire «sì», con la nostrafede, non al Dominatore dell’universoe neppure alle più nobili delle idee, maproprio a questo Dio, che è l’umile-amante.

Il beato Paolo VI, nel Natale 1971,affermava: «Dio avrebbe potuto venirevestito di gloria, di splendore, di luce,di potenza, a farci paura, a farci sbar-rare gli occhi dalla meraviglia. No, no!È venuto come il più piccolo degli es-seri, il più fragile, il più debole. Perchéquesto? Ma perché nessuno avessevergogna ad avvicinarlo, perché nes-suno avesse timore, perché tutti lo po-tessero proprio avere vicino, andarglivicino, non avere più nessuna distan-za fra noi e Lui. C’è stato da parte diDio uno sforzo di inabissarsi, di spro-fondarsi dentro di noi, perché ciascu-no, dico ciascuno di voi, possa darglidel tu, possa avere confidenza, possaavvicinarlo, possa sentirsi da Lui pen-sato, da Lui amato … da Lui amato:

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guardate che questa è una grande pa-rola! Se voi capite questo, se voi ricor-date questo che vi sto dicendo, voiavete capito tutto il Cristianesimo»[4].

In realtà, Dio ha scelto di nascerepiccolo[5], perché ha voluto essereamato[6]. Ecco come la logica del Nata-le è il capovolgimento della logicamondana, della logica del potere, del-la logica del comando, della logica fa-riseistica e della logica causalistica odeterministica.

Proprio sotto questa luce soave e im-ponente del volto divino di Cristo bam-bino, ho scelto come argomento diquesto nostro incontro annuale la ri-forma della Curia Romana. Mi è sem-brato giusto e opportuno condividerecon voi il quadro della riforma, eviden-ziando i criteri-guida, i passi compiu-ti, ma soprattutto la logica del perchédi ogni passo realizzato e di ciò cheverrà compiuto.

In verità, qui mi torna spontaneo al-la memoria l’antico adagio che illustrala dinamica degli Esercizi Spiritualinel metodo ignaziano, ossia: deforma-ta reformare, reformata conformare,conformata confirmare e confirmatatransformare.

Non v’è dubbio che nella Curia il si-gnificato della ri-forma può essere du-plice: anzitutto renderla con-forme allaBuona Novella che deve essere procla-mata gioiosamente e coraggiosamentea tutti, specialmente ai poveri, agli ul-timi e agli scartati; con-forme ai segnidel nostro tempo e a tutto ciò che dibuono l’uomo ha raggiunto, per me-glio andare incontro alle esigenze degliuomini e delle donne che siamo chia-mati a servire[7]; al tempo stesso si

tratta di rendere la Curia più con-for-me al suo fine, che è quello di collabo-rare al ministero proprio del Succes-sore di Pietro[8] («cum Ipso consociatamoperam prosequuntur», dice il Motuproprio Humanam progressionem),quindi di sostenere il Romano Pontefi-ce nell’esercizio della sua potestà sin-golare, ordinaria, piena, suprema, im-mediata e universale[9].

Di conseguenza, la riforma della Cu-ria Romana è ecclesiologicamenteorientata in bonum e in servitium, co-me lo è il servizio del Vescovo di Ro-ma[10], secondo una significativaespressione di Papa san Gregorio Ma-gno, ripresa dal capitolo terzo della co-stituzione Pastor Aeternus del ConcilioVaticano I: «Il mio onore è quello dellaChiesa universale. Il mio onore è la so-lida forza dei miei fratelli. Io mi sentoveramente onorato, quando a ciascu-no di loro non viene negato il dovutoonore»[11].

Essendo la Curia non un apparatoimmobile, la riforma è anzitutto segnodella vivacità della Chiesa in cammi-no, in pellegrinaggio, e della Chiesa vi-vente e per questo - perché vivente -semper reformanda[12], reformandaperché è viva. E’ necessario ribadirecon forza che la riforma non è fine a séstessa, ma è un processo di crescita esoprattutto di conversione. La riforma,per questo, non ha un fine estetico,quasi si voglia rendere più bella la Cu-ria; né può essere intesa come unasorta di lifting, di maquillage oppure ditrucco per abbellire l’anziano corpocuriale, e nemmeno come una opera-zione di chirurgia plastica per toglierele rughe[13]. Cari fratelli, non sono lerughe che nella Chiesa si devono te-mere, ma le macchie!

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In questa prospettiva, occorre rileva-re che la riforma sarà efficace solo eunicamente se si attua con uomini“rinnovati” e non semplicemente con“nuovi” uomini [14]. Non basta accon-tentarsi di cambiare il personale, maoccorre portare i membri della Curia arinnovarsi spiritualmente, umana-mente e professionalmente. La riformadella Curia non si attua in nessunmodo con il cambiamento delle perso-ne – che senz’altro avviene e avver-rà[15] – ma con la conversione nellepersone. In realtà, non basta una for-mazione permanente, occorre anche esoprattutto una conversione e una pu-rificazione permanente. Senza un mu-tamento di mentalità lo sforzo funzio-nale risulterebbe vano[16].

È per questa ragione che nei due no-stri precedenti incontri natalizi mi so-no soffermato, nel 2014, avendo a mo-dello i Padri del deserto, su alcune“malattie”, e nel 2015, partendo dallaparola “misericordia”, su una sorta dicatalogo delle virtù necessarie a chipresta servizio in Curia e a tutti colo-ro che vogliono rendere feconda la lo-ro consacrazione o il loro servizio allaChiesa. La ragione di fondo è che, co-me per tutta la Chiesa, anche nellaCuria il semper reformanda deve tra-sformarsi in una personale e struttu-rale conversione permanente[17].

Era necessario parlare di malattie edi cure perché ogni operazione, perraggiungere il successo, deve esserepreceduta da approfondite diagnosi,da accurate analisi e deve essere ac-compagnata e seguita da precise pre-scrizioni.

In questo percorso risulta normale,anzi salutare, riscontrare delle diffi-

coltà, che, nel caso della riforma, sipotrebbero presentare in diverse tipo-logie di resistenze: le resistenze aper-te, che nascono spesso dalla buonavolontà e dal dialogo sincero; le resi-stenze nascoste, che nascono dai cuo-ri impauriti o impietriti che si alimen-tano dalle parole vuote del “gattopar-dismo” spirituale di chi a parole si di-ce pronto al cambiamento, ma vuoleche tutto resti come prima; esistonoanche le resistenze malevole, che ger-mogliano in menti distorte e si presen-tano quando il demonio ispira inten-zioni cattive (spesso “in veste di agnel-li”). Questo ultimo tipo di resistenza sinasconde dietro le parole giustificatri-ci e, in tanti casi, accusatorie, rifu-giandosi nelle tradizioni, nelle appa-renze, nelle formalità, nel conosciuto,oppure nel voler portare tutto sul per-sonale senza distinguere tra l’atto,l’attore e l’azione[18].

L’assenza di reazione è segno dimorte! Quindi le resistenze buone – eperfino quelle meno buone – sono ne-cessarie e meritano di essere ascolta-te, accolte e incoraggiate a esprimersi,perché è un segno che il corpo è vivo.

Tutto questo sta a dire che la rifor-ma della Curia è un delicato processoche deve essere vissuto con fedeltà al-l’essenziale, con continuo discerni-mento, con evangelico coraggio, conecclesiale saggezza, con attento ascol-to, con tenace azione, con positivo si-lenzio, con ferme decisioni, con tantapreghiera - tanta preghiera! -, con pro-fonda umiltà, con chiara lungimiran-za, con concreti passi in avanti e –quando risulta necessario – anche conpassi indietro, con determinata volon-tà, con vivace vitalità, con responsabi-le potestà, con incondizionata obbe-

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dienza; ma in primo luogo con l’ab-bandonarci alla sicura guida delloSpirito Santo, confidando nel Suo ne-cessario sostegno. E, per questo, pre-ghiera, preghiera e preghiera.

ALCUNI CRITERI GUIDA DELLA RIFORMA:

Sono principalmente dodici: indivi-dualità; pastoralità; missionarietà; ra-zionalità; funzionalità; modernità; so-brietà; sussidiarietà; sinodalità; catto-licità; professionalità; gradualità.

1 - Individualità (Conversione personale)

Torno a ribadire l’importanza dellaconversione individuale senza la qualesaranno inutili tutti i cambiamentinelle strutture. La vera anima della ri-forma sono gli uomini che ne fannoparte e la rendono possibile. Infatti, laconversione personale supporta e raf-forza quella comunitaria.

Esiste un forte legame di interscam-bio tra l’atteggiamento personale equello comunitario. Una sola personapuò portare tanto bene a tutto il corpoo potrebbe danneggiarlo e farlo amma-lare. E un corpo sano è quello che sarecuperare, accogliere, fortificare, cu-rare e santificare le proprie membra.

2 - Pastoralità (Conversione pastorale)

Richiamando l’immagine del pastore(cfr Ez 34,16; Gv 10,1-21) ed essendola Curia una comunità di servizio, «fabene anche a noi, chiamati ad esserePastori nella Chiesa, lasciare che ilvolto di Dio Buon Pastore ci illumini,ci purifichi, ci trasformi e ci restitui-

sca pienamente rinnovati alla nostramissione. Che anche nei nostri am-bienti di lavoro possiamo sentire, col-tivare e praticare un forte senso pa-storale, anzitutto verso le persone cheincontriamo tutti i giorni. Che nessu-no si senta trascurato o maltrattato,ma ognuno possa sperimentare, pri-ma di tutto qui, la cura premurosa delBuon Pastore»[19]. Dietro le carte ci so-no persone.

L’impegno di tutto il personale dellaCuria deve essere animato da una pa-storalità e da una spiritualità di ser-vizio e di comunione, poiché questo èl’antidoto contro tutti i veleni dellavana ambizione e dell’illusoria rivali-tà. In questo senso il beato Paolo VIammonì: «Non sia pertanto la CuriaRomana una burocrazia, come a tor-to qualcuno la giudica, pretenziosaed apatica, solo canonistica e rituali-stica, una palestra di nascoste ambi-zioni e di sordi antagonismi, come al-tri la accusano; ma sia una vera co-munità di fede e di carità, di preghie-ra e di azione; di fratelli e di figli delPapa, che tutto fanno, ciascuno conrispetto all’altrui competenza e consenso di collaborazione, per servirlonel suo servizio ai fratelli ed ai figlidella Chiesa universale e della terraintera»[20].

3 - Missionarietà[21]

(Cristocentrismo)

È il fine principale di ogni servizio ec-clesiastico ossia quello di portare il lie-to annuncio a tutti i confini della ter-ra[22], come ci ricorda il magistero con-ciliare, perché «ci sono strutture eccle-siali che possono arrivare a condizio-nare un dinamismo evangelizzatore;ugualmente, le buone strutture servo-

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no quando c’è una vita che le anima, lesostiene e le giudica. Senza vita nuovae autentico spirito evangelico, senza fe-deltà della Chiesa alla propria vocazio-ne, qualsiasi nuova struttura si cor-rompe in poco tempo»[23].

4 - Razionalità

Sulla base del principio che tutti iDicasteri sono giuridicamente pari traloro, risultava necessaria una raziona-lizzazione degli organismi della CuriaRomana[24], per evidenziare che ogniDicastero ha competenze proprie. Talicompetenze devono essere rispettatema anche distribuite con razionalità,con efficacia ed efficienza. Nessun Di-castero, dunque, può attribuirsi lacompetenza di un altro Dicastero, se-condo quanto fissato dal diritto, e d’al-tra parte tutti i Dicasteri fanno riferi-mento diretto al Papa.

5 - Funzionalità

L’eventuale accorpamento di due opiù Dicasteri competenti su materieaffini o in stretta relazione in un uni-co Dicastero serve per un verso a dareal medesimo Dicastero una rilevanzamaggiore (anche esterna); per altroverso la contiguità e l’interazione disingole realtà all’interno di un unicoDicastero aiuta ad avere una maggio-re funzionalità (ne sono esempio i dueattuali nuovi Dicasteri di recente isti-tuzione)[25].

La funzionalità richiede anche la re-visione continua dei ruoli e dell’atti-nenza delle competenze e delle re-sponsabilità del personale e conse-guentemente l’effettuazione di sposta-menti, di assunzioni, di interruzioni eanche di promozioni.

6 - Modernità (Aggiornamento)

Ossia la capacità di leggere e diascoltare i “segni dei tempi”. In questosenso, «provvediamo sollecitamente ache i Dicasteri della Curia Romana?siano conformati alle situazioni delnostro tempo e si adattino alle neces-sità della Chiesa universale»[26]. Ciòera richiesto dal Concilio Vaticano II:«I Dicasteri della Curia Romana sianoorganizzati in modo conforme alle ne-cessità dei tempi, dei paesi e dei riti,specialmente per quanto riguarda illoro numero, il loro nome, le loro com-petenze, i loro metodi di lavoro ed ilcoordinamento delle loro attività»[27].

7 - Sobrietà

In questa prospettiva sono necessariuna semplificazione e uno snellimentodella Curia: accorpamento o fusione diDicasteri secondo materie di compe-tenza e semplificazione interna di sin-goli Dicasteri; eventuali soppressionidi Uffici che non risultano più rispon-denti alle necessità contingenti. Inse-rimento nei Dicasteri o riduzione dellecommissioni, accademie, comitatiecc., tutto in vista della indispensabi-le sobrietà necessaria per una corret-ta e autentica testimonianza.

8 - Sussidiarietà

Riordinamento di competenze speci-fiche dei diversi Dicasteri, spostando-le, se necessario, da un Dicastero adun altro, per raggiungere l’autonomia,il coordinamento e la sussidiarietànelle competenze e l’interconnessionenel servizio.

In questo senso, risulta anche ne-cessario il rispetto dei principi della

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sussidiarietà e della razionalizzazionenel rapporto con la Segreteria di Statoe all’interno della stessa – tra le suediverse competenze – affinché nel-l’adempimento delle proprie mansioniessa sia l’aiuto diretto e più immedia-to del Papa[28]. Ciò anche per un mi-gliore coordinamento dei vari settoridei Dicasteri e degli Uffici della Curia.La Segreteria di Stato potrà espletarequesta sua importante funzione pro-prio nella realizzazione dell’unità, del-l’interdipendenza e del coordinamentodelle sue sezioni e dei suoi diversi set-tori.

9 - Sinodalità

Il lavoro della Curia dev’essere sino-dale: abituali le riunioni dei Capi Di-castero, presiedute dal Romano Pon-tefice[29]; regolari udienze “di tabella”dei Capi Dicastero; consuete riunioniinterdicasteriali. La riduzione del nu-mero dei Dicasteri permetterà incontripiù frequenti e sistematici dei singoliPrefetti con il Papa ed efficaci riunionidei Capi dei Dicasteri, visto che nonpossono essere tali quelle di un grup-po troppo numeroso.

La sinodalità[30] dev’essere vissutaanche all’interno di ogni Dicastero,dando particolare rilevanza al Con-gresso e maggiore frequenza almenoalla Sessione ordinaria. All’interno diogni Dicastero è da evitare la fram-mentazione che può essere determi-nata da vari fattori, come il moltipli-carsi di settori specializzati, i qualipossono tendere ad essere autorefe-renziali. Il coordinamento tra di essidovrebbe essere compito del Segreta-rio o del Sotto-Segretario.

10 - Cattolicità

Tra i collaboratori, oltre ai sacerdotie consacrati/e, la Curia deve rispec-chiare la cattolicità della Chiesa conl’assunzione di personale provenienteda tutto il mondo, di diaconi perma-nenti e fedeli laici e laiche, la cui scel-ta dev’essere attentamente effettuatasulla base della loro ineccepibile vitaspirituale e morale e della loro compe-tenza professionale. È opportuno pre-vedere l’accesso a un numero maggio-re di fedeli laici specialmente in queiDicasteri dove possono essere piùcompetenti dei chierici o dei consacra-ti. Di grande importanza è inoltre lavalorizzazione del ruolo della donna edei laici nella vita della Chiesa e la lo-ro integrazione nei ruoli-guida dei Di-casteri, con una particolare attenzionealla multiculturalità.

11 - Professionalità

È indispensabile che ogni Dicasteroadotti una politica di formazione per-manente del personale, per evitare l’“arrugginirsi” e il cadere nella routinedel funzionalismo.

Dall’altra parte, è indispensabilel’archiviazione definitiva della praticadel promoveatur ut amoveatur. Questoè un cancro.

12 - Gradualità (discernimento)

La gradualità è il frutto dell’indi-spensabile discernimento che implicaprocesso storico, scansione di tempi edi tappe, verifica, correzioni, speri-mentazione, approvazioni ad experi-mentum. Dunque, in questi casi non sitratta di indecisione ma della flessibi-lità necessaria per poter raggiungereuna vera riforma.

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ALCUNI PASSI COMPIUTI[31]

Menziono brevemente e limitata-mente alcuni passi realizzati, in attua-zione dei criteri-guida, delle racco-mandazioni espresse dai Cardinalidurante le Riunioni plenarie prima delConclave, della COSEA, del Consigliodi Cardinali, nonché dei Capi Dicaste-ro e di altre persone ed esperti.

- Il 13 aprile 2013 è stato annun-ciato il Consiglio dei Cardinali (Consi-lium Cardinalium Summo Pontifici) – ilcosiddetto C8 diventato C9 a partiredal 1° luglio 2014 – primariamente perconsigliare il Papa nel governo dellaChiesa universale e sui altri temi rela-tivi[32], e anche con il compito specifi-co di proporre la revisione della Costi-tuzione Apostolica Pastor Bonus[33].

- Con il Chirografo del 24 giugno2013 è stata eretta la Pontificia Com-missione Referente sull’Istituto per leOpere di Religione, per conoscere inmodo più approfondito la posizionegiuridica dello Ior e permettere unasua migliore «armonizzazione» con «lamissione universale della Sede Apo-stolica». Il tutto per «consentire aiprincipi del Vangelo di permeare an-che le attività di natura economica efinanziaria» e per raggiungere unacompleta e riconosciuta trasparenzanel suo operato.

- Con il Motu Proprio dell’11 luglio2013 si è provveduto a delineare lagiurisdizione degli organi giudiziaridello Stato della Città del Vaticano inmateria penale.

- Con il Chirografo del 18 luglio2013 si è istituita la COSEA (Pontifi-cia commissione referente di studio e

di indirizzo sull’organizzazione dellastruttura economico-amministrati-va)[34], con il compito di studiare, dianalizzare e di raccogliere informazio-ni, in cooperazione con il Consiglio deiCardinali per lo studio dei problemiorganizzativi ed economici della SantaSede.

- Con il Motu Proprio dell’8 agosto2013 è stato istituito il Comitato di Si-curezza Finanziaria della Santa Sede,per la prevenzione e il contrasto del ri-ciclaggio, del finanziamento del terro-rismo e della proliferazione di armi didistruzione di massa. Il tutto per por-tare lo IOR e tutto il sistema economi-co vaticano all’adottamento regolare eall’adempimento completo, con impe-gno e diligenza, di tutte le leggi stan-dard internazionali sulla trasparenzafinanziaria[35].

- Con il Motu Proprio del 15 no-vembre 2013 è stata consolidata l’Au-torità di Informazione Finanziaria(A.I.F.)[36], istituita da Benedetto XVIcon Motu Proprio del 30 dicembre2010 per la prevenzione e il contrastodelle attività illegali in campo finanzia-rio e monetario[37].

- Con il Motu Proprio del 24 febbraio2014 (Fidelis dispensator et prudens)sono state erette la Segreteria perl’Economia e il Consiglio per l’Econo-mia[38], in sostituzione del Consigliodei 15 Cardinali, con il compito di ar-monizzare le politiche di controllo ri-guardo alla gestione economica dellaSanta Sede e della Città del Vaticano.

- Con lo stesso Motu proprio (Fide-lis dispensator et prudens) del 24 feb-braio 2014 è stato eretto l’Ufficio delRevisore Generale (URG), quale nuovo

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ente della Santa Sede incaricato dicompiere la revisione (audit) dei Dica-steri della Curia Romana, delle istitu-zioni collegate alla Santa Sede – o chefanno riferimento ad essa – e delle am-ministrazioni del Governatorato delloStato della Città del Vaticano[39].

- Con Chirografo del 22 marzo2014 è stata istituita la PontificiaCommissione per la Tutela dei Minoriper «promuovere la tutela della dignitàdei minori e degli adulti vulnerabili,attraverso le forme e le modalità, con-sone alla natura della Chiesa, che siritengano più opportune».

- Con il Motu Proprio dell’8 luglio2014 è stata trasferita la Sezione Or-dinaria dell’Amministrazione del Patri-monio della Sede Apostolica alla Se-greteria per l’Economia.

- Il 22 febbraio 2015 sono stati ap-provati gli Statuti dei nuovi OrganismiEconomici.

- Con il Motu Proprio del 27 giu-gno 2015 è stata eretta la Segreteriaper la Comunicazione con il compitodi «rispondere all’attuale contesto co-municativo, caratterizzato dalla pre-senza e dallo sviluppo dei media digi-tali, dai fattori della convergenza e del-l’interattività» e anche di ristrutturarecomplessivamente, attraverso un pro-cesso di riorganizzazione e di accorpa-mento di «tutte le realtà che, in diver-si modi, fino ad oggi, si sono occupatedella comunicazione», al fine di «ri-spondere sempre meglio alle esigenzedella missione della Chiesa».

- Il 6 settembre 2016 è stato pro-mulgato lo Statuto della Segreteria perla Comunicazione, entrato in vigore loscorso ottobre[40].

- Con i due Motu Proprio del 15agosto 2015 si è provveduto alla rifor-ma del processo canonico per le causedi dichiarazione di nullità del matri-monio: Mitis et misericors Iesus, nelCodice dei Canoni delle Chiese Orien-tali; Mitis Iudex Dominus Iesus, nelCodice di Diritto Canonico[41].

- Con il Motu Proprio del 4 giugno2016 (Come una madre amorevole) si èvoluto prevenire alla negligenza deiVescovi nell’esercizio del loro ufficio,in particolare relativamente ai casi diabusi sessuali compiuti su minori eadulti vulnerabili.

- Con il Motu Proprio del 4 luglio2016 (I beni temporali), seguendo co-me regola di massima importanza chegli organismi di vigilanza siano sepa-rati da quelli vigilati, sono stati megliodelineati i rispettivi ambiti di compe-tenza della Segreteria per l’Economia edell’Amministrazione del Patrimoniodella Sede Apostolica.

- Con il Motu Proprio del 15 ago-sto 2016 (Sedula Mater) è stato costi-tuito il Dicastero per i Laici, la Fami-glia e la Vita, richiamando anzitutto lafinalità pastorale generale del ministe-ro petrino: «Ci adoperiamo pronta-mente a disporre ogni cosa perché lericchezze di Cristo Gesù si riversinoappropriatamente e con profusionetra i fedeli».

- Con il Motu Proprio del 17 ago-sto 2016 (Humanam progressionem) èstato costituito il Dicastero per il Ser-vizio dello Sviluppo Umano Integrale,affinché lo sviluppo si attui «mediantela cura per i beni incommensurabilidella giustizia, della pace e della salva-guardia del creato». In questo Dicaste-

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ro confluiranno, dal 1°gennaio 2017,quattro Pontifici Consigli: Giustizia ePace, Cor Unum, Pastorale dei mi-granti e Operatori sanitari. Mi occupe-rò direttamente ad tempus della sezio-ne per la pastorale dei migranti e rifu-giati di tale nuovo Dicastero[42].

- Il 18 ottobre 2016 è stato appro-vato lo Statuto della Pontificia Accade-mia per la Vita?.

Questo nostro incontro è iniziatoparlando del significato del Natale co-me capovolgimento dei nostri criteriumani per evidenziare che il cuore e ilcentro della riforma è Cristo (Cristo-centrismo).

Vorrei concludere semplicementecon una parola e con una preghiera.La parola è quella di ribadire che ilNatale è la festa dell’umiltà amante diDio. Per la preghiera, ho scelto l’invo-cazione natalizia di Padre Matta el Me-skin (monaco contemporaneo), che ri-volgendosi al Signore Gesù, nato a Be-tlemme, così si esprime: «Se per noil’esperienza dell’infanzia è cosa diffici-le, per te non lo è, Figlio di Dio. Se in-ciampiamo sulla via che porta alla co-munione con te secondo questa picco-la statura, tu sei capace di toglieretutti gli ostacoli che ci impediscono difare questo. Sappiamo che non avraipace finché non ci troverai secondo latua somiglianza e con questa statura.Permettici oggi, Figlio di Dio, di avvici-narci al tuo cuore. Donaci di non cre-derci grandi nelle nostre esperienze.Donaci, invece, di diventare piccoli co-me te affinché possiamo esserti vicinie ricevere da te umiltà e mitezza in ab-bondanza. Non ci privare della tua ri-velazione, l’epifania della tua infanzianei nostri cuori, affinché con essa

possiamo curare ogni orgoglio e ogniarroganza. Abbiamo estremo bisogno[…] che tu riveli in noi la tua semplici-tà avvicinando noi, anzi la Chiesa e ilmondo tutto, a te. Il mondo è stanco esfinito perché fa a gara a chi è il piùgrande. C’è una concorrenza spietatatra governi, tra Chiese, tra popoli, al-l’interno delle famiglie, tra una par-rocchia e un’altra: chi è il più grandetra di noi? Il mondo è piagato da feri-te dolorose perché il suo grande mor-bo è: chi è il più grande? Ma oggi ab-biamo trovato in te il nostro unico me-dicamento, Figlio di Dio. Noi e il mon-do tutto non troveremo né salvezza népace, se non torniamo a incontrarti dinuovo nella mangiatoia di Betlemme.Amen»[43].

Grazie, e vi auguro un santo Natalee un felice anno nuovo 2017!

[a braccio]

Quando, due anni fa, ho parlato del-le malattie, uno di voi è venuto a dir-mi: “Dove devo andare, in farmacia o aconfessarmi?” – “Mah, tutt’e due”, hodetto io. E quando ho salutato il Car-dinale Brandmüller, lui mi ha guarda-to negli occhi e mi ha detto: “Acquavi-va!”. Io, al momento, non ho capito,ma poi, pensando, pensando, ho ri-cordato che Acquaviva, terzo generaledella Compagnia di Gesù, aveva scrit-to un libro che noi studenti leggevamoin latino, i padri spirituali ce lo faceva-no leggere, si chiamava così: Indu-striae pro Superioribus ejusdem Socie-tatis ad curandos animae morbos, cioèle malattie dell’anima. Tre mesi fa èuscita una edizione molto buona initaliano, fatta dal padre Giuliano Raf-fo, morto recentemente; con un buonprologo che indica come si deve legge-

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re, e anche una buona introduzione.Non è un’edizione critica, ma la tradu-zione è bellissima, ben fatta e credoche possa aiutare. Come dono di Na-

tale, mi piacerebbe offrirlo ad ognunodi voi. Grazie.

[Benedizione]

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[1] Sermo 187,1: PL 38,1001: «Magnus dies angelorum, parvus in die hominum … magnus informa Dei, brevis in forma servi».

[2] Hom. IV, 9: PG 34, 480.[3] Il Signore, Milano 1977, 404.[4] Omelia del 25 dicembre 1971.[5] Cfr San Pietro Crisologo, Sermo 118: PL 52, 617.[6] Santa Teresa di Gesù Bambino – l’innamorata della piccolezza di Gesù – nell’ultima sua

lettera, del 25 agosto 1897, indirizzata a un sacerdote che le era stato affidato come “fra-tello spirituale”, scrisse: «Non posso temere un Dio che per me si è fatto così piccolo! Iolo amo! Infatti egli non è che amore e misericordia» (LT 266: Opere complete, Roma 1997,606).

[7] Cfr Lettera apostolica in forma di Motu proprio con la quale si istituisce il Dicastero per ilServizio dello Sviluppo Umano Integrale, 17 agosto 2016.

[8] La Curia Romana ha la funzione di aiutare il Papa nel suo governo quotidiano dellaChiesa, ossia nei suoi compiti propri che sono: a) conservare tutti i fedeli «nel vincolo diuna sola fede e della carità» e anche «nell’unità della fede e della comunione»; b) «perchél’episcopato fosse uno e indiviso» (Conc. Vat. I, Cost. dogm. Pastor aeternus, Prologo).«Questo santo Sinodo, sull’esempio del Concilio Vaticano primo, insegna e dichiara cheGesù Cristo, Pastore eterno, ha edificato la Santa Chiesa e ha mandato gli apostoli, co-me egli stesso era stato mandato dal Padre (cfr Gv 20,21), e ha voluto che i loro succes-sori, cioè i vescovi, fossero nella sua Chiesa pastori fino alla fine dei secoli. Affinché poilo stesso episcopato fosse uno e indiviso, prepose agli altri apostoli il beato Pietro e in luistabilì il principio e il fondamento perpetuo e visibile dell’unità di fede e di comunione»(Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 18).

[9] Difatti il Concilio Vaticano II, riguardo alla Curia Romana, spiega che «nell’esercizio del-la sua suprema, piena ed immediata potestà sopra tutta la Chiesa, il romano Ponteficesi avvale dei dicasteri della curia romana, che perciò compiono il loro lavoro nel suo no-me e nella sua autorità, a vantaggio delle Chiese e al servizio dei sacri pastori» (Decr.Christus Dominus, 9). Così, ci ricorda, anzitutto, che la Curia è un organismo di aiutoper il Papa, e precisa al tempo stesso che il servizio degli organismi della Curia Romanaè sempre svolto nomine et auctoritate del medesimo Romano Pontefice. È per questo chel’attività della Curia viene adempiuta in bonum Ecclesiarum et in servitium Sacrorum Pa-storum, cioè orientata sia verso il bene delle Chiese particolari, sia al sostegno dei loroVescovi. Le Chiese particolari sono «formate ad immagine della Chiesa universale, ed èin esse e a partire da esse che esiste la Chiesa cattolica una e unica» (Lumen gentium,23).

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[10] «È, del resto, simile accordo fra il Papa e la Sua Curia una norma costante. Non solo nel-le grandi ore della storia tale accordo rivela la sua esistenza e la sua forza; ma sempreesso vige, in ogni giorno, in ogni atto del ministero pontificio, come conviene all’organod’immediata aderenza e di assoluta obbedienza, del quale il Romano Pontefice si serveper esplicare la Sua universale missione. Ed è questo rapporto essenziale della Curia Ro-mana con l’esercizio dell’attività apostolica del Papa la giustificazione, anzi la gloria del-la Curia stessa, risultando dal rapporto medesimo la sua necessità, la sua utilità, la suadignità e la sua autorità; infatti è la Curia Romana lo strumento di cui il Papa ha biso-gno, e di cui il Papa si serve per svolgere il proprio divino mandato. Uno strumento de-gnissimo, a cui non è meraviglia se da tutti e da Noi stessi per primi, tanto si domanda,tanto si esige! La sua funzione reclama capacità e virtù somme, perché appunto è som-mo l’ufficio suo. Funzione delicatissima, qual è quella d’essere custode o eco delle divi-ne verità e di farsi linguaggio e dialogo con gli spiriti umani; funzione vastissima, qual èquella che ha per confine l’orbe universo; funzione nobilissima, qual è quella di ascolta-re e di interpretare la voce del Papa e al tempo stesso di non lasciar a Lui mancare ogniutile ed obbiettiva informazione, ogni filiale e ponderato consiglio» (Paolo VI, Discorso al-la Curia Romana, 21 settembre 1963).

[11] Ep. ad Eulog. Alexandrin., epist. 30: PL 77, 933. La Curia Romana «trae dal pastore del-la Chiesa universale la propria esistenza e competenza. In effetti, essa in tanto vive eopera, in quanto è in relazione col ministero petrino e su di esso si fonda» (Giovanni Pao-lo II, Cost. ap. Pastor Bonus, Introd. n. 7; cfr art. 1).

[12] La storia attesta che la Curia Romana è in stato di permanente “riforma”, almeno negliultimi cento anni. «Quella, infatti, annunciata il 13 aprile 2013 col comunicato della Se-greteria di Stato giunge come quarta a cominciare da quella attuata da san Pio X con lacostituzione Sapienti Consilio del 1908. Questa riforma si rendeva certo urgente nellaprospettiva del nuovo ordinamento canonico, già in preparazione; più ancora, tuttavia,si mostrava necessaria già per la fine del potere temporale. La seguì quella realizzata dalbeato Paolo VI con la Regiminis Ecclesiae Universae (1967), seguita alla celebrazione delConcilio Vaticano II. Lo stesso Papa aveva previsto un riesame del testo alla luce di unaprima sperimentazione. Nel 1988 giunse la costituzione Pastor Bonus di san GiovanniPaolo II, che nell’impianto generale seguiva lo schema montiniano, ma inserisce una di-versa classificazione dei diversi organismi e delle loro competenze in sintonia col CIC1983. All’interno di questi passaggi fondamentali, si registrano altri importanti interven-ti. Benedetto XV, ad esempio, creò e inserì tra le Congregazioni romane quella per i Se-minari (fino a quel momento sezione all’interno della Congregazione Concistoriale) e leUniversità degli Studi (1915) e l’altra per le Chiese Orientali (1917: in precedenza era co-stituita come sezione nella S. Congregatio de Propaganda Fide). Giovanni Paolo II fecedei cambiamenti nell’organizzazione curiale anche successivamente a Pastor Bonus e,dopo di lui, significativi interventi li fece pure Benedetto XVI: si pensi all’istituzione delPontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione (2010), al trasferi-mento delle competenze sui Seminari dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica aquella per il Clero e della competenza sulla Catechesi da quest’ultima al Pontificio Con-siglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione (2013). A ciò si aggiungeranno glialtri interventi di semplificazione, messi a punto nel corso degli anni e alcuni attivi sinoad oggi, con l’unificazione di più Dicasteri sotto un’unica presidenza» (Marcello Semera-ro, La riforma di Papa Francesco, Il Regno, Anno LXI, n. 1240 - 15 luglio 2016, pp. 433– 441).

[13] In questo senso Paolo VI, il 21 settembre 1963, parlando alla Curia Romana, disse: «E’spiegabile come tale ordinamento sia aggravato dalla sua stessa venerabile età, come ri-senta la disparità dei suoi organi e della sua prassi rispetto alle necessità e agli usi deinuovi tempi, come senta al tempo stesso il bisogno di semplificarsi e decentrarsi e quel-lo di allargarsi e abilitarsi a nuove funzioni».

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[14] Paolo VI, il 22 febbraio 1975, in occasione del Giubileo della Curia Romana, disse: «Noisiamo la Curia Romana, […] questa nostra coscienza, che vogliamo chiarissima non sol-tanto nella sua definizione canonica, ma anche nel suo contenuto morale e spirituale,impone a ciascuno di noi un atto penitenziale conforme alla disciplina propria del giu-bileo, atto che possiamo chiamare di autocritica per verificare, nel segreto dei nostri cuo-ri, se il nostro comportamento corrisponde all’ufficio che ci è affidato. Ci stimola a que-sto interiore confronto innanzi tutto la coerenza della nostra vita ecclesiale, e poi l’ana-lisi, che tanto la Chiesa, quanto la società fanno sul nostro conto, con esigenza spessonon obiettiva e tanto più severa quanto più rappresentativa è questa nostra posizione,dalla quale dovrebbe sempre irradiare un’esemplarità ideale […]. Due sentimenti spiri-tuali perciò daranno senso e valore alla nostra celebrazione giubilare: un sentimento disincera umiltà, che vuol dire verità su noi stessi, dichiarandoci per primi bisognosi del-la misericordia di Dio» (Insegnamenti di Paolo VI, XIII [1975], pp. 172-176).

[15] In questo senso, il susseguirsi delle generazioni fa parte della vita e guai a noi se pen-siamo o se viviamo dimenticando questa verità. Quindi, l’alternanza delle persone è nor-male, necessaria e auspicabile.

[16] Benedetto XVI, ispirandosi a una visione di santa Ildegarda di Bingen, durante il suo Di-scorso alla Curia del 20 dicembre 2010 ricordò che lo stesso volto della Chiesa purtrop-po può essere «coperto di polvere» e «il suo vestito strappato». E per questo ho ricordatoa mia volta che la guarigione «è anche frutto della consapevolezza della malattia e delladecisione personale e comunitaria di curarsi sopportando pazientemente e con perseve-ranza la cura» (Discorso alla Curia Romana, 22 dicembre 2014).

[17] Si tratta di intendere la riforma come una trasformazione, ossia un mutamento in avan-ti, un miglioramento: mutare/commutare in melius.

[18] Cfr Omelia, Domus Sanctae Marthae, 1° dicembre 2016.[19] Omelia in occasione del Giubileo della Curia Romana, 22 febbraio 2016; cfr Discorso di

inaugurazione dei lavori del Concistoro, 12 febbraio 2015.[20] Paolo VI, Discorso alla Curia Romana, 21 settembre 1963.[21] «Il mandato d’evangelizzare tutti gli uomini costituisce la missione essenziale della Chie-

sa, compito e missione che i vasti e profondi mutamenti della società attuale non ren-dono meno urgenti. Evangelizzare, infatti, è la grazia e la vocazione propria della Chie-sa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare, […] la comunità dei cri-stiani non è mai chiusa in se stessa. In essa la vita intima - la vita di preghiera, l’ascol-to della Parola e dell’insegnamento degli Apostoli, la carità fraterna vissuta, il pane spez-zato - non acquista tutto il suo significato se non quando essa diventa testimonianza,provoca l’ammirazione e la conversione, si fa predicazione e annuncio della Buona No-vella. Così tutta la Chiesa riceve la missione di evangelizzare, e l’opera di ciascuno è im-portante per il tutto» (Id., Esort. ap. Evangelii Nuntiandi, 14-15). «Non possiamo più ri-manere tranquilli, in attesa passiva, dentro le nostre chiese, è necessario passare dauna pastorale di semplice conservazione a una pastorale decisamente missionaria»(Esort. ap. Evangelii gaudium, 15).

[22] Non bisogna perdere la tensione per l’annuncio a coloro che sono lontani da Cristo, per-ché questo è il primo compito della Chiesa (cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptorismissio, 34).

[23] Esort. ap. Evangelii gaudium, 26. «Sogno una scelta missionaria [= missione paradigma-tica] capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguag-gio e ogni struttura ecclesiale [= missione programmatica] diventino un canale adegua-to per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione» (ibid., 27).In questo senso, «ciò che fa cadere le strutture caduche, ciò che porta a cambiare i cuo-ri dei cristiani, è precisamente la missionarietà», poiché «la missione programmatica, co-me indica il suo nome, consiste nella realizzazione di atti di indole missionaria. La mis-

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sione paradigmatica, invece, implica il porre in chiave missionaria le attività abituali del-le Chiese particolari» (Discorso ai Vescovi responsabili del CELAM, Rio de Janeiro, 28 lu-glio 2013).

[24] Cfr Paolo VI, Cost. ap. Regimini Ecclesiae universae art. 1 §2; Giovanni Paolo II, Cost. ap.Pastor Bonus art. 2 §2.

[25] «È da Roma oggi che parte l’invito all‘«aggiornamento» […], cioè al perfezionamento d’ognicosa, interna ed esterna, della Chiesa. Roma papale oggi è ben altra, e, per grazia di Dio,tanto più degna e più saggia e più santa; tanto più cosciente della sua vocazione evan-gelica, tanto più impegnata nella sua missione cristiana, tanto più desiderosa, suscetti-bile, perciò, di perenne rinnovamento» (Paolo VI, Discorso alla Curia Romana, 21 settem-bre 1963).

[26] Motu proprio Sedula Mater, 15 agosto 2016.[27] Decr. Christus Dominus, 9.[28] Tra le funzioni del Segretario di Stato, quale primo collaboratore del Sommo Pontefice

nell’esercizio della sua suprema missione ed esecutore delle scelte che il Papa fa conl’aiuto degli organi di consultazione, dovrebbe essere preminente la periodica e frequen-te riunione con i Capi Dicastero. In ogni caso sono di primaria necessità il coordinamen-to e la collaborazione dei Dicasteri tra di loro e con gli altri Uffici.

[29] Cfr Giovanni Paolo II, Cost. ap. Pastor Bonus, 22.[30] Una Chiesa sinodale è una Chiesa dell’ascolto (cfr Discorso per la commemorazione del

50° dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi, 17 ottobre 2015; Esort. ap. Evangelii gaudium,171). Tappe dell’ascolto per la riforma della Curia sono state: 1. Raccolta di pareri nel-l’estate 2013: dai Capi Dicastero e altri; dai Cardinali del Consiglio; da singoli Vescovi eConferenze Episcopali dell’area territoriale di provenienza; 2. Riunione dei Capi Dicaste-ro del 10 settembre 2013 e del 24 novembre 2014; 3. Concistoro del 12-13 febbraio2015; 4. Lettera del Consiglio dei Cardinali ai Capi Dicastero del 17 settembre 2014 pereventuali “decentramenti”; 5. Interventi di singoli Capi Dicastero nelle riunioni del Con-siglio dei Cardinali per richiesta di proposte e pareri per la riforma del singolo Dicaste-ro (cfr. Marcello Semeraro, La riforma di Papa Francesco, Il Regno, pp. 433 – 441).

[31] Per approfondire i passi compiuti, le ragioni e gli scopi del processo di riforma si racco-manda di riferirsi in particolare alle tre Lettere Apostoliche in forma di Motu proprio concui si è intervenuto sino ad oggi per la creazione, la variazione e la soppressione di al-cuni Dicasteri della Curia Romana.

[32] Il ritmo del lavoro vede impegnati i membri del Consiglio al mattino e al pomeriggio, perun totale ad oggi di 93 riunioni.

[33] Le sessioni di lavoro del Consiglio sono state fino ad oggi più di sedici (in media, unaogni due mesi), così scandite nel tempo: I. Sessione: 1 – 3 ottobre 2013; II. Sessione: 3– 5 dicembre 2013; III; Sessione: 17 – 19 febbraio 2014; IV. Sessione: 28 – 30 aprile2014; V. Sessione: 1 – 4 luglio 2014; VI. Sessione: 15 – 17 settembre 2014; VII. Sessio-ne: 9 – 11 dicembre 2014; VIII Sessione: 9 – 11 febbraio 2015; IX Sessione: 13 – 15 mar-zo 2015; X Sessione: 8 – 10 giugno 2015; XI Sessione: 14 – 16 settembre 2015; XII Ses-sione: 10 – 12 dicembre 2015; XIII Sessione: 8 – 9 febbraio 2016; XIV Sessione: 11 – 13aprile 2016; XV Sessione: 6 – 8 giugno 2016; XVI Sessione: 12 – 14 settembre 2016; XVIISessione: 12 – 14 dicembre 2016.

[34] Eretta il 18 luglio 2013 e soppressa il 22 maggio 2014, con la funzione di offrire il sup-porto tecnico della consulenza specialistica ed elaborare soluzioni strategiche di miglio-ramento, atte a evitare dispendi di risorse economiche, a favorire la trasparenza nei pro-cessi di acquisizione di beni e servizi, a perfezionare l’amministrazione del patrimoniomobiliare e immobiliare, a operare con sempre maggiore prudenza in ambito finanzia-rio, ad assicurare una corretta applicazione dei principi contabili e a garantire assisten-za sanitaria e previdenza sociale a tutti gli aventi diritto: «ad una semplificazione e ra-

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zionalizzazione degli Organismi esistenti ed ad una più attenta programmazione delle at-tività economiche di tutte le Amministrazioni vaticane» (Chirografo del 18 luglio 2013).

[35] Ad es. le Raccomandazioni elaborate dal Gruppo d’Azione Finanziaria Internazionale(GAFI). Oggi l’attività dello IOR risulta pienamente conforme alla normativa vigente nel-lo Stato della Città del Vaticano in materia di antiriciclaggio e lotta al finanziamento delterrorismo vigente nello Stato della Città del Vaticano.

[36] L’A.I.F. è l’Ufficio di prevenzione e contrasto del riciclaggio dei proventi di attività crimi-nose e del finanziamento del terrorismo (Statuto Capo 1, Art. 1, Par. 1); con il compito,tra l’altro, di sovrintendere al rispetto degli obblighi stabiliti in materia di prevenzione edi contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, di emanare disposizionidi attuazione e di adottare istruzioni e provvedimenti di carattere particolare nei con-fronti dei soggetti sottoposti agli obblighi.

[37] L’A.I.F. è stata istituita anche per rinnovare l’impegno della Santa Sede nell’adottare iprincipi e adoperare gli strumenti giuridici sviluppati dalla Comunità internazionale,adeguando ulteriormente l’assetto istituzionale al fine della prevenzione e del contrastodel riciclaggio, del finanziamento del terrorismo e della proliferazione delle armi di di-struzione di massa.

[38] Il Consiglio per l’Economia ha il «compito di sorvegliare la gestione economica e di vigi-lare sulle strutture e sulle attività amministrative e finanziarie dei dicasteri della Curiaromana, delle istituzioni collegate con la Santa Sede e dello Stato della Città del Vatica-no» (Motu Proprio Fidelis dispensator et prudens, 1).

[39] «L’Ufficio del Revisore Generale opera in piena autonomia e indipendenza d’accordo conla legislazione vigente e con il proprio Statuto, riportando direttamente al Sommo Pon-tefice. Sottopone al Consiglio per l’Economia un programma annuale di revisione non-ché una relazione annuale delle proprie attività. Obiettivo del programma di revisione èquello di individuare le più importanti aree gestionali e organizzative potenzialmente fo-riere di rischi». L’Ufficio del Revisore Generale è l’istituzione che svolge la revisione con-tabile dei Dicasteri della Curia Romana, delle Istituzioni collegate con la Santa Sede edello Stato della Città del Vaticano. L’attività dell’URG persegue l’obiettivo di fornire pa-reri professionali e indipendenti, in merito all’adeguatezza delle procedure contabili eamministrative (sistema di controllo interno) e la loro effettiva applicazione (complianceaudit), nonché l’attendibilità dei bilanci dei singoli Dicasteri e Consolidato (financial au-dit) e la regolarità nell’utilizzo delle risorse finanziarie e materiali (value for money au-dit).

[40] «L’attuale contesto comunicativo, caratterizzato dalla presenza e dallo sviluppo dei me-dia digitali, dai fattori della convergenza e dell’interattività, richiede un ripensamento delsistema informativo della Santa Sede e impegna ad una riorganizzazione che, valoriz-zando quanto nella storia si è sviluppato all’interno dell’assetto della comunicazione del-la Sede Apostolica, proceda decisamente verso una integrazione e gestione unitaria».

[41] Con il Motu Proprio del 31 maggio 2016 De concordia inter Codices sono state mutatealcune norme del Codice di Diritto Canonico.

[42] «L’organismo sarà competente nelle questioni che riguardano migrazioni, bisognosi, am-malati e esclusi, emarginati, vittime di conflitti armati e catastrofi naturali, carcerati, di-soccupati e persone la cui dignità è a rischio».

[43] L’umanità di Dio, Qiqajon, Magnano 2015, 183-184.

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CCoonnffeerreennzzaa EEppiissccooppaallee IIttaalliiaannaa

Il lavoro che vogliamoVerso la 48ª Settimana Sociale dei Cattolici in Italia

Roma, 17 dicembre 2016

“Il lavoro che vogliamo. Libero, creativo, partecipativo e solidale” è il tema dellaprossima Settimana Sociale dei Cattolici in Italia, che si terrà a Cagliari dal 26al 29 ottobre 2017.

Tre gli obiettivi principali che si prefigge il Comitato scientifico e organizzatoredell’evento:

- denunciare le situazioni di sfruttamento, illegalità, insicurezza, disoccupazio-ne – specie al Sud e tra i giovani – e le problematiche legate al mondo dei migran-ti, dando voce alle storie dei lavoratori e delle lavoratrici;

- far conoscere le buone pratiche che, a livello aziendale, territoriale e istituzio-nale, stanno già offrendo nuove soluzioni ai problemi del lavoro e dell’occupazio-ne;

- costruire alcune proposte da presentare sul piano istituzionale, per superarele difficoltà di accesso al lavoro e assicurarne condizioni dignitose.

Il cammino di preparazione all’evento di Cagliari prende ufficialmente il via conla lettera inviata dal Presidente del Comitato, l’Arcivescovo di Taranto FilippoSantoro, a tutte le diocesi italiane.

Quattro le tappe che segneranno questo itinerario: - 6° Festival di dottrina sociale della Chiesa (Verona, 24-27 novembre 2016);- Convegno Chiesa e lavoro. Quale futuro per i giovani nel Sud? (Napoli, 8-9 feb-

braio 2017);- Seminario Nazionale dell’Ufficio per i problemi sociali e il lavoro della CEI (Fi-

renze, 23-25 febbraio 2017);- Convegno Nazionale di Retinopera, Il senso del lavoro oggi. Famiglia, giovani,

generazioni a confronto sul presente e sul futuro del lavoro (Roma, 13 maggio2017).

Informazioni ulteriori e costanti aggiornamenti sono disponibili nel sitowww.settimanesociali.it

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CCoonnffeerreennzzaa EEppiissccooppaallee IIttaalliiaannaa

Auguri, Santo PadreGli 80 anni di Papa Francesco

Roma, 17 dicembre 2016

Santo Padre,in occasione del Suo ottantesimo

compleanno, i Vescovi delle Chiese chesono in Italia, in comunione con tutti ifedeli del nostro Paese, si unisconocon cuore filiale nella riconoscenza enella preghiera.

Lei, a un’età in cui molte persone sisentono relegate ai margini della so-cietà – e per le quali non smette di de-nunciare lo scandalo della cultura del-lo scarto – cammina con coraggio da-vanti a noi, aiutandoci a tener fisso losguardo sul Signore Gesù: e “comesono belli sui monti i piedi del messag-gero che annuncia la pace, del mes-saggero di buone notizie che annunciala salvezza” (Is 52,7)!

Con la premura e la benevolenza delPastore, condivide con noi la ricchezzadell’esperienza cristiana, educandoci

instancabilmente alla verità e alla gio-ia che nascono dall’essere avvolti nel-la speranza della Misericordia. Così, laforza del Suo esempio rende vive etangibili realtà che sono a fondamentodell’umano: la fede, la giustizia, la pa-ce e la carità.

Nella riconoscenza per la ricchezzaquotidiana del Suo magistero e dellaSua testimonianza, Le auguriamo dicontinuare a guidare a lungo e con se-renità la Chiesa, nostra Madre.

Accolga il dono della nostra disponi-bilità, del nostro affetto e della nostrapreghiera.

+ Nunzio GalantinoAngelo Card. Bagnasco

Segretario GeneralePresidente

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Omelia di S.E. il Card. Renato CortiVescovo Emerito di Novara

III domenica di Avvento - Anno A

Novara - Cattedrale, 11 dicembre 2016

PremessaCelebro molto volentieri con voi in

questa Cattedrale, per me piena di ri-cordi. Saluto cordialmente il VescovoFranco Giulio, tutti i suoi più stretticollaboratori, i Sacerdoti e Diaconi pre-senti, i Religiosi e le Religiose, tutti voiFedeli chiamati a vivere il Battesimocome sacramento che fonda e illuminala vocazione di tutto il popolo di Dio.

Auguro a tutta la Diocesi che il lavo-ro impegnativo del Sinodo, conclusoda poco, venga assunto come tracciapastorale significativa per il futuro, siaper gli orientamenti di fondo che per leindicazioni concrete che vengono of-ferte.

In questo momento di meditazionefarò anzitutto un cenno alla paginaevangelica. Con riferimento al mio im-previsto inserimento nel Collegio car-dinalizio, ricorderò poi alcune personeche hanno amato il Signore mettendoin conto anche l’effusione del sangue.

SEI TU QUELLO CHE DEVE VENIRE O NE

DOBBIAMO ASPETTARE UN ALTRO?

La domanda di Giovanni BattistaLa pagina evangelica comprende due

domande. Mi limito a considerare laprima. E’ rivolta a Gesù da parte dei

discepoli di Giovanni Battista, che sitrova in prigione e che, di lì a non mol-to, diventerà martire.

Ecco la domanda: “Sei tu quello chedeve venire o dobbiamo aspettarne unaltro?”. E’ Giovanni stesso a chiedere;i discepoli riportano soltanto la suadomanda. Probabilmente Giovanni in-viava i suoi discepoli a vivere un in-contro con Gesù perché si aprissero alui e comprendessero che era vera-mente il Messia preannunciato daiprofeti. Forse Giovanni stesso, in car-cere e incatenato, aveva bisogno di ca-pire meglio Gesù che aveva iniziato lasua vita pubblica.

La risposta di GesùOsserviamo la forma che Gesù dà al-

la sua risposta: “Andate e riferite aGiovanni ciò che udite e vedete”. Non faun discorso. Elenca dei fatti: “I ciechiriacquistano la vista, gli zoppi cammi-nano, i lebbrosi sono purificati, i sordiodono, i morti risuscitano, ai poveri vie-ne annunciata la buona novella”.

Questi “segni” hanno svelato l’identi-tà di Gesù e hanno condotto a crederein lui. Non mancarono infatti le perso-ne che sono diventate suoi discepoli.Ma non c’è nulla di automatico in tut-to questo. Con le parole: “E beato co-lui che non trova in me motivo di scan-

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dalo” l’evangelista Matteo lascia intra-vedere che l’incertezza della fede pote-va essere presente anche nelle comu-nità alle quali rivolgeva il suo raccon-to evangelico, in particolare tra i cri-stiani che provenivano dall’ebraismo(Cfr A. Sand, “Il Vangelo secondo Mat-teo”, volume primo, Brescia 1992).

E noi, oggi?Mentre guardo a voi tutti, sono cer-

to che la vostra fede in Gesù è solida.Ma è giusto tenere conto che il mondonel quale quotidianamente viviamo,spesso molto lontano dalla fede, po-trebbe insinuare dei dubbi circal’identità profonda di Gesù e il sensodella sua missione. A sentirlo lontano,non intimo a noi stessi. A considerar-lo come un personaggio del passato, enon come il Vivente e nostro contem-poraneo.

Già l’apostolo Paolo ricordava ai cri-stiani di Corinto che Cristo crocifissoera “scandalo per i Giudei, stoltezzaper i pagani” (1 Cor 1,23). Ma egli di-ceva di se stesso: “Sono stato crocifissocon Cristo e non sono più io che vivo; èCristo che vive in me. Questa vita nel-la carne, io la vivo nella fede del Figliodi Dio, che mi ha amato e ha dato sestesso per me” (Gal 2,20).

Chiediamo oggi, mentre siamo ormaivicini al Santo Natale, la grazia di ce-lebrare l’Incarnazione del Verbo diDio, venuto ad abitare in mezzo a noi,come il vero cardine della vita umana:Come scriveva Tertulliano: “Caro salu-tis est cardo”. E come ci suggeriva inquesti giorni una orazione della litur-gia delle Ore: “Invochiamo il Verbo eter-no che attraverso la sua umanità haaperto per noi una via nuova e viventeal santuario del cielo” (III settim. di Av-vento ambros., mercoledì, alle Lodi).

L’ABITO ROSSO PORPORA E IL MARTIRIO

Gli abiti rosso-porpora dell’ingressonel Collegio cardinalizio mi fanno pen-sare al sangue dei martiri. Vorrei ri-cordare oggi, su questo tema, tre per-sone: un prete albanese, diventatoCardinale il 19 novembre scorso; ungiovane prete della nostra Diocesi, uc-ciso nel 1945; Antonio Rosmini e lasua devozione al Preziosissimo San-gue.

Ernest Simoni TroshaniGli sono stato vicino durante il Conci-

storo con sentimenti di devozione. Egliha vissuto una drammatica storia neglianni del regime comunista di Enver Ho-xha. Papa Francesco l’ha conosciuto nelsuo viaggio apostolico in Albania. Fu ar-restato nella notte di Natale del 1963come ‘nemico del popolo’. Fu costretto avivere in isolamento. Venne condannatoa morte: “Tu sarai impiccato perché haidetto al popolo: ‘Moriremo tutti per Cristose è necessario”.

Dalla sua bocca uscirono sempre esolo parole di perdono e di preghieraper i suoi aguzzini. La sua pena fucommutata in 25 anni di lavoro forza-to nelle gallerie buie delle miniere diSpac e poi nelle fogne di Scutari aspaccare pietre con una mazza di fer-ro pesante circa 20 kg. Nemmeno inquell’abisso perse mai la fede.

Diceva ogni mattino nella preghiera,con il salmo 22: “Il Signore è il mio pa-store, non manco di nulla”. Riuscì a ce-lebrare ogni giorno di nascosto la San-ta Messa recitando a memoria il ritua-le latino; poi confessava gli altri carce-rati divenendo padre spirituale di al-cuni di loro. Distribuì anche la Comu-nione con un ostia cotta di nascostosu piccoli fornelli a petrolio che servi-vano per il lavoro. “Se non potevo uti-

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lizzare il fornello, mettevo da parte unpo’ di legna secca e accendevo il fuoco.Il vino lo sostituivo con il succo di chic-chi di uva che spremevo; d’inverno uti-lizzavo delle boccette con il vino che miportavano i parenti”.

La liberazione avvenne il 5 settem-bre 1990. Fuori dal carcere, Ernestconfermò il perdono ai suoi aguzziniper i quali, ancora oggi, invoca la be-nedizione del Padre. La porpora indos-sata da questo sacerdote nel giornodel Concistoro era veramente un se-gno di una vita donata fino al martirioquotidiano. Di fronte a un uomo così,come non dire a me stesso: oggi ha vi-sto e toccato un martire. Quanto sonopiccolo e indegno per la mia poca fede!

Don Giuseppe RossiSeconda testimonianza: quella di un

giovane prete della nostra Diocesigaudenziana: don Giuseppe Rossi,parroco di Castiglione Ossola. Un par-roco della Valle Anzasca che, nel1945, incontrò la barbarie e venne uc-ciso. Avrebbe potuto nascondersi ofuggire. Invece è rimasto al suo posto.Pensava più agli altri che a se stesso.Gli stavano a cuore i giovani del suopase, che rischiavano di essere arre-stati e uccisi dalle forze fasciste, sul fi-nire della seconda guerra mondiale.

E’ stata introdotta la causa di beati-ficazione, tanto desiderata dal suosuccessore, don Severino Cantonetti,che dal ’45 ha poi passato una vita in-tera a Castiglione Ossola: un prete cheho molto amato e stimato. Ricordo diavergli detto, una volta: “Don Giusep-pe non ha ancora ricevuto il titolo di‘venerabile’, ma è ‘venerato’. Lo scrivapure. Pure il Sig. Sindaco di Castiglio-ne, che mi ha scritto nelle scorse set-timane, ha molto a cuore questa figu-ra di Sacerdote.

Nei miei vent’anni novaresi ho parte-cipato più volte alla preghiera di ‘me-moria’ di questo Sacerdote. Ho anchecelebrato la Santa Messa sul luogo delsuo martirio.

Peraltro, nella sacristia della cappel-la vescovile sta un quadro che custo-disce una grande fotografia di donGiuseppe. La scrutavo ogni giorno. Eogni giorno il suo coraggio e la sua fe-de mi risultavano molto eloquenti.Può essere di sostegno anche per tut-ti voi quando siete chiamati a scelteimpegnative; quando l’essere cristianie la pratica del Vangelo si paga a caroprezzo; quando la propria responsabi-lità chiede una impegnativa fedeltà. Inquei giorni difficili, don Giuseppe Ros-si vi fa compagnia.

Per quanto mi riguarda, considerodon Giuseppe come un patrono.

Il beato Antonio RosminiC’è ancora una persona che voglio

ricordare. Non è un martire, ma ha co-nosciuto momenti (anzi, anni) di soffe-renza e li ha affrontati con scioltezza.Mi riferisco ad Antonio Rosmini. Lasua beatificazione è avvenuta qui aNovara nel 2008, a circa 150 anni dal-la sua morte.

Era molto devoto del PreziosissimoSangue di Gesù. Nella chiesa del Sa-cro Monte Calvario vi è l’immagine delpio pellicano che, con il becco, estraesangue dal suo corpo per darne aisuoi piccoli. E’ un’immagine che tro-viamo nel ‘Veni creator’ con riferimen-to al Signore Gesù.

Abitando al Sacro Monte CalvarioRosmini scrisse, nel 1845, una pre-ghiera sorprendente, molto impegnati-va. La proporrà ai suoi discepoli comepreghiera da avere cara. Quanto a me,la porto nel Breviario e cerco di recitar-la ogni giorno. Ecco come si esprime:

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“Mi prostro davanti a te, mio Dio. Di-sponi di me come più ti piace. Mi offro esacrifico per tuo amore e per la salvez-za delle anime il sangue e la vita.Si-gnore, accetta questa mia offerta unitaa quella del tuo divin figlio Gesù, quan-do sulla coce ti offrì il suo preziosissimosangue. Mi raccomando a te, Reginadei Martiri, o dolcissima Madre miaMaria”.

Adesso, portando io anche un abitocolor sangue, ho un motivo in più perdare spazio a questa offerta nel ricor-do di Rosmini che morì il giorno 5 lu-glio 1855, festa del Preziosissimo San-gue.

Pregate per me.

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Sinodalità. Dimensione permanentenella vita della Chiesa e,

in particolare, nel presbiterioRitiro al Clero della Diocesi di Novara

tenuto da S.E. il Card. Renato Corti

Rho, 12 dicembre 2016

Voi avete vissuto, in questo tempo,l’esperienza del Sinodo diocesano. IlVescovo Franco Giulio vi ha aiutato intermini teologici con la profondità chelo caratterizza; e in termini anche mol-to concrete, con l’attenzione al presen-te e tenendo alto lo sguardo sul futu-ro. Non dovrei aggiungere nulla.

In queste settimane, rispondendoagli auguri che mi giungono, chiedo:che cosa ti sta particolarmente a cuoreper la vita della Chiesa? Mi sono giun-te diverse risposte.

Lascio emergere stamattina quellache mi ha dato - in una conversazione– un Vescovo. Mi ha detto: raccoman-derei soprattutto che la Chiesa divengasempre più sinodale: orientamentoesplicitamente raccomandato da PapaFrancesco al Convegno di Firenze (10XI 2016).

Ecco i punti che, ascoltando quel Ve-scovo, ho segnato sul mio diario. Nonsvolgono un discorso sistematico. Maforse possono aiutare a maturare o ri-badire qualche proposito in questo no-stro ritiro spirituale.

Popolo di DioMi ha spiegato che la sinodalità do-

manda che tutti i battezzati partecipi-no, in qualche misura, a elaborare lescelte della comunità di cui si fa parte

e a farsene carico. Tutti i discepoli delSignore sono chiamati ad esserne imissionari. E’ il compito loro proprio.

Avvertivo dietro alle sue parole il ri-ferimento al capitolo secondo della Lu-men gentium, intitolato “Il popolo diDio”. Un capitolo molto importanteche, dopo 50 anni di tempo post-con-ciliare, non sta alle nostre spalle, ben-sì ancora davanti a noi.

Una ‘cultura’Ha aggiunto che il “camminare insie-

me” è una “cultura”. Credo che intendesse dire che è mol-

to di più di un gesto saltuario. Né èsemplice espressione dell’avere un belcarattere. E’ anche tutto questo, mava inteso soprattutto acquisizione diuna forma mentis che qualifica il no-stro modo di affrontare il ministerodal mattino alla sera.

Questa cultura non può essere dataper scontata. Soprattutto oggi, quan-do non siamo più nella epoca della cri-stianità e siamo chiamati ad essere te-stimoni di Cristo in un mondo plurale.

Acquisirla è molto impegnativo.Chiede che si dia tempo alla medita-zione delle questioni che più diretta-mente ci riguardano come ministridella Chiesa.

Chiede pure che ci si confronti con i

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documenti ecclesiali che ne hannotrattato soprattutto nel secolo XX, co-me la Lumen Gentium, che ho già cita-to, e altri testi importanti, come peresempio alcune Esortazioni Apostoli-che sul Vescovo, sui Presbiteri, sui Fe-deli Laici.

CattolicitàNotava – il Vescovo con cui ho recen-

temente conversato - che gli stessi Si-nodi dei Vescovi forse non semprehanno espresso tutta l’attenzione ne-cessaria indicata dallo stesso nomeche li qualifica: Sinodo.

Tempo fa qualcuno ha ricordato, peresempio, quello del 1984. Vescovi del-l’Asia e dell’Africa erano portati a leg-gere in termini parzialmente nuovi iltema all’ordine del giorno: l’Evangeliz-zazione. Si trattava di non fermarsi,nel leggere questo grande compito, so-lo al quadro europeo. Di qui una certafatica venuta a galla nella secondaparte di quel Sinodo. Venne poi trova-to un grande aiuto, peraltro imprevi-sto, da parte di Paolo VI che, l’annoseguente, scrisse la meravigliosa Es.Ap. Evangelii nuntiandi”.

Oggi questo sguardo mondiale è an-cora più richiesto che non decenni fa.Papa Francesco lo favorisce aperta-mente. Si pensi al recente Sinodo sul-la famiglia.

Capitoli importantiA livello diocesano, il Vescovo dal

quale raccolgo i suggerimenti, rimar-cava la necessità di rileggere per benealcuni capitoli:

il metodo di lavoro del Consiglio Pre-sbiterale e del Consiglio Pastorale edegli incontri del Presbiterio nei Vica-riati;

la cura della qualità fraterna nelle re-

lazioni vicendevoli tra i preti; l’attenzione data alle diverse stagioni

della vita del prete.

Il compito precipuo del VescovoIn tutto questo insieme di relazioni è

coinvolto il Vescovo. Lungo la vita diun prete, deve coltivare, come si leggenella “Pastores gregis”, un incontropersonale almeno in tre casi:

per la prima nomina;in occasione del primo trasferimento

per un nuovo incarico;nella fase conclusiva dell’impegno

diretto del Sacerdote nel ministero. Analogamente, il Vescovo è molto in-

terpellato dalla Visita pastorale.

Vita parrocchialeSe poi si considera il livello parroc-

chiale della vita della Chiesa, la pro-spettiva della sinodalità sospinge achiedersi se, a cominciare dal Consi-glio pastorale, si cerca di fare discerni-mento:

obbedendo alle regole fondamentali,tra le quali vi è l’aiuto fraterno tra cre-denti;

confrontandosi seriamente anzitut-to sulla situazione della fede nella vitadella popolazione che abita sul territo-rio;

chiedendosi quali scelte vanno privi-legiate, come comunità cristiana, infavore dell’uomo.

MetodoLa sinodalità chiede certamente at-

tenzione ai contenuti. Ma chiede nonmeno attenzione al metodo di lavoro.Questo secondo aspetto chiede unaconduzione delle riunioni che tenda afar emergere le ricchezze che sono pre-senti, dando tempo e ascolto alle per-sone presenti, così che tutti siano par-te attiva e magari giungano a far

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emergere indicazioni arricchenti e ma-gari anche impreviste.

In mancanza di questo orizzonte, al-cune persone possono essere condottea ritenere inutile la loro presenza; al-tre potrebbero ritenere che è sufficien-te la presenza, quasi una buona azio-ne, anche se non si dà nessun contri-buto perché non ci si vuole impegnarepiù di tanto o non c’è il clima favore-vole ad aprir bocca.

Nessuna autosufficienza La premura nel valorizzare ogni

membro della comunità per i doni cheha ricevuto dallo Spirito Santo e per lafortuna di aver incontrato cristiani divalore, soprattutto nella adolescenza egiovinezza, evita al Sacerdote la tenta-zione di ritenersi autosufficiente, nonbisognoso di consigli. Come se egli sa-pesse già per filo e per segno che cosadeve fare.

Questo discutibile orizzonte lasciaemergere una questione propriamentespirituale, oltre che culturale. Comescriveva l’apostolo Paolo ai Corinti: “Aciascuno è data una manifestazioneparticolare dello Spirito per l’utilità co-mune”. E ancora lui, nella lettera agliEfesini, parla del “corpo (della Chiesa)ben compaginato e connesso, mediante

la collaborazione di ogni giuntura, se-condo l’energia propria di ogni mem-bro”.

Al Sacerdote tocca di saper leggerenella vita dei cristiani i doni del Signo-re e di farli fruttificare per il bene ditutti, compresi coloro che sono lonta-ni dalla Chiesa e forse anche da Dio edal Signore Gesù Cristo.

Naturalmente i fedeli laici devonodialogare anche tra di loro. Anchequesto non è ovvio. Non si può negareche, paradossalmente, può succedereche diventino nemici del cammino del-la comunità proprio dei laici che,avendo ricevuto un incarico, lo gesti-scono con facili polemiche e giudizisuggeriti non dal Vangelo bensì dalmondo.

Abitati dalla speranzaIn conclusione, la sinodalità resta

una sfida, ma esprime bene la voca-zione profonda della Chiesa. Va lunga-mente, umilmente e coraggiosamenteaffrontata seguendo la vocazione bat-tesimale e la propria particolare voca-zione. Essa diventa realtà nella misu-ra in cui si è guidati da una grandepassione per la verità e si è abitati dauna grande speranza.

Auguri a tutti.

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La liturgia nella vita spirituale del prete diocesano

Pubblichiamo volentieri, a beneficio ditutti, un prezioso contributo offerto, alritiro del clero del vicariato della Valse-sia, tenuto ad Ameno il 6 novembre2016, da don Marco Barontini.

Nell’ultimo incontro del ConsiglioPresbiterale Diocesano1 il nostro ve-scovo, parlando della formazione per-manente del clero ha posto in eviden-za come la scelta messa in atto solita-mente è quella di offrire un “rinnova-mento spirituale come antidoto all’affa-ticamento della vita pastorale”; secon-do F.B. Brambilla occorre trovare unavita spirituale nell’esercizio stesso delministero, non tanto come una vitaspirituale “previa” all’esercizio. So-stanzialmente occorre collocare la for-mazione a partire dall’esperienza delministero, ponendo in luce la povertà,le fatiche e i desideri del ministerostesso sicché da lì venga la domandadi richiesta di formazione.

La vita pastorale è fatta di tante co-se: molto tempo lo dedichiamo alla cu-ra amministrativa dei beni che ci sonoaffidati; le domande da parte dei fede-li o delle persone “che bussano allanostra porta” richiedono tempo, ener-gie, pazienza. Anche l’impegno sacra-

mentale in questi anni si è appesanti-to: penso che il numero delle Messe, laframmentarietà con cui si componeuna giornata “liturgica” per noi è sin-tomo di un peso non correttamente di-stribuito tra quello che realmente pos-siamo fare e quello che dovremmo fa-re per rispondere alle richieste dellenostre comunità.

Ci è stato detto tante volte che “lapreghiera è l’anima di ogni apostola-to”,2 che la “Chiesa la si genera, non lasi organizza”3: ma qual è realmente iltenore della nostra vita di preghiera?

La proposta per questo ritiro è di ri-flettere su cose che già conosciamoper meglio focalizzarle nel concretodella nostra vita di preti. La domandacentrale su cui rifletteremo è questa:la liturgia, è davvero per noi, sorgentedi vita spirituale?

Chiaramente questa domanda non èsolo un punto su cui fare l’esame dicoscienza inventato qui, ora, quasi co-me verifica del nostro cammino ma èla Quaestio liturgica su cui ha lavoratoil Movimento Liturgico per più di unsecolo e che rimane ancora aperta.

Possiamo notare alcuni estremismidi questi decenni, in particolare diquesti ultimi anni: la liturgia ridottaad “algebra e manovre”, puro rubrici-

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smo antipatico da superare con unamaggior libertà (apparentemente con-cessa) dalla riforma conciliare e la po-sizione diametralmente opposta di chiritiene la riforma liturgica un purotradimento della “tradizione” mossada novatori di stampo massonico chehanno voluto distruggere la Chiesadal suo interno.

Non vorrei occuparmi di questi di-battiti ma fermarmi su quanto inse-gna il magistero, convinto che sia essoa segnare il cammino della Chiesa: icontenuti della teologia in campo li-turgico proposti dal Concilio sono im-prescindibili anche per una correttaapplicazione del Motu proprio Summo-rum pontificum4 di Benedetto XVI cir-ca la forma extra-ordinaria dell’unicorito. Di fatto il Messale del 1962 nondifferisce nei contenuti eucologici erubricali dal messale tridentino macontiene nei praenotanda tutto quan-to il Movimento Liturgico aveva pro-dotto fino alla Mediator Dei di Pio XII,compresa l’idea di partecipazione atti-va, pur leggermente differente rispettoa quella di Sacrosanctum Concilium.Da pastori dobbiamo chiederci vera-mente quale sia il bene per noi e per lanostra gente e probabilmente ci accor-geremmo che la ricchezza della propo-sta della riforma ancora non siamoriusciti a viverla fino in fondo.

Due motivazioni intrinsecamenteconnesse devono muoverci: la prima ècomprendere il bene per noi, affinchéla liturgia sia costantemente per noisorgente di vita spirituale; la seconda,fare in modo che la liturgia possa es-sere sorgente di vita spirituale per inostri fedeli. L’una senza l’altra nonrenderebbe completo l’aspetto pecu-liare del nostro essere pastori.

1 Come si pone il legame con la li-turgia nel Ministero Ordinato?5

Per cogliere il senso del vivere la li-turgia da preti o diaconi non possiamoprescindere da ciò che ci ha generatinel ministero, ossia il dono dello Spiri-to attraverso il quale siamo stati costi-tuiti presbiteri o diaconi. Una precisa-zione non scontata, dato che alcuni dinoi hanno ricevuto l’Ordinazione pri-ma del Concilio Vaticano II e altri do-po, con teologie retrostanti un pochinodifferenti.

Il testo da cui partire è la costituzio-ne sulla Chiesa, la Lumen gentium(LG) dove troviamo la definizione dellaChiesa come “segno” e “strumento”:

“Siccome la Chiesa è, in Cristo, inqualche modo il sacramento, ossia ilsegno e lo strumento dell’intima unionecon Dio e dell’unità di tutto il genereumano, continuando il tema dei prece-denti Concili, intende con maggiorechiarezza illustrare ai suoi fedeli e almondo intero la propria natura e la pro-pria missione universale”.6

Nei numeri successivi possiamocomprendere che basandosi sull’eccle-siologia eucaristica dei Padri, il Conci-lio presenta il vescovo come il pernoministeriale della Chiesa: egli è segnoe garante dell’unità ecclesiale sia den-tro la propria Chiesa che nel rapportotra le diverse Chiese. È il III capitolo diLG declinato poi nel decreto ChristusDominus.

Successivamente il presbitero vie-ne presentato come detentore del se-condo grado dell’Ordine, che lo rendepartecipe in maniera ridotta del sacer-dozio episcopale. Questo lo troviamoin LG 28 poi approfondito nel decretoPresbyterorum ordinis sul ministero e

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la vita dei presbiteri e nell’Optatam to-tius sulla formazione.

Il Concilio infine parla del diaconoin LG 29, terzo grado del sacramentodell’Ordine, collocandolo non nella ca-tegoria di “sacerdozio” ma in quella di“ministero”.

La riflessione conciliare ha portatodunque all’affermazione della sacra-mentalità dell’episcopato. Recupe-rando l’ecclesiologia eucaristica, ossiadella Chiesa locale radunata per l’eu-caristia attorno al suo pastore, ha ri-dato piena soggettività ai singoli ve-scovi, dove l’episcopato ha la pienezzadel sacramento dell’Ordine. Questa af-fermazione si può dire che ebbe quasil’unanimità morale dei padri conciliariinterpellati il 30 ottobre del 1963.

“Il santo Concilio insegna quindi checon la consacrazione episcopale vieneconferita la pienezza del sacramentodell’ordine, quella cioè che dalla con-suetudine liturgica della Chiesa e dallavoce dei santi Padri viene chiamatasommo sacerdozio, realtà totale del sa-cro ministero”.7

Viene definita una distinzione nettatra la posizione precedente che vedevanella consacrazione episcopale piùuna trasmissione della potestas iuri-sdictionis sottolineata nella consegnadelle insegne come sottolineatura delruolo di capo, di guida, mentre l’ac-cento è posto ora sulla potestas ordi-nis ossia la facoltà di amministrare isacramenti. L’intero capitolo III di LGè attraversato dall’idea che l’episcopa-to non è una semplice “dignità” ma unvero “servizio”: il ministero pastorale.

Definito il ruolo del vescovo, comesuccessore degli apostoli, strettamen-

te legato alla pienezza del sacerdozio,la riflessione sul presbiterato ha avu-to un punto di partenza differente al-l’impostazione tridentina, nella linea“sacrale e cultuale”, legata al “fatequesto in memoria di me” come delmomento di istituzione di questo gra-do: nel Concilio Vaticano II prevalsecome punto di partenza la visionemissionaria del ministero (è la mis-sione di Cristo il punto di partenza perla teologia dell’Ordine).8 Non si negal’istituzione nell’ultima cena ma la siallarga ulteriormente alla globalitàdella missione di annuncio-santifica-zione-guida pastorale che il Signoreha affidato agli apostoli e da questi ul-teriormente partecipato ad altri. LG28 è costruita a partire da Gv 10,36:

“Cristo, consacrato e mandato nelmondo dal Padre, per mezzo dei suoiapostoli ha reso partecipe della suaconsacrazione e missione i loro succes-sori cioè i vescovi”.

Sostanzialmente i Vescovi affidanola loro potestas sanctificandi in alcuniambiti ai presbiteri per raggiungeretutti i fedeli loro affidati. La dimensio-ne del presbiterato è oltretutto comu-nitaria: LG 28 specifica che è intrinse-ca al sacramento dell’ordine, con lanozione di presbiterio.

La preghiera di Ordinazione

Presbiterato:Ora, o Signore, vieni in aiuto alla no-

stra debolezza e donaci questi collabo-ratori di cui abbiamo bisogno per l’eser-cizio del sacerdozio apostolico.

Dona, Padre onnipotente, a questituoi figli la dignità del presbiterato.Rinnova in loro l’effusione del tuo spiri-to di santità; adempiano fedelmente, o

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Signore, il ministero del secondo gradosacerdotale da te ricevuto e con il loroesempio guidino tutti a un’integra con-dotta di vita. Siano degni cooperatoridell’ordine episcopale, perché la paroladel vangelo mediante la loro predica-zione, con la grazia dello Spirito Santo,fruttifichi nel cuore degli uomini, e rag-giunga i confini della terra.

Siano insieme con noi fedeli dispen-satori dei tuoi misteri, perché il tuo po-polo sia rinnovato con il lavacro di rige-nerazione e nutrito alla mensa del tuoaltare; siano riconciliati i peccatori e imalati ricevano sollievo. Siano uniti anoi, o Signore, nell’implorare la tua mi-sericordia per il popolo a loro affidato eper il mondo intero. Così la moltitudinedelle genti, riunita a Cristo, diventi iltuo unico popolo, che avrà il compimen-to nel tuo regno. Per il nostro SignoreGesù Cristo tuo Figlio, che è Dio, e vivee regna con te, nell’unità dello SpiritoSanto, per tutti i secoli dei secoli.

Diaconato:Ora, o Padre, ascolta la nostra pre-

ghiera: guarda con bontà questi tuoi fi-gli, che noi consacriamo come diaconiperché servano al tuo altare nella san-ta Chiesa. Ti supplichiamo, o Signore,effondi in loro lo Spirito Santo, che lifortifichi con i sette doni della tua gra-zia, perché compiano fedelmente l’ope-ra del ministero. Siano pieni di ogni vir-tù: sinceri nella carità, premurosi versoi poveri e i deboli, umili nel loro servi-zio, retti e puri di cuore, vigilanti e fede-li nello spirito. L’esempio della loro vita,generosa e casta,

sia un richiamo costante al Vangelo esusciti imitatori nel tuo popolo santo.Sostenuti dalla coscienza del benecompiuto, forti e perseveranti nella fe-de, siano immagine del tuo Figlio, chenon venne per essere servito ma per

servire, e giungano con lui alla gloriadel tuo regno.

Considerazioni:I presbiteri sono collaboratori del ve-

scovo: lui ne ha bisogno per l’eserciziodel sacerdozio apostolico. Lo spiritoche viene effuso sui presbiteri è quellodi “santità” e il richiamo principale èall’esempio con il quale guidare tuttiad un’integra condotta di vita. Si fa poiriferimento alla predicazione e all’es-sere dispensatori dei divini misteri, inparticolare eucaristia, penitenza, un-zione e infine l’implorazione, ossia lapreghiera per il popolo affidato e ilmondo intero.

I diaconi ricevono lo spirito “di servi-zio”, il richiamo è l’attenzione agli ulti-mi ma anche a suscitare imitatori neltuo popolo santo, immagine del Figlioche venne per servire.

È attraverso la liturgia che si vienecostituiti nel ministero ed è da questepreghiere che possiamo cogliere inprofondità il senso di quello che sia-mo.

2 Il sensus ecclesiae attraverso laliturgia: una proposta valida ancheper il nostro rinnovamento?

Più volte in questi ultimi mesi abbia-mo sentito richiamare dal vescovo edal Sinodo il bisogno di formare le no-stre comunità e formarci al sensus ec-clesiae. È importante cogliere il lega-me di questo aspetto con la liturgia.Viviamo un passaggio epocale impor-tantissimo. Se da un lato la comunitàcristiana è plasmata dall’eucaristia, difatto pensiamo la celebrazione eucari-stica come espressione della Chiesastessa: solitamente parliamo di comu-nità e abbiamo in mente la “comunità

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eucaristica”. Ad esempio nelle parroc-chie più grandi dove ci sono più Mes-se, i fedeli si sentono comunità facen-do riferimento diretto alle persone chesolitamente partecipano a quell’euca-ristia. Questo è un segno grande dacogliere. Cosa vuol dire dunque oggipensarci Chiesa davanti alle propostesinodali delle Unità Pastorali, all’unio-ne di più parrocchie?

È la liturgia a renderci consapevolidi questo. Il movimento liturgico haportato anche al cambio di modalitàspirituale di partecipazione alla litur-gia. Ecco un passo importante di R.Guardini:

La Chiesa c’è sempre stata, con ilsuo grande valore per il credente chene accettava la dottrina e ne seguiva iprecetti; ma quando verso la fine delmedioevo l’evoluzione individualisticaebbe raggiunto un certo grado, la Chie-sa non venne più sentita come contenu-to della vita religiosa vera e propria. Ilfedele viveva nella Chiesa e da lei si la-sciava guidare ma sentiva meno laChiesa. La vita religiosa inclinava sem-pre più verso la pietà personale e quin-di la Chiesa fu sentita come limite e for-se anche come opposizione a questasfera dell’individualità, in ogni modocome qualcosa che imponesse un frenoal fattore personale e quindi al vero at-teggiamento religioso.”9

Se il Movimento Liturgico ha volutoportare ad una piena e consapevolepartecipazione “attiva” non lo ha fattoper stravolgere il senso della liturgiama per restituire a tutti la piena par-tecipazione alla vita ecclesiale attra-verso la liturgia stessa: è da qui chepuò nascere sempre di più il sensusecclesiae. Di fatto la liturgia non uti-lizza mai l’“io” ma il “noi”, è opera non

del singolo ma della totalità dei fedelie tra l’altro non solo quelli presenti inquel momento ma la totalità ossia laChiesa stessa.10

J. Ratzinger in un testo sulla musi-ca sacra11 polemizzava sull’articolocontenuto nel dizionario di Liturgiadelle edizioni Paoline a firma di F. Rai-noldi e E. Costa Jr. proprio per l’ac-centuazione eccessiva data dalla co-munità eucaristica come luogo verita-tivo dell’esperienza liturgica. In quel-l’intervento rimarcava con forza che laliturgia non la si fa, c’è già, ci si inse-risce, ed è la Chiesa a viverla, il grup-po viene dopo, si adegua. Il discorso èdelicato, ma fa percepire posizioni im-portanti che vanno pensate.

Noi agiamo sapendo che la liturgia èuna realtà che c’è già e noi siamo sem-plicemente chiamati ad inserirci op-pure siamo fermi all’idea che siamonoi a “farla” e quindi decidiamo noi lesue regole e i suoi contenuti?

3 La forza “evangelizzatrice” dellaliturgia: da annuncio kerygmatico aluogo che plasma la spiritualità.

Dopo aver riflettuto su come siamostati costituiti nel ministero e dopoaver affrontato il problema della con-nessione tra la liturgia e il sentirciChiesa, si tratta ora di comprenderecome la liturgia abbia una sua forzaeducativa e evangelizzatrice.

Una domanda: la liturgia come luo-go educativo. Luogo in cui si educa oin cui veniamo educati?

C’è un rischio sotteso nella riflessio-ne circa gli aspetti educativi di cui laliturgia è rivestita. Poiché il contestocelebrativo dal punto di vista pastora-le risulta ad essere il principale se nonaddirittura l’unico momento in cui i

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fedeli si ritrovano nello stesso luogo enello stesso istante, parlare di “risorsaeducativa della liturgia” potrebbe farsubito balenare l’idea che quello è uncontenitore per una proposta educa-tiva da offrire.

Spesso questo viene evidenziato at-traverso una predominanza dell’ome-lia nella progettazione celebrativa: sipensa che siano solo le parole e i con-cetti spiegati in un discorso a genera-re e nutrire la fede e non tanto i gestio la Parola di Dio che viene proclama-ta. L’omelia stessa se non tiene contodi tutto il contesto rituale in cui vienesvolta ma viene “preconfezionata” atavolino rischia di esser solamente la“cinghia di trasmissione” di ideologiepersonali anziché essere espressioneinnanzitutto di una fede viva cheemerge all’interno della celebrazioneattraverso il rito.

Occorre dunque innanzitutto coglie-re la liturgia quale luogo di ascolto,dove tutti i presenti sono educati, mi-nistri compresi. La liturgia non puòesser dunque intesa come “strumentodidattico” ma va colta come “fonte” perla comprensione della fede. Nella litur-gia non si parla di Dio, ma si parla aDio! Per cui se in un contesto di cate-chesi possiamo approfondire l’atto difede, nella liturgia questo è chiamato arealizzarsi in quanto in essa noi dicia-mo “io credo”.12

Mi piace ricordare quello che è statoinsegnato da L. Beauduin, fondatoredell’Abbazia di Chevetogne in Belgio,che all’inizio del ‘900 indicò la liturgiacome luogo dove si apprende la “spiri-tualità cristiana” in quanto “è la pre-ghiera della Chiesa”.

Nella liturgia innanzitutto si manife-sta il fine di un’educazione cristiana,cioè la “vita nello Spirito” e questo lo

rivela mentre lo compie e lo realizza inquanto è nel gesto liturgico che la vitanello Spirito diventa realtà. Nella litur-gia si partecipa nello Spirito alla vitadi Cristo, che ci rende Figli di Dio efratelli.13

Se pensiamo ai diversi sacramentiogni ambito della vita umana trovauna sua verità:

non puoi vivere in eterno se non ri-cevi la vita nella morte e risurrezionedi Gesù attraverso il Battesimo;

non puoi fare della tua vita un donoa Dio e ai fratelli se non nell’eucaristiache ricevi;

non puoi vivere la fecondità del-l’amore se non fai diventare quell’amo-re “segno della carità di Cristo” attra-verso il Matrimonio;

non puoi ricordarti della tua identitàdi figlio di Dio in quanto sei segnatodalla fragilità umana se non te la lasciricordare da Dio Padre che ti perdonaattraverso il sacramento della Riconci-liazione;

non puoi vivere nella verità l’espe-rienza del dolore e della sofferenza senon nella consolazione che ti è offertadal sacramento dell’Unzione degli in-fermi…

La liturgia nel manifestare tuttoquesto mentre lo realizza, rivela quel-lo che per i cristiani è il fine stesso del-l’educazione umana: “Cristo rivelal’uomo all’uomo, in quanto Egli stesso èl’uomo perfetto” (GS 22).

Nella liturgia è detto che la pienezzadell’umano sta in un rapporto costitu-tivo con l’alterità e non può risolversiin un’autonomia dell’uomo che sia ri-dotta a indipendenza; la vera educa-zione all’umano avviene quando l’uo-mo non prende sé stesso per fine, chenon pensa di uscire con le proprie forze

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dall’inquietudine che vive nella suacondizione ma che è nella vita filiale efraterna che si esprime la pienezza delsuo significato.14

Quando celebriamo la liturgia, inparticolare la S. Messa, dovremmoavere uno sguardo attento sui presen-ti (e non su quelli che “mancano”) pro-prio perché sono essi stessi ad esserechiamati ad una più profonda adesio-ne a Cristo per poi essere un impor-tante anello per la comunicazione delVangelo nel vasto campo che è il mon-do dove vivono. La partecipazione pro-fonda alla liturgia diventa per tutti,preti, diaconi, religiosi/e e laici il luo-go in cui “rimanere in Cristo”.

Il Concilio ha centrato tutta la teolo-gia liturgica sul concetto biblico di“storia della Salvezza” della quale essaè il prolungamento per raggiungerel’uomo nel suo oggi.

Ultimamente si propone spesso direcuperare la cosiddetta “catechesimistagogica” che comprende sostan-zialmente tre elementi:

l’interpretazione dei riti liturgici allaluce degli eventi salvifici che trovanoin Cristo la pienezza;

l’introduzione al senso dei segni con-tenuti nei riti “svegliando ed educandola sensibilità dei fedeli per il linguag-gio dei segni e dei gesti che insiemecon la Parola, costituiscono il rito;

l’indicazione del significato dei riti inrelazione alla vita cristiana in tutte lesue dimensioni.

Ecco perché ogni liturgia attenta-mente celebrata può portare pian pia-no tutti ad una piena e consapevoleadesione al Signore Gesù, soprattuttoperché la vita liturgica si basa sulla

nostra identità battesimale: è davveropian piano scoprirsi figli nel Figlio,uniti a Lui, membra del suo corpo. Lapreghiera diventa oggettiva, ecclesiale.

4 La preghiera liturgica, icona del-la nostra vita in Cristo

Cosa è la liturgia in sostanza? Unabella immagine ce la offre padre R.Taft:

“Nel 1513 Michelangelo Buonarroticompletò gli affreschi della Cappella Si-stina. Nella splendida scena della crea-zione, il dito datore di vita di Dio si al-lunga e arriva quasi a toccare il dito ste-so di Adamo reclinato. La liturgia è ciòche riempie lo spazio tra queste due di-ta. Infatti, Dio nella metafora della Cap-pella Sistina è una mano che crea, chedà la vita, che salva, che redime, chesempre si allunga verso di noi, e la sto-ria della salvezza è la storia delle nostremani alzate (o che rifiutano di alzarsi) inuna accoglienza e in un ringraziamentoincessanti per questo dono”.15

Il nuovo Adamo è Cristo, è in lui chetutta la storia della salvezza è ricapito-lata e “personificata”. Il vero culto gra-dito al Padre non è nient’altro che lavita, morte e risurrezione salvifiche diCristo. Poiché tramite il battesimo an-che noi siamo Cristo, la nostra litur-gia, il nostro culto è la sua stessa esi-stenza sacrificale in noi: “Per me vive-re è Cristo” (Fil 1,21).

La liturgia ci forma, quando la fac-ciamo nostra, e vivifica la nostra vitasecondo il modello che la liturgia pro-pone.16

Un grande teologo bizantino, San Ni-cola Cabasilas (ca. 1350) nel trattatosui sacramenti dal titolo La vita in Cri-sto scrive:

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“Così, rappresentando la sua sepol-tura e annunziando la sua morte neisacri misteri, in virtù di essi siamo ge-nerati, plasmati e divinamente con-giunti al Salvatore. Ed è per essi che inlui viviamo, ci muoviamo e siamo. Dun-que il battesimo dona l’essere, cioè ilsussistere conforme al Cristo; esso è ilprimo mistero: prende gli uomini mortie corrotti e li introduce nella vita. Poil’unzione del crisma porta a perfezionel’essere già nato, infondendogli l’ener-gia conveniente a tale vita. Infine la di-vina eucaristia sostiene e custodisce lavita e la salute: è il pane della vita in-fatti che permette di conservare quantoè stato acquisito e di serbarsi vivi... èquesto il modo per cui viviamo in Dio”.

È con la liturgia dunque che lo Spi-rito ci rende cristiani, inserendoci nel-la vita di Cristo e conformandoci adessa, e nutrendo e rafforzando conti-nuamente questa vita in noi.

La liturgia ci plasma quando la fac-ciamo nostra: una liturgia nella qualela realtà simbolizzata non corrispondaalla realtà vissuta è una cattiva litur-gia. Essa deve passare nella comunio-ne delle nostre vite.

Il momento simbolico esprime ciòche realmente siamo? È la liturgiastessa ad offrire una voce profetica digiudizio sulla qualità della nostra vitacristiana, origine e fonte della nostravita spirituale. La liturgia è un incon-tro attuale, la salvezza è ora! La mortee risurrezione di Gesù sono eventi pas-sati nella loro storicità ma essi sonoeternamente presenti in Dio che è en-trato nella storia ma non è rimasto in-trappolato, noi non celebriamo qual-cosa del passato ma una realtà che èpresente in modo permanente, unacontinua chiamata e risposta, unanuova vita che noi chiamiamo salvez-

za; la liturgia celebra una personapresente che contiene tutto ciò che hafatto per noi.

La fonte della liturgia è proprio GesùRisorto, è attraverso la risurrezioneche è trans-storico, attingibile in ognimomento.

Fare anamnesis è proprio legare me-moria e speranza, memoria della suapassione e speranza della sua venuta.Pensiamo l’azione liturgica: alla baseci sono i gesti di prendere, benedirespezzare il pane e prendere benedire edistribuire un calice. Gesù lo ha fattocon i suoi amici prima della sua mor-te e aveva detto di fare questo da allo-ra in poi in memoria di lui: quale altrocomandamento è stato così osservato?

Pensate a quante Messe e per quantiscopi si sono celebrate: un’infinità induemila anni! Eppure è proprio quan-to anche noi facciamo in ogni Messa: lanostra vita, la vita della nostra gente!

Conclusione

Siamo partiti dal senso teologico concui siamo costituiti nel ministero ordi-nato come presbiteri. Abbiamo dettoche la riflessione conciliare derivava ilvero scopo non tanto dalla dimensionecultuale ma da quella missionaria chenon esclude ma include quella cultua-le. Abbiamo visto l’importanza della li-turgia per noi e per le nostre comuni-tà. Come riflessione personale, do-mandiamoci il senso che diamo al no-stro “presiedere la liturgia”.

Quello che manca sicuramente è uncontinuo approfondimento di quelloche alcuni chiamano l’ars celebrandi.Se il presiedere la liturgia è fatto inpersona Christi dobbiamo veramentepensare a come i nostri fedeli ci perce-piscano.

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Un punto che appare debole della ri-forma è aver lasciato troppo nella re-sponsabilità del celebrante a questoscopo, nel senso che nella liturgia del-la riforma conciliare è “troppo al cen-tro”. J. Ratzinger nel famoso testo LoSpirito della liturgia lo sottolineava conforza, in quanto nella liturgia tridenti-na il celebrante rivolto “ad oriente” èconcentrato sul fatto di offrire il sacri-ficio ed era meno distratto. Sarebbetroppo facile tornare indietro ma nonè qui la strada. Occorre veramenteformarsi sempre affinché l’atteggia-mento con cui celebriamo la Messasia davvero trasparente, con l’atten-zione e la maturità che ci si aspettadai presbiteri, cioè “anziani dellaChiesa”. Questa è arte! Occorre pro-vocare nei fedeli non un “intratteni-mento” o semplicemente un “incantoestetico” ma davvero la percezione di

essere davanti al Signore perché chista celebrando è profondamente abi-tuato a trovarsi alla presenza di Dio,al fatto di dover entrare nella liturgiache non gli appartiene, ma appartienealla Chiesa e a Dio che viene adoratoin Spirito e verità. Se questa realtà èdavvero la principale attività dellaChiesa occorre chiederci che pesodiamo alla celebrazione eucaristica,anche nel numero esagerato delleMesse celebrate che talvolta impedi-scono la consapevolezza di quello chesi sta facendo.

Riflettere e trovare degli aspetti per-sonali su cui lavorare riguardo al no-stro vivere la liturgia sicuramente da-rà rilancio innanzitutto alla nostra vi-ta spirituale e di conseguenza al no-stro ministero e alla efficacia della no-stra azione evangelizzatrice.17

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1 Verbania, 17 ottobre 20162 Cfr. Dom Jean-Baptiste Gustave Chautard3 Crf. Mons. Aldo Del Monte4 Lettera apostolica di sua santità Benedetto XVI “motu proprio data” Summorum Pontifi-cum, 7 luglio 2007.5 CASTELLUCCI E., Il ministero ordinato, Queriniana, Brescia 2002.6 LG 1.7 LG 21.8 Cfr J. Ratzinger.9 GUARDINI R., Il senso della Chiesa, Morcelliana, Brescia 2007, p. 15. Affermazioni di R.Guardini in conferenze degli anni ’30. 10 Cfr. GUARDINI R., Lo spirito della liturgia. I santi segni, Morcelliana, Brescia 2007, p. 37.11 RATZINGER J.-BENEDETTO XVI, Lodate Dio con Arte, Marcianum, Venezia 2010, p. 91-112.12 CATELLA A., La dimensione educativa della liturgia, «Rivista Liturgica», 2 (2011), p. 212-213.13 REPOLE R., Di fronte alle sfide educative: parole e gesti della fede, «Rivista Liturgica», 2(2011), p. 219-220.14 Ibidem15 TAFT R., Liturgia. Modello di preghiera icona di vita, Lipa, Roma 2009, p. 35.16 Ibid. p. 40.17 Cfr. PECKLERS K.F., Liturgia. La dimensione storica e teologica del culto cristiano e le sfi-de del domani, Queriniana (gdt 326), Brescia 2007, p. 247ss.

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Nuove povertà, vecchi aiuti?Percorso di formazione della Caritas Diocesana 2016-2017

La Caritas Diocesana ha programmato un percorso di approfondimento e di for-mazione per aiutare le comunità parrocchiali e i centri di ascolto ad accompagna-re varie tipologie di povertà e di fragilità.

Questo il programma degli incontri:

Sabato 26 novembre, ore 9.30-12.30, Oratorio di Borgomanero, “Le dimensionie le caratteristiche delle vecchie e delle nuove povertà” (Prof. Pasquale Seddio);

Sabato 28 gennaio, “Come gli altri stanno affrontando le nuove povertà?” – Visi-ta all’Opera Cardinal Ferrari e al Refettorio Ambrosiano di Milano;

Sabato 18 febbraio, ore 9.30-12.30, Oratorio di Borgomanero, “Le vecchie e lenuove povertà come sfida educativa per i giovani” (Prof. Pasquale Seddio);

Sabato 20 maggio, ore 9.30-12.30, Oratorio di Borgomanero, “Rigenerare capa-cità e risorse nella lotta alle nuove forme di povertà” (Prof. Pasquale Seddio);

Giugno, Oratorio di Borgomanero, “Come noi stiamo affrontando le nuove pover-tà?” - “La Fiera della Carità”: stands, esposizioni e presentazioni delle varie inizia-tive e attività caritative della nostra diocesi.

Per informazioni e iscrizioni: Tel. 0321.627754 oppure mail: [email protected]

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DioecesisCronaca breve

del territorio gaudenziano

CONFERIMENTO DEI MINISTERI

Mons. Franco Giulio Brambilla, giovedì 1° dicembre 2016, nella Cappella Mag-giore del Seminario Vescovile San Gaudenzio, ha conferito

Il ministero del Lettorato a

Bionda Marco Alberto della comunità parrocchiale di Gravellona Toce

Ciobanica Paul Florin della comunità parrocchiale di Borgomanero

Guida Riccardo della comunità parrocchiale dei “Santi Martino e Gaudenzio” inNovara

Lovato Andrea della comunità parrocchiale di “Santa Rita” in Novara

Il ministero dell’Accolitato a

Crola Riccardo della comunità parrocchiale di Gozzano

Ghidoni Alessandro della comunità parrocchiale di Varallo Sesia

Lauretta Diego della comunità parrocchiale di Cossogno

Spadaccini Manuel Cesare della comunità parrocchiale di Gozzano

CON DECRETO VESCOVILE IN DATA 1° NOVEMBRE 2016

• Padre Alfio Merlo, Ofm, è stato nominato Vicario parrocchiale di Orta, Mia-sino e Ameno.

CON DECRETO VESCOVILE IN DATA 7 NOVEMBRE 2016

• Don Giorgio Borroni è stato nominato Direttore del Centro Missionario Dio-cesano per il quinquennio 2016-2021.

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CON DECRETO VESCOVILE IN DATA 8 NOVEMBRE 2016

• Don Claudio Leonardi è stato nominato Amministratore parrocchiale diMaggiate Superiore di Gattico.

• Sono stati nominati membri del Consiglio Diocesano per gli Affari Econo-mici i signori dott. Federico Diotti e dott. Antonello Monti e confermatiavv. Marco Barattini, dott. Franco Gagliardi, dott. Davide Maggi, dott.Paolo Micotti.

CON LETTERA VESCOVILE IN DATA 14 NOVEMBRE 2016

• Al Diacono Dario Masnaghetti è stato affidato il mandato di collaborare conil parroco di Mosezzo e San Pietro Mosezzo, dell’Unità Pastorale Missionariadi Novara Sud Ovest.

CON DECRETO VESCOVILE IN DATA 15 NOVEMBRE 2016

• Don Vincenzo Barone è stato nominato Amministratore parrocchiale diBannio, Anzino e Pontegrande di Bannio Anzino.

• Don Lino Carlo Monti è stato nominato Vicario giudiziale.• Don Fabrizio Poloni è stato confermato Difensore del Vincolo e Promotore di

Giustizia.

CON LETTERA VESCOVILE IN DATA 28 NOVEMBRE 2016

Sono stati nominati Collaboratori dei Direttori:

nell’ambito dell’Ufficio Catechesi e Liturgia Mons. Walter Ruspi per il Catecu-menato degli adulti; don Lorenzo Marchetti per l’animazione liturgica;

nell’ambito dell’Ufficio per l’evangelizzazione e il dialogo interreligioso, Mi-chele Valsesia per la pastorale della salute; don Silvio Barbaglia per la pastora-le della Cultura, l’Ecumenismo e il dialogo Interreligioso; don Roberto Sogni perla pastorale del Turismo;

nell’ambito dell’Ufficio per il Clero e la Vita consacrata sac. Mario Secondi-no Bottino per il settore dei Monasteri e l’Ordo Virginum;

nell’ambito dell’Ufficio per la Pastorale giovanile don Franco Finocchio perla Pastorale dello Sport; sig. Paolo Usellini per la Pastorale Scolastica;

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nell’ambito del Centro Missionario diocesano don Angelo Nigro per l’animazio-ne missionaria dei giovani;

nell’ambito dell’Ufficio Scuola il sig. Paolo Usellini per i rapporti con le Istitu-zioni scolastiche.

CON DECRETO VESCOVILE IN DATA 13 DICEMBRE 2016

Sono stati nominati membri del Consiglio di Amministrazione dell’”Opera Dioce-sana Maria Assunta Madre della Chiesa”: don Renzo Cozzi, Presidente, don Fa-brizio Poloni, don Giorgio Borroni, suor Candida Maria Radaelli, sig.a SaraSturmhoevel.

CON LETTERA VESCOVILE IN DATA 15 DICEMBRE 2015

Al diacono permanente Bernardo Romano è stato affidato l’incarico di collabo-rare con le UPM della Valsesia

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Don Ignazio TonettiS.Ambrogio Torinese, 22 marzo 1931

Borgosesia, 7 novembre 2016

La mattina dello scorso 7 novembre,presso l’ospedale di Borgosesia, è mor-to don Ignazio Tonetti. Aveva 85 anni.E’ stato ricoverato per una decina digiorni in seguito al peggioramento del-le condizioni di salute che si sono su-bito manifestate nella loro complessitàe gravità.

Don Ignazio è nato il 22 marzo 1931a S. Ambrogio Torinese ed è stato or-dinato prete a Novara da Mons. GillaVincenzo Gremigni il 29 giugno 1955.Ha svolto i seguenti incarichi pastora-li: dal 1955 al 1957, parroco di Spoc-cia; dal 1957 al 1970, parroco di Aradi Grignasco e “reggente” di Colma di

Valduggia; dal 1970 al 30 settembre2007, parroco di Carpignano Sesia.

Don Ignazio è rimato cieco in segui-to a un incidente automobilistico ac-caduto il 28 agosto 1984. Il Settima-nale diocesano ne riportava così la no-tizia: “Era martedì 28 agosto e a bordodella sua ritmo grigio - metallizato, do-po aver pranzato con i congiunti, sta-va percorrendo la strada del ritorno,dopo una breve gita alla famosa Abba-zia di Pomposa nel ferrarese. Erano leprime ore del pomeriggio e presso ilcasello di Bologna le auto stavano ral-lentando. L’auto di don Ignazio so-praggiunta a velocità regolare è anda-ta a sbattere contro l’ultima vetturadella colonna. Il parroco di Carpigna-no è stato ferito agli occhi: con moltaprobabilità la causa della lesione è daattribuire alle schegge degli occhialiscuri che abitualmente portava”.

Domenica 27 novembre 2005 la co-munità di Carpignano Sesia festeggia-va don Ignazio nel cinquantesimo diordinazione e nel trentacinquesimo diparrocchia, ricordando “tante iniziati-ve ed interventi mirati alla valorizza-zione dei segni e delle testimonianzemateriali della fede”. In particolare sicitavano il restauro della chiesa par-rocchiale, la realizzazione del nuovooratorio san Giovanni Bosco, la pro-

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gressiva realizzazione della Casa di ri-poso Perego, la cura delle varie chieseminori. In quel contesto di festa, si ri-cordavano pure i carpignanesi donGianfranco Regalli e fra Mauro Zella,francescano.

Questo sacerdote anche dopo lagrande prova della cecità ha continua-to ad accompagnare con generosa de-dizione pastorale la comunità di Car-pignano Sesia, fino al 30 settembre2007.

La celebrazione esequiale è statapresieduta dal Vescovo mercoledì 9novembre nella chiesa della Colma diValduggia. Nell’intervento iniziale don

Dante Airaga ha ricordato con com-mozione don Ignazio, di cui è statoprefetto ai tempi del seminario. Nel-l’omelia Mons. Franco Giulio Brambil-la ne ha tratteggiato la persona e il mi-nistero pastorale in due tempi, primae dopo la cecità. Nel suo percorso spi-rituale e ministeriale don Ignazio è co-sì passato dal “vedo, perciò credo” al“credo, perciò vedo”. Altre persone, tracui alcuni collaboratori laici e il sinda-co di Carpignano Sesia, hanno presola parola al termine, ravvivando ulte-riori ricordi ed esprimendo ancora in-tensa gratitudine.

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Don Anselmo SaglioOrnavasso, 30 marzo 1920

Laon (Francia), 20 dicembre 2016

Nella mattinata di martedì 20 dicem-bre è mancato don Anselmo Saglio,dopo alcune settimane di ricovero inospedale a Laon in Francia.

Don Anselmo Saglio è nato a Orna-vasso il 30 marzo 1920 ed è stato or-dinato prete a Novara il 13 giugno1943 da Mons. Carlo Stoppa, alloraVescovo ausiliare di Novara. Dal 1943al 1945 è stato vicario parrocchiale diCrusinallo. Dal 1945 al 1946, parrocodi Montebuglio. Dal 1947, missionarioper l’emigrazione in Francia.

La notizia della sua “nascita al Cie-lo” è arrivata attraverso un messaggiodel Vescovo della diocesi di Soissons,Laon e St. Quentin, Mons. Renauld deDinechin che mette in evidenza il sor-riso e l’ardore con cui don Anselmo,anche in ospedale, riceveva la visita diconfratelli e amici che gli sono stati vi-

cini in questi anni. Lo stesso Vescovodi Laon accenna agli incontri vissuticon lui, prima nella sua abitazione esuccessivamente in ospedale. Di donAnselmo ricorda il ministero pastoralededicato ai migranti italiani nella sta-gione della raccolta delle barbabietole,a cui si sono poi aggiunti gli spagnolie i portoghesi. L’esperienza maturatain questo settore è diventata per lui lapastorale dei migranti nel suo insie-me.

La Messa di suffragio è stata cele-brata lunedì 26 dicembre nella chiesadi “Saint Marcel à Laon”. Come si leg-ge nell’annuncio, con luminose parole,“questo sacerdote è entrato nella re-surrezione del Signore nel novantaset-tesimo anno di vita e nel settantatree-simo anno di sacerdozio”.

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Indice 2016

DIOCESI

La Chiesa Novarese gioisce per la nomina a Cardinale pag. 427di mons. Renato Corti

Intervista a mons. Renato Corti pag. 428all’indomani della sua nomina a Cardinale

Omelia di S.E. il Card. Renato Corti Vescovo Emerito di Novara pag. 550III domenica di Avvento - Anno A

Sinodalità. Dimensione permanente nella vita della Chiesa e, pag. 554in particolare, nel presbiterioRitiro del Clero della Diocesi di Novara tenuto da S.E. il Card. Renato Corti

LA PAROLA DEL VESCOVO

Vinci l’indifferenza e conquista la pace pag. 4XLIX Giornata mondiale della pace

Gerusalemme e Betlemme festa dei popoli pag. 8Omelia di mons. Franco Giulio Brambilla

Gerusalemme, città della pace pag. 12Omelia per l’apertura della Porta Santa al Sacro Monte di Varallo

Raccontare, ereditare, lasciarsi consolare dalla misericordia pag. 17Omelia per l’apertura della Porta Santa nel Santuario della Ss. Pietà

Intervento del Vescovo alla X sessione del Sinodo Diocesano pag. 21

La famiglia al Sinodo e il Sinodo della famiglia pag. 25Discorso alla città - San Gaudenzio 2016

I tre doni della casa pag. 30Omelia per la solennità di San Giulio

«Il discorso di Firenze. Un’enciclica all’Italia» pag. 35In Rivista del Clero Italiano

Il volto e la mano della Misericordia pag. 46Omelia di mons. Franco Giulio Brambilla per il giubileo dei consacrati

Due figli in una parabola pag. 50Omelia di mons. Franco Giulio Brambilla per Mercoledì delle ceneri

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Omelia per i funerali di Sara Gambaro pag. 55di mons. Franco Giulio Brambilla

Ripensare la Confessione nell’Anno del Giubileo pag. 252Meditazione per la Quaresima 2016 al clero diocesano

L’olio della Misericordia pag. 268Omelia di mons. Franco Giulio Brambilla per la Messa Crismale

“Eucaristia ai divorziati? Non sarà un ticket” pag. 272Intervista a mons. Franco Giulio Brambilla sul quotidiano Avvenire

Tra eros e agape. Il centro di gravità di “Amoris laetitia” pag. 275Intervento di mons. Franco Giulio Brambilla su l’Osservatore Romano

In gremio Matris sedet Sapientia Patris pag. 278Omelia di mons. Franco Giulio Brambilla per la festa del Miracolo a Re

Giubileo, Sinodo ed esortazione pag. 284Omelia per la giornata di Fraternità sacerdotale

Lo Spirito Santo e noi... pag. 288Omelia per la chiusura della prima fase del Sinodo diocesano

Preti della resurrezione pag. 292Omelia di mons. Franco Giulio Brambilla per le ordinazioni presbiterali

Il Vescovo commenta l’esortazione Amoris Laetitia pag. 348Intervista a mons. Brambilla sui settimanali diocesani

Omelia per i funerali di Suor Nemesia Mora pag. 357

Saluto al fratello Marino pag. 361Omelia di mons. Franco Giulio Brambilla

La mensa del servizio e il servizio delle mense pag. 432Omelia del Vescovo per le ordinazioni diaconali

Prima seduta del Consiglio Presbiterale pag. 436Intervento introduttivo del Vescovo

Convegno Catechistico Diocesano 2016 pag. 492Conclusioni del vescovo Franco Giulio Brambilla

Vi ho sollevato su ali di aquila... pag. 498Omelia per la chiusura della Porta Santa

Leggere e ascoltare, mangiare e comunicare pag. 502Omelia per il conferimento dei ministeri del lettorato e dell’accolitato

Consacrazione della chiesa pag. 506di Santa Maria Madre della Chiesa e San RoccoOmelia di Mons. Franco Giulio Brambilla

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A Natale nessuno escluso pag. 509Messaggio di Natale ai bambini della diocesi

La porta della Misericordia rimane sempre spalancata pag. 510Messaggio del Vescovo alla Diocesi per il Natale 2016

Verbum abbreviatum pag. 513Omelia nella Messa della notte di Natale

LA PAROLA DEL PAPA

La Chiesa, madre di vocazioniMessaggio del Santo Padre Francesco per la giornata delle vocazioni pag. 60

Messaggio del Santo Padre Francesco pag. 63per la XXXI Giornata Mondiale della Gioventù

Messaggio del Santo Padre Francesco pag. 69per la Quaresima

Discorso del Santo Padre Francesco pag. 72in occasione degli auguri del Corpo diplomaticoaccreditato presso la Santa Sede

Incontro del Santo Padre Francesco pag. 81con S.S. Kirill, Patriarca di Mosca e di tutta la Russia Viaggio apostolico del Santo Padre Francesco in Messico

Incontro con i Vescovi del Messico pag. 88Viaggio apostolico del Santo Padre Francesco in Messico

Conferenza stampa del Santo Padre pag. 97durante il volo di ritorno dal MessicoViaggio apostolico del Santo Padre Francesco in Messico

Conferimento del premio Carlo Magno pag. 298Discorso del Santo Padre Francesco

Apertura della 69ª assemblea generale della Cei pag. 304Discorso del Santo Padre Francesco alla Conferenza episcopale italiana

Discorso del Santo Padre alla Sessione annuale pag. 308della Giunta Esecutiva del Programma alimentare mondiale (Pam)Visita del Santo Padre alla sede del Programma alimentare mondiale (Pam)

Messaggio del Santo Padre Francesco pag. 315per la Giornata Missionaria Mondiale 2016 Chiesa missionaria, testimone di misericordia

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Omelia alla Messa con sacerdoti, religiose, religiosi, pag. 366consacrati e seminaristi polacchiViaggio Apostolico del Santo Padre Francesco in Poloniain occasione della XXI Giornata Mondiale della Gioventù

Discorso del Santo Padre durante la Veglia di preghiera pag. 369con i giovani di CracoviaViaggio Apostolico del Santo Padre Francesco in Poloniain occasione della XXI Giornata Mondiale della Gioventù

“Sete di pace. pag. 374Religioni e culture in dialogo”Visita del Santo Padre Francesco ad Assisiper la Giornata Mondiale di Preghiera per la pace

Messaggio del Santo Padre Francesco pag. 440per la Giornata Monsiale dell’Alimentazione 2016

Discorso del Santo Padre Francesco pag. 443ai partecipanti al convegno internazionaledi Pastorale Vocazionale, promossodalla Congregazione per il Clero

Discorso del Santo Padre Francesco pag. 447alla Comunità accademicadel Pontificio Istituto “Giovanni Paolo II”per studi su Matrimonio e famiglia

Evento Ecumenico della Malmö Arena pag. 451Viaggio apostolico del Santo Padre Francesco in Svezia(31 ottobre - 1 novembre 2016)

Preghiera Ecumenica nella cattedrale luterana di Lund pag. 454Viaggio apostolico del Santo Padre Francesco in Svezia(31 ottobre - 1 novembre 2016)

Nella fedeltà al carisma ripensare l’economia pag. 518Messaggio del Santo Padre Francesco al secondo simposio internazionale

La nonviolenza stile di una politica per la pace pag. 522Messaggio del Santo Padre Francesco per la celebrazione della 50ª Giornata Mondiale della pace

Stupore per quanto Dio compie:“Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente” (Lc 1,49) pag. 528Messaggio del Santo Padre Francesco per la XXV Giornata Mondiale del malato 2017

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Presentazione degli auguri natalizi pag. 531alla Curia RomanaDiscorso del Santo Padre Francesco

DOCUMENTI DEL XXI SINODO

Lettera del VescovoPrendersi cura pag. 148

Decreto di approvazione del Sinodo pag. 150

Liber synodalis pag. 153

Decreto dello Statuto della CuriaStatuto della Curia pag. 207

Elenco delle nuove UPM pag. 219

Decreto approvazione regolamento CPPRegolamento CPP pag. 227

Decreto approvazione regolamento CAEPRegolamento CAEP pag. 235

Decreto date Comunioni e Cresime pag. 243

CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Messaggio della Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana pag. 112in vista della scelta di avvalersi dell’insegnamentodella religione cattolica nell’anno scolastico 2016-2017

Date un volto all’amore misericordioso del Signore pag. 114

Comunicato finale del Consiglio Permanente pag. 117

Consiglio permanente, comunicato finale pag. 320

69ª Assemblea generale pag. 325

Calendario delle Giornate mondiali e nazionali per l’anno 2017 pag. 330

Prolusione del Cardinale Presidente pag. 380al Consiglio Permanente della CEI

Comunicato finale del Consiglio Permanente pag. 388

Donne e uomini per la vita pag. 460nel solco di Santa Teresa di CalcuttaMessaggio del Consiglio Episcopale Permanenteper la 39ª Giornata Nazionale per la vita

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“Tu fai crescere l’erba per il bestiame pag. 462e le piante che l’uomo coltiva per trarre cibo dalla terra”Messaggio del Consiglio Episcopale per i problemi sociali e il lavoro,e la pace per la 66ª Giornata Nazionale del Ringraziamento (13 novembre 2016)

Il lavoro che vogliamo pag. 546Verso la 48ª Settimana Sociale dei Cattolici in Italia

Auguri, Santo Padre pag. 547Gli 80 anni di Papa Francesco

UFFICIO AMMINISTRATIVO

Aggiornamento del rendiconto amministrativo annuale pag. 124delle parrocchie

Relazione al bilancio 2015 della diocesi pag. 332

Ripartizione fondi otto per mille CEI 2015 pag. 336

Decreto di assegnazione delle somme derivanti pag. 567dall’otto per mille Irpef attribuite alla Diocesi di Novara per l’anno 2016

UFFICIO LITURGICO

Ministri straordinari della Comunione pag. 128

UFFICIO PER IL CLERO E LA VITA CONSACRATA

Unione Apostolica del Clero pag. 466Lettera a tutti i presbiteri e diaconi

La liturgia nella vita spirituale del prete diocesano pag. 557

UFFICIO CATECHESI E LITURGIA

Servizio Diocesano per il catecumenato pag. 468

UFFICIO PER LA PASTORALE GIOVANILE

Sussidio di preghiera quotidiana, pag. 396sono aperte le prenotazioni

UFFICIO DELLA CARITAS DIOCESANA

Offerte pro terremoto aggiornate al 4 novembre 2016 pag. 475

Nuove povertà, vecchi aiuti? pag. 566Percorso di formazione della Caritas Diocesana 2016-2017

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CURIA DIOCESANA

Dioecesis - Decreto di individuazione pag. 129delle porte della misericordia diocesane e chiese penitenziali

Dioecesis - Decreto pag. 132

Uffici di Curia - Orario estivo pag. 338

Dioecesis pag. 339

Calendario diocesano 2016 -2017 pag. 398

Dioecesis pag. 407

Rinnovo del Consiglio Episcopale Novarese pag. 411per il quinquennio luglio 2016 -luglio 2021

Dioecesis pag. 478

Dioecesis pag. 571

IN MEMORIA

XI Anniversario della morte del Vescovo Aldo Del Monte pag. 133

Don Angelo Fornara pag. 415

Don Vittorio Moia pag. 417

Don Luigi Franco pag. 419

Don Ugo Bamberga pag. 480

Don Ignazio Tonetti pag. 577

Don Anselmo Saglio pag. 579

RINNOVO ABBONAMENTI

Rinnovo abbonamenti 2017 pag. 483

Rinnovo abbonamenti 2017 pag. 587

INDICE 2016 pag. 580

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Rinnovoabbonamenti 2017

A partire dal primo numero del 2017, l’abbonamentoannuale per la Rivista diocesana passa da 50 euro a 40euro. A partire dall’anno prossimo i numeri annuali sa-ranno quattro, con la periodicità che diventerà trime-strale.

I testi integrali delle più importanti omelie del vesco-vo, le notizie e gli appuntamenti diocesani, i documen-ti e la modulistica necessaria alle parrocchie sono con-sultabili anche on line sul portale della Diocesi di No-vara all’indirizzo www.diocesinovara.it

Per abbonamento:

Rivolgersi all’Economato della Curia DiocesanaVia Puccini 11 - 28100 NOVARA

Tel. 0321/661.661 - Fax 0321/661.662 C.C.P. n. 1016977017 intestato a Diocesi di Novara

Rinnovo abbonamenti 5-01-2017 13:08 Pagina 483

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capanni 21-02-2013 14:29 Pagina 114

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DE ANTONI 2016 3-03-2016 11:14 Pagina 1

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TREBINO 2016 4-03-2016 12:33 Pagina 1

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E OROLOGISerietà e competenza...

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B&B 11-11-2016 12:46 Pagina 1


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