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La Basilica Cattedrale di Fano · Per un regesto bio-bibliografico sull’artista cfr. b. cleri, in...

Date post: 26-May-2020
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LA BASILICA CATTEDRALE DI FANO 82
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la Basilica cattedrale di fano

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Franco Battistelliil presbiterio e le cappelle

Il presbiteriosullo sfondo della navata centrale, leggermente rialzato dal resto della chiesa, è lo spazio con fun-zione di presbiterio, dominato dalla grande tela, con fastosa cornice intagliata e dorata, raffiguran-te la Vergine Assunta, opera del fanese sebastiano ceccarini (vedi scheda La tela della Madonna Assunta sull’altare maggiore di bonita cleri), af-fiancata da due lunghe vetrate policrome. nella parte sottostante si estende l’ampio coro ligneo realizzato dopo l’incendio del 1749 che coinvol-se anche il coro originario. ai due lati si trova-no poi le cappelle del santissimo sacramento e quella dei santi Protettori, che fanno da sfondo rispettivamente alla navata sinistra e alla navata destra della chiesa. della cappella del santissimo sacramento il canonico luigi asioli ricorda che

volendosi dedicare una cappella più dignitosa e più nobile al Santissimo Sacramento fu deliberato di abbandonare l’antica eretta del Vescovo Leone II, detto Leoncino, l’anno 1379 (ora Cappella della Madonna Pellegrina) e di costruire la nuova qui dove fu l’abside di questa navata laterale. E ciò fu l’anno 1524. Vi introdusse modificazioni circa il 1636 il nobile Gregorio Amiani: vi fu stabilita la Confraternita del Santissimo1.

tutto ciò fino al 14 aprile 1672 quando la stessa

rovinò in gran parte per il terremoto del Giovedì Santo e il Vescovo e il Capitolo fecero i più urgenti restauri. Il Vescovo Antonio III Severoli eseguì al-tri restauri nel 1789, proseguiti da Maria Amiani nel 18212.

A fronteil cupolino della cappella del ss. sacramento

sottoil coro e il quadro della Madonna Assunta con le artistiche vetrate

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stefano tomani amiani descrivendo l’opera di sebastiano ceccarini, posizionata sul coro della catte-drale di fano, commentava “[…] ma questa non può dar norma di giudizio del suo merito, perché assai sparuta e abbassata di tinta, così che il curare la sostituzione di altro quadro dello stesso argomento ma di moderno e non men reputato pennello tornerebbe a vanto e decoro del tempio cittadino”1, lo storico fanese considerava quindi il dipinto come elemento che non riusciva a restituire le qualità dell’artista.in realtà esso si inserisce nella piena fioritura della sua attività quando, pure risiedendo con la famiglia a roma, rientrava sporadicamente nella città natale dando risposte a committenze locali2.certamente quella per la cattedrale era importante ed andava a sostituire un dipinto probabilmente di inizio Quattrocento rappresentante l’Annunciazione donata dal signore della città Pandolfo iii Malatesta3.nel 1749 vi fu un incendio che “[…] ridusse in cenere il nuovo coro la notte precedente della sua inau-gurazione”4 e distrusse anche l’Annunciazione, per cui si rese necessario ricostituirne la lettura attraverso una ulteriore esaltazione della vita della Madonna.spettò al vescovo Giacomo beni (1733-1764)5 l’iniziativa di dotare l’abside di un nuovo dipinto, la scelta fu di far rappresentare l’Assunta anche in considerazione del fatto che quello era il titolo della chie-sa: egli a proprie spese riparò i gravi danni causati dall’incendio rivolgendosi ad un artista originario del luogo che a metà settecento non poteva che essere sebastiano ceccarini, seppure attivo vi fosse anche il nipote carlo Magini, sempre però in subordine rispetto allo zio.a giusta ragione la scena sacra ha un ruolo importante all’interno della chiesa dedicata alla Madonna: il momento dell’ascesa al cielo per il godimento celeste rappresenta la giusta ricompensa per una madre che pagò un prezzo molto alto per la realizzazione del progetto divino.lo sfondo è costituito da una colata dorata di luce dove volteggiano piccoli angeli mentre alcuni di essi hanno un ruolo più attivo: due le sorreggono il manto mentre lei allarga le braccia e rivolge lo sguardo verso l’alto, di spalle il pittore rappresenta un angelo adulto che sorregge la nuvola sulla quale la Ma-donna poggia i piedi.in quel periodo ceccarini si trovava ancora a roma dove aveva seguito il suo maestro francesco Man-cini con il quale era venuto a contatto nella città natale dove questi si trovava per la realizzazione del dipinto dell’altar maggiore della chiesa dei cappuccini, intitolata a santa cristina (circa 1727); fu lo zio e tutore don Giuseppe fanelli a contattare Mancini6 il quale aveva accolto sebastiano nella sua bottega.sebastiano lo aveva seguito a forlì spostandosi poi a roma e da lì il 3 agosto del 1726 comunicava l’invio del dipinto della Vergine con i quattro santi protettori di Fano realizzato per la cappella della co-munità.in seguito aggiungeva l’Apparizione della Vergine a San Rocco: le due opere si mostrano così intrise di umore manciniano da aver fatto ipotizzare che, eseguiti nella bottega del maestro, questi vi avesse mes-so mano7; a roma Mancini favorì notevolmente il fanese: non è un caso che in diverse chiese esistano opere di entrambi i pittori. si segnalano alcuni dei dipinti di ceccarini a roma8 in importanti complessi: dal Miracolo del beato Nicolò da Flue nella cappella degli svizzeri in Quirinale, al Miracolo di Santa Francesca romana, il San Michele arcangelo, il San Rocco orante, Tobiolo e l’angelo, gli Angeli nel monastero delle oblate di tor de’ specchi9, dipinti in santa Maria Maggiore e in santa Maria in trastevere. cospicuo è il catalogo al quale vanno aggiunti i diversi ritratti10 e l’attività in Umbria da Perugia ad altri centri11. nell’Urbe partecipa alle iniziative della congregazione dei Virtuosi al Pantheon12 nella quale era stato accolto il primo febbraio del 1738 rimanendovi attivo per diversi anni: il momento più elevato del

la tela della Madonna Assunta sull’altare maggiore

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sebastiano ceccarini (1703-1783)Madonna Assunta,olio su tela, 291 x 200 cm

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rapporto con la prestigiosa istituzione fu rappresentato dalla partecipazione all’esposizione13 effettuata in occasione dell’anno santo del 1750, l’anno nel quale lo stesso Mancini era diventato principe dell’ac-cademia di san luca14. i Virtuosi misero particolare impegno nella celebrazione giubilare15: erano soliti organizzare esposi-zioni di dipinti nel loggiato attorno alla rotonda, per l’occasione intendevano organizzare «una festa più decorosa possibile» all’interno della quale il nostro ebbe un ruolo significativo esponendo ben cinque opere.Pochi anni dopo (1754) però rientra a fano16 intensificando la produzione di dipinti per le chiese più importanti della città, per la nobiltà locale e per i luoghi vicini; nel 1757 prendeva l’impegno con i re-sponsabili del collegio nolfi di restaurare i dipinti di domenichino della cappella in cattedrale di loro pertinenza ricevendo il saldo finale nei primi giorni del 176417 e di eseguirne le copie: il pesarese Gian-nandrea lazzarini18, contattato al fine di sapere se ceccarini fosse adatto per tale operazione, confermò le capacità dell’artista19. la realizzazione di copie non era un fatto raro: lo stesso ceccarini chiedeva alla congregazione del collegio nolfi “[…] la licenza di fare una copia del famoso quadro del davide” ed essi si prendevano del tempo per dare una risposta: infatti il 31 luglio 1767 era stato stipulato un contratto di vendita tra andrea fanelli, consuperiore della congregazione, e francesco Giuseppe lonsing per il Davide e la Madonna della rosa, entrambe opere di domenichino; l’affare prevedeva per l’acquirente la clausola di fare effettuare a sue spese le copie delle opere. nonostante l’approvazione del vescovo però il David non fu venduto20, al contrario della Madonna della rosa, ora al Museo di Poznan: in questo caso la copia, ancora esistente, fu eseguita da carlo Magini21.alipio alippi inviava a Giuseppe castellani22 nel 1899 la trascrizione del Catalogo delle migliori pitture, sculture ed architetture della città di Fano23 redatto da amico ricci dove il dipinto è segnalato come «la Madonna al maggior altare è del prefato ceccarini» (citato precedentemente per avere restaurato i dipinti di domenichino); veniva aggiunta una nota critica, la 7: “dice [ricci] in questa nota che sebastiano più che seguire la scuola del Mancini pare che mostri lo studio fatto sopra le cose di Guido [reni] e di simone [cantarini]”24. in realtà l’Assunta si inserisce a pieno nella temperie protoromantica avviata appunto da Mancini il qua-le “nel corso del quarto decennio poté quindi assumere una posizione guida accanto ad altri protagoni-sti della pittura a roma, in grazia della sua misura classica dove ascendenze emiliane e romane venivano riproposte in una versione intenerita da una straordinaria levità esecutiva che conteneva in sé anche esigenze di semplificazione e di decoro che avrebbero poi trovato terreno fertile nel tardo settecento”25.

(bc)

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1. s. tomani amiani, Guida storico artistica di Fano, (ms. 1853), edizione a cura di f. battistelli, banca popolare pesarese, Pesaro 1981, p. 112.2. Per il catalogo delle opere cfr. b. cleri, Sebastiano Ceccarini, cinisello balsamo 1992.3. Per il personaggio cfr. a. falcioni, Malatesta, Pandolfo, in Dizionario biografico degli italiani, treccani, roma, v. 68, 2007 che conclude la biografia con «sarebbe riduttivo considerare il M. solo come soldato e politico. le fonti ci tramandano infatti l’immagine di un perso-naggio elegante e raffinato che aveva saputo creare a brescia e a fano una corte cosmopolita, allineata alla moda del tempo e aperta alle novità, munifica e disponibile verso letterati, copisti, miniatori di elevata capacità, pittori, di cui ricordiamo solo Gentile da fabriano, che affrescò a brescia la cappella dell’antico broletto (1414-19), trasformato in dimora signorile, mentre a fano operavano notevoli artisti veneti quali i pittori Michele Giambono, il Maestro di roncaiette e lo scultore filippo di domenico, che eseguì intorno al 1415 la tomba di Paola bianca».4. l. asioli, La chiesa cattedrale di Fano, stibu, Urbania 1975, p. 47.5. G. ceccarelli, I vescovi della diocesi di Fano, Fossombrone, Cagli e Pergola, ed. fondazione cassa di risparmio di fano, Grapho5, fano 2005, p. 47.6. come è noto stretto fu il rapporto dell’artista con la città di fano la quale gli conferì a cittadinanza onoraria per avere impartito l’inse-gnamento della pittura a giovani fanesi.7. cfr. b. cleri, Francesco Mancini maestro, “qui tanto cum amore et diligentia docet picturam”, in b. cleri, l. Vanni (a cura di), Francesco Mancini pittore (1679-1758), editoriale umbra, foligno 2012.8. si ricordino gli interventi di f. Pansecchi, Sebastiano Ceccarini tra Roma e Perugia, in «bollettino d’arte», lXX, 28, 1984, pp. 61-70; idem, Ceccarini, Gramiccia a Tor d’Specchi, in «bollettino d’arte», lXXi, 37-38, 1986, pp. 129-136.9. a questo proposito claudio Giardini ha ipotizzato che tramite per le committenze delle oblate fosse stata la famiglia Marescotti, per la quale aveva realizzato il dipinto ora noto come Allegoria dei cinque sensi: diverse appartenenti alla nobile famiglia avevano rivestito ruoli di rilievo nel monastero (cfr. “Ritratto della Famiglia dell’Illustrissimi Marescotti” dipinto da Sebastiano Ceccarini, centro studi Mazzini, fermignano 2010, p. 26).10. la ritrattistica ceccariniana si arricchisce di nuovi esemplari, talvolta si tratta di attribuzioni incerte: in questo contesto mi piace segna-lare il ritratto di donna proveniente dalla collezione di Marcello Massarenti, venduto nel 1902 (Catalogue d’une collection des tableaux de diverses écoles specialément des écoles italiennes, roma 1881, n. 778; f. Zeri, Italian paintings in the Walters Art Gallery, 1976, pp. 531-532, scheda n. 421).11. Per un regesto bio-bibliografico sull’artista cfr. b. cleri, in G. Volpe (a cura di), La chiesa di San Pietro in Valle a Fano, carifano, Urbania 2013, pp. 126-129.12. G. bonaccorso, t. Manfredi, I Virtuosi del Pantheon 1700-1758, argos, roma 1998.13. era d’uso che la confraternita per celebrare il giorno della solennità di san Giuseppe, al quale era votata, organizzasse esposizioni di dipinti di pittori, collezionisti e mecenati: attraverso tali apparati i privati e le famiglie aristocratiche avevano l’opportunità di rendere note le loro raccolte, per gli artisti si trattava di una vera e propria promozione. 14. cfr. l. Vanni, Francesco Mancini e le Accademie romane, in b. cleri, l. Vanni (a cura di), Francesco Mancini, cit. 15. in tale occasione fu dato alle stampe l’elenco delle opere portate in mostra: i dipinti, di vario formato, erano più di duecento (cfr. Indice delli quadri antichi e moderni Esposti nella mostra fatta nel portico di S. Maria ad Martyres dall’Insigne Congregazione di Terra Santa detta de’ Virtuosi, in occasione della festa Solennizzata nel corrente anno 1750 ad onore del Glorioso Patriarca S. Giuseppe, stamperia salomoni, roma 1750). 16. il rientro potè collimare con il cattivo stato di salute del maestro che negli ultimi anni di vita rallentò la propria attività, ma i loro rapporti restarono buoni tanto è vero che fu chiamato per effettuare la stima dei beni alla morte di Mancini (cfr. P. tosini, Il testamento e l’inventario dei beni di Francesco Mancini pittore, in “rivista dell’istituto nazionale d’archeologia e storia dell’arte”, iii serie, a. XXVi, 58 (2003).17. G. boiani tombari, Regesto, in b. cleri, Sebastiano Ceccarini, cit., pp. 190-191.18. Questi già nel 1753 segnalava che la pittura “[…] avea già cominciato notabilmente a patire” (cfr. b. cleri, Francesco Mancini maestro, cit., p. 239, n. 41).19. i due si conoscevano non solo per essere coetanei e originari di località limitrofe, ma anche per avere condiviso esperienze all’interno della bottega di francesco Mancini nell'Urbe.20. la situazione ricostruita da M.M. Paolini, scheda in b. cleri, c. Giardini (a cura di), L’arte confiscata. Acquisizione postunitaria del patrimonio storico-artistico degli enti religiosi soppressi nella provincia di Pesaro e Urbino, il lavoro editoriale, ancona 2011, p. 382.21. cfr. P. Zampetti, Carlo Magini, Motta, Milano 1990, p. 132 con bibliografia precedente.22. biblioteca comunale di fano, Raccolta manoscritti, sezione Xii, 308 (fondo Giuseppe castellani).23. biblioteca Mozzi-borgetti, Macerata, in Miscellanea d.24. cfr. f. battistelli (a cura di), Anonimi sec. XVIII, Pitture de’ uomini eccellenti nelle chiese di Fano, in “Quaderni di ‘nuovi studi fanesi’”, biblioteca comunale federiciana, fano 1995, p. 66.25. f. arcangeli, Mancini, Francesco, in Dizionario biografico degli italiani, v. 68, treccani, roma 2007.

la Basilica cattedrale di fano

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come già riferito dalle Memorie dell’amiani:

Terribili e spaventose memorie lasciò nell’anno 1672 il Terremoto, a cui simile non s’era forse mai provato alcun altro nella Marca, e nella Roma-gna. […] In Città rovinarono più Case; caddero le torri di S. Francesco, di S. Agostino, e di fune-stissime conseguenze fu la rovina della Torre del Duomo ridotta a Campanile, e che il Vulgo, sulla scorta delle Memorie di Fano, ha sempre creduto, che fosse fabbricata negli antichi Secoli di Belli-sario, fortissima per la struttura rotonda, e per i muri di grossa mole. Questa in sì funesta disgrazia rovinò nella parte superiore col rimanervi spezzate

A

b

D g

h

iP

lm

n o

e

f

c

Pianta del duomo di fano(dall’asioli, 1975)

a, altare maggioreb, cappella santissimo

sacramentoc, cappella santi

Protettorid, santissimo crocifissoe, cappella della

Madonna Pellegrinaf, battisteroG, cappella di san PaoloH, cappella

dell’addolorata ora cappella dei Vescovi

i, cappella nolfil, sagrestiaM, torre di belisario -

campanilen, luogo ove sorgeva il

battisteroo, luogo ove sorgeva la

cappella del crocifissoP, Pulpito

le Campane, e coll’aver ucciso più persone spezial-mente nobili, le quali si trovarono all’Adorazione del Sepolcro presso la Cappella del Santissimo Sa-cramento3.

riferendosi alla cappella in questione, così ne parla anche l’ingegner cesare selvelli:

Corrisponde all’absidiola di sinistra la Cappella del Sacramento fatta nel 1524 e rifatta nel 1646 a spese di Gregorio Amiani fondatore dell’Acca-demia degli Scomposti. Un terremoto nel giove-dì santo 1672 fece cadere su questa cappella un blocco della torre campanaria. Il crollo derivante uccise 23 persone (fra le quali alcuni appartenenti alle famiglie De Cuppis, Carrara e Palazzi) che stavano pregando innanzi al Sepolcro4.

tornando all’asioli:

[la cappella] fu rimodernata nel 1905 dal Ve-scovo Vincenzo I Franceschini che vi fece lavori radicali: vi creò una nicchia dietro l’altare, dove collocò la statua del Sacro Cuore, togliendovi la tela del Luzi. Negli ultimi restauri, dell’anno 1940, fu abbellita dall’attuale Vescovo Vincenzo Del Signore. Ma la Cappella ruinò in gran par-te nell’agosto 1944 per la caduta del Campanile provocata da mine tedesche: Nel 1946 fu riparata dal sullodato Vescovo e definitivamente restaurata dallo stesso Vescovo nel 1953 facendo eseguire la-vori importanti contro l’umidità e risistemando il pavimento. Per volere del Vescovo (e fu bene) nella parete di fondo è tornata la bella tela di Giuseppe Luzi rappresentante Cristo-Eucarestia5.

tre pregevoli dipinti caratterizzano l’ornamen-tazione neoclassicheggiante della cappella. re-staurati nel 1998 da isidoro bacchiocca6, raffi-gurano, al centro della parete retrostante l’altare, il ricordato Cristo con il Santissimo Sacramento di Giuseppe luzi; sulla parete destra la Caduta della Manna (decisamente molto bella) e sulla parete di sinistra un’Ultima Cena.

Il presbIterIo e le cappelle

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sulla destra quella detta del crocifisso e sulla si-nistra quella che ospitava un tempo il battiste-ro. la prima, come precisato dall’asioli,

fu eretta nel 1391 dal nobile fanese Angelo Rinal-ducci. Fatiscente per i terremoti del 1915 e 1926, fu demolita nel 1929 durante i restauri della Cattedrale. Vi si aprì l’attuale porta. Nelle mura di chiusura furono fissate due lapidi: una, molto abrasata, ha la data dell’erezione della Cappella; l’altra bene conservata ricorda Teodoro Rinalducci (1593) ed ha ritratto e stemma8.

Per quanto riguarda la vecchia cappella del bat-tistero é sempre l’asioli a precisare che il fonte battesimale,

era stato trasferito, nel 1836, nella Cappella di San Bartolomeo (la prima in questa navata mi-nore) demolita negli ultimi restauri per aprire una porta di accesso laterale al Tempio. Allora (1940) il Battistero fu ricomposto qui [terza cappella sul-la sinistra]. Di fronte al Sacro Fonte fu traslato il monumento funebre del Vescovo Alessandro I Ca-stracane fanese, morto nel 1649 9.

di una seconda cappella rinalducci, la secon-da oggi sulla sinistra, precisa ancora l’asioli quando scrive che fu

eretta dalla famiglia fanese Rinalducci, in onore dei Santi Girolamo e Paterniano, passò alla fami-glia Vincenzo Benedetto Forastieri nel 1860. Più tardi fu dedicata al Santissimo Crocifisso, prima con Immagine su tela, poi con effigie in legno. Era più profonda: aveva finestre ai lati e si protraeva nella via Rainerio con fastidio estetico e di traffico sul fianco del Duomo. Nelle pareti laterali aveva due grandi Tele: Una carta geografica dei Luo-ghi santi ed una veduta prospettica della Città di Fano nell’assedio di Federico di Montefeltro l’anno 1463. Interessanti documenti storici. In occasione dei detti restauri fu giudicato utile, per gli studio-si, portarli in altra luce nel Palazzo vescovile10.

di Giuseppe luzi così ha scritto il professor Giancarlo Gori:

Ben poco si conosce della figura e dell’opera del pit-tore fanese Giuseppe Luzi. Coloro che in qualche modo se ne sono occupati hanno parlato come di un pittore devozionale legato alla cerchia di Seba-stiano Ceccarini ed operante in prevalenza fra la fine del Settecento e gli inizi del secolo successivo. Poche le opere riferibili con certezza al suo pennello: il ritratto firmato del conte nicola ferretti Ga-buccini conservato presso la Pinacoteca di Fano, il ritratto del cardinale luigi Pandolfi di una col-lezione privata, il Gesù col sacramento della Cat-tedrale fanese, la Presentazione di Maria al tem-pio nella chiesa di S. Cristoforo della stessa città e forse la pala con i santi Vincenzo ferreri, Ubaldo e francesco (?) della Parrocchiale di Rosciano7.

Un dipinto, quindi, il Gesù col Sacramento del luzi riferibile al ricordato restauro del 1789, concluso nel 1821.Quanto ai due dipinti delle pareti laterali nessun dubbio che risalgano a prima del terremoto del 1672, probabilmente realizzati nel corso delle modificazioni introdotte da Gregorio amiani nel 1636. senza prova di documenti sono stati fatti i nomi del domenichino (che in cattedrale eseguì gli affreschi della cappella nolfi) e del bolognese lucio Massari. Per concludere sono da ricordare la lapide che sulla destra ricorda le benemerenze dalla famiglia amiani e quella sulla sinistra che ricorda il vescovo tommaso lapi fiorentino.Per le altre notizie al riguardo delle opere d’ar-te di questa cappella si rimanda, più avanti, al saggio a firma di Guido Ugolini, così come per quanto concerne la cappella dedicata ai santi Protettori si invita alla lettura del capitolo cura-to da claudio Giardini.

Le cappelle lungo le navate lateraliall’interno della cattedrale, all’altezza della pri-ma campata, lungo i lati delle navate minori, si aprivano un tempo due cappelle ora scomparse:

la Basilica cattedrale di fano

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cappella del ss. sacramento

Il presbIterIo e le cappelle

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cappella deisanti Protettori

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cappella del ss. crocifisso

Il presbIterIo e le cappelle

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cappella dellaMadonna Pellegrina

la Basilica cattedrale di fano

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oggi la cappella ha due finestre nella parete di fondo con

altare, pareti, pavimento e balaustra in marmo. Sopra l’Altare un bel Crocifisso ligneo. In alto la recente decorazione coloristica è del pittore fanese Enzo Bonetti. Una lapide a sinistra ricorda Arnol-fo Rinalducci: è sormontata da medaglione in pit-tura di Arnolfo, morto nel 1620. Una lapide a de-stra ricorda il benefattore Luigi Rinalducci (morto nel 1617) ed è sormontata dal ritratto su lavagna (attribuito a Van Dyck) che, per trascuratezza di uomini e per eventi bellici è quasi scomparso. Nel-la parete di fondo una breve iscrizione ricorda i genitori del Canonico Attilio Zonghetti: Pasquale e Rosa. Le due finestre hanno vetrate istoriate della Ditta Felice Quentin di Firenze11.

lungo la navata minore di sinistra, all’altezza del-la terza campata, si affaccia la rinnovata cappella della Madonna Pellegrina così denominata dalla statua della Vergine (collocata entro un’edico-la pseudo gotica disegnata dal fanese Vincenzo bonetti) dono fatto al vescovo Vincenzo ii del signore dal sovrano ordine equestre del santo sepolcro di Gerusalemme a ricordo della Peregri-natio Mariae del 1949-50 (vedi anche il capitolo I restauri del Novecento di Gianni Volpe, sempre in questo volume). Già cappella del santissimo sacramento fu originariamente eretta nel 1379 dal vescovo leone ii (noto come leoncino); in seguito fu restaurata dal patrizio fanese Miche-langelo arnolfi, che la ottenne in patronato dal vescovo antonio ii da Pinerolo nel 1499. dedi-cata a nostra signora del sacro cuore di Gesù al tempo del vescovo Vincenzo i franceschini fu arricchita con un ancòna in legno con decorazio-ne del pittore fanese Pasquale Garofani. le due finestre a sesto acuto hanno oggi nuove vetrate istoriate della ditta Quentin di firenze con le figure dei santi alfonso de’ liguori e bernardo da chiaravalle: vetrate messe in opera dopo i restauri seguiti ai danni bellici del 1944 (vedi anche il capitolo Le artistiche vetrate di

Gianni Volpe sempre in questo volume). si è solo salvato il pavimento in piccole mattonelle di ceramica con i simboli delle litanie laureta-ne, realizzazione dell’allora direttore della locale scuola d’arte Vittorio Menegoni. sulle pareti restano incastonate due antiche iscrizioni:

sulla sinistra quella che ricorda il vescovo Leone II è del 1379, l’altra il grande benefattore Michelan-gelo Arnolfi12.

sulla fascia in pietra sopra lo zoccolo corre, lungo le tre pareti della cappella, questa lunga scritta

aVe Vrna aVrea continens Man-na caeleste tV benedicta inter MVlieres aVe caVsa salVtis aVe re-Gina Pacis

sulla seconda campata della navata minore di de-stra si apre la cappella di san Paolo, eretta dalla famiglia negusanti in onore di san Placido. Più tardi, in un documento di sacra Visita del 1610-11, risulta in patronato della famiglia Palazzi. subì trasformazioni sul finire del sec. XiX e nel corso dei restauri del 1940 della cattedrale ebbe pareti, ancòna, pavimento e balaustra in mar-mo. la tela che rappresenta la Conversione di San Paolo sulla via di Damasco risale al sec. XVi ed è stata attribuita – peraltro senza prova di do-cumenti – al Vasari. le due vetrate con le figure dei santi cirillo e bernardo, originariamente eseguite dal professor Vittorio Menegoni per la cappella della Madonna Pellegrina, frantumate dagli eventi bellici del 1944 e restaurate dal ve-traio fiorentino G. Polloni, sono state qui collo-cate così come le analoghe vetrate dell’adiacente cappella dell’addolorata, dove nel 1967 è stata collocata la tomba del vescovo Vincenzo ii del signore, ornandola con l’antico frammento del cosiddetto “sarcofago del citarista”, sorte toc-cata anche al bel frammento romanico del “Pa-stori adoranti” utilizzato nel 1985 come orna-mento della tomba del vescovo costanto Micci:

Il presbIterIo e le cappelle

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tomba incassata sotto un originario contrafforte (decorato in parte da tracce di un affresco) ri-portato in luce sulla parete laterale di sinistra. Quest’ultima cappella conserva ancora l’origi-naria volta a crociera con costoloni. fu rilevata nel 1617 dalla famiglia patrizia dei Martinoz-zi che la dedicarono a san Gerolamo. subì poi passaggi di proprietà, manomissioni e restauri vari come quelli eseguiti nel 1937 in memoria e suffragio del notaio bruno striccioni. come precisa l’asioli

i restauri centenari della Cattedrale nel 1940 le diedero altare, rivestimento di pareti, pavimen-to di marmo e il simulacro della Vergine. […] Miglioramenti post-bellici soppressero un cancello, sostituito da balaustrina in marmo13.

conclude la serie di cappelle della navata destra la cosiddetta cappella nolfi, di gran lunga la più monumentale e ricca, la cui trattazione, per l’importanza che tale ambiente riveste nella sto-

ria della cattedrale fanese, si può leggere nello specifico capitolo curato da rodolfo battistini, sempre in questo volume.resta infine da ricordare – abbattuta durante il rifacimento della vecchia canonica – l’ampia sagrestia capitolare, caratterizzata da belle cre-denze in noce. nella parete di fondo, un arco precedeva un al-tare con statua del “sacro cuore” e, ai quattro angoli della stessa, erano poste entro nicchie le statuette in terracotta dei quattro protettori di fano (san Paterniano, san fortunato, sant’eu-sebio e sant’orso), riprodotti anche in altret-tante tele dipinte. lapidi ricordavano legati di Messe e i vescovi angelo ranuzzi (1690), Gio-vanni iii Giberti e Giacomo iii beni (1706). di quest’ultimo è tuttora conservata anche la lapide tombale14.della lunga storia narrata attraverso le lastre tombali, le lapidi e le iscrizioni tratta esaurien-temente la scheda Iscrizioni ed epigrafi nelle pa-gine successive.

frammenti di affresco (sec. XV) sopravvissuti alle trasformazioni cinquecentesche, posizionati nella prima campata laterale sinistra

la Basilica cattedrale di fano

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cappella disan Paolo

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cappella sepolcraledei Vescovi

la Basilica cattedrale di fano

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cappella nolfi

A fronteParete d’ingresso alla

cappella del battistero e monumento funebre

del vescovo alessandro i castracane

Il presbIterIo e le cappelle

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note

1. l. asioli, La Cattedrale Basilica di Fano, stabilmento tipo-grafico “bramante”, Urbania 1975, p. 49. 2. P.M. amiani, Memorie istoriche della Città di Fano, 2 voll., Giuseppe leonardi, fano 1751, vol. ii, p. 296.3. Ibidem.4. c. selvelli, Fanum Fortunae, tipografia sonciniana, fano 1943, pp. 113-123. 5. l. asioli, op. cit., p. 49. 6. Vedi scheda tecnica di i. bacchiocca, in aa.VV., Restauri 1998/’99, “Quaderni della fondazione”, Grapho5 litografia, fano 2001, pp. 20-24.7. G. Gori, Documenti d’archivio sul pittore fanese Giuseppe Luzi, in “nuovi studi fanesi”, 4 (1989), pp. 115-119. cfr. r. bernar-delli calavalle, Le iscrizioni romane del Museo Civico di Fano, fano, offset stampa, 1983; G. Ugolini, Il Museo Diocesano, in “Memoria rerum” iV, 2013, pp. 49-76.8. l. asioli, op. cit., p. 58.9. Ibidem, p. 62.10. Ibidem, p. 57.11. l. asioli, op. cit., p. 57.12. Ibidem, pp. 58-59.13. Ibidem, p. 59.14. Ibidem, p. 63.


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