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LA BORSA CONTINUA DEL LAVORO -...

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LA BORSA CONTINUA DEL LAVORO GUIDA ALL'ANALISI PER COMPETENZE
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LA BORSA CONTINUA DEL LAVORO

GUIDA ALL'ANALISI PER COMPETENZE

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Sommario

LE COMPETENZE NEL MERCATO DEL LAVORO E NELLE POLITICHE ATTIVE .............................................7 I DIVERSI USI DEL TERMINE COMPETENZA ...............................................................................10 LE ORIGINI DEL MODELLO PROPOSTO DA ITALIA LAVORO.............................................................15 IL MODELLO CONCETTUALE UTILIZZATO DA ITALIA LAVORO..........................................................18 LA MAPPATURA DELLE COMPETENZE ......................................................................................22 I PASSI PER L’APPLICAZIONE DELLA METODOLOGIA ....................................................................23 LA COSTRUZIONE DEI PORTAFOGLI DI COMPETENZE DELLE PERSONE ...............................................27 LE COMPETENZE E GLI STRUMENTI DELLA BCNL.........................................................................29

ALLEGATI........................................................................................................................31

MAPPA DEI PRINCIPALI RIFERIMENTI CONCETTUALI NELLO SVILUPPO DEL CONCETTO DI COMPETENZA .......32 CENNI SULL’EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI COMPETENZA E QUADRO DELLE PRINCIPALI ESPERIENZE

EUROPEE...............................................................................................................33 L'APPROCCIO INDIVIDUALE ALLE COMPETENZE: ORIGINI ..............................................................33 L'APPROCCIO ISFOL........................................................................................................35 L’APPROCCIO DELLA COMPETENZA ESPERTA (EXPERTISE) .............................................................38 L’APPROCCIO PER COMPETENZE NELL’ESPERIENZA DEI PAESI EUROPEI.............................................40 L’ESPERIENZA FRANCESE: IL BILANCIO DI COMPETENZE..............................................................43 L’ESPERIENZA ED IL MODELLO ANGLOSASSONE .........................................................................50 L’ESPERIENZA TEDESCA.....................................................................................................54 L’ESPERIENZA TEDESCA.....................................................................................................54 L’ESPERIENZA ITALIANA ....................................................................................................56

L’APPROCCIO PER COMPETENZE NELLE IMPRESE ..........................................................................64

MODELLO OPERATIVO CONDIVISO PER LA FORMALIZZAZIONDELLE COMPETENZE..........67 SCHEDA DI RILEVAZIONE PROFILI................................................................................76

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Premessa

Concetto simbolo della nostra epoca, la competenza ha assunto nel dibattito sociale

un ruolo centrale in seguito ai profondi cambiamenti intervenuti nel contesto socio

economico a partire dagli anni 70:

- l’innalzamento della scolarità degli individui e la sempre maggiore richiesta di

professionalizzazione che poggia su conoscenze e capacità complesse non

confrontabili con quelle delle generazioni precedenti;

- la crescita dell’”intelligenza applicata al lavoro" come risultato della maggiore

complessità dei processi produttivi;

- il cambiamento dei rapporti dell'impresa e del suo ambiente, caratterizzato da un

aumento del livello di competitività che conduce l'impresa ad immaginare forme di

organizzazione più reattive e più vicine al cliente e ad utilizzare, a questo fine, in

modo più decentralizzato le risorse di ognuno;

- la trasformazione dei rapporti di lavoro verso forme di contrattuali cosiddette

“atipiche” .

È in questo contesto che si pongono al centro dell'attenzione dei molti soggetti

interessati allo sviluppo del lavoro: parti sociali, istituzioni, imprese, le tematiche

relative all'evoluzione e all'adeguamento professionale dei lavoratori occupati nei vari

settori economici, e si verifica l’evidenziazione del concetto di competenza.

In termini generali, quindi, il concetto di competenza prende vita e si sviluppa nel

dibattito sociale all'interno delle analisi sul significato di innovazione e di

cambiamento nei diversi contesti organizzativi, nella società e nel lavoro.

Il mutamento ha determinato per le organizzazioni, la necessità di rivedere

costantemente i propri contesti tecnologici e di mercato e, contemporaneamente, ha

imposto di ridefìnire i contesti di azione degli individui, le modalità di costruzione e

applicazione dei saperi, i confini delle attività.

All'interno di questo quadro la natura del contributo umano nell'organizzazione

lavorativa e in modo più ampio nell'organizzazione sociale cambia poiché il

consolidato binomio capitale/lavoro posto alla base dei tradizionali processi produttivi

si è arricchito di un terzo elemento: la conoscenza.

Per l'organizzazione, infatti, oggi è necessario non solo produrre conoscenza ma

anche elaborare, diffondere e conservare al suo interno la conoscenza e il sapere.

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Alla centralità della conoscenza corrisponde la proposta di una categoria di analisi e

descrizione del lavoro costruita attorno al sapere agito: la competenza. (Meghnagi,

1992, Ajello, Cevoli, Meghnagi 1992).

La Comunità Europea recependo le trasformazioni in atto ha svolto un importante

ruolo di stimolo fornendo specifiche linee di indirizzo.

L'obiettivo che la Commissione Europea indica agli stati membri per l'inizio del nuovo

millennio è: "preparare gli europei ad una transazione morbida verso una società

fondata sull'acquisizione di conoscenze e nella quale non si smetta di apprendere e

insegnare per tutta la vita. In altri termini, verso una società conoscitiva".

Preoccupata della promozione sociale, dello sviluppo personale, della capacità dei

lavoratori di inserirsi e rimanere sul mercato del lavoro, la Commissione segnala i

grandi cambiamenti che caratterizzano la nostra epoca. “La mondializzazione degli

scambi, la globalizzazione delle tecnologie in particolare l'avvento della società

dell'informazione, hanno aperto agli individui maggiori possibilità d'accesso

all'informazione e al sapere. Ma nello stesso tempo questi fenomeni comportano una

modificazione delle competenze acquisite e dei sistemi di lavoro. La posizione di

ciascuno nello spazio del sapere e della competenza sarà decisiva. Questa posizione

relativa, che si può qualificare come "rapporto conoscitivo" strutturerà sempre più

intensamente la nostra società”.

Il tema della centralità della conoscenza (come elemento oggettivo epocale

caratterizzante) e, specularmente, quello della competenza (come strumento

d'interazione soggettiva con il cambiamento epocale) è posto qui in tutta la sua

forza.

Il Libro Bianco della C.E.: Insegnare ed apprendere. Verso una società conoscitiva,

redatto in occasione dell'anno europeo dell'istruzione e della formazione lungo tutto

l'arco della vita (1996), evidenzia in modo netto che:

- l'adeguamento delle professionalità ai mutamenti tecnologici, organizzativi,

gestionali, ecc. del contesto produttivo e dei servizi, costituisce un'esigenza

imprescindibile del sistema economico europeo;

- il rinforzo continuo delle competenze dei lavoratori garantisce loro maggiori scelte

professionali e maggiore autonomia nel prefigurare percorsi di camera e di

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mobilità, anche a livello transnazionale, contribuendo quindi al mantenimento e

allo sviluppo dell'occupazione.

Lo stesso Libro Bianco ed altri contributi tecnici derivanti da esperienze dirette di

gestione della formazione continua indicano inoltre che vi è necessità di una

"trasformazione di contenuto", in modo da mirare all'adattamento dei comportamenti

e allo sviluppo del knowledge, più che alla conoscenza astratta, tipica della

formazione tradizionale.

In sintesi le rapide trasformazioni e innovazioni tecnologiche e organizzative e le

conseguenti ricadute sui processi di lavoro, l’enfasi sul ruolo della risorsa umana

come fattore di efficacia e di vantaggio competitivo per le imprese, le innovazioni e le

riforme a livello istituzionale possono essere considerate un terreno fecondo sul quale

sono cresciute, e stanno crescendo le iniziative e gli interventi di studio, analisi e

sviluppo delle competenze individuali ed organizzative.

Ulteriore elemento di attenzione alla “competenza” come oggetto reale di scambio

nel mercato del lavoro è dato dal cambiamento della struttura dei rapporti.

Nello scambio tra forza lavoro/prestazione professionale e retribuzione è mutata la

continuità del rapporto sempre più legato ai riflessi sull’organizzazione delle

dinamiche del mercato.

Decrescente la possibilità di un rapporto basato su di una bassa retribuzione

“premiata” però dalla certezza della sua durata, elemento di premio, ma anche di

premessa alla gestione dell’incertezza nella continuità occupazionale, è divenuta la

possibilità/promessa di un accumulo di caratteristiche di sapere e competenze che

aumentino l’occupabilità individuale.

In questo quadro si innesta il forte legame con la riforma del mercato del lavoro

segnata dalla Legge Biagi (legge 30) e dalla decretazione collegata.

L’avvio della Borsa Nazionale Continua del Lavoro con l’affermazione degli obiettivi di

allargamento nell’accesso alle opportunità occupazionali direttamente veicolate dalle

imprese e/o reperite tramite il vasto sistema degli intermediari pubblici e privati

interconnessi alla Borsa, amplia le opportunità per il cittadino alla ricerca di lavoro sia

in termini di conoscenza dell’offerta che di accesso a servizi a supporto della sua

ricerca/movimento nel mercato del lavoro. Nello stesso tempo si specifica la ricerca

di servizi qualificati che permettano di progettare il proprio sviluppo e di gestire in

modo attivo il riposizionamento professionale.

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La disponibilità, nei servizi collegati alla Borsa, di un repertorio delle professioni

basato sulla richiesta reale di competenze espressa dalle imprese, rappresentativo

delle tendenze nazionali del mercato del lavoro e integrato con strumenti a supporto

delle attività di orientamento basati sulla costruzione del portafoglio competenze e

l’elaborazione del bilancio di prossimità, è coerente con lo sviluppo e qualificazione

del sistema di servizi alla persona e all’impresa che la legge disegna.

Disponibile nella strumentazione messa a punto per l’offerta sussidiaria alle regioni,

si propone quale paradigma di riferimento: per lo sviluppo di politiche rivolte alla

gestione del mercato del lavoro, alla progettazione innovativa della formazione

professionale, alla diffusione e accessibilità di saperi nei processi di distribuzione della

conoscenza.

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Le competenze nel mercato del lavoro e nelle politiche attive

La competenza risulta una categoria in grado di rappresentare l’attuale realtà del

lavoro in continua trasformazione, una realtà sempre più difficilmente

rappresentabile tramite costrutti quali mansione, qualifica, ruolo.

Oggi ci troviamo di fronte a nuovi modelli di descrizione/interpretazione del lavoro

derivati dal concorso di diversi elementi innovativi che si riscontrano nell’attuale

forma di organizzazione delle attività.

In primo luogo la nuova “condizione lavorativa” è spesso caratterizzata da forte

carattere cognitivo, alta competenza nell’utilizzo delle tecnologie, all’individuo sono

sempre più richieste capacità di risoluzione di problemi e di creatività, vale a dire di

risposta alle situazioni “mutevoli” alle “varianze” che sono sempre più numerose e

rilevanti.

In secondo luogo il mercato del lavoro viene sempre più a caratterizzarsi per il

progressivo passaggio da forme di lavoro prevalentemente a tempo indeterminato in

cui la carriera lavorativa delle persone si sviluppava all’interno della stessa impresa,

a forme caratterizzate da una pluralità di rapporti di lavoro quali, il contratto a tempo

determinato, il contratto di formazione lavoro, il part-time, l’apprendistato, lo stage,

il tirocinio formativo, il lavoro interinale, ecc.

Si sta verificando, quindi, un forte mutamento nella domanda di lavoro che va

caratterizzandosi per maggiore presenza di nuove forme contrattuali, anche in

ragione dei cambiamenti normantivi, e dal ricorso sempre più frequente da parte

delle imprese alla pratica dell’outsorcing o della terziarizzazione.

In una “realtà del lavoro” complessa e in continua evoluzione come quella descritta si

comprende il rilievo che può assumere la competenza come categoria in grado di

interpretare e di essere strumento per rendere più dinamico il sistema lavoro e

l’incontro domanda offerta.

Mentre a livello di impresa è ormai d’uso definire su “modelli di competenza” i nuovi

sistemi di gestione del personale, a livello sociale e di mercato del lavoro esso fa la

sua apparizione prevalentemente in due forme di applicazione: Le politiche di

indirizzo del mercato e l’incontro lavoro-formazione.

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Da un lato infatti i nuovi modi di regolazione del mercato si concentrano sulla

costruzione di un mercato del lavoro sempre più libero; la negoziazione tra lavoratori

e datori di lavoro si svincola parzialmente dal riferimento al titolo di studio e ciò che

viene scambiato su un mercato attivo e ben informato è la competenza, quale bene

privato di ciascun lavoratore.

Il concetto di competenza fa si che al tradizionale riferimento contrattuale al “posto

di lavoro” si sostituisca il riferimento alla capacità di adattamento alle caratteristiche

del contesto.

Dall’altro la logica della competenza come sapere in azione porta ad una integrazione

tra la formazione e lavoro. I sistemi di formazione iniziale e di formazione continua si

integrano, per preparare le persone ad affrontare le riconversioni frequenti.

Il concetto di competenza può essere posto al servizio delle politiche attive per il

lavoro soprattutto in quanto può rappresentare il “linguaggio comune” tra mercato

della domanda e dell’offerta.

Vale a dire che l’utilizzo di questo concetto, insieme ad un modello condiviso di

analisi, descrizione e valutazione delle competenze, favorisce la chiarezza

metodologica per l’impostazione delle azioni e dell’insieme di attività/servizi che

mirano ad incidere sul funzionamento del mercato del lavoro:

- rendendo più articolato il matching domanda offerta

- guidando il processo di orientamento dei lavoratori;

- individuando percorsi di riqualificazione/formazione professionale

- facilitando la raccolta di informazioni sull’andamento del mercato del lavoro (quali

sono le competenze richieste dalle aziende)

La disponibilità di un linguaggio condiviso per cui la domanda e l’offerta di

professionalità e di formazione si esprimano in termini confrontabili, può facilitare

l’individuazione delle divergenze/incoerenze tra i due ambiti e l’intervento per ridurle

e rimuoverle.

Un modello d'intervento basato sulle competenze prevede l’implementazione di:

- un sistema di definizione della domanda di professionalità, (anche in termini di

tendenze evolutive in atto e future) rispetto alle esigenze delle aziende, dei settori,

del contesto socioeconomico generale;

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- un sistema di definizione dell’offerta di professionalità basato su rilevazioni, analisi

e comparazioni delle competenze;

- la redazione di dizionari di competenze come strumenti con cui si costituisce lo

scambio: essi sono un patrimonio che viene continuamente diffuso, utilizzato,

verificato e arricchito, patrimonio informativo di base che permette al sistema di

consolidarsi.

- un sistema di classificazione delle professioni, da cui far derivare la definizione

delle competenze necessarie alla costruzione dei profili professionali.

L’utilizzo costante, confrontato e partecipato, da parte di più soggetti sociali,

istituzionali, privati, interessati degli stessi strumenti costituisce il fondamento per lo

scambio continuo e l’opportunità per superare le tradizionali opposizioni e

discontinuità tra chi domanda e chi offre lavoro.

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I diversi usi del termine competenza

La competenza è un oggetto di studio che ha assunto rilevanza nelle discipline

pedagogiche, nella formazione professionale e manageriale, nello studio e analisi

delle carriere professionali, nella gestione della risorsa-uomo nelle organizzazioni,

nella psicologia differenziale e vocazionale, nell'orientamento professionale e nella

varie forme di counseling.

In questi ambiti di ricerca e di intervento hanno preso corpo modi di pensare la

competenza che veicolano modelli diversi di persona e di individuo al lavoro, che

attribuiscono più o meno rilevanza all'esperienza, che differenziano i criteri di

valutazione e che, in definitiva, predefiniscono il campo di applicazione concreta.

L’evoluzione e puntualizzazione del costrutto nei diversi contesti applicativi fa si che

vengano privilegiati alcuni aspetti tralasciandone altri. Di seguito sono focalizzate

diverse prospettive di studio della competenza professionale e il loro possibile utilizzo

in diversi contesti.

Un primo approccio è quello che valorizza la dimensione soggettiva della

competenza. In esso viene valorizzato non tanto quello che la persona fa in un

determinato contesto, quanto quello che sa o potrebbe fare.

La competenza professionale è intesa come esito di un investimento personale

sostenuto dall'esperienza, che risulta essere relativamente indipendente dal lavoro

effettivamente svolto.

In sintesi in questa prospettiva la competenza professionale è un insieme di attributi

o risorse costruiti dal soggetto nel suo percorso di sviluppo che si connota come

"potenzialità" disponibile all'interno della propria organizzazione o esportabile in

contesti diversi dall'attuale posizione lavorativa.

Un secondo approccio tende ad affrontare l’analisi e la descrizione della competenza

professionale da un punto di osservazione maggiormente contestualizzata dal punto

di vista organizzativo. La competenza professionale è rappresentata come l'insieme

delle skills definite e formalizzate dall'analisi dei processi produttivi e delle posizione

di lavoro.

In questa prospettiva è il processo lavorativo e le attività di lavoro che identificano i

confini e il contenuto della competenza professionale. Il lavoratore competente è

colui che si adatta alle richieste del processo produttivo producendo azioni conformi

alle attività e ai compiti previsti. Questa modalità attualizza l'idea che la competenza

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è riconducibile a ciò che il soggetto fa o dovrebbe fare, concretamente nelle situazioni

di lavoro.

La competenza professionale può anche essere vista come esperienza personale e

costruzione collettiva. Questo approccio cerca di esplorare il concetto di competenza

professionale all'interno di un paradigma interpretativo di tipo interazionista, nel

quale si considerano gli attributi o risorse della persona e le caratteristiche della

situazione.

La competenza professionale è qui definita come risultato dei processi psicologici e

sociali specifici che caratterizzano l'interazione soggetto-organizzazione. La

competenza è l'insieme di strategie cognitivo-comportamentali che una persona ha a

disposizione per rispondere alle richieste di uno specifico contesto lavorativo e,

contestualmente, l'insieme delle conoscenze, delle rappresentazioni, delle

aspettative, delle idee su di sé in quanto lavoratore, costruite nelle interazioni

organizzative.

Può essere definita, tra l'altro, un modo di pensare, uno stile di azione, attraverso cui

si costruiscono ipotesi di gestione e controllo dei compiti e delle situazioni di lavoro.

In questo approccio si vuole sottolineare il carattere costruttivo e dinamico della

competenza e si enfatizza l'importanza dell'esperienza e del confronto sociale come

processi essenziali che ne determinano la sua progressiva costituzione.

Altra prospettiva e quella che analizza la competenza come partecipazione ad una

comunità di pratiche professionali. Ci si propone di superare una visione

individualistica della competenza professionale.

Questa modalità di studio e di intervento non è tanto interessata ad una ricostruzione

precisa delle singole skills necessarie alla produzione di una risposta competente, ma

tenta di cogliere, attraverso metodiche antropologiche, la natura delle pratiche

lavorative concrete osservando i contesti in cui si attivano i processi mentali e sociali

di costruzione delle risposte competenti. Queste ultime sono intese come esito di un

processo di socializzazione alla professione e di costruzione di un "mondo di

significati" comuni, sia per quanto riguarda la visione della realtà lavorativa, che per

quanto riguarda i tipi di azioni e le soluzioni che vengono progressivamente giudicate

utile pertinenti in quella specifica comunità professionale.

Alla non univocità e alla differenziazione delle definizioni in uso corrisponde anche

un’estrema varietà dei fattori individuati come componenti della competenza ed

inclusi negli elementi dei suoi componenti.

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Questi componenti ed elementi della competenza sono quanto mai articolati e

consistono in una composita serie di elementi intellettuali, conoscitivi, affettivi,

motivazionali, culturali che finiscono per rendere la competenza qualcosa di quanto

mai indifferenziato ed onnicomprensivo.

In ambito formativo Pellerey (1983) definisce la competenza professionale come

"l'insieme strutturato di conoscenze, capacità e atteggiamenti necessari per svolgere

un compito".

Più recentemente Quaglino (1990) definisce la competenza "la qualità professionale

di un individuo in termini di conoscenze, capacità e abilità, doti professionali e

personali".

In entrambe queste definizioni la competenza è definita come un insieme di

elementi/dimensioni che concorrono all'efficacia di un comportamento professionale.

È da notare che, seppur in modo diverso, la competenza non è descritta solo in

termini di sapere e saper fare ma fa riferimento anche a caratteristiche personali e

individuali.

In ambito psico-pedagogico il concetto di competenza è analizzato in termini generali

come "elemento portante di un'azione che si qualifica per la sua coerenza rispetto

alle situazioni e per la sua efficacia rispetto alle questioni da affrontare" o come

"elemento per consentire un agire fondato su una comprensione del campo d'azione

e una possibile previsione degli esiti del proprio agire" (Meghnagi, 1992).

Potrebbe quindi essere considerata come l'esito di un processo di costruzione di

specifiche abilità, fondato sulla elaborazione di conoscenze di diversa natura

progressivamente acquisite, la competenza è qui concettualizzata all'interno di più

ampi processi di apprendimento e di sviluppo.

Tali processi tendono a coniugare le conoscenze di senso comune con conoscenze

disciplinari specifiche progressivamente sviluppate e si fondano sulla capacità di

controllo e di monitoraggio del "sapere" posseduto, sulla base di diversi codici di

regolazione.

In questa prospettiva l'esperienza, e l'apprendimento che da questa può derivare,

assumono una particolare rilevanza nel processo di costruzione della competenza.

Sinteticamente, la competenza dal punto di vista del soggetto, può essere allora

definita come "un insieme di saperi di diversa natura e di abilità per agire più o meno

consapevolmente il proprio spazio di vita. L'efficacia di tali azioni è comunque

connessa a un tempo dato e rispetto a una comunità sociale determinata".

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All'interno di questa modalità interpretativa si considera la competenza da un lato

come una struttura profonda, un sistema di regole indipendenti dal contesto

(Chomsky, 1965) o, all'opposto, come un complesso di strategie sperimentali di

accrescimento del proprio equilibrio conoscitivo, manipolativo, strumentale, sociale

da parte del soggetto.

Nell’approccio oggi più diffuso in ambito aziendale la questione della competenza

professionale, si focalizza sulla individuazione delle "competenze di successo".

McClelland, cui si fa risalire tale approccio, afferma che la competenza è un insieme

di "caratteristiche misurabili" di una persona che consentono di distinguere in modo

attendibile gli outstanding dai typical performer in un particolare lavoro. Queste

caratteristiche sono predittive di una performance superiore.

In questa prospettiva la competenza è sempre "particolare competenza" ed è sempre

riferita ad uno specifico campo di attività.

Anche gli studi sull'expertise, seppur da un altro punto di vista, affrontano il tema

della competenza riferendola ad uno specifico campo disciplinare e professionale.

La competenza è definita come expertise in azione; è costituita da un sapere

specialistico, è ricca del sapere comune, è conoscenza di contesti ed è esperienza in

trasformazione (Re, 1990).

La competenza professionale anche in questi studi non è mai anonima. È un insieme

di sapere professionale empirico e scientifico rivolto alla soluzione di problemi

concreti ed è ricca di abilità specificatamente orientale alla formulazione e al

monitoraggio di un piano di comportamento professionale.

In Italia, a partire dai primi anni ‘90, si è sviluppato un importante tentativo di

elaborazione di un modello e di standard per l’analisi delle competenze finalizzati allo

sviluppo professionale, al ridisegno dei modelli contrattuali, alla valorizzazione del

capitale umano in genere.

E’ un tentativo nato dalla necessità di dare risposte a profonde trasformazioni nei sistemi contrattuali, nella struttura del mercato del lavoro e nelle prospettive di valorizzazione delle professionalità delle persone lungo tutto l’arco della vita lavorativa. Tradotto in ricerche elaborate da gruppi di lavoro costituiti dalle parti sociali, constata la complessità di analisi delle competenza che si vede connessa a una molteplicità di fattori che fanno capo all’esperienza della persona: legati ai percorsi di crescita dei saperi posseduti,

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maturati all'interno del sistema formativo e al di fuori di esso, in relazione alla durata e ai contesti in cui una o più attività sia svolte, ai margini di autonomia e innovazione consentite, alle forme con cui si è svolto un dato lavoro, ai modelli di autorità e responsabilità attribuita o assunta. Tale complessità impone quindi processi complessi di diagnosi e di valutazione e la ricerca di una costante contestualizzazione.

Di fronte alla difficoltà di dar vita ad un sistema permanente di analisi basato su standard condivisi si è sviluppata, a partire dalla relazione competenze/formazione, una complessa relazione collaborativa tra le parti sociali, sindacati e imprenditori, per il riconoscimento della conoscenza variamente acquisita, la costruzione delle condizioni per uno sviluppo delle competenze, la ridefinizione dei contenuti contrattuali in relazione alle qualifiche e agli inquadramenti.

Le forme di questa collaborazione sono state delineate, in Italia, attraverso accordi che, nell'arco del decennio, si sono ripetuti, con un'enfasi sempre maggiore sui temi educativi. La collaborazione tra imprese e sindacati e la connessa nascita di "Organismi bilaterali", giuridicamente costituiti.

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Le origini del modello proposto da Italia Lavoro

A fronte della molteplicità di approcci e definizioni è utile porre l’attenzione allo sforzo

sistemico condotto da G. Le Boterf il quale, pur dando della competenza una

definizione di tipo “sapere in azione”, recupera gli elementi degli approcci di tipo

“caratteristiche della persona correlata a performance” sotto il nome di componenti o

risorse da mobilitare ai fini della competenza.

La soluzione proposta da Le Boterf consente di considerare in modo articolato e

integrato i diversi approcci esaminati.

Per la sua significatività in Italia il modello di Le Boterf è stato tradotto in

strumentazione metodologica operativa da più di un decennio e applicato in molte

imprese.

L’analisi svolta da Le Boterf può essere sintetizzata nel modo seguente.

Si dice che una persona (ma anche un'azienda) è competente quando sa fare bene

qualcosa (il “fare bene” può essere sostituito da “adeguatamente”, “in modo

eccellente”, “in modo distintivo”, o quanto altro).

Per fare “bene” qualcosa, in ogni situazione è necessario mobilitare di volta in volta le

risorse giuste.

Ogni individuo ha a disposizione una grande varietà di risorse: ma quali devono

essere mobilitate in ogni singolo caso? Nessuno lo può dire a priori, ma solo

l’individuo stesso in situazione.

Si può definire la “competenza” come questa capacità di scegliere e combinare le

risorse.

Questa spiegazione, tuttavia, anche se abbastanza convincente incappa, nel

momento della sua operatività, in grosse difficoltà.

Com'è che le persone operano queste combinazioni di risorse? È a questo punto che

le strade operative inevitabilmente divergono.

C'è chi (gli studi sull'expertise) si concentra proprio sulla capacità combinatoria in

quanto tale. Ma nella realtà operativa le strade prevalentemente ed effettivamente

seguite dai tecnici vanno in due diverse direzioni, mentre le imprese, come detto,

tendono a combinare liberamente elementi dell'uno o dell'altro approccio.

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a. Possiede la competenza chi compie le azioni “competenti”. Date le difficoltà a

individuare la “capacità combinatoria”, è l'azione l'unica vera prova che questa

capacità combinatoria esiste. Analizzare le competenze significa quindi in primo

luogo analizzare i processi e i loro risultati.

b. Possiede la competenza chi possiede certe caratteristiche. “Se, analizzando i

comportamenti (adeguati, buoni, eccellenti) scopriamo che certe caratteristiche

sono stabilmente presenti, possiamo ragionevolmente considerare questi elementi

come indicatori di competenza.

In sostanza, entrambi i filoni ammettono che la “competenza come capacità

combinatoria” c'è ma è difficile (impossibile) da “fotografare” direttamente; si può

solo inferire dalla verifica effettiva (azione) oppure dalla presenza di alcune delle

caratteristiche personali stabilmente presenti.

I problemi nascono dal fatto che da un certo punto in poi si cessa di far riferimento

alla “competenza-capacità combinatoria” (perché concetto operativamente vuoto) e

si finisce per parlare di competenza associandola all'azione (competenza come

azione, è competente chi dimostra di saper fare una certa attività) oppure

associandola a una data caratteristica personale (è competente perché possiede

quella caratteristica-competenza).

Ognuno dei due approcci presenta i suoi vantaggi e le sue difficoltà. Cioè nessuno dei

due, da solo, risponde all'ampia gamma di esigenze nelle diverse situazioni.

Il problema non è quindi quello di scegliere l'uno a vantaggio dell'altro. In questa

visione, infatti, si tratta di attrezzature da scegliere di volta in volta a seconda delle

esigenze. Se l'approccio “cassetta degli attrezzi” è accettabile, rimane tuttavia il

problema delle convenzioni linguistiche: non si può chiamare tutto "martello", così

non si può chiamare tutto "competenza". Se si attribuisce il termine alle risorse

(competenze-risorse), diventa difficile attribuire lo stesso termine alle azioni, e

viceversa. E' comunque un problema di convenzione linguistica.

Le Boterf nel suo modello propone:

- di affrontare la questione “competenze” in maniera sistemica, evidenziando cioè

l'insieme degli elementi del sistema;

- di definire “competenza” un'azione o pratica professionale di dimensioni adeguate

(correlata ad output verificabili, e quindi non troppo semplice (operazione) ne

pluri-output (processo, ciclo);

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- di chiamare "risorse" tutto ciò che la persona “mobilita” per la realizzazione

competente di una tale azione.

L'insieme di risorse si “combina” cioè in molteplici modi a seconda della necessità.

In sintesi, tale modo di vedere può essere così ricapitolato:

se la competenza è “caratteristiche in azione” la maniera più sintetica per individuare

una data competenza è quella di descrivere questa azione.

Per cui la competenza, che resta pur sempre una proprietà del soggetto, viene però

descritta attraverso un “verbo di azione”, con il sottinteso “è competente chi sa fare

bene questa azione”.

Ogni azione, in quanto concreta (un soggetto in un contesto) è sempre il risultato di

una quantità di risorse del soggetto medesimo, non di una sola; anche se non

necessariamente tutte le risorse sono mobilitabili o mobilitate di fatto.

Questa convenzione non entra in conflitto con due ambiti come quello che potremmo

chiamare "mercato del lavoro" e quello aziendale. In sistemi come quello inglese

(NVQ) o nella pratica aziendale, è prevalente la definizione della competenza in

termini di attività (“avviare la macchina”, “gestire il cliente”, “progettare un corso

formativo”.

E' evidente invece che nello schema di Le Boterf le “caratteristiche intrinseche” di -

Spencer e Spencer & C. sono chiamate "risorse".

Lo schema Isfol con questa ottica appare misto. Mentre, infatti, tutte le competenze

professionali appartengono al filone NVQ - azienda (sono azioni che derivano da

un'analisi dei processi) le “competenze di base” e “trasversali” hanno un carattere;

incerto; possono essere risorse (alla Le Boterf), mentre potrebbero essere azioni se

inserite in un processo.

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Il modello concettuale utilizzato da Italia Lavoro

Italia Lavoro ha elaborato un approccio originale per l’analisi delle competenze e

strumenti di lavoro consolidati e organizzati che sono resi disponibili e utilizzabili

attraverso gli strumenti collegati alla Borsa Continua Nazionale del Lavoro.

L’approccio scelto all’analisi delle competenze intende proporsi come riferimento

pratico, capace di cogliere il meglio delle diverse prospettive teoriche e

metodologiche, operando scelte finalizzate alla qualità e utilizzabilità del servizio.

Il concetto di competenza alla base della metodologia Italia Lavoro è molto vicino a

quello che oggi sembra riscuotere il maggior consenso soprattutto per le possibilità di

“operazionalizzazione” del costrutto e la comprensibilità e la facilità d’uso anche per

personale non specializzato.

- “La competenza è un comportamento derivante dal possesso e dall'applicazione di

conoscenze teoriche, di know-how specialistici, di capacità, di atteggiamenti ed

orientamenti mentali da parte delle persone”.

-

-

-

-

-

"L'insieme strutturato di conoscenze, capacità e atteggiamenti necessari per

svolgere un compito". Pellerey (1983)

"La qualità professionale di un individuo in termini di conoscenze, capacità e

abilità, doti professionali e personali". Quaglino (1990)

In tutti questi casi il concetto di competenza così come definito rimanda ad una delle

tipologie più note, forse la più nota, nel campo degli studi sullo sviluppo e

apprendimento della competenza, vale a dire alla tipologia:

sapere → conoscenze

saper fare → capacità/abilità

saper essere → comportamenti/atteggiamenti

Nel modello IL la definizione di competenza adottata si riferisce a “l’esercizio

integrato di conoscenze, abilità, e valori/comportamenti che consentono di realizzare

l'output di un'attività richiesta in una specifica situazione”.

La competenza, che di per sé è “in potenza”, diventa osservabile, valutabile,

sviluppabile solo se si trasforma in azione, cioè se si traduce nella realizzazione

dell'output di un'attività richiesta in una specifica situazione. Essa viene ad essere la

“matrice” dell'output (e quindi della prestazione).

Ne consegue che la descrizione/mappatura delle competenze può avvenire solo

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attraverso l'identificazione degli output (tangibili o intangibili) da queste generati.

La competenza viene considerata, analizzata e descritta in relazione (in quanto

collegata) ai processi di realizzazione (di prodotti o servizi) o, in ogni caso,

all’insieme di attività che generano in una specifica situazione un output dotato di

una propria completezza, una propria “autonomia”, un proprio valore riconoscibile.

La competenza risulta, dall’integrazione di tre tipologie di elementi “componenti”: le

conoscenze, le abilità e comportamenti che, sono integrati, appunto, nell’azione

dell’individuo in funzione del l'output da realizzare nella specifica situazione.

I primi due componenti fanno riferimento, rispettivamente, alla padronanza mentale

ed operativa, il terzo alla padronanza relazionale e comunicativa della persona.

Per quanto riguarda le conoscenze, esse denotano prevalentemente l'avvenuta

acquisizione/memorizzazione di un contenuto (fatti, concetti, regole, teorie, ecc);

fanno riferimento alla padronanza mentale, formale, di per sé astratta

dall'operatività. Attengono al sapere - e quindi anche al saper come (fare).

E' possibile individuare quattro categorie di conoscenze:

- Dichiarative/teoriche (saper comprendere). Permettono di comprendere un

fenomeno, un oggetto, una situazione; ne descrivono i componenti, la struttura, il

funzionamento. Possono essere concetti, conoscenze disciplinari. Es: teoremi,

principi di termodinamica, la legislazione europea, ecc.

- Procedurali (sapere come procedere). Servono a descrivere "come fare" e

permettono di disporre di regole per agire. Sono descritte in vista di un'azione da

realizzare. Possono essere procedure, modi di operare. Es: strategie o metodi di

risoluzione dei problemi, schemi di ricerca, modelli di analisi, regole operative,

ecc.

- Cognitive (saper ragionare - saper trattare l'informazione). Sono le operazioni

mentali necessarie alla formulazione, all'analisi e alla risoluzione dei problemi,

all'ideazione e alla realizzazione di progetti, alla creazione e all'invenzione. Es.:

operazioni di logica elementare: enumerare, classificare, distinguere, individuare,

…, operazioni più complesse: generalizzazioni induttive e costruttive,

ragionamenti analogici.

- Ambientali (sapere a cosa adattarsi). Sono le conoscenze relative al contesto

socio-tecnico in cui la persona interviene professionalmente: conoscenze

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organizzative, di processo, di materiali e prodotti. Es.: regole e stili di direzione,

cultura e valori organizzativi, regole sociali, caratteristiche dei clienti, ecc.

Le abilità denotano l'essere in grado di utilizzare specifici strumenti operativi

(tecniche, metodi, tecnologie ecc.). Attengono al (saper) fare.

Le abilità possono essere distinte in:

- abilità operative “formalizzate” (saper operare), vale a dire procedimenti, metodi,

strumenti per una applicazione pratica di una conoscenza procedurale. Esse

traducono in atto una procedura formalizzata. Es. utilizzare un sistema operativo,

utilizzare un specifico software, …. ecc.

- abilità operative “empiriche” (saperci fare), acquisite attraverso l’azione e

l’esperienza, in modo personale. Esse possono essere formalizzate con difficoltà e

per questo vengono definite “tacite”.

Conoscenze e Abilità possono avere rilevanza discriminante per l’esercizio della

competenza condizionando la qualità dell’output realizzato. Sono perciò indicabili

come elementi CHIAVE, il cui possesso è qualificante la competenza stessa.

Infine i comportamenti, coniugano doti e atteggiamenti personali con necessità

espresse dall'organizzazione e dalle persone clienti/utenti. Denotano l'essere in grado

di comunicare, operare, interagire, in coerenza con uno specifico contesto ambientale

e organizzativo e con i suoi valori di riferimento. Attengono al (saper) essere.

I comportamenti possono essere attinenti alla realizzazione operativa, all’assistenza

al servizio, alla gestione delle persone, all’efficacia personale.

I comportamenti riferibili alla realizzazione operativa sono orientati dal processo e

dagli output. Indicano: tensione al risultato, orientamento dell’efficienza, assunzione

di rischi, attenzione all’ordine, alla qualità, sforzo di ricerca di informazioni, rispetto

di policy aziendale e di procedura, ecc.

I comportamenti riferibili all’assistenza e servizio sono orientati dalla relazione

professionale positiva da instaurare o rafforzare per l’ottenimento dell’output.

Indicano attenzione e ascolto, sensibilità diagnostica, eterocentratura, orientamento

al cliente e all’utente, sensibilità verso le persone.

I comportamenti riferibili alla gestione delle persone sono orientati dalla

necessità/volontà di “influire” sulle persone. Indicano persuasività e influenza, uso

della complessità aziendale, costruzione di relazioni, consapevolezza organizzativa.

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Comprendono tutti i comportamenti denominati come manageriali legati allo sviluppo

delle risorse, alle diverse forme di supporto (coaching, assistenza, ecc.) alla gestione

intenzionale di leve comunicative, alla collaborazione/comparazione/condivisione, alle

diverse modalità di espressione della leadership nel gruppo (assunzione di

responsabilità, espressione di visione, innesco di motivazioni, ecc.)

Infine, i comportamenti riferibili all’efficacia personale sono legati direttamente alle

doti personali, dimostrano la maturità personale di fronte al lavoro, alle situazioni di

esercizio e agli altri.

La competenza, in quanto integrazione di elementi che garantiscono in un certo

contesto la realizzazione di un output, è osservabile nell’ambito di un processo.

Questo è il il luogo organizzativo in cui si realizza e nel quale è anche riconducibile al

profilo professionale che la esercita ricoprendo un determinato ruolo organizzativo.

Le competenze che compongono ogni singolo profilo, secondo il modello IL, possono

essere richieste a diversi livelli di intensità: il livello di intensità è immaginato come

un criterio che permette di distinguere le competenze che hanno rilevanza distintiva

nella realizzazione, in qualità, dell’output. La scala di distintività delle competenze è

così costituita:

• Livello “ingresso”: livello di esercizio della competenza che permette di

ottenere l’output nella sua forma più semplice e standard mediante

svolgimento di operazioni ripetitive su input standard e indicazioni sulla

singola operazione, con controllo del loro svolgimento e degli output

intermedi e finali;

• Livello “base”: livello di esercizio della competenza che permette di

ottenere l’output, anche nella sua forma più complessa, mediante

svolgimento di operazioni ripetitive su input standard e in base ad

indicazioni generali, con controllo sugli output finali; questo livello permette

di affrontare gli eventuali problemi ricorrenti la cui soluzione si basa su una

scelta condotta in base a regole o selezionando, all’interno di un repertorio

di comportamenti appresi, quello più adeguato e avvalendosi

eventualmente anche delle indicazioni del superiore e/o dei colleghi

• Livello “distintivo per l’apporto di gestione della variabilità”: livello di

intensità della competenza che permette di ottenere l’output in ogni forma,

mediante svolgimento di operazioni anche non ripetitive su input variabili,

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in base a indicazioni generali, con controllo sugli output finali; questo livello

permette di identificare e affrontare problemi anche nuovi, ma riconducibili

a quelli ricorrenti, la cui soluzione può essere elaborata a partire da regole

o dall’esperienza, avvalendosi anche delle indicazioni del superiore e/o dei

colleghi;

• Livello “distintivo per l’apporto innovativo”: livello di intensità della

competenza che permette di ottenere l’output in ogni forma e di innovare le

pratiche mediante cui quello stesso output è ottenuto identificando

interventi migliorativi da compiere sugli input o le operazioni; questo livello

permette di identificare e affrontare problemi anche unici, la cui soluzione

può richiedere anche uno studio specifico ed una sperimentazione.

Un profilo può evidenziare una o più competenze distintive;

La mappatura delle competenze

In riferimento alla definizione adottata di competenza si è detto che, questa che di

per sé è "in potenza", diventa osservabile, quando si traduce in azione nella

realizzazione dell'output di un'attività richiesta in una specifica situazione.

Essa è la "matrice" dell'output (e quindi della prestazione). Ne consegue che la

mappatura delle competenze può avvenire solo attraverso l'identificazione degli

output da queste generati.

I percorsi attraverso cui è possibile giungere alla mappatura delle competenze

tramite l'identificazione degli output sono diversi, le prospettive metodologiche che

possono essere prese in considerazione sono:

-

-

-

-

-

-

-

la prospettiva che collega le competenze a business e a strategia;

la prospettiva che collega le competenze ai processi organizzativi;

la prospettiva che collega le competenze a ruoli e alle famiglie professionali;

La scelta metodologica operata permette un'applicazione completa della seconda

prospettiva, che porta alla mappatura delle competenze presenti o necessarie ad

un’organizzazione di qualunque tipo essa sia attraverso l'identificazione:

dei processi (attuali o progettati) di produzione/erogazione dei prodotti o dei

servizi e dei relativi input e output di processo;

delle principali attività dei processi (e relativi output di attività);

dei ruoli coinvolti in ogni attività;

delle competenze necessarie per ogni output/attività;

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-

-

-

degli elementi costitutivi di ogni competenza.

La metodologia è tuttavia utilizzabile anche per le altre prospettive. Infatti:

L'evoluzione attuale della prima prospettiva porta a considerare come la

mappatura delle competenze a partire dagli output/prodotti costituisca il

momento iniziale per la stessa definizione della strategia di business.

L'evoluzione attuale della terza prospettiva - in un quadro che ha visto il

passaggio da profili di posizioni in sistemi aziendali organizzati per funzioni, a

profili di ruolo in sistemi aziendali organizzati per processi - porta a ritenere che il

ruolo “rappresenta un momento chiave di analisi sia per identificare le

competenze in un'ottica micro-organizzativa [...], sia per declinare a livello

individuale le competenze [...] già [...] definite” a partire dal business o dai

processi.

Il percorso di mappatura passa “attraverso un confronto fra una caratterizzazione di

ruolo e un elenco di competenze [...] fra cui scegliere".

L'analisi fornisce i repertori/dizionari di competenze rilevate e rende disponibili tutti i

dati per definire le competenze sul ruolo e valutare il livello di esercizio delle stesse.

I passi per l’applicazione della metodologia

La figura mostra il processo attraverso il quale si giunge alla definizione delle

competenze e dei profili di competenza riferiti alle figure professionali che

intervengono nei processi produttivi.

OBIETTIVO

DESCRIZIONE COMPETENZE:DI PROCESSO

DI PROFILO

ANALISI DI CONTESTO E DESCRIZONE DEI PROCESSI

ANALISI ATTIVITÀ/OUTPUT DI PROCESSO

ANALISI COMPETENZE ED ELEMENTI DI COMPETENZA

STESURA DIZIONARIO COMPETENZE

PROFILI

BILANCI DI PROSSIMITA

orientamento selezione formazione politiche per il mercato lavoro

Ve

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1. Analisi e rappresentazione dei processi aziendali

In questa fase si procede a descrivere i processi, le attività ed i relativi output

rilevanti nell’organizzazione.

Il primo step nell’applicazione della metodologia consiste nell’individuare e definire i

singoli processi aziendali in cui l’organizzazione si articola ed i relativi prodotti o

servizi realizzati attraverso di essi (output).

I dati sono rilevati presso le organizzazioni attraverso colloqui con la direzione e/o

responsabili i per definire una fotografia dei processi organizzativi e rappresentare:

- la tipologia di prodotti/servizi realizzati dall’organizzazione

- i processi primari (che consentono di garantire i prodotti/servizi finali) e i processi

di supporto (che supportano appunto i processi produttivi garantendo i necessari

servizi organizzativi, logistici, funzionali….)

- gli output dei processi di lavoro analizzati

2. Rilevazione delle attività/output intermedi per ogni processo

In riferimento agli obiettivi dell’analisi (es. mappatura delle competenze di un

ruolo/figura professionale, di un’unità operativa, di un processo specifico) si

individuano il processo o i processi su cui procedere ad un’analisi accurata.

In questa fase vengono individuate e descritte le “attività principali” in cui si può

scomporre il processo oggetto dell’analisi. Per attività principali si intendono quelle

attività che:

- garantiscono un reale valore aggiunto all’output del processo preso in

considerazione

- hanno, dal punto di vista organizzativo, maggiore completezza ed autonomia di

descrizione

- hanno un destinatario ben definito

- consentono di definire un “valore” anche economico dell’output.

Per ogni attività si definisce con precisione l’output dell’attività stessa. È

quest’output, definito intermedio, che garantisce visibilità e concretezza al risultato di

analisi.

In corrispondenza delle attività vengono indicati i ruoli/figure professionali coinvolti

nell’attività, i livelli di responsabilità che questi assumono relativamente alla qualità

dell’output, i flussi di comunicazione attivati per realizzare l’output e le risorse

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impiegate per la sua realizzazione in termini di materiali, macchinari, ed i metodi di

lavoro utilizzati.

3. Sintesi: mappa degli output e delle attività per processo/ruolo professionale

Al termine di questa prima fase di analisi può essere utile costruire una sintesi degli

esiti a seconda degli obiettivi assegnati: se si vogliono mappare le competenze di un

ruolo aziendale /profilo professionale viene costruita una mappa delle attività e degli

output in cui è attivamente coinvolto, segnalando in particolare quelle in cui assume

responsabilità sul risultato e sulla qualità dell’output.

4. Denominazione e descrizione delle competenze professionali

Per definizione la “competenza” è l’essere in grado di generare uno specifico output

di attività e pertanto viene denominata la singola competenza come: Essere in grado

di...(verbo)…(complemento oggetto); esempio essere in grado di stendere un

preventivo di costi.

La denominazione della competenza è pertanto tautologica rispetto all’output

dell’attività, il che risulta evidente dalla definizione stessa di competenza.

In base alla descrizione e alla precisazione degli elementi distintivi delle attività in

termini di:

- output

- input che avvia l’attività (elementi tangibili o informazioni, di norma mandati

aziendali o output di attività generati in precedenza)

- le risorse esterne utilizzate (strumenti, attrezzature, dati, informazioni, ecc.)

- le azioni e le operazioni necessarie per realizzare l’output specifico (il saper

come…)

- annotazioni che specificano le condizioni per la realizzazione dell’output di

competenza quali i vincoli predefiniti

-

5. Definizione/scomposizione della competenza nei suoi elementi costitutivi:

conoscenze, capacità, comportamenti

La competenza viene descritta nei suoi elementi costitutivi: conoscenze, abilità,

comportamenti.

Le conoscenze e le abilità rilevate sono specificamente quelle essenziali e

condizionanti la realizzazione dell’output dell’attività.

Non è necessario individuare tutte le conoscenze e le abilità, nella maggior parte dei

casi non si procede alla rilevazione di quelle abilità che vengono considerate

nell’organizzazione come pre-requisito all’esercizio di un profilo professionale, e che

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di norma attengono ai programmi di studio dei vari gradi dell’istruzione e della

formazione professionale di base (rintracciabili nella descrizione dei prerequisiti del

profilo).

I comportamenti vengono rilevati sull’insieme delle competenze, in quanto

generalmente assumono carattere di trasversalità rispetto al contesto di riferimento.

Per questa ragione pur nella consapevolezza che costituiscono elementi essenziali di

ciascuna competenza vengono rilevati globalmente sulla figura professionale di

riferimento.

Esempio di descrizione di una competenza professionale

INPUT = Elementi Flusso del processo tangibili o informazioni

che vengono

6. Redazione del dizionario di competenze

Al termine della rilevazione ed analisi delle competenze professionali si procede a

stilare il relativo dizionario che contiene:

- la denominazione e la descrizione delle competenze, con l’indicazione del processo

di lavoro in cui sono richieste e gli output di attività cui sono correlate

- la denominazione e descrizione delle conoscenze ed abilità e comportamenti

- l’indicazione dei livelli di padronanza attesi per ogni competenza ed elemento di

competenza

Fase 1 Fase 2 Fase 3 Fase n

Attività 1.1

Attività 1.3

Attività 1.2

Attività 1.n

Attività 2.1

Attività 2.3

Attività 2.2

Attività 2.n

trasformati e a cui viene OUTPUT = Risultato delprocesso ovvero prodottiaggiunto valore nelo servizi, tangibili oprocessointangibili consegnati aiclienti

………… …………………… …………………….

Attività INPUT OUTPUT

= Essere in grado di COMPETENZADescrizione degli elementi distintivi integrare le conoscenze , le abilità i dell’attività:

valori/comportamenti che • inputconsentono di realizzare l’output di • risorse utilizzate per elaborare eun’attività richiesta in una specifica modificare gli input situazione• strumenti, attrezzature, dati,

informazioni, tecniche e metodiutilizzati,…

ELEMENTI DI COMPETENZA =•azioni e operazioni necessarieconoscenze , abilità ,

• vincoli predefiniti (tempi, scadenze,tolleranze) valori/comportamenti

• responsabilità

………….

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In questa fase è necessario qualora non sia già stato fatto in precedenza, procedere

alla validazione con l’azienda degli esiti dell’analisi, con particolare riferimento alla

denominazione e descrizione delle competenze.

La costruzione dei portafogli di competenze delle persone

Il percorso attraverso il quale vengono raccolte le informazioni sulle competenze

possedute dalle persone che si presentano sul mercato del lavoro è descritto nella

figura seguente.

OBIETTIVO DESCRIZIONE

COMPETENZE UTENTE:

ANALISI DELLE ESPERIENZE LAVORATIVE

ANALISI DELLE ESPERIENZE DI STAGE, TIROCINIO, APPRENDISTATO

ANALISI DELLE ESPERIENZE EXTRALAVORATIVE

ANALISI DELLE ESPERIENZE FORMATIVE

PORTAFOGLIO COMPETENZE

COMPARAZIONE

COMPETENZEBILANCIO DI PROSSIMITÀ

INSERIMENTO LAVORATIVO ORIENTAMENTO

La rilevazione delle informazioni è strutturata in modo di permette una analisi

dettagliata delle competenze in possesso della persona.

L’obiettivo è che, conclusa la fase di rilevazione, si abbiano informazioni

sufficientemente esaurienti sulle esperienze professionali ed, in ragione del percorso

di servizio che si realizza, extraprofessionali - mediante la creazione del portafoglio

delle competenze - per realizzare secondo standard qualitativamente elevati:

- l’incrocio mirato domanda/offerta di lavoro

- l’analisi di gap per permettere l’avvio di un percorso formativo

- la costruzione di un progetto professionale personalizzato

ELABORAZIONE DI PROGETTIPROFESSIONALI

RIQUALIFICAZIONE

FORMAZIONESCELTA ATTIVITÀPROFESSIONALE

IMMEDIATOPercorsi di servizio

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- la valorizzazione dei risultati di azioni di politica attiva

Le informazioni relative al percorso personale e professionale vengono raccolte

seguendo una procedura che consente di organizzarle in modo sistematico.

Nella raccolta intermediata delle informazioni si procede sia con una modalità di tipo

descrittivo, permettendo alla persona di elencare in modo ordinato le proprie

esperienze formative, extra lavorative e lavorative, sia con una modalità di tipo

analitico che risulta da un lavoro di analisi delle proprie esperienze.

Con il supporto della strumentazione e l’azione dell’intermediario è possibile avviare

un processo virtuoso di scoperta progressiva che, a partire dall’esperienza

professionale, può effettivamente permettere alla persona di “ripensare” il proprio

percorso, anzitutto professionale, ma anche extraprofessionali, con un livello di

approfondimento che sarà in funzione dell’obiettivo di servizio.

Il campo di rilevazione delle informazioni comprende l’insieme di “risorse personali”

che l’individuo può investire nell’elaborazione dei progetti professionali e nella loro

realizzazione.

Si fa riferimento sia al capitale di formazione ed esperienze che può essere provato

da certificazioni e da diplomi sia alle conoscenze e abilità personali ed alle

caratteristiche come, gli interessi, i valori e gli atteggiamenti (comportamenti) che

orientano l’azione dell’individuo e che influiscono sul suo grado di motivazione.

Il momento di rilevazione e di sistematizzazione delle informazioni sulla propria storia

professionale rappresenta anche un lavoro di chiarimento per la persona stessa.

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Le competenze e gli strumenti della BCNL

Lo schema concettuale di riferimento utilizzato per lo sviluppo di strumenti e servizi è

quindi collocato nel solco dell’analisi delle competenze professionali ed è finalizzato:

al sostegno delle politiche attive del lavoro, allo sviluppo di attività di orientamento

professionale mirato, alla progettazione della mobilità nel mercato del lavoro, alla

conoscenza continua dell’evoluzione della domanda professionale espressa dalle

imprese. Destinatari sono principalmente gli intermediari pubblici e privati che

erogano servizi basati sulla BCNL e gli attori delle politiche per il mercato del lavoro,

ma il sistema può per essere utilizzabile anche direttamente da utenti finali.

Gli strumenti realizzati e la disponibilità di un quadro concettuale coerente

permettono di proporre la gestione delle competenze quale snodo per:

-

-

-

-

-

descrivere i contenuti professionali di un sistema economico/produttivo (locale e

nazionale)

realizzare comparazioni (bilanci di prossimità) e gestire i dati rilevati in relazione

alle richieste del mondo del lavoro

fornire supporti informativi/formativi e di orientamento in base ad analisi dei

bisogni reali e condivisi di competenze da parte dei soggetti economici

facilitare l’incontro domanda/offerta di lavoro su basi certe e reciprocamente

riconosciute

consentire la certificazione delle competenze acquisite sia in ambito di lavoro che

all’interno di percorsi di formazione strutturati ed erogare, tramite la

strumentazione integrata nella Borsa Continua Nazionale del Lavoro servizi che

permettono di:

• costruire i portafogli competenze delle persone

• descrivere, in modo puntuale, i contenuti delle figure professionali

attese dalle aziende

• realizzare attività di incrocio fra gli uni e le altre

• orientare la ricerca di sbocchi sul mercato del lavoro per le persone

• supportare la messa in chiaro di fabbisogni di risorse umane da parte

delle imprese

• facilitare la messa a punto di strategie e azioni per colmare gap

professionali

• fornire informazioni sui contenuti delle professioni

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• sostenere e integrare le politiche di orientamento scolastico

• fornire informazioni utili ad orientare flussi migratori

• monitorare l’evoluzione dei mestieri

• disegnare percorsi trasversali tra i mestieri a supporto di politiche di

mobilità e in generale di politiche attive nel MdL

• individuare informazioni sulle criticità dei contenuti professionali

(punti di debolezza rispetto all’evoluzione del mercato, fattori di

rischio, etc.)

• supportare l’evoluzione dell’offerta formativa professionale

• supportare politiche anticipatrici di fattori di crisi occupazionale

• supportare le azioni di gestione attiva delle risorse nell’azienda

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ALLEGATI

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Mappa dei principali riferimenti concettuali nello sviluppo del concetto di competenza

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Cenni sull’evoluzione del concetto di competenza e quadro delle principali esperienze europee L'approccio individuale alle competenze: origini

L'approccio nasce all'inizio degli anni 70, negli U.S.A., nell'ambito delle ricerche di

psicologia dell'organizzazione. Non si tratta di una scuola omogenea ma di un

complesso di autori che a partire da diversi approcci, assumendo l'importanza dei

processi che producono la motivazione nei rapporti sociali e di lavoro, cercano di

ancorare la ricerca sul "fattore umano" su basi più solide di quelle offerte dal

comportamentismo.

Tra gli esponenti di maggiore spicco di questo gruppo c'era lo psicologo del lavoro David

McClelland, il quale nel 1973, con l’articolo "Testing for competence Rather than

Intelligence" sostenne l'opportunità di usare, per la selezione del personale, la

valutazione delle competenze dei candidati piuttosto che i test di intelligenza o le

certificazioni scolastiche. Secondo l’autore, infatti, gli elementi in grado di predire la

performance sono le competenze, da individuare attraverso la ricerca empirica.

Richard Boyatzis, il più significativo allievo di Mc Clelland, contribuisce nel suo libro del

1982, The Competent Manager, ad approfondire il concetto di competenza

richiamandosi al lavoro di Klemp (1980) secondo il quale la competenza è una

“caratteristica intrinseca di un individuo e causalmente correlata ad una prestazione

efficace o superiore nella mansione". (Link 1)

Un decennio dopo, Lyle e Signe Spencer, in Competence at Work (1993), riprendono la

definizione di competenza di Boyatzis (pur con alcune differenze), rielaborandola

soprattutto in chiave di ulteriore operativizzazione del concetto, rendendola uno

strumento ancor più preciso e alla portata di un utilizzo gestionale.

Anche Spencer e Spencer definiscono la competenza come una “caratteristica intrinseca

individuale che è causalmente collegata ad una performance efficace/superiore in una

mansione o in una situazione, e che è misurata sulla base di un criterio prestabilito”.

Caratteristica intrinseca significa che la competenza è parte integrante e duratura della

personalità di un individuo, del quale può predire il comportamento in un'ampia gamma

di situazioni e di compiti di lavoro. Causalmente collegato significa che la competenza

causa o predice comportamento e risultati ottenuti. Misurata su un criterio prestabilito

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significa che la competenza predice chi esegue un lavoro bene o male, secondo criteri o

standard specifici.

Le caratteristiche intrinseche di una competenza secondo gli autori sono di cinque tipi:

Motivazioni. Gli schemi mentali, i bisogni o le spinte interiori che normalmente inducono

una persona ad agire.

Tratti. Caratteristiche fisiche ed una generale disposizione a comportarsi o a reagire in

un determinato modo ad una situazione o informazione.

Immagine di se'. Atteggiamenti, valori o concetto di sé.

Conoscenza di discipline o argomenti specifici.

Skill. La capacità di eseguire un determinato compito intellettivo o fisico.

Le conoscenze e le skill tendono ad essere caratteristiche osservabili e relativamente

superficiali (sono la parte emersa dell'iceberg). L'immagine di sé, i tratti e le

motivazioni sono "sommerse", cioè nascoste nell'intimo della personalità. (modello

dell’iceberg).

Questo significa che le conoscenze e le skills, in quanto parte emersa dell'iceberg, sono

relativamente facili da sviluppare attraverso la formazione le motivazioni e i tratti,

invece, in quanto parte sommersa dell'iceberg, sono più difficili da valutare e

sviluppare.

La diffusione del concetto di competenza di Boyatzis e la sua successiva rielaborazione

da parte di Spencer e Spencer è stata agevolata dallo sviluppo e applicazione nel

contesto statunitense della metodologia (link 2) basata su tale concetto da parte della

società di consulenza Hay-McBer, della quale lo stesso McClelland è stato presidente e

fondatore e con la quale hanno collaborato in modo rilevante anche Richard Boyatzis e

Lyle Spencer.

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L'approccio ISFOL

L’approccio Isfol alle competenze nasce dal lavoro di ricerca che l’istituto, su incarico del

Ministero del Lavoro e della Unione Europea, ha sviluppato negli ultimi anni per

elaborare un sistema di standard formativi e di unità capitalizzabili a livello nazionale.

L’Isfol utilizza una definizione di competenza legata alle caratteristiche della persona:

“…la competenza risiede nella capacità da parte del soggetto di porre in atto, gestire,

coordinare e monitorare le attività comprese in una area di attività (ADA)”. Dove per

ADA si intende “…un insieme significativo di attività omogenee ed integrate, orientate

alla produzione di un risultato ed identificabili all’interno di uno specifico processo”.

La competenza, quindi, è possedere conoscenze ed abilità per svolgere attività che

diano un risultato specifico.

La competenza, così definita, viene articolata in tre macro categorie:

- Competenze di base, cioè quelle che garantiscono alla persona la cittadinanza e sono

ritenute fondamentali per la sua occupabilità; sono il sapere minimo, il prerequisito

per l’accesso alla formazione: lingue, informatica, economia, organizzazione

d’impresa, legislazione e contrattualistica sul lavoro, ecc.;

- Competenze trasversali, riguardano sempre la persona e la sua “…modalità di

funzionamento (cognitivo, affettivo, motorio)”, non connesse ad una attività

specifica, ma entrano in gioco in tutte le situazioni, consentono alla persona

comportamenti professionali e sono cruciali per la trasferibilità delle competenze in

attività differenti: competenze comunicative, diagnostiche, decisionali, di problem

solving;

- Competenze tecnico-professionali, cioè “…l’insieme di conoscenze e capacità

connesse all’esercizio efficace di determinate attività professionali nei diversi

comparti/settori”; queste competenze sono desunte dalle caratteristiche e dal

contenuto del lavoro.

I tre tipi di competenza (di base, trasversali e tecnico-professionali) vengono individuati

e descritti attraverso tre distinte metodologie di analisi.

Per le competenze di base si studiano, nell’ambito della cultura del lavoro espressa dalla

società attuale. Le competenze di base sono individuate attraverso l'analisi dei “requisiti

per l'occupabilità”, ovvero di quelle risorse che si ritiene siano imprescindibili per

inserirsi (o reinserirsi) positivamente nel mondo del lavoro o per fronteggiare in modo

costruttivo le situazioni di cambiamento.

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Esse presentano le proprietà di “trasversalità” (in quanto non sono definite a partire da

uno specifico contesto lavorativo), “trasferibilità” (sono utilizzabili dal soggetto in diversi

contesti), “incrementabilità” (in quanto sviluppabili a diversi livelli).

Le competenze trasversali, invece, sono ricavabili attraverso l'indagine del

comportamento lavorativo degli individui e delle variabili che influiscono

significativamente sulle loro azioni.

In particolare, analizzando la relazione individuo-lavoro si possono enucleare tre tipi

operazioni compiute dal soggetto, fondate su processi di differente natura (cognitivi,

emotivi, motori).

Tali operazioni sono: "diagnosticare" (la situazione, il compito, il problema, se stessi),

"affrontare" (la situazione, il compito, il problema) e "relazionarsi" con altri (persone o

cose) per far fronte alle necessità del compito.

Queste operazioni rappresentano tre "macro competenze", connotate da un alto grado

di trasferibilità a contesti diversi, ciascuna delle quali è suddivisibile in insiemi di

competenze più semplici.

Infine, le competente tecnico-professionali sono ricavate dall’analisi delle concrete

attività operative connesse a specifici processi lavorativi. L'unità di indagine considerata

per ricavare tali competenze non coincide con compiti o mansioni definiti e "statici" ma

con i processi lavorativi che costituiscono una "area di attività" (intendendo con

quest'espressione un “insieme omogeneo di attività specifiche finalizzate ad un risultato

atteso”).

L'approccio metodologico descritto permette di applicare l'analisi per l'individuazione di

questo terzo tipo di competenze ad un ampio spettro di attività lavorative e di settori

economici.

Quest’analisi utilizza una metodologia propria, basata sulla scomposizione dei processi

lavorativi, presenti nei diversi settori o comparti, in Aree di Attività (ADA) che vanno a

costituire il “segmento minimo” di analisi.

Per individuare le ADA, si parte dall’analisi del processo che viene definito come una

sequenza di flusso di attività collegate tra loro finalizzate a produrre uno specifico

risultato.

Questo flusso di attività è scomposto in segmenti significativi (ADA), cioè un insieme di

attività specifiche, omogenee ed integrate, orientate alla produzione di un risultato. La

loro omogeneità è riferita alle procedure da applicare, ai risultati da conseguire e al

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livello di complessità delle competenze da esprimere. Le ADA di un processo

organizzativo sono fortemente integrate tra loro.

Identificati i vari tipi di competenze, si passa alla definizione delle Unità Formative

Capitalizzabili (UFC).

L’UFC è uno standard formativo finalizzato al raggiungimento di competenze

professionali e alla loro certificazione.

Le varie UFC sono componibili tra loro anche se ognuna di esse è in grado di garantire

un credito spendibile sul mercato del lavoro.

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L’approccio della competenza esperta (expertise)

I punti di riferimento teorici nell'analisi della competenza esperta sono la psicologia

cognitiva e la psicologia storico-culturale.

In Italia lo sviluppo della competenza esperta è stato affrontato in particolare da S.

Meghnagi, A.M. Ajello e M. Cevoli, che hanno approfondito questo approccio e

interpretato nella sua contestualizzazione alla realtà italiana.

Nell'approccio expertise sono individuabili molteplici definizioni di competenza che

possono essere descritte nel modo seguente:

- “La competenza può essere definita, in prima approssimazione, come la piena

capacità di comprendere, analizzare e valutare determinate questioni e problemi

concreti, al fine di operare delle scelte e agire di conseguenza”.

- “La competenza si configura come l'esplicitazione di risorse cognitive, di varia

natura, che presiedono a processi di azione e decisione e da cui dipende la qualità di

una prestazione”.

- “La competenza, che non si può evincere da classificazioni professionali e che risulta

diffìcilmente acquisibile mediante processi strutturati di formazione, si trova in una

commistione di abilità tecniche e di conoscenze generali, di capacità di

individuazione e di esercizio di prestazioni spesso non predefinibili.”

- “La competenza, nella sua accezione più piena, e di conoscenze e di loro utilizzo

adeguato rispetto alla dimensione dei problemi da affrontare, deve essere

considerata come qualcosa di più di una capacità di assolvere uno specifico compito

o di svolgere un determinato lavoro. La possibilità di gestire se stessi in contesti

lavorativi e sociali in cui le certezze sono ridotte, si fonda su un sapere consolidato e

su capacità di capire, agire e decidere. Ma la durata nel tempo della competenza

dipende anche dalla sua evoluzione. Questa è possibile se sono date le condizioni di

tempo, di luoghi, di condizioni che favoriscano un processo evolutivo del sapere.”

Cogliendo gli elementi critici contenuti in ogni definizione è possibile proporre una

definizione di sintesi di cosa s'intenda per competenza nell'approccio “expertise”.

La competenza è una combinazione di risorse, intese come abilità tecniche e

conoscenze generali, che vengono attivate per lo svolgimento di attività. Come tale la

competenza è un comportamento osservabile.

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Questa definizione in termini generali è condivisa dalla psicologia cognitiva e dalla

psicologia storico culturale, sebbene alcuni concetti in essa contenuti, come ad esempio

la competenza, le risorse e le attività, assumono per i due filoni di studi dei peculiari

significati.

L'analisi delle competenze secondo l'approccio expertise è stata applicata in forma

sperimentale in vari contesti lavorativi allo studio di figure professionali che svolgono

attività “manuali” sia allo studio di figure professionali che svolgono attività “non

manuali”.

La finalità principale di questi studi è quella di studiare i processi di apprendimento a

partire dall'osservazione dell'individuo e dei contesti in cui si svolgono le attività. Tale

analisi ha come secondo obiettivo quello di offrire delle indicazioni alla progettazione di

percorsi formativi.

I metodi di analisi della competenza esperta differiscono nei due approcci di studio di

derivazione psicologica.

La modalità più consueta con cui la competenza esperta è indagata, nell’approccio

cognitivo, è quella del problem solving . In sintesi, si chiede ad un soggetto di risolvere

un problema afferente ad un ambito specifico di sua competenza. Questi problemi

vengono sottoposti a soggetti che sono in una fase differente di sviluppo della

conoscenza: del tutto ignari (naive}, agli inizi (novice), e competenti (expert), per

misurarne successivamente le differenze di prestazione.

Per lo studio del pensiero pratico, l’approccio storico culturale, utilizza una metodologia

mista che combina strumenti e tecniche etnografici con strumenti tipici della ricerca

sperimentale: osservazioni naturalistiche delle performance lavorative, simulazione di

compiti di lavoro, analisi e valutazione della prestazione al compito.

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L’approccio per competenze nell’esperienza dei Paesi Europei

Il tema delle competenze e del loro sviluppo è stato nei diversi paesi europei al centro

del dibattito anche, e soprattutto, in riferimento agli stimoli e agli indirizzi di politica

generale predisposti dalla Comunità Europea.

Tali azioni di indirizzo si rilevano a partire dall’esame dei documenti messi a punto

nell’ultimo decennio e tra i quali annoveriamo:

- La Risoluzione del Consiglio dell’11 giugno 1993 relativa alla formazione

professionale per gli anni ’90. Essa individua nello “sviluppo di nuove competenze”,

nel potenziamento della “formazione continua” e nella “promozione della mobilità” le

tendenze che assumeranno in futuro maggiore rilevanza e invita, inoltre, la

Commissione a diffondere la trasparenza delle qualifiche professionali ed il sistema

dei crediti formativi a livello europeo;

- Il Libro Bianco “Crescita, competitività, occupazione” (dicembre 1993). Questo

introduce la nozione di competenze fondamentali per l'inserimento professionale;

esse comprendono sia conoscenze di base (linguistiche, scientifiche, ecc.), sia

competenze di carattere tecnologico. Inoltre, promuove l'istituzione di crediti alla

formazione - ovvero di forme di finanziamento per i giovani, finalizzate alla

formazione professionale lungo tutto il corso della vita - e sostiene la necessità

dell'integrazione dei sistemi formativi e della formazione con il lavoro, in un'ottica di

formazione continua;

- Il Libro Bianco “La politica sociale europea” (luglio 1994). Esso indica la necessità di

attribuire maggiore dignità alla formazione professionale e alle relative qualifiche, da

considerare al pari di quelle universitarie in un sistema nazionale unificato di

certificazione. Inoltre, sottolinea l'importanza di promuovere, a livello europeo, uno

sviluppo convergente dei sistemi nazionali di qualificazione - al fine di creare un

mercato del lavoro unico a livello comunitario, favorendo la mobilità individuale - e

la nascita di legami più stretti fra scuola e lavoro;

- Il Libro Bianco “Insegnare ad apprendere: verso la società cognitiva” (1995). Esso

propone i seguenti cinque obiettivi generali: I) favorire l'acquisizione di nuove

conoscenze; II) avvicinare scuola ed imprese; III) lottare contro l'emarginazione ed

offrire una seconda opportunità grazie alla scuola; IV) conoscere tre lingue

comunitarie; V) equiparare l'investimento per il benessere fisico a quello per lo

sviluppo cognitivo e della formazione.

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- Per il conseguimento degli obiettivi la strategia individuata è da un lato quella dello

sviluppo dell'integrazione fra sistemi (scuola/lavoro/formazione) e della flessibilità

dell'offerta formativa, facilitando l'accesso dei giovani attraverso la predisposizione

di percorsi individuali (basati su sistemi di certificazione e riconoscimento dei crediti)

e di politiche di informazione/orientamento e dall'altro, riconoscendo le competenze

acquisite dai soggetti (per esempio, sviluppando un sistema di accreditamento o una

"Carta delle competenze" che contenga una sorta di storia individuale del soggetto

registrandone le competenze, indipendentemente dai tempi, dai modi e dai luoghi

della loro acquisizione).

- Il Libro Verde sull'innovazione (dicembre 1995). Esso si concentra sugli ostacoli alla

mobilità, imputando questi ultimi alla mancata diffusione del sistema dei crediti

ECTS al di fuori dell'ambito accademico; all'assenza di un sistema comune che

permetta il riconoscimento reciproco delle qualifiche in ambito europeo; alla

obsolescenza del sistema di riconoscimento delle competenze basato sui diplomi,

che trascura il sapere acquisito, per esempio, sul luogo di lavoro. Alcuni obiettivi

strategici per il futuro sono individuati nella creazione di un modello europeo di

riconoscimento delle competenze tecniche attraverso il coinvolgimento degli attori

del mondo della formazione e delle professioni e nella predisposizione di una tessera

personale delle competenze.

- Il Libro Verde “Istruzione - Formazione - Ricerca: gli ostacoli alla mobilità

transnazionale” (ottobre 1996) sostiene la necessità di creare uno spazio europeo

delle qualifiche. Questo scopo è perseguibile attraverso: a) la generalizzazione del

sistema ECTS per il riconoscimento interaccademico dei crediti; b) il riconoscimento

reciproco dei moduli di formazione professionale; e) l'integrazione dei tirocini nei

curricula ed il riconoscimento reciproco dei tirocini negli stati membri; d) sistemi di

convalida delle competenze acquisite lungo tutto il corso della vita; e) la trasparenza

delle qualifiche e del le competenze; f) il riconoscimento delle qualifiche fra gli stati

membri del l'Unione; g) la valorizzazione delle esperienze conseguite dopo il diploma

per le "professioni regolamentate";

- La Comunicazione della Commissione (com) 97/563 per un'Europa della conoscenza

(12 novembre 1997) che presenta, per il periodo 2000-2006, gli obiettivi delle future

azioni comunitarie nei settori dell'istruzione, della formazione, della gioventù e che

fa riferimento a due obiettivi primari: le politiche della conoscenza e la promozione

dell'occupazione.

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Per quanto riguarda il primo argomento, la Comunicazione ribadisce la necessità di

costruire una Europa della conoscenza, facendo sì che i cittadini europei siano messi

in grado di fare evolvere costantemente le proprie conoscenze, che emerga un

nuovo e più ampio concetto di cittadinanza fondata sulla valorizzazione delle diverse

culture dell'Unione, che si sviluppi l'occupazione attraverso l'acquisizione di

competenze. Per quanto concerne il secondo obiettivo, invece, esso deve essere

perseguito attraverso lo sviluppo delle competenze professionali e sociali, grazie ad

una solida formazione generale di base ed alle competenze tecnologiche ed

organizzative e facendo nascere una nuova cultura della capacità di inserimento

professionale.

Tali indirizzi rientrano nel quadro dell'implementazione delle della strategia Europea per

l’occupazione volta a:

- accompagnamento dei mutamenti economici e sociali;

- formazione e perfezionamento permanenti;

- politiche attive di lotta sul mercato del lavoro;

- lotta contro l'emarginazione sociale.

Per comprendere meglio le specificità delle scelte che si stanno effettuando in questi

anni in Europa rispetto al tema dell’individuazione di sistemi e modelli per l’analisi, la

verifica e la certificazione delle competenze, è utile esaminare i sistemi adottati nei

diversi paesi europei a tale scopo.

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L’esperienza Francese: il Bilancio di Competenze

Uno degli sviluppi più interessanti a livello europeo al problema della definizione e

rilevazione delle competenze, è il modello del “bilancio di competenze” (1) adottato in

Francia con la finalità di favorire una migliore gestione da parte degli individui dei propri

percorsi professionali.

L’espressione “bilancio di competenze personali e professionali” designa oggi in questo

paese l’insieme di pratiche realizzate allo scopo di permettere a ciascun lavoratore,

effettivo o potenziale, di analizzare le proprie competenze personali e professionali, ma

anche le proprie attitudini e motivazioni, al fine di definire un progetto professionale o

di formazione che favorisca il suo inserimento o reinserimento nel mondo del lavoro,

esso rientra a pieno titolo nell'ambito della formazione continua.

Nell’esperienza francese l’interesse e l’affermazione a livello istituzionale ai sistemi di

analisi e valutazione delle competenze nasce dall’esigenza di pensare nuovi percorsi di

accesso al mondo del lavoro in un contesto quale quello degli anni ottanta, in cui si

assiste ad un aumento delle fasce a rischio occupazionale.

La crisi economica che investe il paese alla fine degli anni 70, spinge le imprese ad una

modifica delle proprie politiche di gestione, che si manifesta spesso in un

ridimensionamento numerico del personale.

È in questo contesto che il bilancio delle competenze fa la sua prima apparizione, come

punto di partenza delle strategie di riconversione e reinserimento professionale del

personale in esubero.

Successivamente l’avvento di tecnologie sempre più sofisticate e l’automazione dei

processi produttivi determina un aumento dell’esigenza del sistema produttivo di

manodopera altamente qualificata, la competitività del mercato non è infatti più

assicurata dalla quantità dei beni prodotti ma dalla loro qualità.

Si assiste alla fine degli anni ‘80 al consolidamento dell’idea delle risorse umane quale

“valore aggiunto” dell’impresa. Per tale ragione diventa necessario promuovere una

gestione del personale “preventiva” delle questioni legate all’organizzazione del lavoro.

Si diffonde l’idea di una politica di gestione previsionale delle risorse umane che

favorendo un approccio più globale ed anticipatorio permetta:

- l’ottimizzazione del rapporto tra bisogni interni dell’impresa e risorse, intese come

competenze disponibili;

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l’anticipazione di problemi legati al cambiamento, di conversione e riconversione del

personale

la preparazione delle competenze future, attraverso un’analisi continua dei mestieri

e delle loro evoluzioni e la promozione della formazione continua del personale, sulla

base delle potenzialità individuate e valutate.

Il bilancio di competenze viene ad assumere un ruolo importante tra gli strumenti

riconosciuti come idonei a favorire la valutazione delle competenze dei lavoratori al fine

di operare una loro migliore distribuzione all’interno dei processi produttivi.

Ad esso viene soprattutto attribuito il compito di facilitare l’individuazione dei percorsi

formativi più idonei ai bisogni dell’individuo.

Le pratiche di bilancio vengono quindi a moltiplicasi nelle imprese con lo scopo di

aiutare gli individui a prevedere e fronteggiare i cambiamenti, soprattutto nei termini di

mobilità professionale e di orientare l’individuo nel mondo del lavoro mediante

l’elaborazione assistita di strategie di ricerca di impiego per intraprendere nuovi itinerari

professionali.

La diffusione iniziale delle azioni di bilancio è legata al mondo delle imprese, effettuato

nella maggior parte dei casi all’interno e su richiesta di queste e da queste finanziato.

Esso viene realizzato sia da organismi esterni che da servizi interni appositamente

predisposti, con la finalità di individuare piani di formazione o di integrazione in nuove

realtà lavorative per permettere agli interessati di esercitare nelle migliori condizioni

possibili la propria attività.

Successivamente le esigenze occupazionali del paese hanno spinto le politiche dello

stato verso la creazione di una serie di misure e dispositivi atti a favorire l’inserimento e

il reinserimento nel mercato del lavoro attraverso la responsabilizzazione del singolo

rispetto al proprio futuro lavorativo.

Inoltre all’aumento di richiesta di manodopera sempre più qualificata da parte delle

imprese si aggiunge anche un’esigenza di attestazioni delle qualificazioni possedute nel

momento in cui l’Europa nascente afferma il principio della libera circolazione dei

lavoratori.

Per dare risposta a queste esigenze dall’84 viene dato impulso e riconoscimento ad una

“politica di validazione e riconoscimento delle conoscenze acquisite” radicata sull’ipotesi

che esiste, in ogni individuo, un potenziale risultante certamente dalla sua formazione,

ma anche dai fatti della sua vita professionale, sociale e personale”. Nella misura in cui

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questo potenziale non è oggetto di riconoscimento formale, bisogna trovare gli

strumenti per identificarlo e valorizzarlo perché possa essere investito in un progetto

realista di inserimento sociale e professionale.

Il bilancio di competenze come strumento che viene impiegato nell’ANPE (Agenzia

nazionale per l’impiego) e l’AFPA (Associazione nazionale per la formazione degli

adulti), appare come la risposta più adeguata per raggiungere tali scopi.

In questo quadro nel 1986 il Ministero del lavoro, dell’impiego e della formazione

permanente promuove la sperimentazione dei CIBC (Centres Interinstitutionnelles de

Bilan de Compétences), al fine di potenziare la diffusione del bilancio come mezzo per

permettere agli individui di conservare le tracce delle competenze effettivamente

possedute.

Vengono istituiti una dozzina di CIBC, in dieci regioni della Francia con gli obiettivi di:

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studiare le condizioni materiali, umane, finanziarie implicate nella creazione e nel

funzionamento dei centri di bilancio, quali istituzioni aperte a tutti i volontari –

salariati e non, giovani e d adulti, - che assicurano la realizzazione di un bilancio

delle competenze, delle conoscenze e delle capacità;

sperimentare la collaborazione e creare una sorta di “collegamento in rete” tra le

varie istituzioni (Anpe, Missioni locali, Afpa, Mif) coinvolte negli interventi di

orientamento e di supporto alla ricerca di impiego, ma anche con le altre strutture

che praticano bilanci approfonditi per disoccupati o colloqui di consulenza

professionale;

promuovere attraverso il confronto dei diversi enti ed istituzioni lo sviluppo di

metodologie e strumenti da utilizzare nella realizzazione dei bilanci;

offrire agli interessati la possibilità di certificare la costruzione di un “portafoglio di

competenze”.

La missione principale dei CIBC è quella di offrire alle persone, che lo richiedano

direttamente o vengano inviati da altre istituzioni, l’individuazione delle conoscenze e

competenze acquisite legate al lavoro o alla formazione e alla vita personale e sociale,

la loro definizione, la valutazione del loro livello e infine il confronto tra le competenze

possedute e i profili d’impiego e i mestieri esistenti.

I risultati positivi ottenuti nella sperimentazione fa si che si giunga alla maturazione

progressiva e alla istituzionalizzazione della nozione di bilancio di competenze. Superata

la concezione del bilancio inteso come uno strumento diagnostico o di valutazione, o

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formalità amministrativa e si arriva a considerarlo come un momento di riflessione della

persona, deputato alla individuazione di risorse di diverso tipo alle quali attingere in

vista di un cambiamento all’interno del proprio percorso professionale.

Il concetto e la pratica di bilancio - il Ministero del lavoro, dell’impiego e della

formazione professionale decide l’ordinamento di un CIBC per dipartimento entro il

1991 (circolare n.1944 del 14 giugno 1989).- va progressivamente affermandosi nel

contesto francese, fino a diventare centrale nell’Accordo nazionale interprofessionale del

3 luglio 1991 prima e nella legge successiva del 31 dicembre 1991, che sancisce

l’appartenenza del bilancio di competenze personali e professionali tra i diritti

fondamentali riconosciuti ai lavoratori.

Il soggetto pubblico (in questo caso il Ministero del lavoro nelle sue istanze centrali e

periferiche) ha il compito di garantire l'erogazione del servizio e di regolarne le

modalità. In particolare, vengono definite dalla normativa:

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le finalità del bilancio di competenze;

i diritti del lavoratore che ne beneficia;

le condizioni di realizzazione metodologica e deontologica;

il "prodotto" del bilancio e le sue modalità di utilizzo;

la durata;

le condizioni e gli obblighi degli organismi e delle strutture che erogano il servizio.

Nella filosofia di intervento regolato dalla normativa nazionale il bilancio di competenze

si configura come diritto del lavoratore a perseguire il proprio sviluppo professionale, a

migliorare la propria condizione lavorativa o modificarla: il bilancio è proprietà e

patrimonio del singolo, che può utilizzarlo per negoziare con il datore di lavoro nuove

collocazioni, ma non ne è obbligato.

In questo spirito la normativa prevede una serie di tutele per il lavoratore e di obblighi

per le strutture che erogano il servizio:

il bilancio di competenze è un diritto di ogni lavoratore, che può usufruirne a

intervalli predeterminati nel corso della propria vita professionale effettuandone

richiesta all'organismo paritetico che gestisce i congedi per il bilancio;

il bilancio è gratuito per il lavoratore, che nel tempo in cui lo realizza viene

regolarmente remunerato come se fosse sul posto di lavoro;

l'attività di bilancio, qualora venga richiesta da altri soggetti (il datore di lavoro o un

altro servizio per l'impiego), può essere realizzata solo con il consenso del

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lavoratore; il rifiuto del lavoratore a realizzarlo non può essere considerato una

mancanza ne essere motivo di licenziamento;

-

-

-

-

-

la persona che beneficia del bilancio è la sola destinataria dei risultati che ne

scaturiscono: l'esito non può essere comunicato ad altri senza il suo consenso e

anche l'organismo che lo realizza è tenuto al rispetto del carattere confidenziale

delle informazioni;

alle imprese non è consentito realizzare direttamente il bilancio di competenze per i

propri dipendenti;

per realizzare il bilancio è necessario venga sottoscritta una convenzione fra tre

soggetti: il lavoratore, l'organismo che eroga il bilancio e l'organismo paritetico

oppure il datore di lavoro (il soggetto cioè che lo richiede formalmente); la

convenzione costituisce il "contratto" che impegna tutte le parti e le

corresponsabilizza nell'azione

il bilancio è volontario, ma anche attivo: al soggetto che ne beneficia si richiede di

essere autore e attore del suo percorso, perché solo così sarà in grado di gestire il

proprio itinerario, di definire e portare a termine il proprio progetto professionale;

l'operatore responsabile del bilancio ha precisi obblighi deontologici: è tenuto a

fornire informazioni esaurienti alla persona circa il percorso e gli strumenti utilizzati

ed è vincolato dal segreto professionale.

Secondo la legge francese, ha diritto di richiedere un bilancio di competenze qualunque

lavoratore che abbia almeno 5 anni di anzianità lavorativa, anzianità che in casi

particolari può ridursi (es. lavoratori a bassa qualificazione).

Il bilancio è rivolto a tutti i lavoratori, a qualunque livello di qualificazione. Esso può

essere richiesto di norma ogni 5 anni, oppure in concomitanza a cambiamenti di lavoro.

Nei casi indicati sopra, il servizio è gratuito e ricompreso nell'orario di lavoro: il

lavoratore usufruisce infatti di un "congedo di bilancio" retribuito.

Il bilancio di competenze nasce, dunque, come servizio rivolto ai lavoratori, in

particolare ai lavoratori dipendenti e si rivolge in primo luogo ad un'utenza adulta, vale

a dire persone che abbiano già maturato una esperienza professionale.

Nei tempi più recenti, però, esso è stato rivolto anche a giovani in cerca di prima

occupazione, assumendo caratteristiche di azione orientativa e di aiuto all'inserimento

lavorativo.

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In origine, dunque, le azioni di bilancio hanno come cliente diretto il singolo, mentre

l'azienda costituisce una sorta di "cliente di secondo livello" che trae vantaggio

indirettamente da queste azioni, potendo contare su risorse umane più

responsabilizzate nel processo di sviluppo delle proprie potenzialità, in grado di

affrontare i processi di cambiamento con supporti adeguati e di negoziare meglio la

propria collocazione lavorativa.

In tempi più recenti l'orientamento iniziale si è andato però modificando e anche le

aziende si presentano come clienti diretti alle strutture di servizio, per azioni di bilancio

in concomitanza con processi di riorganizzazione e trasformazione tecnologica o di

riprogettazione dei percorsi di carriera del personale.

Il bilancio di competenze viene erogato da strutture specialistiche, sia pubbliche che

private, sempre esterne alle imprese, le quali per legge non possono erogarlo

direttamente.

Le strutture private devono essere abilitate, possedere cioè specifici requisiti che

vengono riconosciuti e certificati dalle strutture pubbliche specializzate in questo tipo di

azioni, in specifico i CIBC (Centres Interinstitutionnelles de Bilan de Compétences).

I CIBC, costituiti in concomitanza alla emanazione della legge con lo scopo di renderla

operativa, hanno queste caratteristiche:

-

-

-

-

sono strutture specialistiche, con funzioni sia di erogazione diretta, sia di

sperimentazione delle metodologie e di supporto ad altre strutture che erogano il

bilancio;

hanno carattere interistituzionale: autonome sul piano gestionale e organizzativo,

sono dotate di un proprio consiglio di amministrazione costituito dai rappresentanti

dell'ANPE (Agenzia per l'impiego), dell'AFPA (Associazione per la formazione

permanente) e delle parti sociali;

la gestione operativa è affidata ad una équipe specialistica pluridisciplinare,

composta da un responsabile e da operatori con diversa professionalità che possono

dipendere direttamente dal Centro o essere distaccati da altre strutture (ad es.

dall'ANPE o dall'AFPA);

operano in rete con altri servizi, in particolare quelli di formazione professionale, di

orientamento e di inserimento lavorativo; a questo riguardo, esse rappresentano un

servizio di secondo livello per i servizi formativi e per l'impiego e,

contemporaneamente, utilizzano quegli stessi servizi ad integrazione della propria

azione;

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- hanno un'articolazione territoriale: ogni CIBC copre un territorio che corrisponde

approssimativamente ad una provincia italiana.

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L’esperienza ed il modello anglosassone

In Gran Bretagna, a partire dagli anni ottanta, si è assistito all'avvio della riforma dei

sistemi relativi all'istruzione e alla formazione professionale seguendo orientamenti

basati sul costrutto di competenza.

L’utilizzo di un approccio basato sulle competenze è stata la risposta del Regno Unito

per la risoluzione urgente di tre ordini di problemi:

-

-

-

la presenza di un sistema di qualificazione professionale frammentario e confuso

dovuto all’esistenza di una molteplicità di istituzioni e organismi che offrivano

qualifiche e certificazioni senza un raccordo organico;

una concezione ed un’immagine della formazione professionale come formazione

meno qualificata rispetto a quella accademica;

le difficoltà del sistema di formazione professionale, ad adeguarsi ai cambiamenti del

mercato del lavoro.

Gli approcci tradizionali alle qualifiche professionali stavano diventando, infatti,

velocemente obsoleti e non c’era in Gran Bretagna un sistema nazionale coerente di

qualifiche professionali. Esisteva una pluralità di qualifiche che poteva solo con difficoltà

essere definita sistema.

Come accadeva e accade in altri paesi europei, esisteva una profonda divisione tra le

qualifiche professionali, offerte prevalentemente ai giovani dai sistemi dell’istruzione, e

le qualifiche formative legate ai modelli formativi dell’industria e delle imprese.

Di conseguenza il sistema non era di facile comprensione e mancava di coerenza, tanto

più che non esisteva una certificazione statale ma un mercato completamente libero

con diversi enti di certificazione, con una conseguente prolificazione di qualifiche non

collegate tra loro e il verificarsi di sovrapposizioni e duplicazioni.

La maggior parte delle competenze che le persone acquisivano durante il lavoro erano

prive di certificazione e lo stesso accadeva per quasi tutta la formazione professionale

che avveniva in azienda.

Poiché la maggior parte delle aziende determinava i propri standard formativi

indipendentemente dalle altre, gran parte di quanti cambiavano lavoro trovavano

difficoltà a farsi riconoscere le proprie abilità in altri settori del mercato del lavoro (tanto

più che le condizioni instabili del mercato del lavoro negli anni ottanta hanno costretto

molte persone a mutamenti significativi di carriera nel corso della loro vita lavorativa).

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Il mondo del lavoro aveva bisogno in pratica, di maggiore flessibilità e soprattutto che

la formazione e le qualifiche potessero essere aggiornate più frequentemente a causa

dei mutamenti tecnologici ed organizzativi dell’industria.

In questo contesto la riforma del sistema della formazione e delle qualifiche

professionali viene avviata riprendendo le nozioni alla base della valutazione e della

certificazione delle competenze proposte e praticate nelle sperimentazioni americane di

dieci anni prima.

In Inghilterra la riforma governativa delle qualifiche professionali del 1986, ha portato

alla creazione del National Councilfor Vocational Qualification (Ncvq), con lo scopo di:

-

-

-

innalzare il livello della preparazione professionale della forza-lavoro;

offrire una più alta qualità dei livelli di qualificazione degli operatori;

rendere più snello e agevole il passaggio tra education e training, cioè tra curricoli

scolastici e accademici e formazione "sul" o "per" il lavoro.

Il Nvcq ha assegnata la missione di creare un sistema di "qualifiche nazionali

professionali" (Nvq), che comprendesse tutti i diplomi professionali riconosciuti e

stabilisse, per ogni area occupazionale, uno spettro di qualifiche basate su standard

riconosciuti a livello nazionale.

In quanto qualifiche nazionali, le Nvq coprono specifiche aree di lavoro a uno specifico

livello. «Esse si basano sulla premessa fondamentale che per ciascun comparto

industriale esiste un unico modello individuabile di “lavoro competente” (Wolf 1994, p.

32).

Il principio più innovativo introdotto dalle Nvq risiede nel fatto che esse non fanno

riferimento a modalità di apprendimento o a insiemi di conoscenze, ma si basano

esclusivamente su saper-fare professionali. “Un individuo è definito competente a un

determinato livello professionale se è in grado di compiere in modo soddisfacente una

serie di operazioni relative al proprio mestiere” (Monasta 1998, p. 105).

Le competenze vengono definite come “la capacità di svolgere sul lavoro ruoli o

mansioni nel rispetto degli standard professionali richiesti” (Ncvq 1989) e «un

"elemento di competenza" è una descrizione di qualcosa che una persona che opera in

un determinato comparto dovrebbe essere in grado di svolgere; riflette azioni,

comportamenti o risultati che hanno un "effettivo significato" nel settore occupazionale

di riferimento» (Wolf 1994, p. 32).

Il processo di certificazione identificato dall'Ncvq è organizzato in fasi (Parkes 1994):

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-

-

-

-

-

-

i Lead Bodies (enti di categoria), che rappresentano i settori professionali, elaborano

e presentano le competenze richieste per svolgere una determinata professione e il

relativo processo di valutazione, che di norma viene definito con l'ausilio degli enti

certificatori;

gli enti certificatori propongono al Ncvq le qualifiche e il processo di valutazione per

l'approvazione;

se rispondono ai suoi criteri, il Ncvq approva per cinque anni le qualifiche proposte

(il diploma si deve basare sugli standard professionali richiesti dal mondo del

lavoro);

l'autorizzazione permette agli enti interessati di denominare le qualifiche offerte

"qualifiche professionali nazionali" (Nvq). Essi devono inoltre pagare una tassa per

ogni diploma rilasciato;

i certificati e i diplomi possono venire rilasciati per qualifiche piene o per singole

unità, per ognuna delle quali bisogna specificare le competenze acquisite;

per ottenere una Nvq non è necessario seguire un particolare curricolo o corso. La

valutazione può avere luogo in qualsiasi centro riconosciuto, che può essere

rappresentato anche dal posto di lavoro.

Il sistema di riconoscimento delle competenze e delle qualifiche professionali prevede

cinque livelli, dal più basso (livello 1) delle attività di routine di massima prevedibilità, al

più alto (livello 5) delle attività che richiedono l'applicazione di principi tecnico-scientifici

complessi, in contesti spesso imprevedibili.

Una volta definita una Nvq, la valutazione delle competenze individuali si concretizza

attraverso criteri ben definiti connessi alle prestazioni, fissando misure esplicite per i

risultati.

Affinché gli sia riconosciuta una competenza, il candidato deve dimostrare di

corrispondere a tutti i criteri collegati alla prestazione, “Ciò in quanto la valutazione

basata sulla competenza, così come interpretata dal Natíonal Councilfor Vocational

Qualification, richiede una corrispondenza biunivoca con standard basati sui risultati”

(Wolf 1994, p. 33).

Negli ultimi anni, per migliorare il sistema, sono state introdotte modifiche al processo

di certificazione precedente.

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In particolare, oltre alla valutazione della buona esecuzione di un'attività, ora vengono

valutate anche le attitudini che permettono questa esecuzione, al fine di permettere

una verifica delle possibilità di trasferire la competenza accertata anche in altri contesti.

Il sistema è stato arricchito con l'introduzione del concetto di core qualification

(competenze chiave), quali la capacità di comunicazione, la padronanza di tecniche di

informazione, utilizzo di cifre e numeri ecc., ritenute competenze trasversali a più

gruppi di Nvq.

Il modello delle Nvq inglese ha fornito al paese notevoli vantaggi per il riconoscimento

delle competenze:

-

-

-

-

permette di dimostrare, per ognuno, i livelli effettivi di competenza raggiunti,

indipendentemente dal proprio percorso di formazione. L'enfasi si sposta dall'input

all'output, dal processo al prodotto, dal curricolo alle competenze;

si tratta di un sistema in cui la valutazione non avviene comparando studenti diversi,

per poi selezionare i più abili; non vi è un continuum di giudizi e votazioni, ma una

serie discontinua di “gradini” non vi sono persone “respinte”, ma persone

“competenti” o “non ancora competenti”, dove il “non ancora” Localizza l'attenzione

sulle possibilità di crescita ulteriore;

l'accento viene posto sul knowing how (saper fare) anziché sul knowing what

(possesso di conoscenze, sapere);

non sono gli standard attesi nei diversi livelli occupazionali a dipendere dai

programmi di formazione e pratica professionale, ma sono questi ultimi a doversi

adeguare agli standard stabiliti dal Ncvq e, quindi, al mondo dell'industria e dei

servizi. Sono gli imprenditori, attraverso i Lead Bodies, a definire gli standard

necessari e accettabili su cui i profili professionali devono attestarsi.

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L’esperienza Tedesca

Uno dei fattori del successo dell'economia tedesca, è rappresentato dal complessivo

buon funzionamento del sistema formativo, che ha permesso di mantenere

relativamente bassi i livelli di disoccupazione e di fornire alle imprese risorse umane

qualificate.

Nel sistema formativo tedesco il concetto di competenza è strettamente legato al

concetto di qualificazione professionale istituzionale.

In generale, in Germania si possono distinguere tre tipologie base di sistemi di

formazione:

- esclusivamente scolastici;

- di sola pratica presso le imprese;

- forme di apprendistato miste, in cui scuola e impresa forniscono insieme

qualificazioni professionali.

La maggior parte dei giovani tedeschi, al termine dell’istruzione obbligatoria a tempo

pieno, (9 anni scolastici) prosegue il proprio corso di studi nell’ambito della formazione

professionale in alternanza, famosa con la denominazione di “sistema duale” e così

chiamata perché gli studenti sono contemporaneamente impegnati sia nella formazione

pratica presso le imprese, sia nella formazione teorica nelle scuole professionali a

tempo parziale.

Il sistema di formazione iniziale è quindi basato sull'alternanza scuola-lavoro e la

formazione professionale, finalizzata direttamente all'inserimento lavorativo, non risulta

essere discreditata rispetto all'istruzione superiore e la formazione generale si basa più

su una sistematica base professionale che non su valori educativi generali.

Questo sistema conferisce un ruolo educativo molto importante all’impresa, che diventa

a pieno titolo una componente del sistema integrato.

L'importanza della formazione industriale trova un'ulteriore conferma nell'evoluzione del

concetto di competenza: se si accetta che essa sia costituita, oltre che da capacità

tecnico-professionali, anche da caratteristiche personali, l'azienda assume un ruolo

specifico nel facilitare un processo di socializzazione ai valori del mondo del lavoro, alla

cultura e alla comunità aziendale.

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“La struttura delle qualifiche dei lavoratori tedeschi evidenzia, rispetto ad altri Paesi,

l'elevata percentuale di lavoratori che hanno completato un itinerario formativo

sistematico e sono in possesso di una qualifica professionale” (Mucelli 1998, p. 82).

Il modo di concepire la formazione alla base del modello tedesco si orienta, quindi, alla

ridondanza, mirando a fornire una qualificazione al maggior numero possibile di

persone.

I diplomi di istruzione rivestono un'importanza fondamentale anche quale criterio

selettivo per la prima occupazione e come strumento di facilitazione della mobilità

interaziendale, favorita dall'elevata trasferibilità delle qualifiche.

Inoltre, ben il 60% della forza-lavoro possiede una qualificazione intermedia, perché

l'apprendistato restringe il numero degli accessi all'istruzione universitaria,

determinando una scarsa polarizzazione dell'offerta.

Caratteristica peculiare del sistema delle professioni tedesco è l'elevata formalizzazione

che, da un lato “impone alle aziende di programmare con anticipo i propri bisogni

formativi e consente loro di disporre di un ampio serbatoio di competenze” (Mucelli

1998b, p. 84), dall'altro, però, costituisce un ostacolo all'adeguamento dei contenuti

rispetto alle nuove esigenze di qualificazione.

Mentre la preparazione dei referenziali d'impiego è molto elaborata, perché coinvolge

direttamente le imprese e i rappresentanti dei lavoratori, la traduzione dei referenziali

d'impiego in referenziali pedagogici è nettamente facilitata dal fatto che

l'apprendimento viene realizzato direttamente in una situazione di lavoro.

Un'altra caratteristica del sistema di certificazione tedesco è la possibilità di acquisire

una qualifica anche durante il periodo lavorativo. Questa certificazione della formazione

continua è, però, nettamente distinta da quella della formazione iniziale.

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L’esperienza Italiana

La situazione italiana si presenta quanto mai precaria e arretrata rispetto alle realtà

europee precedentemente esaminate. Nonostante gli sforzi di questi anni sul piano

normativo e di qualche sperimentazione, come cultura generale e come articolazione di

dispositivi siamo ancora lontani dalle situazioni più avanzate in Europa (ove comunque

il dibattito rimane aperto).

Il problema della descrizione valutazione e certificazione delle competenze è stato

enunciato, a livello normativo, negoziale o di discussione "scientifica", senza che finora

siano state adottate decisioni e investimenti istituzionali sostanziali.

Negli ultimi anni, tuttavia, il governo e il parlamento hanno introdotto alcune importanti

riforme che coinvolgono la scuola, la formazione professionale e il lavoro non più in

quanto sistemi separati che seguono logiche e finalità spesso divergenti, ma al contrario

come intrinsecamente legati. Non è infatti possibile pensare a forme di incentivazione

dell’occupazione che prescindano dalla valorizzazione del fattore umano.

In coerenza con quanto affermato nel libro bianco “Cresson” e con la tendenza diffusa a

livello europeo, l’introduzione di un sistema di riconoscimento e certificazione delle

competenze, legato alla trasparenza delle qualifiche, ai crediti formativi, al

personalizzazione dei percorsi viene ormai riconosciuto anche in Italia come un obiettivo

strategico primario.

È nell’ambito di queste premesse che si inseriscono, con una certa continuità interventi

normativi a carattere nazionale. Si tratta di accordi, leggi, documenti o decreti spesso di

portata ampia e di diversa natura giuridica.

L'analisi dei provvedimenti di natura normativa mette in luce la volontà di una riforma

complessiva del sistema di formazione professionale sulla base di “concetti guida” come

quelli di riconoscimento e capitalizzazione delle competenze, trasparenza delle

qualifiche, crediti formativi, personalizzazione dei percorsi, formazione continua.

- Accordo per il lavoro fra Governo e Parti Sociali del 23 luglio 1993. In questo

documento, le parti sottolineano l'importanza di un rafforzamento del raccordo fra

istruzione e lavoro ed auspicano sia il riconoscimento del ruolo delle parti sociali

nella programmazione dell'offerta formativa (per esempio, anche nella definizione di

standard formativi unici nazionali, attraverso l'analisi dei fabbisogni formativi

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nell'industria e nei servizi), sia lo sviluppo del coordinamento interistituzionale fra

tutti i soggetti protagonisti del processo formativo, sia, infine, la riforma della scuola

secondaria superiore nell'ottica di un sistema flessibile che integri - fino al

diciottesimo anno di età - il sistema scolastico nazionale, la formazione professionale

e le eventuali esperienze lavorative dei soggetti. L'accordo stabilisce inoltre che la

certificazione dell'apprendistato è delegata agli Enti Bilaterali (sindacati e

Confindustria) e alle Regioni e che - anche per il contratto formazione lavoro, nel

caso di qualifiche medio/alte - la certificazione dei risultati formativi raggiunti debba

avvenire con il contributo degli Organismi Bilaterali.

- Decreto del Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale del 12 marzo 1996

(“Adozione degli indicatori minimi da riportare negli attestati di qualifica

professionale rilasciati dalle regioni e provincie autonome con al con allegato

modello di attestato”) facendo riferimento all risoluzione del Consiglio dell'Unione

Europea del 3 dicembre 1992 concernente la trasparenza delle qualifiche, il decreto

definisce criteri e standard minimi di trasparenza da riportare in ciascun attestato di

qualifica (dati anagrafici del titolare; denominazione e durata del corso frequentato;

profilo professionale di riferimento; struttura erogatrice del percorso formativo;

requisiti di accesso al corso; elementi atti a rendere comprensibili i contenuti del

corso; durata espressa in ore; eventuale presenza di tirocini o stages; tipo di prova

della valutazione finale; distinzione dei contenuti del corso in competenze "di base",

"tecnico-professionali", "trasversali", in linea con quanto promosso a livello

comunitario nei libri bianchi Delors e Cresson).

- Accordo per il lavoro fra Governo e Parti Sociali del 24 settembre 1996. Uno degli

scopi di fondo dell'accordo consiste nel tentativo di assicurare continuità di accesso

alla formazione per tutto l'arco della vita. A questo fine, l'accordo predispone sia gli

strumenti del cambiamento, sia i contenuti dello stesso. Da un lato, infatti, esso

prevede una ridefinizione organica dell'impianto complessivo del sistema di

istruzione e formazione e delle funzioni dei diversi soggetti responsabili dell'indirizzo,

della gestione, del controllo e della certificazione delle attività di formazione. Esso

individua infatti nella Presidenza del Consiglio dei Ministri la sede di coordinamento

del le politiche formative, attraverso l'istituzione di un organismo interistituzionale

paritario che opera di concerto con le parti sociali.

Sul fronte dei contenuti, invece, è evidente che la predisposizione di un sistema

nazionale di standard formativi costituisce l'elemento essenziale per la realizzazione

delle seguenti due opzioni strategiche espresse dall'accordo:

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- l'integrazione e l'interconnessione tra i diversi sistemi che contribuiscono alla

formazione dei soggetti (scuola, educazione professionale e lavoro). L'accordo

individua cioè le sue linee guida nell'adozione di una logica modulare di percorsi e

nella predisposizione di un metodo di crediti formativi e di certificazione delle

competenze acquisite. Ciò implica, la definizione di un sistema di standard

formativi e di “unità capitalizzabili”, al fine di rendere effettiva la spendibilità

intersistema dei crediti acquisiti dai soggetti. In termini concreti, le precondizioni

sono la “permeabilità” fra i diversi sistemi formati e la possibilità per i singoli di

passare da un percorso all'altro e da un ambito all'altro (istruzione, formazione e

lavoro), grazie ad alcune “passerelle” di collegamento.

- la massima valorizzazione dei percorsi formativi e professionali individuali.

Questa opzione implica la capitalizzazione delle esperienze formative di diversa

natura che le persone accumulano nel corso della vita e, soprattutto, la

valorizzazione delle competenze acquisite indipendentemente dagli itinerari

formativi (completi o parziali) seguiti. Ciò significa anche l'articolazione dei

diversi iter formativi - come, ad esempio, la frequenza di corsi ma anche

un'esperienza professionale conseguita - in segmenti o unità certificabili

singolarmente e reciprocamente riconoscibili dai vari sistemi dell'istruzione, della

formazione e del lavoro attraverso la certificazione delle competenze.

- Legge del 15 marzo 1997, n. 59 (cosiddetta “legge Bassanini”). Essa riguarda il

trasferimento delle competenze alle regioni e alle autonomie locali in materia di

servizi per l'impiego e la creazione di un sistema informativo per il lavoro (SIL)

nazionale ed unitario, coadiuvante dei nuovi “centri territoriali per il lavoro” nelle

funzioni di collocamento, orientamento, formazione.

- Decreto legislativo n. 496/97 (“Conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni

e compiti in materia di mercato del lavoro, a norma del l'articolo 1 della legge 15

marzo 1997, n. 59”). Tale decreto attua l'articolo 1 della “legge Bassanini” e

disciplina il conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti

riguardanti il collocamento e le politiche attive del lavoro. La legge stabilisce cioè che

allo stato restino solo ruoli generali di indirizzo, promozione e coordinamento della

materia e che invece alle regioni spettino funzioni di indirizzo, programmazione e

verifica dei tirocini formativi e di orientamento delle borse di lavoro.

- Decreto legislativo n. 112/98 (“Conferimento di funzioni e compiti amministrativi

dello stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15

marzo 1997, n. 59”). Tale decreto disciplina le funzioni ed i compiti amministrativi in

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materia di formazione professionale che sono conferiti alle regioni. Alla Conferenza

stato-regioni spetta la definizione degli interventi di armonizzazione tra gli obiettivi

nazionali e regionali del sistema. Scopo del decreto, infatti, è quello della

predisposizione di un sistema formativo integrato, flessibile e correlato alle esigenze

del contesto locale. Il livello regionale assume dunque un ruolo strategico nella

programmazione dell'offerta sia scolastica, sia professionale.

- Documento del governo sul “Riordino dei cicli scolastici” (gennaio 1997) e relativo

disegno di legge (giugno 1997). Tali documenti contengono numerosi elementi di

novità, fra cui: il riconoscimento della formazione professionale come sottosistema

formativo al pari della scuola; l'accettazione del principio che la frequenza di

segmenti di formazione comporta l'acquisizione di crediti spendibili anche nel mondo

dell'istruzione; l'affidamento della formazione superiore non universitaria in primo

luogo alla formazione professionale; la realizzazione dell'obbligo a tempo parziale

per i giovani dai 15 ai 18 anni in concomitanza con una progressiva espansione

dell'offerta della formazione professionale.

- Legge del 24 giugno 1997, n. 196 (cosiddetto “pacchetto Treu”), Per ciò che

riguarda il riordino della formazione professionale, la legge individua due scopi

primari: l'integrazione del sistema di formazione professionale con il sistema

scolastico ed il mondo del lavoro; la semplificazione normativa. A tale riguardo,

l'articolo 5, commi 3 e 5 e l'articolo 17, comma 1 (lettera e) affermano alcuni

capisaldi generali per l'individuazione del soggetto deputato alla definizione dei

criteri e delle modalità di certificazione delle competenze acquisite attraverso

percorsi di formazione professionale (si tratta di una commissione composta da

rappresentanti delle parti sociali, esperti della formazione professionale,

rappresentanti delle regioni e del Ministero del lavoro) e attribuiscono al Ministro del

Lavoro e della Previdenza Sociale funzioni di indirizzo e proposta su questa materia.

Inoltre, la legge definisce la funzione formativa dell'apprendistato - di cui fissa

l'utenza (dai 16 ai 24 anni) e la durata (da 18 mesi a 4 anni) - e prevede l'esistenza

di tirocini formativi e di orientamento per favorire la conoscenza diretta del mondo

del lavoro, con conseguente indiretto riconoscimento della capacità, della funzione e

del ruolo formativi dell'azienda. In particolare, la legge prevede l'attribuzione di

crediti formativi alle attività svolte nel corso di stages ed alle iniziative di tirocinio

pratico (articolo 18, comma 1, lettera f).

- Schema di regolamento attuativo dell'articolo 17 della legge 196/97 e dell'articolo 20

(comma 8, ali. 1, n. 112) della legge “Bassanini” 59/97 (“Capo V. Certificazione delle

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competenze professionali e crediti formativi”). Esso stabilisce che le Regioni e le

Provincie autonome siano i soggetti abilitati alla certificazione delle competenze

professionali acquisite dai soggetti a seguito di attività lavorativa, di formazione

continua, di tirocinio o di autoforinazione (articolo 15, secondo comma). Inoltre,

esso definisce competenze professionali certificabili quelle competenze che

costituiscono patrimonio conoscitivo ed operativo degli individui ed il cui insieme

organico costituisce una qualifica o una figura professionale. Tali competenze

vengono documentate in un libretto formativo del cittadino (articolo 15, terzo

comma). Infine, tale regolamento stabilisce che le competenze certificate possano

essere riconosciute, ai fini del conseguimento di un titolo di studio o dell'inserimento

in un percorso scolastico, sulla base di intese fra regioni e ministeri del Lavoro e

della Previdenza Sociale, della Pubblica Istruzione, dell'Università e della Ricerca

Scientifica (articolo 16, primo comma).

- Decreto ministeriale n. 142/98 (“Regolamento recante norme di attuazione dei

principi e dei criteri di cui all'articolo 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196, sui

tirocini formativi e di orientamento”). Il decreto ministeriale attua i principi ed i

criteri contenuti nell'articolo 18 della legge 196/97. I tirocini formativi e di

orientamento sono promossi — fra gli altri — dalle agenzie per l'impiego, dalle

università e dagli istituti di istruzione universitaria statali e non statali abilitati al

rilascio di titoli accademici, dai provveditorati agli studi, dalle istituzioni scolastiche

statali e non statali, dai centri pubblici o a partecipazione pubblica di formazione

professionale e/o do orientamento. Inoltre, le attività svolte nel corso di tirocini di

formazione e orientamento possono avere valore di credito formativo, sulla base di

apposi te convenzioni fra soggetti promotori e datori di lavoro.

- Decreto ministeriale 8 aprile 1998 (“Disposizioni concernenti i con tenuti formativi

delle attività di formazione degli apprendisti”). Tale decreto attua l'articolo 16,

secondo comma, della legge 196/97 e dispone l'emanazione di decreti del Ministro

del Lavoro (d'intesa con il ministro della Pubblica Istruzione e sentito il parere della

Conferenza stato-regioni) per definire i contenuti delle attività formative per gli

apprendisti. Queste ultime sono strutturate in forma modulare e i contenuti della

formazione finalizzati alla comprensione dei processi lavorativi dovranno avere

carattere sia trasversale (esse dovranno cioè comprendere anche il recupero di

conoscenze linguistico-matematiche, organizzative, gestionali ed economiche) sia

professionalizzante (di tipo tecnico-scientifico ed operativo). Inoltre, il decreto

stabilisce che l'attività formativa debba essere svolta all'esterno dell'azienda: essa

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ha valore di credito formativo nell'ambito del sistema formativo integrato ed è

evidenziata nel curriculum del lavoratore.

- Patto per lo sviluppo e l'occupazione fra Governo e Parti Sociali (22 dicembre 1998).

L’accordo costituisce un elemento di continuità rispetto ai precedenti accordi e

all'attività normativa degli ultimi anni. Alcune delle sue principali linee di azione

riguardano la destinazione di ingenti risorse alla formazione professionale,

predisposizione dell'innalzamento dell'obbligo formativo a 18 anni e potenziamento

dell'apprendistato.

Tra le esperienze maggiormente significative svolte nel nostro paese legate all’utilizzo

del concetto di competenza si colloca l'incarico affidato a ISFOL da parte del Ministero

del Lavoro e della Previdenza Sociale e da parte dell'Unione Europea nel luglio 1995,

riguardante l'elaborazione di un sistema di “standard formativi” basato su unità

capitalizzabili da applicare nel nostro paese.

L'innovazione del progetto è consistita soprattutto nell'adozione di criteri e riferimenti

innovativi - afferenti sia alla struttura dell'offerta formativa, sia ai suoi contenuti - in

quanto presupposti concettuali nella formulazione della proposta stessa.

La realizzazione effettiva di “principi guida” come i concetti di trasparenza, flessibilità,

capitalizzazione, infatti, ha comportato, da un lato, l'abbandono di una logica obsoleta

dell’iter formativo (strutturato sul “corso” come processo di apprendimento inscindibile

nelle sue parti e valevole solo nella sua interezza) a favore di un'altra basata sulle

competenze, sul loro riconoscimento e sulla modularità dei percorsi di apprendimento.

Dal l'altro, nella fase di cernita dei contenuti formativi, tale realizzazione ha implicato

uno spostamento dell'attenzione dai compiti specifici di una precisa figura professionale

alle competenze dell’individuo, considerato in quanto persona che interagisce in un

particolare contesto lavorativo, in relazione ad un proprio patrimonio di risorse inteso in

senso ampio.

Da sempre - nella progettazione di interventi formativi “classici” - le attività preliminari

di analisi del lavoro fanno riferimento solo ad uno o a più profili professionali. La

descrizione dei compiti specifici di un profilo lavorativo (inteso come unica categoria di

riferimento) assume una con figurazione “molare”: la figura professionale che ne deriva

non risulta articolata nei suoi elementi, ovvero negli ambiti di attività e di competenza

che la compongono, essa tende piuttosto a risultare una sommatoria di conoscenze non

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fruibili separatamente e indipendenti dalle caratteristiche del soggetto e dalla dinamica

lavorativa.

La professione viene cioè rappresentata come un "blocco unico a sé stante" dal

carattere tendenzialmente rigido e statico, secondo una logica del "tutto o niente":

logica sulla quale vengono poi elaborate la forma e la sostanza dei percorsi formativi.

Ciò genera alcuni inconvenienti, in quanto a rigidità del l'offerta formativa da un punto

di vista sia dell'utenza, sia del progettista incaricato nel tempo di valutarne la qualità o

di provvedere ad un suo aggiornamento.

Nel modello elaborato dall'ISFOL invece, le figure o i profili professionali non

costituiscono il punto di partenza nell'elaborazione del nuovo sistema formativo, ma

semmai uno dei suoi “punti di arrivo”.

La metodologia per l'individuazione dei contenuti formativi e per l'articolazione del

percorso, infatti, ha origine dalle analisi parallele di tre distinti oggetti interrelati e

costitutivi della performance lavorativa: il comparto/settore di attività cui si fa

riferimento, il comportamento lavorativo dei soggetti, i requisiti di base per

l'occupabilità. Queste analisi permettono l'individuazione di tre serie di competenze

organizzabili in insiemi o “mappe”.

Gli elementi e i concetti più significativi del progetto ISFOL possono essere sintetizzati

nel modo seguente:

- Le competenze definite come delle risorse strategiche di diversa natura che

l’individuo può sviluppare. Esse sono il fulcro attorno al quale si articola il sistema

formativo elaborato dall'ISFOL: la loro acquisizione ed il loro miglioramento

costituiscono, cioè, il fine del percorso d'apprendimento. Secondo l'approccio

descritto, la qualità della performance professionale finale risiede nella compresenza

e nell'attivazione sinergica di tre tipi distinti di competenze: quelle di base, quelle

trasversali e quelle tecnico-professionali.

- Le unità formative capitalizzabili. Esse costituiscono i "tasselli", ovvero gli elementi

fondanti il processo formativo che risulta infatti costituito da una selezione coerente

di unità capitalizzabili, finalizzata ad una figura professionale. In genere, le unità

sono suddivisibili analiticamente in "elementi" i quali, tuttavia, costituiscono parti

troppo "piccole" per essere significative in modo a sé stante: ne deriva che - nella

proposta ISFOL - l'oggetto minimo della certificazione sia l'unità formativa

capitalizzabile nella sua interezza e non un suo sotto-elemento.

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Ogni unità è finalizzata al raggiungimento di più di una competenza professionale:

alcune competenze, cioè, aggregate in "cluster" o gruppi omogenei (per argomento, per

profilo professionale di riferimento, ecc.), costituiscono l'oggetto d'apprendimento di

una unità capitalizzabile; la certificazione di una unità capitalizzabile implica,

indirettamente, la certificazione delle competenze ad essa corrispondenti.

L'insieme delle unità costituisce un repertorio formativo nazionale cui riferirsi, nel

momento della progettazione di un itinerario di apprendimento. In effetti, pur nel

rispetto delle esigenze del contesto economico locale - in riferimento a cui ciascun

percorso formativo è progettato - lo sviluppo di un siffatto repertorio è garanzia di

trasparenza e confrontabilità dei processi di formazione su tutto il territorio nazionale.

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L’APPROCCIO PER COMPETENZE NELLE IMPRESE

Da decenni ormai le imprese utilizzano il concetto e la metodologie delle competenze

nelle proprie pratiche per gestire diversi aspetti e processi della vita organizzativa.

L’importanza del fattore umano è divenuta sempre più evidente e riconosciuta, anche in

seguito alla constatazione che la struttura in quanto tale non è più elemento portante,

soggetta come è a continui mutamenti e a richieste di appiattimento, snellimento,

capacità di trasformazione immediata per assicurare la sua sopravvivenza attraverso

tempestivi adattamenti alle sempre più turbolente condizioni ambientali.

Il punto di riferimento, oggi, per la sopravvivenza e le performance dell’impresa diventa

il contributo che le persone portano al successo dell’organizzazione, inteso come

duraturo e costante nel tempo, e proprio per la loro promessa di riuscire a cogliere e

sistematizzare i bisogni dell’organizzazione, le competenze hanno attratto l’interesse del

mondo aziendale ed effettivamente costituiscono l’elemento chiave della pianificazione

delle risorse umane.

L’ambito privilegiato in cui l’approccio delle competenze trova la sua più diretta

applicazione è quello della gestione e sviluppo delle risorse umane interne: la selezione,

l’analisi e la valutazione del potenziale, l’analisi e la valutazione delle prestazioni, la

formazione, i piani di carriera, i sistemi retributivi e così via. Ma l’approccio in questione

si è esteso anche ad altri ambiti organizzativi, come la gestione del lavoro non

subordinato e dell’outsourcing, le transazioni con fornitori e clienti, la comunicazione

interna ed esterna, il knowledge management.

Non esiste oggi infatti funzione, servizio, o ambito organizzativo che non possa essere e

non venga analizzato utilizzando il concetto e l’approccio delle competenze.

I modelli di competenza rappresentano quindi nell’impresa una base per costruire una

serie logicamente coordinata di politiche e tecniche di gestione delle risorse umane e

organizzative.

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Valutazionedelle prestazioni

Piani disuccessione

Politicaretributiva

Valutazione eprogettazionesistemi di ruoli

Valutazione delpotenziale

Percorsi dicarriera

MODELLO DELLE COMPETENZE

Informazioni comuniposizioe/ruolo/figura professionale

•contenuto•profilo di competenza

Persone•competenze

Reclutamento e

Selezione

Formazione e

sviluppo

Gestione del personale

non subordinato

Gestione del knowledge

management

Gestione dell’ outsourcing

Le competenze nel sistema di gestione e sviluppo delle risorse umane

I sistemi di pianificazione delle risorse umane basati su modelli di competenze sono lo

strumento principale mediante il quale le imprese cercano di allineare organizzazione e

persone alle strategie di business: gli elementi costitutivi di tali sistemi sono

rappresentati da vari sottosistemi, alcuni dei quali rappresentano fonti d’informazione

sui processi, sui ruoli e sulle persone a disposizione dell’azienda e offrono alla

pianificazione dati affidabili su cui operare.

I sottosistemi che contribuiscono attivamente alla gestione delle risorse umane ed

organizzative basati su modelli delle competenze possono essere individuati nei

seguenti:

- progettazione e la valutazione del sistema dei ruoli, che specificano quali attività

debbono essere svolte e come debbono essere collegate e responsabilizzate, cioè

pensate per ottenere un flusso adeguato al raggiungimento degli obiettivi aziendali;

- reclutamento e selezione (link 1), sia interni che esterni, che collegano

l’organizzazione al mercato del lavoro per procurare le competenze necessarie;

- valutazione delle prestazioni (link 2) e del potenziale (link 3), che raccolgono

permanentemente informazioni sul rendimento del personale e sulle competenze

potenziali disponibili nel medio e lungo termine;

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- formazione e sviluppo (link 4), che garantisce l’aggiornamento e lo sviluppo del

personale, in modo da potenziare le capacità tecniche, le conoscenze professionali,

le conoscenze e i comportamenti necessari per realizzare gli obiettivi dell’ipresa;

- sistema retributivo (link 5), che analizza sistematicamente le retribuzioni, tenendo

conto sia del valore per l’azienda delle diverse dimensioni, sia del confronto con i

mercati esterni di riferimento;

- sistemi dei percorsi di carriera (link 6) ed i piani di successione (link 7), definiscono

le attività e i requisiti di competenza delle posizioni che compongono un percorso di

carriera per individuare quei passaggi di ruolo che implicano un salto professionale

non soltanto quantitativo ma anche qualitativo.

Mediante modelli basati sulle competenze è possibile per le imprese affrontare anche

problemi legati alla gestione:

- del personale non subordinato (link 8), si presenta come una delle grandi sfide che

oggi le organizzazioni si trovano ad intraprendere a seguito dello sviluppo e la

diffusione delle nuove forme di rapporto di lavoro nell’incontro tra domanda e

l’offerta (lavoro interinale, part-time, contratti a termine, e tutto il cosiddetto “lavoro

atipico” in senso ampio).

- dell’outsourcing (link 9), come esternalizzazione delle funzioni e servizi (quindi

competenze) precedentemente svolti all’interno dell’impresa, attraverso il ricorso a

soggetti esterni per lo svolgimento delle attività operative.

- il knowledge management (link 10), inteso come gestione della conoscenza tramite

l’individuazione e l’esplicitazione delle competenze delle persone all’interno

dell’organizzazione per renderle disponibili e diffuse, farle divenire cioè patrimonio

condiviso.

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MODELLO OPERATIVO CONDIVISO PER LA FORMALIZZAZIONDELLE COMPETENZE

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Dal punto di vista operativo, Italia Lavoro e ISFOL hanno in comune l’esigenza di promuovere la formalizzazione di repertori di competenze comunque acquisite, riconosciute e quindi spendibili in diversi contesti. intendendo per competenza un insieme strutturato di conoscenze e di abilità. La formalizzazione comporta innanzitutto una decisione sul come “esprimere” le competenze, utilizzando il linguaggio naturale in modo convenzionalmente regolato. Allo stato attuale è possibile convenire che per “esprimere” le competenze si possa operativamente procedere:

attribuendo una denominazione sintetica e convergente (da inserire nei repertori) alle competenze individuate, finalizzata alla identificazione univoca delle stesse; fornendo una descrizione (da inserire nei repertori) delle competenze individuate, finalizzata a esplicitare in che modo il soggetto deve saper mobilitare e strutturare dinamicamente le risorse appropriate per manifestare la propria padronanza di ciascuna competenza.

Denominazione e descrizione sono da considerarsi complementari e coessenziali alla messa in trasparenza della competenza. Entrambe, peraltro, costituiscono l’intersezione degli approcci che Italia Lavoro e ISFOL utilizzano attualmente per la realizzazione dei propri prodotti/servizi, rispettivamente:

dizionari di competenze, bilanci di prossimità, scheda anagrafica-professionale ecc. standard per la certificazione delle competenze (U.C. di base, tecnico-professionali, trasversali), libretto formativo ecc.

La visualizzazione evidenzia nell’intersezione dei due cerchi gli “oggetti” sui quali Italia Lavoro e ISFOL hanno elaborato regole condivise di formalizzazione. Per quanto riguarda gli altri “oggetti”, rappresentati al di fuori dell’intersezione, saranno necessarie ulteriori riflessioni e approfondimenti.

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DENOMINAZIONE DELLE COMPETENZE La denominazione è finalizzata alla identificazione univoca di ciascuna competenza. La struttura sintattica concordata per denominare le competenze è la seguente:

ESSERE IN GRADO DI

VERBO DI AZIONE

OGGETTO

I due esempi sotto riportati sono riferiti, rispettivamente, al contesto professionale e al contesto formativo.

ESSERE IN GRADO DI

acquisire

prodotti/servizi da ruoli interni e da fornitori esterni, in modo che siano disponibili per la realizzazione dello specifico servizio di guida turistica

ESSERE IN GRADO DI

esporre

oralmente descrizioni e presentazioni su un’ampia varietà di argomenti noti, sviluppandone e supportandone i contenuti con approfondimenti ed esempi rilevanti

Si propone ora una sintetica analisi della struttura sintattica per la denominazione delle competenze.

ESSERE IN GRADO DI

La locuzione «Essere in grado di …» può essere considerata come la “contrazione simbolica” di una proposizione più articolata del tipo: «Essere in grado di mobilitare e strutturare dinamicamente – in modo pertinente ed efficace – un insieme di risorse di natura diversa (per es. conoscenze, abilità, disposizioni personali) per …». Tale proposizione è coerente con quanto affermato nel decreto del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale del 31/5/2001, n.174: «per competenza certificabile si intende un insieme strutturato di conoscenze e di abilità di norma riferibili a specifiche figure professionali, acquisibili attraverso percorsi di Formazione Professionale e/o esperienze lavorative e/o autoformazione, valutabili anche come crediti formativi» (art.2).

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VERBO DI AZIONE

Il verbo d’azione (cfr. gli esempi alla pagina precedente) esprime l’attività per la quale è richiesta la mobilizzazione e la strutturazione di risorse evocata dalla locuzione «Essere in grado di …» La modalità consigliata per l’individuazione delle attività è l’analisi dei processi tipici dei contesti (professionali, formativi, di cittadinanza attiva ecc.), in cui sono richieste/spendibili le competenze oggetto di rilevazione e di formalizzazione. L’attività è convenzionalmente definita come quella parte di un processo che trasforma una serie di input (materiali e/o informazioni) in un output/risultato, destinato all'interno o all'esterno di un contesto, avente le seguenti caratteristiche: essere scambiabile in una specifica relazione di scambio; avere una propria completezza, una propria "autonomia" – che lo rendono autonomamente richiedibile ed erogabile –; possedere un proprio valore definibile secondo le regole dei diversi contesti. Nell'ambito di ciascuna attività vengono svolte generalmente più operazioni, ciascuna delle quali è a sua volta esprimibile attraverso verbi operativi (di realizzazione, di interpretazione-pianificazione-controllo-regolazione-relazione ecc.) e caratterizzata dalla produzione di specifici output, in cui, però, non è possibile riconoscere le caratteristiche di completezza, autonomia ecc. degli output/risultati di un’attività. Se ci si riferisce al primo esempio sopra riportato, è facile rendersi conto che l’espressione “acquisire prodotti/servizi da ruoli interni e da fornitori esterni, in modo che siano disponibili per la realizzazione dello specifico servizio di guida turistica” denota un’attività il cui output/risultato (l’effettiva disponibilità, conformemente ai requisiti contrattuali, dei prodotti/servizi per quel servizio di guida turistica):

è sicuramente scambiabile nella specifica relazione di scambio (clienti - guida turistica – ruoli interni - fornitori esterni …); ha una propria completezza, una propria "autonomia", che lo rendono autonomamente richiedibile ed erogabile; possiede un proprio valore quotabile in termini economici (è socialmente accettato che una guida turistica sia pagata per far trovare pronti ai propri clienti tutti i prodotti/servizi previsti dal contratto).

È facile anche vedere che più operazioni concorrono alla realizzazione di questa attività: analizzare i requisiti contrattuali, chiedere informazioni e preventivi, dare specifiche per l’emissione degli ordini di acquisto, controllare i prodotti/servizi acquisiti ecc. Nessuna di queste operazioni ha l’insieme di caratteristiche che invece abbiamo visto essere possedute dall’attività. Se ci si riferisce al secondo esempio sopra riportato, è facile rendersi conto che l’espressione “esporre oralmente descrizioni e presentazioni su un’ampia varietà di argomenti noti, sviluppandone e supportandone i contenuti con approfondimenti ed esempi rilevanti” denota un’attività il cui output/risultato (un’esposizione orale comprensibile e completa di approfondimenti ed esempi):

è sicuramente scambiabile nella specifica relazione di scambio (docente, altri allievi, esaminatori …);

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ha una propria completezza, una propria "autonomia", che lo rendono autonomamente richiedibile ed erogabile; possiede un proprio valore quotabile in termini di voto/qualificazione (è socialmente accettato che un allievo riceva una valutazione del suo output/risultato)

È facile anche vedere che più operazioni concorrono alla realizzazione di questa attività: pianificare il testo, scegliere il registro e lo stile, formulare e articolare il testo ecc. Nessuna di queste operazioni ha l’insieme di caratteristiche che invece abbiamo visto essere possedute dall’attività. Convenzionalmente, nella denominazione delle competenze si deve fare riferimento solo alle attività, non alle operazioni.

OGGETTO

L’oggetto esprime l’output/risultato dell’attività esplicitata e sintetizzata dal verbo d’azione e può essere formalizzato attraverso un’articolazione che metta in evidenza eventuali aspetti caratterizzanti, utili anche per connotare la relazione che esiste tra verbo e oggetto. Nel primo esempio sopra riportato, l’oggetto è stato formalizzato attraverso un’articolazione che evidenzia:

l’oggetto vero e proprio: «prodotti/servizi da ruoli interni e da fornitori esterni»; un aspetto caratterizzante: «in modo che siano disponibili per la realizzazione dello specifico servizio di guida turistica».

L’oggetto così formalizzato – come abbiamo già visto – esprime chiaramente l’output/risultato dell’azione espressa dal verbo «acquisire». L’output/risultato – oltre a possedere le caratteristiche prima descritte contestualmente alla definizione dell’“attività” – deve essere riconoscibile/riconosciuto come adeguato e valido rispetto all’attività richiesta alla persona, nell’ambito di una relazione di scambio nel contesto considerato1. DESCRIZIONE DELLE COMPETENZE La descrizione è finalizzata ad esplicitare in che modo il soggetto deve saper mobilitare e strutturare dinamicamente le risorse appropriate per rendere esplicita la propria padronanza di ciascuna competenza. La descrizione deve, quindi, esplicitare e articolare i “saperi in atto” attraverso i quali appunto si attualizza, dinamicamente, la “dedicata” combinazione di risorse, che permette la realizzazione dell’output/risultato professionale in esito a una determinata attività. Nella declinazione dei “saperi in atto” necessari ad un efficace ed efficiente presidio delle attività è importante mettere in trasparenza sia con chi il soggetto dovrebbe

1 Il contesto d’azione, circoscrivendo l’output/risultato, allo stesso tempo connota e denota la competenza oggetto di formalizzazione e fornisce informazioni non ambigue sulle risorse da mobilizzare e strutturare per la produzione dell’output/risultato.

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relazionarsi, sia quali decisioni dovrebbe prendere e come, sia i controlli che deve effettuare, tenendo sempre presenti regole, procedure, vincoli di varia natura. Convenzionalmente si assume che tali “saperi in atto” siano la matrice (condizione di possibilità) delle diverse operazioni in cui può essere scomposta l’attività2. È opportuno ripetere che solo le competenze, indicate attraverso una denominazione sintetica e convergente, sono in grado di garantire la realizzazione di un risultato riconosciuto e riconoscibile come adeguato e valido rispetto ad un’attività richiesta nell’ambito di una relazione di scambio. Le articolazioni descrittive di una competenza (i saperi in atto) singolarmente ed autonomamente considerate non esprimono tale proprietà: solo la loro integrazione e convergenza, realizzando “quel” mix di risorse e di saperi in atto necessario per l’acquisizione e l’esercizio di “quella” competenza, è in grado di garantire “quel” risultato socialmente richiesto, atteso, riconosciuto e riconoscibile. La struttura sintattica concordata per descrivere le competenze è intenzionalmente omogenea con quella adottata per la loro denominazione e viene qui di seguito presentata:

VERBO OPERATIVO OGGETTO SPECIFICAZIONE VERBO OPERATIVO OGGETTO SPECIFICAZIONE SAPERE COME

… … … La locuzione «Sapere come …» può essere considerata come la “contrazione simbolica” di una proposizione più articolata del tipo: «Per mettere in atto la competenza cui si riferisce la descrizione – mobilitando e strutturando dinamicamente in modo pertinente ed efficace un insieme di risorse di natura diversa –, occorre sapere come …». L’infinito del verbo specifica l’operazione che il soggetto ha bisogno di “sapere come realizzare” per “essere in grado di …”. L’oggetto circoscrive il campo semantico e operativo essenziale a cui l’operazione espressa dal verbo si riferisce. Insieme con il verbo operativo, indica con esattezza “che cosa” (ed eventualmente anche esplicitandone con quali attributi/caratteristiche) il soggetto deve mettere in atto per poter presidiare l’operazione di riferimento. Ove si ritenga opportuno, la specificazione precisa (adottando locuzioni del tipo “avendo a disposizione …”, “con l’aiuto di …”, “usando …”, “scegliendo …”, “posto di fronte …”, “interagendo con …” ecc.) le condizioni dettate dal contesto di esercizio dell’operazione espressa dal verbo: strumenti che possono essere utilizzati, il luogo, l’aiuto che può essere dato le caratteristiche ambientali e di interazione esistenti ecc. Si presentano, qui di seguito, le descrizioni relative agli esempi di denominazione sopra riportati.

2 A questo proposito – anche al fine di non accreditare interpretazioni “meccanicistiche” – è opportuno

rammentare che i risultati di un’attività e di un intero processo non sono mai scontati, sono sempre da

conquistare, da “generare”, e quindi non sono l’esito della semplice sommatoria di operazioni: richiedono

sempre di saper agire nella situazione reale con creatività, trovando ogni volta la combinazione indovinata di

operazioni, controlli, iterazioni ed interazioni ecc.

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ESSERE IN GRADO DI

acquisire

prodotti/servizi da ruoli interni e da fornitori esterni, in modo che siano disponibili per la realizzazione dello specifico servizio di guida turistica

SAPERE COME

rilevare le caratteristiche dei differenti servizi offerti alla clientela e dei requisiti contrattuali del singolo servizio; analizzare l'organizzazione, i processi di lavoro, i ruoli della struttura di riferimento sia della committenza sia dei fornitori di servizi; gestire i rapporti funzionali con ruoli interni delle strutture di riferimento e con fornitori esterni; formulare senza ambiguità richieste di informazioni/disponibilità e ordini di acquisto; verificare la conformità delle informazioni e dei prodotti/servizi acquisiti/utilizzati. ottenere la massima possibile garanzia preventiva dell’affidabilità delle proprie interfacce organizzative e tecniche.

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ESSERE IN GRADO DI

esporre

oralmente descrizioni e presentazioni su un’ampia varietà di argomenti noti, sviluppandone e supportandone i contenuti con approfondimenti ed esempi rilevanti

SAPERE COME

pianificare, formulare e articolare il testo utilizzando efficacemente le proprie risorse cognitive linguistiche (fonetiche, grammaticali, lessicali), socio-linguistiche (convenzioni tra parlanti, espressioni idiomatiche, registri e stili linguistici) e pragmatiche (organizzazione del discorso e funzioni comunicative); organizzare il discorso, secondo i criteri di: focalizzazione, sequenzialità logica, relazione causale, coerenza semantica e stilistica; rispettare il principio di “cooperazione comunicativa”, in termini di: qualità, quantità, rilevanza e chiarezza dell’informazione trasmessa; assumere funzioni comunicative diverse in relazione alle finalità ed al contesto: descrittive, informative, argomentative, narrative, conative, fàtiche; sostenere il discorso utilizzando supporti grafici (schemi, tabelle, mappe, …).

DALLA DENOMINAZIONE E DESCRIZIONE DELLE COMPETENZE ALL’INDIVIDUAZIONE DEI LORO ELEMENTI COSTITUTIVI Italia Lavoro e ISFOL riconoscono che, per la realizzazione dei propri prodotti/servizi e per garantire la coerenza con il citato D.M. n.174, è utile individuare, relativamente a ciascuna competenza denominata e descritta, le conoscenze e le abilità, che ne costituiscono gli elementi. È importante che l’individuazione di tali elementi sia il più possibile completa. Per quanto riguarda le conoscenze, si concorda che dovrebbero essere rilevate sia quelle che servono al soggetto per “sapere che cosa e perché” (consentendo di comprendere un fenomeno, un oggetto una situazione, un’organizzazione, un processo), sia quelle che servono per sapere “come fare”, “come procedere” e “a cosa adattarsi” (consentendo di disporre di regole per agire). Per quanto riguarda le abilità, si concorda che dovrebbero essere rilevate sia quelle di tipo realizzativo, specifiche del contesto e dell’output/risultato atteso, sia quelle di carattere generale, a largo spettro, al tempo stesso funzionali al soggetto tanto nella sua dimensione di attore sociale, quanto – se contestualmente agite e situate – nella dimensione di interprete di un ruolo lavorativo. Queste ultime abilità sono relative ai processi di pensiero e cognizione, alle modalità di comportamento nei contesti sociali e di lavoro, alle modalità e capacità di riflettere e di usare strategie di apprendimento e di auto-correzione della condotta. Esse operano come fattori di integrazione delle diverse conoscenze e abilità possedute e determinano la qualità della prestazione lavorativa e fanno riferimento, nello specifico, ad operazioni fondamentali proprie di qualunque persona posta di fronte ad un compito o a un ruolo, quali il diagnosticare, relazionarsi, affrontare. Qui possono trovare collocazione anche

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quei comportamenti organizzativi/risorse psicosociali che riguardano l’insieme delle rappresentazioni sociali, dei valori, degli atteggiamenti, delle caratteristiche comportamentali, dei talenti e delle motivazioni della persona, che, se sostenuti da tecniche, si configurano appunto come abilità.

Allo stato attuale, Italia Lavoro e ISFOL non hanno ancora definito regole di formalizzazione condivise degli elementi di competenza.

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SCHEDA DI RILEVAZIONE PROFILI 1. INFORMAZIONI GENERALI 1.1 DENOMINAZIONE 60 caratteri in totale

1.2. ALTRE DENOMINAZIONI

1.3 SETTORE/I

1.4 DESCRIZIONE o Finalità:

o Riferimenti giuridici: o Contesti lavorativi possibili: o Tendenze evolutive possibili::

2000 caratteri in totale 1.5 BREVE DESCRIZIONE (PREREQUISITI)

200 caratteri in totale

2. DATI IDENTIFICATIVI DEL PROFILO 2.1 AREA PROFESSIONALE3

2.2. DENOMINAZIONE ISTAT4

2.3 CODICE ISTAT5

2.4. ALTRE DENOMINAZIONI ISTAT6

3 Secondo la versione del Decreto Ministro del lavoro 30 maggio 2001 4 Secondo la versione del Decreto Ministro del lavoro 30 maggio 2001 5 Secondo la versione del Decreto Ministro del lavoro 30 maggio 2001 6 Secondo la versione del Decreto Ministro del lavoro 30 maggio 2001 Ver1novembre2004 76

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3. PROCESSI Ogni box è dedicato ad un processo; compilarne tanti quanti sono i processi su cui il profilo interviene eventualmente duplicando il modello di box secondo le necessità

Denominazione e breve descrizione:

3.1 PROCESSO

INPUT del processo:

OUTPUT del processo

ATTIVITA’SVOLTE Input dell’attività ATTIVITA’ 7 Output dell’attività

Denominazione e breve descrizione:

3.2 PROCESSO

INPUT del processo:

OUTPUT del processo

ATTIVITA’SVOLTE Input dell’attività ATTIVITA’ 8 Output dell’attività

7 Ad ogni attività, secondo il metodo di IL, corrisponde una competenza. 8 Ad ogni attività, secondo il metodo di IL, corrisponde una competenza. Ver1novembre2004 77

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4. COMPETENZE Ogni box è dedicato ad una competenza; compilarne tanti quante sono le competenze,9 eventualmente duplicando il modello di box secondo le necessità. Nella compilazione dapprima denominare e descrivere la competenza, quindi indicare le conoscenze e le capacità ad essa collegate, successivamente, associare i comportamenti, inserendoli nella tabella 5 posta al termine di questa sezione della scheda di rilevazione. Laddove necessario evidenziare le risorse esterne necessarie all’esercizio delle competenze, inserendo le informazioni nella tabella6, posta sempre al termine di questa sezione. 4.1.1 COMPETENZA/ATTIVITA’ (Inidcare se distintiva per variabilità/innovazione) N* DENOMINAZIONE

Verbo di azioneall’infinito - max 20 caratteri

Oggetto (output + eventuali specificazioni) – max 80 caratteri

DESCRIZIONE: per mettere in atto la competenza occorre sapere come… CONOSCENZE max 60 caratteri (indicare se chiave) B/T N∗∗ ABILITA’ max 60 caratteri (indicare se chiave) B/T N*

Eventuali note: Eventuali note: 4.1.2 COMPETENZA/ATTIVITA’ (Inidcare se distintiva per variabilità/innovazione) N* DENOMINAZIONE

Verbo di azioneall’infinito - max 20 caratteri

Oggetto (output + eventuali specificazioni) – max 80 caratteri

DESCRIZIONE: per mettere in atto la competenza occorre sapere come… CONOSCENZE max 60 caratteri (indicare se chiave) B/T N∗ ABILITA’ max 60 caratteri (indicare se chiave) B/T N*

9 Ricordare che ad ogni attività segnalata nei box inerenti i processi, al punto 3 della scheda di rilevazione, deve corrispondere una competenza.

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Eventuali note: Eventuali note: 4.2 COMPORTAMENTI (riferiti all’insieme delle competenze) B/T N* 4.3 RISORSE ESTERNE Competenze di riferimento Risorse esterne

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5. ALTRE INFORMAZIONI INERENTI IL PROFILO 5.1 TRACCIATO DEL PROFILO ORIGINE AUTORE DATA CREAZIONE DATA MODIFICA 5.2 NOTE 5.3 BIBLIOGRAFIA FONTE FONTE

∗ Indicare, con una X, se la competenza, la conoscenza, la capacità o il comportamento sono nuovi, ossia non presenti nei dizionari della banca profili di IL.

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