Date post: | 06-Apr-2016 |
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Via San Gaetano n°16
82100 Benevento , Italy Dal lunedì al sabato dalle 16:00 alle 20:30
mattina e domenica su appuntamento
lacasadischiele.blogspot.it
La casa di Schiele
Cell: 3040551665 Cell: 3339211909
Direzione: Sara Cancellieri Progetto: Igor Verrilli A cura di: Mario Francesco Simeone Allestimento: La casa di Schiele
Si ringrazia:
A cura di
Mario Francesco Simeone
13X18
Il limite della rappresentazione e lo spazio dell’interpretazione
in 13x18 centimetri.
Riunire quarantaquattro artisti in 13x18 centimetri è possibile. Non si pensi a trovate clownesche o trucchi illusionistici, perché la soluzione al problema dello spazio è pane quotidiano della pratica e della teoria artistica, della filosofia estetica e della psicoanalisi cognitiva. L’arte, in particolare, è il campo di applicazione immediatamente visibile del rapporto dell’uomo con gli spazi, una relazione che condiziona sistemi, espressioni e linguaggi. Attraverso la resa delle dimensioni di elementi inseriti in un ambiente, dallo sfondo dorato bizantino alla camera di Van Gogh, l’opera racconta la sua storia. In fondo, è uno dei modi in cui una cosa difficile da comprendere viene spiegata attraverso l’immagine di un’altra, fenomenologicamente più immediata. È il lavoro che, nella linguistica, compie la figura retorica. Le figure retoriche e i rapporti con gli spazi, cambiano con le epoche, come un processo biologico continuamente produttivo, vivificato dall’avvicendamento delle culture, delle società, delle economie e degli strumenti, tra ispirazioni estemporanee e ricerche scientifiche. Anche per questo è difficile, per l’uomo contemporaneo, leggere la sintassi stilnovista e, sicuramente, anche Dante avrebbe qualche difficoltà a interpretare la pagina di un blog. In ogni caso, è vero che le vie della rappresentazione sono virtualmente infinite ma l’arte, per la sua intrinseca connotazione tecnica, pragmatica già nell’etimologia, basa tutte le sue funzioni sull’esistenza concreta del supporto. Una tela, un cartoncino, una parete, un vetro, sono spazi creati da materiali, caratterizzati da porosità e imperfezioni calcolate che agiscono come resistenze creative, entro le quali inserire una narrazione. Ogni ambiente, ogni elemento, dal più figurativo al più astratto, dalle forme di Vasilij Kandinskij agli “impacchettamenti” di Christo e Jeanne Claude, estende la sua superficie narrativa su una superficie materiale. Questo scambio tra spazio e racconto è un dato certo, forse l’unico, che aiuta molto nella lettura della grammatica dell’opera.
Tale ibridazione di superficie e materia, narrazione e oggetto, dunque, impone un bivio all’immagine da rappresentare. Parafrasando Erwin Panofsky, lo spazio sul quale si estende l’immagine diventa forma simbolica. La Basilica di Sant’Apollinare, a Ravenna, o la Cattedrale di Santa Maria, a Monreale, sono state costruite in epoche e contesti diversi ma entrambe si configurano come narrazioni esplicite. Gli imponenti cicli musivi che le decorano, raccontano una storia dai contorni definiti. L’architettura è supporto aperto, le navate scandiscono uno spazio totale della rappresentazione, che materializza immediatamente il concetto. In entrambi i casi, si tratta di storie morali ed encomiastiche, quindi, l’atto dell’interpretazione è invalidato, perché il rapporto tra la rappresentazione e la percezione non deve essere affatto interpretativo ma univoco, edificante e didascalico. L’autorità totalizzante, incarnata dai grandi sistemi del potere temporale e spirituale, proponeva visioni statiche che, concedendo lo sgomento del bello, lo stupore per quel nuovo mondo fatto di linee, annullavano la critica del rapporto dialogico. Per capire meglio, si può compiere un enorme salto strumentale, verso un periodo prossimo alla nostra realtà. La città orwelliana del mondo distopico di 1984, è tappezzata da enormi immagini dell’occhio sempre aperto del Big Brother. Il fruitore non è il soggetto con un punto di vista esterno e senziente ma l’immagine stessa, diventata messaggio dinamico e diffuso. Non è il segno a incombere nello spazio del reale da una superficie materiale, è lo spazio stesso che, non più reale, è diventato estensione totalmente simbolica, latente e omogena. Al contrario, la rappresentazione estesa su una superficie estremamente concentrata, segue un ritmo discontinuo, perché crea un moto percettivo perpetuo e incostante, oscillante tra apertura e chiusura del senso. Infatti, le informazioni veicolate dallo spazio minimo suscitano, con naturalezza e discrezione, la curiosità del fruitore, chiamato ad agire nella profondità dell’immagine per completarne il senso. Si delinea un percorso tortuoso verso tutto ciò che non è compreso nello spazio rappresentato. Questa forma di narrazione è etimologicamente simile al dialogo, come un qualcosa di indefinibile che è tra (dià) le parole (lògos). Un discorso alternato tra elementi taciuti e inflessioni del tono, che
alimenta perennemente la riflessione, l’interpretazione, il fraintendimento, principi basilari della comunicazione. Il senso si completa nel non detto, in ciò che si lascia cadere dopo i puntini sospensivi, oltre la cornice del discorso. In questo caso, la sospensione avviene dopo 13x18 centimetri. 13x18 è un racconto collettivo, una composizione dissonante che gioca sul limite tra organicità del formato e asimmetria dei tratti. Fulcro tematico dell’esposizione, infatti, sono le possibilità comunicative, i modi della rappresentazione, i materiali, i percorsi eterogenei, peculiari del piccolo formato. Immagine e supporto, come sovrapposizione di spazio fisico e ideale, esprimono un’estetica del segno minimale che limita l’eccesso d’informazione vincolante e apre la strada al processo cognitivo, alle possibilità interpretative. Il rapporto tra opera e fruitore è dialogico, non gerarchico ma orizzontale. Così, sulle pareti bianche, si delinea una cartografia complessa, di tecniche e segni, simboli e colori, scandita dall’alternanza netta degli spazi, in fitte sequenze di 13x18 centimetri. La narrazione visiva, diffusa ritmicamente sulla superficie architettonica, diventa un codice da definire, secondo le infinite e imprevedibili enciclopedie di chi crea e di chi osserva. Mario Francesco Simeone
Antonio Barbagallo
Angelo Barile
Paul Beel
Silvia Beltrami
Valentina Biasetti
Gabriela Bodin
Barbara Bonfilio
Simona Bramati
Sara Cancellieri
Gianluca Capozzi
Antonella Casazza
Vito Centonze
Adele Ceraudo
Pierluca Cetera
Gabriella Crisci
Vincenzo Last22 D'argenio
Salvatore Daddi
Fabrizio De Cunto
Mario Edoardo Dominguez
Roberta Feoli
Clare Galloway
Cristina Iotti
Arianna Lion
Savina Lombardo
Mario Loprete
Anna Madia
Pietro Marchese
Jara Marzulli
Klaus Mehrkens
Sagan Newman
Ferruccio Orioli
Alessandro Papari
Samuele Papiro
Francesca Romana Pinzari
Jerome Pouwels
Dora Romano
Giuliano Sale
Lele Sgambati
Milena Sgambato
Tina Sgrò
Vania Elettra Tam
Elisabetta Trevisan
Giuseppe Vaccaro
Valentina Zummo
ARTISTI
Antonio
Barbagallo
“SPAZI APERTI DALLE VIRTÙ DEL VENTO” inchiostri su carta
Angelo
Barile
“FRIDUZZA” Grafite su cartoncino
Silvia
Beltrami
“RAGAZZA INCUBO” Collage su faesite
Paul
Beel
“PICCOLISSIMA ALICE” Olio su tela
Valentina
Biasetti
“TESTAMENTO FORMIDABILE” Collage su faesite
Gabriela
Bodin
“PROFILO” Tecnica mista su tela
Barbara
Bonfilio
“SENZA TITOLO” Penna su carta
Simona
Bramati
“DANIZA” Olio e carta su tela
Sara
Cancellieri
“SE CHIUDO GLI OCCHI TI VEDO” Acquerello su carta
Gianluca
Capozzi
“SENZA TITOLO” Tecnica mista su carta
Antonella
Casazza
“UN DIAVOLO PER CAPELLO” Acrilico su tela
Vito
Centonze
“SENZA TITOLO” Vino su carta
“SENZA TITOLO”
Adele
Ceraudo
“SENZA TITOLO” Tecnica mista su carta
Pierluca
Cetera
“DALLA SERIE RIMOZIONI: IL DENTISTA” Olio e calamite su zinco
Gabriella
Crisci
“SENZA TITOLO” Matita su cartoncino
Vincenzo
Last22 D’Argenio
“TRIBUTE TO GAUSS” Carta millimetrata, stencil tagliato a mano, spray su acetato
Salvatore
Daddi
“SOSPESO” Olio su cartone
Fabrizio
De cunto
“BENINO” Matite colorate su carta
Mario Edoardo
Dominguez
“ANGELI E GOBBI” Puntasecca e incisione stampato su carta
Roberta
Feoli
“SANTE DONNE” Acquaforte su zinco morso in acido less-toxic,
stampa inchiostro a base acqua
Clare
Galloway
“WINTER SENTIENCE” Acrilico e matita su carta
Cristina
Iotti
“AM(B)ITI PERSONALI” Matita, matite colorate su carta
Arianna
Lion
“LA PICCOLA PAPESSA DEL TEMPO” Matita su foglio lucido
Savina
Lombardo
“BLA FORETSA DEI SIMBOLI” Penna su carta
Mario
Loprete
“FRANCESCO” Olio su cemento armato
Anna
Madia
“CIRCE” Inchiostro e biro su carta
Pietro
Marchese
“DAGHERROTIPO EQUINO” Tecnica mista su carta
Jara
Marzulli
“FIUME” Acrilico su mdf
Klaus
Mehrkens
“SENZA TITOLO” Olio su tela
Sagan
Newman
“THE FIVE MEN” Charcoal on board
Ferruccio
Orioli
“37° 08' N 12° 46' E” acquarello, vinavil diluito, sabbia nera dello stromboli
Alessandro
Papari
“SENZA TITOLO” Olio su carta telata
Samuele
Papiro
"IL SILENZIO NON È IL CONTRARIO DEL DISCORSO, LO PERMETTE" vetro fumè inciso a mano
Francesca Romana
Pinzari
“NUDO CON COLPO DI VENTO” capelli su carta
Jerome
Pouwels
“DYSFUNCTIONAL SYSTEMS:GLOBAL WATER” Inchiostro su carta
Dora
Romano
“PIAZZA NAVONA-ROMA” Olio su tela
Giuliano
Sale
“SENZA TITOLO” Olio su carta
Lele
Sgambati
“POSTCARD” Grafos e pastelli su busta airmail
Milena
Sgambato
“BOROTALCO” Olio su tel
Tina
Sgrò
“MINUSCOLO” Acrilico su tela
Vania Elettra
Tam
“RIFLESSIONI NOTTURNE” Tecnica mista su cotone
Elisabetta
Trevisan
“DUBBIO” Tempera e matite acquerellabile su cartoncino Schoeller
Giuseppe
Vaccaro
“LUCE DEL MONDO” Acrilico su tavola
Valentina
Zummo
“AMANTI IN NERO” Acrilico su legno
2 NOVEMBRE - 8 DICEMBRE
2014
13X18
Via San Gaetano n°16 82100 Benevento , Italy
dal lunedi al sabato dalle 16:00 alle 20:30
mattina e domenica su appuntamento