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La collana si caratterizza per: ELEMENTI DI studio a due velocità … · 2019. 12. 12. · di una...

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EDIZIONI GIURIDICHE E IMON S Gruppo Editoriale Esselibri - Simone ® DIRITTO PENITENZIARIO 212/4 COLLANA TIMONE ESAMI e CONCORSI ELEMENTI DI • Soggetti dell’esecuzione penitenziaria • Organizzazione dell’amministrazione penitenziaria T rattamento penitenziario
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EDIZIONI GIURIDICHEEIMONSGruppo Editoriale Esselibri - Simone

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CORSI

EDIZIONI GIURIDICHEEIMONSGruppo Editoriale Esselibri - Simone

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DIRITTOPENITENZIARIO

212/4COLLANA TIMONE

ESAMI e CONCORSI

ELEMENTI DI

• Soggetti dell’esecuzione penitenziaria• Organizzazione dell’amministrazione

penitenziaria• Trattamento penitenziario

Con la collana Timone bastano pochi giorni per cogliere, memorizzaree concentrarsi sui concetti essenziali della disciplina.I last minute sono testi avanzati e aggiornati, dal taglio semplice esistematico, concepiti per uno studio rapido ed efficace, anche in affiancoal manuale istituzionale.

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seconda lettura di rifinitura;• brevi glossari delle parole chiave riportati a fine capitolo;• esempi chiarificativi;• linguaggio agevole e di immediata comprensione;• uso del corsivo e del neretto per individuare immediatamente i percorsi

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TUTTI I DIRITTI RISERVATI

Vietata la riproduzione anche parziale

Il catalogo aggiornato è consultabile sul sito Internet: www.simone.itove è anche possibile scaricare alcune pagine saggio dei testi pubblicati

Revisione del testo a cura di Mariarosaria Rumore

Finito di stampare nel mese di aprile 2008dalla «Officina Grafica Iride» - Via Prov.le Arzano-Casandrino, VII Trav., 24 - Arzano (NA)

per conto della Esselibri S.p.A. - Via F. Russo, 33/D - 80123 - (Na)

Grafica di copertina a cura di Giuseppe Ragno

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PREMESSA

Il volume,in coerenza con le caratteristiche di sintesi e di immediata com-prensione della materia proprie della collana last minute nella quale va adinserirsi, costituisce un testo di rapida ed agevole consultazione che fornisceal lettore una panoramica completa ed organica del diritto penitenziario.

Mediante l’ausilio di box di domanda o di approfondimento, vengonoaffrontati in maniera semplice e chiara aspetti giuridici afferenti alla mate-ria del diritto penitenziario, soffermandosi sull’organizzazione dell’ammi-nistrazione penitenziaria e sul trattamento penitenziario dei detenuti.

Il testo è aggiornato alle più recenti novità legislative intervenute nel set-tore, tra le quali si segnalano: le disposizioni in materia di pornografia virtua-le (L. 16 febbraio 2006, n. 38); le disposizioni per favorire il recupero deitossicodipendenti recidivi (decreto Olimpiadi, D.L. 30 dicembre 2005, n. 272conv. in L. 21 febbraio 2006, n. 49); le disposizioni in materia di attenuantigeneriche, prescrizione del reato e di recidiva (legge cd. ex Cirielli, L. 5 di-cembre 2005, n. 251) ed infine le norme per la lotta al terrorismo internazio-nale (D. L. 27 luglio 2005, n. 144 conv. in L. 31 luglio 2005, n. 155).

Non meno importanti sono le sentenze di illegittimità della Corte costi-tuzionale, quale, ad es., la sent. 16 marzo 2007, n. 78 in materia di conces-sione delle misure alternative allo straniero extracomunitario; la sent. 4 lu-glio 2006, n. 257 in materia di concessione dei permessi premio ai recidivi.

Completo di un glossario che arrichisce i vari capitoli con la esplicazio-ne dei termini più specialisti o mutuati da altre branche del diritto, il testoconsente una preparazione globale in tempi brevi, venendo incontro alleesigenze di quanti si apprestano ad affrontare esami universitari e concorsi.

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CAPITOLO PRIMO

IL SISTEMA SANZIONATORIO

Sommario: 1. Concetto di pena. - 2. Esecuzione della pena. - 3. La punibilità. Causedi estinzione. - 4. Le misure di sicurezza. - 5. Le sanzioni penali del giudice di pace.

1. CONCETTO DI PENA

A) Generalità

La pena (cd. pena criminale) è la sanzione giuridica che viene irrogatadallo Stato (Autorità giudiziaria), a carico di colui che ha violato un precet-to della legge penale, mediante un particolare procedimento (processo pe-nale).

Una delle caratteristiche della sanzione penale è l’«afflittività», in quanto essa mira apunire il reo per il reato commesso; tuttavia, accanto alla funzione retributiva, il diritto attualeassegna alla pena anche una funzione di emenda del condannato, mirando ad agevolare il rav-vedimento dello stesso ed il suo reinserimento nella società.

L’art. 27, co. 3, Cost. stabilisce infatti che «le pene non possono consi-stere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rie-ducazione del condannato».

ClassificazioneLe pene si distinguono in:

— principali, che vengono inflitte dal giudice con la sentenza di condanna;— pene sostitutive delle pene (principali) detentive, (categoria introdotta dalla legge n.

689 del 24-11-81) che vengono inflitte, in presenza di determinate circostanze, insostituzione delle pene detentive brevi;

— accessorie, che derivano automaticamente dalla condanna, anche senza una espressadichiarazione del giudice.

Caratteri della pena

a) La pena è personalissima (cd. personalità della pena): essa colpisce solo l’autore delreato (art. 27 Costituzione: «la responsabilità penale è personale»);

b) l’applicazione della pena è rigorosamente disciplinata dalla legge (cd. legalità dellapena) per cui:

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Capitolo Primo6

— la pena è inflitta solo nei casi stabiliti dalla legge: non si possono irrogare se nonle pene previste e consentite dalla legge (nulla poena sine lege);

— l’applicazione della pena è devoluta all’Autorità Giudiziaria, la quale infligge lapena con la garanzia del procedimento penale;

— la pena inflitta può essere revocata solo nei casi stabiliti dalla legge, cioè in virtùdi una norma di legge o dell’esercizio di una prerogativa sovrana (amnistia, indulto,grazia);

c) la pena, una volta minacciata per un determinato fatto, è sempre applicata all’autoredella violazione (cd. inderogabilità).Notevoli deroghe si hanno però con gli istituti della liberazione condizionale e delperdono giudiziale, nonché riguardo ai minori.

d) la pena è proporzionata al reato (cd. proporzionalità della pena).

B) Pene principali

Le pene principali sono:

1. per i delitti:

a) pena di morte, e cioè la morte inferta mediante fucilazione in unostabilimento carcerario, ovvero in un altro luogo espressamente in-dicato dal Ministro della Giustizia. Ai sensi dell’ultimo comma del-l’art. 27 Cost., infatti, essa è ammessa solo «nei casi previsti dalleleggi militari di guerra». Con L. 13-10-1994, n. 589 è stata definiti-vamente abolita anche dal codice penale militare di guerra;

b) ergastolo, consistente nella privazione della libertà personale per l’in-tera durata della vita del condannato;

c) reclusione, consistente nella privazione della libertà personale perun periodo di tempo che va da 15 giorni a 24 anni;

d) multa, pena pecuniaria che va da 5 euro a 5.164 euro;

2. per le contravvenzioni:

a) arresto, pena detentiva che va da 5 giorni a 3 anni;b) ammenda, pena pecuniaria che va da 2 euro a 1.032 euro.

Competenza penale del giudice

Si ricordi che il D.Lgs.28-8-2000, n. 274, attributivo di competenza penale al giudice dipace, ha disposto, per le fattispecie rimesse alla competenza del giudice onorario, lasostituzione del tradizionale impianto sanzionatorio penale (fondato su pena pecuniaria edetentiva) con uno specifico sistema che, salvando la sola pena pecuniaria, sostituisce lepene privative della libertà personale con sanzioni alternative, sulla base di criteri di

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7Il sistema sanzionatorio

ragguaglio che tengono conto della sanzione originaria delle singole fattispecie. Tali misuresono:

1) l’obbligo di permanenza domiciliare, da eseguirsi nei giorni di sabato e domenica (salvoche, per riconosciute legittime esigenze del condannato ne sia consentita l’esecuzionein giorni diversi, o continuativamente, su richiesta dello stesso), per un periodo noninferiore a sei giorni né superiore a quarantacinque;

2) la prestazione di lavoro di pubblica utilità, non retribuito, in favore della collettività,nella provincia di residenza, con modalità e tempi non pregiudizievoli delle esigenze dilavoro, studio, famiglia e salute del condannato, per un periodo non inferiore a diecigiorni, né superiore a sei mesi.

C) Pene sostitutive

Le pene sostitutive delle pene detentive brevi sono:

— la semidetenzione (art. 55, L. 689/81);— la libertà controllata (art. 56, L. 689/81);— la pena pecuniaria di specie corrispondente.

La semidetenzione comporta l’obbligo di trascorrere almeno 10 ore algiorno in uno degli appositi istituti in cui sono costretti i detenuti in regimedi semilibertà, oltre a vari obblighi accessori (divieto di detenere armi, so-spensione della patente di guida etc.).

La libertà controllata comporta, fra l’altro, l’obbligo di non allontanarsidal comune di residenza e quello di presentarsi una volta al giorno presso illocale ufficio di P.S. o, in mancanza, dei C.C., oltre a quelle conseguenzeaccessorie già previste per la semilibertà.

Condizioni per la sostituzione

Le condizioni per la sostituzione possono così sintetizzarsi:

a) occorre che il trattamento sanzionatorio ritenuto dal giudice concretamente irrogabilerientri entro prefissati limiti quantitativi. Alla luce dell’art. 53, L. 689/81:

1. il giudice, nel pronunciare la sentenza di condanna, ove ritenga di dovere determi-nare la durata della pena detentiva entro il limite di due anni (limite previgente: unanno; limite originario: sei mesi), può sostituire tale pena con quella della semide-tenzione;

2. ove ritenga di doverla determinare entro il limite di un anno (limite previgente: seimesi; limite originario: tre mesi), può sostituirla anche con la libertà controllata;

3. quando, infine, ritenga di doverla determinare entro il limite di sei mesi (limiteprevigente: tre mesi; limite originario: un mese), può sostituirla altresì con la penapecuniaria della specie corrispondente;

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b) occorre che il colpevole si trovi in una particolare condizione soggettiva (disciplinatadall’art. 59, L. 689/81).Deve comunque esservi fondato motivo per ritenere che il colpevole si astenga nelfuturo dal commettere altri reati.

D) Pene accessorie

Le pene accessorie sono:

— interdizione dai pubblici uffici;— interdizione da una professione o da un’arte;— interdizione legale;— interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese;— incapacità a contrattare con la P.A.;— estinzione del rapporto di impiego o di lavoro;— decadenza dalla potestà dei genitori e sospensione dal suo esercizio;— sospensione dall’esercizio di una professione o un’arte;— sospensione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese;— pubblicazione della sentenza di condanna;— pene accessorie previste da leggi speciali.

Le prime sette pene accessorie sono per i soli delitti.L’ottava e la nona sono pene accessorie per le sole contravvenzioni.

2. ESECUZIONE DELLA PENA

L’esecuzione della pena è disciplinata:

a) dagli artt. 145-149;b) dagli artt. 648-695 c.p.p.;c) da altre disposizioni di legge, tra cui merita particolare menzione la più volte

citata legge 26-7-1975, n. 354 e successive modificazioni ed integrazioni.

Da tale disciplina si evincono alcuni principi fondamentali, tra cui:

a) vigilanza del Magistrato di sorveglianza e del Tribunale di sorveglianza;b) qualificazione del trattamento penitenziario che deve essere individualizzato e impronta-

to alla tutela della dignità e della personalità umana;c) remunerazione del lavoro obbligatoriamente prestato dai reclusi all’interno dell’istituto di pena;d) creazione di nuove forme di operatori penitenziari specializzati;e) istruzioni e cura, mediante l’organizzazione di corsi della scuola dell’obbligo e di adde-

stramento professionale nonché mediante l’organizzazione di biblioteche, ovvero favo-rendo la frequenza a corsi universitari o per corrispondenza, radio televisione;

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9Il sistema sanzionatorio

f) detenzione domiciliare, concessa a soggetti che si trovano in particolari condizioni sog-gettive e oggettive;

g) rinvio della esecuzione della pena; tale rinvio può essere obbligatorio o facoltativo:

1. è obbligatorio (art. 146, sostituito dalla L. 8-3-2001, n. 40) quando l’esecuzione dellapena deve aver luogo:

— contro donna incinta;— contro madre di infante di età inferiore ad anni uno;— contro persona affetta da AIDS conclamata o grave deficienza immunitaria ac-

certate ai sensi dell’art. 286bis, comma 2, c.p.p., ovvero da altra malattia partico-larmente grave per effetto della quale le sue condizioni di salute risultano incom-patibili con lo stato di detenzione, quando la persona si trova in una fase dellamalattia così avanzata da non rispondere più, secondo le certificazioni del servi-zio sanitario penitenziario o esterno, ai trattamenti disponibili e alle terapie cura-tive. Nelle prime due ipotesi, il differimento non opera, o è revocato, se già con-cesso, se la gravidanza si interrompe, se la madre è dichiarata decaduta dallapotestà sul figlio ai sensi dell’art. 330 del codice civile, il figlio muore, vieneabbandonato ovvero affidato ad altri, sempre che l’interruzione della gravidanzao il parto siano avvenuti da oltre due mesi;

2. è facoltativo, e cioè rimesso alla discrezionalità del giudice:

— se è presentata la domanda di grazia;— se il condannato è gravemente infermo;— se una pena restrittiva della libertà personale deve essere eseguita nei confronti di

madre di prole di età inferiore a tre anni.

In tale ultima ipotesi, il provvedimento è revocato se la madre sia dichiarata decadutadalla potestà sul figlio ai sensi dell’art. 330 del codice civile, il figlio muoia, venga abban-donato ovvero affidato ad altri che alla madre.A norma dell’ultimo comma dell’art. 147 c.p., introdotto dalla L. 40/2001, il differimentonon può essere adottato o, se adottato, è revocato se sussiste il concreto pericolo dellacommissione di delitti.La L. 12-7-1999, n. 231, nell’arrecare modifiche alle norme concernenti l’esecuzione dipene, misure di sicurezza e misure cautelari nei confronti di persone affette da AIDS oaltra grave malattia, ha introdotto nel codice penale l’art. 211bis, con cui l’applicabilitàdelle ipotesi di rinvio dell’esecuzione della pena, di cui agli artt. 146 e 147 c.p. è stataestesa alle misure di sicurezza personali.A norma del secondo comma dell’art. 211bis, introdotto dall’art. 2 della L. 8-3-2001, n.40, se la misura di sicurezza deve essere eseguita nei confronti dell’autore di un delittoconsumato o tentato commesso con violenza contro le persone ovvero con l’uso di armi evi sia concreto pericolo che il soggetto commetta nuovamente uno dei delitti indicati, ilgiudice può ordinare il ricovero in una casa di cura o in altro luogo di cura comunqueadeguato alla situazione o alla patologia della persona;

h) affidamento in prova al servizio sociale, se la pena non supera i tre anni e se, sulla base deirisultati dell’osservazione della personalità condotta collegialmente per almeno un mese

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in istituto, risulta che tale affidamento può contribuire alla rieducazione del reo ed assicu-ra la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati;

i) permessi premio ai condannati che hanno tenuto regolare condotta e non risultano social-mente pericolosi.

3. LA PUNIBILITÀ. CAUSE DI ESTINZIONE

La punibilità si definisce come la possibilità in concreto di irrogare lasanzione. Presuppone la commissione di un fatto previsto dalla legge comereato e l’assenza di cause personali di esenzione dalla pena (immunità, in-capacità di intendere o di volere, altre cause previste nella parte speciale).

La punibilità può estinguersi in virtù di cause speciali previste dalla leg-ge, che il codice distingue in:

a) cause di estinzione del reato: estinguono la punibilità in astratto, cioèl’applicabilità di una certa pena all’autore di una trasgressione, antece-dentemente alla sentenza definitiva di condanna.

Cause di estinzione del reato

a) morte del reo (artt. 150 e 171 c.p.);b) amnistia (art. 151) — atto di clemenza generale con cui lo Stato rinuncia all’applica-

zione della pena.

Può essere:1. amnistia propria — per i reati per cui non sia ancora intervenuta la condanna:

estingue il reato;2. amnistia impropria — interviene dopo la sentenza irrevocabile di condanna.

Estingue le pene principali e quelle accessorie, ma non gli altri effetti penali dellacondanna (estingue cioè la pena non il reato);

c) prescrizione del reato (art. 157 c.p.) — costituisce una rinuncia dello Stato a far valerela propria pretesa punitiva, in considerazione del lasso di tempo trascorso dallacommissione di un reato.

d) oblazione (artt. 162 e 162bis c.p.) — consiste nel pagamento a domanda dell’interessato,di una somma di denaro (che ha l’effetto di degradare il reato in illecito amministrativoe quindi di estinguerlo);

e) perdono giudiziale (art. 169 c.p.) — consiste nella rinuncia dello Stato a condannare ilcolpevole di un reato in considerazione della sua età e per consentirgli un più facilerecupero sociale.

Per ottenere il beneficio occorre che:

— il colpevole abbia meno di 18 anni all’epoca della commissione del reato, e nonabbia commesso un altro reato per il quale sia stato precedentemente condannato;

— che il reato commesso non sia grave;

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11Il sistema sanzionatorio

f) sospensione condizionale della pena (art. 163 c.p.) — opera quando l’Autoritàgiudiziaria, inflitta una pena, ne sospende l’esecuzione, a condizione che, entro un certoperiodo, il colpevole non commetta un nuovo reato. Se ciò, invece, accade, sconterà siala vecchia che la nuova pena.La sospensione dura 5 anni per i delitti e 2 anni per le contravvenzioni e se all’esito delperiodo, il reo non ha commesso un reato della stessa indole, il precedente reato è estintoe non ha luogo l’esecuzione delle pene principali ed accessorie.Per le ulteriori condizioni cui è subordinata la sospensione condizionale della pena, sivedano gli artt. 164, 165 e 168 c.p.

b) cause di estinzione della pena: estinguono la punibilità in concreto, cioèla pena da applicare nel caso concreto, per effetto di una sentenza defi-nitiva di condanna.

Cause di estinzione della pena

a) indulto (o condono) (art. 174 c.p.) — è un atto di clemenza generale che operaesclusivamente sulla pena principale che viene in tutto o in parte condonata. Non incidesulle pene accessorie;

b) morte del reo dopo la condanna (art. 171 c.p.);c) grazia (art. 174 c.p.) — è un atto di clemenza del Capo dello Stato. Essa è a titolo

particolare, riguardando solo determinate persone, ed è rimessa al potere discrezionaledel Presidente della Repubblica;

d) prescrizione della pena — estingue la punibilità in concreto, potendo aver luogo solodopo una sentenza di condanna (o un decreto irrevocabile di condanna) non eseguita;

e) liberazione condizionale (art. 176 c.p.) — rappresenta un premio per il condannato che abbiadato prova di costante buona condotta, durante il periodo di detenzione, così da far riteneresicuro il suo ravvedimento. La pena da scontare resta sospesa e si estingue se durante il periododi tempo pari alla pena residua, la persona liberata non commette un delitto o una contravven-zione della stessa indole di quella per cui è stata condannata e non trasgredisce agli obblighiinerenti alla libertà vigilata. In caso contrario il beneficio viene revocato (art. 177 c.p.). Anchel’ergastolano può usufruire di tale istituto, dopo aver scontato 26 anni di reclusione;

f) riabilitazione (art. 178 e ss.) — estingue le pene accessorie e gli altri effetti penali dellacondanna, dopo che sia trascorso il periodo di 3 anni (8 per i recidivi) dal giorno in cui lapena principale sia stata eseguita o si sia estinta, se il condannato ha dato prova effettivae costante di buona condotta ed ha eseguito le obbligazioni civili nascenti dal reato;

g) non menzione della condanna nel certificato del Casellario Giudiziale (art. 175 c.p.) —può essere concessa discrezionalmente dal giudice al condannato, nel caso di primacondanna per reati non gravi;

h) l’amnistia impropria (v. supra).Si segnala, in tale sede, un provvedimento di clemenza (noto come «indultino») introdottodalla L. 1-8-2003, n. 207 con cui si è disposta la sospensione condizionata (all’osservanzadi talune prescrizioni imposte dall’art. 4, L. 207/03) dell’esecuzione della parte residua

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Capitolo Primo12

della pena detentiva (nel limite massimo di due anni) per quanti abbiano scontato almenola metà della stessa. Tale sospensione può essere disposta una sola volta, tenendo contodella pena determinata ai sensi dell’art. 663 c.p.p., decurtata della parte di pena per la qualeè stato concesso il beneficio della liberazione anticipata. La norma prevede, altresì,opportune esclusioni oggettive, funzionali alla gravità del reato (es. violenza sessuale) esoggettive, come per chi sia delinquente abituale, professionale o per tendenza, o sia statoammesso a misure alternative alla detenzione. La sospensione dell’esecuzione della penapuò essere revocata se chi ne ha usufruito non ottempera, senza giustificato motivo, alleprescrizioni sopra citate o commette, entro cinque anni dalla sua applicazione, un delittonon colposo per il quale riporti una condanna a pena detentiva non inferiore a sei mesi. Inmancanza di tali evenienze, decorsi cinque anni dall’applicazione della sospensione, lapena oggetto della condanna si estingue.

4. LE MISURE DI SICUREZZA

A) Presupposti

Le misure di sicurezza sono speciali provvedimenti di carattere educa-tivo o curativo ovvero cautelativo, applicabili dall’Autorità giudiziaria, insostituzione oppure in aggiunta alla pena, nei confronti dell’autore di unreato ritenuto socialmente pericoloso.

Presupposti

I presupposti per la loro applicazione sono:

— la commissione di un fatto previsto dalla legge come reato o di un quasi reato (artt. 49e 115);

— la pericolosità criminale del reo.

Differenze

Le misure di sicurezza si differenziano dalla pena in ordine ai seguenti aspetti:

a) funzione: la pena ha anche, e soprattutto, una funzione retributiva; la misura di sicurezzaha esclusivamente funzione di emenda del colpevole;

b) destinatari: la pena si applica solo ai soggetti imputabili; la misura di sicurezza si applicaanche ai non imputabili;

c) durata: la pena è fissa, avendo una durata determinata, stabilita nella sentenza dicondanna; la misura di sicurezza ha una durata indeterminata, dovendo, per sua natura,cessare solo col venir meno dello stato di pericolosità del soggetto (la durata èdeterminata solo nel minimo, non anche nel massimo);

d) presupposto: la pena presuppone la colpevolezza del soggetto; per l’applicazione dellamisura di sicurezza bisogna accertarne la pericolosità sociale.

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13Il sistema sanzionatorio

B) TipiLe misure di sicurezza si distinguono in:

a) personali, che limitano la libertà personale del soggetto;b) patrimoniali, che incidono soltanto sul patrimonio del soggetto.

Le misure di sicurezza personali possono essere, a loro volta, detentive e non detentive.

Misure di sicurezza detentive sono:

1. l’assegnazione ad una colonia agricola o casa di lavoro (per i delin-quenti abituali, professionali o per tendenza);

2. l’assegnazione ad una casa di cura e di custodia (per i condannati apena diminuita per infermità psichica, intossicazione cronica da alcoolo sostanze stupefacenti e sordomutismo);

3. il ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario (per gli imputati pro-sciolti per le stesse cause di cui sopra);

4. il riformatorio giudiziario (per i minori non imputabili o condannati apena diminuita).

Misure di sicurezza non detentive sono:

1. la libertà vigilata, consistente in una serie di limitazioni e di prescrizioni imposte perevitare nuove occasioni di reato (ad esempio, l’obbligo di dedicarsi ad una stabile attivitàlavorativa, l’obbligo di non ritirarsi la sera dopo una certa ora, l’obbligo di non accompa-gnarsi a pregiudicati etc.);

2. il divieto di soggiorno, consistente nell’obbligo di non soggiornare in uno o più comuniovvero in una o più province;

3. il divieto di frequentare osterie e pubblici spacci di bevande alcooliche;4. l’espulsione dello straniero dallo Stato.

Misure di sicurezza patrimoniali sono:

1. la cauzione di buona condotta, consistente nel deposito di una somma di danaro presso laCassa delle ammende, variabile da 103 euro a 2.065 euro, per la durata massima di 5 anni;

2. la confisca, consistente nella espropriazione a favore dello Stato di cose che servono acommettere il reato (esempio: gli arnesi da scasso) o che ne sono il prodotto o il profitto,ovvero di cose la cui fabbricazione, uso, detenzione o alienazione costituisce reato (esem-pio: armi, monete false).

5. LE SANZIONI PENALI DEL GIUDICE DI PACE

A) La riforma

Il decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 introduce nel nostro siste-ma processuale la competenza penale del Giudice di Pace che è un giudi-ce onorario che fin ora si era interessato solo di cause civili «minori».

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Capitolo Primo14

Competenza

La competenza per materia è delineata dall’art. 4 del D.Lgs. 274/2000, il quale, fatta salvala competenza del Tribunale per i minorenni, che è un giudice speciale per tutti i reaticommessi da chi al momento del fatto non ha ancora compiuto diciotto anni, prevede che ilgiudice di pace è competente:

a) per taluni delitti consumati o tentati previsti dal codice penale (artt. 581, 582, 590, 594,595, c. 1 e 2, 612, c. 1, 626, 627, 631, 632, 633, c. 1, 635, c. 1, 636, 637, 638, c. 1, 639, 647);

b) per le contravvenzioni previste da taluni articoli del codice penale (artt. 689, 690, 691,726, c. 1, 731);

c) per taluni delitti, consumati o tentati, e per le contravvenzioni previsti da alcunedisposizioni di leggi speciali (art. 4).

La competenza per territorio è quella del luogo di consumazione del reato, così comeprevisto per il procedimento ordinario (art. 8 c.p.p.), in virtù dell’art. 2, che rinvia al codicedi rito per quanto non specificato dalla legge.

B) Le pene

L’istituto dell’obbligo della permanenza domiciliare (art. 53) com-porta l’obbligo di rimanere presso la propria abitazione o in altri luoghi (dicura, di assistenza ecc.), nei giorni di sabato e domenica, per un periodonon inferiore a sei giorni, né superiore a quarantacinque; durante questigiorni il condannato non è considerato in stato di detenzione, per cui non ètenuto né agli specifici oneri (ad esempio, in caso di allontanamento non èipotizzabile il delitto di evasione di cui all’art. 385 c.p.), né al pagamentodelle spese di mantenimento.

Il giudice, tenuto conto di esigenze particolari (familiari, di lavoro, distudio o di salute), può però disporre che la pena venga eseguita in giornidiversi della settimana ovvero, a richiesta del condannato, continuativa-mente.

Il giudice di pace può applicare la pena del lavoro di pubblica utilitàsolo su richiesta dell’imputato (art. 54). La sanzione non può essere inferio-re a dieci giorni né superiore a sei mesi e consiste nella prestazione di attivi-tà non retribuita in favore della collettività da svolgere presso lo Stato, leRegioni, le Province, i Comuni o presso enti o organizzazioni di assistenzasociale e di volontariato.

L’attività viene svolta nell’ambito della provincia in cui risiede il con-dannato e comporta la prestazione di non più di sei ore di lavoro settimanaleda svolgere con modalità e tempi che non pregiudichino le esigenze di lavo-ro, di studio, di famiglia e di salute del condannato. Il limite delle sei ore

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15Il sistema sanzionatorio

settimanali può essere superato solo su richiesta del condannato ma, in ognicaso, la durata giornaliera della prestazione non può comunque oltrepassarele otto ore. Ai fini del computo della pena, un giorno di lavoro di pubblicautilità richiede una prestazione, anche non continuativa, di almeno due oredi lavoro.

GlossarioMisure di sicurezza: accanto al sistema delle pene, applicate in funzione della colpevolezzadel reo, quello delle misure di sicurezza prevede la loro applicazione in relazione alla perico-losità sociale del soggetto in questione, allo scopo di riadattarlo alla libera vita sociale. Sitratta di misure (cautelari) di prevenzione della delinquenza ad applicazione individuale, manon vanno confuse con le misure propriamente di prevenzione, poiché riguardano esclusiva-mente soggetti che abbiano già commesso fatti-reato (misure cd. post-delictum).Le misure di sicurezza possono essere personali o patrimoniali; a loro volta, le prime sidistinguono in detentive e non detentive.

Funzione rieducativa della pena: è una delle finalità cui tende la pena, e consiste nelpredisporre le condizioni necessarie perché il condannato possa successivamente reinserir-si nella società in modo dignitoso. In questo senso la rieducazione si collega con la finalitàdi prevenzione, tesa cioè ad impedire che il condannato tornato in libertà commetta nuovireati.

Sospensione condizionale della pena: è una causa estintiva del reato che consiste nelsospendere l’esecuzione della pena a condizione che, entro 5 anni (per i delitti) o 2 anni(per le contravvenzioni) il colpevole non commetta un nuovo reato della stessa indole,altrimenti sconterà insieme la vecchia e la nuova pena.Ai fini della concessione della sospensione condizionale della pena sono richiesti alcunirequisiti: che il reo non sia già stato condannato a pena detentiva per un delitto e non siadelinquente abituale, professionale o per tendenza; alla pena non deve essere aggiunta unamisura di sicurezza, indice di pericolosità sociale del reo; la condanna inflitta per il reatocommesso non deve essere superiore a due anni di arresto o di reclusione.

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CAPITOLO SECONDO

L’ESECUZIONE PENALE

Sommario: 1. Irrevocabilità ed esecutività. - 2. Oggetto dell’esecuzione penale. - 3. Ilprocedimento del giudice dell’esecuzione. - 4. Il procedimento della magistratura disorveglianza.

1. IRREVOCABILITÀ ED ESECUTIVITÀ

Il codice usa l’espressione «irrevocabili» e tali definisce le sentenze pronuncia-te in giudizio contro le quali non è ammessa impugnazione diversa dalla revisione,ovvero il decreto penale di condanna quando sia decorso il termine per l’opposizio-ne o quello per impugnare l’ordinanza che la dichiara inammissibile (art. 648).

Diverso dalla irrevocabilità è il concetto di esecutività, che attiene anche a prov-vedimenti revocabili (così la sentenza di non luogo a procedere, le decisioni sullequestioni civili).

Può perciò dirsi che tutti i provvedimenti irrevocabili sono esecutivi, ma nontutti quelli esecutivi sono irrevocabili.

L’irrevocabilità formale, in quanto consumazione dell’azione penale, precludeil suo nuovo esercizio nei confronti della medesima persona per lo stesso fatto: l’art.649 sancisce il principio del ne bis in idem, cioè il divieto di un secondo giudizio (larevisione, non si dimentichi, è mezzo straordinario di impugnazione).

Il giudicato sostanziale, racchiuso nella sentenza penale irrevocabile, proiettail suo accertamento di verità anche fuori del campo penale, nei giudizi civili, ammi-nistrativi e disciplinari, che traggono origine dagli stessi fatti materiali, oggetto delprocesso penale, a condizione però che coinvolgano i soggetti che sono stati partinel giudizio penale (imputato, parte civile, responsabile civile). Siffatta efficaciaextra-penale, tuttavia, è variamente calibrata secondo la natura del diverso giudizioextra-penale (artt. 651-654).

2. OGGETTO DELL’ESECUZIONE PENALE

Si è definita la giurisdizione penale come la potestà pubblica affidata al poteregiudiziario consistente nel dare concreta attuazione alla volontà della legge quandoquesta non sia stata pacificamente e spontaneamente osservata.

Può quindi agevolmente dedursi l’oggetto dell’esecuzione penale, che sarà co-stituito dall’applicazione della pena (detentiva, pecuniaria o sostitutiva) ovvero del-la misura di sicurezza. Essa troverà il suo fondamento nel cd. titolo esecutivo.

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17L’esecuzione penale

In che cosa consiste il titolo esecutivo?Il titolo esecutivo è il provvedimento normalmente irrevocabile che si configura come giuridi-camente idoneo ad essere eseguito, in quanto dotato di forza esecutiva, ossia di quel carattereche ne impone l’attuazione come giuridicamente necessaria.

In materia intervengono tre organi, con compiti distinti: il pubblico ministero,il giudice dell’esecuzione penale e la magistratura di sorveglianza.

Il pubblico ministero opera come organo di giustizia, promotore dell’esecuzione penale,cioè non agisce come parte: a lui spetta il potere di emettere l’ordine di carcerazione e quello discarcerazione, incidendo perciò sulla libertà personale, ma senza alcuna valutazione discrezio-nale (art. 655).

Il giudice dell’esecuzione (da identificarsi nello stesso giudice che ha deliberato il prov-vedimento da eseguire: art. 665) è chiamato a decidere tutte le questioni che, in relazione ailimiti posti dal titolo esecutivo, possono insorgere nel corso dell’esecuzione stessa. A lui toccadecidere i cd. incidenti di esecuzione, che riguardano le questioni sulla ritualità del titolo ese-cutivo e materie connesse (applicazione di amnistia e condono, revoca dei benefici, esecuzio-ne delle pretese civili etc.).

La magistratura di sorveglianza (art. 677) interviene in materia di applicazione di misu-re alternative alla detenzione custodiale, di esecuzione di sanzioni sostitutive ed applicazionedi misure di sicurezza (secondo un’ampia gamma di competenze regolate dall’ordinamentopenitenziario).

Il procedimento davanti al giudice dell’esecuzione e quello davanti alla magi-stratura di sorveglianza hanno regole comuni in tema di potere di iniziativa, inter-vento delle parti, termini e vocatio in ius, modalità di impugnazione (artt. 666 e678).

Contro le ordinanze decisorie è esperibile solo il ricorso per cassazione (maper le misure di sicurezza è previsto anche un riesame di merito in appello, giustifi-cato dalla opinabilità del giudizio di pericolosità sociale del soggetto, che è il pre-supposto di tali misure: art. 680).

La giurisdizionalità comporta il diritto di difesa, garantito anche mediante l’ob-bligo di notifica dei provvedimenti impugnabili al difensore, oltre che allo stessointeressato, ed assicurato dalla difesa anche di ufficio.

3. IL PROCEDIMENTO DEL GIUDICE DELL’ESECUZIONE

Qualora sorga, nel corso dell’esecuzione penale, qualche questione ovvero lanecessità di rimuovere un ostacolo all’esecuzione stessa, si apre una fase contenzio-sa, che si svolge davanti al giudice che emise il provvedimento da eseguire.

Le ipotesi di intervento sono disciplinate dal codice, che le prevede nei seguenti casi:

— accertamento dell’identità fisica del detenuto (art. 667);— correzione delle generalità del condannato (art. 668);— pluralità di sentenze, tutte definitive, per lo stesso fatto e contro la medesima persona (art.

669: in caso di contrasto fra giudicati, si segue il criterio del favor rei);

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Capitolo Secondo18

— applicazione della disciplina del concorso formale e del reato continuato (art. 671);— applicazione dell’amnistia e dell’indulto (art. 672);— revoca della sentenza per abolizione del reato (art. 673);— declaratoria di falsità di documenti (art. 675).

La decisione viene adottata dal giudice a seguito di udienza in camera di consi-glio alla quale partecipano necessariamente P.M. e difensore, ma può intervenireanche l’interessato. Il provvedimento (ordinanza) sarà ricorribile in cassazione,ma immediatamente esecutivo (art. 666).

4. IL PROCEDIMENTO DELLA MAGISTRATURA DI SORVEGLIANZA

La magistratura di sorveglianza si articola in un organo monocratico (magistra-to di sorveglianza), ed un organo collegiale (Tribunale di sorveglianza) che tal-volta si pongono entrambi come giudice di primo grado, talaltra come giudice diprimo grado l’organo monocratico e di appello quello collegiale.

Per quanto attiene alla competenza del magistrato di sorveglianza, questa comprende lematerie relative alla rateizzazione e conversione delle pene pecuniarie, alla remissione deldebito, ai ricoveri in ospedale psichiatrico, alle misure di sicurezza, all’esecuzione della semi-detenzione e della libertà controllata, alle dichiarazioni di abitualità, professionalità nel reato otendenza a delinquere (art. 678). Altre materie sono attribuite dall’ordinamento penitenziario(legge 26-7-1975, n. 354, modificata dalla legge 10-10-1986, n. 663).

Al Tribunale di sorveglianza competono invece le materie attinenti alla concessione erevoca della liberazione condizionale (art. 682), alla riabilitazione (art. 683), al rinvio obbliga-torio o facoltativo dell’esecuzione della pena detentiva o delle sanzioni sostitutive (art. 684).

Anche il procedimento di sorveglianza è giurisdizionalizzato, per cui deve intervenire ildifensore in camera di consiglio.

Sul riparto di competenza fra magistrato e Tribunale di sorveglianza ha, da ultimo, incisola L. 19 dicembre 2002, n. 277, recante «modifiche alla L. 26 luglio 1975, n. 354, in materia diliberazione anticipata». In particolare, con l’inserimento dell’art. 69bis nella legge oggetto diriforma, allo scopo di alleggerire il carico di lavoro dei Tribunali di sorveglianza, nonché direndere più celere la concessione di tale beneficio di legge, si è attribuita la competenza adecidere sulla relativa istanza al magistrato di sorveglianza (sottraendola, dunque, al collegiodel Tribunale).

GlossarioEsecutività: è l’attitudine piena di un provvedimento giurisdizionale ad essere formalmen-te eseguibile, corrispondente alla sua idoneità ad essere posto in esecuzione. L’esecutività èquindi una caratteristica di tutti i provvedimenti irrevocabili, ma non solo di questi (ad es.sono esecutive anche le sentenze di non luogo a procedere pronunciate dal G.I.P. quandonon siano più soggette ad impugnazione).

Giudicato: indica la immodificabilità del provvedimento del giudice, essendo stati esperititutti i mezzi di impugnazione, ovvero per non essere più proponibile contro di esso alcungravame per il decorso dei termini. Con l’espressione «giudicato» o «cosa giudicata» siindicano, dunque, quei provvedimenti contro cui non è più ammessa impugnazione e dive-nuti, pertanto «irrevocabili».

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CAPITOLO TERZO

IL DIRITTO PENITENZIARIO

Sommario: 1. Il diritto penitenziario. - 2. Rapporti fra diritto penitenziario e altrediiscipline. - 3. Fonti del diritto penitenziario.

1. IL DIRITTO PENITENZIARIO

Il diritto penitenziario è stato definito da CANEPA e MERLO come«quel complesso di norme che regolano le modalità di esecuzione dellesanzioni penali costituenti privazione o limitazione della libertà, anche inrelazione all’evoluzione della personalità del soggetto ed alla sua capacitàdi reinserirsi nell’ambiente libero attraverso gli strumenti specificamentepredisposti dall’ordinamento».

Oggetto del diritto penitenziario

Dalla definizione sopra riportata discende che l’oggetto del diritto penitenziario, sul pianostrettamente formale, abbraccia quel complesso di norme legislative e regolamentari chedisciplinano:

a) la detenzione per condanna a pena privativa della libertà;b) la detenzione per sottoposizione alle misure di sicurezza detentive (assegnazione ad una

colonia agricola o ad una casa di lavoro, ricovero in una casa di cura e custodia, in unospedale psichiatrico giudiziario o in un riformatorio giudiziario);

c) la detenzione dipendente da custodia cautelare.

L’oggetto del diritto penitenziario, su un piano sostanziale, abbraccia l’insieme di quellenorme dirette a:

a) definire i diritti e i doveri dei detenuti, precisando le sanzioni, i mezzi di tutela, i ricorsi;b) determinare in dettaglio le condizioni di vita materiale e morale dei detenuti;c) disciplinare gli aspetti che ineriscono alla realizzazione del programma di trattamento

rieducativo dei reclusi.

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Capitolo Terzo20

2. RAPPORTI FRA DIRITTO PENITENZIARIO E ALTRE DISCI-PLINE

— Diritto penale e diritto processuale penale

Il diritto penale è quel complesso di norme giuridiche con cui lo Stato,mediante la minaccia di una specifica sanzione afflitiva detta «sanzionecriminale», reprime o previene determinati comportamenti umani conside-rati contrari ai fini che esso Stato persegue.

La giurisdizione penale ha per oggetto l’eventuale accertamento dellaresponsabilità per la commissione di un fatto costituente reato, con la con-seguente applicazione delle sanzioni penali.

— Scienza penitenziaria e tecnica penitenziaria

La scienza penitenziaria è la disciplina che studia l’esecuzione penale inun determinato periodo storico; ovvero il complesso di norme che costitui-scono l’ordinamento giuridico penitenziario vigente in un determinato Stato.

Su un piano diverso, legato, cioè all’aspetto prettamente tecnico orga-nizzativo, possiamo considerare come disciplina ausiliaria del diritto peni-tenziario la tecnica penitenziaria, che concerne l’attività degli operatoripenitenziari, dall’agente di custodia al direttore, indirizzata al miglior go-verno dei detenuti per la più soddisfacente realizzazione delle finalità dellapena; essa, come tale, sfugge ad ogni regolamentazione giuridica ed è affi-data alla sagacia, alla sensibilità e all’intelligenza di ogni singolo operatore.

— Scienze ausiliarie

Per poter attuare un trattamento rieducativo nei confronti dei singolisoggetti, è necessario effettuare un’indagine preventiva sulle condizioni dellepersone medesime, sulla loro struttura psico-fisica, sui motivi personali esociali che le hanno portate a violare la norma penale. Occorre, cioè, proce-dere ad osservazione dei soggetti al fine di individuare la natura, la portataed i caratteri di un intervento rieducativo.

A tale scopo è necessario l’apporto di professionisti esperti in psicolo-gia, servizio sociale, pedagogia, psichiatria e criminologia clinica.

Si tratta di scienze ritenute ausiliarie all’ordinamento penitenziario. Esse sono:

a) Psicologia rieducativa

È la scienza che studia l’uomo in quanto sottoposto ad una pena, il si-gnificato, il valore e l’utilità di essa.

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21Il diritto penitenziario

b) Psicologia criminale

È la scienza rivolta alla ricerca dei meccanismi individuali e di gruppoche conducono all’azione delittuosa.

c) Sociologia criminale

È la scienza che studia le condizioni ambientali nelle quali il reato simanifesta, nonché l’aspetto quantitativo e qualitativo della criminalità comefenomeno sociale (GUADAGNO).

d) Criminologia clinica

È la scienza che si propone lo studio (individuale) della personalità delreo, al fine della determinazione della pena e, dopo la condanna, della indi-vidualizzazione del trattamento rieducativo.

e) Pedagogia

È la disciplina che studia i principi e i metodi dell’educazione, coordi-nando i risultati di varie scienze per ottenere l’equilibrato e completo svi-luppo della personalità.

f) Antropologia criminale

Essa studia, da un punto di vista somatico, organico, biologico, la figuradel «delinquente», al fine di individuare se e quali fattori inerenti alla perso-na stessa del criminale contribuiscano alla genesi del delitto. Essa, quindi,studia la criminalità come fenomeno individuale, come caso specifico.

3. FONTI DEL DIRITTO PENITENZIARIO

A) Generalità

Con l’espressione «fonti del diritto» si intendono sia i fatti o i soggettiche danno vita alle norme giuridiche, sia gli atti giuridici che contengonotali norme; le fonti del diritto, pertanto, si distinguono in:

a) fonti di produzione, che sono le persone o gli organi da cui promananole norme giuridiche;

b) fonti di cognizione, che sono gli atti o i documenti che contengono lenorme giuridiche, agevolandone la conoscenza.

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Capitolo Terzo22

Poiché ciascuna fonte ha un valore ed una forza diversa dalle altre, tra le varie fonti puòstabilirsi una vera e propria gerarchia, secondo i seguenti principi:

— la norma di grado inferiore non può mai modificare una norma di grado superiore;— la norma di grado superiore può, a sua volta, sempre modificare una norma di grado

inferiore;— le norme di pari grado possono modificarsi tra di loro, nel senso che la norma successiva

può sempre modificare la norma anteriore di pari grado.

Gerarchia delle fonti

Nel nostro diritto positivo la gerarchia delle fonti è la seguente:

1. Costituzione e leggi costituzionali.2. Fonti primarie (o atti di legislazione ordinaria): tali sono le leggi ordinarie dello Stato,

i decreti-legge, i decreti legislativi, il referendum abrogativo, gli statuti delle Regioniordinarie, i decreti legislativi di attuazione degli statuti delle Regioni ad autonomiaspeciale, le leggi regionali e le leggi delle Province di Trento e Bolzano.

3. Fonti secondarie: tali sono i regolamenti, le ordinanze delle autorità amministrative, glistatuti degli enti minori.

4. Consuetudine.

B) Fonti di diritto internoPrincipali fonti di diritto interno del diritto penitenziario sono:

— la Costituzione (artt. 2; 13, co. 1-3; 27, co. 2-4).— il codice penale (R.D. 19 ottobre 1930, n. 1398);— la L. 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’Ordinamento penitenziario e sulla esecuzione

delle misure privative e limitative della libertà);— il D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230 che ha abrogato e sostituito il D.P.R. 29 aprile 1976, n.

431;— la L. 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale);— la L. 29 maggio 1982, n. 304 (Misure per la difesa dell’ordinamento costituzionale, re-

cante norme per la liberazione condizionale dei cd. pentiti);— la L. 10 ottobre 1986, n. 663 (Modifiche alla legge sull’ordinamento penitenziario e

sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà);— il codice di procedura penale, emanato con D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447 e sue

norme di attuazione, di coordinamento e transitorie (d.P.R. 28 luglio 1989, n. 271);— il D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli

stupefacenti);— la L. 15 dicembre 1990, n. 395 (Ordinamento del Corpo di Polizia penitenziaria);— la L. 12 luglio 1991, n. 203, di conversione del D.L. 13 maggio 1991, n. 152 (Provvedi-

menti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata) e la L. 7 agosto 1992 n. 356, diconversione del D.L. 8 giugno 1992, n. 306 (Modifiche urgenti al nuovo codice di proce-dura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa);

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23Il diritto penitenziario

— la L. 27 maggio 1998, n. 165 (Modifiche all’art. 656 c.p.p. ed alla L. 26 luglio 1975, n.354 e succ. mod.);

— la L. 22 giugno 1999, n. 230 (Riordino della medicina penitenziaria);— la L. 12 luglio 1999, n. 231 (Disposizioni in materia di esecuzione della pena, di misure di

sicurezza e di misure cautelari nei confronti di soggetti affetti da AIDS);— la L. 22 giugno 2000, n. 193 (Norme per favorire l’attività lavorativa dei detenuti);— il D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230 (Approvazione del nuovo regolamento di esecuzione

della L. 354 del 1975);— il D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di

pace);— la L. 19 gennaio 2001, n. 4, di conversione del D.L. 24 novembre 2000, n. 341 (Disposi-

zioni urgenti per l’efficacia ed urgenza dell’amministrazione della giustizia);— la L. 13 febbraio 2001, n. 45 (Collaboratori di giustizia);— la L. 8 marzo 2001, n. 40 (Detenute madri);— la L. 19 dicembre 2002, n. 277 (Liberazione anticipata);— la L. 23 dicembre 2002, n. 279 (Carcere duro).— la L. 8 aprile 2004, n. 95 (Corrispondenza dei detenuti);— la L. 5 dicembre 2005, n. 251 (Legge Cirielli);— il D.L. 30-12-2005, n. 251, conv. in L. 21-2-2006, n. 49 (cd. decreto Olimpiadi).

C) Regolamenti interni (cd. regolamento di istituto)

Sia la legge n. 354 (art. 16), che il relativo regolamento d’esecuzione(art. 36) fanno esplicito richiamo al regolamento interno per quanto ri-guarda le modalità del trattamento dei detenuti e la organizzazione internadella vita quotidiana di ogni istituto (orari di apertura e chiusura degli isti-tuti, organizzazione dei tempi e dei modi per effettuare i colloqui, etc.).

Il regolamento interno dell’istituto viene, pertanto, a costituire una verae propria fonte normativa terziaria, subordinata alla legge ed al regolamen-to di esecuzione (alle cui disposizioni non può in alcun caso derogare).

Il regolamento interno, che deve essere portato a conoscenza dei dete-nuti, ha efficacia circoscritta nell’ambito del singolo istituto, all’Autoritàche lo emana ed agli organi ed alle persone che sono tenute ad osservarlo(operatori penitenziari, detenuti ed internati).

Il regolamento interno è predisposto da una apposita Commissione composta dal magi-strato di sorveglianza che la presiede, dal direttore, dal medico, dal cappellano, dal prepostoalle attività lavorative, da un educatore e da un assistente sociale (art. 16, c. 2, o.p.).

La Commissione può inoltre avvalersi della collaborazione di esperti (art. 80, o.p.) nellediscipline ausiliarie in precedenza descritte.

Il regolamento interno (e le sue eventuali modificazioni) viene approvato dal Ministro diGiustizia.

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Capitolo Terzo24

D) Fonti di diritto internazionale

Sono rappresentate dai trattati e dalle convenzioni internazionali. Sonofonti indirette in quanto vincolano direttamente lo Stato e indirettamente icittadini perché, per poter aver vigore nel nostro ordinamento, devono esse-re trasformate in leggi interne dello Stato.

Sono fonti di diritto internazionale in materia penitenziaria:

a) la «Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fonda-mentali», ratificata dall’Italia con L. 4 agosto 1955, n. 848, (artt. 2, co. 2; 4);

b) le «Regole Minime per il trattamento dei detenuti» adottate con risoluzione ONU il 30agosto 1955;

c) le «Regole Minime per il trattamento dei detenuti del Consiglio d’Europa» approvato il19 gennaio 1973;

d) le «Regole penitenziarie europee» adottate dal Comitato dei ministri del Consiglio d’Eu-ropa il 12 febbraio 1987, successivamente sostituite da quelle di cui alla Raccomanda-zione;

e) la «Convenzione Europea per la prevenzione della tortura e dei trattamenti disumani edegradanti», resa esecutiva in Italia con la L. 2 gennaio 1989, n. 7.


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