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La commedia degli errori...PRESENTAZIONE di Harold Bloom Secondo molti studiosi, La commedia degli...

Date post: 20-Mar-2020
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Macbeth Cura e introduzione di Gabriele Baldini Con un testo di Harold Bloom Anche se non possiamo perdonarti, pure possiamo compiangerti. William ^ ^ C D La commedia degli errori Estratto della pubblicazione
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Macbeth

Cura e introduzione di Gabriele Baldini

Con un testo di Harold Bloom

Anche se non possiamo perdonarti, pure possiamo

compiangerti.

William

C D

La commediadegli

errori

Estratto della pubblicazione

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Opere

William

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Gabriele Baldini (Roma, 1919-1969), saggista, traduttore, critico

letterario e cinematografico, è stato direttore dell’Istituto Italiano di

Cultura a Londra e docente di Letteratura inglese a Roma.

La sua fama, in Italia e all’estero, è legata ai suoi meriti accademici

in anglistica e americanistica: dai suoi studi sono nati saggi di rilie-

vo, come Poeti Americani 1662-1945, Melville o le ambiguità, John Webster e il linguaggio della tragedia. È stato il primo curatore di

una rigorosa edizione dell’intero corpo degli scritti di Shakespeare,

in tre volumi: Opere Complete nuovamente tradotte e annotate

(Classici Rizzoli, 1963). Fanno ancora scuola la sua storia del teatro

inglese – Teatro inglese della Restaurazione e del ’700, La tradizio-ne letteraria dell’Inghilterra medioevale, Il dramma elisabettiano –,

le sue lezioni su Le tragedie di Shakespeare e il fortunatissimo Ma-nualetto shakespeariano.

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Williamz z

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WILLIAM SHAKESPEARE - OPERE

Edizione speciale su licenza per Corriere della Sera

© 2012 RCS MediaGroup S.p.A. Divisione Quotidiani, Milano

Direttore responsabile Ferruccio de Bortoli

ISBN 97888

Proprietà letteraria riservata

© 1963-2012 RCS Libri S.p.A., Milano

Titolo originale dell’opera:

Traduzione di Gabriele Baldini

Quest'opera è protetta dalla Legge sul diritto d'autore.È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata.

via Sol erino 28, 20121 Milano

Sede Legale via Rizzoli 8, 20132 Milano

f

61261

Prima edizione digitale da edizione LLIAM SHA ESPEARE - OPERE WI2012 2012K

e note

25 – La commedia degli errori

624

The Comedy of Errors

Per il testo di Harold Bloom, tratto da Shakespeare. L’invenzione dell’uomo© 2001 RCS Libri S.p.A.

Titolo originale dell’opera:

Shakespeare: the Invention of the Human© 1998 by Harold Bloom

Traduzione di Roberta Zuppet

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PRESENTAZIONEdi Harold Bloom

Secondo molti studiosi, La commedia degli errori, la più breve e organica di tutte le commedie shakespeariane, è anche la prima scritta dal drammaturgo, cosa di cui personalmente dubito. Per quanto riguarda l’azione, lo sviluppo iniziale del personaggio e la tecnica teatrale, l’opera dimostra una tale abilità, anzi una tale maestria, da superare di gran lunga le tre parti di Enrico VI e la zoppicante commedia I due gentiluomi-ni di Verona. È vero che nella commedia Shakespeare fu libero di essere se stesso sin dall’inizio, mentre l’ombra di Marlowe oscura Tito Andronico e i primi drammi storici (compreso Riccardo III). Eppure, pur tenendo in considerazione il genio comico dello scrittore, La commedia degli errori non suona affatto come l’opera di un principiante. È una rielaborazione assai sofisticata e un miglioramento di Plauto, il commedio-grafo romano che gran parte degli appassionati di teatro co-nosce per l’adattamento musicale A Funny Thing Happened on the Way to the Forum. Lo stesso testo di Shakespeare fu poi splendidamente adattato da Rodgers e Hart, che si ispirarono alla Commedia degli errori per The Boys from Syracuse, proprio come Cole Porter avrebbe poi utilizzato La bisbetica domata per Kiss me Kate.

Nella Commedia degli errori, Shakespeare combina i Me-necmi di Plauto con alcuni accenti dell’Anfitrione del medesi-mo autore e ci regala la meravigliosa assurdità di due coppie di gemelli identici. Ci troviamo in Grecia, a Efeso (dove ci ritroveremo all’altro capo della carriera di Shakespeare, nel Pericle), e non ci sposteremo da qui, visto che la commedia rispetta rigorosi limiti spaziali e temporali (un solo giorno).

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Antifolo di Siracusa giunge a Efeso con lo schiavo Dromio. Anche il suo gemello, Antifolo di Efeso, ha uno schiavo, anch’egli di nome Dromio e gemello identico del primo. Il mercante di Siracusa e il suo schiavo non si sono recati a Efeso a scopo commerciale, bensì per cercare i fratelli scom-parsi. Tale ricerca è anche l’obiettivo del mercante Egeon di Siracusa, padre dei due Antifolo, che, appena mette piede nella città, viene arrestato per ordine del Duca e condannato a essere decapitato al tramonto. Siracusa ed Efeso sono due città nemiche, particolare che dà alla Commedia degli errori un’apertura piuttosto lamentosa, per nulla plautina:

Egeon. Fa’ presto a condannarmi, ora, Solino; la morte porrà fine a ogni mio affanno.

Con rammarico ma con fermezza, il duca Solino assicura a Egeon che gli verrà davvero tagliata la testa, a meno che non paghi un riscatto di mille scudi. In risposta alle domande del nobile, Egeon ci racconta l’intreccio fantastico e irriverente di un naufragio avvenuto ventitré anni prima, evento che spac-cò in due la sua famiglia, separando il marito e uno di ciascu-na delle coppie di gemelli dalla moglie e dagli altri bambini. Negli ultimi cinque anni, il mercante è andato alla ricerca dei tre scomparsi, e la sua angoscia per non averli trovati giustifi-ca la disperata rassegnazione alla condanna:

Pure, un conforto: quando il tuo discorsosarà finito, tutti i miei affannisvaniranno al calare della sera.

Questi non sono affatto i toni di una commedia, per non parlare della rumorosa farsa che sta per investirci. Nella Com-media degli errori, Shakespeare, che sarebbe diventato il più sottile tra i drammaturghi, si dimostra però già molto am-bizioso. I due Antifolo sono identici ma sono molto diversi

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sul piano interiore. Antifolo di Siracusa ha un temperamento quasi metafisico:

Chi mi augura il bene, raccomandaquello che a me sarà sempre negato.Sono una goccia d’acqua nell’oceanoche invano cerca un’altra goccia, e poi,non riuscendo a trovar chi le somigli,angosciata, non vista, si disperde.Così anche io, nella vana ricerca di una madre e un fratello,riuscirò solo a perdere me stesso.

[I.ii.33-40]

Questi celebri versi smentiscono l’impressione iniziale di farsa chiassosa che di solito La commedia degli errori dà al pubblico, proprio come i lamenti di Egeon trascendono chia-ramente le situazioni farsesche che gli spettatori si attendono.

Antifolo di Efeso non è un personaggio molto interessante se confrontato con il fratello siracusano, su cui l’autore decide di concentrarsi. In parte, Antifolo di Siracusa attira la nostra attenzione per ciò che lo lascia perplesso: la stranezza di Efe-so. Poiché la lettera di san Paolo agli efesini fa riferimento alle loro «opere infruttuose», un pubblico conoscitore della Bib-bia immaginerà la città (anche se si tratta senza dubbio della Londra di Shakespeare) come un luogo di stregoneria, una sorta di paese fatato dove tutto può accadere, soprattutto ai visitatori. Man mano che la commedia procede, Antifolo di Siracusa, che perde se stesso ancor prima di giungere a Efeso, arriva quasi a smarrire il proprio senso di identità.

Forse la farsa è sempre implicitamente metafisica; Shake-speare si distingue da Plauto perché rende manifesta l’inquie-tudine. La commedia degli errori si muove verso una violenza scervellata, che ferisce tuttavia solo l’esorcista ciarlatano, il dottor Pinch. Si tratta di un dramma in cui nessuno, nemme-no il pubblico, riesce a mettere ordine fino alla fine, quando le due coppie di gemelli appaiono l’una a fianco dell’altra.

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Shakespeare non lascia intuire in alcun modo che la badessa di Efeso (probabilmente una sacerdotessa di Diana) è la ma-dre perduta dei due Antifolo finché lei non decide di rivelare la propria identità. Se lo desideriamo, possiamo domandarci come mai sia rimasta a Efeso per ventitré anni senza dire nulla al figlio, che abita nella città, ma sarebbe inutile quanto chie-dersi come e perché le due coppie di gemelli siano vestite in modo identico nel giorno in cui arrivano i giovani siracusani. Simili stranezze sono i dati di fatto della Commedia degli er-rori, un testo in cui le linee di demarcazione tra l’improbabile e l’impossibile diventano molto vaghe.

Pur essendo divertente come è e deve essere, questa bre-ve e pungente commedia è anche uno dei punti di partenza per la reinvenzione dell’umano da parte di Shakespeare. Un ruolo farsesco non sembra affatto una sede adatta all’inte-riorità, ma il genere letterario non costituì mai un ostacolo per Shakespeare, nemmeno agli inizi della carriera, e Antifolo di Siracusa preannuncia gli abissi dell’io rappresentati nelle opere successive. Anche quando prende in considerazione la possibilità di fare un giro per Efeso, il fratello forestiero osser-va: «Io ora per le strade della città voglio perdermi un poco, e vagare così, senza meta». Nella Commedia degli errori, che non è una parabola cristiana, non ci si perde per ritrovar-si. Alla fine del dramma, i due Dromio sono felici di essersi rincontrati, ma, come vedremo, la reazione dei due Antifolo rimane enigmatica. Nulla potrebbe distinguersi dalla risposta del cittadino di Efeso, indignato all’idea che la sua identità venga messa in dubbio, più di quanto faccia l’appello del cer-catore siracusano a Luciana, cognata del fratello:

Signora, io non conosco il vostro nome,né so per qual miracolo sappiate come mi chiamo io. Ma il vostro fascino e la vostra saggezza vi rivelanopiù divina che umana: questo so.Ditemi voi quello che devo fare, quel che devo pensare; il mio sentire è grossolano, avvolto negli errori

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di una natura debole, terrena, superficiale: perché mai cercate di innalzarlo a dispetto dei suoi limiti,in un regno per me del tutto incognito?Forse siete una dea? Forse potete insegnarmi a rinascere?Trasformatemi; io a questo non mi oppongo.Ma finché io rimango quel che sono,rifiuto quella donna lamentosa, vostra sorella, come moglie; a lei non devo nulla; e certo nel suo lettonon entrerò, ché è solo a voi che penso.Non indurmi, sirena, col tuo cantoad affogare nel mare di lacrime di quella donna; canta per te stessa, e ti amerò. Quei tuoi capelli d’oro sciogli sui flutti argentei; in questo letto fra le tue braccia io sarò felicedi giacere, sapendo che la morteè conquista gloriosa e appagamento.E l’amore, se è effimero e se è breve,si estingua pure, se a me verrai meno.

[III.ii.29-52]

L’intensità di queste parole è in parte dettata dalla dispe-razione; Antifolo di Siracusa s’innamora per ritrovare se stesso, anticipando lo schema erotico satireggiato in Pene d’amor perdute. Qui l’arguto Berowne secolarizza con au-dacia il paradosso cristiano cui Shakespeare si sottrae nella Commedia degli errori:

Per una sola volta a quei voti manchiamo,per ritrovar noi stessi, o noi stessi perdiamoper mantenere i voti. È religioneesser così spergiuri, dacché la caritàubbidisce essa stessa a una legge divina,e chi può separare amor da carità?

[IV.iii.358-363]

Non è esattamente quello che san Paolo intendeva con «chi ama il suo simile ha adempiuto la legge», ma naturalmente Pene d’amor perdute non è più paolina della Commedia degli errori. Antifolo di Siracusa non ama Luciana per adempiere

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la legge, nemmeno quella del suo io perduto, bensì per subire una trasformazione, per essere rigenerato. Shakespeare non ci lascia il tempo di abbandonarci a questo tono lamentoso, ma ci riporta all’ilarità nel dialogo in cui Antifolo di Siracu-sa e Dromio parlano di Nell, la sguattera che ha scambiato Dromio di Siracusa per suo marito, Dromio di Efeso. Nell è una donna dalle dimensioni fuori del comune e suscita me-ravigliose allusioni geografiche:

Antifolo S. Dunque una creatura di una certa stazza?Dromio S. Non più lunga dalla testa ai piedi che da un fianco

all’altro. Perfettamente sferica, come il globo. Volendo, ci si può studiare la geografia, ché ci si trovano tutti i paesi del mondo.

Antifolo S. In quale parte del suo corpo si trova l’Irlanda?Dromio S. Ah, signore, in fondo alla schiena. Ci sono certi

acquitrini...Antifolo S. E la Scozia?Dromio S. Nel palmo della mano, arido e roccioso com’è.Antifolo S. La Francia?Dromio S. Nella fronte, tutta una pustola, in guerra contro i

pochi capelli che ha in testa.Antifolo S. E l’Inghilterra?Dromio S. Ho cercato qualcosa di bianco che somigliasse a una

scogliera, ma non ho trovato niente del genere. Ma dovreb-be trovarsi dalla parte del mento, visto che vi cola un canale d’acque salate simile a quello che ci divide dalla Francia.

Antifolo S. La Spagna?Dromio S. Mi dispiace, non l’ho vista, ma ne ho sentito anche

troppo l’odore nel suo alito.Antifolo S. Ci sono anche l’America, le Indie?Dromio S. Come no, padrone: nel suo naso, ricco di rubini,

diamanti, zaffiri, cadenti a pioggia nella calda cavità del-la Spagna, la quale dal canto suo manda intere flotte di galeo ni a far bottino nelle sue narici.

Antifolo S. E che mi dici del Belgio, dei Paesi Bassi?Dromio S. Ah, signore, così in basso non ho avuto il coraggio

di guardare.[III.ii.110-138]

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Questo splendido tour de force è la quintessenza della Comme-dia degli errori, la cui ironia non è mai malevola. La scena del riconoscimento, la prima di quella che sarebbe diventata una lunga serie, spinge lo stupito Duca di Efeso alla riflessione più profonda dell’intera opera:

Di questi due l’uno dell’altro è spirito.Ma quale? quale sarebbe l’uomo in carne ed ossa,quale lo spettro? e chi può decifrarli?

[V.i.332-334]

Benché Antifolo di Siracusa non possa essere definito il de-mone o lo spirito protettore del fratello, si potrebbe rispon-dere alle domande del Duca dicendo che lo spettatore accorto riconosce lo spirito nel forestiero e l’uomo in carne ed ossa nel mercante di Efeso. Shakespeare, che perfezionerà l’arte dell’ellissi, non attribuisce ai due Antifolo alcuna reazione emotiva di fronte al ricongiungimento. Antifolo di Siracusa ordina a Dromio: «E abbraccia tuo fratello, fagli festa!», ma poi esce con il proprio fratello, senza abbracci o festeggiamen-ti. Senza dubbio Antifolo di Siracusa è molto più interessato a corteggiare Luciana, proprio come Antifolo di Efeso desidera tornare a casa, dalla moglie e dalle sue merci. Eppure, la fred-dezza e l’indifferenza degli Antifolo stride se confrontata con l’incantevole riunione dei Dromio, che Shakespeare usa come dolce conclusione della commedia:

Dromio S. Senti, c’è una grassona in casa vostra che oggi mi voleva cucinare credendo fossi tu, ma per fortuna adesso è mia sorella, non mia moglie.Dromio E. Forse tu mi sei specchio, non fratello. E in te vedo che sono un bel ragazzo. Entra ora, ché andiamo a festeggiare.Dromio S. Oh no, ti prego, prima tu, io sono il più giovane.Dromio E. Scusa, chi lo dice? chi può saperlo?Dromio S. Tireremo a sorte; e intanto passa tu.

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Dromio E. No, senti un poco: siamo venuti al mondo da fratelli, ora usciamo la mano nella mano.Escono.

[V.i.414-426]

Nel corso del dramma, questi due pazienti buffoni hanno do-vuto incassare vari colpi da parte degli Antifolo, e il pubblico si rincuora quando li vede uscire così contenti. Quando Dro-mio di Efeso osserva: «E in te vedo che sono un bel ragazzo», lo vediamo anche noi, e il distico finale esprime un affetto reciproco che, come è evidente, non esiste tra i due Antifolo. Sarebbe assurdo gravare La commedia degli errori di conside-razioni sociopolitiche o ideologiche, ma non possiamo evita-re di commuoverci notando che sin dall’inizio Shakespeare preferisce i servi ai mercanti.

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