+ All Categories
Home > Documents > La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel ... · 1 La dignità della persona...

La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel ... · 1 La dignità della persona...

Date post: 23-Aug-2020
Category:
Upload: others
View: 1 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
23
1 La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel tempo della velocità. L’anacoluto della pietra scartata come centro del discorso. 1 di Giuseppe Limone Proviamo oggi a domandarci: che cosa c’entra il volume di una sfera con la carezza d’una farfalla? Una volta si sarebbe risposto a una tale domanda con un sorriso. Oggi, a nostro avviso, non più. Un signore di gran nome affermò che la filosofia è il proprio tempo appreso col pensiero. Diciamo ciò per dire altro e per andare oltre. Un altro illustre pensatore, Reinhart Koselleck, ha osservato, con intuizione bruciante, che oggi viviamo nel mondo iperveloce del futuro passato. Appena viviamo un evento, è già passato. In questo tempo, sempre più si riduce lo spazio dell’esperienza e sempre più si allunga il tempo dell’attesa. Il nostro stesso equilibrio psichico e neuronico ne è rivoluzionato. Gli spazi si accorciano, i tempi si accorciano, le velocità aumentano, le cose si riducono di scala, i corpi si miniaturizzano, il pianeta si rimpicciolisce, il futuro si addossa sul presente, la tecnologia si addossa sulla scienza generando la ‘tecnoscienza’, il sapere si è fatto immediatamente responsabilità. Tutto è diventato prossimo a tutto. Non solo in termini di spazio, di tempo e di vita, ma di saperi e di fattori strutturali interagenti. Le distanze si accorciano, i tempi si aggrumano , le velocità si accelerano, le linee s’incurvano, lo spazio euclideo si fa non euclideo. Siamo precipitati nei tempi dell’accelerazione epocale previsti dalla Sibilla. In una situazione come questa, sempre più in tal senso caratterizzata, la velocità turbocomprime il nostro tempo, ci prende alle viscere e alla gola, ci tiene in un pugno. La rivoluzione è ad almeno tre livelli: 1 La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel tempo della velocità. L’anacoluto della pietra scartata come centro del discorso, in Prospettiva e modelli della cooperazione di giustizia nel Mediterraneo, Justice cooperation peace. La cooperazione di giustizia per lo sviluppo e la pace nel Mediterraneo. Atti e contributi del Simposio Scientifico Internazionale, Palazzo Real di Caserta 16-17 novemnbre 2007, dedicati a Gaetano Liccardo, Esi, Napoli 2010, ISBN 9788849520019, pp. 247 – 272.
Transcript
Page 1: La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel ... · 1 La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel tempo della velocità. L’anacoluto della pietra scartata

1

La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel tempo della velocità. L’anacoluto della pietra scartata come centro del discorso.1

di Giuseppe Limone

Proviamo oggi a domandarci: che cosa c’entra il volume di una sfera con la carezza d’una

farfalla?

Una volta si sarebbe risposto a una tale domanda con un sorriso. Oggi, a nostro avviso, non

più.

Un signore di gran nome affermò che la filosofia è il proprio tempo appreso col pensiero.

Diciamo ciò per dire altro e per andare oltre. Un altro illustre pensatore, Reinhart Koselleck,

ha osservato, con intuizione bruciante, che oggi viviamo nel mondo iperveloce del futuro

passato. Appena viviamo un evento, è già passato. In questo tempo, sempre più si riduce lo

spazio dell’esperienza e sempre più si allunga il tempo dell’attesa. Il nostro stesso equilibrio

psichico e neuronico ne è rivoluzionato. Gli spazi si accorciano, i tempi si accorciano, le

velocità aumentano, le cose si riducono di scala, i corpi si miniaturizzano, il pianeta si

rimpicciolisce, il futuro si addossa sul presente, la tecnologia si addossa sulla scienza

generando la ‘tecnoscienza’, il sapere si è fatto immediatamente responsabilità. Tutto è

diventato prossimo a tutto. Non solo in termini di spazio, di tempo e di vita, ma di saperi e di

fattori strutturali interagenti.

Le distanze si accorciano, i tempi si aggrumano , le velocità si accelerano, le linee

s’incurvano, lo spazio euclideo si fa non euclideo. Siamo precipitati nei tempi

dell’accelerazione epocale previsti dalla Sibilla.

In una situazione come questa, sempre più in tal senso caratterizzata, la velocità

turbocomprime il nostro tempo, ci prende alle viscere e alla gola, ci tiene in un pugno. La

rivoluzione è ad almeno tre livelli: 1 La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel tempo della velocità. L’anacoluto della pietra scartata come centro del discorso, in Prospettiva e modelli della cooperazione di giustizia nel Mediterraneo, Justice cooperation peace. La cooperazione di giustizia per lo sviluppo e la pace nel Mediterraneo. Atti e contributi del Simposio Scientifico Internazionale, Palazzo Real di Caserta 16-17 novemnbre 2007, dedicati a Gaetano Liccardo, Esi, Napoli 2010, ISBN 9788849520019, pp. 247 – 272.

Page 2: La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel ... · 1 La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel tempo della velocità. L’anacoluto della pietra scartata

2

1. a livello dell’esperienza quotidiana;

2 .a livello della teoria scientifica e della teoria filosofica che la riflette;

3. a livello dell’identità stessa dell’essere umano concreto che la vive.

Ma una tale ‘velocità’ può comprendersi secondo modelli concettuali diversi, su cui

richiameremmo fortemente l’attenzione.

Questa velocità, infatti, può essere vista in due modi molto differenti fra loro: come evento

fenomenico e come fattore strutturale.

La velocità come evento fenomenico la si percepisce come fatto dell’esperienza quotidiana; la

velocità come fattore strutturale, invece, si deposita nel nostro pensare stesso come suo tratto

epistemologico, che ridisegna d’un colpo alla radice l’intero modello della ragione.

Si osservi:

1. La velocità fa sì che la scienza diventi direttamente tecnologia, anzi nasca già tecnologica

(‘tecnoscienza’);

2. la velocità fa sì che il nesso di una specializzazione scientifica con le altre non sia rinviabile

ai tempi lunghi di un confronto teorico successivo;

3. la velocità fa sì che molti effetti diventino, di fatto o per principio, irreversibili;

4. la velocità fa sì che il nesso della scienza col suo ‘senso’ (cioè, il suo essere dell’uomo e

per l’uomo) non sia più rinviabile ai tempi lunghi di una riflessione (filosofica, o etica, o

religiosa) successiva.

E si guardi ancora, solo per un esempio, all’effetto sismico prodotto dalla velocità sul diritto,

sulle norme e sull’assetto civile: rendendo continuamente obsolescenti le norme, infatti, la

velocità mina la ‘certezza del diritto’ – pilastro della civiltà giuridica occidentale – tendendo a

spostare sempre più l’esigenza della ‘certezza’ dal livello gravitazionale delle ‘norme’ –

troppo circostanziate, e perciò rapidamente obsolescenti – al livello gravitazionale dei

‘princìpi’ – ben più aperti, e perciò in grado di reggere meglio alla sfida della velocità (pur

restando, per altro verso, impregiudicata l’altra questione del rapporto fra ‘principio’ e

‘certezza del diritto’). In un tale fenomeno può osservarsi come la crescita di centralità del

‘principio’ operi in due sensi specifici, ad alto tasso di concentrazione: riduce, infatti, le

distanze fra i saperi (asse orizzontale fra gli stessi) e riduce le distanze fra il sapere e i valori

(asse verticale fra il sapere e il senso). Il tutto accade in una crescita di ‘prossimità’ e di

‘compattezza’ dell’insieme, generata dalla velocità.

In un tale contesto di considerazioni, la velocità non è più mero evento fenomenico, perché si

deposita come tratto strutturale nella stessa fisionomia della ragione. Siamo caduti in un

Page 3: La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel ... · 1 La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel tempo della velocità. L’anacoluto della pietra scartata

3

mondo in cui la prossimità e la velocità strutturali sono diventate il nostro destino. Come in un

imbuto.

Si tratta, quindi, di guardare oggi il nostro tempo con un paradigma indiziario (Carl

Ginsburg). Quasi al modo con cui un ingegnere osservi un sistema statico dai vetrini collocati

nella struttura.

È in un tale quadro di condizioni che possiamo e dobbiamo osservarci impegnati in una nuova

frontiera. Vi riconosceremo, qui, nove paradossi.

Perché guardare un mondo dai suoi paradossi? I paradossi sono choc virtuosi, che destano dal

sonno dogmatico e squarciano le ovvietà, insegnando a pensare. Essi mettono in corto circuito

sinapsi inattese. Producono per sfregamento incendi impensati. Sono lampi che illuminano la

notte.

Il primo paradosso.

È sempre più grande la capacità della tecnoscienza di generare effetti invasivi ed è sempre più

piccola la capacità della stessa di prevedere con certezza ciò che accadrà.

Il secondo paradosso.

Un numero sempre più piccolo di uomini può produrre effetti sempre più devastanti sulla vita

di un numero sempre più grande di altri – anzi, di tutti.

Il terzo paradosso.

Da aree sempre più piccole del mondo possono prodursi effetti sempre più devastanti su aree

sempre più grandi – anzi, sull’intero pianeta. Si pensi agli stessi processi attivabili con la

nanotecnologia.

Il quarto paradosso.

Più cresce la specializzazione delle scienze, più il livello di specializzazione si avvicina a quel

limite di soglia oltre il quale ogni scienza ha necessità di superare la specializzazione in cui è

cresciuta – ossia di superare un suo dogma di base. Cioè: più cresce la necessità della

specializzazione, più cresce la necessità del suo superamento (‘complessità’); e, d’altra parte,

più cresce la necessità del superamento della specializzazione, più cresce la necessità di

ulteriore specializzazione.

Page 4: La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel ... · 1 La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel tempo della velocità. L’anacoluto della pietra scartata

4

Si pensi, per un minimo esempio: dalla biologia nasce la genetica, dalla genetica la biologia

molecolare, dalla biologia molecolare la biologia delle proteine, dalla biologia delle proteine

la biologia dei recettori.

La specializzazione chiede urgentemente il suo superamento; ma il suo superamento chiede

urgentemente ulteriore specializzazione.

Il circolo ermeneutico, proprio delle scienze umanistiche, si è instaurato, paradossalmente,

anche nel cuore delle scienze dure.

Il quinto paradosso.

Più crescono specializzazione e complessità delle scienze, più la stessa specializzazione e la

stessa complessità avvicinano la scienza a quel limite di soglia oltre il quale la scienza è

necessitata a superare l’altro suo dogma di base, su cui pur era cresciuta: la separazione dei

fatti dai valori.

Ossia: più crescono la specializzazione e la complessità delle scienze, più cresce la loro

urgente e comune domanda di valori e di senso.

Il sesto paradosso.

Più crescono le pratiche scientifiche della ragione, più va in crisi il paradigma della ragione su

cui quelle stesse pratiche erano e sono cresciute.

Il settimo paradosso.

Più i sistemi (anche informatici) tendono a farsi completi e totali, più l’evento

dell’imprevedibile ne buca senza possibile scampo le basi. Più un sistema sa di non poter

essere completo, più cerca di rendersi completo; più pretende di essere completo più bisogna

resistere alla sua supponente completezza (si guardino i teoremi di Gödel).

L’ottavo paradosso.

Più la tecnoscienza individua un nuovo ‘possibile’, più un tale ‘possibile’ condiziona come un

evento reale il mondo reale. Il ‘possibile’ ha mutato statuto: non è più un mero ‘pensabile’: è

direttamente un già-accaduto. È un nuovo preciso accadere nell’universo iperveloce.

Il nono paradosso.

Più i saperi che studiano i problemi del senso sono emarginati dai processi produttivi del

mondo e del suo disincanto, più gli stessi saperi sono con urgenza riconvocati al centro della

Page 5: La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel ... · 1 La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel tempo della velocità. L’anacoluto della pietra scartata

5

scena. Per portare soccorso alle parti e all’intero. Ossia: l’esigenza di senso non è più solo un

teorema, ma un fatto. Non è più solo un teorema della ragione etica, ma un fatto della vita.

Si tratta di nove paradossi che investono sia l’esperienza quotidiana, sia la teoria scientifica,

sia l’identità del concreto essere umano.

Si tratta di nove paradossi da cui nasce una decima osservazione finale: più ciò che è enorme

può essere visto in riduzione di scala, più entra in crisi sistemica la nostra percezione

dell’infinito. Perché l’infinito qui si rivela non più il semplice ‘immenso’ per estensione, ma

ciò che, per quanto immenso, può sempre essere visto a un livello di scala così piccolo, da

consentire a un ‘immenso’ a scala più grande di guardarlo come un sottomultiplo o come un

ordine inferiore di sé – e così via crescendo, in una fuga ascendente di infinite possibili scale

(a cui potrebbe essere un possibile approccio anche, ma non soltanto, la gerarchia dei

transfiniti di Georg Cantor). Non potrebbe essere l’intero universo quanto la cacca di una

formica? A quale scala di grandezza noi ci troviamo? Possiamo, rispetto ad altre possibili

scale, essere noi stessi dei ‘frattàli’? E a quale scala si colloca questo immenso universo che

noi, già prima di sperimentare, sembriamo ‘pre-sentire’?

Si tratta di nove paradossi da cui emerge, imperiosa, una semplice e precisa domanda: l’uomo

e le scienze, per vivere e progredire nel mondo iperveloce, sono costretti a segare il ramo su

cui sono seduti?

Dicevamo che essere nel tempo della velocità non significa semplicemente sperimentare alte

velocità. Il problema, infatti, non è empirico, ma epistemologico e valoriale. Esso investe e

travolge, cioè, lo stesso modello della ragione.

I tempi si accelerano, gli spazi si accorciano, gli oggetti si miniaturizzano, i corpi si riducono

di scala. Tutto passa all’acceleratore e all’impicciolitore. Tutto può essere guardato al

rallentatore e all’ingranditore. Tutto è diventato prossimo a tutto. Il mondo è un fazzoletto in

un pugno. In un rovesciamento paradossale del vangelo, la prossimità coatta è diventata il

nostro destino.

Non si tratta solo di uno choc dell’esperienza, ma di un elettrochoc del modello della ragione.

I circuiti delle sinapsi trovano – qui – altri possibili percorsi. È la stessa ragione che s’incurva.

Siamo chiamati, per essere noi stessi, a non essere più noi stessi come prima. Sotto pena di

perdere noi stessi.

Page 6: La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel ... · 1 La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel tempo della velocità. L’anacoluto della pietra scartata

6

Si tratta di una rivoluzione molecolare e molare. Nel senso che è contrazione di spazi

molecolari fra le distanze e di tempi molecolari tra i fattori. Siamo come in un ascensore che

scende verso un vertice profondo e che, scendendo, sempre più vede ridursi le distanze fra le

sue parti. Là dove per ‘distanze’ dobbiamo intendere non soltanto quelle fra punti spaziali, ma

anche quelle fra tempi, tra fattori, tra funzioni. Ogni cosa è sempre più prossima all’altra. In

un paradossale contrarsi progressivo fino al limite dello zero.

Ci domandiamo: come poter pensare e vivere in un luogo come questo?

E domandiamoci ancora:

se al variare degli spazi variano i tempi;

se al variare degli spazi e dei tempi variano le velocità;

se al variare dello spazio-tempo e delle velocità variano le scale di grandezza;

se al variare delle scale di grandezza variano le misure;

e se, al tempo stesso, il rapporto fra queste variazioni tende al limite di zero o di infinito;

occorre avere il coraggio di porsi – a questo punto – la domanda più radicale:

al variare delle velocità oltre un certo limite di soglia, varia o non varia la stessa identità della

ragione? O, forse, diremmo ancor meglio: varia o non varia, in tali condizioni critiche, il

modello sedimentato di ragione? La velocità, diventando fattore strutturale, muta o non muta

la ‘Ragione’? E, se la muta, in che cosa la muta?

È qui, forse, che può cogliersi meglio come la velocità, avendo superato un certo limite di

soglia, intervenga sistemicamente sullo stesso paradigma della ragione.

Potrebbe quasi dirsi che, come una certa velocità critica muta lo spazio e muta il tempo, anzi

muta lo spazio-tempo, analogamente, a una certa velocità critica, muta la stessa ragione – o

almeno il suo modello consolidato.

Reinhart Koselleck, forse, dicendo sulla velocità, non aveva detto abbastanza.

La ragione va interrogata, perciò, guardandola secondo tre assi:

1. nel suo asse orizzontale (rapporto fra le scienze),

2. nel suo asse verticale (rapporto col senso e coi valori),

3. nel suo asse identitario e riflessivo (rapporto con se stessa).

Domandiamoci della ragione scientifica nel suo asse orizzontale (rapporto fra le scienze). In

due modi:

A. Guardando al suo rapporto con le contraddizioni.

Page 7: La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel ... · 1 La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel tempo della velocità. L’anacoluto della pietra scartata

7

B. Guardando al suo specificarsi come ‘pratica scientifica’ e, in quanto tale, come

‘azione’.

A. Vediamo il primo punto.

Ignacio Matte Blanco aveva individuato e comparato una logica asimmetrica e una logica

simmetrica come modalità strutturali operanti nella psiche dell’essere umano e aveva, d’altra

parte, osservato che è possibile dare una rappresentazione geometrica del principio di non

contraddizione.

Se, infatti, sugli assi cartesiani istituiamo una messa in corrispondenza fra due verità

(appartenenti a generi diversi) che, nella formulazione logica, costituiscano l’una la negazione

dell’altra (p e non-p), possiamo osservare alcuni illuminanti risultati.

Infatti, studiando il rapporto fra il principio di non contraddizione e il principio di simmetria

come due specifiche logiche caratterizzanti la psiche nella sua modalità conscia (principio di

non contraddizione) e nella sua modalità inconscia (principio di simmetria), Ignacio Matte

Blanco2 si cimenta in una situazione in cui, dati degli assi cartesiani, intende raggiungere una

rappresentazione geometrica del principio di non contraddizione.

Se indichiamo, infatti, sui due assi cartesiani due numeri, essi individuano nel piano del

quadrante un punto e un punto solo. Ora, se istituiamo in questo piano una corrispondenza

biunivoca fra un punto e un’asserzione, che chiamiamo p, «possiamo affermare – dice Matte

Blanco – che, in queste condizioni, non si può dare il caso di p e di non – p. È quanto

precisamente afferma il principio di non contraddizione»3.

Che cosa significa, qui, dire ciò? Significa dire che, ove si indichino – invece – due coordinate

cartesiane per uno spazio a tre dimensioni, i due numeri indicati individueranno non un punto

solo ma una linea di infiniti punti (perpendicolare al piano in cui il punto è situato e passante

per esso) – e quindi individueranno infinite asserzioni corrispondenti a quei punti.

Ciò significa, analogamente, che in uno spazio a più di tre dimensioni, tre numeri

individueranno non un punto solo, ma infiniti punti, e quindi infinite asserzioni

corrispondenti.

Da ciò deriva che la contraddizione fra p e non-p è possibile scioglierla, senza violare il

principio di non contraddizione, se e solo se il punto ‘p’ è collocato in uno spazio cartesiano

che abbia una dimensione in più rispetto allo spazio in cui è stato individuato l’unico punto

‘p’.

2 Cf. I. Matte Blanco, L’inconscio come insiemi infiniti. Saggio sulla bi-logica, Torino 1981, 58ss. 3 Ivi 59.

Page 8: La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel ... · 1 La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel tempo della velocità. L’anacoluto della pietra scartata

8

Che cosa implica un tale ragionamento nel nostro discorso? Implica che l’opposizione fra le

due – o fra le più – ‘verità’ non è più tale se esse si inscrivono in uno spazio logico avente una

coordinata ulteriore.

Le due asserzioni di verità, pertanto, diventano perfettamente compatibili in una logica di

“volume” superiore. Ciò che è in contraddizione nell’ambito di un assetto disciplinare, non è

più in contraddizione se aumentano gli assi delle coordinate cartesiane: se si collocano cioè –

su altri assi – altri punti di vista di altri assetti disciplinari. Ciò che appare in contraddizione

nel piano, non è più in contraddizione nel volume. Ciò che appare in contraddizione in tre

coordinate, non lo è più in quattro.

Signori, la storia del Novecento scientifico, a ben guardare, ci offre un grande scenario di

tutto ciò. Si osservi.

Albert Einstein rivoluziona l’immagine del mondo fisico per superare una contraddizione

(quella fra le equazioni di Maxwell e la meccanica newtoniana).

I grandi sforzi teorici di oggi nei confronti delle quattro forze dell’universo tendono a

superare contraddizioni. Il noto sforzo di Hawking e di altri cosmologi e fisici teorici nasce

dall’intenzione consapevole di superare contraddizioni.

Una contraddizione può superarsi aumentando il numero degli assi cartesiani, aprendo il

volume logico a una dimensione ulteriore. Si osservi: è proprio qui la capacità geniale di

sfondare confini che abita nella metafora. È la rivoluzione della metafora.

B. Veniamo al secondo punto.

Osserviamo per un attimo le azioni sociali così come sono guardate dalle scienze. Sono noti i

paradossi a cui il loro studio mette capo (i paradossi di Marx, di Max Weber, di Olson, di

Boudon, di Antiseri). In tali paradossi si osserva che le azioni sociali intenzionali possono

produrre effetti non intenzionali e controintenzionali (effetti distorsivi, effetti collaterali,

effetti preterintenzionali, effetti controintuitivi: si vedano, fra gli altri, i fallimenti del mercato,

la congestione del traffico, gli effetti distorsivi da democrazia, i paradossi delle procedure,

eccetera).

Proviamo a compiere adesso un atto forse spaesante. A condurre questo ragionamento alla

seconda potenza.

Anche le pratiche scientifiche, infatti, sono azioni e quindi le scienze, in quanto azioni,

possono esser viste produrre, alla seconda potenza, effetti non intenzionali o

controintenzionali, distorcenti. Con una differenza, però: poiché le azioni scientifiche hanno

per oggetto il ‘vero’ – o meglio l’‘oggettivo’ –, gli effetti distorsivi delle scienze in quanto

Page 9: La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel ... · 1 La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel tempo della velocità. L’anacoluto della pietra scartata

9

azioni riguarderanno non il semplice fine pragmatico dell’azione sociale in senso stretto, ma il

‘vero’ o l’‘oggettivo’ stesso. Non solo l’azione sociale può generare effetti distorsivi e

controintenzionali, ma anche l’azione scientifica che guarda l’azione sociale – e l’‘oggettivo’

tout court – può farlo, e al suo livello specifico.

Come si può uscire da simili distorsioni?

Si esce aumentando il numero delle coordinate cartesiane, perché una visione unitaria

integrata consenta di sciogliere, ove possibile, le emergenti contraddizioni: ossia dalle

contraddizioni si esce superando la separazione fra gli specialismi.

In questa logica, ogni apertura a un altro specialismo non è altro che l’inserimento di un’altra

coordinata cartesiana nel complesso dell’analisi. Signori, si tratta della lezione della

‘complessità’ intesa come paradigma epistemologico.

Abbiamo finora guardato la ragione secondo l’asse orizzontale (rapporto fra le scienze).

Guardiamola ora secondo l’asse verticale. E domandiamoci: che cosa accade della ragione nel

suo asse verticale (il rapporto col senso e coi valori)? Come mai oggi accade che nascano

discipline tanto incredibilmente meticce, quasi risibili alla percezione di una volta (bioetica,

etica degli affari, attività di banche etiche, concezioni di commercio solidale, bioantropologie,

bioassiologie, biofilosofie)?

Come accade che economisti di prima grandezza rimettano in discussione il venerabile

concetto economico dell’utile (Amartya Sen), o che introducano, superando il mero concetto

di ‘ricchezza’, i valori simbolici del territorio, o che mettano al centro dell’analisi matematica

il problema della fiducia? Come accade che l’etica entri nei discorsi economici lacerando

consolidate e venerabili purezze epistemologiche? Come accade che maturino strumenti

matematici e logici come la ‘teoria dei giochi’ o come il ‘dilemma del prigioniero’?

Si osservi.

L’interrogazione sulla questione del senso appare, ormai, non tanto la cogenza di un teorema,

ma l’urgenza di un fatto. Di un fatto vitale: in cui ne va non solo di una teoria, ma della vita.

Accade, infatti, anche qui, che entrino in rivoluzione sistemica rapporti fra saperi diversi, ma

collocati, stavolta, non in ‘orizzontale’ ma, per dir così, in verticale: fra scienza e filosofia; fra

scienza, filosofia e religione; fra scienza, filosofia, religione e poesia.

Si tratta, in realtà, del riemergere di rapporti che vanno pensati, oggi, non più fra regioni

complanari e distinte, ma, al contrario, fra piani diversi, a progressivi livelli di profondità, da

collocare in volume: configurabili secondo una successione di coni coassiali, a vertice comune

Page 10: La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel ... · 1 La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel tempo della velocità. L’anacoluto della pietra scartata

10

e a progressiva concentrazione di volume, lungo l’asse di scorrimento di una medesima

direttrice a cui insieme appartengono le loro altezze (come in una bambola matrioska).

Infatti, in questo tempo della velocità intesa come fattore strutturale, la scienza, separatasi

epocalmente dal senso, chiede senso al suo cono più interno, la filosofia. E la filosofia, a sua

volta, in quanto distintasi dal senso, chiede senso a un suo cono ancora più interno: la

religione. E quest’ultima, anch’essa talvolta in crisi di senso, chiede senso, a sua volta, a un

cono ancora più interno: all’arte e alla poesia. Si osservi. Lungo lo scorrimento di coni

sull’unico asse, accade l’avvicinamento asintotico a un vertice profondo e comune: al vertice

del senso.

Signori, se un uomo bruciasse la sua casa, sarebbe portato al manicomio. Che cosa dovremmo

fare di una ragione frantumata in più parti che, dicendosi tutte ‘pratiche razionali’, sta

bruciando il pianeta?

La ragione può delegare la reimpostazione del problema solo alla politica e al diritto o deve,

invece, saper riconoscere quanto è specificamente pur suo in questi errori di percorso ed

emanciparsi – quindi – da un consolidato e inadeguato modello di sé?

E qui, signori, possiamo individuare il decimo e l’undicesimo paradosso.

Il decimo.

Più ragioni spezzettate e accostate producono la dis-ragione, se e in quanto ognuna di esse

distorce non-intenzionalmente il suo oggetto. Come un ‘panottico’ fatto di lenti frantumate.

Che, nel riprodurre il proprio oggetto per accostamento di parti, riproduca in realtà un oggetto

deformato. Si osservi. Gli scienziati della percezione sanno della differenza profonda che

esiste fra movimento stroboscopico e movimento reale. Si è, qui, come in preda a un ‘doppio

legame’: la ragione scientifica, più cresce, più ha bisogno di frantumare l’oggetto; e, d’altra

parte, più ha bisogno di frantumare l’oggetto, più ha bisogno di superare la frantumazione

dell’oggetto.

Una volta la filosofia scolastica distingueva fra ‘oggetto formale’ e ‘oggetto materiale’ della

scienza, e in tal modo contrastava la possibile confusione fra l’‘oggetto nella prospettiva dello

sguardo astraente’ e l’‘oggetto reale’. Ma oggi questa ‘quieta’ distinzione ‘ a bocce ferme’

non basta più, perché è messa in scacco dalla velocità. Ed esige, pertanto, l’attivazione di un

perenne circúito dinamico e interagente fra le istanze delle parti e l’istanza dell’intero.

L’undicesimo paradosso.

Page 11: La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel ... · 1 La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel tempo della velocità. L’anacoluto della pietra scartata

11

La ragione scientifica, più cresce e più ha bisogno del senso; più ha bisogno di senso e più ha

bisogno di fare a meno del senso. Domandiamoci, perciò: restando nella logica della

frantumazione e della separazione dal senso, non rischiamo di vivere tutti e ciascuno in un

delirio di innocenza?

Se osserviamo la storia scientifica del Novecento, possiamo scoprire un fatto non solo

paradossale, ma illuminante. Un secolo che ha inseguito tre miti logici (la frantumazione

progressiva dell’oggetto, la coerenza delle proposizioni, la totalità del sistema) – un tale

secolo ha dovuto conoscere – in tutte e tre le direttrici – tre autentici scacchi. Il fallimento del

programma fisicalista, in un tale contesto, dà da pensare. Si veda questa storia, se si vuole,

alla luce di una metafora. Se esaminiamo, in una tale prospettiva, il Novecento osservando i

suoi eventi come limature di ferro nell’area di una calamita o se sviluppiamo una forte

pressione sulla pagina della sua storia come realizzando un frottage, scopriamo una trama

sottotraccia che torna, nonostante tutto. Che cosa vediamo? Vediamo emergere le linee di una

sommersa e continua reazione alla frantumazione, che l’accompagna come una sua

incancellabile qualità recessiva e che chiameremmo ‘legame’.

Se, infatti, guardiamo alla scoperta delle antinomie di Russell; alle due forme della relatività

di Einstein; ai teoremi di incompletezza di Gödel; alle scoperte del quantismo e alla

contraddizione di forme prospettiche tra flusso energetico e particella corpuscolare; al

principio di indeterminazione di Heisenberg; al principio dell’irreversibile e a Prigogine; se

guardiamo al paradossale esperimento fisico di Aspect (in cui particelle distantissime fra loro

sembrano ‘comunicare’ come se fossero vicinissime e legate in una compatta unità); se

guardiamo agli sforzi di fisici teorici e cosmologi (Hawking e altri) per superare le

contraddizioni fra grandi e piccole scale; se guardiamo alla ‘matematica del caos’ e alla

‘matematica dei frattali’; se guardiamo alle nuove ipotesi sulle stringhe e sulle superstringhe

nell’immagine dell’universo (Brien Greene); se guardiamo al principio di conservazione

universale dell’informazione e se prestiamo attenzione, addirittura, all’ipotesi teorica di una

‘fisica della resurrezione’ dei corpi (F. J. Tipler); se riflettiamo sulle geniali ipotesi di Bergson

e di Simmel a proposito dell’aggressione ‘intelligente’ della vespa al grillo; se ripensiamo alle

implicazioni di quello che è ormai un principio epistemologico trasmesso dalla lezione delle

scienze contemporanee alla coscienza giuridica internazionale: il “principio di precauzione”;

se riusciamo a guardare a tutto questo e ad altro ancora, forse potremmo scoprire che dal

frottage applicato a una simile storia emergono, sottotraccia, tante diverse declinazioni

Page 12: La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel ... · 1 La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel tempo della velocità. L’anacoluto della pietra scartata

12

dell’idea del legame. Tutto questo ha straordinarie ricadute teoriche, su cui è necessario non

solo ulteriormente cercare, ma meditare.

Domandiamoci, a questo punto. Perché l’economia rimette in discussione l’utile? Perché

introduce al suo interno la questione etica? Perché riapre un discorso, a valenza

epistemologica, sulla ‘fiducia’? Perché rifonda il discorso sulla ricchezza riaprendone il

significato ai valori simbolici del territorio? E perché gli affari introducono l’etica e il

commercio la solidarietà? Perché si incomincia a parlare di ‘Banca etica’ e di una

‘responsabilità sociale’ dell’imprenditore? Perché i laboratori scientifici introducono,

paradossalmente, l’etica nelle loro provette?

Che cosa sta accadendo sotto le forme di simili ‘ircocervici’ meticciati? Forse, sta accadendo,

per le scienze, la necessità e l’urgenza di riaprire la questione radicale – epistemologica – dei

loro concetti fondamentali, del loro lessico di base. E una tale interrogazione impellente

nasce, appunto, dalla situazione nuovissima generata dalla velocità. Che ci mette davanti, alla

necessità di un orizzonte da rispettare. Che ci chiede il conto non più soltanto in termini di

responsabilità futura, ma in termini di stretta conoscenza e di senso. Fin da ora e fin da qui.

Ma non c’è solo un asse orizzontale e un asse verticale della ragione: c’è anche un asse

identitario, che specificamente la interroga sul suo essere ciò che è.

Su questo asse – sul suo asse identitario e riflessivo cioè – la ragione non può non aprirsi al

possibile, all’impensato, al vissuto concreto di ogni singola ragione distinta da ogni altra, da

un ‘multiverso’ assunto come apertura di altre possibili vie, di altre scoperte e di altre verità.

Se osserviamo, da questo punto di vista, la ragione, possiamo rappresentarcela, nei suoi tre

assi, come due coni reciprocamente rovesciati, a basi accostate, sovrapposti in verticale,

collocati contro un fondale a partire dal quale sorge un altro asse, proveniente da una

‘profondità’ retrostante.

Sull’asse orizzontale, che è il diametro della base comune dei due coni, potrà vedersi la

relazione fra i saperi: è il problema della complessità.

Sull’asse verticale , che congiunge i due vertici opposti dei coni, potrà vedersi la relazione dei

saperi coi valori: è il problema del senso.

Ma, al tempo stesso, i due coni appaiono in movimento su un asse che corre, per così dire, a

partire da una quarta dimensione, che li spinge perennemente in avanti, rimodellandoli nel

tempo: è l’asse di un’identità mutante in cammino.

Page 13: La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel ... · 1 La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel tempo della velocità. L’anacoluto della pietra scartata

13

Si noti, quindi. Nel mondo della velocità come fattore strutturale che cosa accade della

ragione?

In primo luogo, nella relazione orizzontale fra i saperi, la sua pratica non può essere più

spostata in un momento successivo, perché essa è necessariamente tutta da ‘anticipare’ nella

struttura prospettica di partenza.

In secondo luogo, nella relazione verticale col senso, la pratica della ragione non può essere

più spostata in un momento successivo, perché è – anch’essa – necessariamente tutta da

‘anticipare’ nella struttura prospettica di partenza.

In terzo luogo, nella relazione riflessiva con se stessa, la pratica della ragione non può non

rimisurarsi, sempre daccapo, con le nuove scoperte, col possibile inedito di ognuno, con la

storia, con l’impensato: perché la pratica della ragione deve esser capace di mantenersi

perennemente aperta alle nuove condizioni che emergono dai singoli e dai processi

complessivi.

Gli assi della ragione sembrano individuare, perciò, una realtà a più dimensioni. A partire da

una delle quali – a partire cioè dalla non-predeterminabile profondità – la ragione si

rimodella più volte nel suo paradigma, accedendo alle nuove emergenze del tempo.

Il rimodellamento degli assi della ragione, perciò, rimodella tutt’intera la ragione. E noi

siamo chiamati oggi, ancora una volta, a questa sfida.

Signori, i paradossi da cui siamo partiti possono essere tutti rovesciati. E il loro

rovesciamento può essere, per noi, oggi, straordinariamente illuminante e virtuoso.

Che cosa, infatti, tali paradossi fanno emergere, per contrasto, oggi, nell’identità dell’essere

umano concreto, scavato dalla ‘velocità’ come da una paradossale struttura d’illuminazione?

Questi paradossi sono, infatti, scavi maieutici nell’identità dell’essere umano concreto. Al

modo con cui i gesti di uno scultore fanno emergere da un blocco di marmo per sottrazione la

forma che in esso si celava.

Osserviamoli a rovescio e al rallentatore, questi paradossi.

Ne nasce l’idea d’un uomo singolo, piccolo e paradossalmente potente, eppur

paradossalmente legato. E paradossalmente profondo. Perché imprendibile a ogni possibile

sguardo che si pretenda capace di esaurirlo.

Da questi paradossi nasce – rinasce! –, per sottrazione, la persona. L’idea della persona. Essa

emerge, quindi, per scavo dagli stessi paradossi del mondo contemporaneo che pur

sembrerebbero averla cancellata per sempre dal pianeta (mi si consenta di dire che una tale

linea critica vale anche nei confronti di un recente libro di Roberto Esposito sull’emergere

Page 14: La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel ... · 1 La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel tempo della velocità. L’anacoluto della pietra scartata

14

della ‘terza persona’ e dell’impersonale come una sorta di priorità teoretica. Credo, infatti,

che l’analisi di Esposito, e ogni impostazione simile, vada rigorosamente rovesciata).

Osserviamo, in questo senso, solo due punti, degni di speciale attenzione:

1. il paradosso di un ‘singolare’ che si fa direttamente universale. Qui, un evento teorico

appare transustanziarsi in carne viva. Insegnandoci che per questo punto in cui siamo

collocati – per questo pozzo – passa la falda freatica che attraversa tutta la Terra. Non c’è più

periferia, quindi: né empirica né teorica. Perché tutto è, nel mondo veloce, già qui.

2. Il paradosso di un ‘singolare’ che si fa profondo, inaccessibile a ogni sguardo che si voglia,

nei suoi confronti, esaustivo e totalizzante.

Infatti:

1. Un uomo può generare effetti devastanti e irreversibili.

2. Tali effetti possono venire, al limite, da pochissimi esseri umani, se non da uno solo.

3. Tali effetti possono venire da zone piccolissime del mondo.

Elias Canetti ha scritto, come è noto, che la moneta del potere è la minaccia di morte. Mai

come oggi una tale moneta si è ‘democratizzata’ così tanto, in una paradossale democrazia

della paura. Assediato dal potere di ognuno di dare la morte a ognuno, l’uomo concreto è

diventato l’incarnazione dell’uomo hobbesiano. Uno schema teorico si è fatto carne viva. La

mia e la tua carne. La nostra. Ma, questa volta, l’uomo hobbesiano può riapparire in

coordinate molto diverse da quelle hobbesiane. È infatti proprio qui, su questo abisso del

pericolo, che può nascere, anche per noi, l’evento che ci salva (Hölderlin).

Vediamo perché.

Se l’altro può disporre di me e di tutti, anche io posso disporre di lui e di tutti. Il paradosso ha

due facce:

1. Ognuno può disporre di ognuno e, al tempo stesso, nessuno è separabile da nessuno;

2. ogni fattore può scatenare ogni altro fattore e nessuno di essi può essere separato da nessun

altro.

Una situazione epocale come questa non era mai accaduta. In una tale possibile geografia del

terrore e della prossimità, l’alternativa ultima si dà – oggi – fra la tragedia e la fides. Siamo

tutti improvvisamente precipitati nel dilemma – teorico e pratico – del prigioniero.

L’emergere della teoria dei giochi di Nash può essere un illuminante commento a tutto ciò.

Si pensi , in proposito, al fatto inconsueto per cui nelle scienze dure incomincia a porsi con

forza la cittadinanza epistemologica – direi matematica – della fiducia. Della fides.

Page 15: La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel ... · 1 La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel tempo della velocità. L’anacoluto della pietra scartata

15

Sull’asse del mio singolare c’è direttamente l’universale. Ciò che accade in me e ciò che

decido di me accade nel mondo e decide del mondo. Per me passa la falda profonda che può

decidere di tutti.

Si tratta di capire, a questo punto, l’aforisma di Friedrich Nietzsche sulla ‘volontà di potenza’

meglio e più a fondo di lui stesso. Nietzsche, come è noto, pensava che, nel mondo dell’eterno

ritorno, chi decide dell’ora decide del futuro, perché il futuro perennemente ritorna. Noi

dobbiamo, in proposito, saper pensare, più a fondo di lui, che chi decide nel mondo iperveloce

di oggi decide – e anche senza saperlo – non solo di sé, ma di tutti – e non solo nel mondo

dell’eterno ritorno, ma nel mondo del futuro che è già qui.

Si tratta, forse, in questo punto, di scavare più a fondo nella memoria di Agostino d’Ippona.

Perché la memoria è legame. Ed è legame non solo col passato ma col futuro. Perché è

memoria non solo del passato, ma del futuro. E – potremmo forse aggiungere ancora – il

‘futuro che è già qui’ è, nel suo tessuto, memoria di ognuno di noi e del nostro irrimediabile

legame.

In un tale orizzonte, l’essere umano singolo – concreto, piccolo, nano – rivela agli altri e a se

stesso la sua importanza. Si tratta di una ‘importanza’ da assumere in una significazione non

enfatica, ma radicale. Si tratta di un’importanza nel senso di ciò che ‘importa’, in se stessa la

vita di tutti e di ognuno, proprio mentre la vita di tutti e di ognuno ‘importa’in se stessa questa

singola vita. E si tratta di un’importanza da intendere non in senso etico, ma in senso

epistemologico. In quel singolo ‘ ne va’di tutti e di ognuno, proprio mentre in tutti e in

ognuno ‘ne va’ di lui. E� in questa ‘importanza’ di livello epistemologico il nocciolo onto-

epistemologico della dignità di quel singolo. Dignità, ripetiamo, non etica, ma onto-

epistemologica. Dignità come importanza onto-epistemologica. Qui è la sua dignità prima. La

sua maiestas. E� solo su questa base, in un passo mentale secondo e successivo, che potrà

parlarsi di dignità in senso etico, qualora si sposi l’idea che ciò che è epistemologicamente

irresistibile deve essere anche assunto come valorialmente positivo e da salvaguardare. Il

singolo - concreto, piccolo, nano – che all’incrocio dei paradossi contemporanei della velocità

si rivela un irresistibile centro in cui ‘ ne va’ di tutto, eleva qui la sua forza erga omnes,

rispetto alla quale ogni sistema – politico, giuridico, teoretico – è messo in radicale

discussione. E� questo il terreno specifico della dignità della singola persona. Dei suoi Diritti

fondamentali. Del suo luogo carnale come centro di possibile falsificazione permanente di

ogni sistema che, pur dichiarando di prevederlo lo neghi.

Una tale ‘importanza’ del singolo è, nei confronti della grammatica di ogni sistema, un

anacoluto. Perché la grammatica di ogni sistema assume per sua regola costitutiva che ogni

Page 16: La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel ... · 1 La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel tempo della velocità. L’anacoluto della pietra scartata

16

suo elemento è seriale, mai qualitativamente unico. In relazione a una tale grammatica di

sistema l’importanza del singolo come unico e nuovo è un anacoluto. Ma nella visione nuova

dell’importanza radicale del singolo – di ogni singolo – un tale anacoluto, pietra scartata, si

pone al centro del sistema e di ogni discorso su di esso.

Osserviamo. Se al variare degli spazi e dei tempi variano le velocità e se al variare delle

velocità varia il grado di compattezza della ragione, ciò significa pure che al crescere delle

velocità la ragione diventa sempre più contratta e più densa: per così dire, si restringe. Perché

anche le distanze interne fra le sue articolazioni si fanno prossime fra loro.

Ciò produce un effetto nuovo e straordinario. Se infatti al crescere della velocità si contrae e si

condensa il corpo della ragione, ciò sprigiona una crescita di velocità in ogni articolazione

della ragione stessa, e quindi una crescita della specifica potenza implicata in questa velocità,

se e in quanto la velocità è una componente della potenza, essendo essa il prodotto della forza

per la velocità.

Come in un rapporto tra grandezze che si pongano fra loro in inversa proporzionalità, al

crescere della velocità al numeratore e al decrescere del volume della ragione al

denominatore, emerge un fatto che dà straordinariamente a pensare: per ogni articolazione

della ragione cresce la sua ‘capacità di velocità, e quindi di potenza. Si tratta, in realtà, della

crescita delle possibilità energetiche che, nelle nuove condizioni critiche date, la velocità fa

emergere dal corpo della ragione. Ossia: al crescere della velocità e al necessario conseguente

compattarsi della ragione, non può non seguire lo sprigionarsi, da una tale ragione, di una

crescita di potenza in ogni unità della sua articolazione.

Se è quindi vero, da un lato, che la velocità fa contrarre il corpo della ragione, questa

medesima velocità, d’altra parte, sprigiona dalla ragione stessa nuove straordinarie possibilità.

Si osservi. Questo rapporto tra variazioni di funzioni che tendono al limite, appare come una

derivata matematica. La nuova derivata dei tempi nostri diventa, in questo senso, lo

sprigionarsi di nuove, straordinarie, nascoste possibilità. Possibilità che, nascenti dal corpo

più coeso della ragione, si pongono come potenze pure. Forse, in un tale orizzonte di senso, la

derivata emergente da questi rapporti va intuita con uno sguardo nuovo. Perché essa può

costituire la misura di ciò che non avevamo ancora immaginato. La derivata dei tempi nuovi

può misurare, infatti, la speranza. È essa stessa un nome possibile della speranza.

Page 17: La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel ... · 1 La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel tempo della velocità. L’anacoluto della pietra scartata

17

Domandiamoci. Chi è e che cosa diventa l’essere umano concreto alla nuova frontiera dei

paradossi? Diventa l’atto di esistere unico, relazionato, profondo, non riducibile all’atto della

sua specie.

Karl Popper notava che esiste una colossale e paradossale asimmetria fra una teoria

scientifica e un singolo fatto.

Occorrono, infatti, decenni, anche interi secoli, di fatti, per costituire una teoria scientifica,

laddove basta un singolo fatto – il nano d’un singolo fatto – per falsificare una teoria. Noi

vorremmo trasferire una simile intuizione in altro contesto. Vediamo. Occorrono secoli di

osservazioni e di sperimentazioni per costituire una ragione scientifica, un ordinamento

giuridico, un assetto razionale ed etico, eppure basta il vissuto di un singolo – la dignità di un

singolo nano – a falsificare quella ragione scientifica, quell’ ordinamento giuridico,

quell’assetto razionale ed etico.

La dignità di ogni persona e di ogni vissuto deve essere il nuovo baricentro – teorico e pratico

– per misurare e per costruire, per oggi e per domani.

È la rivoluzione necessaria del XXI secolo. È ciò a cui chi vi parla ha dato il nome di

‘giuspersonalismo’.

Questo criterio radicale batte in breccia ogni facile democrazia di facciata e ogni banale

principio di maggioranza: perché sa che la ‘maggioranza’ può essere la semplice maschera di

pochi, agitata come strumento persuasorio verso i molti, proprio mentre opprime i deboli e

proprio mentre si avvale degl’inerti e dei paurosi.

Nei nostri giorni rivisitiamo continuamente la memoria dei campi di sterminio. Signori,

quell’evento è sempre possibile in forme nuove. È sempre di nuovo in agguato. La più

pericolosa delle illusioni ha due forme: quella di sentirsene per sempre vaccinati e quella di

credere che il suo ritorno sia possibile solo nelle vecchie forme. Avere l’intelligenza e la

fantasia di riconoscerne le forme nuove è uno degl’irrinunciabili compiti della filosofia.

Non si dimentichi, d’altra parte, una questione cruciale: la ‘persona’ è profonda non solo in

quanto, essendo singolarità, è imprendibile dal concetto, e non solo in quanto, essendo un

‘possibile’, è inesauribile dal concetto stesso, ma in quanto, essendo un vissuto, non potrà mai

da un qualsiasi concetto essere ‘mentalmente raddoppiata’, ‘intellettualmente clonata’,

‘noeticamente replicata’. Il vissuto e il suo atto di esistere non possono in alcun modo essere

dall’esterno di uno sguardo mentale riprodotti e rispecchiati. Il che, d’altra parte, non pone la

persona ai margini del discorso, ma – al contrario – al centro di ogni architettura concettuale e

giuridica che sappia e voglia mirare al suo limite come al suo senso.

Page 18: La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel ... · 1 La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel tempo della velocità. L’anacoluto della pietra scartata

18

Occorre, oggi, perciò, assumere come criterio nuovo e radicale non solo il visto ma il vissuto.

Adottando come principio cruciale di base la cura di sé e dell’altro: nelle scienze, nei saperi e

nella vita.

Questa rivoluzione di baricentro e di assi dice l’asimmetria insuperabile esistente fra la

dignità di un solo essere umano concreto – fra una sola ‘persona’ – e una qualsivoglia

‘ragione’ democratica – o, peggio, scientifica – che ne violi i limiti di soglia.

Questa rivoluzione esprime un rovesciamento senz’appello del paradigma tradizionale della

ragione. In nome dell’essere umano concreto – la ‘persona’ – còlto nella sua dignità di atto di

esistere unico, relazionato, profondo.

Perché la dignità di uno solo non è mai luogo separato dagli altri, ma direttamente bene

comune.

Qui, nel contesto di tali paradossi, l’essere umano concreto si rivela due cose: perché è, al

tempo stesso, misura e senso dell’intero sistema e suo autore (non in senso enfatico, ma

reale).

Questa rivoluzione non è stata dettata dal nostro buon cuore, ma dagli stessi paradossi che la

storia umana e scientifica sta accumulando sotto i nostri occhi come il progresso accumula

macerie sotto lo sguardo dell’angelo di Benjamin. Questa rivoluzione è dettata dalla nostra

necessità di decidere fra l’abisso e la speranza. È una rivoluzione nella qualità del pensare e

dell’agire. Una svolta epistemologica e valoriale.

Signori, Giambattista Vico è stato il Cristoforo Colombo della ragione: egli ha scoperto, a una

seconda e a una terza potenza, che viaggiando verso il futuro, viaggiamo, al tempo stesso,

verso il nostro più profondo passato.

Nella vulgata vichiana si dice che nei ‘corsi’ e ‘ricorsi’ di Vico si tratta non di una semplice

ripetizione del percorso ma, piuttosto, di una struttura a spirale, in cui un cammino si rinnova

lungo un ritmo di tornanti che si dànno a livello sempre più alto.

Una tale prospettiva è, ad avviso di chi vi parla, sbagliata, o almeno parziale. Perché questo

procedimento a spirale può esser visto non solo a salire ma a scendere: verso il limite

(matematico) del vertice profondo verso cui discendiamo nelle nostre sempre più contratte

prossimità.

Noi discendiamo in un ascensore che progressivamente si restringe, contraendosi nelle sue

distanze molecolari.

Page 19: La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel ... · 1 La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel tempo della velocità. L’anacoluto della pietra scartata

19

È qui che occorre imparare virtuosamente dagli undici paradossi di cui dicevamo. Per

comprendere con intelligenza le nuove forme di possibilità e per diventare capaci delle nuove

decisioni.

Sono a tutti note le trasformazioni paradossali che si avrebbero nel reale se il mondo percepito

riducesse le sue dimensioni: passando, ad esempio, da tre a due dimensioni, o da quattro a tre.

Nascerebbero fenomeni di concentrazione di dimensioni, con trasformazioni straordinarie e

inaudite. Un elefante, ad esempio, passando da tre a due dimensioni, potrebbe diventare un

insieme di macchie circolari proiettate su un unico piano.

Noi siamo oggi chiamati, nel mondo delle prossimità strutturali, a raccogliere, per certi versi,

una sfida come questa. Forse anche per questo appare sempre più sintonizzata col tempo

nostro la logica concentrata dello stile aforistico come luogo delle contaminazioni essenziali.

C’è un compito urgente a cui essere adeguati, oggi. La ragione deve riuscire ad eleggere per

sua costante stella polare e per sua leva di Archimede l’essere umano concreto, singolare: la

dignità epistemologica del suo vissuto. E deve imparare a farlo non per semplice scelta, ma

per necessità. Dopo la ‘rivoluzione copernicana’ di Kant che mette al centro l’uomo, bisogna

realizzare una rivoluzione copernicana alla seconda potenza, che mette al centro l’essere

umano concreto, singolo: la ‘persona’.

In un noto saggio, Gyorgy Lukàcs, criticando a fondo gl’intellettuali degli anni Trenta,

affermava che essi si baloccavano con fanfaluche da salotto mentre il mondo tragicamente

franava in un grand Hotel Abisso.

Oggi noi siamo, ad attori cambiati, in un teatro di eventi che, nel bene e nel male, ha tanto di

uguale a quello passato. In questo senso, noi siamo chiamati a capire, dopo Colombo e Vico,

l’attuale contrarsi del mondo in un nuovo cosmo di fattori. In un tale rapporto fra variazioni

di funzioni che tendono al loro asintotico limite, si aprono nuove grandezze, nuove derivate,

nuove possibili misure. Noi potremmo riuscire a vedere il ‘misurato’ – gli oggetti misurati –

sotto altra luce: se e in quanto essi possono essere visti come le derivate della complessità,

della pietas e della speranza.

In questo rapporto funzionale tra variazioni di funzioni che tendono al limite asintotico,

infatti, si apre un rapporto fra variazioni di funzioni e contrazioni della ragione che tende al

limite dell’infinito. Qui, nell’emergere di questo limite, lo dico anche a matematici e a fisici, si

apre, ingigantita, come nuova grandezza, la possibile derivata di uno speciale rapporto: là

dove una derivata può misurare l’intensità del legame, il valore della pietas e la forza della

speranza.

Page 20: La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel ... · 1 La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel tempo della velocità. L’anacoluto della pietra scartata

20

Signori, il genoma può essere manipolato. Un meteorite può impattare con la Terra. Il polo

nord nel 2050 si scioglierà? Per conseguenza, i mari si eleveranno di sette metri e tutti saremo

inondati? Osserviamo. Non c’è mai stato un mondo in cui il futuro sia stato tanto prossimo

all’oggi. Il futuro è già qui. È il nostro convitato di pietra. Nel tempo della velocità, ormai, io

sono costretto a decidere al posto di chi domani sarà vittima al mio posto. C’è da domandarsi:

avrò l’altezza mentale, l’intelligenza prospettica e la capacità responsabile per poter

trasferire e rappresentare – oggi qui – il vissuto del mio postero nel mio vissuto?

Osserviamo. La ragione scopre, nel mondo della velocità, un suo limite intrinseco: là dove

deve fare i conti con quella cura per la vita che ha il volto dell’altro, col suo richiamo

silenzioso, col suo pudore: con quella ‘pietas’ che è il segreto rispetto della dignità.

Nel mondo del proclamato relativismo – quasi sempre giocato sul puro piano delle opinioni –

c’è un male massimo che non può essere relativizzato, perché comanda senz’appello a ogni

comportamento e opinione di non tollerarlo. Il male massimo non può essere relativizzato, né

tollerato. Come non può essere relativizzato il dolore. Il doleo richiama sempre, per sua

intrinseca forza, il con-doleo – anche quando ne abbiamo sepolto le tracce nella

spettacolarità. E il condoleo richiama, da sempre, il legame.

Ciò significa che l’attenzione verso l’altro va, oggi, approfondita e cambiata: non occorre solo

lo sguardo ‘scientifico’ in quanto servizio verso il ‘visto’, ma occorre, allo stesso tempo, lo

sguardo ‘ospitale’ (scientifico anch’esso) in quanto risonanza del vissuto altrui. Non a caso,

Giambattista Vico parlava della ‘pietà’ come intrinseca nel ‘sapere’ e individuava due pilastri

nell’essere dell’uomo: il pudore e la libertà.

Si osservi. L’essere umano concreto non è solo bisogni, ma possibilità. In un tale contesto, la

ragione non deve solo riconoscere necessità, ma aprire varchi. Non deve solo constatare

dignità, ma liberare speranza. Perché è la speranza la forza maieutica delle possibilità sepolte

e la possibile rimessa in valore del loro senso, della loro ansia di espressione.

Riconoscere i soli bisogni è limitarsi a guardare una dignità povera, rastremata sul filo dello

zero. Occorre dare speranza – cioè varchi, spazi e ali alle possibilità. Perché la persona possa

sentirle in se stessa svegliarsi ed esplodere di vita.

Chi è che può e deve far questo, se non la Scuola, l’Università, le comunità civili, lo Stato?

Non sono la scuola e le comunità civili la memoria dei legami e la liberazione dei talenti?

In ogni persona vivono possibili tesori. E la nostra domanda responsabile è: li lasciamo sepolti

o li esaltiamo?

Dicevamo che Giambattista Vico ci ricorda, alla fine della Scienza nuova, come, se non si ha

pietas, non possa esserci nemmeno sapere. E Walter Benjamin, a sua volta, ci ricorderà che

Page 21: La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel ... · 1 La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel tempo della velocità. L’anacoluto della pietra scartata

21

alle forze dell’uomo concreto del tempo antico mancava ciò che non potrà mai più mancare al

nostro tempo: elpìs, la speranza. A questa speranza noi non potremo più rinunciare, perché

essa, scoperta, fa parte ormai per sempre di noi. Che cosa è, infatti, ancora la speranza? È la

memoria ricca del nostro essere – nell’itinerario del tempo – legati a ciò che potremo essere e

non ancora siamo.

Osserviamo. Nel mondo della velocità strutturale i limiti della ragione non si rivelano più

esterni, ma interni al suo statuto. La ragione scientifica viene a conosce limiti in cui

sperimenta, al tempo stesso, una restrizione di ambizioni e un allargamento di possibilità.

Come è noto, Ludwig Wittgenstein ha scritto che anche i pensieri hanno un prezzo: il

coraggio. Non ci sarà più – oggi – pensiero senza il coraggio di guardare le nuove necessità

della ragione. Occorre, infatti, oggi riuscire a guardarla così come è stata ridisegnata da queste

nuove, epocali prossimità che ci avvincono come un destino. Solo a questo prezzo potremo

finalmente trovare la forza delle ali.

Ciò significa – in definitiva – una sola, importantissima cosa. Occorre rimettere l’essere

umano concreto al centro delle scienze e della vita. Per recuperarne, contro la frantumazione

degli sguardi scientifici, l’unicità. Contro l’insufficienza degli sguardi scientifici, la

profondità. E, contro la separazione delle scienze dal loro fine profondo, il senso.

Nel mondo delle prossimità strutturali, in cui tutte le separazioni sono saltate, occorre

finalmente educarsi a un nuovo possibile sguardo, come si farebbe uscendo dal buio di una

camera oscura. Per riconoscerne bisogni e possibilità. Ossia dignità e speranza.

La velocità come fattore strutturale stringe ogni cosa in legami di prossimità. Una simile cosa

nel mondo non era mai accaduta. In queste condizioni ultimative, le nuove frontiere della

ragione sono diventate la complessità, il pudore, la fiducia e la pietas.

Che cos’è il ‘pudore’? È, nei confronti dell’altro, il sacro timore dei confini e il sentimento

della linea dell’alt. Per un tale pudore, io non posso andare oltre un certo limite nei tuoi

confronti né tu nei miei. E non si tratta del puro criterio minimo di un domestico buon

vicinato: è un crinale di civiltà. E che cos’è mai la pietas? È la forza che sente e soccorre,

nella percezione della condivisa fragilità, la dignità.

Giambattista Vico nel De Uno sottolineava che la parola latina fides viene da corda. La fides,

infatti, è corda, laccio, legame. Ma la corda ha due volti. Essa tiene vincolati agli altri e alla

memoria. Ma ha anche un’altra, non meno importante, funzione: essa può essere lanciata per

chiedere e stabilire un legame con l’altro e col possibile futuro. Così come fa l’alpinista o così

Page 22: La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel ... · 1 La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel tempo della velocità. L’anacoluto della pietra scartata

22

come si fa nei rapporti a cui è necessario aprirsi per realizzare una svolta. Il ‘credere’ della

fides non è solo il legame col passato, ma l’atto del nuovo legame col possibile futuro.

Il mondo delle stringenti prossimità strutturali, rovesciandosi in un nuovo modo di capirlo,

può liberare senso del legame e speranza.

Siamo nel dilemma paradossale del prigioniero. Per ragioni della ragione e non per moventi

extrarazionali, o rinasce la fides – una reciproca fides – o si muore. Occorre oggi compiere ciò

che è proprio della libertà come riapertura di un inizio nuovo: occorre riaprire il tempo nuovo

in cui dare dignità alla speranza e speranza alla dignità.

Si noti. I paradossi individuati scavano l’identità dell’uomo contemporaneo come nel lavorìo

geologico di una maieutica epocale: fanno balzare dalla vita di tutti l’essere umano concreto e

singolare che ognuno di noi è. Non solo col suo ‘visto’, ma col suo ‘vissuto’. L’essere umano

concreto. Unico. Relazionato. Profondo. Radicato in un gruppo, in un territorio, in una

comunità di vita e di lavoro.

Signori, occorre avere oggi il coraggio di dirlo: in ogni rapporto fra i saperi che non abbia

dimenticato il sapere del senso, circola da sempre una segreta cifra del sacro. In questa cifra

potrà forse scoprirsi, alla fine del percorso, una cosa strana e illuminante: che il nucleo di

senso più profondo dei saperi dell’uomo è custodito dalla poesia. Perché – lo si sappia o no –

nella poesia ne va della vita e della morte, della fragilità e della pietas, della bellezza e del

senso, della speranza, del pudore e della libertà.

Possiamo rispondere, ora, meglio alla nostra domanda iniziale. Il volume della sfera c’entra

profondamente con la carezza di una farfalla, semplicemente perché è l’altro volto della

farfalla. E perché nel mondo delle prossimità strutturali la matematica e la bellezza si rivelano

finalmente la medesima cosa. In questo mondo noi siamo chiamati a riprenderci noi stessi, e

la speranza è la necessità che ci spinge a cercare il coraggio delle ali.

Si guardi. Perché dal bruco emerga la farfalla noi viviamo, stiamo insieme, lavoriamo,

soffriamo, siamo in letizia, facciamo scienza e sviluppiamo ricerche.

Albert Camus ha scritto: “Se dobbiamo rassegnarci a vivere senza bellezza e senza la libertà

che essa significa, il mito di Prometeo […] è uno di quelli che ci ricorderanno che ogni

mutilazione dell’uomo può essere soltanto provvisoria e che non si serve in nulla l’uomo se

Page 23: La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel ... · 1 La dignità della persona all’incrocio di paradossi nel tempo della velocità. L’anacoluto della pietra scartata

23

non lo si serve tutto intero”4. Prometeo ricorda all’uomo l’intero. E non c’è intero, senza la

filosofia, senza l’arte e la poesia.

Perché – è ancora Albert Camus che ci parla – “tutto ciò che gli uomini fanno per la libertà, in

realtà non lo fanno che per la bellezza”5.

Giuseppe Limone, Professore Ordinario di Filosofia del Diritto e della Politica presso la

Seconda Università degli Studi di Napoli. Telefono: 347 56 42 638 - 081 195 57 851.

Indirizzo: via Posillipo, 110, 80123, NAPOLI (ITALY)

ABSTRACT:

La “dignità” non può essere pensata se non in un costitutivo nesso con la persona. La

dignità della persona si pone oggi su basi radicalmente nuove che riguardano non

soltanto il terreno etico, ma, ancor prima, quello epistemologico. Ciò significa partire da

undici cruciali paradossi teorici e pratici che attraversano il mondo contemporaneo. A

partire da questi paradossi, strettamente legati al problema della velocità, l’importanza

della persona acquista significati nuovi e decisivi, anche spaesanti. L’anacoluto della

”pietra scartata” viene a collocarsi inevitabilmente al centro della questione.

4 Albert Camus, L’estate e altri saggi solari, Bompiani, Milano, 2003, p. 72. 5Albert Camus, L’estate e altri saggi solari, Bompiani, Milano, 2003, p. 82.


Recommended