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LA GERARCHIA DEL DENARO: SUCCESSIONI E PATRIMONI … · - le dichiarazioni di successione...

Date post: 17-Feb-2019
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LA GERARCHIA DEL DENARO: SUCCESSIONI E PATRIMONI A CATANZARO NEL XIX SECOLO Daniela Luigia Caglio ti 1. L'analisi dei patrimoni e della distribuzione della ricchezza, le scelte, i com- portamenti economici, la natura degli investimenti dell'elite nobiliare e bor ghese italiana nell'Ottocento e il modo in cui queste scelte e questi comportamenti si sono ripercossi sul piano politico ed economico sono diventati, da alcuni anni, oggetto di ampie e sistematiche ricerche 1 . Ciò è dovuto in gran parte alla scoperta di una fonte - le dichiarazioni di successione dell'Ufficio del Registro 2 da molti anni utilizzata in Francia 3 e, in diversa maniera, in Gran Bretagna' 4 , ma soprattutto all'interesse per un gruppo sociale — la borghesia — del quale, in coincidenza con un dibattito che sta animando le sto- 1 Si fa qui riferimento a A.M. Bar»ti, Ricchezza e potere. Le dinamiche patrimoniali nel la società lucchese del XIX secolo, in «Quaderni storici», 1984, n. 56, pp. 385-432; Id., Terra e denaro. Una borghesia padana dell'Ottocento, Venezia, 1 989, pp. 21- 34 in parti colare; A. D'Argenio, Elude sur les sources successorales et notariales: la distribution pa trimoniale à Bénévent entre 1876 et 1905, in «Mélanges de l'Ecole Francaise de Rome, Moyen Age-Temps Modernes», 97, 1985, pp. 381-398; P. Macry, Ottocento. Famiglia, élites e patrimoni a Napoli, Torino, 1988, e Id., La città e la società urbana, in Storia d'Italia, Le regioni dall'Unità a oggi, La Campania, a cura di P. Macry e P. Villani, To rino, 1990, pp. 134-144 in particolare. 2 Sulla natura e le caratteristiche di questa fonte cfr. A.M. Banti, Una fonte per lo stu dio delle élites ottocentesche: le dichiarazioni di successione dell'Ufficio del Registro , in «Rassegna degli archivi di Stato», 1983, pp. 83-118., 3 Il libro più rappresentativo di questo filone di ricerche è sicuramente Les fortunes francaises au XlXe s iede, ed. par A. Daumard, Paris, 1973, che raccoglie cinque studi sui patrimoni e la distribuzione della ricchezza in alcune città francesi del XIX secolo. Un quadro più completo delle ricerche francesi su questi temi si ha in A. Daumard, Problemi relativi allo studio della borghesia francese nel XIX secolo, in «Quaderni storici», 1984, n. 56, pp. 517-547, Per una critica di questo tipo di lavori, ancora oggi va- lida, cfr. E. Grendi, // «daumardismo»: una via senza uscita?, in «Quaderni storici», 1975, n. 29- 30, pp. 729-737. 4 Cfr. per tutti W.D. Rubinstein, Men of property. The very wealthy in Britain since the industriai revolution, London, 1981. La ricerca sui milionari inglesi di Rubinstein si basa sui proba te records , una fonte solo per alcuni versi analoga alle successioni francesi e italiane.
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LA GERARCHIA DEL DENARO: SUCCESSIONI E PATRIMONI A CATANZARO NEL XIX SECOLO

Daniela Luigia Caglio ti

1. L'analisi dei patrimoni e della distribuzione della ricchezza, le scelte, i com-portamenti economici, la natura degli investimenti dell'elite nobiliare e borghese italiana nell'Ottocento e il modo in cui queste scelte e questi comportamenti si sono ripercossi sul piano politico ed economico sono diventati, da alcuni anni, oggetto di ampie e sistematiche ricerche1. Ciò è dovuto in gran parte alla scoperta di una fonte - le dichiarazioni di successione dell'Ufficio del Registro2 — da molti anni utilizzata in Francia3 e, in diversa maniera, in Gran Bretagna'4, ma soprattutto all'interesse per un gruppo sociale — la borghesia — del quale, in coincidenza con un dibattito che sta animando le sto-

1 Si fa qui riferimento a A.M. Bar»ti, Ricchezza e potere. Le dinamiche patrimoniali nel la società lucchese del XIX secolo, in «Quaderni storici», 1984, n. 56, pp. 385-432; Id., Terra e denaro. Una borghesia padana dell 'Ottocento, Venezia, 1989, pp. 21-34 in parti colare; A. D'Argenio, Elude sur les sources successorales et notariales: la distribution pa trimoniale à Bénévent entre 1876 et 1905, in «Mélanges de l'Ecole Francaise de Rome, Moyen Age-Temps Modernes», 97, 1985, pp. 381-398; P. Macry, Ottocento. Famiglia,

élites e patrimoni a Napoli, Torino, 1988, e Id., La ci ttà e la società urbana, in Storia d'Italia, Le regioni dall'Unità a oggi, La Campan ia, a cura di P. Macry e P. Vil lani , To rino, 1990, pp. 134-144 in particolare. 2 Sulla natura e le caratteris tiche di questa fonte cfr. A.M. Bant i, Una fonte per lo stu dio del le élites ot tocentesche: le dichiarazioni di successione dell 'Uff icio del Registro , in «Rassegna degli archivi di Stato», 1983, pp. 83-118., 3 Il libro più rappresentativo di questo filone di ricerche è sicuramente Les fortunes francaises au XlXe s iede, ed. par A. Daumard, Paris, 1973, che raccoglie cinque studi sui patrimoni e la dis tribuzione della ricchezza in alcune città francesi del XIX secolo. Un quadro più completo delle ricerche francesi su questi temi si ha in A. Daumard, Problemi relat ivi allo studio della borghesia francese nel XIX secolo, in «Quaderni storici», 1984, n. 56, pp. 517-547, Per una critica di questo tipo di lavori, ancora oggi va-l ida, cfr. E. Grendi, // «daumardismo»: una via senza usci ta?, in «Quaderni storici», 1975, n. 29-30, pp. 729-737. 4 Cfr. per tutti W.D. Rubinstein, Men of property. The very wealthy in Britain since the industr iai revolution, London, 1981. La ricerca sui milionari inglesi d i Rubinstein si basa sui proba te records , una fonte solo per alcuni versi analoga alle successioni francesi e italiane.

riografìe di altri paesi5 , si sta cercando di ricostruire la formazione, le articolazioni e il ruolo giocato nella società italiana, soprattutto a partire dall'Unità. La ricerca che qui si presenta si propone di offrire un quadro sintetico della dinamica patrimoniale in un medio centro dell'Italia meridionale -Catanzaro - negli anni che vanno dall'Unità d'Italia al primo decennio del XX secolo, e di sottoporre a verifica un paradigma interpretativo fortemente radicato e che è sotteso a gran parte del dibattito storiografico di questi anni, secondo cui la borghesia italiana, nelle sue diverse varianti regionali e cittadine, si caratterizza oltre che per la sua tradizionale debolezza, per la propensione ad imitare comportamenti economici di stampo nobiliare, per la tendenza, cioè, a privilegiare la rendita fondiaria e con essa uno stile di vita «aristocratico» invece di rischiare il proprio denaro in attività economiche di tipo imprenditoriale e spesso più remunerative della terra. L'immagine dei ceti dirigenti catanzaresi che è stata ricostruita attraverso le dichiarazioni di successione è sicuramente parziale e per molti versi ambigua. Il quadro che emerge dal successorio tende ad enfatizzare l'immobilità e la continuità di certe scelte di fronte ai cambiamenti che pure si riscontrano in una società bloccata come quella catanzarese. La natura fiscale della fonte poi tende a dare più rilevanza alle quote immobiliari dei patrimoni che non a quelle mobiliari: molti beni si occultano, vengono sottratti con una miriade di espedienti alla valutazione degli uffici, vengono sottostimati all'atto della denuncia6 . Il livello e la struttura del patrimonio non possono essere i soli indicatori usati per definire il carattere dell'elite e la razionalità economica o le motivazioni psicologiche che stanno dietro a certe scelte individuali. La formazione di un patrimonio va analizzata diacronicamente, sia in relazione al ciclo economico che al ciclo di vita di una famiglia e di un individuo. Né possono essere ignorati Ì modi in cui si realizza la gestione e la trasmissione patrimoniale e tutte quelle strategie non direttamente economiche ad essa connesse. Ma questo tipo di analisi implica necessariamente il passaggio da un'indagine quantitativa, come quella qui proposta, ad una a scala individuale in cui le scelte e i comportamenti dei singoli sono ricostruiti in rapporto al contesto in cui si realizzano e alle relazioni da cui scaturiscono7 .

5 Per un quadro sintetico e aggiornato del dibat tito europeo sul tema cfr. per tutti Borghesie europee dell'Ottocento, a cura di J. Kocka, Venezia, 1989. 6 Per un'analisi di alcuni dei limiti e delle t rappole del successorio si vedano le vicende patrimonial i della famiglia Le Piane in D.L. Caglioti , Ascesa e decl ino di una famiglia nobiliare in una provincia del Mezzogiorno nel XIX secolo, di pross ima pubblicazione, pass im. 7 Per un'anal isi di questo t ipo cfr. R. Romanelli, Famiglia e patrimonio nei comportamenti del la nobiltà borghese del l'Ottocento, in Palazzo de Larderei a Livorno, a cura diL. Frattarelli Fischer e M.T. Lazzarini, Milano, 1992, pp. 9-27.

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2. Le dichiarazioni di successione utilizzate per questo lavoro sono tutte quelle presentate all'Ufficio del Registro di Catanzaro dagli eredi di persone residenti in questo comune e decedute in due diversi periodi e cioè gli anni che vanno dal 1876 al 1879 e quelli tra il 1902 e il 19058 . In considerazione del fatto che la legge prevedeva un periodo di sei mesi dalla morte per effettuare la denuncia, del campione fanno parte anche un certo numero di fascicoli pervenuti all'Ufficio del Registro nei primi mesi del 1880 e del 1906 e relativi a persone morte nell'anno precedente. Il fondo delle dichiarazioni di successione è ancora conservato dall'Ufficio del Registro di Catanzaro. I fascicoli si trovano in un discreto stato di ordinamento e conservazione anche se la loro consultazione è difficilissima. Il materiale è infatti collocato in locali pressoché in agibili e totalmente inadatti a qualsiasi attività di studio. L'ordinamento è cronologico. La serie ha inizio nel 1862 e prosegue senza interruzioni e lacune. Quasi tutte le buste sono provviste, in genere all'inizio, di un indice nominativo dei dossier. Ogni dichiarazione contiene la descrizione dei beni del defunto e dei pesi che gravano sulla sua eredità e tutti quei documenti (testamenti, contratti dotali, di compravendita, donazioni, inventari, perizie ecc.) considerati utili ai fini della valutazione patrimoniale e della determinazione delle quote ereditarie. In alcuni casi, e cioè laddove l'Ufficio ha effettuato autonomamente controlli e accertamenti, la documentazione è accresciuta dalle perizie e dalle ricerche promosse dall'amministrazione, nonché da tutte quelle carte relative al contenzioso tra eredi e amministrazione pubblica per stabilire un diverso valore della successione. Questi casi in verità non sono molti. L'Ufficio del Registro di Catanzaro sembra infatti fidarsi, in generale, delle denunce fatte dagli eredi e dà il via alla procedura di accertamento solo in due casi nel primo periodo - 1876-1879 - e in quattro occasioni nel secondo9. La schedatura comprende 108 fascicoli per il

8 II materiale qui usato è in gran parte frutto del lavoro della dott. Amalia Angotti che, dopo averlo analizzato nel la sua tesi di laurea dal titolo L'eli te patrimoniale di Catanzaro attraverso gli att i di successione: 1876-1922, Univers ità degl i studi di Pisa, Facoltà di lettere e filosofìa, a.a. 1984-1985, relatore prof. R. Romanel li, mi ha, con grande disponibilità e cortesia, concesso di adoperarlo. 9 Si tratta delle dichiarazioni di successione di Domenico De Cumis e di Fi lippo De Salazar, entrambi nobil i e possidenti, nel primo periodo e di Vitaliano Ferragina, Ernesto Le Piane, Domenico Le Piane e Alfonso De Riso nel secondo. Il primo è un avvocato, gli al tri nobili e possidenti. Archivio dell'Ufficio del Registro di Catanzaro (d'ora in poi AURCZ), Successioni, b. 27, n. 55 (De Salazar); b. 24, n. 29 (De Cumis); b. 89, n. 64 (Ferragina); b. 95, n. 9 (Domenico Le Piane); b. 91-L n. 37, b. 93 -III, n. 84 e b. 95-III, n. 81 (Ernesto Le Piane); b. 87, n. 49 (De Riso). Nei primi cinque casi la maggiore s tima attribuita dall'ufficio è stata inserita nella voce aumenti; nel sesto accertamen to di valore, quello effettuato sulla dichiarazione del barone Alfonso De Riso, che passa da un valore di 294.400 lire ad uno di 441.400 l ire, è stato invece possibile

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primo periodo e 208 per i! secondo, pari rispettivamente al 3 ,4 e al 5,5% dei morti a Catanzaro in quegli anni10. Si tratta di percentuali particolarmente basse sia in assoluto sia se messe a confronto con quelle di altre realtà urbane di taglia analoga, del Mezzogiorno e non, come Benevento e Lucca11. La stragrande maggioranza della popolazione catanzarese non presenta quindi alcuna dichiarazione. Forse riesce ad occultare al fisco una parte delle proprie sostanze, soprattutto quelle mobiliari12, ma più probabilmente versa in un terribile stato di indigenza. Il dato è interessante soprattutto se confrontato, come faremo più avanti, con quello sulla distribuzione della ricchezza e denota l'esistenza di una piramide con una base larghissima, di un ristrettissimo gruppo di benestanti e di un ancor più sparuto gruppo di «ricchi». Le cifre calcolate nelle tabelle sono relative al totale lordo concordato. In alcuni casi, come già detto, l'amministrazione, dopo vari accertamenti, aumenta i valori dichiarati di una somma forfettaria, senza cioè scorporarla per le singole partite attive del patrimonio. In questo caso la somma aggiunta dall'Ufficio è stata riportata nella voce aumenti che nella tabella viene subito dopo quelle riguardanti i beni immobiliari. Nel caso catanzare-

distribuìre gli aumenti secondo le singole voci. Le verifiche dell'ufficio vengono normalmente accettate, anche se, come nel caso dei due fratelli Le Piane, dopo lungo contenzioso, e danno luogo ad aumenti di diversa ent ità che vanno dal le 13.256 lire aggiunte alla dichiarazione fatta dagli eredi di Filippo De Salazar alle 224-850 lire attribuite in più a quella di Ernes to Le Piane. Calcolando la percentuale di aumento sul valore immobiliare dichiarato si può notare che la sottostima degli immobili effettuati dagl i eredi varia moltissimo. Le terre e le case di De Salazar vengono aumentate dell'8%, quel le di Ferragina del 29,5, quelle di Domenico Le Piane del 43,7% fino ad arrivare ad una rivalutazione del 109,6% nel caso di Ernesto Le Piane. Sulle vicende patrimoniali e famil iari di Domenico e Ernesto Le Piane cfr. D.L. Caglioti , Patrimoni e strategìe matrimoniali nella Calabr ia dell'Ottocento, in «Meridiana», 1988, n. 3, pp. 97-128. 10 Le indicazioni sul numero dei morti a Catanzaro sono state trat te da ministero diAgricoltura, industria e commercio (d'ora in avanti MAIC), Divisione di statistica, Popolazione. Movimento del lo stato civile. Anno..., Roma, per gli anni 1876-1879. Per ilperiodo 1902-1905 si trovano in MAIC, Direzione generale di stat istica, Movimento della popolazione secondo gli at ti del lo stato civi le nell'anno..., Roma. In questa seconda serie i dati disaggregat i per comune riguardano solo le città con un numero di abitantisuperiore ai 20.000. 11 A Benevento nel periodo 1876-1879 le dichiarazioni sono i l 7,7% sul totale dei morti e negli anni 1902-1905 arrivano al l'8,3%. Cfr. A. D'Argenio, E ti lde sur les sourcessuccessorales , ci t., p. 383. Per Lucca cfr. A.M. Bant i, Alla ricerca della «borghesia immobile»: le classi medie non imprenditoriali del XIX secolo, in «Quaderni storici», 1982,n. 50, p. 636. 12 Sul problema del l'evasione fiscale nelle dichiarazioni di successione cfr. A.M. Banti ,Una fonte per lo studio, cit ., pp. 105 sgg.

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se, infatti, gli aumenti sono sempre il risultato di una rivalutazione degli stabili. La voce aumenti va pertanto considerata percentuale integrante dei dati sul valore degli immobili. Come già accennato l'attività di accertamento nei due periodi campione considerati riguarda cinque successioni, tutte superiori alle 100,000 lire, e comporta, specie nei casi dei marchesi Ernesto e Domenico Le Piane, un contenzioso tra eredi e amministrazione pubblica piuttosto lungo e travagliato. La voce altro contiene il contante, la mobilia, gli oggetti preziosi, le rate di pensione o di stipendio non ancora percepite ecc. Laddove non esiste inventario, l'amministrazione calcola la mobilia al 5% dell'asse ereditario. Questo valore, anche se fittizio, è stato mantenuto per non alterare la congruenza dei dati. La schedatura di cui mi sono avvalsa ha considerato parte integrante dei valori immobiliari extraurbani le rendite, i censi e i canoni e non ha tenuto conto del passivo dell'eredità, pertanto non è stato possibile effettuare alcuna valutazione del livello e della natura dell'indebitamento delle élites patrimoniali che sono invece aspetti molto importanti delle vicende economiche di questi gruppi, non di rado preda di continue crisi di liquidità.

3. Al censimento del 1871 Catanzaro conta 24.901 abitanti. È una città dì dimensioni medio-piccole come tantissime altre che popolano l'intera penisola. Centro principale delle attività amministrative e giudiziarie della regione già dall'inizio del secolo13, nelle sue mura vivono un ceto di possidenti che vanta in alcuni casi piccoli titoli nobiliari e che è tradizionalmente il perno delle istituzioni politiche cittadine, un ceto medio impiegatizio che si affianca ad un sempre più corposo gruppo di professionisti ed una consistente massa di braccianti e contadini poveri che abitano vecchi e malsani quartieri da cui ogni mattina si allontanano per affrontare il lavoro negli oliveti della costa, nel latifondo cerealicolo del mar-chesato, o negli orti attorno alla città. L'economia catanzarese dipende profondamente dalla terra anche se è attorno ai servizi - la pubblica amministrazione, i tribunali, le scuole, le istituzioni culturali -che va definendo la propria fisionomia urbana. Nel corso dell'Ottocento, infatti, declinano in maniera definitiva le attività incentrate sulla produzione e il commercio della seta14. La collocazione geografica eccentrica della città, inoltre, ne impedisce la costituzione in

13 Cfr. L. Gambi, La Calabria, Torino, 1978, p. 490. 14 F. Marincola di San Floro, Relazione sull'orìgine, progresso e decadenza dell'arte della seta in Catanzaro (1874), in Capitoli, ordinazioni e statuti dell'arte della seta in Catanzaro, Catanzaro, 1959.

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centro mercantile di importanza regionale. La Calabria è, ancora per tutto l'Ottocento, «area di molte fiere e pochi mercati»15. Le difficoltà di comunicazione tra i vari centri - Nicastro, Monteleone, Crotone per parlare solo dei maggiori agglomerati della provincia - causate da una rete stradale esigua favoriscono, infatti, la formazione di nuclei di mercato autonomi con pochi contatti tra di loro e con una dimensione e un raggio di azione molto limitati. In questo contesto Catanzaro punta gran parte delle sue carte sulla vocazione terziaria e amministrativa. La stessa vicenda del riordino urbanistico, anche se mai completamente realizzato, e i tentativi per migliorare le terribili condizioni igieniche in cui versava gran parte della popolazione sono un segno della direzione di sviluppo che la sua classe dirigente intende dare alla città16.

4. Il processo che - come ha scritto Bevilacqua - «portava i centri urbani a crescere su una trama di funzioni mentre perdevano lentamente e impercettibilmente in economie — quanto meno in attività produttive autonome»17, si legge bene attraverso la consistenza e la natura dei patrimoni passati in successione a Catanzaro tra la seconda metà del XIX e l'inizio del XX secolo. Tra il 1876 e il 1879 a Catanzaro vengono presentate 108 dichiarazioni di successione su un totale di 3.227 morti. Un numero veramente esiguo. La popolazione sfugge al fisco forse con una certa facilità, ma è anche assai elevata e diffusa la povertà. Gran parte dei suoi abitanti non lascia nulla al momento della morte e, tra quelli che lasciano qual-cosa, molti sembrano vivere a livelli di pura sussistenza. Uno sguardo alla piramide della ricchezza catanzarese cosi come la si ricava dalla documentazione (tab. 1) mostra che oltre il 50% delle successioni, per la precisione il 53,7%, riguarda sostanze di entità inferiore alle 5.000 lire. Nella fascia mediana compresa tra le 5.000 e le 20.000 lire si collocano il 37,1% delle fortune. Il 90,8% delle eredità catanzaresi si aggira sulla cifra media di 4.744 lire. Un gruppo più ristretto, r8,3%, vanta patrimoni compresi tra le 20.000 e le 50.000 lire; mentre i «ricchi», quelli che possiedono beni il cui valore supera le 50.000 lire, sono solo il 9,2%. Ovviamente la concentrazione della ricchezza segue l'andamento opposto. Nel primo segmento i beni hanno un valore che rappresenta il 4,4% del totale, nel secondo raggiungono il 13,3, nel terzo arrivano appena al 10,5. Il 59,3%

15 B. Salvemini e M.A. Visceglia, Fiere e mercati. Circuiti commerciali ne l Mezzogiorno, in Storia dell'agricoltura italiana in età contemporanea. III, Mercati e istituzioni, a cura di P. Bevilacqua, Venezia, 1991, p. 107. 16 Sulle trasformazioni urbanistiche in periodo post unita rio cfr. G.B. Rubino e M.A. Teti, he città nella storia d'Italia. Catanzaro, Roma-Bari, 1987, pp. 99-152. 17 P. Bevilacqua, Uomini, terre, economie, in Storia d'Italia, Le regioni dall'Unità a oggi, La Calabria, a cura di P. Bevilacqua e A. Placanica, Torino, 1985, p. 345.

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della ricchezza si raccoglie in soli sei patrimoni. Essere ricchi a Catanzaro è ovviamente cosa ben diversa dall'essere ricchi a Milano, a Napoli18 o a Firenze19, ma è cosa ben diversa anche dall'essere ricchi a Lucca o a Piacenza20 . A Catanzaro mancano completamente i «milionari». Come è infatti possibile vedere dalla tabella 1 , nessuna delle fortune sottoposte ad imposizione fiscale supera la soglia delle 500.000 lire, e solo sei sono comprese tra le 100.000 e le 500.000 lire. A Catanzaro, nel periodo 1876-1879, il patrimonio più consistente è quello del proprietario Luigi Cricelli e ammonta a 350.630,11 lire21. La piramide della ricchezza che emerge dalle dichiarazioni di successione non fa che confermare il quadro della stratificazione sociale cosi come è venuto emergendo dai pochi studi fin qui condotti su Catanzaro22: un piccolo gruppo di proprietari terrieri, nobili e non, un altrettanto ridotto gruppo di professionisti, una piccola borghesia di impiegati, commercianti e artigiani autonomi che si va lentamente ingrossando soprattutto nel suo segmento impiegatizio e una gran massa di braccianti e contadini senza terra e senza alcuna risorsa23. La piramide della ricchezza e, come si vedrà tra breve, la natura e la composizione degli assi ereditari, inoltre, non fanno che ribadire la sostanziale staticità dell'economia cittadina, il suo isolamento, la sua base quasi interamente fondiaria, la sua natura rentière. Le fortune cadute in successione nel periodo 1876-1879 ammontano ad un valore complessivo di 2.389.163,83 lire. La loro composizione (tab. 2) è per il 77% immobiliare e per il 23% mobiliare. Tra gli immobili la percentuale più cospicua riguarda quelli extraurbani, cioè le terre. La percentuale dei beni mobiliari è invece quasi interamente assorbita dai crediti (15,5%), dagli arredi e dagli oggetti preziosi (4,2%). Le azioni sono completamente assenti e bassissimo è, a questa data, l'investimento in titoli del debito pubblico. Ancora più esiguo è quello in dotazioni agricole e commerciali. Nelle campagne restavano in vita vecchi sistemi di condu-

18 Su Napoli cfr. P. Macry, Ottocento, cit ., e Id., la ci ttà e la società u rbana, cit. 19 Brevissime notizie sulle successioni a Firenze si trovano in R. Romanelli, Famiglia epatrimonio, cit ., p. 14. 20 Su Lucca cfr. A.M. Banti, Ricchezza e potere, cit.; su Piacenza cfr. Id., Terra e denaro, cit . 21 AURCZ, Successioni, b. 21, n. 11. 22 La letteratura storiografica su Catanzaro nell'Ottocento è piuttosto scarsa; sì vedanocomunque L. Gambi, La Calabria, cit ., pp. 490 sgg.; P. Bevilacqua, Uomini , terre, economie, cit., pp. 337 sgg. 23 Sul la strat ificazione sociale a Catanzaro nella prima metà del secolo cfr. M.A. Teti , L'amministrazione della pubblica beneficenza in Calabria Ultra dal 1809 al 1830, in Cit tà e control lo sociale in Italia tra XVII e XIX secolo, a cura di E. Seri, Milano, 1982, p. 161.

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zione e di coltivazione. Affitto, colonia parziaria, contratti a miglioria dominavano nelle varie zone agrarie della regione dando luogo ad un regime contrattuale confuso ed intricato. Chi possedeva la terra generalmente non la coltivava in proprio ma la dava in affitto. L'affitto è in quegli anni uno dei contratti più diffusi in Calabria e non prevedeva che il proprietario fornisse al contadino mezzi e scorte di alcun genere24. Ciò che salta immediatamente agli occhi è la scarsissima diversificazione che si riscontra nelle sostanze catanzaresi. Un'analisi più dettagliata della loro composizione dimostra una fortissima analogia di comportamenti tra i diversi livelli che compongono la piramide. Man mano che il valore dei patrimoni aumenta, cambia la natura della presenza immobiliare, cresce l'investimento in crediti, si modifica quello in titoli del debito pubblico. Qualunque sia la dimensione patrimoniale la percentuale del valore degli immobili non scende mai al di sotto del 72%. Gli immobili costituiscono il 78,8% negli assi ereditari inferiori alle 5.000 lire, raggiungono 1'82,2% in quelli compresi tra le 5.000 e le 10.000 e addirittura l'83,3 in quelli tra le 10.000 e le 40.000 lire. La quota in beni stabili diminuisce, leggermente, al 72,3 nelle fortune comprese tra le 40.000 e le 100.000 lire e risale al 75,8% nelle successioni dei ricchi (quelle tra 100.000 e 500.000 lire). Ciò che cambia è però il rapporto interno a questa voce e cioè il rapporto tra case e botteghe da una parte e terre dall'altra. Gli immobili urbani costituiscono la voce più rilevante nelle eredità inferiori alle 10,000. Al di sopra di questa soglia l'immobiliare extraurbano predomina su quello urbano soprattutto nei patrimoni superiori alle 100.000 lire. Le élites catanzaresi che pure vanno costruendosi abitazioni di ampie dimensioni nel centro cittadino accordano un deciso privilegio alla rendita fondiaria (58,5%) contro quella urbana (13,1%). Le altre voci hanno un andamento più fluttuante. I crediti, diffusi dovunque, rappresentano una quota oscillante tra l'8 e l'll% nelle fortune al di sotto delle 100.000 e subiscono un'impennata in quelle al di sopra di questa cifra (costituiscono il 19%). I titoli del debito pubblico presenti nei patrimoni al di sotto delle 10.000 lire, spariscono da quelli compresi tra le 10.000 e le 50.000, ricompaiono in forma

24 Atti della Giunta per l'inchiesta agrar ia e sulle condizioni del la classe agricola, vol. IX, fasc. I, Relazione del commissario Ascanio Branca sulla seconda circoscrizione (provincie di Potenza,

Cosenza, Catanzaro e Reggio Calabria) (d'ora in poi IA), Roma, 1883, pp. 116-118, 208-209, 322-325; Inchiesta parlamentare sul le condizioni dei contadini nel le Provincie meridional i e nella Sici lia, vol. V, tomo II, Calabria. Relazione del delegato tecnico Ernesto Marenghi, Roma, 1909, pp. 317-462; L. Franchett i, Condizioni economiche e amministrat ive delle Provincie napoletane, Firenze, 1875, pp. 85-91. Sulla natura dei contratti di affìtto più in generale cfr. G. Giorgett i, Contadini e proprietari nell'Italia moderna. Rappor ti di produzione e contratti agrari dal secolo XVI a oggi, Torino, 1974, pp. 378 sgg.

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più massiccia, l' 11,2%, in quelli tra le 40.000 e le 100.000, per scomparire nuovamente dalle fortune dell' élite.

5. Ulteriori scomposizioni e riaggregazioni dei dati possono suggerire ele menti utili a delineare la fisionomia dei benestanti catanzaresi, per esem pio quella tra patrimoni maschili e femminili (tab. 3). Più volte si è par lato di un differente comportamento economico delle donne, di una loro maggiore disponibilità e predisposizione all'investimento mobiliare anziché immobiliare, e soprattutto di una loro maggiore tendenza ad impiegare il denaro contante, di solito proveniente dalle doti, nell'attività creditizia. Il primo dato interessante da analizzare riguarda il numero di dichiarazioni di successione presentate da uomini e donne. Quelle degli uomini rappresentano il 73,1% del campione e il 4,6% sul totale dei maschi morti nel periodo 1876-1879. Quelle delle donne con il 26,9% costituiscono invece il 2,8 sul totale delle femmine morte nello stesso periodo. Tra le donne l'indigenza è dunque maggiore e ciò non stupisce. I patrimoni femminili si collocano nella maggioranza sotto la soglia delle 10.000 e solo due superano quella delle 40.000 lire. La loro composizione si differenzia tuttavia in alcuni punti essenziali da quella delle sostanze maschili. Se la quota immobiliare è praticamente analoga (76,2% contro il 77,1), smentendo cosi quella che viene definita come una tradizionale assenza di beni stabili dalle fortune femminili, tra le donne si riscontra la tendenza a privilegiare maggiormente l'acquisto di immobili urbani {32,2% contro il 22,8). Nel caso catanzarese i crediti non costituiscono affatto il fulcro delle attività femminili (5,1) e paiono invece essere una prerogativa maschile (10,6), mentre le donne sembrerebbero rifugiarsi con più frequenza nell'investimento più tranquillo e sicuro dei titoli di Stato (11,6%). Il condizionale è d'obbligo dal momento che l' 86,6% di questa cifra si trova in un solo asse ereditario: quello di Giulia Le Piane25. Praticamente prive di dotazioni agricole e commerciali, le successioni femminili si distinguono da quelle maschili per una maggiore consistenza della voce altro (7,0 contro 3,8%): pezzi di corredo, gioielli e oggetti preziosi contribuiscono più che nei casi maschili a rimpolpare le sostanze da sottoporre ad imposizione fiscale.

6. A Catanzaro, come già accennato, risiede un gruppo di possidenti chesi fregia di un titolo nobiliare di più o meno recente acquisizione. Si tratta di una cinquantina di famiglie che godono dei titoli di barone e di marchese e che da lungo tempo abitano in città. Alcuni hanno ottenuto il titolo durante l'ultima restaurazione borbonica, altri vantano origini nobiliari più antiche talvolta anche sostenute da un possesso feudale. A

25 AURCZ, Successioni, b. 17, n. 22.

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differenza della grande nobiltà calabrese che vìve a Napoli o in altre città italiane, questa piccola nobiltà è profondamente radicata nel tessuto cittadino e, pur trascorrendo alcuni mesi dell'anno nell'ex capitale del regno, resta vicina ai propri affari catanzaresi, si riproduce secondo regole endogamiche pur non disdegnando di aprirsi di tanto in tanto al mondo delle professioni, occupa stabilmente un posto all'interno della vita politica cittadina26. I patrimoni nobiliari costituiscono il 12,0% del nostro campione (tab. 4) e concentrano il 36,3% della ricchezza. Si differenziano da quelli borghesi27 (tab. 4), ancora una volta, per il netto prevalere dell'immobiliare extraurbano su quello urbano. Per il resto borghesi e nobili sembrano effettuare le stesse scelte: l'immobiliare in genere supera il 75% del valo-re in entrambi i gruppi, i titoli del debito pubblico godono di scarsa considerazione, rispettivamente 1,2 e 2,9%, i crediti occupano una posizione rilevante, soprattutto nelle fortune borghesi, mentre in quelle nobiliari compaiono in forma più consistente le dotazioni agricole. Il quadro non si modifica se lo sguardo si concentra sulle sostanze di nobili e borghesi che superano la soglia delle 40.000 lire. Questo quadro sembra dunque confermare quella attrazione verso modelli e stili di vita nobiliari che caratterizza la borghesia cittadina e alla quale si accennava all'inizio di questo intervento. L'investimento in terra, archetipico delle famiglie nobili, lo diviene anche di quelle borghesi, ma forse all'origine di questa totale analogia delle scelte non c'è solo imitazione ed emulazione ma una sostanziale scarsità di valide alternative. La struttura delle opportunità economiche in una realtà come quella catanzarese è, in questi anni, veramente elementare. D'altronde la distinzione tra nobiltà e borghesia in un'area periferica come quella di cui ci stiamo occupando non è forse molto perspicua. I confini tra le due zone sono molto labili e tendono sempre più a sfumarsi: l'aumento dei matrimoni tra nobili e borghesi e soprattutto la scelta sempre più frequente da parte di una serie di nobili di abbandonare gli ozi rurali per abbracciare una professione, invitano ad una minore rigidità nell'uso di questo tipo di categorie interpretative.

7. Il campione sottoposto ad analisi è ovviamente socialmente composito e, in misura diversa, riflette una stratificazione sociale piuttosto articolata.

26 Sulla nobiltà catanzarese, sui suoi comportamenti demografici e sulla sua presenzanelle istituzioni di governo locale cfr. D.L. Cagliot i, Patrimoni e strategie matr imoniali,cit. Notizie e curiosità sulle varie famiglie che compongono l'aristocrazia cit tadina, anche se con molte imprecision i, si trovano in M. De Lorenzis, Notizie su Catanzaro, Catanzaro, 3 voll., 1963-1968, che riordina gran parte del materiale contenuto nei manoscri tti della raccolta De Nobili conservata dalla Biblioteca comunale di Catanzaro. 27 Col termine borghese designamo, per comodità, tutti i patrimoni che non appartengono ad esponenti della nobiltà.

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Braccianti, artigiani indipendenti, tessitrici e filatrici, vetturini, domestici, impiegati, pensionati, magistrati, avvocati ma soprattutto possidenti sono i soggetti i cui patrimoni passano attraverso la macchina del fisco. Le percentuali riportate nella tabella 5 indicano, ancora una volta, che l'elite del danaro è formata da possidenti e rivelano, anche da questo punto di osservazione, il carattere rentier dell'investimento catanzarese. I proprietari, che rappresentano il 15,7% del campione, concentrano il 65,9% della ricchezza. Il numero è ancora più elevato se alla categoria proprietari si aggiunge quella dei civili (18,5%) che comprende per la maggior parte donne senza un'occupazione definita. Questo gruppo possiede il 9,2 della ricchezza. L'articolazione professionale è più forte tra i titolari di fortune piccole e medie e, a questo livello, la tabella non suggerisce significative novità consegnandoci una piramide che ha come base gli addetti ai servizi (domestici e vetturini), seguiti dai braccianti, dai bottegai, dai religiosi e dagli artigiani (filatrici, tessitrici, cucitrici, sarti, ottonari, panettieri ecc.). Su un gradino appena superiore troviamo impiegati, pensionati e negozianti28 , seguiti dai professionisti che concentrano il 3,5% della ricchezza. L'analisi della composizione patrimoniale per categorie socioprofessionali (tab. 6) mette in luce alcune differenze di comportamento che l'analisi per intervalli di ricchezza aveva invece appiattito. Si scopre cosi che l'investimento immobiliare occupa più del 75% non solo nelle successioni dei proprietari ma anche in quelle dei professionisti, dei civili, dei bottegai, dei braccianti, degli addetti ai servizi e dei religiosi dove arriva a toccare con il 94,4% la quasi totalità delle eredità. Meno interessati agli immobili sembrano invece gli impiegati (56,1%) e i negozianti (41,8%). Ma se per artigiani, bottegai, addetti ai servizi e religiosi l'investimento prevalente è nell'immobiliare urbano e cioè nella casa d'abitazione o nella bottega in cui si lavora, per professionisti, proprietari e civili l'acquisto di terra è decisamente più importante di quello di case e botteghe in città. Se i titoli si trovano solo nei patrimoni delle donne, dei negozianti e dei professionisti, i crediti sono invece diffusi dappertutto: oltrepassano il 25% in quelli degli artigiani e dei negozianti, ma è difficile ritenere che si tratti di un modo di investire il denaro e non piuttosto di crediti concessi alla clientela; arrivano addirittura al 39,1% tra gli impiegati, lasciando configurare quasi l'esistenza di una seconda attività.

8. A distanza di quasi trent'anni la popolazione catanzarese è aumentata, anche se ad un ritmo non troppo sostenuto e, al censimento del 1901, si registrano 31.824 abitanti. La debolezza del trend demografico è sicura-

28 Nella categoria «negoziante» sono inseriti i commercianti la cui dichiarazione di suc-cessione supera il valore di 10.000 lire.

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mente espressione della scarsa capacità attrattiva di una città29 le cui funzioni ruotano sempre più attorno ai servizi amministrativi e sempre meno attorno ad attività economiche produttive e commerciali. Con la popolazione è aumentato anche il numero delle dichiarazioni di successione in rapporto al totale dei morti e, in assoluto, si può dire che sia cresciuta anche la ricchezza cittadina sottoposta ad imposizione fiscale. Ora le dichiarazioni sono 208 su 3.801, il 5,5%, una quantità superiore di quella del periodo precedente ma non sufficiente però a modificare il rapporto tra ricchezza e indigenza in questa città. L'aumento della ricchezza è in realtà solo apparente. L'entità dei patrimoni presi singolarmente e la loro distri-buzione rivela che in città non si sono create nuove e più solide fortune. La distribuzione e la composizione della ricchezza catanzarese cambiano poco o, più precisamente, cambiano in una sostanziale continuità di modelli e comportamenti che contribuisce ad accentuare la polarizzazione (tab. 1). La base della piramide si è ulteriormente allargata: i patrimoni inferiori alle 5.000 lire sono ora il 62%; nella fascia tra le 5.000 e le 20.000 lire sono passati al 24%, in quella successiva al 5,7, mentre quelli dei ricchi superano appena l'8%. A quasi trent'anni di distanza nessuna delle fortune passate in successione va oltre le 500.000 lire. Se la piramide è sempre più schiacciata verso il basso, la ricchezza è invece sempre più concentrata. I patrimoni maggiori di 50.000 lire assommano il 75% della ricchezza. L'economia catanzarese non ha subito alcuno sviluppo in questo trentennio né alcun sostanziale mutamento. L'analisi della composizione dei beni che compongono gli assi ereditari rende immediatamente evidente questo dato (tab. 2). Ciò che si nota subito al confronto tra i numeri dei due diversi periodi è innanzitutto un leggero calo nell'investimento immobiliare: dal 77,0 al 74,9%. Visto più da vicino il decremento riguarda soprattutto gli immobili extraurbani mentre invece si registra una crescita di investimento negli immobili urbani collegabile, con molta probabilità, all'espansione urbanistica di Catanzaro. La crisi agraria, la riduzione della rendita fondiaria, l'aumento dell'indebitamento di èlites sempre alle prese con problemi di liquidità non sono probabilmente estranei a questa flessione. Il dato nuovo che emerge dalla composizione patrimoniale dei primi anni del XX secolo è una maggiore diversificazione delie fortune. Compaiono le azioni, cresce l'investimento in titoli, diminuiscono i crediti, compaiono timidamente i depositi bancari, mentre le cifre esigue delle dotazioni commerciali e agricole segnalano che la terra si sfrutta sempre allo stesso modo e che nel frattempo non sono emersi nuovi ceti imprenditoriali che

2'9 P. Bevilacqua, Uomini, terre, economie, ci t., p. 344.

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legano ad attività, risorse e investimenti diversi il proprio destino economico. Guardando questi dati p iù da vicino si scopre che la quota di immobili rurali ha subito un crollo, più o meno consistente in tutte le successioni al di sotto delle 40.000 lire. Gli immobili urbani sono invece aumentati nei patrimoni inferiori alle 5.000 lire, mantenendosi stabili negli altri. Nelle eredità comprese tra 40.000 e 100.000 lire si ribalta invece il rapporto tra immobili urbani, che dal 30,9 passano al 40,6%, e immobili rurali che scendono dal 41,4% al 34,6. Le fortune al di sopra delle 100.000 lire restano invece saldamente ancorate alla loro anima rurale. Le terre sopravanzano di gran lunga case e botteghe. Con l'eccezione dei patrimoni compresi tra le 40.000 e le 100.000 lire azioni e titoli sono diffusi un po' dappertutto, mentre l'investimento in crediti subisce un andamento diverso: cresce in tutti gli assi ereditari al di sotto delle 100.000 lire, e siriduce considerevolmente in quelli al di sopra di questa soglia.

9. Agli inizi del Novecento le successioni femminili fanno registrare un aumento sia sul totale delle dichiarazioni, passando dal 26,8 al 37%, sia sultotale delle donne morte in quel periodo, passando dal 2,8 al 4%. Proprionelle successioni femminili (tab. 3) sembrano realizzarsi le modifiche piùconsistenti: gli immobili subiscono un tracollo dal 76,2 al 61,6% e di conseguenza aumenta in maniera rilevante la quota mobiliare e in questa i titoli e i crediti. Sembra che la crisi agraria abbia avuto un particolare effetto sui comportamenti delle donne spingendole a disinvestire dalla terra.L'immobiliare infatti crolla proprio perché è l'investimento in terra ad abbassarsi mentre quello in immobili urbani rimane praticamente costante.Nei patrimoni maschili (tab. 3) è sempre la terra invece il fulcro attornoa cui ruotano le strategie economiche, anche se la diversificazione dellescelte sembra divenuta un dato acquisito.

10. Le continuità a Catanzaro paiono più forti e tenaci dei mutamenti. Seil peso della nobiltà nelle istituzioni di governo cittadino sembra essersi attenuato30, non pare cambiato il ruolo all'interno dell'elite della ricchezza.I quattro patrimoni maggiori, compresi tra 400.000 e 500.000 lire, appartengono ad elementi della nobiltà cittadina31 . Le sostanze nobiliari (tab. 4)rappresentano il 6,2% di tutte le dichiarazioni presentate in questo perio-

30 Cfr. D.L. Cagliotì, Patrimoni e strategie matrimoniali , cit., in particolare pp. 101-104. 31 Sono i patrimoni dei marchesi Domenico ed Ernesto Le Piane, e dei baroni Alfonso De Riso e Cesare Gironda Veraldi . Per i p rimi tre cfr. nota 2, per il quarto cfr. AURCZ, Successioni, b. 88, n. 26.

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do e in esse si concentra il 54,4% della ricchezza. La continuità è forte anche nella loro composizione. La quota in immobili è ancora più elevata che trent'anni prima - da 76,6 a 84% - mentre le altre voci sono praticamente irrilevanti. Le poche novità fin qui registrate si rinvengono tutte quante nei patrimoni borghesi (tab. 4). È in questi che diminuiscono le somme investite in terra mentre aumentano quelle destinate alle case e alle botteghe poste nell'abitato urbano, ed è in questi che si trovano le azioni e i titoli che ora sostituiscono, in parte, l'impiego in crediti.

11. Veniamo ora alla composizione socioprofessionale del campione (tab.5). Nel giro di trent'anni si sono realizzate alcune significative variazionidi natura terminologica che rivelano forse cambiamenti più sostanziali.Nella classificazione professionale è scomparsa la categoria dei bracciantisostituita completamente da quella dei contadini. Tra coloro che presentano la dichiarazione di successione compaiono persone che si definisconooperai, mentre si restringe l'uso del termine «civile» soprattutto applicatoalle donne che ora si qualificano sempre più frequentemente come casalinghe. Il confronto tra i due campioni non mette però in evidenza un'accresciuta articolazione sociale. Il posto che negli anni Settanta occupavanobraccianti, artigiani, addetti ai servizi e bottegai si è fortemente ridotto afavore di un allargamento dello spazio occupato da impiegati e pensionati. Spia debole ma significativa del peso sempre maggiore di questi gruppi in una città che affida sempre più alle funzioni burocratiche il propriodestino e la propria identità. Professionisti, proprietari e civili mantengono le stesse percentuali cosi come i negozianti. In questa zona, che corrisponde a quella dell'elite, non si è modificata nemmeno la concentrazionedella ricchezza. Oltre il 60% resta in mano ai proprietari cui va aggiuntoil 19,5% di civili e casalinghe. Le terre sono scomparse dai patrimoni dei bottegai, degli addetti ai servizi e dei negozianti. Il valore degli immobili extraurbani è diminuito sensibilmente in quelli dei religiosi, dei professionisti, dei proprietari e dei civili. Le azioni sono un po' dappertutto ma in misura più consistente si trovano tra i beni di artigiani, bottegai e professionisti, mentre la scelta dei titoli è esclusivo appannaggio di casalinghe, civili, proprietari e professionisti. I crediti contribuiscono massicciamente alla diversificazione delle fortune di artigiani, impiegati, professionisti e civili (tab. 7).

12. Catanzaro come abbiamo avuto modo di dire all'inizio è una città periferica rispetto ai flussi di traffico e commercio, con un'economia dipendente dall'agricoltura, inserita in una regione in cui le città sono relegatealla sola funzione di centri amministrativi. Le dichiarazioni di successioneevidenziano bene i due poli tra i quali si svolge l'economia cittadina - la

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terra e la pubblica amministrazione - restituendoci l'immagine di un'elite formata da proprietari, in parte nobili, e da professionisti, di una piccola borghesia in cui impiegati e funzionari diventano sempre più numerosi, di un commercio e di un artigianato di meschinissime dimensioni appena sufficienti a coprire il fabbisogno del mercato locale. Le scelte e i comportamenti di questa élite segnalano una mentalità che trova nella rendita la sua più compiuta manifestazione. Certo la natura fiscale della fonte contribuisce, come già detto, ad enfatizzare l'importanza dell'immobiliare, ma le dichiarazioni di successione non fanno che fotografare una situazione altrove già tante volte descritta. Dall'inchiesta agraria degli anni Ottanta a quella sui contadini meridionali, dalle note di Leopoldo Franchetti, al viaggio calabrese di Lombroso32 , all'inchiesta documentata e attenta di Taruffi, De Nobili e Lori33 non si fa che porre l'accento sul ruolo della proprietà fondiaria, sugli squilibri che nell'economia calabrese genera la sua distribuzione, sulla mentalità «redditiera» dei proprietari, sulla mancanza di investimenti in agricoltura, su relazioni tra proprietari e contadini improntate ad un atteggiamento di pura rapina nei confronti delle risorse. In Calabria si passa da zone ad alta concentrazione, ad altre in cui domina la polverizzazione del possesso, ad altre ancora in cui grande, media e piccola proprietà convivono senza logica apparente34. In provincia di Catanzaro, dalle aree di predominio della piccola proprietà, prevalentemente localizzate attorno ai centri urbani, si passa alle enormi concentrazioni latifondi-stiche del marchesato di Crotone. Come recita il relatore dell'inchiesta agraria: «la proprietà, o troppo accentrata, o troppo suddivisa [...], esercita un'influenza dannosissima sull'agricoltura, ed è anzi una delle cause principali della sua stazionarietà»35 . Certo la vendita dei beni ecclesiastici a fine Settecento e le alienazioni postunitarie, le nuove norme introdotte dal codice del 1865 in materia ereditaria, la mancanza da parte di alcuni proprietari di danaro liquido contribuirono a creare delle novità nella distribuzione della proprietà fondiaria e a determinare un processo di scom-posizione e ricomposizione di grandi fortune immobiliari. Le quotizzazioni tuttavia non sempre si risolsero in un movimento a favore della formazione di piccolo e medio possesso ma piuttosto alimentarono, in alcuni

32 C. Lombroso , In Calabria (1862-1897), Catania, 1898. 33 D. Taruffi , L. De Nobili e C. Lori , La quest ione agrar ia e l'emigrazione in Calabr ia, Firenze, 1908. 34 Oltre al le pagine dedicate all'argomento nel le inchieste agrarie ci tate cfr. anche M. Fera, Della grande e della piccola proprietà, Cosenza, 1874; G. Goyau, Le regime de la grande proprietè dans les Calabres, in «Revue des Deux Mondes», janvier 1898, pp. 80- 103, e L. Izzo, Agricoltura e classi rurali in Calabria dall'Unità al Fascismo, Genève, 1974. 35 IA, vol. IX, fasc. I, p. 110.

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casi, ulteriori concentrazioni di terra; cosi come la mancanza di capitali costrinse probabilmente alcuni grandi proprietari a vendere o a non partecipare agli acquisti di terre demaniali, impedendo altresì l'ingresso sul mercato della terra di nuove figure economiche. E ancora, i nuovi criteri di devoluzione ereditaria contribuirono in parte alla dispersione dei beni, ma anche alla adozione da parte di alcune famiglie di una molteplicità di meccanismi correttivi tesi a salvaguardare quanto più possibile l'integrità patrimoniale36 . Gli spostamenti che nell'arco di un trentennio si compiono nelle scelte patrimoniali sono impercettibili e appartengono tutti alla stessa logica. La crisi agraria e le difficoltà economiche che pure scuotono profondamente la società calabrese" non sembrano agitare troppo una città i cui ceti dirigenti si dimostrano impermeabili a qualsiasi innovazione. Dagli anni Settanta dell'Ottocento ai primi anni del Novecento l'elite cittadina sposta un po' delle sue risorse dalla terra alle case, dalla terra ai titoli del debito pubblico, ma senza mai rinunciare alla natura rentiere e fondiaria del proprio patrimonio e delle proprie scelte economiche. Case e titoli del debito pubblico servono solo a rinnovare le fonti della rendita38, a diversificare un investimento che altrimenti può rivelarsi, sul p iano puramente economico, ma non su quello del prestigio, totalmente antieconomico. Solo le poche azioni stanno a segnalare che qualcosa si sta modificando. Esse infatti sono tutte azioni di banche locali cooperative e popolari che si cominciano a costituire tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo per far fronte ad una situazione di assoluta depressione del credito e che riempiono un vuoto fino a quel momento colmato soltanto dai mutui privati e dall'usura. Ma l'investimento in azioni non va oltre la semplice segnala-zione di una nuova realtà. Le azioni nei portafogli dei benestanti catanzaresi sono poche e non sembrano proprio avere la funzione di diversificare il patrimonio, né paiono la spia di una mentalità economica profondamente cambiata. Sono piuttosto il tributo minimo e inevitabile che esponenti del ceto dirigente locale devono pagare per mantenere il proprio ruolo all'in terno della società catanzarese.

36 Cfr. D.L. Cagl ioti, Patrimoni e strategie matrimoniali , cit.; P. Macry, Ottocento, cit.; G. Montroni, Una famigl ia borghese a Caserta (1815-1855), in Mezzogiorno preunitario . Economia, società e is tituzioni , a cura di A. Massafra, Bari, 1988, pp. 821-830. 37 Cfr. G. Cingari, Storia della Calabria dall'unità a oggi, Roma-Bari, 1982, pp. 84 sgg.38 Su questo tema cfr. anche A.M. Banti, Les richesses bourgeoises dans l'Italie du XIXesiecle: exemples et remarques, in «Mélanges de l'Ecole Francaise de Rome. Moyen Age-Temps Modernes», 97, 1985, I, p. 371.


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