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La Kabbalah e La Mistica Dei Numeri

Date post: 04-Oct-2015
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Kabbalah
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 19 La Kabbalah può essere definita come l’insieme delle manifestazioni del misti- cismo religioso ebraico. Una simile definizio ne rimanda a quella di misticismo, che è stata oggetto di interminabili discussio ni e contro versie. Senza addentrarci in questa problematica com plessa, ci limiteremo ad adottare una caratterizzazio- ne semplice: diremo cioè che il misticismo è quel tipo di religiosità che pone al centro l’intuizione immediata del rapporto fra uomo e Dio e cerca la dimostra- zione della presenza divina attraverso delle manifestazioni dirette che si espri- mono nella coscienza. Una simile caratterizzazione può indurre a considerare il misticismo come la controparte di una visione razionale del fenomeno relig ioso. Ciò può essere vero, ma soltan to in parte e in determina te circo stanze. Difat ti, il mistic o, nel ricer care un r appo rto co n Dio, segue molte vie: fra di esse vi sono certamente delle forme di elevazione estatica, ma anche l’esercizio della ragione e persino della logica pura può avere un ruolo importante nell’approccio del mi- stico. V a osservato c he il misticismo risponde, in generale, a un ’esigenza popola- re dell’anima religiosa, ovvero alla necessità di ristabilire un rap porto diretto fra Dio e uomo che proprio la religione ha avuto storicamente il ruolo di recidere. Difatti, come ha acutamente o sservato Gershom Scholem [1], “la suprema fun- zione della religione è di distruggere l’armonia immaginaria dell’Uomo , dell’U- niverso e di Dio che esisteva nelle visioni pagane e mitologiche, di creare “un va- sto abis so, concepito come assol uto, fra Dio, Essere infinito e trascendente, e l’Uo- mo, creatura finita ”. In certo senso, la fase del misticismo rappresenta un mo vi- mento in senso o pposto, che tende a riempire il baratro apertosi fra Dio e uomo ricercando delle esperienze dirette di percezione della presenza divina. L’espe- rienza mistica rappresenta quindi un ritorno a forme mitiche combattute dalla religione, anche se cerca costan temente di conciliarle con il principio della rive- lazione divina. Non vi è dubbio che l’Ebraismo abbia espresso una delle concezioni più radi- cali dell a separaz ione fra Dio e uomo. Il suo ruolo , nella st oria delle rel igioni, è correttamente identificato nello sforzo di affermare in modo intransigente il mo- noteismo e nella tendenza a combattere una lotta senza quartiere contro il mito. E, per l’appunto , uno degli aspetti fondamentali di tal e lotta è stata la tendenza a separa re rigidamen te le sfere dell ’uomo, della natura e di Dio. Gran parte del pensiero rabbinico medievale è ispirato da questi intenti, e le concezioni teologi- che e filosofiche di Mosé Maimonide ne sono l’espressione più chiara ed elevata. Maimonide, aderendo all’aristotelismo e oppo nendosi a ogni forma di neoplato- La Kabbalah e la mistica dei numeri GIORGIO ISRAEL Israel 15-01-2004 12:07 Pagina 19
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    La Kabbalah pu essere definita come linsieme delle manifestazioni del misti-cismo religioso ebraico. Una simile definizione rimanda a quella di misticismo,che stata oggetto di interminabili discussioni e controversie. Senza addentrarciin questa problematica complessa, ci limiteremo ad adottare una caratterizzazio-ne semplice: diremo cio che il misticismo quel tipo di religiosit che pone alcentro lintuizione immediata del rapporto fra uomo e Dio e cerca la dimostra-zione della presenza divina attraverso delle manifestazioni dirette che si espri-mono nella coscienza. Una simile caratterizzazione pu indurre a considerare ilmisticismo come la controparte di una visione razionale del fenomeno religioso.Ci pu essere vero, ma soltanto in parte e in determinate circostanze. Difatti, ilmistico, nel ricercare un rapporto con Dio, segue molte vie: fra di esse vi sonocertamente delle forme di elevazione estatica, ma anche lesercizio della ragionee persino della logica pura pu avere un ruolo importante nellapproccio del mi-stico. Va osservato che il misticismo risponde, in generale, a unesigenza popola-re dellanima religiosa, ovvero alla necessit di ristabilire un rapporto diretto fraDio e uomo che proprio la religione ha avuto storicamente il ruolo di recidere.Difatti, come ha acutamente osservato Gershom Scholem [1], la suprema fun-zione della religione di distruggere larmonia immaginaria dellUomo, dellU-niverso e di Dio che esisteva nelle visioni pagane e mitologiche, di creare un va-sto abisso, concepito come assoluto, fra Dio, Essere infinito e trascendente, e lUo-mo, creatura finita. In certo senso, la fase del misticismo rappresenta un movi-mento in senso opposto, che tende a riempire il baratro apertosi fra Dio e uomoricercando delle esperienze dirette di percezione della presenza divina. Lespe-rienza mistica rappresenta quindi un ritorno a forme mitiche combattute dallareligione, anche se cerca costantemente di conciliarle con il principio della rive-lazione divina.

    Non vi dubbio che lEbraismo abbia espresso una delle concezioni pi radi-cali della separazione fra Dio e uomo. Il suo ruolo, nella storia delle religioni, correttamente identificato nello sforzo di affermare in modo intransigente il mo-noteismo e nella tendenza a combattere una lotta senza quartiere contro il mito.E, per lappunto, uno degli aspetti fondamentali di tale lotta stata la tendenza aseparare rigidamente le sfere delluomo, della natura e di Dio. Gran parte delpensiero rabbinico medievale ispirato da questi intenti, e le concezioni teologi-che e filosofiche di Mos Maimonide ne sono lespressione pi chiara ed elevata.Maimonide, aderendo allaristotelismo e opponendosi a ogni forma di neoplato-

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  • nismo, mira a estirpare le ultime radici mitologiche dal pensiero ebraico. Questotentativo non riuscir mai completamente e trover anzi nellemergere del pen-siero kabbalistico, verso la fine del dodicesimo secolo, una reazione energica eaudace. Difatti, la tendenza a proteggere il monoteismo da ogni contaminazionemitica rendeva lidea di Dio inaccessibile alla religiosit popolare. Essa propo-neva limmagine di un Dio di cui non si poteva dire quasi nulla e che, guada-gnando in purezza, perdeva ogni vitalit. Quando il movimento kabbalista ini-zi a prendere forma in Provenza e in Spagna, la reazione contro il razionalismorabbinico concentrato soprattutto su unanalisi delle Sacre Scritture, mirante aricavarne i precetti che debbono guidare la vita ebraica (Halakhah) si espres-se talora in modo violento, e accadde che i libri di Maimonide fossero bruciatisulle piazze. Ci non deve tuttavia indurre a una visione troppo schematica diquesta contrapposizione, perch il pensiero di Maimonide ebbe un influsso con-siderevole su non pochi kabbalisti, e interazioni significative con il misticismo,come stato messo in rilievo in diversi studi [2].

    Tuttavia, la nascita del pensiero kabbalistico rappresenta soltanto lesplosionedi unantica tensione che percorreva gi la storia del pensiero ebraico fin dallesue origini. La presenza di correnti mistiche ebraiche evidente e documentatafin dai primi secoli dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme. Essa si ma-nifest in particolare in due correnti che miravano ad esplorare il senso profon-do delle manifestazioni di Dio e che sono dette della Maaseh Bereshit (Fatti del-lInizio) e della Maaseh Merkav (Fatti del Carro).

    La corrente della Maaseh Bereshit si concentrava, per lappunto, sui fatti del-lInizio, ovvero sul processo della Creazione quale descritto fin dalle prime ri-ghe della Torah. Per quanto rivolta a uninterpretazione esoterica di tale testo,

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    Fig. 1 Visione del Carro Divino ap-parso al Profeta Ezechiele in estasisulle rive del fiume Kebar in Babilo-nia. Dalla Bibbia dellOrso, Inghilter-ra, XVII secolo

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  • questa corrente concepisce la Creazione come una manifestazione storica delle-sistenza di un Dio rigidamente distinto dal cosmo e dalluomo e di cui possonoenunciarsi soltanto gli attributi e di cui nessuna rappresentazione in termini dipotenze ammissibile. Pertanto, questa corrente concepisce la Torah come di-stinta da qualsiasi manifestazione storica o cosmica, e tenta cos di porre arginecontro il ritorno di visioni mitologiche.

    Invece, la corrente della Ma'aseh Merkav assumeva come riferimento il mi-stero dellapparizione del Carro Divino al profeta Ezechiele (Fig. 1). Attraversolanalisi dettagliata delle manifestazioni concrete descritte in questa visione, es-sa ricercava una rappresentazione della vita divina attingibile dallesperienzaumana. Una manifestazione estrema di queste correnti mistiche data persinodalla descrizione delle forme corporee della divinit, di cui si cercano di de-terminare addirittura le misure fisiche. In generale, lobbiettivo di queste cor-renti mistiche quello di attingere al senso della vita divina attraverso lesplo-razione del significato mistico delle sue manifestazioni materiali. In tal modo,non si voleva affatto negare lidea dellunit ed unicit di Dio, ma si mirava aconcepirla in forma dinamica, soffermandosi sulle forme e le manifestazionidellattivit divina pi che sullindividuazione dei suoi attributi. La vita divi-na veniva vista come un flusso dinamico che investe luomo e il cosmo. Percomprenderne il senso occorreva ricercarlo nel significato profondo dei sim-boli con cui essa si manifesta nelle Sacre Scritture, la Torah. Pertanto, la Torahnon vista soltanto come Legge o come Racconto, come un insieme di testi chesi riducono al loro significato letterale. La Torah la manifestazione della vitadivina, essa un corpo mistico, vivente in cui racchiuso al contempo il sensoprofondo della vita divina, del cosmo e anche del destino storico del popoloebraico.

    Questi aspetti, presenti ancora in forma embrionale nelle correnti antiche delmisticismo ebraico, prendono forma in modo radicale ed organico nelle specu-lazioni della Kabbalah medioevale. Nasce di qui una corrente di pensiero e diesperienze religiose di varia natura razionale ed estatica che si diramano fi-no ai tempi nostri, e le cui manifestazioni pi importanti sono lhassidismo del-lEuropa orientale, la Kabbalah della scuola di Safed e numerose altre correntiche si svilupparono anche in Italia.

    Non certamente possibile qui dare conto di sviluppi tanto vasti quanto ra-mificati e di enorme complessit. Esiste ormai su questi temi una vasta lettera-tura1. Poich ci limiteremo a dire qualcosa circa i rapporti fra Kabbalah e nume-rologia, trascureremo completamente le concezioni kabbalistiche relative al mo-do in cui si realizza il rapporto fra Dio, Cosmo e Uomo. Ricorderemo soltantoche esso descritto mediante una visione organicistica ed unitaria che descrivela vita divina come un organismo articolato in una sorta di flusso: esso rap-

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    1 Neppure ci sar possibile dare conto in modo esaustivo di questa letteratura secondaria. Ci limiteremo a indicarealcuni testi introduttivi fondamentali e soprattutto relativi allopera di Gershom Scholem e Moshe Idel. Di Scholem,oltre al classico [1], si vedano [3], [4], [5], [6]. Di Idel, oltre a [2], si vedano [7], [8], [9] e lintroduzione a [10]. Si ve-da inoltre la splendida antologia [11]. Unintroduzione alla Kabbalah semplice ma estremamente efficace data da[12]. Dei rapporti fra Kabbalah e pensiero scientifico ci siamo occupati in [13] e [14].

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  • presentato dal celebre albero delle Sefirth (Fig. 2), in cui si esprime il processodellemanazione a partire da Dio, che visto come il nulla assoluto, En Sof.

    Kabbalah vuol dire tradizione e anche ricezione. Ci configura un duplice si-gnificato: la Kabbalah ricezione del flusso divino,della saggezza che discende dal-lalto, e il kabbalista colui che utilizza tutti i mezzi dallelevazione estatica alla-nalisi esegetica dei testi per stabilire questo flusso interattivo con la divinit; ed, al contempo, trasmissione dei significati pi profondi ed autentici della tradizio-ne, per cui il kabbalista il custode pi fedele dei principi della religiosit ebraica.In effetti, il kabbalista non , in linea di principio, un eterodosso. Al contrario, egliassume in pieno la difesa della tradizione e dei testi sacri che la esprimono. Tutta-via, le conseguenze del suo approccio assumono talvolta un carattere eterodosso epersino eversivo. Difatti, nellesegesi del testo biblico, il kabbalista tenta di dissol-vere la superficie del significato evidente del racconto, per scoprire una moltepli-cit di significati nascosti e profondi. Con estrema audacia, nello Zohar (il librodello Splendore, il massimo testo kabbalistico medioevale) si afferma:

    Guai a colui che considera la Torah come un libro di semplici racconti e fac-cende quotidiane. Poich se essa fosse questo, ancora oggi potremmo compor-re unaltra Torah che trattasse di queste cose e fosse molto migliore ancora.

    Pertanto, il senso letterale della Torah oscurit, mentre il senso mistico zo-har, splendore. Nella svalutazione dell'interpretazione testuale, il kabbalista Mo-s Cordovero di Safed si spinge fino al punto di dire che la Torah materiale con-tiene divieti angosciosi e miserabili che sarebbero incomprensibili senza lacaduta dovuta al peccato originale.

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    Fig. 2 Il diagramma delle 10 Sefiroth (o emanazionidivine) tratto dalledizione di Cracovia del 1591 del Pards Rimmonim del kabbalista spagnoloMoshe Cordovero

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  • Secondo Gershom Scholem il massimo studioso della Kabbalah nel Nove-cento , i principi che svolgono una funzione fondamentale nelle idee kabbali-stiche circa la natura della Torah sono tre: il principio del nome di Dio; il princi-pio della Torah come organismo; il principio della infinita ricchezza di significa-to della parola divina.

    Il primo principio pu essere espresso dicendo che la Torah non soltanto rac-conto ma nasconde una serie di nomi di Dio. Secondo il kabbalista spagnolo delDuecento, Mosh ben Nachman, noi possediamo una tradizione autentica se-condo cui la Torah intera consiste di nomi di Dio, e questo in modo che le paro-le che leggiamo possono anche essere suddivise in una maniera completamentediversa, e precisamente in nomi []. Secondo il kabbalista spagnolo della finedel XIII secolo, Joseph Gikatila,lintera Torah come una spiegazione o un com-mento del tetragramma JHWH ed come un tessuto vivo formato dai fili deltetragramma. Secondo il punto di vista di Menachem Recanati (vissuto attornoal 1300), prima che fosse creato il mondo esistevano soltanto Dio e il suo nomee anzi Dio stesso la Torah poich la Torah non qualcosa al di fuori di Lui, edEgli non qualcosa al di fuori della Torah. E Recanati spiega questa identifica-zione radicale fra Dio e parola, asserendo che le lettere sono il corpo mistico diDio e perci Dio sta alla Torah come lanima sta al corpo. Per Abraham Abulafi(maestro di Gikatila), la Torah fu scritta mediante permutazioni di consonantisecondo principi nascosti che occorre riscoprire. In conclusione, la Torah da unlato comunicazione alluomo e dallaltro manifestazione cosmica della vita di-vina. Si pu quindi capire che le tecniche di manipolazione, di combinazione edi lettura dei nomi divini dovevano essere un metodo per entrare nel flusso rea-le della vita divina. Ad esempio, lo schema linguistico rappresentato nella Fig. 3dava conto del modo con cui il processo creativo risultava da permutazioni del-le lettere del Tetragramma, ovvero del nome di Dio.

    Si noti che gli schemi linguistici suggerivano spesso delle vere e proprie tecni-che con cui il kabbalista ripetendo lettere e combinazioni di lettere entravain uno stato di elevazione estatica che gli permetteva di avvicinarsi alla contem-

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    Fig. 3 Dalledizione del 1550 di Or Ya-qar di Moshe Cordovero. Lemanazionedivina nel cosmo corrisponde a un at-to linguistico in cui Dio manifesta sestesso attraverso il proprio nome. Nonsi tratta di unenunciazione sonora, madi un procedimento grafico attraversocui ognuna delle quattro lettere del Te-tragramma viene collocata in corri-spondenza delle quattro direzioni del-lo spazio. Da esse si sviluppano altrigruppi di consonanti attraverso criteridi permutazione alfabetica caratteristi-ci della dottrina kabbalistica. Il diffon-dersi dellenergia divina il risultatodi una serie di permutazioni dellequattro lettere del Tetragramma.

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  • plazione dei segreti della vita divina. Osservando la forma delle lettere e permu-tandole, il mistico poteva immergersi nella struttura segreta del mondo. Un mez-zo che veniva frequentemente usato era la ruota delle lettere, ovvero un disegnocircolare (o ruota materiale) su cui erano tracciate le 22 lettere dellalfabetoebraico. Muovendo la ruota in avanti o allindietro era possibile imitare linfini-ta espansione dinamica linguistica che ha dato origine al cosmo (Fig. 4)

    La Torah quindi un insieme di nomi ma anche un organismo vivente, espressione della vita divina che si manifesta come un organismo. Le membra diquesto organismo sono talora viste come le membra della presenza divina o She-khinah. Legge cosmica e legge terrena non sono separate ma sono soltanto duefacce della Torah. Questa visione strettamente legata alla dottrina delle Sefirtho canali dellinflusso di Dio del cosmo, cui abbiamo accennato sopra.

    Veniamo ora al terzo aspetto, quello della infinita ricchezza di significato dellaparola divina, un aspetto per cui la Kabbalah ha esercitato unimportante influs-so sul pensiero rinascimentale, in particolare attraverso Pico della Mirandola2.

    Scrive Mos de Leon nel suo Midrash ha-Neelam:

    Le parole della Torah sono paragonate a una noce. Che cosa significa questo?Esattamente come la noce ha un guscio esterno e un nucleo interno, cos an-che ogni parola della Torah contiene maaseh, midrash, haggadah e sod, e inogni momento rappresenta un senso pi profondo di quello precedente.

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    2 Si veda, in merito, lopera fondamentale [15]

    Fig. 4 In questa ruota contenuta in un manoscritto mantovano si ha una tripla rappre-sentazione dellalfabeto (Yehudah ben Nissim ibn Malka, Perush ha-Tefilloth, XIII sec).

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  • Maaseh (che significa insieme racconto atto, evento) il significato letterale;Midrash il risultato del metodo ermeneutico con cui i talmudisti trovavano leloro disposizioni nel testo biblico; Haggadah il prodotto della forma allegoricao metaforica dellinterpretazione; Sod il mistero, ovvero il senso nascosto piprofondo. Mos de Lon cos interpreta lantica storia talmudica dei quattro rab-bini, Akib, Ben Zoma, Ben Azzai e Aher: essi entrarono al paradiso e luno videe mor, il secondo vide e perse il senno, il terzo isteril le giovani piantagioni. So-lo rabbi Akiba entr sano e usc sano. Per Mos de Lon le quattro consonantiPRDS della parola paradiso, PARDS, sono il simbolo dei quattro strati di sensodella parola. L'equivalenza la seguente: P = Peshat = senso letterale = Rabbi As-her che vide e mor; R = Remetz = senso allegorico = Rabbi Ben Zoma che vide eperse il senno; D = Derasha = interpretazione talmudica = Rabbi Ben Azzai cheisteril le giovani piantagioni (cio travi i giovani); S = Sod = mistero o signifi-cato mistico = Rabbi Akib che entr sano e usc sano spingendosi fino al nucleo.

    Questa visione affascin Pico della Mirandola il quale osserv:

    Proprio come noi, anche gli ebrei conoscevano quattro metodi per spiegare laBibbia, quello letterale, quello mistico o allegorico, il metodo tropico e quello ana-gogico. Chiamano il senso letterale peshat, quello allegorico midrash, il senso tro-pico sekhel, e il senso anagogico che quello pi sublime e divino Kabbalah.

    La Fig. 5 illustra in modo assai efficace la sintesi della concezione della molte-plicit degli strati di senso e delle Sefirth. Qui le Sefiroth sono rappresentate me-diante le loro lettere iniziali e vengono incapsulate come gusci di noci e gherigli.

    Una delle tecniche privilegiate per penetrare i significati reconditi e profondidelle Sacre Scritture era quella numerologica. Essa ha come fondamento il fattoche, nellalfabeto ebraico, ogni lettera ha un valore numerico determinato e qual-siasi numero viene rappresentato mediante una combinazione di lettere. Vice-versa, ad ogni parola pu essere associato un valore numerico. Il modo pi sem-plice di farlo di associare alla parola la somma dei valori numerici delle lette-re di cui formata, anche se, come vedremo, ne esistono altri.

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    Fig. 5 Diagramma delle dieci Sefirth.(Moshe Cordovero Pardes rimmo-nim, Ed. del 1591, Cracovia)

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  • La visione numerologica ha radici antiche, di cui troviamo traccia nel primo epi celebre testo della mistica ebraica, il Sefer Yetsirah (Libro della Formazio-ne) redatto nel VI secolo. Vi troviamo una rappresentazione (Fig. 6) che sinte-tizza in modo sorprendente la visione delle lettere come elementi costitutivi del-luniverso con il pitagorismo.

    Come ha osservato Giulio Busi,gi nel Sefer Yetsirah le consonanti dellalfabe-to ebraico erano considerate i semi di tutte le cose e rappresentavano le forze pri-migenie della realt. I cabbalisti potevano pertanto appoggiarsi su una lunga tra-dizione interpretativa, basata sulla convinzione che la lingua ebraica contenessein s la chiave del creato. Essi ritenevano che il passaggio dalle frasi bibliche ai piminuti dettagli del mondo materiale fosse avvenuto grazie a una serie di permu-tazioni, che avevano trasformato le parole pronunziate da Dio nei nomi concretidi tutte le cose []. Le parole ebraiche, e ancor pi le lettere che le formano, so-no lanima segreta, la forza nascosta che sostiene le apparenze: studiare le combi-nazioni tra le lettere significa allora comprendere la vera essenza del creato [16].

    La determinazione dellequivalenza di concetti mediante il calcolo del valorenumerico delle parole con cui essi si esprimono si basa sulle tecniche della co-siddetta ghematria. Esistono numerose modalit della ghematria. La forma dibase data dalla ghematria semplice cui abbiamo gi accennato e che consistenel sommare i valori numerici delle lettere di cui composta la parola. Ne for-niamo alcuni esempi.

    Nella Fig. 7 vediamo come la somma dei valori delle parole av = padre e m =madre equivalga al valore della parola yled = bambino. Difatti, bambino vale44, che la somma dei valori di padre (3) e di madre (41). La ghematria for-nisce cos una suggestiva dimostrazione del fatto che il figlio la sintesi deigenitori.

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    Fig. 6 Al centro il Tetragramma sotto la forma di Tetraktys pitagorica. Ai vertici deltriangolo le lettere madri (alef, mem, shin), ovvero aria, acqua e fuoco. Nel primo cer-chio altre sette lettere corrispondenti ai sette pianeti. Nel secondo cerchio le altre dodicilettere dellalfabeto che corrispondono ai dodici segni dello zodiaco (Da un manoscrittodel Sefer Yetsirah del VI secolo)

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  • Av Em

    alef , bet = 1 + 2 = 3 alef , mem = 1 + 40 = 41

    Yled

    yod , lamed, dalet = 10 + 30 + 4 = 44

    Fig. 7.

    Un altro esempio di ghematria, dato da quella che dimostra lequivalenza frala parola En Sof (infinito, nulla) e la parola Or (Luce), entrambi dotati del valore207 (Fig. 8).

    En Sof Or

    alef , yod, nun, samech, vav, pe = alef, vav, resh = 1 + 6 + 200 = 2071 + 10 + 50 + 60 + 6 + 80 = 207

    Fig. 8.

    Nella tradizione kabbalistica sono state usate molte altre forme di ghematria.Ne citiamo alcune. La piccola ghematria consiste nel procedere come in quellasemplice, con la clausola che di ogni numero si considera una sola cifra, la pri-ma: ad esempio 10 ridotto a 1, 200 a 2, ecc. La ghematria semplice dispiegataconsiste nel considerare la scrittura esplicita di ogni lettera come se, nel nostroalfabeto, sostituissimo f con effe e nel calcolare il valore della lettera dis-piegata, per poi eseguire la somma di tutti i numeri ottenuti. La ghematria di-namica cumulativa tiene conto del processo di formazione di una parola: cosyeled dato dalla sequenza y, yl, yld si noti che, in ebraico, si scrivonosoltanto le consonanti e si somma il valore di ogni termine della sequenza. Laghematria differenziale considera invece il valore della differenza tra i valori didue lettere. Esistono poi diverse tecniche di ghematria combinatoria: si stabili-sce una regola di permutazione fra le lettere e si riscrive il testo secondo questaregola, studiando poi quel che si ricavato3.

    Una delle pi celebri ghematrie semplici, che ha avuto una notevole influenza

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    3 Per maggiori dettagli si veda [17].

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  • filosofica, dovuta al kabbalista spagnolo Abraham Abulafi. La sua storia sta-ta accuratamente ricostruita dal massimo esperto vivente della Kabbalah, Mos-he Idel, ([27]).

    La ghematria consiste nel constatare lidentit numerica della parola Elohm(Dio) e della parola ha-Teva (Natura). Entrambe hanno il valore numerico 86.Nel rilevare questa identit numerica, Abulafi osserv che anche la parola ha-Kiss (Trono) ha il valore numerico 86. E lo stesso valore ha anche la parolaMaaseh che significa racconto, opera, atto, evento, ma anche tavole. Le tavo-le dice Abulafi, sono dette maaseh perch sono naturali, e simili alle altreazioni divine. Per comprendere il senso di questultima affermazione e perchquesta molteplice identit sia fondamentale per Abulafi, occorre tener conto delfatto che egli aderisce al principio caratteristico del pensiero di Maimonide se-condo cui la natura rappresenta sia il livello materiale (corporeo) che il livellospirituale della realt. Le tavole sono lespressione pi chiara di tale duplicesenso del concetto di natura, in quanto sono al contempo un oggetto di pietra(un corpo), e lespressione della legge, ovvero degli aspetti spirituali e deiprincipi etici che governano luomo e che hanno origine divina. Scrisse, al ri-guardo, Abulafi:

    Le tavole [della legge] sono un omonimo delle cose naturali interiori, perchtavole equivalente a Kiss (trono) che Teva (Natura) ed esse sono [omoni-mo delle cose esterne che sono le tavole di pietra.

    E di qui il senso che ha il nome di Dio Elohim, che rappresenta loggetto del-latto della creazione pi che il suo agente:

    Il nome Elohim comporta molti significati: un appellativo della totalit del-le forze naturali; fa parte dei nomi della Causa prima; e si riferisce anche a unodei Suoi attributi, per i quali, sia gloria a Lui, separato dalle altre entit.

    Osserva, al riguardo, Idel circa il senso dellequazione Elohim = ha-Teva:

    essa designa la natura interiore, spirituale, e lapprensione esterna, ipostaticadella natura e dellordine della natura, ovvero un dominio spirituale creato al-linizio e che regola i processi naturali, che sono, di conseguenza, consideratianche come divini.

    Non seguiremo lanalisi con cui Idel mostra il diramarsi della ghematria Elo-him = ha-Teva nella letteratura kabbalistica, e i suoi influssi sulla speculazionefilosofica fino alla enunciazione del principio Deus sive Natura da parte di Ba-ruch Spinoza. In tale contesto ebbe un ruolo particolare un trattato del kabbali-sta spagnolo Josef Gikatila, che, ristampato a Hanau nel 1615, era considerato unclassico della Kabbalah ampiamente circolante negli ambienti filosofici dell'epo-ca, e quindi certamente conosciuto da Spinoza.

    Questo esempio mostra che luso delle tecniche di identificazione numerica(che laspetto che ha dato luogo allimmagine tradizionale e comune della Kab-

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  • balah) non un procedimento di manipolazione con cui si ottengono delle iden-tificazioni concettuali come conseguenza di un gioco di identit numeriche. vero il contrario. Luso delle identit numeriche una sorta di procedimento di-mostrativo della verit di concetti ottenuti attraverso lesegesi mistica e quindidella verit delle leggi fondamentali che regolano la vita di Dio e del cosmo. Purnellevidente ingenuit di queste procedure, ci troviamo di fronte a una primaforma di uso di una sorta di calcolo simbolico-aritmetico allo scopo di determi-nare le leggi dellUniverso. Certo, queste leggi non sono cercate nello studio del-la Natura, ma nello studio della Torah: ma la Torah la Natura.

    Non soltanto la dottrina del quadruplice strato del senso ma, come ha osser-vato Idel, anche lidea che il libro divino la chiave che permette di compren-dere il libro della natura [] finisce per introdursi nel pensiero del Rinasci-mento per lintermediario di Pico della Mirandola (Fig. 9). E vi si introduce as-sieme a una visione neo-pitagorica secondo cui le leggi del libro della Natura so-no dato mediante regole numeriche. evidente l'assonanza con lidea di Galileosecondo cui il libro della Natura stato scritto da Dio in linguaggio matematicoed compito dell'uomo scoprire questo linguaggio, le sue leggi. Certo, in Galileoquestidea ormai congiunta a una visione oggettivistica che esclude la ricercadi queste leggi nellesegesi delle Sacre Scritture, perch esse non si identificanopi con Dio: vale lidentit Dio = Natura, ma non pi lidentit Dio = Sacre Scrit-ture. E, per quanto la transizione sia graduale e complessa e sarebbe una for-zatura grossolana attribuire a Galileo una visione apertamente sperimentalista, innegabile che stiamo assistendo alla nascita delloggettivismo, allemergeredi una nuova divisione quella fra uomo e Natura che finir progressivamen-te con labolire o mettere in secondo piano lidentit Dio = Natura che pure haun ruolo concettuale fondamentale nella nascita del pensiero scientifico moder-no. Questo punto di partenza continua tuttavia a giocare un ruolo fortissimo

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    Fig. 9

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  • nellidea che il mondo scritto nel linguaggio dei numeri, in simboli, infine informule matematiche.

    Concludiamo questa rassegna di idee molto generiche con un riferimento a unartista che, verso la fine della sua vita, sub il fascino e linflusso del kabbalismoe delle tecniche numerologiche. un riferimento particolarmente appropriato aVenezia: difatti, alludiamo al celebre musicista veneziano Luigi Nono (Fig. 10),che ho avuto la fortuna di conoscere parecchi anni fa.

    In un recente articolo, Laurent Feynerou [18] ha ricordato come Nono, agli ini-zi degli anni ottanta, si interess molto al pensiero kabbalistico. Dal 1982 al 1985,egli acquist in Spagna molte opere sullebraismo e in particolare testi di Kab-balah e sulla Kabbalah. In un articolo del 1988, cos scriveva:

    In Spagna ho trovato un testo anonimo, del XIV secolo: il Sefer Yetsirah; con-teneva la descrizione delle 10 sefirot divine. Leggere quel libro, considerarlouna componente del pensiero di Schnberg, mi ha aiutato a conoscere Schn-berg. E, attraverso Schnberg, a pensare ad idee musicali che non siano solotecniche, ma formazioni di apporti multiculturali [19]

    E cos proseguiva:

    Le ventidue lettere sono scolpite nella voce, incise nell'aria, collocate durantela pronuncia in cinque luoghi: nella gola, nel palato, nella lingua, nei denti enelle labbra, cos insegna il Sefer Yetsirah.

    Luigi Nono intendeva leggere lopera vocale di Schnberg alla luce della co-smogonia come pure dei fonemi ebraici, e in particolare lincidenza delle conso-nanti (sia gutturali che palatali, che linguali, che dentali, che labiali) sullinspira-zione e lespirazione nel trattamento corale e nello Sprachgesang schnberghia-no nonch sui microintervalli e sui microtoni. Cos egli arrivava alla conclusioneche il fondamento del pensiero schnberghiano riposava sulla Cultura, sul gran-

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    matematica e cultura 2003

    Fig. 10

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  • de conflitto, [] legato direttamente al pensiero cabbalistico ed alchemico delRinascimento, superando lopposizione fra scuola pitagorica e platonica [20].

    Chiudiamo con questa testimonianza significativa, in quanto cos recente che rende conto del fascino e della vitalit di una forma di speculazione per tan-to tempo avvolta in una nube di mistero ed anche di mistificazioni e di equivoci.

    Bibliografia

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    [15] C. Wirszubski (1989) Pico della Mirandolas Encounter with Jewish Mysticism, Cam-bridge, Harvard University Press

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    La Kabbalah e la mistica dei numeri

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