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LA MITOLOGIA NELLE PRIME IMITAZIONI DELLA DIVINA COMMEDIA

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LA MITOLOGIA NELLE PRIME IMITAZIONI DELLA DIVINA COMMEDIA Author(s): Domenico Bassi Source: Aevum, Anno 11, Fasc. 1/2 (GENNAIO-GIUGNO 1937), pp. 203-235 Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore Stable URL: http://www.jstor.org/stable/25819025 . Accessed: 14/06/2014 09:14 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Aevum. http://www.jstor.org This content downloaded from 194.29.185.25 on Sat, 14 Jun 2014 09:14:25 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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LA MITOLOGIA NELLE PRIME IMITAZIONI DELLA DIVINA COMMEDIAAuthor(s): Domenico BassiSource: Aevum, Anno 11, Fasc. 1/2 (GENNAIO-GIUGNO 1937), pp. 203-235Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro CuoreStable URL: http://www.jstor.org/stable/25819025 .

Accessed: 14/06/2014 09:14

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LA MITOLOGIA NELLE PRIME IMITAZIONl DELLA DIVINA COMMEDIA

Sono, in ordine di tempo, P Amoroso, Visione del Boccaccio, scritta, col Ninfale d' Ameto o Commedia delle ninfe fiorentlne, dove pero Pimitazione dantesca e meno appariscente, fra il 1341 e il 1342 (1); il Dittamondo di Fazio degli Ubertu di pochi anni dopo (1346?); i Trionfl del Petrarca, incominciati, come comune

mente si ammette, nel 1357, interrotti, e poi ripresi e continuati sino alia piu tarda eta; e il Qaadrireglo di Federico Frezzi, in

parte composto prima del 1394, e compiuto tra il 1400 e il 1403. Sono tutte imitazioni, specialmente le due, nella parte dottrinale e allegorica, di Fazio e del Frezzi, che non si accostano, pur da

lontano, alia grandezza del loro modello, in generale; e anche

per cio che riguarda la mitologia in particolare, rimangono molto al di sotto delle rappresentazioni dantesche.

(1) Secondo il Carducci, Dante, Petrarca e il Boccaccio in Prose. MDCCCLIX-MCMII (Edizione definitiva. Bologna, 1933. XI), p. 199, " V Amorosa Visione [fu] composta nel 1343 (vedi la n. 1 a p. 206) e, se non la prima, [e] certamente la meno indegna tra le prime imitazioni dei poema

" [dantesco]. Non e improbabile che ci siano state imitazioni ante

riori; ma io tengo conto soltanto di quelle a stampa, che sono le cinque indicate quassii.

? E noto che Cecco d'Ascoli (Francesco Stabili) si da il vanto nella sua Acerba, IV xm, di non aver imitato la Divina Com

media e ne deride grossolanamente le poetiche invenzioni. E rimasto famoso il suo verso: " Le favole mi fur (nelFedizione di Venezia, 1516, che ho sotfocchio: son) sempre nemiche " (vedi Carducci, Dante e Veta che fu sua in op. cit., pp. 163-174); cio non toglie

? F osservazione e mia ? che egli invochi Apollo (IV ix: " O buon Apollo fa' miei sensi

ingordi j E tolime lo ben delF intelletto | Nanzi ch* io parli con questi animi sordi "), che pure era una favola, come tutti gli altri " dei falsi e

bugiardi "; e che presti cieca fede alle panzane intorno alia salamandra, al camaleonte, al pesce alech (" alech in aqua [sic] et in terra talpa "), e celebri la virtu della fenice (III vn e n).

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COMUNICAZIONI

Nel poema di Dante, il quale non pote attingere, giova ricor

dare, direttamente ad Omero (1), e a ben poco gli saranno o gli sarebbero serviti (e dubbio se egli si sia degnato pur di consul

tarli) gli sparsi saggi di versione (2) e alcune parafrasi latine me

dievali, le reminiscenze, numerosissime e di vario genere, delPeta

mitologica della Grecia hanno un rilievo che e alPaltezza di tutte le altre concezioni. Basti pensare alle figure di Capaneo, di Ca

ronte, di Flegias, di Minos, alle scene di Cerbero, di Gerione, del

Minotauro, e alle Arpie, ai Centauri, alle "feroci Erine", ai Giganti. Miti e in maggior numero leggende, propriamente dette, ora con cenni quanto mai sostanziali ed espressivi (3), ora, piu di rado, come e naturale, con una certa ampiezza (4), rivivono, per Parte

(1) II testo dei poemi omerici fu riiandato in dono al Petrarca nel 1353 da Niccolo Sigeros e venne allora conosciuto per la prima volta in Italia. L'acquisto di un esemplare greco, fatto dallo stesso Petrarca a

Padova, e posteriore, come pure la traduzione latina di Leonzio Pilato, commessagli dal Boccaccio (vedi Voiqt, // risorgimento delVantichitd clas sica ..., traduzione del Valbusa, I [Firenze, 1888], pp. 52-53 e Festa, Umanesimo [Milano, 1935. XIII], pp. 7 sg., 14). La traduzione, del Pilato, del 1? canto dei due poemi fu pubblicata dalPHoRTis, op. cit piii avanti

pp. 543-576.

(2) Di uno pero si valse, cioe della versione di Cicerone, in De finibus V 18, 49, di un passo delYOdissea, XII 184-191, il solo che Dante conobbe di questo poema; vedi le note dei commentatori della

Divina Commedia (cito Io Scartazzini e il Passerini, che ho sott'occhio) a Purg., XIX 22.

(3) Alcuni esempi, come nella nota seguente. Miti: Rea, Inf., XIV 100-102. Latona, Purg., XX 130-132. Apollo e Dafne, Par., I 31-33; e

Marsia, 20-21. Diana ed Elice (Callisto), Purg., XXV 130-132. Proserpina e Cerere, Purg., XXVIII 49-51. Glauco, Par., I 68-69. Le Piche, Purg., I 10-12. Eco, Par., XII 14-15. ? Leggende: Anfione, Inf. XXXII 11. Niobe,

Purg., XII 37-39. Almeone, Purg., Xll 50-51, Par., IV 103-105. Giocasta, Purg., XXII 56. Eteocle e Polinice, Inf., XXVI 53-54. Ismene, Purg., XXII 111. Europa, Par., XXVII 84. Pasifae, Inf., XII 13, Purg., XXVI 41-42, 86-87. Dedalo e Icaro, Inf., XVII 109-111, Par., VIII 125-126. Ippolito, Par., XVII 46-47. Agamennone e Ifigenia, Par.,V 69-72. Calcante, Inf., XX 110-111. Achille e Deidamia, Inf., XXVI 62; (e Polissena), Inf., V 65-66. Circe, Purg., XIV 42. Ercole e Iole, Par., IX 101-102. Nesso e Deianira, Inf., XII 67-69. Meleagro, Purg., XXV 22-23. Demofoonte e Fillide, Par., IX 100-10L Mirra, Inf., XXX 37-39. Leda, Par., XXVII 98. Semele, Par., XXI 6.

(4) Miti: Gigantomachia, Inf., XXXI 91-96, Purg., XII 28-33. - Leg gende; Anfiarao, Inf., XX 31-36. Tiresia, ib., 40-45. Atamante, Inf. XXX 4-12. Giasone, Inf., XVIII 86-96. Achille a Sciro, Purg., IX 34-39. Ecuba,

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COMUNICAZIONI

somma del poeta, attraverso Virgilio, Ovidio, Lucano, Stazio, Se neca e altre fonti, di nuova vita,

* rinnovellati di novella fronda \ Altrettanto non si puo certamente dire degli imitatori di Dante,

e non solo, Pavvertenza e superflua, di Fazio e del Frezzi, poeti minorum gentium, ma anche del Petrarca e del Boccaccio. Nel VAmorosa Visione abbondano le enumerazioni, quasi sempre aride, di nomi di eroi ed eroine, spesso frammisti per giunta a quelli di personaggi storici, e di simili enumerazioni c'e un vero abuso nei TrionfL Per tal modo le figure e le favole mitologiche ricor date ed esposte dai quattro poeti sono naturalmente assai piu numerose che nella Divina Commedia, ma e proprio il caso di dire che la quantita va a scapito della qualita'. Alcune narrazioni, che riguardano sia gli dei [miti] sia gli eroi [leggende], sono

diluite in tal mare di parole, che piu molto difficilmente potreb bero essere. Mi si obiettera che le scarne enumerazioni e i prolissi racconti concernono al postutto soltanto la forma: sta bene; pero non si capisce davvero perche, per esempio, la leggenda di Perseo

venga esposta minutamente in quasi tutti i suoi momenti e quella di Meleagro sia appena accennata; di poche delle fatiche di Ercole si faccia, d'ordinario, menzione, confondendosi inoltre i '

parerga' cogli

* athla e delle imprese di Teseo se ne ricordino anche meno. S'intende come gli amori di Giove, in quanto dio supremo, siano narrati con gran lusso di particolari, mentre, eccettuato

Apollo, si tocca appena di quelli di altri dei, che in libertinaggio (sia pure allegorico o simbolico pel significato, non pero nel mito in se) non la cedettero a lui. E bensi vero che i quattro poemi (adopero la parola in largo senso) non sono trattati di mitologia, e con pari diritto c'entrano la storia, la geografia e piu altre scienze; ma e anche vero che certe omissioni non trovano la loro

ragion d'essere. Credo che metta conto inoltre di richiamare Fat tenzione sul fatto che piu di una volta nelle enumerazioni di nomi di persona, questi sono imposti dalla rima nelle terzine e

quindi appariscono dove meno si aspetterebbero; e che non man

cano, come notero a loro luogo, strane confusioni: cio che in nessuna delle molte reminiscenze mitologiche nella Divina Corn media non avviene mai.

Inf., XXX 16-21. Ulisse, Inf., XXVI 90-142. - Non ho tenuto conto ne in questa ne nella nota precedente dei miti romani ricalcati sui greci; di leggende eroiche romane non si puo parlare: quella di Enea e in parte greca e foggiata sulla leggenda di Ulisse.

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COMUNICAZIONI

* #

Poiche, giova ripetere, Pimitazione dantesca vi e meno appari scente, e per di piu non si tratta di una visione, come nei quattro poemi, bensi di un'opera, in prosa e in terzine. che tiene del romanzo e della poesia bucolica, sara bene sbarazzare prima il

campo dalFAmeto (1). Argomento, in breve: un pastore, appunto Ameto, della Val di Mugnone, amante di una ninfa, Lia, assiste ai riti ivi celebrati in onore di Venere, e ode i racconti che Pamata e altre sei ninfe fanno, ciascuna, dei propri amori. L'av ventura finisce col tuffo di Ameto, per mano di Lia, in una fonte; e cosi egli puo deliziarsi della vista della "santa dea". E tutta

un'allegoria: le sette ninfe sono le quattro virtu cardinali e le tre

teologali, per la cui opera si compie il perfezionamento morale delPuomo (Ameto), reso degno per tal modo di acquistare Pintel

ligenza di Dio: concetto in tutto cristiano (2), affogato (mi si

passi Pimagine secentesca) in un lago di paganesimo. II tuffo nella fonte richiama evidentemente alP immersione di Dante nel fiume Lete del canto XXXI 94 sgg. del Purgatorio, luogo a cui si e

ispirato, come fu avvertito da vari storici della nostra letteratura, il Boccaccio per VAmeto.

A proposito di paganesimo cioe, insomma, di mitologia, allora, come scienza, materia nuova, vuolsi qui osservare che di questa fu cultore insigne, anzi addirittura entusiasta, il Boccaccio. Oltre ai due poemi, di argomento prettamente mitologico, il Filostrato

(1) G. Koerting, Boccacio's Leben und Werke. Leipzig, 1880, pp. 507 526 (egli crede [p. 547] che P Ameto sia stato composto nel 1340/41 e P Amorosa Visione circa il 1342). M. Landau, Boccaccio. Sua vita e sue opere, traduzione di C. Anton a Traversi. Napoli, 1881, pp. 146-151 (va tenuto conto anche delle note del traduttore). Nessun accenno alPargo mento speciale trattato da me ne in codesti due libri ne in alcuna delle Storie della letteratura italiana nostrane e straniere. ? Seguo P edizione senza note di Ig. Moutier. Firenze, 1834.

(2) "... nelPAmeto Pallegoria gia ecclesiastica si secolarizza; e Pin treccio della prosa co '1 verso si svolge qui con libera e pomposa ric chezza in vaghi ricami, fiorisce dalle innovate bellezze delle ecloghe ed elegie antiche meravigliate quasi di acconciarsi cosi leggiadramente in una lingua uscita pur ora dal fiero duecento per offerire larghissimi contorni alia favola e alia moralita principale, Puomo plebeo del medio evo che si trasmuta merce P amore e la poesia in nobile e generoso

Carducci, Ai parentali di Giovanni Boccacci in op. cit.r p. 778 sg.

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C0MUNICAZ10NI

e la Teseide (di mitologia ce n' e molta anche nel Ninfale ficso land), egli compose il primo manuale completo di mitologia del medio evo, De genealogiis deorum gentilium (1), opera in tutto e

per tutto di gran lunga superiore alle magre compilazioni dei secoli precedenti (2): una vera enciclopedia della scienza rnitolo

gica. Nulla o ben poco ne diminuisce Timportanza il fatto che il Boccaccio interpreti e spieghi tutti i miti, nessuno eccettuato, simbolicamente e allegoricamente (3); cio era nel costume del

(1) A. Hortis. Studj suite opere latine del Boccaccio ... Trieste, 1879, pp. 155-219.

(2) II giudizio del Voigt, op. cit, p. 172 (vedi anche pag. 173), che " la Mitologia (del Boccaccio) non e che un'accozzaglia confusa e indi

gesta di fatti e di notizie " b troppo severo. Fra le compilazioni dei secoli

precedenti sono da ricordare quelle, sotto forma di genealogie degli dei e degli eroi, di Paolo da Perugia, di Franceschino degli Albizzi e di Forese dei Donati: vedi Hortis, op. cit., pp. 525-542.

(3) Nessuno finora ha notato che anche nella sua Vita di Dante il Boccaccio indulge a interpretazioni di favole mitologiche. Mette conto di recare tutto il luogo: "... li nostri poeti, fingendo Saturno avere molti

figliuoli, e quelli, fuori che quattro (no! uno solo, Giove, che Rea gli sottrasse col noto inganno), divorare tutti, nessuna altra cosa vollono per tale fizione farci sentire, se non per Saturno il tempo nel quale ogni cosa si produce, e come ella in esso e prodotta, cosi esso di tutte e cor

rompitore, e tutte le riduce a niente. Come gli Dei sono figurati per gli elementi, i quattro suoi figliuoli, non divorati da lui, Puno e Giove, Fele mento del fuoco (invece nelPAmeto, p. 28, comparisce, quale era vera

mente, nel ciclo degli Dei Olimpici [in quello, anteriore, degli Dei Titanici, era stato Urano], come dio del cielo: "tenendo Apollo con chiaro raggio il mezzo del rubatore di Europa ", ossia: essendo mezzodi); il secondo e Giunone, sposa e sorella di Giove, cioe Paere, mediante la quale il

fuoco quaggiii opera gli suoi effetti; il terzo e Nettuno, iddio del mare, cioe Felemento delPacqua; il quarto ed ultimo e Plutone, iddio delPinferno, cioe la terra piu bassa che alcuno altro elemento. Similemente fingono li nostri poeti Ercole di uomo in iddio essere trasformato, e Licaone in

lupo, moralmente volendo mostrarci che virtuosamente operando, come

fece Ercole, 1'uomo diventa iddio per participazione in cielo, e viziosa

mente operando, come Licaone fece, quantunque egli paia uomo, nel vero

egli si puo dire quella bestia, la quale da ciascuno si conosce per effetto piu simile al suo difetto; siccome Licaone, per rapacita e per avarizia, le quali a lupo molto sono conformi, si finge in lupo essere mutato. Simi

lemente fingono i nostri poeti la bellezza de' campi elisii, per la quale intendono la dolcezza del paradiso; e la oscurita di Dite, per la quale prendono Famaritudine delPinferno; acciocche noi, tratti del piacere del Funo e della noia delFaltro spaventati, seguitiamo le virtu che in Eliso

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COMUNICAZIONI

medio evo, e per quanto codeste interpretazioni e spiegazioni siano strane, ne allora potevano essere quali furono poi (cioe alcune indubbiamente vere, altre molto probabili), non sono tutte da rigettare; e un tentativo di esegesi come qualsiasi altro.

Torno d\Y Ameto, premettendo che ne qui ne piii avanti non

tengo conto, naturalmente, delle frequenti metonimie, le solite del

linguaggio poetico: Bacco: vino; Cerere: grano, pane; Febo, e

Titan: sole; Marte: guerra; Vulcano: fuoco; ecc. Venere (1) e

quasi sempre figura mitica senz'altro. Gia nel " prologo cosi

nella prosa come nei versi ("Quella vertu che gia Fardito Orfeo | Mosse a cercar le case di Plutone ...") ha parte la mitologia, e anche piu nella " narrazione v. Dacche Fazione del romanzo si

svolge tutta in campagna, compaiono di questa piu volte (2) le divinita di ordine secondario, greche e romane (fra le une e le altre non si fa nessuna distinzione negli scrittori dal trecento fin

quasi al nostro tempo), Fauni, Satiri, Driadi, Naiadi e Ninfe in

geriere. La prima che canta delle compagne di Lia narra della

propria nascita da Liriope e dal dio fluviale di Beozia: " Cefiso con le sue piacevoli onde j Disteso in dritta e quando in torta

via, | Per la terra d' Aonia che gP infonde" (3). Ameto non si crede degno delF amore di Lia, perche egli "non e Giove" e "a

me," soggiunge, "non e la forma d'Adone, ne le ricchezze di

ci meneranno, e i vizii fuggiamo che in Dite ci farieno trarupare "

(ediz. Moutier cit., 1833, pp. 56-57). Questo genere di interpretazioni fisiche e

teologiche (le seconde, con intenti morali, erano gia state escogitate e

sostenute dagli scrittori ecclesiastici dei primi secoli del medio evo) delle favole del paganesimo godeva di largo favore ancora nel sec. XVI, come

risulta pur gia dal titolo di un'opera che allora ebbe granvoga: Natalis Comitis Mythologiae sive explicationum Fabularum libri X. In quibus omnia prope Naturalis et Moralis Philosophiae dogmata contenta fuisse demonstratur ... Venetiis, MDLXXXI (terza edizione del libro del Conti).

(1) A rigore scientifico: Demetra, Ares, Efesto, Afrodite (Bacco, seb bene piu spesso Dioniso, e Febo son gia, come e noto, nomi greci), e cosi, trattandosi di divinita greche: Zeus, Artemide, Ermes, Estia, Posei done, Eracles ..., e non Giove, Diana, Mercurio, Vesta, Nettuno, Ercole ...; ma in italiano tuttora si usano d'ordinario i corrispondenti nomi latini anche in opere scientifiche, e li uso qui anchMp, attenendomi a Dante, Petrarca, Boccaccio, Fazio degli Uberti, Frezzi. Tutti e cinque usano in differentemente Minerva e Pallade, non mai Atena.

(2) pp. 3, 8, 29, 69, 122, 143, 193. II Boccaccio ha sempre il plurale Driade, Naiade (singolare: Nais).

(3) p. 12.

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COMUNICAZIONI

Mida, ne la cetera d'Orfeo, ne la milizia di Marte, ne la sagacia d'Atlantide, ne la tirannia de' Ciclopi" (1). Accenni a molte divi

nita greche, e specialmente alle principali, Giove, Giunone, Venere, Diana, Apollo, Minerva, ... si trovano ad ogni pie sospinto; andrei

troppo per le lunghe, se m'indugiassi a indicarli non dico tutti, ma anche soltanto la maggior parte. Gli accenni non sempre si

limitano al nome delle divinita e ai loro attributi; non di rado, sia pure alia sfuggita, toccano dei loro miti: per esempio, gli amori di Venere e Marte; la punizione inflitta da Diana a Callisto e la sua vendetta contro Atteone, e quella di Latona contro Niobe; Plutone "invaghito del grazioso aspetto di Proserpina" (2). Assai meno brevemente e ricordata la Gigantomachia (3) li... quella

[potenza] della gente, che nimica | I monti Fun delP altro cari

cando, | Infino al ciel di quei facendo bica, | S' appressarono a

Giove minacciando | Per torli il regno, e 'n Flegra poi sconfitti | Da lui, ch' ancor li spaventa tonando

" (4).

Non meno numerose dei miti sono le leggende, di cui e fatta

menzione, dalle piu antiche di Grecia, per esempio quella di Li caone (5), alle posteriori di Roma: Enea che " ucciso Turno, con

la sua Lavina [sic] lieto tenne Laurenza, e die principio alia gente Giulia, de' quali della vergine sacra e di Marte Romolo trae invitta

(1) p. 17 sg. (2) pp. 4 e 38.-60 e 71 (Callisto); 82 e 119 (Atteone; senza accenno

esplicito alia dea, ma alia metamorfosi, anche pp. 11 e 63).-70 e 105.-117

rispettivamente.

(3) Sempre la Gigantomachia, e soltanto per eccezione (vedi p. 225 e la nota 3 ivi), la Titanomachia, di cui quella e una ripetizione (ma gia nelPantichita le due grandi lotte furono confuse Tuna colPaltra, cosi nelle

opere letterarie come in quelle d'arte figurata), viene ricordata dagli scrittori del medio evo e per lungo tempo anche dai posteriori.

(4) p. 73; vedi anche p. 96: " la terra, non avente ancora gustato il

sangue umano, nella battaglia di Flegra (p. 165: " le sparte membra de*

giganti in Flegra ") F assaggio "; dunque si tratta dei Giganti, noti ad

Omero, Odissea VII 58 sgg., dove compaiono come una schiatta di uomini di membra smisurate e scelleratissimi. I Giganti della battaglia di Flegra erano divinita, che tentarono di contendere a Giove e agli altri Dei Olim

pici la signoria del mondo. Due linee sopra, nel passo recato (p. 96), sono chiamati i " superbienti Giganti

(5) p. 96. E strano che il Boccaccio presenti i Giganti e Licaone come posteriori a

" Sardanapalo [che] venne a mostrare come le camere

s'ornino ", e a "Gaio Pensilia [che] trovo Fuso de* bagni non mai sa

puto ". 1 due nomi di figure mitologiche non sono usati metonimica mente.

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Aevum - Anno XI - 14

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COMUNICAZIONI

origine" (1). Enea e Feroe piu spesso mentovato, ben altre died volte passim, sMntende sulla scorta di Virgilio, che pero il Boc caccio non cita mai, come non cita mai Ovidio, la sua fonte

principale (Metamorfosi). Tra' personaggi delFeta eroica figurano, alcuni ripetutamente,

Ercole, Perseo, Teseo, Atalanta; Cadmo, Semele, Anfione, Agave e Penteo, Anfiarao, i figli di Giocasta; Giasone, Medea; Achille, Paride, Elena, Ulisse,

" il Nerizio duca", epiteto ovidiano (2); Dafne; Cefalo e Procri; Mirra; Salmace; Dedalo, Icaro; Ifi; Biblis e Cauno; Tereo e Filomena; Fillide e Demofoonte; le figlie di

Mineo, e piii altri. Come appare da questi nomi, e percorso in

lungo e in largo quasi tutto il campo delle leggende greche, tanto

individual!, le prime e le ultime indicate, quanto quelle di cicli eroici: il tebano, Fargonautico, il troiano. Anche degli eroi tal volta ricorre il nome colPaggiunta di un semplice accenno a

qualche momento della sua leggenda o a qualche sua caratteri

stica, tal altra la favola e esposta con una certa ampiezza. Reco alcuni esempi:

" Ercole domatore delle umane fatiche fu innamo rato" (3).

" Atalanta velocissima nel suo corso" Dafne sempre portante le verdi foglie era tenuta bella "

(4). " La tebana Semele

quando divinamente cognobbe Giove" (5). "Mirra abominevole

per li suoi amori" (6). " Anfione col suono della cetera le dure

pietre mosse a chiuder Tebe" (7). "

Elena, abbandonante le gia biancheggianti tempie di Menelao per le dorate di Paride "

(8). ?

Con una certa ampiezza: " Anfiarao nel cospetto de' Tebani la

sciando la terra per la fessura di quella subito co' suoi carri visito Dite "

(9). " Ad operar virtu gia molta gente | Nel mondo mosse,

tra le quai Perseo | Quella sperando vigorosamente, | Armato da Pallade ne rendeo | Vinto il Gorgone; e '\ miracol di Creta | Con ingegno sottil vinse Teseo. | Da questa ancora processe la

(1) p. 140 sg. (2) Metamorfosi, XIII 712; XIV 159, 563.

(3) p. 109.

(4) p. 101.

(5) p. 115.

(6) p. 90.

(7) p. 122.

(8) p. 136. Mi sia lecita un'osservazione, forse maliziosa: Menelao nel decimo anno della guerra di Troia era ancora biondo (?<xv^o<; Meve Xao; ntWIliade), e piu di dieci anni prima lo era indubbiamente, anche nelle "

tempie "; a cio il Boccaccio non ha pensato, mi pare. (9) p. 65.

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COMUNICAZIONI

lieta | Liberazion d'Andromeda, la quale | Poi di Perseo fu sposa mansueta" (1).

? Con maggior ampiezza: "I furti commessi di

Europa da Giove erano occulti, allorache il sollecito Agenore per la figliuola cercante, pietoso e dispietato divenuto ad una ora, la crudel legge impose al figliuolo Cadmo, il quale ricevuto il co

mandamento, ubbidiente e sbandito si fece insieme. E mentreche

egli, pellegrino, indarno la perduta sirocchia ricerca, nelPalto animo entrano eccelsi pensieri, cioe di dare a se ed a' compagni Sidonii nuove mura, e quinci avuto il consiglio d'Apollo, seguio la non

domata giovenca tra' monti Aonii: e dov' ella mugghiando finio il corso suo, insieme co' figliuoli de' serpentini denti fermd la terra nominata Beozia" (2). Questa narrazione della leggenda di Cadmo e un riassunto, proprio per sommi capi, e con omissione di alcuni particolari, che pure hanno la loro importanza, del rac

conto di Ovidio, Metamorfosi, HI 1-130. Esposta minutamente, in

prosa, con larghezza affatto inusitata neW Ameto, e la favola di Achemenide o Achimenide, come lo chiama il Boccaccio, dalla sua nascita, da Orcamo e Jonia, fino alia sua morte (3). La ver sione piu semplice della leggenda, che lo dice itacense e figlio di

Adamasto, abbandonato da Ulisse, di cui era compagno, in Sicilia nell'antro di Polifemo, e tratto in salvo da Enea, si trova in Vir

gilio, Eneide, HI 590-640, e in Ovidio, Metamorfosi, XIV 160-222. Tutte le altre avventure di Achemenide nel lungo racconto del Boc caccio sono invenzione di questo, che ha lavorato molto di fantasia.

Non mancano, come e facile supporre, nell'Ameto accenni qua e la (4) al mondo sotterraneo, alia via che vi conduce, alle sue

tenebre, ai suoi fiumi, ai dannati. E come da vari poeti romani, fra cui Ovidio, Metamorfosi, X 40-44, s' immagina che la soavita del canto di Orfeo, disceso nelPinferno a tentar di ricondurre seco la sua Euridice, reed un momento di riposo ai tormentati, cosi il Boccaccio fa dire da Ameto che il medesimo effetto avrebbe pro dotto la vista della bellezza di Lia e delle sue compagne:

" Tan

talo, Tizio, o qualunque altro tiene | Di Dite la citta, vedendo

queste | Sentiria gioia, obliando le pene "

(5).

(1) p. 157; vedi anche p. 65: "

quella spada con la quale Perseo la misera testa taglid di Medusa ".

(2) p. 161.

(3) pp. 161-172.

(4) pp. 137, 76, 77 ...

(5) p. 55. Forse a codesta idea antica si ispira la credenza medievale del "

riposo dei dannati" (A. Graf, Miti, leggende e superstizioni del Medio evo, I [Torino, 1892] pp. 239-270). Vedi pp. 217 e 234.

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Page 11: LA MITOLOGIA NELLE PRIME IMITAZIONI DELLA DIVINA COMMEDIA

COMUNICAZIONI

NelYAmeto trovano posto accenni anche alle leggende, popo larissime nelP antichita e nel medio evo, del " faticato e molle Leandro" ed Ero (1), e di Piramo e Tisbe: "le mutate radici del

gelso col suo pedale e co' suoi frutti, per la morte dei Babilonici

giovani "

(2). Benche veramente cio non riguardi il mio assunto, chiaramente

indicato nel titolo, mi piace richiamare l'attenzione almeno su due fra le plu evidenti imitazioni dantesche. I cadaveri di Eteocle e

Polinice sul rogo: "Si come il fuoco in fummi oscuri molto, | Nel

quale i figli di Giocasta accesi, | Miseramente saliva ravvolto | I suoi cacumi in due fiamme distesi, | Diviso si mostrava a dichia rare | Di loro il poco amor ..." (p. 133).

? "Chi e in quel fuoco che vien si diviso | Di sopra, che par sorger della pira | OvJ Eteo cle col fratel fu miso ? " (Inf., XXVI 52-54). Giasone aratore del

campo nella Colchide con due tori da lui domati spiranti fiamme dalle narici: " ne altramenti quella ineffabile bellezza mirando ebbe

ammirazione, che gli Achivi compagni veduto bifolco divenuto Giasone" (p. 189).

? " Quei gloriosi che passaro a Colco, | Non

s'ammiraron come voi farete, | Quando Giason vider fatto bifolco "

(Par., II 16-18). Dante ha avuto presente il mirantur Colchi di

Ovidio, Metamorfosi, VII 120. La divisione delle fiamme del rogo degli Edipodi era un dato della leggenda in versioni posteriori, e Dante lo tolse o da Stazio, Tebaide, XII 429 sgg., o da Lucano, Farsaglia, I 551 sg., o da entrambi.

Dei cinquanta "

capitoli", brevi canti in terzine, delV Amorosa Visione (3) ventiquattro non ci riguardano affatto; e cinque sono

(1) p. 63.

(2) p. 90.

(3) Koerting e Landau, opp. citt.y rispettivamente pp. 526-547, e

151-155; il primo (pp. 526-542) da l'argomento dei cinquanta capitoli, che per quelli contenenti semplici enumerazioni di personaggi mitologici e storici si riduce all'elenco, con alcune omissioni, dei nomi di essi senz'altro. Carducci, Ai parentali ... cit. p. 778:

" Lo studio delle forme dantesche signoreggia nel poema prima concepito dal Boccaccio, se non

prima finito, YAmorosa Visione ... La visione e la stessa; ma davanti ai dannati ai santi agli angeli sottentrano i poeti gli eroi le ninfe; il fine del viaggio e in terra: i tre mondi sono quelli della scienza, della gloria e delPamore 11 Carducci ha sintetizzato; l'argomento del poema e un

viaggio, che il Boccaccio fa, in sogno, nel recinto di un castello, nelle

4- 4,I r

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Page 12: LA MITOLOGIA NELLE PRIME IMITAZIONI DELLA DIVINA COMMEDIA

COMUNICAZIONI

trascurabili (1). II capitolo XV e tutto una rappresentazione molto fantastica di Amore, come divinita, e di Venere: "

Quella che in

Cipri gia fu adorata ". II poeta vide dipinto " Un gran signor di

mirabile aspetto seduto sopra due aquile e che teneva i piedi sopra due lioncelli. " Una bella corona in capo avea, | E li biondi

cape' sparti sotfessa, | Che un fil d'oro ciaschedun parea ". Aquile, lioncelli e corona sono immaginazioni del Boccaccio, che poi si attiene alPantica tradizione delle armi di Cupido : arco e saette;

queste, due, delle quali una d'oro, Paltra di piombo; come e noto, si credeva che il dio colla prima eccitasse Farnore, colla seconda lo spegnesse (2).

I rimanenti venti capitoli, VII, VIII, e in parte IX, XIII in parte, XVI-XXIX fino alia terzina 10* inclusa, XXXIV, XXXV, sono il vero dominio della mitologia greca e romana, nei primi quattro con intrusione (sit venia verbo!) di personaggi biblici, leggendari e storici antichi (quasi tutti romani) e medievali.

Nei capitoli VII-IX ci sono quelle lunghe enumerazioni, di cui ho gia detto, di personaggi mitologici, in massima parte eroi ed eroine. In alcuni luoghi i semplici nomi talora accoppiati: Fauno e

Pico, Elettra e Atalanta, Italo, Laumedon, Priamo, Anchise, Giulio Ascanio (cap. VII), Patricolo [cioe Patroclo] ed Antenore, Agamen none, Teseo e Demofoonte, Latino, Pallante, Iole (cap. VIII). A

cui sale vede dipinti personaggi e scene dei mondi o regni della Sapienza, della Gloria, della Ricchezza, delPAmore e della Fortuna. ? Seguo Fedi zione cit. del Moutier, 1833.

(1) A ogni modo, ecco qua (il primo numero arabico indica la ter zina, o sola o seguita dal numero del verso, il secondo il verso, e cosi

sempre, eccettuati i luoghi dove sia indicata la pagina; pei Trionfi del Petrarca vedi la n. 2 a p. 219): II 3, 2:

" Tal che 9\ mio dir d'Orfeo risembri il suono 99. IV 24 1 e 3 sono nominati. senz'altro, Orfeo e Lino. VI 15, 3-16, 1: " Non Citerea allor ch' ell' amo Marte | Ne quando Adon le

piacque 99. X 11, 2-3: "

quelle fronde care, | Che fur da Febo gia cotanto amate " [accenno a Dafne]. XLIII 24: "

Panimal, ch'al sonoro | Percuoter di Nettuno apparve fuori ] Nel bei cospetto del celeste coro ", nella nota gara con Pallade. II terzo verso fa supporre che fossero presenti gli altri dei, in terra, dal suolo avendo il dio, con un colpo del suo tridente, fatto sorgere un cavallo, cioe il cavallo, del quale egli passava, nella ver sione piu comune del mito, come il creatore.

(2) Ovidio, Metamorfosi, 1 468-71 (Cupido estrae dalla faretra) duo tela ... \ Diversorum operum; fugat hoc, facit illud amor em. ] Quod facit auratum est et cuspide fulget acuta; \ Quod fugat obtusum est et habet sub harundine plumbum. Vedi la nota 3 a p. 229.

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COMUNICAZIONI

pochi nomi e aggiunto senz'altro un epiteto, o due, che riguardo alle singole leggende nulla dicono: "il gran Belo" (VII 4,2); "il valoroso Polinice "

(VIII 6, 1-2); " Giasone animoso "

(ib.9 3); " Achille vigoroso e forte 99 (ib., 8, 1-2). Cosi nulla dicono sotto

Faspetto mitologico talune pitture: " Troilo [che] coverto d'oro

tutto risplendea 99

(VII 10, 1-2); " ardito e fiero nel sembiante |

... Ettor sopra un destriere, | Tra tutti i suoi di molto oro mi cante. | Bello e gentil nelFaspetto a vedere | Era, con una lancia in mano "

(ib., 24, 1-25, 2); " infiammato d'ira e di mal talento

Menelao 99 (VIII 15, 1-2).

Accenni e spesso piu che semplici accenni alle rispettive fa vole accompagnano altri nomi, ed e il caso piu frequente: "Giano, crPesser stato abitatore | DegF italici regni facea festa. | Turbato

nelFaspetto, e di furore | Pien ... Saturno, cui il figlio | Mando mendico per essere signore

" (VII 1, 2-2).

" Rubesto ... e pien

d'ardire | Dardano ... con un freno in mano, | E nelFatto parea volesse dire: | Io fui colui nel mondo primerano, | II qual col freno in Tessaglia domai | II caval primo in uso ancora strano | Mira

bilmente, e si edificai | Primo quella citta, che poscia Troia | Chiamaro i successor ch'io vi lasciai" (ib., 6-8), dove il Boccaccio ci ha messo di suo la favola del cavallo domato, ignota a tutti i

mitografi antichi, e non e certo questo Funico luogo in cui egli inventa: poetis quidlibet audendi potestas ! Qualche altro esempio di accenni piu o meno brevi: "

Niobe, il cui arguto | Parlar fu

prima cagion del suo male, | E del danno de* figli ricevuto " (ib., 16);

il " parlare arguto ", contro Latona, madre di due soli figli, mentre Niobe ne aveva avuti o dodici o quattordici, era un dato della

leggenda. " Danao dal quale | L'antico popol greco veramente |

Trasse il suo principio originale "

(ib., 17), o esattamente trasse uno de' suoi nomi, uno di quelli con cui sono designati da Omero i Greci del tempo della guerra di Troia. "... colui | Che le dee vide nelFoscura valle [cioe Paride]: | Nello aspetto parea ch'ancor ridendo | Andasse di cio ch'egli aveva fatto | Quando di Grecia si parti fuggendo

" (ib., 21, 2-23). "... pien d'orgoglio e di fierezza

| ... Capaneo, | Che ne' suoi atti ancora Iddio sprezza (quale enorme distanza dal Capaneo dantesco!). | Eteocle ... con Tideo, | Adrasto re pensante e doloroso | Del perder che d'intorno a Tebe feo" (la leggenda dei " sette regi

99 [Dante, Inf., XIV 68], fra'

quali Anfiarao:) "Che i suoi lascio ad oste nel cospetto | Di Tebe, ruinando a' dolorosi | C'hanno perduto il ben delFintelletto

99 (e

qui Dante e superfluo citarlo) (VIII 4-5; 17). "Oreste niquitoso... | Con un coltello in man sen giva fello, | NelFatto minacciando

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COMUNICAZIONI

ancor colei | Del corpo a cui usci " (ib., 25,1-26,1).

" ... come can nella voce latrare | Ecuba vidi con poco di vita

" (IX, 5, 2-3)

(con quanto maggior potenza Dante: " Forsennata latro si come

cane; | Tanto il dolor le fe' la mente torta " Cammilla che '1 dolore | Della morte senti per Turno fiera | Mostrando ne' sem

bianti il suovigore" (ib., 11). "

Foroneo, che prima diede | Legge civile, accio che ordinati | E' suoi vivesser ..." (ib., 14,2-15,1). " ... tutto il monte graffiava | Pigmaleon con uno uncino aguto | E molto [oro] giuso a se ne ritirava" (XIII 15; richiama a Dante,

Purg., XX 105: " Fece la voglia sua delForo ghiotta "). In tutti codesti luoghi nessuna modificazione sostanziale, eccet

tuata la favola di Dardano, a miti e leggende. Altrettanto va detto

degli altri eroi ed eroine, di cui e fatta parola, cioe: Siculo, Ta

miri, Anfione, Enea (cap. VII); Peleo, Pirro o Neottolemo (con accenno al cavallo di legno), Diomede e Ulisse; Ercole, Anteo, Minos, Androgeo, Protesilao, Egeo (gettatosi in mare per le vele nere della nave di Teseo di ritorno da Creta), Turno, Eurialo e

Niso, Giarba e Didone, Elena, Pantasilea, Lavinia, Deianira, che " ancora d' Ercole si duole "

(cap. VIII); di nuovo Didone (" che credendo avere | In braccio Giulio, vi tenne Cupidoe per Fabbandono di Enea si uccide), Polissena, Hoeta (ossia Eeta?

Aietes, re della Colchide, con accenno ai "Greci ... | Quand'elli andar per le dorate vella "; non puo esser Medea, che e ricordata

dopo), Alcmena, Isifile, Medea, Ilia " vestale " [cioe Rea Silvia]

(cap. IX); Mida, Epasto, Polinestore, Tereo (cap. XIII). Alcuni di

questi e degli altri personaggi mitologici nominati prima com

paiono nei capitoli XVI-XX1X, tutti consacrati a miti e leggende d'amore, dove il Boccaccio lascia libero corso alia sua inesauribile

fantasia, pur attenendosi d'ordinario ai dati della tradizione piu comune.

Sono narrati, con gran lusso di particolari, anzitutto gli amori di Giove per Europa e per Danae (cap. XVI); per lo, per Callisto e per Leda (cap. XVII); per Semele, per Asteria, per Latona, per Antiope e per Alcmena (cap. XVIII). Naturalmente il dio e rappre sentato nelle forme da lui assunte di volta in volta, e si descrivono

poeticamente i luoghi in cui il mito colloca i singoli incontri e fatti. Talora nulla e detto di eroi che figurano in qualche momento della favola; per esempio, in quella di Danae si tace di Acrisio, accennandosi soltanto alia torre, dove stava la giovanetta "per ben guardarla chiusa strettamenteNe mai si tocca delle ulte riori avventure delle donne amate, a meno che in esse avventure abbia ancora parte Giove; come nella favola d' lo, che giunta in

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COMUNICAZIONI

Egitto riprese per mano del dio le sembianze primiere: "Cosi torno ogni bellezza ad Io | Ch' elP ebbe mai, e lascid la pigliata | Forma bestial, che Qiove le die pio", secondo una versione del

racconto, in cui egli "dono" la figlia d'Inaco, e cosi pure narra il Boccaccio, mutata in vacca, a Giunone, mentre, secondo un'altra, piu attendibile, la metamorfosi fu opera della dea.

Seguono (cap. XIX) gli amori di Marte e Venere (da Ovidio, Metamorfosi, IV 171-189), colla rete di Vulcano " sovra la sua

vergogna" (il che porge al poeta occasione a moralizzare); di

Apollo per " Penea graziosa

v [Dafne], per Scitone, ambiguus faerit

modo vir, modo femina (Ovidio, Metamorfosi, IV 280, dove pero non si accenna ad Apollo), e per Climene (dove Apollo e confuso, come spesso, con Elio: il sole quale corpo celeste, personificato, mentre Apollo era il dio della luce del maggior astro); di Nettuno

per Ifimedia e per Cerere; e (cap. XX) di Bacco per la figlia di

Licurgo, re degli Edoni, e per Erigone; di Pane per Siringa; di Saturno per Filira; di Plutone per Proserpina; di Mercurio per Erse; di Borea per Ortigia [cioe Orizia], questi ultimi amori, a far capo da Nettuno, narrati piu o meno brevemente, al massimo in tre terzine. Come saggio reco la favola di Pane e Siringa:

" Pan,

che Siringa gia perseguitando; | Ch'avanti si fuggiva in atto pio, | E lei fuggente Fandava pregando, | Ma '1 pregar non valeva, anzi tornata | In canna poi la vidi in forma stando. | Poi di quella i bucciuoli spessa fiata | Sonati fur, perocche primamente | Da esso fu la zampogna trovata

La rassegna degli amori degli dei e chiusa, non si capisce davvero perche, traitandosi in fondo di una novella, che non ha in se alcuna caratteristica mitologrca propriamente detta, dalla favola di Piramo e Tisbe; la quale occupa, tanto e particolareg giato, colla guida di Ovidio (Metamorfosi, IV 55-166) (1), il rac

conto, tutto il resto del capitolo XX, dalla terzina 15a, e le prime quattro del capitolo XXI, che contengono la morale.

Alia favola di Piramo e Tisbe tengono dietro le leggende degli amori di Giasone per Isifile, Medea e Creusa (cap. XXI 5-XXII 1); di Teseo per Arianna e Fedra (egli conduce seco nella stessa nave da Creta, dopo Fuccisione del Minotauro, le due

(1) " Tisbe ... uscia ": Thisbe egreditur (93 sg.);

" un velo lasciava fuggendo": dumque fugit, tergo velamina lapsa reliquit (101); "la vec chia sepoltura di Nino99: busta Nini (88);

" tutto si cambio nel volto 99: toio expalluit ore (106); "tutta si percosse 99: percutit ... lacertos (138); '* su quei [ferro] si gettd 99: incubuit ferro (163).

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COMUNICAZIONI

sorelle) (1); di costei per Ippolito; di Pasifae pel toro; di Mirra u scellerata "; di Narciso; di Cefalo, che involontariamente uccide la sua Procri [Aura] (cap. XXII 2-XXIIl 1); della discesa di Orfeo

per Euridice all' inferno, dove " col suo ingegno | Fece le misere

ombre riposare (2) | Colla dolcezza del cavato legno"; di Dio

mede e Ulisse che, " divenuti merciaiscoprono Achille alia corte

del re Licomede (cap. XXIII 2-XXIV 2); di Briseide innamorata di Achille; di questo, ardente "delPamor di Polissena"; di Ero e Leandro (col ricordo di Elle e Frisso); di Scilla "

fiammeggiante delFamor di Minos" (cap. XXIV 3-fine). E poi le favole degli amori di Alfeo e Aretusa; di Egisto e Clitennestra; di Canace e

Macareo: di Biblide per Cauno; di Fillide per Demofoonte; di

Meleagro per Atalanta; di Aconzio per Cidippe (cap. XXV); di Ercole per Iole, e di Deianira per lui (cap. XXVI). E ancora: il

giudizio di Paride (una seconda volta (3)), il ratto di Elena e il

pianto della prima moglie di lui, Enone; Ifi e Jante; Laodamia e

Protesilao; Penelope e Ulisse (cap. XXVII). Da ultimo, F amore di Didone per Enea e il suo suicidio (cap. XXVIII-XXIX 10).

Di questa leggenda, dalla fuga di Didone dal fratello alia sua

morte, il modello e, ben s' intende, Virgilio (Eneide, I e IV). Delle altre favole la fonte principale e ancora Ovidio, ma non soltanto nelle Metamorfosi, come per FAmeto, bensi anche nelle Eroidi. Alia VIa Eroide sono ispirati i lamenti di Isifile e alia Xlla di Medea (4) col loro traditore, per Creusa, Giasone; alia HP quelli di Briseide con Achille; alia IXa di Deianira con Ercole; alia XIIP le parole di Laodamia davanti alia " bella cera " che " s* aveva

fatto, lui raffigurando" del suo Protesilao, partito per la guerra di Troia. Le preghiere di Deidamia ad Achille, che non la abban

(1) Nessun mitografo ne antico ne medievale, ne Natale Conti, e nessun poeta dice che Fedra sia salita insieme con Arianna sulla nave di Teseo, e che questi Fabbia sposata subito dopo averne abbandonato la sorella (a Nasso); la sposo dopo la morte della prima moglie, PAmazzone Antiope o Ippolita. La fuga contemporanea delle due sorelle sul " legno

"

delFeroe dev'essere un'invenzione del Boccaccio (vedi Rajna, Le fonti deWOrlando Eurioso\ p. 213).

(2) Vedi p. 211 e la n. 5 ivi.

(3) 11 luogo del noto giudizio, la prima volta (cap. VII 21, 3), e "Poscura valle" senz'altro; la seconda (cap. XXVII 1,2-3)

44 La valle d'Ida profonda ed oscura, | D'alberi molti e di frondi occupata"; il Boccaccio ha avuto presente Ovidio, Eroidi, XVI 53-54: Est locus in mediae nemo rosis vallibus Idae \ Devius, et piceis ilicibusque frequens (Metamorfosi, XI 762: umbrosa sub Ida).

(4) Lamenti di Medea anche nel cap. IX 9, 3-10.

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COMUNICAZIONI

doni per seguire Diomede e Ulisse (lamenti, parole, preghiere fanno parte, nellMmorosa Visione, del racconto delle leggende delle rispettive eroine), sono una specie di contaminazione, nel senso drammatico latino della parola, di varie EroidL

Nei lamenti di Isifile un cenno del "regno ond'ogni maschio era cacciato"; in quelli di Medea accenni agli aiuti da lei prestati a Giasone nella Colchide, al fratricidio di Absirto, ad Esone rin

giovanito, alia morte di Pelia; in quelli di Briseide, alle scorrerie dei Greci nella Troade e nei paesi vicini (Puccisione per mano di Achille dei fratelli di lei); in quelli di Deianira, il ricordo di alcune delle fatiche e delle altre imprese di Ercole: Busiris, Anteo, Cerbero, il drago custode dei pomi d'oro delle Esperidi, il toro di Creta, i Centauri, Fidra di Lerna, il cinghiale di Erimanto ("il guastator d'Arcadia"), Diomede, re dei Bistoni, ("colui | Ch'avea di carne umana riempiuto | Ogni suo armento, togliendo Paltrui"), Caco, e "il ciel gravante sopra le tue spalle". Prima, Deianira si duole delPamore di Ercole per Iole, confondendola (cio che

punto non fa Ovidio, Eroide IXa, 73 sg.: Inter Ioniacas calathum tenuisse puellas \ Dicer is), come altri poi (1), con Onfale: "Vera

mente di te ogni uom ragiona, | Che tu col forte dito quella lana | Fili, che Iole pesando ti dona. | Ogni uomo ancora ch'abbia

mente sana | Crede che tu il canestro colle fusa | Porti di dietro alia giovane strana". Cos! il poeta ha modo di toccare delle

Amazzoni, delle gesta di Giasone e quindi anche della spedizione degli Argonauti, della guerra di Troia, dei tratti piu notevoli della leggenda di Ercole, il principale eroe greco.

E ancora: a proposito della fortuna di Tebe, Cadmo, che "fece

quella citta, caduta, lo bue seguitandoJocasta " crP al figlio

moglie misera divenne | ... senza suo sapere "; la mutua ucci sione e il rogo di Eteocle e Polinice, e di nuovo Capaneo,

" che

sopra al mur da Giove fulminato | Fu, dispregiando ancor negli atti sui e Adrasto " con gli altri regi, che Faccompagnaro | A

quel distruggimento dispietato e Tideo. A proposito della for tuna di Troia: di nuovo Priamo,

" e' figli morti ... avanti il suo morire "; Ecuba " trista ... | Per doglia andar latrando come cane,

| Morte chiamando che Fuccida spesso "; Ettore, a cui " non valse niente | Contra costei [la Fortuna] il suo esser famoso"; Pa

ride, Troilo, Polidoro e Polissena; e Agamennone, al quale Egisto Fultima cena | Togliendoli la vita da" con inganno e frode.

Enea che " caccia via " Turno. " Atamante Teban che uccise i

(1) Vedi p. 230.

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Page 18: LA MITOLOGIA NELLE PRIME IMITAZIONI DELLA DIVINA COMMEDIA

COMUNICAZIONI

figli" (cioe uno solo, Learco) (cap. XXXIV). Aracne, " colei | Che

pugno con Pallade come stolta, | .. . ravvolta | Ne' suoi stracci, in ragniuol trasmutata | ... dalla Dea e dal laccio disciolta ". Di nuovo Niobe, e la strage dei suoi figli. Dedalo e Icaro. " Le fi

gliuole di Piero voltate in piche "

(cap. XXXV fino alia terzina 20a). Si puo dunque a buon diritto affermare, concludendo, che nel

VAmorosa Visione il Boccaccio ha messo veramente in moto quasi tutto POlimpo e quasi tutto il mondo eroico, piu che non faccia nt\V Ameto.

Come comunemente si crede, i Trionfi furono ispirati al Pe trarca (non tengo conto del loro concetto etico fondamentale, che non ci riguarda) dal trionfo della Chiesa nel canto XXIX del

Purgatorio, che egli, quindi, conosceva anche prima che il Boc caccio gli donasse (1359) un esemplare completo della Divina Commedia (1). LMdea del Trionfo d' Amore in particolare, che e il primo del poema, deve essergli stata suggerita da un'elegia di

Ovidio (Amores I 2) e da accenni di scrittori medievali.

Appunto nel Trionfo d' Amore trovano luogo le reminiscenze

mitologiche, in maggior numero nei tre primi capitoli; una sola, Orfeo, nel quarto (vs. 13-15) (2). Ce ne sono anche nei Trionfi della Castitd e della Fama. Tre sole nel Trionfo della Morte

(nessuna nei due rimanenti): i " Qiganti a Flegra

" (I 33),

" la bianca arnica di Titone" (II 5; "la fanciulla di Titone", Trionfo d*Amore I 5) e Mesenzio, nominato senz'altro con quattro perso naggi storici romani (ib., 43).

Degli dei ne vengono ricordati alcuni, quali vittime dell'amore, in fine del I capitolo del primo Trionfo: Venere e Marte nella rete di Vulcano (3); Plutone e Proserpina senza piu; Giunone

(1) Vedi Voigt, op. cit., I p. 119. (2) Dei Trionfi, in tutte le edizioni (ne conosco parecchie anche

recentissime; io seguo quella di Dom. Carbone. Firenze, Barbera, 1872), coi versi numerati in margine, indico appunto i versi e non le terzine.

Dei molti lavori che potrei citare, nessuno dei quali pero concerne il mio tema, mi sia lecito ricordarne uno solo: C. Appel, Per i " Trionfi" del Petrarca in Rivista d'ltalia. VII. 1904, II pp. 45-67.

(3) Altri pero crede che il verso 152 (" Cinto ... collo ") si debba intendere di Marte armato di tutto punto. Ma come c'entrerebbe Venere? E come si spiegherebbe

" e con lei " ? Si noti che dopo e detto: " Plu tone e Proserpina ",

" Giunone e Apollo

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COMUNICAZIONI

"gelosa"; Apollo, gia restio airamore e che poi sMnvaghisce di

Dafne; e Giove, che, "di lacciuoli innumerabil carco, vien catenato innanzi al carro" di Cupido: evidente allusione ai suoi molti amori. Presa al " lacciuolo

" d'amore e detta anche Giunone nei

Trionfo della Castitd, 10; e nella terzina precedente ricomparisce pure Apollo (Febo) "d'un arco e d'uno strale percosso ", egli "Dio". Apollo figura ancora, come medico, e con lui Esculapio, nei Trionfo della Fama, III 67-69. E fatto ricordo anche di Bacco,

semplicemente come Tebano (ib., I 93; vedi II 16). Di Glauco si accenna (7>. d'Amore, II 172-174) al mito del suo amore per Scilla, figlia di Forci,

" colei cui sola par che pregi ", vittima della gelosia di Circe: " un' altra amante acerba e fera ".

DelFeta eroica (quella degli dei e Feta mitica) sono nominate senza alcuna aggiunta, nei cataloghi o elenchi, di cui ho detto a suo luogo (1): Demofonte e Fille, insieme; Ipermestra (Tr. d'Amore, I 127; III 19); Ippolito (7>. della Castitd, 193); Alcide;. Aiace (Telamonio); Diomede; indicati Ettore ed Enea con: " i duo chiari Troiani "

(7>. della Fama, I 93: II 17, 10). Indicazioni meno generiche, con un accenno, per quanto lieve, alia leggenda o a qualche suo momento, accompagnano i nomi di altri eroi ed eroine: "quel possente e forte | Ercole, ch'Amor prese;... Achille

| Ch'ebbe in suo amor [per Polissena] assai dogliosa sorte" (2). " Pigmali'on con la sua donna viva"... d* un pomo beffata

... Cidippe". "Piramo e Tisbe insieme a Fombra" [del gelso]; " Leandro (3) in mare ed Ero alia finestra". "... belle donne innamorate, | Procri ... con Deidamia" (7>. d'Amore,\ 124-126; II 184, 187; III 20-21,73-74). "Etna ... da Encelado ... scossa, | Scilla e Cariddi ... irate". "Inarime [Fisola dMschia] allor che Tifeo piagne" (Tr. della Castitd, 26 [vedi anche 114]-27, 113). "Mida ... | Con Poro". "Ulisse | Che desio del mondo veder

troppo" (Tr. della Fama, I 56 sg.; II 17 sg.). Posso esimermi dal recare i versi del Tr. d'Amore, I 139-144; HI 16 sg., 75-78; della

Castitd, 119; della Fama, II 19-21, 100-102, limitandomi a ricor dare i personaggi dei quali vi e fatta menzione, ora coi nomi

senz'altro, ora colF aggiunta di qualche cenno: Enone e Paride,

(1) Appunto anche per la corrispondenza, riguardo alPuso di codeste enumerazioni di nomi, fra il Petrarca e il Boccaccio, parlo dei Trionfi prima del Dittamondo, benche questo sia anteriore.

(2) Ricorda Pespressione, forse meno felice, di Dante (//*/., V 66) " Che

con amore al fine combatteo

(3) " II giovine d'Abido " figura anche nel Trionfo delta Castitd, 7-9*

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COMUNICAZIONI

Menelao ed Elena (1), Ermione e Oreste, Laodamia e Protesilao,

Argia e Polinice, Erifile (2) e Anfiarao; Agamennone (" '1 gran Greco "), Egisto e Clitennestra; Bibli e Mirra; Medusa; Nestore, e ancora Agamennone e Menelao; Pentesilea e Camilla. A questa un accenno anche nel Tr. della Castitd, dove con lei compariscono le Amazzoni (vs. 70-72), di cui le piu note, Antiope, Orita, Ippo lita, Menalippe vengono celebrate nel 7>. della Fama, II 88-93.

Altre notizie mitologiche, tutte come le precedenti, pur dove non ci siano che i nomi (ma anche in questo caso qualche parola molto significativa o un verso intero, p. es. " Odi poi lamentar fra Faltre meste", Tr. dyAmore, I 139 cit. sopra, cioe perche tradite o lasciate sole, dicono quanto basta a far comprendere la ragione del

ricordo), conformi ai dati della tradizione piu comune: Teseo (3) e Ippolito (4) e Fedra e Arianna; Giasone e Medea e Isifile

(ib., 109-123; 128-134); Perseo e Andromeda; Narciso ed Eco; Ifi; Alcione eCeice; Esaco ed Esperia; Scilla, figlia di Niso; Ata lanta e Ippomene; Aci e Galatea e Polifemo; Carmente e Pico e

Circe; Egeria; Canace (ib., II 142-152; 157-171; 175-178; 181-183); ancora Ulisse, e Penelope e Circe (ib., Ill 22-24. Penelope anche in Tr. della Castitd, 133-135). In una sola leggenda, quella di Di

done, il Petrarca anziche attenersi alia tradizione piu comune la

oppugna risolutamente, in pieno contrasto alPaffermazione catego rica di Dante: " colei che s'ancise amorosa, | E ruppe fede al cener di Sicheo" (Inf., V 61 sg.; vedi anche Par., IX 97-98). Per ben due volte (Tr. della Castitd, 10-12 e 154-159): e Funa e Faltra

(1) Elena e mentovata con Paride " colei ch'a '1 titol d'esser bella "

e " '1 pastor che mal il suo bel volto | Miro si fiso nei quattro versi

precedenti, 135-138, con accenno alia guerra di Troia: " ond' uscir gran tempeste, | E funne il mondo sottosopra volto Piu semplicemente e

meglio Dante (Inf., V 64 sg.): " Elena ... per cui tanto reo | Tempo si

voise Alia guerra di Troia allude anche V emistichio " al mondo fer gran risse " (7V. d. Fama, 11 21), dctto di eroi greci.

(2) "... F avara moglier d' Anfiarao ", accenno alia collana, dal cui

dono Erifile si iascio corrompere, e tradi il marito.

(3) Ricordato anche come sposo d'lppolita, e come vittima deiFingra titudine degli Ateniesi (Tr. della Fama, II 93 e 31).

(4) Se ne fa menzione anche nei Tr. della Fama, II 90: " Ippolita,

del figlio afflitta e trista,y, donde si deve dedurre che essa gli era soprav vissuta. La leggenda narra invece che Teseo sposo Fedra, divenuta cosi

matrigmi d'lppolito, dopo la morte d'Ippolita; quindi o si tratta di un'altra versione meno nota (Teseo marito di Fedra, ancora vivente Ippolita) o di una distrazione del Petrarca.

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COMUNICAZIONI

e detto insistentemente " com'e '1 pubblico grido ". A questa ria bilitazione di Didone, spinta a morte dalP amore di Sicheo e non

di Enea, il poeta fu indotto forse dal ricordo delFincontro, nelFin

ferno, di Enea colFombra di lei, che refugit \ in nemus umbrife rum, coniux ubi pristinus illi \ respondet curis, aequatque Sychaeus amor em (Eneide, VI 450-474) (1).

Di contro ai pochi miti (il Petrarca " se ne varca in un passo come dice lui, in due parole, diciamo noi: " Tutti son qui pri gion [d'Amore] gli Dei di Varro " (2)), grande e nei Trionfi la copia delle leggende, fra cui alcune non molto frequentemente ricordate da altri scrittori, quelle di Alcione e Ceice, e di Esaco ed Esperia. Tre sole le favole romane, e piu esattamente, una ita

lica, Pico; due romane, Enea (due momenti della leggenda: Didone; e la guerra contro Turno: Pallante, Camilla, Mesenzio); Egeria.

Anche del Petrarca, come del Boccaccio, la fonte principale e

Ovidio, che talora egli imita molto da vicino. Basti un solo esempio (Canace):

" La penna da man destra | ... | E '1 ferro ignudo tien da la sinestra " Dextra tenet calamum strictum, tenet altera

ferram (Eroidi, XI 5).

Piu larga parte che non nel Boccaccio o almeno nel Petrarca ha la mitologia nel Dittamondo di Fazio degli Uberti (3); cio di

pende anche, anzi soprattutto dalla maggior estensione del poema, che pure e incompiuto. In piu di sessanta dei centocinquantaquattro capitoli, che esso comprende, ripartiti in sei libri, si trovano remi

(1) Non credo, come si potrebbe supporre, che il Petrarca abbia avuto presente Giustino (XVIII 6, 5-7), il quale non accenna affatto ad Enea, bensi soltanto a Hiarbas rex Maxitanorum, e il marito (vir) di Didone (Elissa), pel cui amore essa si uccise, lo chiama Acer has o Acherba. II passo di Giustino e noto a Fazio degli Uberti, Dittamondo, 1.1 c. XIV 13: " Giustin con lui [Filisto] non s'accorda d'un ago, | Ma dice: Dido fue [che

" fece " Cartagine], la qual nei foco | Entro per guardar fede al

primo vago "

[cioe marito, Acerba]. (2) Trionfo d? Amore, I 157 sg. (3) Se ne parla in tutte le Storie della letteratura italiana piu o meno

a lungo, non pero sotto Faspetto mitologico; inoltre vedi F introduzione di R. Renier a Le liriche edite ed inedite di Fazio degli Uberti (Firenze, 1883), pp. CCXI-CCLXXVl, e A. Pellizzari, // Dittamondo e la Divina Commedia ... Pisa 1905. ? Io seguo Fedizione di Venezia delFAntonelli (tre tomi del Parnaso classico italiano, XXII-XXIV), 1835-36, che e una fra le meno peggiori: son tutte cattive, purtroppo.

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COMUNICAZIONI

niscenze mitologiche, da brevi accenni all' esposizione in exienso di favole greche e romane; ne sovrabbondano addirittura molti

capitoli dei libri I, IV e V, e tutti i ventitre del III. II viaggio fantastico dell' Uberti, colla guida di Solino, per

PEuropa e 1' Africa, e che avrebbe dovuto continuare per PAsia, ma non appena cominciato fu interrotto, sMnizia dalP Italia.

In Italia giunse, dopo il diluvio, " con Jafet e con Camese

Noe, a cui succedette, come signore del paese presso le foci del

Tevere, Qiano, che " fu il primo re dei Latini ". Egli ebbe per successore Saturno,

" che di Creti venne, perche il figliuol nol

prendesse in le reti Furono suoi figli, " Iddii nomati in terra ",

Nettuno, "qual si dice marino", Pluto, che il padre "per gola del regno fe' morire a tradimento e fu nominato Dio delPinferno e Giove, che "regnava sotto FOlimpo e dopo morte si disse il Dio del cielo". Giano e Saturno incivilirono la loro gente, e al

tempo del secondo fiori F eta delF oro; e come lui, erano venuti in Italia Italo, Ercole, Evandro e " da Oriente il re TibriCosi, fondendo insieme, a modo suo, tradizioni bibliche e favole mito

logiche, queste con interpretazione euemeristica, narra F Uberti le origini italiche (1.1 c. xu); e continua narrando di Pico, trasfor

mato da Circe nelPuccello omonimo, di Fauno ("d'una saetta

[alia caccia] ferito e morto | E nominato Pan Dio delle selve") e Fatua, di Latino e delFarrivo di Enea, che combatte contro Camilla e Turno, e dopo la fondazione di " Lavino" fu ucciso "

per vendetta " da Mezenzio, che " similemente Evandro a morte mise" (ib. c. xm 18-21, 1). Qui il poeta non si e attenuto a Vir

gilio, che pure cita (14, 2), secondo il quale non Mezenzio uccise Enea, ma Enea lui (Eneide, X 833-908) (1). In un'altra versione, che egli conosce (ib., 25, 1), della leggenda, Mezenzio venne uc ciso in battaglia da Ascanio; e in una pugna precedente, di cui

egli nulla sa, Enea, dopo aver ucciso Turno, scomparve, e non fu mai piu veduto. II racconto delF Uberti prosegue attraverso la successions dei re d' Alba, figure ondeggianti fra le nebbie della leggenda e la luce della storia, non senza qualche strano dato cronologico (2), e con un excursus intorno alle dieci Si

(1) Fazio segue, pare, Giustino (XL1I1 1, 13), ma lo ha frainteso: Bellum deinde adversus Mezentium, Etruscorum regent, gessit [Aeneas], in quo cum ipse occidisset, in locum eius Ascanius filius successit, dalle quali parole non si pud affatto dedurre che Mezenzio abbia ucciso Enea.

(2) " In questo tempo [di Silvio Postumo, figlio di LaviniaJ colui per

Oreste | A Delfo morto fue dentro del Tempio, | Che al mal di Polissena

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C0MUNICAZI0NI

bille (1), fino a Romolo (ib., c. xiii 21,2-xvi) e molto oltre (2), ma

per noi basta la parte recata. Possiamo pero, anzi dobbiamo rilevare gli accenni mitologici,

almeno i piu importanti (3), sparsi qua e la nei libro I: "i com

pagni d'Ulisse con Circe " (i 24, 2-3);

" il forte Greco " [Achille] " e il buon Troian [Ettore] che tanto d'arme feo si avvidero " che

sarebbero morti giovani (iv 17, 2-3). Ettore comparisce altre tre volte: come valorosissimo guerriero (xxv 28), come duellante con

Aiace Telamonio, e in confronto con Troilo (xxvh 8, 3 e 17, 1-2); dai due ultimi luoghi risulterebbe che PUberti conosceva Vlliade, non pero nella traduzione di Leonzio Pilato (4), che e posteriore, ma in qualche versione parziale o in qualche parafrasi o som

mario, quale Homerus de bello troiano o Mas latina, dei secoli

precedenti. II filo di Teseo, nei laberinto (ix 5, 3); le colonne

ebbe si preste | Le mani, e fe' delle Amazzoni scempio "

(1.1 c. xm fine), doe Neottolemo o Pirro, figlio di Achille, che realmente, secondo la

leggenda, uccise Polissena, e fu poi ucciso nei tempio di Apollo a Delfo o da Oreste o dai Delfii, istigati da lui (Euripide, Andromaca, 1073-1155, 1242); che cio sia avvenuto al tempo indicato dalPUberti, lo afferma lui, evidentemente valendosi della Cronaca di Eusebio e S. Girolamo (Migne, Patrologia latina to. XXVII [di S. Girolamo VIII] p. 322) ; vedi c. XV 20; " Al tempo suo [del re d'Alba Silvio Agrippa] la chiara luce e degna | Di Omero risplendea poetando I Secondoche Ieronimo disegna Dati cro nologici, relativi a Codro, a Samueie e Saulle, a Davide nei capitolo XIV e altri altrove.

(1) Una di esse, secondo FUberti, fu "Cassandra del re Priamo ", ma egli per la rima con " dove " e " prove

" precedenti falsa la leggenda: " Che mal nego la sua promessa a Giove " (I xv quartult terz.); non a

Giove, bensi ad Apollo. Cos! la falsa (/&., xi 23, 2-3) accennando ad Ecuba "

Quando gittava altrui le pietre e il fango "

(per la rima con "

piango " e "

rimango "); non essa gitto le pietre ad altri, bensi le get tarono a lei cioe la lapidarono i Traci, come narra una delle versioni della leggenda. Nei c. xxvn 21, 2:

" d'Ecuba Facerba morte" senz'altro. (2) Col penultimo capitolo del libro II si giunge, senza interruzione

nella storia d' Italia e delPimpero, a Carlo (IV) di Boemia, cioe fino al tempo del poeta, morto nei 1368 circa.

(3) Vedi inoltre le note 2 a p. prec. e quassii 1.

(4) Vedi n. 1 a p. 204. II duello con Aiace: Made VII; Troilo: XXIV 257. A Troilo accenna anche Darete Frigio, XII (palcherrimum ... valentem, fortem, cupidum virtutis, designazione a cui potrebbe, se mai, richiamare "come di costumi e di sembianza | Seguio Troilo Ettor " delF Uberti), ma del duello nulla dicono ne Darete ne Ditti Cretese; un cenno in Ovidio, Metamorfosi, XIII 87-90.

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COMUNICAZIONI

d'Ercole (x 20, 2-3), ricordato ancora pel suo passaggio a Crotona

(xvm 10) (1). "Saturno e Lajo | Che mandar per morire i lor due figli" (xvi 14, 1-2; dove sta bene quanto a Laio, ma non

quanto a Saturno). La leggenda di Castore e Polluce (ib., 23-24); Egeria conversa in fonte da Diana (xvm 12); Scilla (figlia di Niso), " dietro alia quale ancor lo smergo vola "

(xx 11, 2-3), non pero in smergo era stato mutato Niso, bensi in aquila marina, haliae etas (Ovidio, Metamorfosi, VIII 146), e questo e un altro degli sbagli dell' Uberti (2). Per la sua rarita (3) va notato Faccenno alia Titanomachia, a proposito delP aquila, simbolo delPimpero: "

L'aquila e, che dal ciel venne a Giove | Per buon augurio, quando pugnar volse | Coi figli di Titan "

(II n 12). Seguono una nuova idea euemeristica: " Costui per arma in vessillo la tolse | In fin ch'ei visse, e certo a lui s'avvenne | Che giusto fu, e il Ciel

per tal lo sciolse ", e il ricordo di Ganimede, tratto dalP aquila " alia luna, | Dove pincerna con aquario venne ". II Dittamondo e un poema geografico-storico, e la geografia,

che informa in maggior parte i libri III?VI, porge alPUberti occa sione a rammentare via via le favole mitologiche relative ai sin

goli luoghi. A Tivoli Catillo tebano; a Gaeta la balia di Enea; a Baia Bajo, che "

annego con gli ostier suoi "; al monte Circello

Circe, che "stette digiuna | ... piu volte a far suoMncantamenti | Al lume delle stelle e della luna", e piu avanti un'altra maga, Medea; ad Arpi e a Benevento Diomede, loro fondatore; a Tietta

[presso Locri] " '1 seggio della madre d7 Achilles ", Tetide, che si

credeva fosse nata ivi; " PAleso dove e manifesto | Che le cicale

diventaron mute, | Perche Ercole [addormentatosi vicino a quel fiume nel ritorno dalPimpresa contro Gerione] dal suon non fosse desto". Tutto cio nel solo I capitolo del libro III, e non la finirei piu, se volessi seguire passo passo il poeta. Mi limito per tanto a far menzione delle favole, miti e leggende (di alcune delle

(1) "A Crotona passo [Numa Pompilio], la qual si crede | Ch'Ercole fosse cagion del suo sito, | E per Ovidio (Metamorfosi, XV 8, 12-18) ancor se ne fa fede".

(2) Vedi n. 1 a p. prec.; si badi che qui "

smergo " non e richiesto

dalla rima.

(3) Vedi n. 3 a p. 209. ? La Gigantomachia e rammentata piu avanti

(III in 25): "... in Liguria qui si passa ) Nei campi lapidarj, ove gli Dii | L'altezza dei Giganti gia fer bassa ". Una versione, seguita qui dal poeta, del mito lo localizzava a Montechiari, mentre la piu diffusa lo collocava in Tessaglia, a Flegra; e quivi la pone poi (IV iv 17) PUberti: "La bat

tagiia crudel ... I Ove fur morti li Giganti in Flegra ".

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Aevum - Anno XI - 15

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comunicazioni

quali si tocca in similitudini, p. es. " come dal tempio Achille, | Quando fu prima in Troja ad amar desto "

[Polissena]: ib., n 6, 2-3), di volta in volta ricordate: gli uccelli Diomedei; Farrivo di Antenore (1) e di Enea in Italia ("Eneti ..., Paflagoni e Trojani"); la Gigantomachia; le riveiazioni di Giocasta al figlio-marito Edipo; i cinque (principali) figli di Priamo; Giano,

" Fanticofondatore di Genova (specie di etimologia varroniana!); Pelope, da cui tolse nome Pisa (dove si confonde la citta d'ltalia con la omonima della

Grecia); la venuta in Etruria, dopo il diluvio, di Atlante " con la sua sposa Eletra e fu padre di Italo, Dardano e Sicano; di nuovo

la fuga di Saturno nei Lazio; di nuovo Medea; Scilla (figlia di

Forci) convertita in mostro; il ratto di Elena; Turno; Italo; La

tino; Carmenta, moglie di Evandro; Palermo, il "nocchier d'Enea", che il poeta confonde con Palinuro; Scilla e Cariddi; Alfeo e

Aretusa; Miseno, il " trombetta " d'Enea, da cui " dubbio pur e

{ben fondato, perche, come si sa, egli diede il nome al noto capo del golfo di Pozzuoli), ma fama e deriverebbe il nome di Mes

sina; il ratto di Proserpina; Dedalo, fuggito da Creta, fondatore di Siracusa (che era invece stata fondata da coloni dorici); Poli femo e Galatea; Pofficina di Vulcano a Hiera [nei gruppo delle

Lipari]; Eolo; Io che diede nome allo Ionio; Pirro e suo figlio Molosso; il capo Tenaro: il " monte Tenarone presso cui " e

lo spiraglio d'inferno 99; Evandro e suo figlio Pallante; Teseo e

Scirone; la caccia al cinghiale [" porco "] calidonio, narrata dif

fusamente, con la guida di Ovidio (Metamorfosi, VIII 260-430), sino al dono di Meleagro della testa della belva,

" infausto fin di lor verace amore "

(allusione alia morte delP eroe pel fatale tiz

zone), ad Atalanta; il ratto d'Europa, e Cadmo: Tebe, Tiresia, Ino e Melicerte, Atteone, Edipo, la guerra dei sette duci, primo Anfiarao che " fu visto | Ruinar vivo in seno alia gran madre Penteo, Niobe, Anfione (sono in quest'ordine); i Centauri alle nozze di Piritoo: Ceneo, Cillaro e il suicidio di sua moglie; Erisittone; ancora i Centauri, e perche furono creduti bimembri; Peleo fra

tricida; Alcione e Ceice; le Miniadi mutate in pipistrelli; Pireneo e le Muse che " trasformar i peli umani in penne "; Pegaso; le nove Muse; il diluvio di Deucalione; Acheloo [" Acheleo "] vinto da Ercole; Dafne; Siringa; Nesso;

" Porecchie di Mida" (capitoli ii-xxiii passim).

Per la ragione detta sopra, debbo anche pei libri IV-VI atte nermi al sistema che ho seguito pel HI. Giove e Alcmena; Ercole,

(1) Anche nel cap. Ill 7 (Padova).

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Page 26: LA MITOLOGIA NELLE PRIME IMITAZIONI DELLA DIVINA COMMEDIA

COMUNICAZIONI

dalla culla a " Iole, F ultima sua arnica

" (sono accennate, alcune

meno altre piu brevemente, molte delle sue imprese, ma non in

ordine: sMncomincia con Anteo, si finisce colFidra e con Lica " roteato a un sasso "); di nuovo la Gigantomachia (1); lo, "per la qual Argo (il custode di Io-vacca, ucciso da Mercurio) perdeo la persona", designata (IV v 11) erroneamente come figlia di " Partus ", mentre piu avanti (ib., 25, 2) comparisce Inaco, nella tradizione piu diffusa suo padre; Orfeo, nato a "Sitonio", "che col dolce suono | Lusingava in lo inferno ogni demonio" (2); Elle e Frisso; Giasone a Colco, ove " si fe' bifolco "

(come in Dante e nel Boccaccio); Leandro ed Ero; Giove vissuto " nascoso " a

Creta; il laberinto: Dedalo, Teseo; Minos (" per lo qual Scilla lodola divenne ") e suo figlio Androgeo; Titano " che fu fratel del padre degli Dii "

(i Titani in un' antichissima tradizione figu ravano come signori delFEubea, di cui appunto si parla, ib., vui 2); la nascita di Apollo e Diana da Latona a Delo, gia

" nomata

Ortigia "; Arianna abbandonata da Teseo a Chio (nella versione

piu comune della leggenda, a Nasso); Bacco e i pirati tirreni (la favola narrata nelPinno omerico VII, e da Ovidio, citato dalFUberti

[Metamorfosi, III 577-700]); le donne omicide di Lenno; Ulisse e lo "

scoglio in propria forma di nave ", cioe la nave dei Feaci convertita da Nettuno in sasso (Odissea, XIII 146-164; ma FUberti ha certamente attinto a Solino, XI 2); la figlia di Meotide invin cibile nella corsa; le Amazzoni; i grifoni e gli Arimaspi; gl'Iper borei; Linceo e Trittolemo;

" FOreada e la Fame ", cioe Erisittone; Pallade ["Pallas'"] che "prima porto dalFEgitto" (!) tra' Fiam

minghi (!) Farte (di filare e tessere gli arazzi); i Troiani, dopo arsa Troia,

" germogliati per tutto nel mondo come il panico

" ;

Tisbe e Piramo; Bruto [Brito], pronipote di Enea, passato " con

piu Troiani" nelPisola di Britannia, detta poi Inghilterra, di cui, cacciati i giganti, divenne signore (leggenda medievale, connessa con quelle delle origini italiche per mezzo del protagonista e dei suoi compagni); Ulisse al di la delle colonne d'Ercole, dove " edi fied Ulissipon

" [Lisbona]; e Anteo che " fabbrico Tangi

" [Tan

ged], notizie attinte rispettivamente a Solino (XXIII 6. XXIV 1) e

(1) Vedi la nota 3 a p. 225.

(2) La favola di Orfeo, che trovammo gia nei Boccaccio e nei Petrarca, era diffusissima nei medio evo: correva, con altre, fra cui quelle d'Ero e Leandro, di Piramo e Tisbe "

per le bocche dei giullari "

(A. Graf, Roma nella memoria e nelle immaginazioni del medio evo. II (Torino, 1883) p. 305; vedi anche p. 309 sg.

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comunicazioni

a Pomponio Mela (I 26); Perseo e Medusa (1. IV, capp. i. iv-viu. x-xi. xv. xvm. xx. xxiv. xxvii passim).

Giove Ammone; i segni dello zodiaco e altri corpi celesti, ciascuno con la favola che vi si riferisce, e quindi con alcune

ripetizioni (ariete: Frisso ; toro : ratto d'Europa, ecc), e non senza

qualche panzana di astrologia (1); Glauco " pescatore

" divenuto "Dio marino,,; di nuovo Ercole e Anteo; il drago dei pomi d'oro delle Esperidi; Atlante " converso da Perseo in monte "; tutta la

leggenda di Perseo, narrata anche piu minutamente che quella della caccia calidonia, da Danae, con cui " ad ingegno Giove giacque a " Polidetto che Feroe " trasformo in pietra Enea nelFinferno; Epafo e sua figlia Libia; gli effetti delPacqua di Lete; Foroneo "

figliuol di Cam "; di nuovo Glauco " pescatore ";

" lo lupo Li

caon"; Egipani e Satiri; la sfida al canto fra le Pieridi e le Muse; gli animali dedicati ai singoli dei (1. V, capp. i-m. v. ix. xv-xvi. xxu. xxiv. xxvm. xxx passim).

? Egitto e suo fratello Danao; di nuovo

(figura gia nella leggenda di Perseo) Andromeda; Egeria, di nuovo, e Ciane divenute fonti (1. VI, capp. m-v passim).

Esiguo, come si vede, e nei Dittamondo il numero delle favole

divine, laddove quelle eroiche vi figurano quasi tutte (notevole Fesclusione di alcune assai spesso ricordate nei medio evo, fra cui

Mirra, Bibli e Cauno, Narciso, Demofoonte e Fillide). Le fonti, qua e la indicate (ben s'intende, secondo Fuso del suo tempo, soltanto col nome delF autore, non mai col titolo delF opera), alle quali Fazio attinge, sono fra' poeti, Virgilio, Ovidio, Lucano, Silio Ita

lico, fra' prosatori, Livio, Giustino, Orosio (il quale pero non parla affatto dei re d'Alba, come predecessori di Romolo, contrariamente a quanto dice il Nostro, I xvi 2, 2-3), Isidoro, Darete, Pomponio Mela, Plinio e soprattutto Solino; e per la cronologia S. Girolamo, e forse anche Cassiodoro. Egli cita pure, ma, e certo, di seconda mano, Esiodo, Aristofane, Filisto " africano talora Omero (2). Alcuni suoi errori, specialmente in nomi di persona, dipendono forse dai testi scorretti che ebbe sotFocchio. E superfluo che io dica delle imitazioni dantesche, gia notate e illustrate da altri, pur senza speciale riguardo alia mitologia; sono numerosissime e

(1) A proposito del segno dello Scorpione, "per cui Fetonte gia tre mando cosse" (da Ovidio, Metamorfosi, II 193-200), e detto: "sappi ch'ei significa quaggiuso | Venen, paura, crudeltade e torto " ecc. (1. V c. n 11-15).

(2) V i 17, 1 e 36, 1; ii 12. 1; I xiv 12, 1; IV iv fine (" Solin mi disse: Or puoi veder che Omero "

ecc; il luogo di Solino e IX 10-11).

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Page 28: LA MITOLOGIA NELLE PRIME IMITAZIONI DELLA DIVINA COMMEDIA

COMUNICAZIONI

di vario genere. Ed e altrettanto inutile e, a ogni modo, cosa

estranea al mio tema, avvertire che un semplice e superficiale confronto tra Fazio da una parte e Solino, Pomponio Mela e Plinio dalPaltra dimostra che il poeta assai spesso si e limitato a met tere in versi la prosa dei tre classici, anche quando specialmente il primo, ma il caso e molto raro, accennano a favole mitologiche. Per queste F Uberti si vale, naturalmente, quasi sempre dei poeti.

Anche nel Quadriregio di Federico Frezzi (1), viaggio fanta stico pei quattro regni di Amore, di Satanasso, dei Vizi e delle

Virtu, ha larghissima parte la mitologia, gia fin dal primo capi tolo del libro primo (2), dove il poeta presenta Cupido

" di mirto

coronato el capo biondo, | in forma pueril con si bel viso, | che

mai piu bel fu visto in questo mondo ", con strali, nella faretra, " d* oro e di piombo, e di doppia potenza

" (3).

Tutto il primo libro del poema (eccettuato F ultimo capitolo, cioe canto, XVIII (4)) e un gran dramma mitologico, i cui perso

(1) Rimando alle Storie della letteratura italiana, dove pero non e tenuto conto della mitologia, dico nel Quadriregio. Vedi inoltre: M. Fa

loci-Pulignani, Le arti e le letter e alia corte dei Trinci di Foligno in Giornale storico della letteratura italiana. 1883; pel Frezzi II pp. 31 sgg. L. F. Benedetto, // Roman de la Rose e la letteratura italiana. Halle, 1910

(accenna alle relazioni tra la prima parte del Quadriregio e il noto ro manzo francese). B. Gilardi, Studi e ricerche intorno al Quadriregio di Federico Frezzi. Torino, 1911. Un minuto riassunto del poema da E. Filip

pini, La materia del Quadriregio. Menaggio, 1905. Dello stesso, fra parec chie altre pubblicazioni intorno al poema del Frezzi: Varietd Frezziane. Udine, 1912. ? Del Filippini ho tenuto presente Fedizione del Quadri

regio. Bari, 1914. Nella prima stesura dei lavoro avevo seguito quella di

Foligno del 1725, numerando (in un fogiio a parte, non, naturalmente, nel libro) le terzine, e appunto a terzine sono le mie citazioni.

(2) Anzi, a tutto rigore, fin dalla prima terzina: " La dea, che '1 terzo ciel volvendo move, ] Avea Concorde seco ogni pianeto, | Congiunta al Sole ed al suo padre love ".

(3) Vedi n 2 a p. 213; el in 26: " ... pregd lo dio, cn^ltm' innamora | ... e me percosse | Del dardo, ch'e di piombo e disamora ".

(4) ? consacrato a Foligno, il luogo nativo del Frezzi, e alia fami glia principesca dei Trinci ivi, a proposito della quale occorre una remi niscenza mitologica:

" Come si trova nelF antiche carte, ] Di Tros di Troia un suo nepote scese, | Detto anche Tros "

(terz. 27).

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COMUNICAZIONI

naggi sono, oltre al poeta e a Cupido, Diana, Giunone, Venere e

le loro ninfe, Minerva, Vulcano, Giove, Satiri e Fauni e Silvani.

Cupido conduce il poeta nei regno di Diana, e fa che s'inva

ghisca di una ninfa, Filena, che la dea trasforma poi in una quercia. Mentre egli la cerca, e tradito da un Satiro, e non si acquieta finche Cupido non gli promette Famore di un'altra ninfa piu bella

(capp. I?IV). Intanto Diana " fa la festa per la sua madre ", e

invita Giunone, che arriva su un carro con " un grifone ad ogni rota, pappagalli e pavoni intorno e tre in ogni cantone "

(grifoni e pappagalli sono probabilmente un'invenzione del Frezzi; poeti e mitografi antichi non ne sanno nulla). Della festa, a cui inter

vengono anche ninfe e altre divinita agresti, fa parte una caccia al cervo, della quale riesce vincitrice la ninfa Lippea, che ottiene in premio una ghirlanda, e viene ferita da Cupido con una saetta d'oro (V-VIII). Venere promette al poeta la ninfa Ilbina, che Mi

nerva, discesa dal cielo, conduce seco, dopo fiere rampogne a

Venere, e magnifica al Frezzi Peccellenza del proprio regno (IX-XII). Egli s* intrattiene di poi con due ninfe, Taura e Panfia; quella gli spiega molti fenomeni, questa gli parla del regno di Eolo, come

prima Cupido delFaria. Nei frattempo scoppia fra Cupido e Vul cano un furioso alterco; Giove, pregato da Venere, scende dal F Olimpo a rappacificarli (XIII-XV). Da ultimo il poeta, a cui

spiacciono certe ninfe di Venere, e condotto da lei in mezzo ad altre e diviene vittima delPinganno tesogli da una di esse, Ionia

(XVI-XVII). Questo, molto in breve, il contenuto del primo libro, nei quale

incidentemente sono narrate parecchie favole a esaltazione della

potenza irresistibile di Amore: Giove mutato "in figure bugiarde e false", Nettuno e Medusa, Plutone e Proserpina, Febo e Dafne

(II 2-10); Ercole, vincitore del leone, delFidra, di Cerbero e di

Gerione, e che " in scambio della spada poi si cinse | la rocca, e M fuso per la bella Iole", dove, come ne\V Amoroso. Visione (1), Iole e confusa con Onfale (/?., 12-14). Con quella di Cupido e cele brata la potenza anche di Diana, che si manifesto nei castigo di Atteone e nella risurrezione " con quelle membra, con le quali ei nacque d' Ippolito (IV 46-48). Altra la potenza di Giunone, magnificata nelFinvito a lei di due ninfe di Diana a intervenire alia festa: " O regina del cielo ... | che Faer rassereni e failo bruno "

(V 1), allusione al significato fisico della dea. Di nuovo Febo, che

quale u mastro esperto di trar con F arco " feri Fetonte (/?., 48),

(1) Vedi p. 218.

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COMUNICAZIONI

svista del Frezzi: non Febo, cioe Elio, che era suo padre, bensi

Giove colpi il presuntuoso giovanetto (1). Ed e ricordato Vul cano (2), che nella sua fucina fabbrica " tre saette ", cioe il ful

mine trisulco (3), che si dice erroneamente scagliato da lui (X 17, 3; XIV 14, 2), mentre lo scagliarlo era privilegio di Giove; del

quale vengono chiamati " fabbri " i Ciclopi, descritti pero in modo che dimostra come il poeta confonda quelli mitici con quelli

leggendari (Polifemo e i suoi compagni) (XIV 3-4). Di Vulcano Venere rammenta a Giove: "

quando il giganteo stuolo | voile

pigliar il cielo e discacciarte, | piu che nulPaltro faiuto ei solo "; e colle saette di lui il dio supremo gettd

" a terra li gran giganti con le membra sparte" (ib., 30-31): accenno alia Gigantomachia (4), e ne seguono altri. Si tocca di Iride (VI 39, 1-2; XI 27, 3); della

nascita di Venere (XI 46); dello scudo di Minerva, e di quello di

Achille, a preghiera di Tetide fabbricato da Vulcano (ib., 9 e 54); delle Muse " Elicone " e del "

Pegaseo fonte "

(XII 20-22); di

Astrea, " che con Saturno resse il mondo in pace

" e poi " ritorno

al cielo " (ib., 34-35). E descritto (XV 9-12) il regno di Eolo, sul

modello di Virgilio (Eneide, I 51-63) (5). E rammentato il ratto di

Proserpina (ib., 13-15); e Nettuno che sul suo carro solca il mare

(1) Di Fetonte e fatta menzione anche nel c. XI 11, 2-3: "II carro a cui Feton lascio lo freno j Quando trasse i corsier dal cammin loro

(2) "

Sciancato, storto e dal ciel messo in bando " (c. XIV 11, 2), donde si deduce che il Frezzi ebbe presente Vlliade, I 590 sgg., XVIII 395 sgg.

(3) Le tre saette o punte dovrebbero significare, secondo gli antichi, i tre generi di fulmini, che essi distinguevano: vedi Plinio, N. H., II 51:

Fulminum plura genera traduntur: quae sicca veniunt..., quae humida ...,

tertium est quod clarum vocant.

(4) Vedi la nota 3 a p. 209.

(5) L'imitazione e molto aderente al modello: " gP inchiuse Dio tra le

caverne ": pater ... speluncis abdidit atris; "

Eolo diede a lor, che gli

apre e serra | E che sotto suo impero li governe ": Imperio premit ...

regemque dedit, qui ... | Et premere et taxas sciret dare iussus habenas; " Se cio non fosse, Faere e la terra | Subbissarieno, ed in ogni contrada | Farian grande ruina e grande guerra ": Ni faciat, maria ac terras, cae

lumque pro fundum \ Quippe ferant rapidi secum verrantque per auras. Piu avanti (XV 36-37) e detto che il vapore sprigionato dai venti " ha levato | Del loco un monte e fatta un'apertura | Sopra la terra con si grande iato, | Che '1 re d'inferno avuta ha gran paura ) Che non discenda insin

laggiu il raggio | E non illustri la sua patria oscura ", reminiscenza ovi diana (Metamorfosi, V 356-358), se pure non direttamente omerica (/Hade, XX 61-65).

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COMUNICAZIONI

(?., 53-54) (1); ed Enea in cerca di Creusa (XVII 10); ed " Eco tapina

" (ib., 11).

Favole principali del secondo libro, oltre ad alcune di quelle del precedente ripetute (p. es. lo scudo di Minerva, Astrea, Net tuno e Medusa, ecc.): Adriana, cioe Arianna, che " fe' scampar Teseo del laberinto e della morte "; F eta delF oro e del bronzo

(rappresentate sul ben noto tipo classico) (2); Cocito e il suo lago (il poeta e disceso nelFinferno); il " lito " d'Acheronte con migliaia di anime,

" uomini-mostrie Caronte (3), che si duole di essere

stato ingannato da Ercole e da Orfeo; Tizio con " sopra un gran

voltore che gli smembrava il petto "; la palude Stige, "

per cui iura il sommo love e iuran gli altri dei "; le Arpie, col ricordo di Fineo; Sisifo, Flegias (4), con un gran sasso al di sopra della

testa, " che cader minaccia "; Issione; il Flegetonte e la citta di

Dite, e Circe, " la maladetta maga, | che fa che Fuomo in bestia

si converta "; le tre Furie infernali; i tre giudici delF inferno;

Proserpina regina delF oltretomba (5); i Centauri (I?III. VII-VIII.

(1) La scena e la stessa deW'Iliade, XIII 27-28.

(2) Astrea e Peta delForo: " Resse gia '1 mondo, e si la gente visse | Sotto lei in pace, che Peta delPoro j El secol giusto e beato si disse. j La terra allora senza alcun lavoro j Dava li frutti e non facea mai spine, | Ne anco al giogo si domava il toro. | Non erano divisi per confine | Ancor li campi e nullo per guadagno | Cercava le contrade pellegrine. | Ognuno era fratello, ognun compagno; | Ed era tanf amor, tanta pietade,

| OP a una fonte bevea il lupo e Pagno. | Non eran lance, non erano

spade; | Non era ancor la pecunia peggiore | Che '1 guerreggiante ferro

piu fiade Le eta del bronzo (e del ferro): " Quando Nettuno vide

Puomo ardito | Cercar il mare e non temer tempesta | E di solcarlo e gir per ogni lito, | Trasse di fuor del mar la bianca testa | E M suo tridente, ed ebbe gran spavento, | Dicendo: oime, che novita e questa ?

" (c. II

2-6 e 12-13). Vedi, fra altri poeti, Tibullo I 3, 43-48; Ovidio, Metamor

fosi I 89 sgg., e per Pimagine di Nettuno Virgilio, Eneide, I 124 sgg.; per essa forse il Frezzi ebbe presente anche Dante, Par., XXXIII 95 sg.: " P impresa | Che it1 Nettuno ammirar P ombra d' Argo ".

(3) E esemplato in tutto sul demone dantesco, anche riguardo alle ombre e al Frezzi e alia sua guida, Minerva. Lo stesso va detto delle

Arpie, delle Furie, dei Centauri, di Cerbero.

(4) Non e nocchiero, come in Dante {Inf., VIII); se ne descrive la

pena, secondo la nota tradizione, e cosi quelle di Sisifo, di Issione, di Tantalo.

(5) " Tu gia vivesti nel mondo pudica, | E Luna in cielo e ne' boschi

Diana, | Innanzi ch' a Pluton tu fussi arnica " (XVII 38). E Diana Trivia, confusa per effetto delle dottrine orfiche con Ecate Trivia. Ricordo il

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Page 32: LA MITOLOGIA NELLE PRIME IMITAZIONI DELLA DIVINA COMMEDIA

comunicazioni

X-XUI. XV-XVIII). Codesta descrizione delF inferno, che e, come

in tutti i poeti medievali, P inferno pagano, continua nei terzo

libro, con Cerbero, colP idra dell' invidia (il terzo libro e " Del

regno de' Vizi "), col castigo delle Danaidi, colle quali il Frezzi confonde le figlie di Cadmo (1), di nuovo colle Furie (a proposito delFira), colla pena di Tantalo (ben cinque terzine), con una figura di Cupido (la lussuria), del tutto ignota agli antichi: " smorto e

gli occhi brutti, e 'I volto; | e su nei capo nero avea due corni"

<V-VI. VIII. X-XII. XIV). In mezzo a tutto cio accenni, e talora piu che semplici accenni,

a Ganimede (II vi 7, 2-3 e III n 41) ; alle tre Parche (II ix 15); alia peste di Egina (ib., 33, 2); alia cena di Tieste (xvi 47); a Pirro e Polissena (xvu 24); al Minotauro (xvm 22-23); a Diomede, re

dei Bistoni (ib., 46) (2); ancora, e con certa ampiezza, alia Gigan tomachia (xix 39-47); ad Anteo (III i 17); a Lico, che pud essere

tanto il re di Libia, xenofobo arrabbiato, quanto il tiranno di Tebe

(hi 46); a Giasone a Colco (iv 27-29, 1); di nuovo, ad Atteone

(v 48) (3); ad Eco (vn 48, 2-3); a Pigmalione e a Mida (vin 24); ai " fratelli in Tebe nati dal serpentin seme "

(ib., 33, 2-3); ad Ettore e ad Achille (x 37); a Nettuno (xi 47); a Paride e alia caduta di Troia (xiv 51); a Pasifae (xv 6, 2-3); a Venere apparsa ad Enea (ib., 14).

Anche nei quarto libro, " Del regno delle Virtu benche, a

dire il vero, con queste la mitologia non abbia molto a che fare,

Carducci : " Te cui reina il cieco Erebo tiene, | E Arcadia in terra cac ciatrice f ama, | Ma in ciel de V Ore il biondo stuol ti chiama | Bella

Selene ".

(1) "E presso al fiume, ov'egli e piu profondo, | Vidi del miser Cadmo le figliuole i Con brocche in mano; e nessuna avea fondo. | E, quando alcuna empire 1' idria vole, I Perche '1 lor vaso e sfondato di sotto, | Quanto su metton, giu convien che scole. | E sempre stan con

l'appetito ghiotto, | Affaticate, che credono empire, | Quando che sia, ognuna il vaso rotto " (VIII 2-4). Le quattro figlie di Cadmo (le Danaidi erano cinquanta), Autonoe, Ino, Semele e Agave furono infelici, ma non

colpevoli, e quindi non soggette a pene nei mondo sotterraneo.

(2) " Diomede son io, che son si guasto | ..., che gia gli uomini

vivi | Diedi a' cavalli miei per biada e pasto ". Vedi p. 218.

(3) Un dannato dice al Frezzi: " io fui servo | Gia d'Atteon, e fui '1

primo che M morsi, | Quando mi parve trasmutato in cervo ". II Frezzi

dunque conosce la versione, rara, della favola di Atteone, che egli non fosse stato mutato realmente in cervo, ma che ai suoi cani fosse sem

brato un cervo.

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Page 33: LA MITOLOGIA NELLE PRIME IMITAZIONI DELLA DIVINA COMMEDIA

COMUNICAZIONI

c'e qualche accenno sporadico ad essa : a " Pantasilea " e Camilla

(vi 14); a Ulisse e Circe (ib., 21, 1-2); a Ettore (ib., 52, 2-3); a Ercole e Cerbero (vn 10-11); alia spietata profanazione della salma di Ettore per opera di Achille (ib., 15-16); al Parnaso e alle Muse

(vm 30-32); a Orfeo quassu e nelFinferno, dove " Pluton ... mosse a pieta; e P anime de' morti | fece scordar del foco " che le coce "

(1), e fini col trarne fuori Euridice (ix 26-29); di nuovo, a

Venere ed Enea (xi 14); al cavallo di Troia (xiv 8, 2-3); a Caronte

(xvi 6); a Mercurio " il nunzio cilleno " (xvn 24), e non Apollo,

come altri crede. Delle cinque opere esaminate sotto Paspetto mitologico quella

in cui la mitologia fa piu bella mostra di se per la parte relativa alle favole eroiche non e certamente, a mio giudizio, il Quadriregio.

Molte sono le leggende, delle quali nei quattro libri del poema non si trova nemmeno un cenno, laddove alcuni miti sono ripe tuti, e non si capisce perche, tanto piu che la ripetizione nulla o

ben poco aggiunge al contenuto del mito. Occorre pero avvertire che P esposizione di alcune favole e in tutto pregevole se altra

mai, cosi nel verso come nello stile (si vedano i pochi saggi recati nelle note), entrambi di gran lunga migliori che nel poema del FUberti. II Frezzi sa inoltre trarre maggior profitto dalle sue fonti

poetiche, antiche, che sono le stesse delF Uberti, in piu indubbia mente Omero, e anche da Dante e dal Boccaccio.

Non credo che sia necessaria una conclusione generale. Se

mai, soltanto questa, che i poeti del trecento ben si avvidero, e

per primo e con piu fine criterio di tutti il sommo fra essi, che della mitologia non potevano, nelle loro opere, fame a meno. Gli scrittori ecclesiastici medievali avevano, si, inveito contro P immo rality di molte favole mitologiche; ma cio non ostante i poeti latini e specialmente Ovidio, e con predilezione le sue Metamor

fosi, il maggior poema mitologico romano (andava, nel medio evo, sotto il nome di Ovidius magnus o maior), coi suoi duecentocin

quanta racconti, in una veste esterna addirittura splendida, erano letti da tutte le persone colte. Quanto alle favole mitologiche in

particolare, oltre a quelle, come gia ho notato, di Leandro ed Ero, di Piramo e Tisbe, e di Orfeo, venivano cantate perfino dai giul

(1) Vedi p. 211 e la n. 5 ivi.

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Page 34: LA MITOLOGIA NELLE PRIME IMITAZIONI DELLA DIVINA COMMEDIA

COMUNICAZIONI

lari le leggende di Cadmo, di Giasone, di Ercole, di Fillide e De

mofoonte, di Narciso, di Dedalo e Icaro (1), e senza dubbio anche

altre; e quindi naturale che siano passate tutte nei poemi del tre

cento, che alle immaginazioni pagane hanno accordato cosi larga ospitalita. Del pensiero antico e precisamente greco, pel tramite, nei medio evo, della letteratura latina, era la manifestazione piu geniale appunto la mitologia.

Domenico Bassi

(1) Vedi Graf, op. cit. nella nota 2 a p. 227 (p. 305, e i due capitoli XV e XVII).

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