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La patologia odontostomatologica associata alla malattia celiaca: revisione della letteratura

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PATOLOGIA SPECIALE La patologia odontostomatologica associata alla malattia celiaca: revisione della letteratura Oral manifestations of celiac disease: a review of the literature A. Gentile*, M. Boss u, G.L. Sfasciotti, A. Polimeni Universit a degli Studi di Roma “La Sapienza”, Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche, UOC di Odontoiatria Pediatrica, Azienda Policlinico Umberto I (Direttore: prof. A. Polimeni) Ricevuto il 10 giugno 2010 Accettato il 30 settembre 2010 Disponibile online 13 gennaio 2011 *Autore di riferimento Alessandro Gentile [email protected] Riassunto Obiettivi. Valutare l’associazione tra la malattia celiaca e alcune tra le pi u comuni patologie di interesse odontostomatologico. Materiali e metodi. Un’attenta revisione della letteratura scientifica internazionale e stata con- dotta su Medline ed Embase mediante l’utilizzo di appropriate parole chiave. Risultati. Dalla ricerca e emerso che i difetti dello smalto dei denti sia decidui sia permanenti sono le lesioni orali pi u comunemente associate alla celiachia, mentre e stata rilevata una meno evidente associazione con la stomatite aftosa ricorrente. Conclusioni. I pazienti che presentano difetti dello smalto sistematici devono essere sottoposti a uno screening per la malattia celiaca anche in assenza di sintomi gastrointestinali. Parole chiave: * Malattia celiaca * Difetti dello smalto * Stomatite aftosa ricorrente * Glutine * Manifestazioni orali Abstract Objectives. The aim of this study is to review the association between celiac disease and several of the most common lesions of the oral cavity. Materials and methods. A careful literature search was conducted in the Medline and Embase databases using appropriate key words. Results. Enamel defects involving the deciduous and permanent teeth are the oral lesions most commonly associated with celiac disease. The review revealed only a weak association between celiac disease and recurrent aphthous stomatitis. Conclusions. Patients with systematic defects of the dental enamel should be screened for celiac disease, even in absence of gastro- intestinal symptoms. Key words: * Celiac disease * Enamel defects * Recurrent aphthous stomatitis * Gluten * Oral manifestations 1. Introduzione La malattia celiaca (MC) e una patologia infiammatoria cronica che colpisce, in toto o parzialmente, la mucosa dell’intestino tenue, determinandone il progressivo appiattimento fino alla completa scomparsa dei villi. Insorge di solito, in individui gene- ticamente predisposti, in seguito all’assunzione di glutine, un complesso di glicoproteine contenuto in diversi cereali quali il grano, l’orzo e la segale. E caratterizzata dalla presenza di un infiltrato infiammatorio cronico, con stravolgimento della normale architettura della mucosa intestinale fino all’atrofia, cui conse- guono gradi diversi di malassorbimento e malnutrizione [1]. E una malattia relativamente frequente che ancora oggi, pur- troppo, viene diagnosticata in una percentuale di casi di gran lunga inferiore rispetto a quella reale, essendo spesso misco- nosciuta a causa dell’esistenza di numerose forme oligosinto- matiche o anche clinicamente del tutto silenti. Si ritiene, infatti, che la sua prevalenza nella popolazione generale si attesti 0011-8524/5 - see front matter Ó 2010 Elsevier Srl. Tutti i dirtti riservati. doi: 10.1016/j.cadmos.2010.11.014 DENTAL CADMOS | 2011;79(7):405-417 | 405 dossier
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dossier

0011-8524/5 - see front

doi: 10.1016/j.cadmos.20

PATOLOGIA SPECIALE

La patologia odontostomatologicaassociata alla malattia celiaca:revisione della letteraturaOral manifestations of celiac disease:a review of the literature

A. Gentile*, M. Boss�u, G.L. Sfasciotti, A. Polimeni

Universit�a degli Studi di Roma “La Sapienza”, Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche,UOC di Odontoiatria Pediatrica, Azienda Policlinico Umberto I (Direttore: prof. A. Polimeni)

Ricevuto il10 giugno 2010

Accettato il30 settembre 2010

Disponibile online13 gennaio 2011

*Autore di riferimentoAlessandro Gentile

[email protected]

Riassunto

Obiettivi. Valutare l’associazione tra la malattia celiaca e alcune tra le pi�u

comuni patologie di interesse odontostomatologico. Materiali e metodi.

Un’attenta revisione della letteratura scientifica internazionale �e stata con-

dotta su Medline ed Embase mediante l’utilizzo di appropriate parole

chiave. Risultati. Dalla ricerca �e emerso che i difetti dello smalto dei denti

sia decidui sia permanenti sono le lesioni orali pi�u comunemente associate

alla celiachia, mentre �e stata rilevata una meno evidente associazione con

la stomatite aftosa ricorrente. Conclusioni. I pazienti che presentano difetti

dello smalto sistematici devono essere sottoposti a uno screening per la

malattia celiaca anche in assenza di sintomi gastrointestinali.

Parole chiave:* Malattia celiaca* Difetti dello smalto* Stomatite aftosa ricorrente* Glutine* Manifestazioni orali

matter � 2010 Elsevier Srl. Tutti i dirtti riservati.

10.11.014

Abstract

Objectives. The aim of this study is to review the association between

celiac disease and several of the most common lesions of the oral cavity.

Materials and methods. A careful literature search was conducted in the

Medline and Embase databases using appropriate key words. Results.

Enamel defects involving the deciduous and permanent teeth are the oral

lesions most commonly associated with celiac disease. The review revealed

only a weak association between celiac disease and recurrent aphthous

stomatitis. Conclusions. Patients with systematic defects of the dental

enamel should be screened for celiac disease, even in absence of gastro-

intestinal symptoms.

Key words:* Celiac disease* Enamel defects* Recurrent aphthous stomatitis* Gluten* Oral manifestations

1. Introduzione

La malattia celiaca (MC) �e una patologia infiammatoria cronica

che colpisce, in toto o parzialmente, la mucosa dell’intestino

tenue, determinandone il progressivo appiattimento fino alla

completa scomparsa dei villi. Insorge di solito, in individui gene-

ticamente predisposti, in seguito all’assunzione di glutine, un

complesso di glicoproteine contenuto in diversi cereali quali il

grano, l’orzo e la segale. �E caratterizzata dalla presenza di un

infiltrato infiammatorio cronico, con stravolgimento della normale

architettura della mucosa intestinale fino all’atrofia, cui conse-

guono gradi diversi di malassorbimento e malnutrizione [1].

�E una malattia relativamente frequente che ancora oggi, pur-

troppo, viene diagnosticata in una percentuale di casi di gran

lunga inferiore rispetto a quella reale, essendo spesso misco-

nosciuta a causa dell’esistenza di numerose forme oligosinto-

matiche o anche clinicamente del tutto silenti. Si ritiene, infatti,

che la sua prevalenza nella popolazione generale si attesti

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A. Gentile et al.

intorno all’1%, con una maggiore predilezione per il sesso fem-

minile (rapporto F:M = 3:1) [2].

L’intolleranza non �e determinata tanto dal glutine nel suo com-

plesso, quanto piuttosto da una sua frazione chiamata glia-

dina, che rappresenta l’antigene in grado di indurre l’attiva-

zione della risposta immunitaria a livello della mucosa

intestinale [3].

La MC pu�o insorgere in qualsiasi periodo della vita, sebbene

nella sua forma classica si manifesti solitamente tra il sesto e il

dodicesimomese di vita, all’epoca dello svezzamento, quando il

bambino passa da un’alimentazione esclusivamente lattea a

un’altra composta per lo pi�u da cibi contenenti glutine. Le ma-

nifestazioni cliniche sono molto varie poich�e, oltre ai classici

sintomi gastrointestinali e di malassorbimento, quali diarrea, di-

stensione e dolori addominali, vomito, anoressia e arresto della

crescita, ne possono essere presenti anche altri pi�u o meno

evidenti e sfumati, come malessere generale, disturbi psicolo-

gici, anemia sideropenica, artrite, osteoporosi, stomatite aftosa

ricorrente (SAR) e anomalie dello smalto dentario [4].

Il glutine di per s�e ha uno scarso valore nutrizionale a causa della

carenza di amminoacidi essenziali quali la lisina e il triptofano.

Tuttavia, poich�e consente alle farine di grano di formare con

l’acqua un impasto resistente ed elastico, �e talmente importante

nel processo di produzione del pane che il suo contenuto nelle

attuali variet�a di frumento �e pari al 50% delle proteine totali.

In passato la MC era considerata una patologia tipica dell’infan-

zia e veniva diagnosticata solo quando si manifestava con la sua

sintomatologia caratteristica. Nell’ultimo ventennio, invece, si �e

assistito a una chiara modificazione delle modalit�a di presenta-

zione, soprattutto grazie alla maggiore tempestivit�a della dia-

gnosi in et�a pediatrica e alla pi�u attenta valutazione dei sintomi

sfumati propri dell’adolescente e dell’adulto [5].

Il classico quadro del bambino distrofico con diarrea cronica e

addome prominente �e divenuto sempre pi�u raro e ha ceduto il

posto a una molteplicit�a di manifestazioni cliniche atipiche.

Pertanto, occorre prestare attenzione a segni quali l’anemia da

carenza di ferro, soprattutto se refrattaria alla terapia, la com-

parsa e il persistere di afte orali, la bassa statura, la dermatite

erpetiforme e le anomalie dello smalto dei denti. Oltre alle due

suddette forme cliniche, in letteratura sono riportate altre due

condizioni denominate rispettivamente celiachia silente e

potenziale.

*

40

Le forme silenti sono riscontrabili in soggetti che, pur in pre-

senza delle lesioni intestinali caratteristiche, non mostrano

6 | DENTAL CADMOS | 7/2011

segni evidenti di malattia. Il 10-15% dei parenti di primo grado

di soggetti con celiachia presenta una mucosa intestinale

atrofica in assenza di sintomi ed �e questo il motivo per cui si

raccomanda in tutti i casi lo screening sierologico dei familiari

dei pazienti.

*

Nelle forme potenziali, invece, la mucosa intestinale appare di

aspetto normale, ma allo stesso tempo sono rilevabili tutti i

segni della reattivit�a immunitaria alterata tipica della celiachia.

In tali casi i sintomi conclamati si possono evidenziare con il

trascorrere del tempo, pi�u frequentemente fra il terzo e il sesto

decennio di vita [6,7].

La strategia terapeutica da attuare nei soggetti celiaci consiste

esclusivamente nell’instaurazione di una dieta totalmente priva

di glutine, che permette la regressione fino alla scomparsa di tutti

i sintomi della malattia e di gran parte delle manifestazioni pato-

logiche a essa correlate.

1.1. Cenni storici

La prima descrizione di questa patologia si deve al medico greco

Areteo di Cappadocia, vissuto tra il I e il II secolo d.C., che

descriveva un’enteropatia cronica da lui denominata “diatesi

celiaca”, ossia alterazione intestinale, che si presentava con feci

di aspetto caratteristico e con unamaggiore frequenza nel sesso

femminile.

Nel 1888 Samuel Jones Gee descrisse in modo esemplare il

quadro clinico della forma tipica della malattia nell’infanzia e intu�ı

che la causa scatenante fosse qualche sostanza contenuta negli

alimenti.

Nel 1889 Gibbons sottoline�o come questa patologia colpisse

soprattutto i bambini e afferm�o che a causarla fossero sostanze

tossiche derivanti da alimenti non digeriti.

Nel 1903Cheadle denominava laMC “acholia”, poich�e le feci dei

malati erano chiare a causa del notevole contenuto di lipidi.

Nel 1908 Herter suppose che tale patologia fosse dovuta a

un’infiammazione dell’intestino provocata dall’eccessivo svi-

luppo della flora batterica locale, e la denomin�o “infantilism from

chronic intestinal infection”.

Uno studio pubblicato da Sidney Hass nel 1924 dimostrava la

remissione della sintomatologia in alcuni soggetti trattati con una

dieta di sole banane.

Tuttavia fu solo dopo la seconda guerra mondiale che il pediatra

olandese William Karel Dicke intu�ı il ruolo causale del glutine, a

partire dall’osservazione che i suoi pazienti, che lamentavano

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La patologia odontostomatologica associata alla malattia celiaca: revisione della letteratura

vomito, dolore e distensione addominali, dimagramento e feci

untuose e maleodoranti, erano migliorati durante il periodo bel-

lico, quando erano stati costretti a nutrirsi con una dieta a base di

patate, ma erano ricaduti una volta terminato il conflitto, quando

avevano ripreso a consumare pane e altri alimenti contenenti

glutine. Tali riscontri portarono all’introduzione della terapia die-

tetica senza glutine, che rimane tuttora l’unica realmente effi-

cace e che ha permesso di ridurre drasticamente i casi di

mortalit�a [4].

[(Fig._1)TD$FIG]Fig. 1

Fig. 1 Iceberg celiaco

2. Epidemiologia

Fino a pochi anni fa la MC era considerata una condizione

piuttosto rara, con ampie differenze di incidenza nelle diverse

aree geografiche. Le casistiche internazionali riportavano,

infatti, dati molto variabili tra i vari Paesi, sia per la difficolt�a

di identificare i casi atipici sia per le differenti modalit�a di insor-

genza della malattia. In Europa, per esempio, si riscontrava

una notevole differenza tra gli Stati meridionali, dove vi �e una

maggiore incidenza della forma clinica precoce, e quelli set-

tentrionali, in cui invece prevale la forma tardiva e atipica, con

la sola eccezione della Svezia, dove le abitudini alimentari e il

patrimonio genetico hanno favorito la selezione di una popo-

lazione ad alto rischio.

La prevalenza della celiachia nel nostro continente �e stata diver-

samente riportata in passato, con medie che andavano da

1:1.000 a 1:4.000, a eccezione della Svezia ove i valori registrati

si avvicinavano a 1:300. Tali dati si basavano sui soli casi di

malattia conclamata e le differenze probabilmente erano solo

apparenti e, verosimilmente, da ricondurre al polimorfismo cli-

nico della malattia e alla sua non sempre facile riconoscibilit�a,

anzich�e a fattori ambientali [8].

Negli anni successivi la diffusione nella pratica clinica della

ricerca e del dosaggio degli anticorpi antigliadina (AGA),

degli anticorpi antiendomisio (EMA) e, nell’ultimo decennio,

degli anticorpi antitransglutaminasi tissutale (anti-tTG) ha

fatto s�ı che un numero sempre maggiore di patologie, che

in precedenza non trovavano una spiegazione, potessero

essere ricondotte a un quadro di MC atipica, silente o poten-

ziale [7].

Da queste recenti acquisizioni �e scaturita l’idea di paragonare la

popolazione dei celiaci a un iceberg, la cui parte emersa com-

prende le forme conclamate, mentre quella sommersa include i

casi atipici, silenti e potenziali che possono sfuggire alla diagnosi

e che ancora oggi costituiscono purtroppo la porzione pi�u con-

sistente di tale popolazione (fig. 1) [9].

In Italia e in altri Paesi europei la MC �e attualmente considerata

una delle patologie pi�u frequenti in assoluto, sebbene, a diffe-

renza di altremalattie croniche, sia curabile al 100%, almeno fino

a quando non si siano instaurate complicanze irreversibili (linfomi

non Hodgkin del tratto gastrointestinale).

D’altra parte, alla luce del gran numero di condizioni patologiche

associate alla celiachia che possono essere risolte o evitate

semplicemente instaurando una dieta priva di glutine, potrebbe

essere utile uno screening a largo raggio su tutta la popolazione

(tabella I).

Un’altra acquisizione recente riguarda il fatto che la celiachia non

�e pi�u considerata un problema esclusivo del mondo occidentale,

ma �e oggi segnalata con frequenza elevata anche in aree in via di

sviluppo quali l’Africa del Nord, il Medio Oriente e l’India, regioni

dove spesso il quadro clinico dellamalattia �e drammatico perch�e

interessa soggetti gi�a provati dalla malnutrizione e dalle infezioni

intestinali endemiche e dove, oltretutto, �e difficile pensare all’ap-

plicazione del trattamento dietetico, vista la carenza genera-

lizzata di cibo. Un dato abbastanza curioso e significativo �e

rappresentato dal fatto che la pi�u alta prevalenza della MC nel

mondo (5,6%) �e stata registrata fra i Saharawi, una popolazione

di origine arabo-berbera che vive nel Sahara occidentale

[8,10,11].

DENTAL CADMOS | 2011;79(7):405-417 | 407

Page 4: La patologia odontostomatologica associata alla malattia celiaca: revisione della letteratura

Tabella I Principali patologie associate alla malattia celiaca

Diabete mellito insulino-dipendente

Tiroiditi autoimmuni, epatite autoimmune, cirrosi biliare primitiva

Artrite reumatoide giovanile, lupus erimatoso sistemico,

polimiosite, sindrome di Sj€ogren, miastenia grave

Epilessia con e senza calcificazioni cerebrali, atassia cerebellare,

neuropatia periferica, sclerosi multipla

Dermatite erpetiforme

Anemia emolitica autoimmune

A. Gentile et al.

3. Patogenesi

Lo sviluppo della MC deriva dalla contemporanea presenza di

due fattori fondamentali: uno genetico, individuato nel rilievo di

un particolare aplotipo di antigeni umani leucocitari (HLA), e

l’altro ambientale, rappresentato dal glutine.

L’importante ruolo svolto dai fattori ereditari �e dimostrato

dall’osservazione che l’8-10% dei familiari di primo grado dei

celiaci �e affetto dalla malattia, in modo silente o manifesto, e dal

fatto che esiste una concordanza in oltre il 75% dei gemelli

monozigoti [10].

L’intolleranza al glutine viene trasmessa geneticamente attra-

verso il sistema di identificazione degli HLA ed �e legata in parti-

colare alla presenza dei geni della classe II DQ2 e DQ8, frequen-

temente associati con quelli dei sottogruppi DR3, DR5 e DR7.

In una modesta percentuale di pazienti celiaci (8%) la predispo-

sizione �e legata alla presenza dell’aplotipo DQ8-DR53, ugual-

mente dotato di alta affinit�a per la gliadina [2].

I geni dell’HLA sono essenziali nel determinismo della malattia,

ma non bastano da soli a spiegare l’intero meccanismo della

risposta immunitaria: senza di essi la celiachia non si sviluppa,

tuttavia chi li possiede senza produrre gli anticorpi specifici con-

tro la gliadina e l’endomisio non ha l’intolleranza franca. In pra-

tica la presenza di uno degli aplotipi sopra menzionati ha un

valore predittivo positivo molto basso, mentre, al contrario,

l’assenza ha un valore predittivo negativo estremamente

elevato.

Studi recenti, inoltre, hanno dimostrato la presenza sui cro-

mosomi 11 e 5 di aree nelle quali �e suggestivo che siano

localizzati i geni che, in unione ai loci di istocompatibilit�a

HLA suddetti, determinano l’espressivit�a clinica della malat-

tia. Ci�o potrebbe permettere in un futuro prossimo di indivi-

duare l’intimo meccanismo fisiopatologico alla base di questa

408 | DENTAL CADMOS | 7/2011

condizione e di diagnosticarla tramite l’utilizzo di test genetici

gi�a alla nascita, in epoca quindi precedente alla prima espo-

sizione al glutine [3]. �E lecito pensare, infatti, che la

“costituzione celiaca” sia scritta nei geni, mentre le influenze

ambientali, quali l’et�a dello svezzamento e la quantit�a di glu-

tine assunto, intervengano solo sulle modalit�a di espressione

della malattia.

La gliadina �e l’estratto glicoproteico solubile in alcol del glutine, il

quale a sua volta �e contenuto nell’endosperma dei semi del

grano. Le prolammine dell’orzo e della segale risultano essere

ugualmente tossiche, in quanto presentano sequenze simili di

amminoacidi a elevato contenuto di glutammina e prolina, men-

tre quelle dell’avena, che fino a pochi anni fa erano considerate

dannose, sembrano al contrario relativamente ben tollerate dai

pazienti con celiachia. La spiegazione potrebbe risiedere nel

minore contenuto di prolina e nel fatto che esse costituiscono

solo il 5-10% delle proteine totali dell’avena.

�E possibile separare elettroforeticamente quattro frazioni della

gliadina (alfa, beta, gamma e omega), di lunghezza variabile da

250 a 650 amminoacidi e di peso molecolare compreso tra 30 e

75 kDa. La sequenza strutturale della alfa-gliadina �e stata svelata

nel 1984: si tratta di una proteina costituita da 266 amminoacidi

ad alto contenuto di glutammina. Non tutta la molecola ha la

capacit�a di provocare l’intolleranza; infatti, la porzione corrispon-

dente alla sequenza di amminoacidi 31-43 si �e rivelata immuno-

logicamente attiva nella stimolazione della produzione di AGA.

Il contatto con la gliadina induce un aumento consistente nella

produzione di molecole HLA-DR e DQ da parte degli enterociti,

con relativa presentazione dell’antigene ai linfociti T della lamina

propria. In particolari condizioni, le cellule epiteliali della mucosa

intestinale acquisiscono infatti la capacit�a di esprimere sulla loro

superficie basale questemolecole di istocompatibilit�a di Classe II

e si comportano, quindi, da vere e proprie cellule presentanti

l’antigene (APC). In condizioni normali, solo sostanze tossiche o

patogene, prelevate dal lume intestinale mediante endocitosi,

sono in grado di combinarsi con molecole HLA ed essere pre-

sentate ai linfociti. Nel celiaco, per�o, anche la gliadina viene

legata alla superficie della cellula e introdotta in vescicole di

endocitosi. L’espressione delle molecole HLA di Classe II sulla

superficie dellamembrana cellulare �e solitamente una peculiarit�a

delle cellule immunocompetenti e la loro espressione ectopica

sulle cellule parenchimali �e considerata da alcuni autori come un

evento necessario allo sviluppo di autoimmunit�a d’organo. Di

conseguenza, l’espressione di molecole HLA da parte degli

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La patologia odontostomatologica associata alla malattia celiaca: revisione della letteratura

enterociti delle cripte potrebbe essere un fenomeno importante

nella patogenesi della celiachia [5].

Nel celiaco il glutine viene riconosciuto dalle APC come un anti-

gene estraneo, portato sulla superficie cellulare e presentato ai

linfociti T che, a loro volta, attivano una serie di mediatori cellulari,

le citochine, le quali scatenano una risposta immune che si

sviluppa dapprima con una fase infiltrativa e un aumento mas-

sivo dei linfociti intraepiteliali, successivamente con una fase

iperplastica che comporta l’allungamento delle cripte e, infine,

con una progressiva riduzione in altezza dei villi intestinali fino

all’atrofia [4].

4. Diagnosi

I protocolli per la diagnosi della MC hanno subito numerose

modifiche nel corso degli ultimi anni, allo scopo di ottenere

una maggiore semplificazione delle procedure. Infatti, fino a

pochi anni fa si faceva riferimento ai criteri stabiliti nel 1977 dalla

European Society of Paediatric Gastroenterology, Hepatology

and Nutrition (ESPGAN), che consistevano nel rilievo di una

mucosa digiunale atrofica con malassorbimento, nel migliora-

mento clinico e istologico dopo dieta priva di glutine e nella

recidiva in seguito alla sua reintroduzione (challenge). Tutto ci�o

richiedeva, per�o, l’esecuzione di ben tre esami endoscopici con

relativi prelievi bioptici, preceduti da due test di valutazione

dell’assorbimento intestinale: quello dell’eliminazione dei grassi

con le feci (steatorrea) e quello dell’assorbimento e della clear-

ance dello xilosio (xilosemia e xilosuria) [3].

In effetti ancora oggi il gold standardper la diagnosi della MC �e

rappresentato dalla dimostrazione istologica di mucosa atrofica

che regredisce dopo una dieta priva di glutine, sebbene tale

criterio si dimostri valido soltanto nei casi a sintomatologia con-

clamata o in quelli fortemente sospetti.

La diagnostica dei casi atipici, silenti e potenziali �e invece cam-

biata radicalmente a partire dagli anni Ottanta, quando sono

entrati in uso i nuovi test, quali il dosaggio degli AGA e degli

EMA che, grazie alle loro elevate sensibilit�a e specificit�a, hanno

comportato una notevole semplificazione del protocollo

dell’ESPGAN [10].

I primi marker impiegati nella diagnostica della MC sono stati gli

anticorpi antireticolina (ARA), diretti contro il connettivo del rene

di ratto, i quali attualmente non sono pi�u utilizzati poich�e, a fronte

di una specificit�a molto elevata, possedevano una scarsissima

sensibilit�a, che li rendeva assolutamente inadeguati a un largo

uso e non in grado di competere con le metodiche introdotte

negli anni a seguire.

Gli AGA, sia di tipo IgG, dotati di maggiore sensibilit�a, sia di tipo

IgA, pi�u specifici, prodotti a livello della mucosa intestinale e dei

linfonodi mesenterici e presenti nel siero in oltre il 90% dei casi,

rivestono un ruolo importante nella diagnosi e possono essere

utilizzati anche nel follow-up dei pazienti per verificarne la com-

pliance alla dieta priva di glutine. La concentrazione ematica

delle IgA, infatti, diminuisce enormemente nell’arco di 6 mesi,

mentre quella delle IgG in circa un anno. Il dosaggio pu�o essere

eseguito con metodi sia immunoenzimatici (fra cui il test ELISA)

sia immunofluorimetrici ed �e considerato un esame di primo

livello per la semplicit�a di esecuzione, la riproducibilit�a e il basso

costo. Nella determinazione degli AGA non sono rari i riscontri sia

di falsi positivi, in pazienti con altre patologie gastrointestinali,

come il morbo di Crohn, o autoimmunitarie, quali l’artrite reuma-

toide e la sindrome di Sj€ogren, sia di falsi negativi, come accade

in soggetti celiaci nei quali si sia verificata l’insorgenza di un

linfoma che provoca probabilmente un abbassamento della ri-

sposta immunitaria. Questo tipo di immunoglobuline riveste un

ruolo molto importante per la diagnosi soprattutto nella prima

infanzia, quando le altre classi anticorpali non sono ancora suffi-

cientemente sviluppate. In caso di positivit�a �e necessario ese-

guire un test di secondo livello rappresentato dal dosaggio degli

EMA [12].

La ricerca degli EMA di Classe IgA �e molto pi�u affidabile, poich�e

essi sono presenti nella quasi totalit�a dei soggetti con celiachia

florida. I pazienti celiaci producono anche EMA IgG, ma il loro

utilizzo nella diagnostica �emeno importante. Gli EMA sono auto-

anticorpi diretti contro l’endomisio, il delicato rivestimento di

fibre reticolari che circonda ciascuna fibrocellula muscolare li-

scia, ma perch�e siano prodotti �e richiesta la presenza di un

elemento esterno, il glutine, che �e necessario non solo per

innescare le reazioni immunitarie ma anche per mantenerle

attive nel tempo. Gli EMA si negativizzano dopo circa 6 mesi

dall’eliminazione del glutine dalla dieta e ricompaiono entro 1-2

mesi dalla sua reintroduzione [2,4].

In passato si riteneva che gli EMA fossero diretti contro una

proteina subepiteliale della parete intestinale, diversa dal col-

lagene, la cui identit�a rimase sconosciuta fino a quando nel

1997 Dieterich et al. [13] scoprirono che essa era rappresentata

dalla tTG. La tTG �e un enzima intracellulare ubiquitario con peso

molecolare di circa 85 kDa, le cui funzioni fisiologiche sono

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Page 6: La patologia odontostomatologica associata alla malattia celiaca: revisione della letteratura

[(Fig._2)TD$FIG]Fig. 2

[(Fig._3)TD$FIG]Fig. 3

Fig. 2 Visione endoscopica della seconda porzione del duodeno in un soggetto normale

Fig. 3 Tipico aspetto endoscopico del duodeno in un paziente celiaco: assenza delle

pliche e mucosa edematosa

A. Gentile et al.

molteplici e ancora in parte da chiarire, e che viene rilasciato

dalle cellule in differenti condizioni. Nella regione subepiteliale

dell’intestino la gliadina viene modificata dall’azione della tTG e

forma con essa complessi che si legano alle molecole DQ2 e

vengono riconosciuti da specifici linfociti T, i quali, a loro volta,

sono responsabili della risposta immunitaria. Per essere in grado

di scatenare la risposta delle cellule T, la gliadina deve essere

necessariamente deamminata a opera della tTG. I linfociti T CD4

+ gliadina-specifici riconoscono questi antigeni attraverso i loro

recettori complementari (TCR) e producono una serie di risposte

con conseguente secrezione di citochine quali il fattore di

necrosi tumorale alfa (TNF-alfa); il TNF-alfa stimola i fibroblasti

intestinali a rilasciare metalloproteinasi che degradano il col-

lagene fibrillare, le glicoproteine della matrice e i proteoglicani.

Inoltre, la maturazione dei linfociti B a plasmacellule porta alla

produzione di anticorpi IgA antigliadina e anti-tTG, che hanno

un’azione diretta nella genesi del danno tissutale classico della

malattia, impedendo all’enzima di attivare il fattore di crescita

tissutale beta (TGF-beta) favorente i meccanismi di differenzia-

zione e di maturazione degli enterociti. Il risultato ultimo di tale

catena di eventi �e l’atrofia dei villi intestinali. L’identificazione

della tTG come principale antigene riconosciuto dagli EMA, e

la messa a punto di metodiche che permettono la ricerca e il

dosaggio di anticorpi anti-tTG con metodi immunoenzimatici

fanno di questo test uno strumento di primo piano nel campo

dei mezzi diagnostici della celiachia [10].

Per la diagnosi di MC rimane tuttora fondamentale la biopsia

intestinale, dal momento che soltanto essa permette di dimo-

strare la presenza delle tipiche alterazioni istologiche alla base

della patologia e perch�e nessuno dei test sopracitati possiede

sensibilit�a e specificit�a pari al 100% [3,6].

La biopsia intestinale �e stata per molti anni eseguita mediante

capsula a suzione, ormai utilizzata soltanto nella prima infanzia.

Attualmente il prelievo viene effettuato nel corso di un’esofago-

gastro-duodenoscopia, che consente di ottenere frammenti

della seconda o terza porzione del duodeno e presenta una

maggiore rapidit�a di esecuzione, una migliore tollerabilit�a da

parte del paziente; inoltre, offre la possibilit�a di eseguire prelievi

bioptici multipli, fattore quest’ultimo molto importante dal

momento che la severit�a delle lesioni pu�o variare da un punto

all’altro dell’intestino [2].

L’enteroscopia, solitamente utilizzata per lo studio dei san-

guinamenti occulti del tratto intestinale, �e stata recentemente

proposta per lo studio della MC poich�e, a differenza della

410 | DENTAL CADMOS | 7/2011

precedente, permette di effettuare prelievi bioptici anche a

livello digiunale, fino a 70 cm oltre il legamento di Treitz, e

consente di verificare eventuali correlazioni tra la severit�a

del quadro clinico e l’estensione delle lesioni intestinali

(figg. 2,3).

Page 7: La patologia odontostomatologica associata alla malattia celiaca: revisione della letteratura

Tabella II Classificazione istologica delle lesioni intestinali di

Marsch, modificata da Oberhuber

Aumento del tipo 1

Iperplasia delle cripte del tipo 2

Atrofia lieve dei villi del tipo 3a

Atrofia subtotale dei villi del tipo 3b

Atrofia totale dei villi del tipo 3c

Fonte: modificata da Oberhuber G, et al. Eur J Gastroenterol Hepatol 1999;11(10):1185–94.

La patologia odontostomatologica associata alla malattia celiaca: revisione della letteratura

L’interpretazione istologica delle biopsie pu�o porre importanti

interrogativi, dal momento che lo sviluppo delle lesioni nella

MC �e un processo dinamico che pu�o manifestarsi in vari

stadi. �E ormai chiaro che alcune caratteristiche istologiche,

come i cambiamenti dell’architettura villare o delle cripte, la

densit�a delle cellule della lamina propria e la conta dei linfociti

inatraepiteliali, costituiscono un continuum con la classica

lesione di mucosa piatta che si trova alla fine di questo spet-

tro di alterazioni (tabella II) [14]. Spesso l’unica anomalia ri-

scontrabile in presenza di una regolare architettura villare �e la

presenza di un aumentato numero di linfociti intraepiteliali

(figg. 4,5).

[(Fig._4)TD$FIG]Fig. 4

Fig. 4 Quadro istologico di mucosa intestinale normale

Fig. 5 Quadro istologico di malattia celiaca

Gli autori dichiarano che lo studio presentato �e stato realizzato in

accordo con gli standard etici stabiliti nella Dichiarazione di

Helsinki, e che il consenso informato �e stato ottenuto da tutti i

partecipanti prima del loro arruolamento allo studio.

5. Aspetti odontostomatologici

Un aspetto di grande rilievo nel quadro generale delle manife-

stazioni cliniche associate alla MC riguarda i segni rilevabili nel

cavo orale.

Nell’ambito di tali alterazioni si osservano lesioni a carico sia dei

tessuti molli, quali afte ricorrenti (fig. 6), glossite atrofica e lichen

planus, sia dei tessuti duri, quali ritardo nell’eruzione e nella

permuta e anomalie dello smalto dentario [15–17]. Questi ultimi

difetti si possono presentare clinicamente sotto forma di ipopla-

sia, qualora la noxa patogena agisca durante la fase di secre-

zione della matrice smaltea, oppure come opacit�a, qualora il

disturbo si verifichi durante il periodo di calcificazione o matu-

razione. Le ipoplasie sono anomalie di tipo quantitativo che

comportano una riduzione dello spessore dello smalto; le

opacit�a, al contrario, sono difetti di tipo qualitativo che ne alte-

rano la normale pigmentazione e traslucenza [18,19].

L’associazione tra i disturbi del tratto gastrointestinale e le alte-

razioni sopracitate era stata descritta da Black [20] gi�a agli inizi

del secolo scorso e da lui definita “atrofia dentale”, in riferimento

a tutte le anomalie derivanti da disordini che interferiscono con la

normale nutrizione.

Nel 1955 Hertz [21] ha descritto la presenza di gravi difetti dello

smalto in una bambina di 7 anni con segni clinici di MC, mentre

[(Fig._5)TD$FIG]Fig. 5

DENTAL CADMOS | 2011;79(7):405-417 | 411

Page 8: La patologia odontostomatologica associata alla malattia celiaca: revisione della letteratura

[(Fig._6)TD$FIG]Fig. 6

Fig. 6 Presenza di afta in paziente celiaco

A. Gentile et al.

nel 1973, un pool di ricercatori polacchi [22] e successivamente

nel 1979 Smith et al. [23] hanno riscontrato simili alterazioni nei

denti permanenti, rispettivamente, in 3 su 7 e in 8 su 18 pazienti

celiaci.

Nel 1980 Shmerling et al. [24] hanno rilevato la presenza di

ipoplasia di grado variabile da lieve a severo soltanto in 9 pazienti

su un totale di 252 affetti da MC.

Il primo studio controllato disponibile in letteratura, effettuato da

Andersson-Wenckert et al. [25] nel 1984, non ha riportato

Tabella III Classificazione dei difetti dello smalto associati alla malat

Grado Difetto

Grado 0 Nessun difetto

Grado I Difetto della colorazione Opacit�a singole o

inoltre, una parte

Grado II Difetti strutturali lievi La superficie dello

sono possibili opa

non �e patinata

Grado III Difetti strutturali evidenti Una parte o l’inter

grado di ampiezza

di differenti colori

Grado IV Difetti strutturali gravi La forma del dent

sono irregolarmen

e i margini delle l

Fonte: Aine L. Proc Finn Dent Soc 1986;82 Suppl 3:1–71.

412 | DENTAL CADMOS | 7/2011

alcuna differenza statisticamente significativa, per quanto con-

cerne la presenza di difetti dello smalto, tra pazienti celiaci e

controlli sani.

Al contrario nel 1986 Aine [26] ha fornito una schiacciante

evidenza del fatto che tali disturbi di calcificazione possano

essere annoverati fra le manifestazioni extraintestinali della

MC, riportando una prevalenza del 95,94% nei denti perma-

nenti di 74 bambini affetti da tale patologia. Nello studio, tali

difetti sono stati definiti come “sistematici”, poich�e simmetri-

camente e cronologicamente distribuiti in tutti e quattro i

quadranti, in funzione del momento in cui la noxa patogena

ha interferito con il processo di amelogenesi. Lo stesso autore

ha anche stabilito una classificazione di tali alterazioni in base

al loro grado di severit�a, a partire dalle semplici opacit�a fino ad

arrivare a quelle pi�u gravi, che comportano seri danni struttu-

rali (tabella III, figg. 7-10).

Quasi tutti i successivi studi controllati hanno riportato valori

di prevalenza dei difetti sistematici dello smalto significativa-

mente pi�u elevati nei pazienti affetti da MC rispetto ai soggetti

sani [27–29].

La patogenesi di tali alterazioni rimane ancora poco chiara.

L’ipocalcemia conseguente al malassorbimento potrebbe

essere una possibile causa, sebbene nessuna differenza nella

concentrazione ematica media di calcio sia stata osservata in

bambini celiaci con e senza difetti dello smalto. Di conseguenza

sembra pi�u plausibile l’ipotesi di un danno di natura immunolo-

gica mediato dal glutine, anche per la frequente associazione

tia celiaca secondo Aine

Descrizione del difetto

multiple, color crema, giallo o marrone, con margini ben definiti o diffusi;

o l’intera superficie dello smalto non �e patinata

smalto �e ruvida e cosparsa di solchi orizzontali o di fossette superficiali;

cit�a lievi e decolorazioni; inoltre, una parte o l’intera superficie dello smalto

a superficie dello smalto �e ruvida e cosparsa di profondi solchi con vario

o presenta ampie fossette verticali; possono combinarsi ampie opacit�a

o forte decolorazione

e �e modificata: le punte delle cuspidi sono acuminate e/o i bordi incisali

te sottili e ruvidi; l’assottigliamento dello smalto �e facilmente rilevabile

esioni sono ben definiti; la lesione pu�o essere fortemente decolorata

Page 9: La patologia odontostomatologica associata alla malattia celiaca: revisione della letteratura

[(Fig._8)TD$FIG]Fig. 8

[(Fig._0)TD$FIG]Fig. 10

[(Fig._7)TD$FIG]Fig. 7

[(Fig._9)TD$FIG]Fig. 9

Fig. 7 Lesione di grado I secondo Aine: presenza di macchie color bianco latte sui

margini incisali degli incisivi centrali superiori

Fig. 8 Lesione di grado II secondo Aine: presenza di lesioni crateriformi sulla superficie

vestibolare degli incisivi superiori

Fig. 9 Lesione di grado III secondo Aine: presenza di ampie aree di smalto ipoplasico

sugli incisivi centrali superiori

Fig. 10 Lesione di grado IV secondo Aine: notevole scompaginamento dell’architettura

dello smalto

La patologia odontostomatologica associata alla malattia celiaca: revisione della letteratura

con l’antigene HLA-DR3, sebbene possa esservi anche la com-

partecipazione dell’ipocalcemia [19].

La prevalenza complessiva di tali difetti nei denti permanenti

varia tra il 9,52 e il 95,94%, mentre nei decidui varia tra il 5,88

e l’83,33%. La pi�u alta incidenza nella dentatura permanente si

pu�o spiegare con il fatto che lo sviluppo delle corone di tali denti

avviene a partire dai primi mesi di vita fino al settimo anno e

quindi dopo l’introduzione del glutine nella dieta, mentre la for-

mazione dei denti decidui avviene prevalentemente durante la

vita intrauterina. Tuttavia la presenza di tali difetti anche nella

dentatura decidua supporta l’ipotesi che fattori immunogenetici,

piuttosto che deficit nutrizionali, siano pi�u verosimilmente coin-

volti [19,30,31].

Le alterazioni che pi�u comunemente si rilevano appartengono al

grado I e II della classificazione di Aine [26]. Non �e chiaro quali

fattori influenzino la severit�a delle lesioni, sebbene quelle degli

adulti siano meno gravi rispetto a quelle dei bambini. Infatti,

DENTAL CADMOS | 2011;79(7):405-417 | 413

Page 10: La patologia odontostomatologica associata alla malattia celiaca: revisione della letteratura

[(Fig._1)TD$FIG]Fig. 11

[(Fig._2)TD$FIG]Fig. 12

Fig. 11 Presenza di lesioni ipoplasiche a livello degli incisivi centrali superiori e dei

centrali e laterali inferiori in paziente celiaco

Fig. 12 Stessi elementi dentali dopo ricostruzione diretta con resine composite

A. Gentile et al.

nessun difetto di grado IV e soltanto uno di grado III sono stati

riscontrati in 40 soggetti adulti con un’et�a media alla diagnosi di

34 anni, mentre il 30% dei bambini con MC presenta difetti di

grado III o IV. Questa considerevole differenza potrebbe indicare

che i pazienti adulti abbiano avuto una malattia clinicamente

lieve o atipica durante l’infanzia, con una conseguente diagnosi

tardiva e con lo sviluppo di lesioni dentali moderate [32]. A

supporto di tali ipotesi era anche dimostrata una correlazione

tra la severit�a della presentazione clinica della MC e il grado dei

difetti dello smalto [26]. Tuttavia si rilevava una pi�u alta preva-

lenza di lesioni dello smalto in pazienti con MC atipica o asinto-

matica [33] e uno studio sui pazienti affetti da dermatite erpeti-

forme correlata alla MC non hamostrato correlazione tra il grado

di danno mucosale e la presenza di difetti dello smalto [34].

L’ipotesi che una diagnosi tardiva e una prolungata esposizione

al glutine siano correlate alla presenza di difetti dello smalto era

supportata da pochi studi che hanno dimostrato che l’et�amedia

alla diagnosi era significativamente pi�u elevata in pazienti con

difetti dentali [35,36]. Inoltre, in una serie di 360 adulti con MC,

non era descritto alcun caso di difetti dello smalto tra coloro la cui

diagnosi era stata posta nel periodo infantile e che seguivano

una stretta dieta senza glutine, mentre erano presenti nel 18%

dei pazienti diagnosticati precocemente ma riesposti al glutine e

nel 26% di quelli con diagnosi formulata in et�a adulta [37].

Per quanto concerne la localizzazione dei difetti, gli incisivi

permanenti sono gli elementi dentari maggiormente colpiti

(figg. 11,12), seguiti dai molari, dai canini e dai premolari. Tale

distribuzione sembra essere correlata alla cronologia di sviluppo

della dentizione permanente, poich�e gli incisivi e i primi molari

sono i primi elementi dentari a calcificare, a differenza degli altri

denti la cui mineralizzazione inizia pi�u tardi, in un periodo in cui la

MC potrebbe gi�a essere stata diagnosticata e il glutine potrebbe

gi�a essere stato eliminato dalla dieta. Al contrario, nei pazienti

non celiaci i difetti dentali sembrano essere ugualmente distri-

buiti fra tutti i denti [17,33].

Per quel che riguarda la distribuzione dei difetti sulla superficie

coronale, il terzo incisale essere risulta la porzione pi�u colpita sia

nei celiaci sia nei controlli; se invece si considerano i due terzi

incisali o l’intera superficie coronale, la differenza nei celiaci �e

statisticamente significativa [19].

Numerosi studi [17,18,25,38–40] hanno investigato la preva-

lenza della carie dentale nei soggetti celiaci. Alcuni non

riportano differenze rispetto ai soggetti sani, mentre altri, in

maniera sorprendente, hanno rilevato indici di carie

414 | DENTAL CADMOS | 7/2011

significativamente pi�u bassi nei soggetti affetti da MC. Una

possibile spiegazione di tali risultati risiede nel fatto che la

necessit�a di una dieta controllata potrebbe far s�ı che tali

pazienti siano meno esposti ad alimenti cariogenici, che

spesso contengono glutine.

Gli elementi decidui pi�u colpiti nel corso della MC sono nell’or-

dine i primi molari, i canini e i secondi molari [19].

Aguirre et al. [17] hanno osservato la presenza di difetti dello

smalto nel 52,5% di 137 pazienti affetti da MC e nel 42,3% di 52

controlli sani.

Page 11: La patologia odontostomatologica associata alla malattia celiaca: revisione della letteratura

[(Fig._3)TD$FIG]Fig. 13

[(Fig._4)TD$FIG]Fig. 14

Fig. 13 I prismi dello smalto sono pi�u corti del normale e appaiono disposti in manierairregolare e confusa con scarsa sostanza interprismatica

Fig. 14 I prismi dello smalto sono regolari per forma, dimensione e disposizione con

La patologia odontostomatologica associata alla malattia celiaca: revisione della letteratura

Rasmusson et al. [28] hanno rilevato disturbi della mineralizza-

zione dello smalto nel 50% dei pazienti celiaci e nel 38% dei

controlli sani.

Farmakis et al. [18], in uno studio caso-controllo, hanno rilevato

una differenza statisticamente significativa tra i pazienti affetti da

celiachia e i controlli sani per quanto concerne l’incidenza dei

difetti dello smalto sia nei denti decidui che in quelli permanenti.

Bucci et al. [33] in uno studio analogo, al contrario, non hanno

rilevato differenze statisticamente significative tra il gruppo test e

quello controllo in relazione all’incidenza dei difetti dello smalto e

della SAR.

Procaccini et al. [31] hanno osservato la presenza di ipoplasia

dello smalto nel 26% dei pazienti affetti da MC e nel 16% dei

controlli sani.

Wierink et al. [29], invece, hanno rilevato valori pari al 55% nei

pazienti celiaci e al 18% nei controlli sani.

Studi istologici recenti, eseguiti con l’ausilio del microscopio

elettronico a scansione (SEM), hanno inoltre mostrato la pre-

senza di evidenti alterazioni strutturali dei prismi dello smalto di

elementi sia decidui che permanenti in bambini affetti da MC

(figg. 13,14) [41].

Occorre sottolineare che tali anomalie si possono rilevare anche

in casi di MC latente, cio�e nei casi in cui non sono evidenti i

sintomi gastrointestinali, ma che presentano alterazioni immu-

nologiche o segni di alterata reattivit�amucosale di tipo specifico.

�E evidente, quindi, che la valutazione dei tessuti dentali pu�o

essere molto utile nello screening della popolazione

asintomatica.

Alcuni autori hanno riportato un’associazione tra la SAR e laMC.

La causa �e probabilmente da ricercare in un comune mecca-

nismo patogenetico immunomediato o in analoghe condizioni

e/o fattori predisponenti [42–44]. Majorana et al. [44] hanno

eseguito la tipizzazione degli antigeni di istocompatibilit�a in sog-

getti affetti da MC e SAR, evidenziando che:

sostanza interprismatica ben rappresentata

* i pazienti affetti da MC presentavano, rispetto alla popola-

zione sana, una maggiore prevalenza dei sottogruppi DR3,

DR7 e DQw2;

*

i soggetti affetti sia da MC che da SAR presentavano una

prevalenza degli antigeni DRwlO e DQwl maggiore rispetto

ai pazienti con sola MC;

*

nel 7,9% dei celiaci �e stato riscontrato un ritardo nell’eruzione

dentaria;

*

il 16,8% dei soggetti con MC, a dieta libera, era affetto anche

dalla forma minor di SAR;

*

a distanza di un anno dall’eliminazione del glutine dalla dieta,

tutti i pazienti celiaci affetti da SAR sono andati incontro a

remissione della sintomatologia aftosa, mentre nei soggetti in

cui �e stato eseguito il challenge si �e osservata la recidiva sia

del quadro aftosico sia delle caratteristiche lesioni intestinali,

documentate dalla biopsia [44].

Meini et al. [45] hanno confermato tali dati riportando una pre-

valenza di pazienti celiaci affetti anche da SAR pari al 17,7% e

DENTAL CADMOS | 2011;79(7):405-417 | 415

Page 12: La patologia odontostomatologica associata alla malattia celiaca: revisione della letteratura

A. Gentile et al.

una prevalenza degli antigeni DRW10 e DQwl rispettivamente

del 10,57 e del 31,63%. Sedghizadeh et al. [46], al contrario, non

hanno rilevato differenze statisticamente significative nell’inci-

denza della SAR tra i pazienti celiaci e i controlli sani.

6. Conclusioni

I difetti dello smalto dentario sono le lesioni del cavo orale pi�u

frequentemente associate alla celiachia. Di conseguenza, la

ricerca e il rilievo di tali segni riveste una notevole importanza

soprattutto nell’identificazione dei casi atipici, silenti o potenziali

di MC che spesso sfuggono alla diagnosi, allo scopo di instau-

rare una terapia adeguata e prevenire complicanze irreversibili,

quali le neoplasie maligne del tratto gastrointestinale (soprattutto

linfomi non Hodgkin).

Conflitto di interessi

Gli autori dichiarano di non aver nessun conflitto di interessi.

Finanziamento allo studio

Gli autori dichiarano di non aver ricevuto finanziamenti istituzio-

nali per il presente studio.

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