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LA PERSISTENZA NELLA DISTRIBUZIONE DELLA … · alla fine del ‘700 per finanziare la...

Date post: 15-Feb-2019
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1 LA PERSISTENZA NELLA DISTRIBUZIONE DELLA RICCHEZZA: IL CASO DELLA CASSA SACRA IN CALABRIA Silvia Pennazzi Catalani Università Bocconi Marco Percoco Università Bocconi Abstract La questione della distribuzione del reddito e della ricchezza è tornata ad essere centrale nel dibattito di politica economica. Lo scopo di questo articolo è quello di mostrare come una redistibuzione della proprietà fondiaria attraverso meccanismi di mercato può sortire effetti avversi e persistenti nel tempo. Si è analizzato, in particolare, il caso della Cassa Sacra, attiva alla fine del ‘700 per finanziare la ricostruzione del terremoto del 1783, mostrando come gran parte del valore della proprietà espropriata alla Chiesa sia stata acquisita dalle classi più abbienti. Si dimostra, qundi, come la variabile che cattura questa tendenza abbia un forte potere esplicativo rispetto alla concentrazione della proprietà terriera nei comuni calabresi al 1948. Tale potere risulta attenuato, invece, nel prevedere la distribuzione del reddito al 2001.
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LA PERSISTENZA NELLA DISTRIBUZIONE DELLA RICCHEZZA: IL CASO DELLA CASSA SACRA IN CALABRIA

Silvia Pennazzi Catalani

Università Bocconi

Marco Percoco

Università Bocconi

Abstract

La questione della distribuzione del reddito e della ricchezza è tornata ad essere centrale nel

dibattito di politica economica. Lo scopo di questo articolo è quello di mostrare come una

redistibuzione della proprietà fondiaria attraverso meccanismi di mercato può sortire effetti

avversi e persistenti nel tempo. Si è analizzato, in particolare, il caso della Cassa Sacra, attiva

alla fine del ‘700 per finanziare la ricostruzione del terremoto del 1783, mostrando come gran

parte del valore della proprietà espropriata alla Chiesa sia stata acquisita dalle classi più abbienti.

Si dimostra, qundi, come la variabile che cattura questa tendenza abbia un forte potere

esplicativo rispetto alla concentrazione della proprietà terriera nei comuni calabresi al 1948. Tale

potere risulta attenuato, invece, nel prevedere la distribuzione del reddito al 2001.

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1. Introduzione

La questione della distribuzione della proprietà fondiaria è da sempre un tema centrale nel

copioso dibattito post-unitario circa le origini dei divari di sviluppo Nord-Sud. Il fervore

meridionalistico del secondo dopoguerra, nel solco di tale visione, ha prima teorizzato e poi

ampiamente indirizzato l’implementazione di schemi di riforma agraria in vaste aree del Paese,

soprattutto, ma non solo, nel Mezzogiorno, con esiti non sempre apprezzabili (Percoco, 2017).

Sebbene studiate ampiamente, con specifico riferimento ai Paesi in Via di Sviluppo,

relaivamente poca attenzione è stata dedicata al disegno istituzionale di politiche di

redistribuzione della terra in particolare e della ricchezza in generale (Albertus, 2015; Besley e

Burgess, 2000; Finan et al, 2005). La limitata letteratura esistente ha, però, proposto

argomentazioni a favore di un approccio market-oriented alla riassegnazione dei beni immobili

precedentemente espropriati (Deininger, 1999).

In questo saggio intendiamo, invece, sostenere che, in presenza di una forte diseguaglianza

iniziale, l’esproprio delle terre può produrre degli effetti avversi proprio in termini di

diseguaglianza e significativamente persistenti nel tempo, qualora la riallocazione avvenga

attraverso meccanismi di mercato.

Più precisamente, tale questione viene esaminata con riferimento all’esperienza calabrese della

Cassa Sacra, un processo di privatizzazione dei terreni ecclesiastici disposto dal governo

borbonico di Napoli che, dopo il terremoto del 1783, furono espropriati e messi in vendita, sia

per ripagare i costi dei danni causati dal sisma, sia per avviare un processo di redistribuzione

delle terre che, dando maggiore soddisfazione ai contadini e ai piccoli coltivatori, fosse in grado

di favorire la nascita di una nuova classe di piccoli proprietari per controbilanciare la dilagante

concentrazione fondiaria della Calabria in cui prevalevano strutture socio-economiche di tipo

latifondistico.

3

I dati e le fonti analizzate evidenziano tuttavia come il funzionamento operativo della Cassa

Sacra, in base al quale la riallocazione delle proprietà ecclesiastiche venne organizzata attraverso

delle aste che servivano a “mimare il mercato”, abbia privilegiato il finanziamento della

ricostruzione, a svantaggio della redistribuzione, dato che la necessità di incamerare più risorse

per sostenere le spese di ricostruzione ha fatto sì che i fondi fossero venduti a prezzi tali da

escludere, di fatto, i contadini e i piccoli coltivatori producendo, quindi, risultati distorsivi.

In particolare, prendendo in considerazione il valore dei beni espropriati e rivenduti e la

percentuale di tali beni assegnati ad esponenti delle classi più agiate, si osserva un forte potere

esplicativo di queste variabili rispetto alla distribuzione spaziale della disuguaglianza al 1948 e,

in parte, al 2001. Tale forte persistenza è interpretata come un’evidenza descrittiva delle origini

anche storiche della distribuzione della ricchezza e che eventi accaduti nel passato remoto

concorrono a spiegare fenomeni contemporanei.

Il lavoro è stato strutturato come segue: La sezione 2, dopo una breve spiegazione delle politiche

redistributive della ricchezza in generale e della loro rilevanza, definisce le riforme fondiarie e

fornisce una breve revisione della letteratura sull’argomento, con particolare attenzione agli studi

empirici già svolti; La sezione 3 descrive più dettagliatamente l’esperienza della Cassa Sacra,

raccontandone la storia e descrivendone i principali meccanismi di funzionamento, con

particolare attenzione a due questioni: la qualifica sociale degli acquirenti e i fattori che hanno

causato l’esclusione dei contadini dalle alienazioni; la strategia empirica utilizzata, le ipotesi

formulate e i dati raccolti sono descritti nella sezione 4, mentre i risultati ottenuti vengono

presentati e discussi nella sezione 5. La sezione 6 conclude.

2. La redistribuzione della terra in letteratura

All’interno del dibattito accademico le riforme redistributive della ricchezza vengono studiate in

relazione al loro impatto sulla produttività aggregata e sulla riduzione della povertà (Besley e

4

Burgess, 2000; Finan et al.,2005). In linea generale, la maggior parte di questi studi fornisce una

certa evidenza empirica circa l’esistenza di una correlazione positiva tra queste tipologie di

riforme e la riduzione della povertà ma raramente in tali analisi vengono prese in considerazione

le loro differenti modalità di attuazione che possono avvenire attraverso espropriazioni coercitive

di terreni da parte delle autorità di governo nei confronti dei grandi latifondisti, oppure tramite il

mercato1 e le conseguenti implicazioni (Deininger, 1999; Sikor e Muller, 2009).

In particolare, Besley e Burgess (2000) studiano gli effetti delle riforme redistributive realizzate

dal governo indiano adottando un orizzonte temporale di circa 35 anni2, per analizzare due

questioni specifiche: la relazione tra le riforme fondiarie e la crescita economica e l’impatto delle

precedenti sulla riduzione della povertà. Entrambe vengono analizzate utilizzando dati panel a

livello comunale per sedici stati indiani, utilizzando come misura di crescita la produzione

agricola pro-capite, regredita su un set di variabili riassuntive delle riforme adottate, costruite

aggregando, per ogni tipologia3, il numero delle iniziative legislative adottate in ogni stato.

La stessa metodologia viene poi ripetuta anche per i salari agricoli che, come per il caso

precedente, riportano una correlazione positiva e significativa con le riforme fondiarie,

evidenziando complessivamente un impatto positivo di queste ultime. Un approccio analogo

viene poi utilizzato anche per studiare gli effetti sulla riduzione della povertà, misurata attraverso

il rural poverty gap, che risulta negativamente correlato con i programmi di redistribuzione

implementati dal governo indiano, suggerendo dunque come tali iniziative abbiano

complessivamente contribuito alla diminuzione del livello di povertà rurale.

1 Questo approccio, emerso verso la fine degli anni 90, si basa su delle negoziazioni volontarie tra acquirenti e venditori in cui lo Stato, che prima esercitava un ruolo prevalente, si limita ad introdurre delle agevolazioni finanziarie che permettano ai potenziali compratori di concludere efficacemente tali negoziazioni. 2L’orizzonte temporale preso in considerazione va dal 1958, anno immediatamente successivo all’ implementazione di varie riforme fondiarie nel contesto indiano, al 1992. Tale contributo rappresenta il primo test empirico della legislazione indiana sulle riforme fondiarie. 3 Le riforme oggetto dello studio di Besley e Burgess possono essere divise in quattro categorie: riforma fondiaria in senso stretto; la riforma dei contratti di affitto che consiste nell’assegnare agli affittuari ulteriori diritti per l’ uso della terra; l’imposizione di un tetto massimo alla proprietà fondiaria e la conseguente redistribuzione delle proprietà eccedenti questo limite; l’abolizione della classe degli intermediari, creata dal governo inglese prima dell’indipendenza per agevolare il sistema fiscale. Infatti, nonostante gli esponenti di quest’ultima categoria non operavano direttamente in agricoltura, potevano facilmente appropriarsi di terreni. Per maggiori approfondimenti si veda Ray (1996)

5

Una strategia simile viene impiegata da Finan et al. (2005) che - a differenza di Besley e

Burgess – nel loro studio sulle comunità rurali del Messico analizzano, a livello individuale, gli

effetti potenziali di una maggiore disponibilità di beni produttivi come la terra in relazione alla

riduzione della povertà, utilizzando un approccio semi parametrico.

In questo caso, l’indice utilizzato è stato ricavato tramite la costruzione di un indicatore di

welfare che riassume, per ogni nucleo familiare, il possesso di eventuali comodità domestiche e

beni durevoli, il livello dei consumi e il salario agricolo4 che, successivamente, viene poi

regredito sul grado di accesso alla terra e un set di variabili di controllo, ottenendo una forte

correlazione positiva tra il benessere degli individui e un maggiore accesso alla terra che,

complessivamente, suggerisce come il livello di agiatezza della popolazione cresca all’

aumentare dei beni produttivi posseduti, come ad esempio la terra. Sulla base di questi risultati

gli autori ritengono dunque che i programmi di redistribuzione delle terre possano essere

positivamente associati con la riduzione del livello di povertà, ponendosi in linea con gran parte

della teoria esistente.

Quanto affermato nelle conclusioni evidenziate dagli autori esaminati è poi confermato da altri

studi condotti in diversi contesti tuttavia - eccezion fatta per gli studi di Assunçao (2008) e di

Bardhan, Luca, Mookherjee e Pino (2014) - la relazione tra le riforme fondiarie e la

concentrazione della ricchezza non ha ricevuto molta attenzione da parte della letteratura e,

sebbene le due questioni siano egualmente rilevanti, il focus sulla disuguaglianza permette di

capire se, in seguito a tali interventi, ci siano stati degli effettivi cambiamenti all’ interno della

distribuzione della ricchezza.

Lo studio di Assunçao (2008) si concentra sul programma di redistribuzione fondiaria

predisposto dal governo brasiliano nel 1985, impiegando una strategia empirica finalizzata ad

4 Una strategia simile è adottata anche da Assunçao (2008).

6

identificare una relazione causale, per il periodo 1992-2002, tra la riforma e la distribuzione

fondiaria, attraverso alcune variazioni spaziali e temporali del programma in esame.

Le principali conclusioni di questa analisi suggeriscono come l’intervento del governo brasiliano

non abbia - almeno a livello aggregato- portato gli esponenti delle comunità rurali verso un

incremento della proprietà fondiaria e, restringendo il campione, vi è una certa evidenza empirica

di un generale incremento della disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza. Più

precisamente, analizzando gli impatti di tale intervento attraverso delle regressioni quantiliche5

emerge come, complessivamente, il programma in esame abbia finito per incrementare

significativamente la percentuale di terreno detenuta dalle famiglie più ricche, riducendo invece

la porzione che, solitamente, era di proprietà dei piccoli coltivatori.

Più di recente, Percoco (2017) ha analizzato l’impatto della riforma agraria in Italia,

concentrandosi sul comprensorio di riforma Basilicata-Molise-Puglia, ma offrendo anche alcune

stime relativamente alla Maremma ed al Polesine. Si è osservato come le operazioni di esproprio

e riassegnazione delle terre, accompagnate da misure volte a risolvere i fallimenti del mercato

del credito, abbiano avuto un effetto positivo e significativo sull’accumulazione di capitale

umano. Modesto e molto eterogeneo è stato, invece, l’impatto sull’occupazione e

sull’industrializzazione delle aree trattate. Il contributo di Percoco (2017) è probabilmente

l’unico di carattere economico e controfattuale sul caso italiano, sebbene si considerino gli effetti

di breve-medio periodo di una politica specifica e non si analizzi, invece, il fenomeno della

elevata persistenza della diseguaglianza. In questo senso, un primo tentativo è rappresentato dal

lavoro di Barone e Mocetti (2016) focalizzato sulla mobilità intergenerazionale di lungo periodo

nella città di Firenze, associando i cittadini fiorentini del 1427 agli attuali abitanti del capoluogo

toscano. I risultati mostrano come l’elasticità intergenerazionale del reddito sia più alta del 4%

rispetto a quanto originariamente predetto dalla teoria esistente e come, nel corso dei secoli,

5 In questo modo è possibile generare diversi modelli di regressione che stimino, per ogni percentile della distribuzione, l’impatto complessivo del programma di redistribuzione.

7

esista evidenza di una certa tendenza alla trasmissione ereditaria della ricchezza in certe

professioni definite come elitarie e, secondo gli autori, una possibile spiegazione potrebbe essere

la quasi immobilità delle società pre-industriali. Quanto sollevato in questo studio merita di

essere approfondito anche nell’analisi della relazione tra le riforme fondiarie e la concentrazione

della ricchezza per verificare se, appunto, esista evidenza di una certa persistenza all’interno di

quest’ultima. In risposta a tale questione, il presente lavoro fornisce un’analisi empirica circa

l’esperienza calabrese della Cassa Sacra, tentando di definire gli effetti distorsivi di lungo

periodo delle riforme implementate con approcci di mercato.

3. L’esperienza della Cassa Sacra nella Calabria del tardo settecento

3.1 Il terremoto catastrofico del 1783

Il 5 febbraio del 1783 la Calabria e parte della Sicilia furono colpite da un forte terremoto

manifestatosi, in meno di quarantotto ore, attraverso ottantotto scosse consecutive, che

continuarono a ripetersi lungo tutto il 1783 con intensità decrescente e furono poi seguite da

diversi maremoti, frane ed inabissamenti, causando danni di dimensioni spropositate. Le vittime

causate dal sisma furono in totale 29.515, una cifra esorbitante all’epoca considerando che le

città più sviluppate contavano in genere meno di 10.000 abitanti (Placanica, 1985).

I valori dell’intensità del terremoto vengono riassunti nella figura 1 che mostra, su scala

comunale, le classi di intensità misurate su scala Mercalli, utilizzando i dati messi a disposizione

dall’ Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia.

Quasi tutti i comuni colpiti registrarono un’intensità di almeno VII-VIII e i danni maggiori si

ebbero nella parte meridionale della Calabria, la cosiddetta Calabria Ulteriore, zona in cui la

maggior parte delle località furono colpite da scosse di intensità massima (compresa tra X e XII),

mentre quelle risparmiate furono, rispetto al totale, davvero poche.

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Già prima del terremoto la Calabria Ulteriore era caratterizzata da una struttura socio-economica

di tipo fortemente latifondistico che, oltre a privilegiare colture di tipo estensivo, era poi

aggravata dalle difficili condizioni in cui si trovavano i piccoli coltivatori e i contadini, le cui

capacità di investimento erano estremamente limitate dal basso livello del salario agricolo

percepito. Ciò, a sua volta, ne condizionava negativamente la produttività e gli incentivi

all’incremento demografico che, data l’esigua densità abitativa della regione, apparivano quanto

mai necessari.

Come nelle altre province del Regno di Napoli dove, secondo Gaetano Filangieri, la Chiesa

deteneva una quota di terreno pari a circa i due terzi della superficie coltivabile, nella Calabria

Ulteriore la grande concentrazione dei fondi rustici di proprietà ecclesiastica era ritenuto un altro

grosso limite per l’avanzamento dell’economia della provincia. In particolare, numerosi enti

ecclesiastici disponevano, nelle campagne così come nella città di Catanzaro e Reggio Calabria,

di cospicue concentrazioni patrimoniali costituite soprattutto da fondi rustici e beni immobili che

mettevano a disposizione della Chiesa discrete rendite derivanti principalmente dai contratti di

affitto e dai censi perpetui6. Tali beni non potevano essere oggetto di successione o di

alienazione e, nel caso di donazioni in natura ricevute da privati attraverso atti inter vivos o

mortis causa, queste ultime non potevano tornare di proprietà laica: era principalmente da qui

che si originavano gli attacchi rivolti alla preponderanza del patrimonio ecclesiastico (Placanica,

1972).

La questione dei beni ecclesiastici assunse una direzione più concreta tra la primavera del 1783 e

l’estate del 1784, quando la situazione della Calabria Ulteriore peggiorò a tal punto da

costringere il governo a redigere un piano di intervento molto più radicale che, data

l’impossibilità di risolvere con mezzi ordinari la situazione calabrese, appariva più che

6 Con tale espressione si intende una particolare tipologia di alienazione in base alla quale i fondi ecclesiastici potevano essere venduti ai privati, ma il nuovo proprietario si impegnava a versare perpetuamente un canone annuo all’ ente ecclesiastico a cui originariamente apparteneva il fondo in questione. Si trattava, in concreto, di un corrispettivo dovuto all’alienazione del fondo che, di fatto, rendeva quest’ultima molto simile all’ affitto. Per maggiori approfondimenti su questto e sul patrimonio ecclesiastico in generale si veda Placanica (1972).

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necessario. Sono principalmente queste le motivazioni che, nei primi mesi del 1784, spinsero

verso l’adozione della Cassa Sacra: ente istituito nell’ambito di un programma di redistribuzione

delle terre che prevedeva, per la sola Calabria Ulteriore, la privatizzazione dei terreni

ecclesiastici resa possibile dalla generalizzata soppressione di tutti i luoghi sacri che vennero poi

espropriati dal governo napoletano e immessi sul mercato.

Più precisamente, la Cassa Sacra si configura come un’istituzione governativa a cui, in seguito

alle espropriazioni dei beni della Chiesa, venne affidato il compito di amministrarli e di

coordinarne le modalità di riallocazione che, in base al testo delle Istruzioni Reali, ossia il

principale fondamento giuridico della Cassa Sacra, vennero implementate attraverso meccanismi

di vendita effettuati su base d’asta per “mimare il mercato”, al fine di adempiere al duplice scopo

di sostenere, con quanto ricavato, le spese necessarie alla ricostruzione generale della Provincia e

di aumentare il numero di famiglie proprietarie che, allora, risiedevano in Calabria Ulteriore.

3.2 L’istituzione della Cassa Sacra e le nuove opportunità di riconfigurazione sociale

L’attività della Cassa Sacra comincia, in seguito alla precedente autorizzazione del Pontefice7,

nel mese di maggio del 1784, con l’emanazione del bando di abolizione degli enti ecclesiastici,

in base al quale si prescriveva che tutti i monasteri e i conventi che, prima del terremoto,

contavano meno di dodici individui8, venissero interamente aboliti, e che tutti gli enti – di

origine ecclesiastica o laica - aventi finalità di tipo assistenziale dovessero essere soppressi.

Il disegno governativo originario andava oltre la semplice riparazione dei danni ed il ripristino

della situazione antecedente al terremoto che, in realtà, venne usato come pretesto per il lancio di

un programma di redistribuzione delle terre dal carattere molto più ampio e complesso,

funzionale alla creazione di una nuova configurazione sociale e produttiva all’interno della

7In data 4 aprile 1784 Il bando di abolizione degli enti ecclesiastici venne presentato, per opera di Vincenzo Pignatelli, uomo di fiducia del governo borbonico, al Pontefice Pio VI che ne approvò tutti gli articoli. 8 Differentemente i conventi che prima del terremoto contavano più di dodici individui erano solo sospesi e i beni di questi ultimi non potevano essere oggetto di alienazione. Si pensa che tale distinzione venne introdotta in seguito all’incontro tra Vincenzo Pignatelli e il Pontefice. Cfr Placanica (1979)

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Calabria Ulteriore. In altri termini, si auspicava che le vendite del patrimonio ecclesiastico

potessero mettere in moto un processo di redistribuzione delle ricchezze in grado di favorire la

nascita di una nuova piccola proprietà e di una nuova classe contadina, in modo tale da

controbilanciare la grande quantità di terreni già posseduta dagli esponenti delle classi più agiate.

Le operazioni di vendita furono dunque aperte a tutti gli abitanti della provincia mentre i

feudatari, ovvero i titolari delle giurisdizioni baronali che, ad eccezione delle città di Catanzaro,

Reggio, Pazzano, Stilo, Taverna e Tropea, erano estese a tutto il territorio della Provincia, ne

rimasero esclusi (Placanica, 1979) dal momento che si volevano evitare successive

riconcentrazioni9 ma tale restrizione non comprendeva, invece, quelle categorie di benestanti -

già appartenenti alla classe dei proprietari - che, di fatto, trassero ulteriore beneficio da tali

alienazioni, sottolineando fin da subito la scarsa lungimiranza dei funzionari della Cassa Sacra

che, fin dai suoi primi anni di attività, si dimostrarono principalmente focalizzati sul

perseguimento delle formalità giuridiche e burocratiche.

3.3 L’andamento generale delle alienazioni

In base al testo delle Istruzioni reali, la redistribuzione dei terreni ecclesiastici avvenne

attraverso logiche di mercato e l’attività operativa della Cassa Sacra dovette attenersi alle

disposizioni contenute nei 26 articoli in base ai quali: era possibile vendere tutti i beni

appartenuti ai conventi soppressi, i fondi rimasti invenduti dovevano essere amministrati dai

procuratori e la loro coltivazione doveva essere affidata ai contadini locali, da ultimo la Giunta di

Catanzaro poteva accettare soltanto le offerte di vendita indicanti il nome del compratore

effettivo, al fine di evitare acquisti eccessivi da parte di un solo individuo per mezzo di altre

persone.

9 In realtà i feudatari non erano necessariamente ricchi e, probabilmente, la loro esclusione dalle aste rientra nel fatto che, originariamente, si auspicava che attraverso l’introduzione di un intervento così radicale, che avrebbe potuto cambiare sensibilmente la composizione della struttura agraria e i successivi equilibri nelle campagne, si sarebbero poste le basi per l’indebolimento del baronaggio che, nelle giurisdizioni di competenza, esercitava forti oppressioni sulla popolazione. Cfr. (Placanica, 1970) e Galanti (1792).

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Tuttavia, nonostante l’ampiezza del disegno governativo originario, durante i suoi dodici anni di

attività la Cassa Sacra fu accompagnata da due forti limitazioni che ne condizionarono

fortemente l’operato: Innanzitutto, nessuna delle disposizioni della Cassa Sacra vietava che più

fondi potessero essere acquistati dalla stessa persona e, conseguentemente, non esisteva nessun

vero e proprio limite al possibile incremento della concentrazione fondiaria. Inoltre, la

strutturazione delle aste fece sì che i beni ecclesiastici furono venduti ad un prezzo piuttosto

alto10 e le procedure di acquisto non prevedevano nessun tipo di agevolazione per i contadini e le

classi meno abbienti che, dati i dichiarati fini redistributivi della Cassa Sacra, costituivano,

almeno in linea teorica, i principali destinatari di tali operazioni.

Il numero degli acquirenti dei fondi ecclesiastici fu, quindi, limitato : più precisamente le

famiglie pervenute all’acquisto di qualche terreno furono appena 287611, pari a meno del tre

percento delle famiglie allora residenti in Calabria Ulteriore (Placanica, 1979), un risultato in

netto contrasto con quello che era il disegno originario della Cassa Sacra, soprattutto se si pensa

alle intenzioni dello stesso Ferdinando IV, allora sovrano del Regno di Napoli, espresse

attraverso queste precise istruzioni del legislatore: «che per mezzo delle vendite, censuazioni ed

affitti di tali beni si accrescesse per quanto era possibile il numero dei possidenti della Provincia»

(art 2. Istruzioni reali).

Tale contrasto appare ancora maggiore guardando alla qualifica sociale degli acquirenti che

possono essere divisi in due categorie: una perfettamente qualificata attraverso la professione

svolta o il titolo attribuito e una non qualificata.

Nel primo caso si trattava per lo più di esponenti delle classi più agiate, che mostravano una

variegata estrazione comprensiva sia di rappresentanti dell’aristocrazia, come marchesi e

10 Per determinare la base d’asta gli amministratori dei singoli distretti tenevano in considerazione due diverse grandezze : il risultato degli apprezzi e la rendita degli ultimi 10 anni : la cosiddetta coacervazione decennale. 11 Bisogna inoltre considerare che in numerosi casi diversi compratori facevano parte dello stesso nucleo familiare. Dunque, tenendo fissa una famiglia composta da cinque persone, questa cifra dovrebbe risultare ancora più bassa: più o meno compresa tra il 2 e i tre percento della popolazione residente in Calabria Ulteriore.

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baroni12, sia di membri della borghesia agricola e cittadina in cui figuravano professionisti vari e

i massari, ovvero i noti professionisti dell’impresa agricola. In particolare, tra coloro che

dimostrarono una grandissima forza in termini di acquisti vi furono i baroni, i quali

approfittarono infatti delle operazioni di vendita messe in atto dalla Cassa Sacra per acquistare

un gran numero di terreni, con il solo fine di ingrandire i propri possedimenti e accrescere le

rendite da essi derivanti.

Nel secondo, si trattava invece di una massa comprensiva di una fascia borghese non stabilizzata

e che ancora non si era potuta qualificare a livello di prestigio sociale, probabilmente esponenti

della piccola borghesia rurale, forte di recenti ricchezze ma non ancora interamente identificabile

come classe dei massari (Placanica, 1979). In ogni caso, sebbene non esistano informazioni

precise a riguardo, è difficile credere che all’interno di questa categoria fossero presenti dei

contadini dal momento che, nella maggior parte dei casi, gli esborsi medi di questa categoria

oscillano tra i 340 e i 400 ducati somme che, secondo i riformisti dell’epoca, erano decisamente

al di sopra delle loro possibilità13 (Placanica, 1979).

II profilo così tracciato è riassunto nella tabella 1 che, per ogni qualifica sociale, riporta la

percentuale calcolata in base al valore di acquisto e il numero di compratori per ogni categoria

che, come accennato, sembra confermare la grande distanza riscontrata tra il disegno originario

di questa riforma e la sua attuazione : l’ammontare degli acquisti effettuati dai contadini, infatti,

non ammonta a nemmeno l’1% del totale, contrapposto alle percentuali molto più elevate dei

baroni e dei marchesi, rispettivamente pari al 18% e al 12%, cifre particolarmente elevate se si

12 In questo caso, con il termine barone non si intendono i veri e propri feudatari, ossia i titolari delle giurisdizioni baronali nei rispettivi territori di appartenenza che, come già detto, erano esclusi dagli acquisti ma, piuttosto, si tratta di coloro che, comunemente, erano denominati come “baroni rustici”, vale a dire i proprietari di vasti appezzamenti di terreno e altri beni allodiali sui quali, a differenza dei precedenti, non avevano nessuna giurisdizione o altra funzione amministrativa. Cfr. (Placanica, 1979) 13In realtà, a circa la metà degli individui che, nelle fonti consultate, appaiono come non qualificati era attribuito il titolo di “don” o “magnifico”, tuttavia poiché nei documenti relativi alle vendite, come atti notarili o i verbali delle aste, tali titoli venivano ora utilizzati ora omessi, oppure utilizzati intercambiabilmente per la stessa persona, nell’elenco consultato essi non sono stati riportati. In secondo luogo, alcuni di questi non qualificati, sebbene privi di un titolo, apparivano però nei cosiddetti elenchi delle famiglie “probe e benestanti” che venivano redatti ogni tre anni dalle autorità comunali. Ciò sembra smentire ulteriormente l’ipotesi secondo cui, all’interno di questa massa non qualificata, figurassero dei contadini o dei piccoli coltivatori Cfr. (Placanica, 1979).

13

considera che, in entrambi i casi, gli acquirenti delle due categorie non furono poi tanti. E’,

inoltre, da rilevare come solo il 47% del valore dei beni alienati sia divenuto di proprietà di

individui privi di qualifica sociale (2464 acquirenti), contro il 53% acquistato da solo 411

individui.

La lettura di questi dati testimonia come la redistribuzione dei beni ecclesiastici, da cui sarebbe

dovuta nascere una nuova classe di piccoli proprietari che, a sua volta, avrebbe stimolato lo

sviluppo demografico e produttivo della Provincia, non sia riuscita nel suo intento di beneficiare

i contadini e i piccoli coltivatori ma che, al contrario, gli acquisti più rilevanti e di maggiore

ammontare vennero effettuati dagli esponenti delle classi più agiate ponendo, quindi, le basi per

la creazione di nuove concentrazioni o, comunque, per il rafforzamento delle pre-esistenti

strutture economico-sociali della Calabria Ulteriore.

Una simile distorsione è imputabile a diversi fattori, tra cui probabilmente risalta il fatto che le

due finalità che la Cassa Sacra avrebbe dovuto perseguire, la redistribuzione delle terre da un

lato e, dall’altro, la necessità di incamerare più risorse possibili per sostenere le spese di

ricostruzione, risultavano difficilmente conciliabili, considerando la gravità dei danni causati dal

terremoto.

4. Metodologia e dati

Nella sezione precedente è emerso come gli acquirenti dei beni ecclesiastici fossero per la

maggior parte esponenti della classe borghese e dell’aristocrazia e come ciò, invece di

modificare la composizione della struttura agraria, abbia rafforzato le pre-esistenti strutture

socio-economiche, contribuendo in maniera non secondaria all’incremento della concentrazione

fondiaria in Calabria.

Sulla base di queste considerazioni il presente lavoro intende investigare se, nel lungo periodo, i

livelli di disuguaglianza siano ancora influenzati dalle alienazioni della Cassa Sacra, analizzando

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l’esistenza di una significativa persistenza nella concentrazione della ricchezza. In termini

empirici si tratta, quindi, di verificare se tale effetto si sia mantenuto persistente nel tempo,

esaminando, a livello comunale e senza nessi di causalità, la correlazione tra gli indici di

disuguaglianza calcolati al 1948 e al 2001, approssimati dall’indice di Gini, e le vendite della

Cassa Sacra, riassunte da appositi indicatori.

Più precisamente, nei comuni in cui, tra il 1784 e il 1796, il valore dei beni alienati e, soprattutto,

la percentuale degli acquisti effettuati esponenti delle classi più agiate assumono valori maggiori

ci si aspetta di trovare, anche per il 1948 e il 2001, un livello di concentrazione della ricchezza

ancora più elevato.

Tale ipotesi può essere facilmente verificata attraverso un dataset contenente informazioni circa

il valore dei beni alienati per mezzo della Cassa Sacra, lo status sociale degli acquirenti e i livelli

di disuguaglianza al ’48 e al 2001, che permetta di costruire un modello di regressione lineare in

cui le misure di concentrazione calcolate per i suddetti riferimenti temporali figurino come

variabili dipendenti, come nel caso seguente:

𝑦𝑦𝑖𝑖 = 𝛼𝛼 + 𝛽𝛽𝑥𝑥𝑖𝑖 + 𝛾𝛾𝐼𝐼𝐼𝐼𝐼𝐼𝑖𝑖 + 𝛿𝛿𝑉𝑉𝑉𝑉𝑉𝑉𝑉𝑉𝑉𝑉𝑉𝑉𝑖𝑖 + 𝜀𝜀𝑖𝑖 (1)

dove yi è una misura di disuguaglianza nel comune i, 𝐼𝐼𝐼𝐼𝐼𝐼𝑖𝑖 è un indicatore riassuntivo del

fenomeno di riconcentrazione evidenziato nella tabella 1, costruito in base alla percentuale,

calcolata rispetto al valore totale dei beni alienati, degli acquisti effettuati dagli esponenti delle

classi più agiate, mentre 𝑉𝑉𝑉𝑉𝑉𝑉𝑉𝑉𝑉𝑉𝑉𝑉𝑖𝑖 riassume, per ogni comune, il prezzo medio dei fondi alienati

per mezzo della Cassa Sacra. Il vettore 𝑥𝑥𝑖𝑖 comprende, invece, un insieme di variabili di

controllo relative all’estensione dei beni ecclesiastici acquistati e alla percentuale di famiglie

lavoratrici che, in questo caso, viene intesa come approssimazione del tasso di occupazione a cui

15

si aggiungono le principali colture agricole di tipo intensivo o estensivo (grano, vigneto, agrumi)

e la percentuale di famiglie non proprietarie, tutte ricavate dal censimento dell’agricoltura del

1948.

Inoltre, è opportuno considerare che nel vettore appena menzionato sono stati inseriti ulteriori

controlli tra cui delle variabili dummy relative alla provincia di appartenenza dei comuni

considerati e alla popolazione dispersa all’interno di questi ultimi e che, inoltre, le variabili di

principale interesse – le misure di concentrazione calcolate al 1948 e al 2001 e i due indicatori

della Cassa Sacra – sono espresse in logaritmi, i principali risultati ottenuti sono, pertanto,

interpretati in termini di elasticità.

I dati utilizzati possono essere scomposti in tre diversi campioni dalla cui aggregazione è stato

possibile ricavare il dataset finale: più precisamente, il primo di questi contiene informazioni

relative ai fondi venduti durante i dodici anni di attività della Cassa Sacra e ai loro acquirenti,

mentre gli altri due fanno riferimento ai principali elementi della distribuzione della ricchezza al

1948 e del reddito al 2001, da cui è possibile ricavare semplici indici di concentrazione.

Le informazioni inerenti la Cassa Sacra sono state raccolte facendo affidamento al lavoro di

Augusto Placanica14 il quale, attraverso la consultazione di diverse fonti archivistiche, ha potuto

elaborare un elenco dettagliato per gli acquirenti della Cassa Sacra che, per ogni distretto15,

contiene il nome e il cognome dell’acquirente, la sua professione o qualifica sociale, la

denominazione del fondo espropriato seguita dalla sua estensione in tomolate, il prezzo di

acquisto in ducati e, infine, il nome dell’ente ecclesiastico precedentemente proprietario.

Questo elenco, rappresentando la più grande e dettagliata fonte di informazioni disponibili circa

le transazioni avvenute durante gli anni di attività della Cassa Sacra, è stato sottoposto ad un

14 E’ importante sottolineare come questi dati non siano stati ricavati da una fonte univoca, bensì attraverso l’aggregazione di diverse fonti archivistiche quali atti notarili, liste di carico, atti di apprezzo e riapprezzo, verbali delle aste, e i numerosi fascicoli delle Vendite e Censuazioni. Cfr. (Placanica, 1979) 15 La strutturazione della Cassa Sacra prevedeva la suddivisione della Calabria Ulteriore in 40 distretti, ognuno affidato ad un amministratore incaricato di redigere lo stato patrimoniale del distretto di appartenenza e di archiviare tutte le informazioni concernenti i fondi venduti all’interno dell’area di competenza.

16

procedimento di digitalizzazione che ha permesso di ricavare un dataset contenente più di 4.000

osservazioni a livello individuale, indicanti le caratteristiche di ogni singolo terreno alienato, da

cui è possibile ricavare alcune informazioni circa lo status sociale dei singoli acquirenti che, in

questo caso, viene identificato attraverso la professione svolta, non disponendo di ulteriori

informazioni da cui poter ricavare stime precise sui redditi e la ricchezza detenuta.

Le osservazioni così ottenute sono state ordinate in base ai rispettivi comuni di appartenenza, per

i quali sono poi stati calcolati degli indicatori a livello territoriale che, in base al prezzo,

riassumono il valore totale, il valore medio e, rispetto al totale già calcolato, l’incidenza

percentuale dei fondi acquistati dagli individui di cui è possibile conoscere la qualifica sociale,

ottenendo in questo modo dei dati aggregati a livello comunale.

Questi indici sono stati poi fatti confluire nel secondo campione, rappresentato dal censimento

del 1948, a cui sono state successivamente aggiunte le misure di concentrazione per il 2001,

calcolate utilizzando i dati sulle dichiarazioni dei redditi raccolti dal Ministero dell’economia e

delle finanze non disponendo, a livello comunale, di ulteriori e più precise informazioni

concernenti la distribuzione della sola ricchezza.

Il censimento dell’agricoltura del 1948 è un dataset a livello comunale, composto da 36716

osservazioni, che fornisce informazioni circa i principali elementi di distribuzione della terra,

distinguendo per le diverse tipologie di aziende agricole (di proprietà, a mezzadria, in affitto) e

per la superficie in ettari delle rispettive classi dimensionali.

Infine, i dati sulle dichiarazioni dei redditi al 2001 contengono informazioni a livello comunale

con dettagli per le varie tipologie di reddito complessivo ai fini IRPEF e scaglioni, con due

statistiche associate ad ogni variabile: l’ammontare e la frequenza. Questi dati sono stati poi

arricchiti attraverso la raccolta di alcune variabili di controllo, ricavate dal censimento della

popolazione ISTAT al 2001, che comprendono l’indice di conseguimento della scuola 16 In seguito alla creazione delle Province di Crotone e Vibo Valentia che, nel 1948, erano entrambe sotto l’amministrazione di Catanzaro, il numero dei comuni calabresi è aumentato da 367 a 409 per l’espansione urbana di numerose frazioni territoriali. Per ragioni di semplicità, il raccordo dei comuni è stato effettuato in base alle amministrazioni territoriali vigenti al 48.

17

dell’obbligo che, per il tasso di istruzione, è l’unico indicatore disponibile a livello comunale, e

altri indicatori come il tasso di disoccupazione giovanile. I dati sulle dichiarazioni dei redditi

sono stati utilizzati per calcolare l’indice di Gini per gli anni sopra elencati che, insieme alle

variabili di controllo, è stato importato nel censimento del 1948 comprensivo degli indicatori già

calcolati per la Cassa Sacra, ottenendo così un dataset in grado di fornire, a livello comunale,

tutte le informazioni necessarie alla verifica empirica delle ipotesi formulate.

Le misure di concentrazione utilizzate in questo lavoro sono le seguenti: gli indici di Gini

calcolati per il 1948 e per il 2001 a cui si aggiungono la percentuale di famiglie proprietarie,

come verifica dei risultati ottenuti al 1948, e la quota di reddito detenuta dalle famiglie più

ricche, per testare la robustezza delle stime ricavate per il 2001.

L’indice di Gini è calcolato attraverso la seguente formula, ricavata utilizzando informazioni del

censimento del 1948, per la dimensione e il numero delle aziende agricole e dei dati del MEF,

per il totale dei contribuenti e l’ammontare delle classi di reddito:

1 +1 𝐼𝐼 −

2∑ (𝐼𝐼 − 𝑉𝑉 + 1) 𝑎𝑎𝑖𝑖𝑖𝑖

𝐼𝐼 ∑ 𝑎𝑎𝑖𝑖𝑖𝑖

dove n rappresenta, per il 1948, il numero delle aziende agricole, mentre 𝑎𝑎𝑖𝑖 si riferisce, per ogni

classe dimensionale, all’estensione media di quest’ultime (Percoco, 2015). In questo modo è

possibile ricavare degli appositi indicatori che permettono, in base ad ogni classe di superficie, di

calcolare lo scostamento del numero di fattorie rispetto alla proprietà di terreno, utilizzando, per

ciascuna delle suddette categorie, il valore medio della dimensione di quest’ultima.

Attraverso questi indicatori è possibile arrivare alla definizione dell’indice di Gini che, in base a

quanto detto, è pari alla differenza tra 1 e la somma di tutti gli scostamenti così calcolati.

18

La stessa procedura viene impiegata anche per i dati sulle dichiarazioni dei redditi al 2001,

sostituendo alle classi dimensionali e al numero delle aziende agricole, rispettivamente, gli

scaglioni di reddito IRPEF (da 0 a oltre 120.000 euro) e il totale dei contribuenti in ogni comune.

La percentuale di famiglie proprietarie, ottenuta utilizzando i dati del censimento del 1948,

viene, come anticipato, impiegata come ulteriore misura di concentrazione. Questa variabile,

calcolata in base al totale delle famiglie agricole17, esprime in valori percentuali le famiglie

titolari di una o più proprietà agricole.

Le principali variabili utilizzate sono definite nella tabella 2 che, per ognuna di esse, riporta

alcune statistiche di sintesi, mentre le mappe in figura 2 mostrano la distribuzione spaziale degli

indicatori di concentrazione della terra e del reddito.

5. Risultati

5.1 I livelli di concentrazione al 1948

L’analisi empirica di questo lavoro comincia con la stima, al 1948, dell’equazione 1 e risultati

così ottenuti sono riportati nelle tabelle 3 e 4 dove il land gini e il numero di proprietari figurano,

rispettivamente, come variabili dipendenti. Le stime riportate nella tabella 3 mostrano come i

due principali indicatori per la Cassa Sacra siano, indipendentemente dalle specificazioni

adottate, positivamente e significativamente correlati con il land gini calcolato per l’anno in

questione, confermando in questo modo l’ipotesi formulata nella sezione precedente.

Più precisamente, nel modello 1, che non considera nessuna variabile di controllo, i coefficienti

ottenuti per il valore medio dei beni alienati e per l’incidenza percentuale degli acquisti effettuati

dalla borghesia agricola e professionale ammontano, rispettivamente, a 0.0158 e a 0.0412 con un

livello di significatività che, in entrambi i casi, è pari al 99%, evidenziando come i livelli di

disuguaglianza al 1948 fossero ancora influenzati da quanto successo durante gli anni di attività 17 La popolazione agricola totale è rappresentata da tutte quelle famiglie esercitanti un’attività agricola come i mezzadri o i braccianti giornalieri.

19

della Cassa Sacra. Inoltre, osservando la grandezza dei coefficienti, è possibile vedere come

l’incidenza percentuale degli acquisti effettuati dalla borghesia agricola e professionale abbia,

rispetto al valore medio dei beni alienati, un effetto più marcato sul land gini calcolato al 1948

rispetto al valore medio.

In tutti i casi considerati la direzione delle variabili di controllo è coerente con quanto atteso,

tuttavia, è interessante notare come, in seguito alla loro inclusione nel modello, si assista ad un

calo di significatività - dal 99 al 95% - per le due variabili di interesse e come i coefficienti di

queste ultime, pur mantenendosi positivi, scendano da 0,0412 a 0,0249 per l’incidenza e da

0,0150 a 0,0109 per il valore medio.

In ogni caso, la significatività e la direzione dei risultati ottenuti per le due variabili di principale

interesse non sono compromesse nemmeno nel modello 8, comprensivo di tutte le specificazioni

precedentemente adottate e di due addizionali variabili di controllo. Ancora una volta, le due

variabili di principale interesse mantengono la direzione e i livelli di significatività attesi,

suggerendo come una variazione pari all’1% nell’incidenza percentuale degli acquisti effettuati

dalla borghesia agricola e professionale sia associata ad un incremento del 2,38% del land gini

calcolato al 1948 e come, per il valore medio dei beni alienati, una variazione pari all’ 1% di

quest’ultimo sia associata ad un aumento di all’incirca un punto percentuale (1,05%) del land

gini.

In altri termini, questo risultato sottolinea come per maggiori valori dei beni alienati tramite la

Cassa Sacra e, soprattutto, al crescere degli acquisti effettuati dagli esponenti della borghesia

agricola e professionale si riscontrino, anche al 1948, livelli di concentrazione della ricchezza

ancora più elevati.

Inoltre, in riferimento a quest’ultimo punto, è importare notare come l’elasticità dell’incidenza

percentuale degli acquisti effettuati dagli esponenti delle classi più agiate sia due e volte e mezzo

più grande rispetto a quella riscontrata per il valore medio, suggerendo, quindi, come il processo

20

di riconcentrazione della ricchezza evidenziato nella tabella 1 sia ciò che ha maggiormente inciso

sui successivi livelli di disuguaglianza.

5.2. I livelli di concentrazione al 2001

I risultati per le analisi condotte al 2001 sono riportati nella tabella 4 dove, rispetto ai due casi

già esaminati, vengono adottate delle specificazioni leggermente diverse, dal momento che è

necessario tenere conto dei vari cambiamenti intercorsi tra il 1948 e il 2001, considerando la

riforma agraria del 1950, riassunta nella variabile Sila, e aggiungendo agli indicatori di status

sociale il tasso di istruzione e il tasso di disoccupazione18.

Complessivamente, gli indicatori della Cassa Sacra si mostrano positivamente correlati con il

Gini, confermando nuovamente le aspettative e tali risultati sono riportati nelle colonne 1-9 della

tabella 4 dove, controllando solo per la provincia (colonna 1), sembra non esserci alcun effetto

significativo della Cassa Sacra.

La direzione di questi risultati inizia a cambiare già dalla colonna 2 dove, aggiungendo l’effetto

del tasso di istruzione e della legge Sila, si comincia già a vedere un effetto per il valore medio

con un coefficiente pari a circa 0.008 e significativo al 95% che, rispetto a quanto riscontrato per

il medesimo indicatore al 1948, si riduce di almeno 4 punti percentuali. L’incidenza percentuale

degli acquisti effettuati dagli esponenti delle classi più agiate, invece, diventa significativa non

appena il tasso di disoccupazione viene aggiunto alle variabili di controllo (colonna 3),

riportando un coefficiente positivo e significativo al 90% che suggerisce come una variazione

dell’1% nella variabile incidenza sia associata con un aumento dell’indice di Gini calcolato al

2001 pari a 1,27%, confermando la correlazione positiva tra queste due variabili.

Tale risultato si mantiene robusto anche all’inclusione di ulteriori controlli geografici come il

logaritmo dell’altezza e della superficie territoriale (colonna 4) e, rispetto al caso precedente, i

18 Cfr. Acciari e Mocetti (2013).

21

risultati sono praticamente invariati sia per il valore medio sia per l'incidenza percentuale degli

acquisti effettuati dai professionisti, che risultano significativi rispettivamente al 95% e al 90%.

Come già accennato, al 2001 è stato necessario tenere in considerazione le riforme fondiarie

successive alla Cassa Sacra19, pertanto nel caso in esame è stata inserita la riforma agraria del

1950, al fine di evitare che le due variabili di principale interesse prendessero l’effetto di

quest’ultima ottenendo, conseguentemente, stime distorte. Come noto, la Calabria fu oggetto di

un esteso esperimento di riforma agraria, con la Legge Sila, evento che potrebbe essere correlato

con le operazioni della Cassa Sacra ed influenzare anche la distribuzione spaziale della

diseguaglianza al 2001. Onde tenere conto di tale fattore, si è aggiunta alla regressione base una

variabile dummy per indicare se il comune apparteneva al comprensorio di riforma della Legge

Sila.

La correlazione tra l’indice di Gini e la legge Sila è, come ipotizzato, negativa, tuttavia la tabella

5 evidenzia come, sorprendentemente, quest’ultima non risulti significativa in nessuna delle

specificazioni adottate (colonne 2- 6) e come la sua inclusione nel modello non comprometta in

alcun modo la significatività dei due indicatori

Nel tentativo di rendere più precisa la specificazione precedente, la robustezza di quest’ultima è

stata verificata ulteriormente inserendo anche il land gini calcolato al 1948 (colonna 5),

ritenendo che l’esclusione di quest’ultimo avrebbe potuto generare un’ assunzione erronea in

base alla quale le due variabili di interesse siano esclusivamente correlate con il Gini, mentre

invece è ragionevole ritenere che possano esserci tanti altri canali attraverso cui è possibile

intravedere gli effetti che si intende investigare.

Ancora una volta la variabile Sila non è significativa e le due variabili di principale interesse si

mantengono positivamente e significativamente correlate con l’indice di Gini al 2001, non risulta

invece significativo il land gini calcolato al 1948 la cui direzione sembra suggerire una relazione

19 La legislazione rilevante è tenuta in considerazione anche nell’analisi di Besley e Burgess (2000) per l’India.

22

negativa tra questo e la variabile dipendente ma, date le stime ottenute, non esiste sufficiente

evidenza empirica per affermare una simile conclusione.

6. Conclusioni

La distribuzione del reddito e della ricchezza sono oggi temi che godono di rinnovato interesse

da parte dei policy makers di gran parte dei paesi occidentali. Sebbene in Italia tali tematiche

siano di rilevanza cruciale, amplificate ulteriormente dalle grandi disparità territoriali, poco è

stato fatto e studiato negli ultimi anni. Il Mezzogiorno in particolare ha fatto esperienza, nel

corso dei secoli, di diversi esperimenti di redistribuzione della ricchezza che consentono di

studiare sia l’efficacia di tali politiche, sia la persistenza della diseguaglianza nel tempo.

In questo saggio, si è affrontato il caso della Cassa Sacra, un’istituzione fondata in Calabria per

finanziare la ricostruzione a seguito del disastroso terremoto del 1783 attraverso l’esproprio e

l’alienazione di beni ecclesiastici. Questa politica si pose non solo l’obiettivo di riparare ai danni

materiali causati dal sisma, ma anche quello di stimolare la redistribuzione della ricchezza.

La nostra analisi ha mostrato come il 53% del valore complessivo dei beni alienati sia stato

acquistato da poco più di 400 individui con un titolo che ne definiva lo status sociale ed il

rimanente 47% distribuito tra i rimanenti 2.464. Considerando la distribuzione della proprietà

fondiaria al 1948 e quella dei redditi al 2001, si osserva una significativa persistenza dei beni

alienati nel predire la distribuzione spaziale della diseguaglianza futura.

Questo risultato implica alcune considerazioni in chiave di policy:

a) La redistribuzione della ricchezza attraverso meccanismi di mercato (le aste) può

generare effetti negativi proprio sulla distribuzione del reddito e della ricchezza;

b) Gli effetti negativi di interventi di redistribuzione della ricchezza possono essere molto

persistenti nel tempo e difficili da modificare, anche con riforme successive.

23

In definitiva, il disegno di politiche di riequilibrio appare essere cruciale, con effetti indiretti

potenzialmente avversi e difficili da affrontare.

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27

Tabella 1: Qualifica Sociale degli acquirenti Tabella 2: Statistiche descrittive

Qualifica N. acquirenti % Valore di

acquisto Arcipreti 9 0,010 Baroni 59 0,18 Canonici 12 0,015 Chierici 1 0,0006 Contadini 1 0,00121 Diaconi 4 0,0030 Dottori fisici 20 0,035 Giudici 1 0,0024 Marchesi 3 0,12 Massari 190 0,065 Mastri 8 0,034 Non qualificati 2464 0,47 Notai 34 0,035 Sacerdoti 68 0,027 Vedove 2 0,0025

Variabile Def. Media Std. Dev.

Vmedio V. medio beni alienati 3.764.726 635.266 Inc % acqs. classi piu agiate 0.1955185 0.1942777 Gini1948 Land Gini al 1948 0.8057024 0.1004162 Owners % Fam. proprietarie 0.2975699 0.1401448 No_farms_ha %terreni non di proprietà 0.319713 0.2205682 Workersfamilies_rel %Fam. lavoratrici 0.4063869 0.1480852 Gini2001 Indice di Gini al 2001 0.5173767 0.0534566 Richer_2001 % reddito fam. più ricche 0.0113944 0.0196024 Olives_ha_rel %ettari colture di uliveti 0.1266605 0.1250998 Tasso_istruzione Tasso di istruzione 2001 3606816 8290526 Territorio (log) Superficie territoriale 3.310.361 0.7685039 Grapes_ha_rel % Ettari colture di vigneti 0.0370363 0.0564203 Citrus_ha_rel % Ettari colture di limoni 0.0079994 0.0245618 Tasso_Disoccupazione T. di disoccupazione 2001 3.319.565 0.5392265 Sila Comuni legge sila 0.2400972 0.42882 Pop_scatter Popolazione dispersa 9.857.091 1.761.911 Height Altezza 4.220.526 2.209.892 Estensione Est. beni alienati 9.927.046 1.312.281

Wheat_ha_rel % ettari colture di grano 0.1530014 0.09578

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Tabella 3: Cassa sacra e concentrazione della proprietà fondiaria al 1948 Land Gini calcolato al 1948(log) Variabili In: (1) (2) (3) (4) (5) (6) (7) (8) Inc. % acquisti classi più agiate (log)

0.0412***

0.0410***

0.0403***

0.0378***

0.0281** 0.0249** 0.0238** 0.0238**

(0.0135) (0.0134) (0.0111) (0.0110) (0.0111) (0.0110) (0.0112) (0.0114) V. medio fondi acquistati (log)

0.0158***

0.0150** 0.0108* 0.0116** 0.00999* 0.0109** 0.0104** 0.0105**

(0.00602) (0.00621) (0.00558) (0.00541) (0.00552) (0.00512) (0.00522) (0.00528) Estensione fondi acq. (log)

-0.0124 -0.0103 -0.0113 -0.0119 -0.0104 -0.0117 -0.0107 -0.0108

(0.0121) (0.0120) (0.0105) (0.0103) (0.0102) (0.00999) (0.0101) (0.0102) Nonowners 0.340*** 0.245*** 0.222*** 0.189*** 0.193*** 0.193*** (0.0503) (0.0605) (0.0592) (0.0588) (0.0585) (0.0600) No_farms_ha -

0.269*** -

0.244*** -

0.193*** -

0.183*** -

0.181*** -

0.181*** (0.0336) (0.0335) (0.0338) (0.0331) (0.0335) (0.0336) Workersfamilies_rel 0.145*** 0.172*** 0.185*** 0.182*** 0.182*** (0.0476) (0.0448) (0.0435) (0.0429) (0.0436) Wheat_ha_rel -

0.287*** -

0.315*** -

0.318*** -

0.317*** (0.0835) (0.0819) (0.0822) (0.0833) Olives_ha_rel -0.126* -0.0710 -0.0647 -0.0640 (0.0644) (0.0640) (0.0656) (0.0655) Grapes_ha_rel -

0.417*** -

0.407*** -

0.407*** (0.132) (0.130) (0.132) Citrus_ha_rel -0.207 -0.200 (0.185) (0.196) ln_height 0.000749 (0.00774) Scatter_pop -0.0146 (4.209) Provincia= Reggio C. 0.0183 -0.0113 -0.00547 -0.00199 -0.00434 -

0.000193 3.58e-05

(0.0187) (0.0163) (0.0163) (0.0175) (0.0168) (0.0176) (0.0182) Provincia= Cosenza 0.00236 0.00517 0.00514 0.0262 0.0201 0.0214 0.0214 (0.0189) (0.0180) (0.0175) (0.0178) (0.0174) (0.0175) (0.0177) Observations 290 290 290 290 290 290 290 290 R-squared 0.034 0.037 0.270 0.291 0.350 0.378 0.379 0.379

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Tabella 4: Cassa sacra e distribuzione del reddito al 2001 Gini sul reddito al 2001 (1) (2) (3) (4) (5) (6) Inc. % acq. classi agiate(log) -0.0117 0.0119 0.0128* 0.0146** 0.0129* 0.0126* (0.0110) (0.00749) (0.00715) (0.00736) (0.00728) (0.00731) V. medio beni alienati (log) 0.00772 0.00887** 0.00909** 0.00920** 0.00814** 0.00802** (0.00539) (0.00361) (0.00352) (0.00376) (0.00385) (0.00385) Est. fondi alienati(log)

0.000245

-0.0112* -0.0103* -0.0127* -0.0115* -0.0115*

(0.00912) (0.00619) (0.00625) (0.00653) (0.00662) (0.00655) Land gini al 48 (log) -0.0252 (0.0542) Nonowners 0.0402 0.0539 0.0493 (0.0447) (0.0448) (0.0445) No_farms_ha 0.0423* 0.0375 0.0432* (0.0228) (0.0271) (0.0226) Workersfamilies_rel -0.0122 -0.0186 -0.0211 (0.0300) (0.0314) (0.0305) Wheat_ha_rel -0.0946* -0.117** -0.112** (0.0519) (0.0515) (0.0514) Olives_ha_rel 0.0570* 0.0404 0.0409 (0.0317) (0.0328) (0.0328) Grapes_ha_rel -0.0181 -0.0249 -0.0187 (0.0731) (0.0714) (0.0717) Citrus_ha_rel 0.377*** 0.250 0.252 (0.127) (0.167) (0.165) Tasso_istruzione(log) 0.303*** 0.303*** 0.294*** 0.284*** 0.284*** (0.0153) (0.0157) (0.0163) (0.0171) (0.0170) Tasso_disoccupazione 0.0193 0.0156 0.0122 0.0124 (0.0157) (0.0162) (0.0160) (0.0162) Territorio(log) 0.00248 0.00173 0.000799 (0.00463) (0.00515) (0.00472) Height(log) -0.0148*** -0.0149*** (0.00479) (0.00482) Sila 7.93e-05 -0.000492 -0.00624 -0.000861 -0.00157 (0.0105) (0.0104) (0.00997) (0.0103) (0.0103) Effetti fissi provinciali SI SI SI SI SI SI

Observations 288 285 285 285 285 285 R-squared 0.077 0.629 0.633 0.657 0.666 0.666

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Figura 1: Classi di intensità del terremoto su base comunale:

Note: Elaborazioni sui dati dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. I comuni sono divisi in sei classi di ampiezza, ordinate dal valore massimo al valore minimo. Un colore più scuro (chiaro) indica un maggiore (minore) valore dell’intensità del terremoto misurata su scala Mercalli. Figura 2: Misure di concentrazione al 1948 e al 2001 (scala comunale).

a) Gini al 2001 b) Gini al 1948


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