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LA PRIORITÀ sta scelta ci priva di un'impor- È UNA SCIENZA ... · do 69 posizioni di...

Date post: 16-Feb-2019
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LA PRIORITÀ È UNA SCIENZA AL FEMMINILE ANDREA GAvosTo* D iciamolo chiaramente: a IL i risultati dell'indagine Ocse-Pisa sono delu- denti. Nelle precedenti edizio- ni (2009 e 2012) i nostri stu- denti avevano conseguito ri- sultati sotto la media dei Paesi avanzati, ma la tendenza era comunque positiva nelle tre aree esplorate: lettura e com- prensione di testi, matemati- ca e scienze. Oggi il trend si è esaurito: abbiamo un netto calo delle competenze scienti- fiche e un leggero declino pu- re nella capacità di lettura; se- gnali incoraggianti vengono solo dalla matematica. La scuola italiana è piena di divari: territoriali, di origine, di genere. Pisa potrebbe esse- re una fonte di informazioni preziosa per analizzarli. E co- sì era fino alla scorsa edizione. Con una decisione sconcer- tante le autorità scolastiche hanno però deciso di non ef- fettuare l'abituale approfon- dimento per tutte le regioni (sono rimaste Trentino, Lom- bardia e Campania). Poiché i test Invalsi sono diventati inattendibili a causa del boi- cottaggio da parte degli inse- gnanti e della tradizionale pia- ga del barare alle prove, que- sta scelta ci priva di un'impor- tante base conoscitiva, in par- ticolare sulle differenze terri- toriali. E questo in un Paese dove, come nessun'altro, con- vivono sistemi scolastici re- gionali fra i migliori e i peggio- ri in Europa. Ad esempio in Campania il 20% dei 15enni si situa al di sotto del livello mi- nimo accettabile di competen- ze. In Lombardia sono l'8,5%. Un divario che sta riducen- dosi è fra studenti di origine italiana e straniera. Sebbene la quota sia raddoppiata dal 2006 al 2015, il loro ritardo pa- re oggi meno grave: gli sforzi per l'integrazione stanno evi- dentemente dando frutti. Ri- sultati meno lusinghieri si re- gistrano, invece, su un altro fronte importante: i divari di genere. Come già di recente segnalato in occasione di un'altra rilevazione interna- zionale, Pisa conferma che in Italia - caso unico - le distanze fra ragazze e ragazzi tendono ad allargarsi, con le prime che perdono vistosamente terre- no su competenze sempre più fondamentali. Tra le priorità educative da suggerire al nuo- vo governo c'è senz'altro una didattica della matematica e delle scienze che, sull'esempio di Paesi ai vertici, come il Ca- nada, sia meno astratta, più laboratoriale e, insieme, più amichevole nei confronti delle ragazze. *Fondazione Agnelli O BV NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
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LA PRIORITÀÈ UNA SCIENZAAL FEMMINILE

ANDREA GAvosTo*

D iciamolo chiaramente:a ILi risultati dell'indagineOcse-Pisa sono delu-

denti. Nelle precedenti edizio-ni (2009 e 2012) i nostri stu-denti avevano conseguito ri-sultati sotto la media dei Paesiavanzati, ma la tendenza eracomunque positiva nelle trearee esplorate: lettura e com-prensione di testi, matemati-ca e scienze. Oggi il trend si èesaurito: abbiamo un nettocalo delle competenze scienti-fiche e un leggero declino pu-re nella capacità di lettura; se-gnali incoraggianti vengonosolo dalla matematica.

La scuola italiana è piena didivari: territoriali, di origine,di genere. Pisa potrebbe esse-re una fonte di informazionipreziosa per analizzarli. E co-sì era fino alla scorsa edizione.Con una decisione sconcer-tante le autorità scolastichehanno però deciso di non ef-fettuare l'abituale approfon-dimento per tutte le regioni(sono rimaste Trentino, Lom-bardia e Campania). Poiché itest Invalsi sono diventatiinattendibili a causa del boi-cottaggio da parte degli inse-gnanti e della tradizionale pia-ga del barare alle prove, que-

sta scelta ci priva di un'impor-tante base conoscitiva, in par-ticolare sulle differenze terri-toriali. E questo in un Paesedove, come nessun'altro, con-vivono sistemi scolastici re-gionali fra i migliori e i peggio-ri in Europa. Ad esempio inCampania il 20% dei 15enni sisitua al di sotto del livello mi-nimo accettabile di competen-ze. In Lombardia sono l'8,5%.

Un divario che sta riducen-dosi è fra studenti di origineitaliana e straniera. Sebbenela quota sia raddoppiata dal2006 al 2015, il loro ritardo pa-re oggi meno grave: gli sforziper l'integrazione stanno evi-dentemente dando frutti. Ri-sultati meno lusinghieri si re-gistrano, invece, su un altrofronte importante: i divari digenere. Come già di recentesegnalato in occasione diun'altra rilevazione interna-zionale, Pisa conferma che inItalia - caso unico - le distanzefra ragazze e ragazzi tendonoad allargarsi, con le prime cheperdono vistosamente terre-no su competenze sempre piùfondamentali. Tra le prioritàeducative da suggerire al nuo-vo governo c'è senz'altro unadidattica della matematica edelle scienze che, sull'esempiodi Paesi ai vertici, come il Ca-nada, sia meno astratta, piùlaboratoriale e, insieme, piùamichevole nei confronti delleragazze.

*Fondazione AgnelliO BV NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

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Rivoluzione all'universitàAdc7io alle 27segreterïenascono sette maxïpoli

JACOPO RICCA

SEGRETERIE unificate tra i diver-si dipartimenti e una raziona-lizzazione di servizi. Dal primo

gennaio all'Università di Torino par-te la riorganizzazione dei quasi1800 dipendenti amministrativiche saranno riuniti in 7 poli oltreall'amministrazione centrale. Unavera rivoluzione fortemente volutadal rettore Gianmaria Ajani e dalla

DIPENDENTI direttrice generale Loredana Segre-1135 per cento dei to che da più di un anno e mezzo la-dipendenti si è detto vora al dimezzamento dei centri diinteressato a uno gestione: da oltre 40 a una ventina.spostamento «Finora c'era un arcipelago di realtà

che abbiamo cercato di ridurre giàcon lo statuto approvato dopo la ri-forma Gelmini - spiega Segreto - Di-

LE SEGRETERIE DI POLO verse strutture hanno una duplica-Sostituiranno le 27 zione di funzioni che andava risolta.attuali cui oggi Si rivedranno anche i processi di la-si devono rivolgere voro dei nostri dipendenti».gli universitari Tra le cose che cambieranno per i

quasi 70mila iscritti la più importan-te è l'unificazione delle segreterieche non saranno più divise per dipar-

I PENSIONATI timento. Ce ne sarà una per ognunoSono 300 i pensionati dei sette poli: Campus Luigi Einau-non sostituiti da 12008: di, dove ci sono Giurisprudenza ela riorganizzazione Scienze politiche, Management edèobbligatoria economia di corso Unione Sovietica,

Medicina A per la Città della Salu-te), Medicina B per il San Luigi,Scienze della Natura che riunirà i di-partimenti scientifici di via Giuria,Umanistiche a Palazzo Nuovo eAgraria, Medicina e Veterinaria aGrugliasco. «Il cambiamento non sa-rà soltanto interno - aggiunge Se-greto - Gli studenti d'ora in poi po-tranno contare su un unico punto diriferimento per tutte le loro esigen-ze. Saranno poi i nostri dipendenti atrovare la risposta al problema, ma

Riorganizzazione e cambidi mansione in arrivoperi 1800 dipendentiLa Cgil annuncia proteste

l'interfaccia per gli universitari saràunica».

Oggi si terrà un workshop in cuisarà presentata la riorganizzazio-ne, ma già dalla primavera 2015 èiniziato un lungo periodo di confron-to con dipendenti e sindacati. li giu-dizio delle diverse sigle non è unani-me, però, con Cisi e Uil che promuo-vono la riorganizzazione, mentre laCgil è più critica e promette mobili-

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razioni nelle prossime settimane:«Si tratta di una scelta politica in cuil'amministrazione non ha recepitole perplessità dei lavoratori - attac-ca il segretario regionale della Flc,Igor Piotto - Nei dipartimenti si sidanno responsabilità superioriall'inquadramento professionale ealla retribuzione di chi li ricoprirà».Il segretario d'ateneo della Cisl, An-gelo Di Natale, parla invece di con-fronto costruttivo: «Sicuramente cisaranno persone scontente, ma mol-te altre la vivono come un'opportu-nità». Positiva anche Angela Nunna-ri della Uil: «Una riorganizzazioneera necessaria perché il personale èpoco. Speriamo che i carichi di lavo-ro dal primo gennaio siano meglio

distribuiti». Dal 2008 a oggi i dipen-denti sono calati di 300 unità, manei prossimi anni si dovrebbe arriva-re alla stabilizzazione di una settan-tina di precari,

L'ateneo parla di un 35 percentodi personale che si è detto dispostoanche a cambiare in modo radicaleil proprio lavoro, una cifra che sfioraun dipendente su due se si parla ditrasferimenti all'interno della stes-sa struttura. Sono state messe a ban-do 69 posizioni di coordinamento ela maggior parte è già stata coperta:«Abbiamo chiesto di presentare an-che un progetto ai dipendenti che sivolevano candidare e le risposte so-no state positive» conclude Segreto.

(dNIPN(ìUULIGNENüFJNA fA

IL RETTOREGianmaria Ajaniall'inaugurazionedell'annoaccademico:la "rivoluzione" èfortemente volutada lui edalladirettrice generaleLoredana Segreto

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Le riviste universitarie spacciano fregnacce pol, corr. Dagli studi sul "cocksucking" allo yogurt greco "razzista"I 1 guaio con i poveri è che non dispongono di denaro a sufficien- rienze sessuali con le persone obese" e all'Università del Missou-

za", scriveva nel 1985 la rivista Problems in the Urban Environ- ri si studia "l'uso dei social media da parte di Lady Gaga". Ena-ment, edita dall'Università di Harvard. Fu la prima volta che il to un Giornale del turismo e degli scambi culturali, in cui Chrismondo accademico si sganasciò dalle risate a sfogliare il saggio di Girman spiega: "Osserviamo i rapporti sessuali tra i turisti occi-

dentali , me compreso , e gli uomini della Repubblica Dominica-D Gnn io ÑIEOTTI na". Sì, avete letto bene. Se il Giornale sulla danza, edito a Cam-un collega. Da allora, i "journal studies", pubblicati dalle miglio-ri università del mondo, hanno fatto tanta strada. Perin Gurel, do-cente dell'Università di Notre Dame, ha appena pubblicato unsaggio nel Giornale degli studi critici sul cibo, in cui sdottoreggiasullo yogurt greco. Perché piace tanto? Semplice, perché è "bian-co" e rappresenta una forma di inconscio suprematismo razzia-le. La femminista Carol J. Adams invece ha coniato l'espressione"proteina femminizzata" per attaccare l'allevamento degli anima-li di sesso femminile . Sulla rivista Progresso in geografia umana,Mark Carey ha invece appena pubblicato un saggio dal titolo"Ghiacciai , gender e scienza ", in cui auspica la nascita di una"glaceologia femminista", perché negli studi sul climate changec'è uno strapotere maschile (per questa ricerca il governo ameri-cano ha stanziato molto denaro). Il mondo accademico è nel pa-'nico. A causa di un account Twitter, il Real Peer Review. E' ungruppo di accademici e ricercatori che, in forma anonima, twittai più grotteschi studi accademici pubblicati in giro per il mondo.Non quelli rifiutati (difficile immaginarne il livello), ma quellipubblicati da case editrici prestigiose come Elsevier e Routledge.In soli quattro mesi, il Real Peer Review ha avuto oltre diecimi-la follower e citazioni dal Wall Street Journal.

La California University, ad esempio, fa uscire una rivista daltitolo Razza e Yoga, assieme agli studi sulla "coscienza vegana",mentre la rivista canadese Soggettività pubblica saggi sulle "espe-

bridge, ha scoperto grazie alla ricercatrice Sarah Holmes che ilpilates è davvero "razzista" (come la salsa del resto), la Rivistasociologica si è chiesta quale sia "il paesaggio temporale dellescarpe". Una laurea in Filosofia non aiuterà a capire la ricercadell'Università della South Florida sulla "etnografia autoerotica".La Rivista europea degli studi culturali diletta invece il pubbli-co sul "rap finnico". Non poteva mancare una rivista di Geogra-fia culturale, dove i supermercati sono avamposti della "cono-scenza imperiale", mentre la rivista Progresso nella geografiaumana attacca il "razzismo ambientale e il capitalismo razziale"(in questo grande raggiro accademico, l'insalata di parole funzio-na sempre). Il Giornale sugli studi di genere, che ha propagatoquella ideologia assurta alle cronache di mezzo mondo , non si ver-gogna di pubblicare articoli sul "miglioramento dell'erezione ma-schile come proiezione della mascolinità". Il Viagra come domi-nio di genere (a Stanford invece si fa ricerca sulla "eteroglossia").L'Università di Leeds, in Inghilterra, ha pubblicato una ricercasulla "fenomenologia del pene gay". E non poteva mancare, gra-zie all'Università di Oslo, un saggio sulla "fenomenologia dell'or-gasmo maschile", ovvero "il pene come ponte fra me e te". Cul-mine delle prelibatezze: l'Università di Ottawa ha finanziato unaricerca sul "cocksucking fag", slang poco elegante per indicare unomosessuale. Ma nei "cultural studies" non c'è nulla di stimolan-te. Neppure una fellatio.

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Tutte le opportunità che ci mancanoper far tornare i talenti in ItaliaMAss1MIANO BUCCHIUNIVERSITÀ DI TRENTO

La discussione sul cosiddetto «rientro dei cer-velli» nell 'università e nella ricerca , così com'è im-postata negli ultimi tempi nel nostro Paese , rischiadi perdere di vista alcuni punti fondamentali.Primo . Ad attrarre i nostri cervelli all'estero non èsolo la possibilità di avere un posto di lavoro e unostipendio . È la possibilità di accedere a finanzia-menti di ricerca significativi , con tempi certi e mo-dalità trasparenti ; la possibilità di lavorare in orga-proprio lavoro; è un più ampio contesto di servizi ewelfare (banale esempio pratico : asili nido , spessofondamentali per giovani ricercatori e ricercatrici).Diciamoci la verità : al momento l'Italia è in gradodi garantire queste condizioni ? La risposta, pur-troppo , è no. Dunque possiamo far rientrare o re-clutare dall 'estero il Padreterno , ma sarebbe comese la Ferrari chiamasse il miglior pilota dei mondoepoi gli dicesse : «Toh, queste sono le chiavi, per labenzina e i meccanici arrangiati!».Secondo . Se non siamo in grado di fornire condi-zioni di lavoro appetibili , soprattutto dal punto divista dei finanziamenti , il motivo non è solo la crisidel bilancio statale o la scarsa sensibilità della poli-tica. Il motivo è che più o meno consapevolmente,da diversi anni ormai , abbiamo rinunciato ad avereuna politica nazionale di finanziamento alla ricer-ca, indirizzando le nostre risorse verso l 'ambito eu-ropeo. È verso i bandi europei che oggi i nostri ri-cercatori devono indirizzare i loro sforzi e le loroidee progettuali.Ma se (ripeto : se) siamo convinti di questa scelta,allora che senso ha piangere sulla «fuga dei nostricervelli», come se li accompagnassimo con la vali-gia in stazione ? Se accettiamola logica di una ricer-ca europea, ben venga la mobilità degli studiositra i vari angoli del continente.

Il punto, però, è che noi questa logica la accettia-mo - e la capiamo - soltanto in parte . Perché se laricerca è europea , se i soldi sono europei , se i cer-velli sono europei , allora smettiamo di guardarcile scarpe e di concepire lambiccate procedure perriportare in casa i «nostri ». Pensiamo piuttosto acome influenzare, politicamente , le scelte sulla ri-cerca a livello europeo , in modo che rispecchino lepriorità e i punti di forza dei nostri istituti di ricercae i bisogni delle nostre imprese e comunità, anzi-ché la forza di Paesi più attivi e organizzati.Proviamo a immaginare scelte strategiche - dalpunto di vista dei temi di ricerca e dell'organizza-zione dei centri - che abbiano un senso a livelloeuropeo . Tradotto : che siano in grado di attirare,in quei settori che sono alla nostra portata, i mi-gliori ricercatori da tutta Europa (anzi da tutto ilmondo), e non solo di far rientrare i nostri cervelliemigrati . Questo ci permetterebbe altresì di dedi-care le risorse residue a consolidare una formazio-ne di base nazionale (che è poi ciò che permette ainostri giovani di essere apprezzati all'estero), an-ziché polverizzarle in misure estemporanee.La ricerca è un'attività globale , e non da oggi, masin dalle origini della scienza moderna : anzi, è for-se il primo e più riuscito esempio di globalizzazio-ne. Affrontarne le sfide contemporanee con stra-tegie chiare e realistiche è possibile. Mettere inpiedi ambiziose operazioni «nazionalistiche» - co-me i programmi per il «rientro di cervelli » e in par-te l'iniziativa delle «cattedre Natta» - rischia di es-sere fuori tempo e fuori contesto.

Non bastanoposti

di lavoroe stipendi

per attrarretalenti

dall'estero:ci vuole

anche unaseria

politicadella ricerca

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Ai r;7 .Nefertari in unodegli affreschidella suatomba: l'operaè una copiarealizzata daNina de GarisDavies nel1907. Sopra,le gambeconservatea Torino.A sinistra, laradiografia

I reperti conservatiMuseo E 'zio

appartengonoa a ®' ca reginaconsorte ' Ramses IIdi Paolo Conti da plos.org, un sito di pubbli-

co accesso non profit fondato

a certezza definitivanon ci sarà mai, perchéla prova del dna è im-possibile. Ma «lo scena-

rio più probabile» è che quellegambe di donna mummifica-te, e conservate al Museo Egi-zio di Torino, «appartenganoeffettivamente alla regina Ne-fertari», una delle sovrane piùconosciute dell'antico Egitto,la consorte favorita del farao-ne Ramses II della diciannove-sima dinastia, 1250 avanti Cri-sto circa.

La novità arriva con uno stu-dio scientifico internazionalee multidisciplinare pubblicato

nel 2001 per favorire il pro-gresso medico-scientifico at-traverso la comunicazione.

La relazione porta la firmadi tredici studiosi (tra cui l'ita-liana Raffaella Bianucci, dellasezione di Medicina legale deldipartimento di Sanità pubbli-ca e scienze pediatriche del-l'università di Torino) che fan-no riferimento, per esempio,all'Istituto di medicina evoluti-va dell'università di Zurigo, inSvizzera, al dipartimento diArcheologia dell'universitàbritannica di York, alla Scuolamedica australiana di Adelai-de, al laboratorio di Antropo-logia bioculturale dell'univer-

sità francese di Marsiglia: untipico «consulto» dell'era dellaglobalizzazione, insomma.

Gli esami, di conseguenza,hanno attraversato saperi di-versi che si sono concentratiperò su un unico scopo: capirese quei resti, provenienti in ef-fetti dalla tomba di Nerfertari- scoperta nel 1904 dall'egit-tologo italiano Ernesto Schia-parelli - e trasportati a Torinoinsieme ad altri reperti, appar-tengano davvero alla consorteregale di Ramses II come si èsempre pensato, anche se pri-ma di oggi non sono mai statisottoposti a un serio esamescientifico. Molte difficoltànascono dal fatto che la tom-ba, prima della scoperta di

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Schiaparelli, era stata violatadai predatori e quindi deruba-ta di molti preziosissimi og-getti regali.

Ora il consulto c'è stato e ladettagliatissima relazionecomprende esami col carbo-nio 1A , usato nella datazioneradiometrica di campioni or-ganici, lastre, parametrazioniantropologiche, analisi chimi-che e di paleopatologia, studigenetici. Ovviamente il tuttosupportato dagli archeologiche hanno contestualizzato irisultati nel periodo storico.

Così si legge testualmentenelle conclusioni della relazio-ne sottoscritta dai tredici stu-diosi: «La prima ipotesi cheemerge sembra essere la più

credibile, realistica e coerentecon i risultati di chi scavò latomba e con le iscrizioni trova-te sugli oggetti funerari. Così,lo scenario più probabile è chele ginocchia mummificate ap-partengano veramente alla re-gina Nefertari. Anche se que-sta identificazione è altamenteprobabile, non esiste la certez-za assoluta».

Entrando nei particolari,nella relazione (consultabileliberamente e gratuitamente

Il direttore

Le tecniche e i misteridi un'indagineiniziata 112 anni fa

online sul sito jour-nals.plos . org) si legge che legambe (parti di tibie e femori)appartengono a «una donnaadulta con piú di quarant'annidi età» e che i materiali utiliz-zati per l'imbalsamazione«coincidono con quelli usatiper la mummificazione tradi-zionale nel periodo ramessi-de». Quante attenzioni per le«probabili » gambe di unagrande e amata regina.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

1986 gli esperti del PaulGetty Institute, responsabilidel restauro, vennero qui aTorino a studiare quelmodello, tanto eraverosimile rispetto all'origi-nale. Adesso, 112 anni dopo,la ricerca continua. Qui, sui

Archeologo reperti custoditi nel nostroChristian museo. Ed è questa la cosaGreco, 41 anni, magnifica. Che siano o

di Christian Greco

orse si tratterà soltanto di dueginocchia, ma anche umili restiantropici possono restituirci così tante

informazioni su uno dei contesti funeraripiù affascinanti della Valle delle Regine.Sono davvero quelle della regina Nefertari?La mia vocazione e i miei studi daarcheologo mi suggeriscono cautela. I dati innostro possesso non sono univoci.Insomma , calma. La ricerca non è ancorafinita , così come non è mai finita la civiltàegizia , questo mondo magnifico sopravvis-suto a se stesso , che ancora ha molto darivelarci, su quel che era e su quel che siamo.La tomba di Nefertari venne scoperta nel1904 da Ernesto Schiaparelli , grandeegittologo italiano e direttore del MuseoEgizio di Torino. Dopo il ritrovamento creòun modellino perfettamente in scala dovefece ricostruire le pareti decorate dellatomba, in un modo così accurato che nel

egittologo meno le ginocchia dellaregina, questa vicenda

racconta di un mondo ancora in movimento.La cultura materiale che noi abbiamo l'onoree l'onere di conservare e studiare vieneanalizzata con ricerche interdisciplinari,cercando di dare risposte a quesiti che sitrascinano da secoli. Ogni oggetto puòessere capito solo se inserito nel suocontesto. E gli studiosi spesso hanno pochidati per comparare i loro risultati. Così imusei diventano luoghi di ricerca, centri disapere e di condivisione internazionale. Lostudio dà nuova vita alle collezioni, perchécrea un dialogo costante tra soggetto eoggetto, cioè tra reperto e visitatore. Wehemmesut in egiziano antico designava la morteintesa come nuova nascita, rigenerazione. Lacultura egizia continua ad attrarre nuoviammiratori perché ci affascina, ci colpisce, ciparla. E grazie alla sua cultura materiale cosìmirabilmente preservata sembra quasiraggiungere l'immortalità.

direttore dei Museo Egizio di Torino© RIPRODUZIONE RISERVATA

Chi eraNefertari,

moglie diRamses II, vissetra il 1225 a.C.e il 1255 a.C. (asinistra, AnneBaxter vestei panni dellaregina nel filmdel 1956 I diecicomandamenti)

Molto coltaperla suaepoca, leggevai geroglifici edebbe un ruoloimportantesulla scenapolitica

Ramses, dalquale Nefertariebbe almenosei figli, feceerigere perlaconsorte untempio ad AbuSimbel

La suatomba nellaValle delleRegine,scopertanel 1904da ErnestoSchiaparelli,è uno deimonumenti piùsignificatividell'arte egizia

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Dicono di stare sui libri50 ore ogni settimanaMa nei test Ocse-Pisasono tra gli ultimi in EuropaE nel bigiare sono i primi

di Gianna Fregonarae Orsola Riva

sentire loro, i quindi-cenni italiani sono tra

r i più studiosi d'Euro-

i sc iient ificheMigliorano peròin matematica, anchese resta lo svantaggiodelle ragazze

pa. Cinquanta ore allasettimana in media, hannoraccontato nei questionaridella rilevazione Ocse-Pisa2015, ventinove a scuola e ven-tuno di compiti. Un terzo inpiù dei loro coetanei tedeschie finlandesi (36 ore in tutto), il20 per cento in più dei giappo-nesi e degli svizzeri. Tutti stu-denti che hanno poi miglioririsultati nei test.

Perché a dispetto della fati-ca, di quella percepita per lomeno, i risultati, misurati dal-l'Ocse assieme a quelli di 72Paesi, sono al di sotto dellasufficienza: in lettura e scienzegli studenti italiani non riesco-no neppure a raggiungere lamedia dei Paesi Ocse e sono ilfanalino di coda dell'Europa,superati anche da spagnoli eportoghesi. In matematica ilpunteggio è lievemente più al-to, ma distante anni luce daisuper studenti di Singapore,Finlandia e Canada, che resta-no al top. Traducendo i puntiOese in mesi di studio: i quin-dicenni di Singapore hannoquasi la preparazione dei no-stri maturandi. E se in scienze

un po' c'era d'aspettarselo, vi-sto anche il peso di un approc-cio tendenzialmente più no-zionistico che empirico-labo-ratoriale, le cose non vanno af-fatto meglio nella capacità dicomprensione dei testi (lettu-ra). Mentre gli altri facevanoprogressi, noi siamo rimasti alpalo, tanto che anche gli stu-denti spagnoli, sloveni, porto-ghesi e russi che sei anni faerano meno bravi di noi cihanno superati.

Certo in Italia ci sono moltedifferenze, tra scuola e scuolae tra regione e regione: laLombardia, che pure ha vistodiminuire il proprio voto dal2012 al 2015 in tutte e tre le ma-terie, offre una preparazione alsuoi ragazzi che è un annoavanti rispetto a quella dellaCampania relegata ben al disotto della media Oese.

E punto è che il sistema ap-pare immobile, incapace digrandi balzi in avanti. L'unicodato lievemente positivo,quello relativo alla matemati-ca, dimostra che l'aver modifi-cato i curriculum privilegian-done lo studio ha portato a unmiglioramento sensibile delleperformance.

Uno dei dati più sconsolantiinvece è quello relativo allosvantaggio delle ragazze nellematerie scientifiche. Mentrenegli altri Paesi la distanza si èassottigliata, da noi la forbice èancora larghissima: purtropponon è una novità, il soffitto dicristallo per le ragazze è il pro-dotto di pregiudizi culturaliduri a morire che ne minanol'autostima e ne condizionanoinconsapevolmente le scelte.Come altrimenti spiegare che

le studentesse siano ormaimaggioranza a Medicina maIngegneria resti un campo dagioco prettamente maschile?Perfino nella lettura, cavallo dibattaglia femminile negli ulti-mi dieci anni, i ragazzi hannodimostrato di saper fare passiavanti riducendo il distaccodalle ragazze.

C'è solo un dato nel quale gliitaliani primeggiano: la loropropensione a marinare lascuola. In media nei Paesi Oc-se solo uno studente su 5 con-fessa di aver «bigiato» nelledue settimane precedenti iltest Pisa. Nel caso degli italianila percentuale esplode, diven-tando fenomeno di massa: piùdi un ragazzo su due (ï155 percento) infatti veste i panni diLucignolo. E la tendenza stapeggiorando. Con effetti an-che drammatici, perché chisalta la scuola tende a farloabitualmente e finisce per ave-re risultati peggiori di ,,3i puntirispetto ai compagni: è l'equi-valente di un anno di studio.Saltare un'interrogazione o uncompito in classe infatti non èaffatto una trovata furba. Sullungo periodo rivela un'inca-pacità di affrontare le sfide chedanneggia gravemente il ren-dimento scolastico. Non a ca-so l'Italia ha un alto tasso dibocciati (uno studente su die-ci) e di abbandoni (15 per cen-to) perché le frequenti assenzesono l'anticamera della boc-ciatura, che se ripetuta prelu-de alla dispersione scolastica.

Per recuperare questo ritar-do secondo l'Ocse c'è una solacosa da fare: puntare sugli in-segnanti, come hanno fattoSingapore e la Finlandia. Daun lato esigendo una forma-zione di altissima qualità, dal-l'altro restituendo loro il ne-cessario prestigio sociale.

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MilaQuantisono statigli studenti(di 72 diversiPaesi)coinvoltiper stilare ilrapporto Ocse-Pisa 2015

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«Saltai la scuolaMi beccò la profalla stazione»

ontesto la fotografia// scattata dall'Ocse\\ 1 sulla scuola italianaperché, al contrario, i nostriragazzi sono fra i migliori almondo». Lo scrittore SandroVeronesi, 57 anni, ha tre figli.«Uno di loro, quest'anno, havoluto frequentare la quartaliceo scientifico negli StatiUniti - spiega - dove è il"secchione" della classementre qui non era fra i primi.Mi ha chiesto di spedirgli ilibri italiani del quinto perchési annoia. La nostra scuola èpiù formativa ma anche piùsevera e per questo ci sono piùbocciati. Quindi cosa importase fanno più "forca" rispetto

ScrittoreSandroVeronesi, 57anni, è laureatoin Architettura.Nel 2006 havinto il PremioStrega (i peg)

lH confronto

agli stranieri se, poi, arrivanopiù preparati all'università?».

Lei ha marinato la scuola?«Certo. Anche se molti si

vergognano a dichiararlo. Se ildato è il 55 per cento vedrà chequello vero è il 75- Chi lo puòcertificare con esattezza?».

L stato mai scoperto?«Solo una volta. Tra l'altro

non volevo saltare compiti ointerrogazioni. A Prato, dovefrequentavo il liceo scientifico"Copernico", c'era un bel sole econ i compagni siamo andati aFirenze a fare una "girata". Alrientro ci ha visto, in stazione,la professoressa di filosofia. Haconvocato i nostri genitori...».

Ê stato punito dai genitori?«No, mi hanno spiegato che

se non volevo andare a scuolabastava dirglielo prima. Però,con mio fratello Giovanni sonostati più duri. Aveva esagerato:per migliorarsi a cavallo avevafatto "forca" per io giorni».

I suoi figli li ha scoperti?«No, perché non mi sono

mai appostato. Che importa seogni tanto vanno al ruscello se,poi, sono sempre promossi?».

Alessio Ribaudo0 RPROGUZIONE RSERVATA

La differenza di genere in Italia(sulle scienze.)

Quanti hanno marinato la scuolaPaesi Ocse

20%Italia

55%dArco

Singapore 535 Singapore 564 Singapore 556

Canada 527 Canada 516 Finlandia 531

1 Finlandia 526 Finlandia 511 Canada 528

Germania 509 Germania 506 Germania 509

Francia 499 Francia 493 Regno Unito 509

Regno Unito 498 Portogallo 492 Portogallo 501

Portogallo 498 Regno Unito 492 Stati Uniti 496

Stati Uniti 497 N" DIAC)CSE- 3.á 490 Francia 495

M DIAC)CSE- 3 á 493 Italia 490 n' l3ifia C)CSE_µ -5 493

Italia 485 Stati Uniti 470 Italia 481Grecia 467 Grecia 454 Grecia 455

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La verità sulla vitadello specializzandoLettera firmata

Sono un medico specializzandodi una scuola di specializzazio-ne chirurgica di Padova. Un an-no fa l'Italia ha fatto sua unalegge europea che regolamen-ta le ore lavorative dei mediciospedalieri. Le intenzioni die-tro la legge 161/2014 erano dievitare che si continuasse ad

abusare della resistenza deglioperatori sanitari. Questi vinco-li però di fatto non "valgono"per gli specializzandi, sopratut-to ai primi anni. E i peggioriaguzzini sono gli stessi specia-lizzandi più grandi. Costretti alavorare dalle 7/7.30 alle20/21, il più delle volte 6 giornia settimana. I turni di reperibili-tà possono durare fino a 36-48ore di fila: 12114 di queste ore ticostringono a farle in reparto. Equando stai per andare a casacapita che scatti un'emergen-za. Abusi a parte, qualcuno im-magina cosa voglia dire manda-re in sala operatoria un medicocon tale carico di stanchezza?

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Moro, gli annida professorealla SapienzaROMA. Il 1° novembre del 1963Aldo Moro prendeva servizio co-me professore ordinario alla Sa-pienza. Il mese successivoavrebbe varato il suo primo go-verno di centro-sinistra. Fino al'78 la sua sensibilità di docentes'è intrecciata con quella dellostatista. Questi 15 anni saran-no ricordati oggi dalla sua uni-versità con un convegno cui par-tecipano il rettore Eugenio Gau-dio, gli storici Renato Moro eGuido Formigoni, e alcuni deisuoi allievi storici (ore 14.30,Palazzo del Rettorato) .

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Nelle cái-ad"E qìta la nostra Û

FILIPPO SANTELLI

5 er trovare un luogo giusto alla suaidea, da buon fisico, Marco Trombettisi è inventato una formula che incro-

cia variabili come mezzi di trasporto, spaziverdi, prezzi delle case. Il responso? Sulla car-ta improbabile per una cittadella dell'innova-zione: un quartiere residenziale nel cuoredell'Eur, all'ombra del vecchio "fungo". Treanni dopo un giro a Pi Campus mostra cheaveva ragione. Cinque villini immersi nel ver-de ospitano le 19 startup tecnologiche in cuiil 40enne Trombetti ha investito, 170 ragazzial lavoro. E la sua azienda, Translated, unapiattaforma che mette in contatto chi ha bíso-gno di una traduzione con una rete di decinedi migliaia di professionisti del settore. C'èchi la indica come un potenziale unicorno,una delle imprese che raggiungono quotazio-ni miliardarie: «Ho lavorato in Silicon Valleye so che li iniziare è più difficile: la competizio-ne per talento e fondi è enorme», spiega. «ARoma è meglio». Una scommessa, è prestoper capire se quelle startup ce la faranno. Unmessaggio: anche nella città di monumenti epalazzoni si può aspirare all'innovazione.

Certo, pure gli scettici hanno i loro argo-menti. In una recente classifica degli ecosiste-mi digitali europei del think tank inglese Ne-sta, la Capitale si piazza 54esima su 60 città,dietro a Dresda e Lubiana. In un sondaggio.tra gli aspiranti imprenditori su dove vorreb-bero fondarci la loro azienda, 24esíma sutren-ta. Pi Campus però insegna. Non troppo lonta-no da Campidoglio e Colosseo qualcosa sta

succedendo. L'incubatore Luiss Enlabs ha ap-pena raddoppiato i suoi spazi alla StazioneTermini, ora può accogliere fino a 80 aziendeinnovative. L'acceleratore Startup Boot-camp ha lanciato un programma dedicato al-le tecnologie del cibo. La Maker Faire Romeattira per un weekend migliaia di artigiani2.0. Il conto più aggiornato delle startup necensisce 525 a Roma, seconda solo a Milano eprima per spinoff universitari, le imprese chenascono da ricerche accademiche.

«C'è tanto talento, un tessuto universita-rio fortissimo con studenti molto connessi»,conferma Davide Dattoli. Il 26enne fondato-re della rete di coworking Talent Garden stu-dia le città per mestiere. E dopo aver apertocampus in cinque Paesi europei, quest'annone ha inaugurati due a Roma, uno in un palaz-zo delle Poste a Prati e uno a Cinecittà..«Tro-vare gli spazi è stato difficile - riconosce -riempirne due in sei mesi un successo incredi-bile: la spinta dal basso è forte». Iniziare peròèla parte facile, il difficile è costruire aziendeche funzionino, possibilmente globali. È quiche si misura la forza di un ecosistema digita-le, a cominciare dalla disponibilità di capitaledi rischio. In Italia i fondi latitano, Roma nonfa eccezione, anche perché la città non ha avu-to grandi protagonisti del digitale anni 2000,quelli che nel resto del mondo stanno ora re-stituendo alla nuova generazione di startupil proprio successo, sotto forma di consigli einvestimenti. Oltre alle associazioni di busi-ness angel, ci sta provando la Regione a col-mare il gap. Il presidente Zingaretti ha an-nunciato che 100 milioni di fondi europei en-

tro il 2020 verranno investiti in aziende inno-vative. Nel 2017 arriveranno i primi contribu-ti afondo perduto, poi un fondo venture gesti-to da Lazio Innova. Che assorbendo Bic Laziogestirà una rete di nove incubatori, fra cuiquello del Tecnopolo Tiburtino. La sua missio-ne, spiega il direttore dell'incubatore Rober-to Giuliani, è trasformare le ricerche accade-miche in aziende, offrendo agli scienziati lanecessaria formazione imprenditoriale. «Orane ospitiamo 15, con 90 dipendenti. L'80%delle imprese finisce il percorso di tre anni esi affaccia sul mercato». Cita il caso di succes-so di Terradue, fondata da due ricercatori por-toghesi dell'Agenzia spaziale europea che of-fre servizi di elaborazione dati geologici. Incollaborazione con l'Esa, l'incubatore gesti-sce un programma per startup che voglionoapplicare tecnologie provenienti dall'indu-stria dell'aerospazio.

Il settore pubblico però ha i suoi tempi. Ebasta farsi un giro in Europa per capire cheall'estero si corre veloci, Londra, Berlino, per-fino Lisbona. Roma deve lavorare sulla quali-tà della vita perché una città che non funzio-na non attira talenti. E il suo ecosistema, pic-colo e locale, deve cominciare a costruire lega-mi con gli altri hub europei. L'arrivo di TalentGarden e Startup Bootcamp è un'occasione.Luiss Enlabs sta mettendo in vetrina le suestartup a beneficio degli investitori stranieri.Trombetti ha investito in quattro aziendeestere, e spinge quelle made in Rome aragío-nare subito in ottica globale: «Non conta nonè dove siamo ora ma dove saremo l'anno pros-simo».

ovazione11

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Competenzaed entusiasmosono degnedi Steve JobsANDREA FROLLA

- i dice che se Steve Jobs fos-senato in Italia non sareb-

c-; be mai riuscito a creare laApple. Un'ipotesi che, per quan-to fantasiosa e sprovvista di con-troprova, quasi nessuno si sentedi smentire. Se comunque il fon-datore del colosso di Cupertinofosse ancora vivo e obbligato ascegliere una regione d'Italiaper continuare a deliziarci di in-venzioni, avrebe scelto il Lazio.Non perché ritroverebbe un dop-pione della sua cara Silicon Val-ley, ma perché andrebbe toccarecon mano il clima di una delle zo-ne più innovative del nostro Pae-se. L'esperienza di Jobs viene in-fatti spesso citata come l'esem-pio di quanto il genio riesca adesprimersi più facilmente in uncontesto dove l'innovazione re-gna sovrana. Bene, un ambientein grado di abilitare e spingere lemigliori idee d'impresa 2.0 è ciòche il tessuto produttivo, istitu-zionale e politico del Lazio staprovando a creare negli ultimianni, fra difficoltà naturali edesperienze incoraggianti.

Se non si può sperare di vede-re nel Lazio la Microsoft o la Inteldi turno darsi-battaglia a suon dicloud, IoT o di chissà quale altrasigla importata da casa Jobs, quisi gioca la carta dell'open innova-tion: incubatoci come quelli di Te-lecom, Ericsson, Wind e Luiss En-

labs danno cioè la cac-cia a quelle che potreb-bero le Microsoft o le In-tel italiane.

Un'altra sfida riguar-da la creazione di mo-menti e luoghi di conta-minazione di compe-tenze, passione hi-teche spirito imprenditoria-le. Una best practice la-ziale è sicuramente laMaker Faire Rome, chein 4 anni è diventata ilprincipale appunta-mento europeo dedica-to all'artigianato digi-tale e all'innovazionedigitale, che comun-que può e deve fare an-cor di più.

La politica sta pro-vando a fare la propriaparte, conlagiuntaZin-garetti che ha già mes-so e sta mettendo incampo diverse misure,i cui effetti andrannotuttavia verificati piùavanti. In attesa dellaverifica, intanto fa bensperare che fra Roma,Latina, Viterbo, Rieti eFrosinone ci siano ben625 startup iscritteall'apposita sezionedel Registro imprese.

Un numero che colloca il Lazio al3° posto del podio nazionale, do-po Lombardia (inarrivabile aquota 1.382) ed Emilia-Roma-gna (782), e che segnala un'im-portante capacità di attrazionenei confronti di chi sogna un'im-prenditorialità a tinte tech. Ar-ma chiave soprattutto per co-struire quell'ecosistema sano diinnovazione che un giorno per-metterà anche a Garbatella diavere il suo Steve Jobs.

6óLuiss Enla_ _bsun'Oasi -tecnologicaper il futuro 52

er chi investe in startupà -i 11 l'orizzonte è dieci anni.Luigi Capello, che nel

2011 ha fondato a Roma l'incu-batore Luiss Enlabs, laborato-rio dove le idee diventano im-prese e ricevono i primi fondi, èa metà del percorso. Un pó co-me la città: «L'ecosistemadell'innovazione qui è partitoin ritardo, mancano ancoratanti elementi a cominciare dai ca-pitali. Ma una piccola oasi tec-nologica di eccellenza si è for-mata. E terreno è fertile».

Nell'hi-tech quali sono i pun-ti di forza di Roma?

« È il centro universitario piùgrande d'Europa per numerodi studenti. E molti di loro, inun periodo di crisi, sono alla ri-cerca di nuove strade. In città

INCUBATORIIn alto, un'immagine del LuissEnlabs; qui sopra la MakerFaire 2016, la grande fieradell'innovazione che si ètenuta qualche settimana fa aRoma; a sinistra un internoe l'esterno del TecnopoloTiburtino

sono attive più di 500 startup».Roma non ha mai avuto

grande vocazione imprendito-riale. La crisi è servita?

«La crisi è stata la fortuna diquesta città. La sua vocazioneera artigianale, aprire una pic-cola bottega di quartiere. Ma latecnologia ha la capacità dicreare degli ecosistemi, quelloche ho visto in Silicon Valley ecerco di replicare qui. Mettereinsieme università, aziende,business angel, investitori pro-fessionali, incrociare idee e in-teressi. Ora questi luoghi esisto-no, a cominciare dal nostro».

L'impressione è che all'este-ro vadano tutti più veloci.

«Siamo all'inizio di un percor-so e rispetto ad altre città par-tiamo anni indietro. La prima

legge per le startup è del 2014,la Regione Lazio sta rafforzan-do ora i programmi per l'inno-vazione, le grandi multinazio-nali non hanno i centri decisio-nali qui, il mercato del venturevale 13 volte meno che in Fran-cia. Ma vedo segnali positivi: og-gi a Roma esiste un gruppo diinvestitori in startup, l'AngelPartner Group, di cui fanno par-te 45 imprenditori».

Roma non è proprio una cit-tà funzionale . Perché chi fa im-presa, un giovane globetrot-ter, dovrebbe sceglierla?

«Affitti, trasporti, la situazio-ne è complessa, una lotta con-,tro Golia. Ma sono ottimista,qui ci sono risorse umane benpreparate e oasi come Luiss Enlabs o Pi Campus. Manca anco-ra la regia, a livello nazionale elocale. II caso di Israele mostrache il settore pubblico può fareda traino ricevendone beneficienormi».

Fra cinque anni Roma saràsulla mappa dell'innovazione?

«Cinque anni fa ci davanodei matti. Nei prossimi cinquemi aspetto che attorno a noi siformi un contorno, 200 investi-tori che possano mobilitaremezzo miliardo l'anno. AlloraRoma sarà attrattiva anche perun giovane imprenditore euro-peo». (f.sa.)

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STARTUPPERNella foto in alto a destra,Roberto Macina, fondatore diQurami; in basso Luigi Capello,che ha creato in consorzio con laLuiss l'incubatore per giovaniimprenditori Enlabs

"Ho creatouna appche evitatutte le code"

e in un ufficio di Roma viritrovate in fila, è perché -non conoscete Qurami.

Dove nasce l'idea?«Per consegnare la tesi a Ro-

ma3 ho fatto una fila pazzesca econ l'iPhone in mano ho pensa-to: perché non trasformare ilclassico numerino in una app?Era il 2011, proprio allora stavaaprendo l'incubatore Enlabs: iprimi fondili ho presi lì».

Roma non è un hub digitale.Mai pensato di emigrare?

«Me lo sono chiesto. All'este-ro però rischiavo di trovare unambiente sconosciuto, più com-petitivo e senza il problema file.Roma era la scelta giusta: parti-re qui mi ha aiutato a creare uncaso di successo nazionale cheora posso mostrare oltre confi-ne».

II think tank Nesta colloca lacittà al 54esimo posto 60 euro-

«Ci usano quasi tutti: ospedali,università, Comune, Wind,Enel», dice Roberto Macina, in-formatico 3lenne. La sua star-tup risolve un problema italianis-simo, le code: il numero si ritiraprima di arrivare, via app, e.quando il nostro turno si avvici-na ecco la notifica, zero attesa.L'hanno scaricata 300mila per-sone, con oltre 300 strutture con-venzionate, l'ha menzionatal'ad di Apple Tim Cook. Averlafondata qui, dice Macina, gli hapermesso di portare a bordo isti-tuzioni e aziende, ora però ci vo-gliono investimenti per cresce-re: «I fondi e i big del digitale so-no altrove».

ONO -Oltre 2,3 milioni di dollari raccolti su Kickstarter, piùdi 16mila apparecchi pronti a essere immessi sulmercato, 5Omila bottiglie di resina. Ono è la primastampante 3D per smartphone al mondo. Nata aRoma dall'idea di Filippo Moroni e Pietro Gabriele,fondatori della digital factory Solido3D, ha vintol'Editor's Choice Award a Maker Faire di New York2015. User-friendly, concentra tanta innovazionein poco spazio e rende la stampa tridimensionaleun processo economico e alla portata di tutti

ADPM DRONESMigliorare il lavoro di agricoltori e responsabili divigilanza con droni super leggeri e adattabili adiverse condizioni di utilizzo, fornendo corsi diformazione su pilotaggio e software e servizi diconsulenza: è la mission di Adpm Drones, startupnata a Monterotondo che sta per brevettare ipropri veivoli, piuttosto particolari come si vedenella foto. Servono a supportare attività delicate eprecise, dal controllo dei gasdotti alle ispezioni disiti pericolosi fino all'agricoltura innovativa

pee per ecosistema digitale. Cisaranno pure dei limiti...

«Certo. Quando siamo partitiera difficile trovare fondi e leaziende erano molto diffidenti:una soluzione innovativa propo-sta da ragazzi era una bestem-mia. Nel primo anno abbiamochiuso solo due contratti, di cuiuno gratis. Ma la situazione stamigliorando».

C'è una leva che faciliterebbela vita avoiimprenditori?

«Gli enti pubblici devono ren-dere più facile per le startup di-ventare loro fornitori. Nelle isti-tuzioni la catena di persone concui parlare è enorme, la pauratanta: Ama, Acea e Atac sono trale poche aziende di Roma chenon ci usano. Per le startup civuole un canale diverso dal clas-sico ufficio vendite, aiuterebbeil nostro approccio al mercato fa-cendo risparmiare il pubblico».

Vi state espandendo all'este-ro, Spagna , Benelux e Messico,presto dovrete cercare nuovifondi . Lascerete Roma?

«Dipende. La parte di busi-ness probabilmente andrà spo-stata, gli investitori e le grandiaziende del digitale da Face-book ad Amazon, non sono a Ro-ma. Ma la parte di sviluppo restaalla grande qui, c'è tantissimo ta-lento. Il mio sogno è rimanere,credo si possa fare». (f.sa.)

SCUTERStanchi di attendere l'autobus odi restareal l'imbottigliati nel traffico? Ecco "Scuter", ilservizio di scooter ecologici, smart e condivisibiliideato da Gabriele Carbucicchio e Carmine DiNuzzo. L'e-scooter sharing basato su veicoli a dueruote elettrici è pensato per le metropoli piùcongestionate. Debutterà all'inizio del 2017 aRoma, per poi essere esteso ad altre città. Si potràprendere e parcheggiare i mezzi ovunque e sipagherà solo il tempo effettivo di utilizzo

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Lo stop al progetto di revisione costituzionale avrà impatto limitato sul decreto legislativo 150/15

Politiche attive in «si40curezza»Struttura del decreto basata sulla potestà concorrente Stato-Regioni

Giampiero FatascaDopo la bocciatura del pro-

getto di revisione costituzio-nale proposto da Matteo Renzi,è necessario interrogarsi suglieffetti che l'esito referendariopotrà avere rispetto alla riformadelle politiche attive approva-ta lo scorso anno (decreto legi-slativo 150/15).

Ilprogetto dinuovaCostituzio-ne avrebbe comportato il supera-mento della potestà legislativaconcorrente tra Stato e Regioni(prevista dall'articolo 117 dellaCarta) sulla materia dell'organiz-zazione delmercato dellavoro, eilpassaggio alla competenza legi-slativa esclusiva statale sull'interamateria delle politiche attive.

Questamodificaavrebbe avutoun impatto sullalegislazione futu-ra (impedendo l'approvazione dinuove norme regionali), ma nonavrebbe tolto o aggiunto null a ri-spetto aunanormativa-il dlgs 150del 2015- costruitae approvatanelrispetto del riparto di competen-za concorrente tra Stato e Regioni

previsto dal "vecchio" articolo u7.La riforma dello scorso anno,

infatti, fissai principi generali cheregolano l'organizzazione delmercato del lavoro senzaimpedi-re un intervento integrativo dellenorme regionali, esattamente co-me deve accadere in un sistema dicompetenza legislativa concor-rente (e come faceva anche lanor-mativaprevigente).

L'esito del referendum nonsembra destinato ad avere un im-patto significativo neanche sullenorme del decreto 15o/15 che re-golano la gestione concreta deiservizi per il lavoro, in quanto larevisione costituzionale bocciatadagli elettori avrebbe regolato inmaniera quasi identica al testo vi-gente la distribuzione delle com-petenze amministrative.

Il decreto legislativo è quindipienamente coerente con i prin-cipi costituzionali rimasti in vitadopo il4 dicembre, in quanto daun lato tenta di garantire in misu-ra uniforme su tutto il territorionazionale i livelli essenziali delle

prestazioni (come impone lastessa Costituzione) e dall'altrovalorizza e rispetta le prerogati-ve amministrative delle Regioni(il che non esclude, ovviamente,che nascano conflitti sul pianogestionale e concreto).

Questo bilanciamento tra cen-tro eperiferiatrovaespressioneindiversi strumenti.

In primo luogo, il decreto pre-vede che l'Anpal svolga un ruolodi coordinamento dell'intera "re-te" nazionale delle politiche atti-ve del lavoro, ma precisa che ana-logo ruolo deve essere svolto an-che dalle Regioni, per ipropri am-biti territoriali, evitandosovrapposizioni di ruoli e inva-sioni di competenze (c'è una sal-vaguardia espressa dei compiti efunzioni delle Regioni).

Inoltre, il decreto 15o/i5 richie-de l'intesa della Conferenza StatoRegioni per l'approvazione (tra-mite decreto ministeriale) deipiani triennali sul lavoro, la defi-nizione degli obiettivi annuali el'individuazione dei livelli essen-ziali delle prestazioni.

Infine, la riforma delle politi-che attive riconosce la possibilitàdi stipulare apposite convenzionie accordi trail ministero delLavo-ro e le Regioni per regolare i rap-porti tra questi soggetti nella ge-stione dei servizi per il lavoro edelle politiche attive del lavoronel territorio di riferimento. II de-creto 15o/15, quindi, non avevabi-sogno della revisione costituzio-nale del 4 dicembre per trovareuna fonte di legittimazione.

Il vero grande problema chedeve fronteggiare il decreto ri-guarda l'eccessiva lentezza dellafase attuativa. Sono ancora tantele norme rimaste sulla carta (lastessaAnpal, che avrebbe dovutoacquisire un ruolo di "motore" delnuovo sistema, è ancora in largamisura inattiva), molti strumentisono stati avviati con modalità ti-mide e sperimentali (ad esempiol'assegno di ricollocazione) e nonè mai decollatala"rete dellepoliti-che attive del lavoro".

0 RIPRO DD ZIO NE RISERVA IA

L'Agenzia nazionale perlepolitiche attive del lavoro (Anpal) èstata istituita dal Dlgs 150/15 e hacome principale obiettivo ilcoordinamento delle politiche dellavoro a favore di persone in cercadi occupazione e la ricollocazionedei disoccupati in Naspi (nuovaassicurazione sociale perl'impiego), in Dis-Coll percollaboratori e precari o in Asdi(assegno di disoccupazione),mediante la predisposizione distrumenti e metodologie a supportodegli operatori pubblici e privatidel mercato del lavoro. L'Agenziaha personalità giuridica di dirittopubblico ed è sottoposta allavigilanza del ministro del Lavoro

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Regalami una metafora:ti farò capire anche Einstein

Il centro multidisciplinare che cambia il modo di spiegare la ricercaMASSIMILIANO PANARARIUNIVERSITÀ DI MODENA

se per battere il noto -H e immarcescibile -

pregiudizio antiscien-tifico crociano si dovesse ri-correre proprio alla narra-zione (che, invece, a don Be-nedetto, tutto sommato, pia-ceva)?

All'Università di Modenae Reggio (presso il diparti-mento di Educazione eScienze Umane e sotto la di-rezione di Annamaria Conti-ni) è nato il Centro di ricerca«Metaphor and Narrative inScience», che si propone diricercare - in un contesto do-minato dall'iperspecializza-zione - punti di contatto traquelle che un tempo si chia-mavano le «due culture» (lascientifica e l'umanistica),sviluppando un «approccionarrativo-metaforico» per ladidattica delle scienze (e lacomunicazione scientifica).Questo Centro, dichiarata-mente interdisciplinare (chevede lavorare gomito a gomi-to fisici, matematici, biologi,geologi con studiosi di peda-gogia, estetica, filosofia, lin-guistica e letteratura), rac-coglie i risultati di una seriedi ricerche in corso da tempoe si pone al centro di unnetwork internazionale ri-flesso dal suo comitato scien-tifico, nel quale siedono figu-re che stanno ridefinendo iformati e le modalità di inse-gnamento delle scienze(Hans Fuchs, Elisabeth Du-mont e Kai Niebert dell'Uni-versità di Zurigo; Jörg Zabel

dell'Università di Lipsia; Mi-chelle Brendel, Chris Siry ePaul Dumont dell'Universitàdel Lussemburgo; Jesper Ha-glund dell'Università di Up-psala; Tamer Amin dell'Ame-rican University of Beirut).

L'idea è che modi di pensareconsiderati caratteristici delle«humanities» (lo «storytel-ling», la narrazione, la metafo-ra) possano venire proficua-mente impiegati per facilitarela comprensione da parte deigiovanissimi - e non solo - di al-cuni concetti essenziali dellediscipline scientifiche. Non pernulla, fino a buona parte delSettecento «spopolavano» i fi-losofi naturali, le cui riflessionisi ispiravano a una concezionedecisamente olistica della na-tura. Anche perché - è la tesidegli studiosi del Centro (tra iquali TizianaAltiero, MajaAntonietti,Maria Giu-seppina Bar-tolini, ChiaraBertolini,Stefano Cala-brese, LauraCerrocchi,Annamaria Contini, FedericoCorni, Maria Elena Favilla, En-rico Giliberti, Mauro Marchet-ti, Michela Maschietto, GiorgioSantoro. Giorgio Zanetti) - larichiesta ai bambini, nel corsodel processo di apprendimentodelle materie scientifiche, delpassaggio immediato all'astra-zione costituisce precisamentelo scoglio maggiore. Mentre lemetafore, il più delle volte, af-fondano le loro radici in quel-l'esperienza diretta e corporeadel mondo che consente di ri-condurre al conosciuto concet-ti nuovi, facendoli così propri:vale per i più piccoli, ma ancheper gli scienziati (come, giustoper citare uno dei casi univer-salmente più conosciuti, Al-bert Einstein) con riferimentoa nozioni centrali quali «ener-gia» e «materia».

L'uso della metafora e del-la narrazione con finalità dididattica scientifica si basasu un ventaglio di modelli eparadigmi, a partire dalla te-oria della «embodied cogni-

tion», per laquale la men-te è nel corpoe i movimenticorporei, alpari del-l'orientamen-to nello spa-zio, si colloca-no all'origine

delle operazioni mentali. Se-condo questa teoria, si rivelasbagliato separare l'immagi-nazione dalla razionalità:senza la prima non sarebbepossibile attribuire un signi-ficato alle esperienze, né svi-luppare forme di ragiona-mento intorno a vari aspettidella realtà, perché, appunto,l'immaginazione, lontanodalla visione ipercreativa e«titanica» del Romanticismo,rappresenta un'attività co-gnitiva «embodied», da in-tendersi come la capacità diorganizzare le immaginimentali in cornici coerenti eradicate nelle percezioni delnostro corpo.

Decisivi, in questo approc-cio, sono poi i lavori del filosofodell'educazione Kieran Egan(autore nel 1997 del libro «TheEducated Mind», tradotto initaliano da Erickson, nel 2012,con il titolo «La comprensione

multipla») sul contributo dellafantasia alla costruzione delsenso di realtà del bambino; e,ancora, le teorie sul pensieronarrativo e quelle sulla meta-fora quale strumento conosci-tivo e quale strumento concet-tuale (come ha evidenziato, inparticolare, il linguista cogni-tivista George Lakoff).

Teoria, ma anche pratica, eda tempo, poiché numerosidocenti che partecipano alleattività del neonato Centro in-segnano presso il corso di lau-rea di Scienza della formazio-ne primaria dell'ateneo di Mo-dena e Reggio e, dunque, «for-mano i formatori» (i futuri in-segnanti e le future maestre) etrasmettono loro queste inno-vative metodologie didattiche.Che hanno già trovato un'ap-plicazione diretta nel progetto«Piccoli scienziati», che coin-volge 12 scuole dell'infanzia diModena e 10 scuole della mo-denese Fondazione cre-sciamo attraverso 20 ore diformazione rivolte ai docenti.Un progetto che dal 2014 è sta-to esteso a 18 nidi di Modena eora a tutti i servizi convenzio-nati e paritari della città e allescuole statali interessate.

Insomma, piccoli potenziali«storyteller» appassionati allescienze crescono.

O RY NC ND PLCUNI DIRITTI RISERVATI

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RUOLO : È RICERCATRICE DI ESTETICAALL'UNIVERSITÀ DI MODENA E REGGIO

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ENRICO FRANCESCHINI

ei prossimi anni i ro-bot potrebbero farscomparire 15 milio-ni di posti di lavoro in

Gran Bretagna, la metà del tota-le. Il monito viene da Mark Car-ne,, governatore della Bancad'Inghilterra, in un discorso al-la Liverpool University, Molti la-vori oggi fatti da esseri umaniverranno automatizzati dalla ri-voluzione tecnologica, affermaCarney: in particolare nel setto-re amministrativo e nel lavorod'ufficio, la cui esistenza ri-schia di essere resa inutile dalprogresso di computer e intelli-genza artificiale, «La nuova etàdelle macchine potrebbe avereeffetti devastanti», osserva ilgovernatore della banca centra-le inglese, «Ogni rivoluzionetecnologica distrugge spietata-mente posti di lavoro, e di con-seguenza vite e identità, primache emergano nuove occupazio-ni. E accaduto con la fine dell'e-conomia agricola e l'emergeredella rivoluzione industriale, siè ripetuto quando l'economiadei servizi ha eclissato quellamanifatturiera, ora è probabileche il fenomeno si ripeta».

3 RIVRGIJU<IONE RISER ATA

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di Delia Parrinello

ARTI PARALIZZATI,UN GUANTO HI4ECH

AIUTA I DISABILIA MANGIARE DA SOLIria carrozzina dotata di guanto magì

-co, un'attrezzatura corporea che mo-vimenta i 'abili, è così che sei perso -ne con braccia e gambe par xtesono riuscite a mangiare e a bere: ,ïa-

zie a un esoscheletro hi-tech realizzato in Maninadalla Scuola superiore Sant'Anna, una sorta diprotesi da pass '.k o controllata da elettrodi si-stemati in una cuffia grazie alle competenze del-l'Università, tedesca di Tubinga.

Pubblicato sul primo numero di Science Robotics, il risultato del «guanto hi-tech" è sfato resopubblico in queste ore e consiste nel rnì t acoio disei persone paraplegiche che riescono a mangiareda sole, in carrozzina ma autonome e con possibi-lità di vita sociale. Sono cinque uomini e una don-na di età compie: a fra i 14 e i 30 anni.

Ai primi passi dell'esperimento hanno preso inmano una bottiglia di plastica ed hanno versatol'a<..;qua in un bicchiere. Hanno scelto con le ditaal.m e patatine, una carta di credito ed altri ogget-ti. Con un sistema che traduce latti tit del cervelloe il movimento degli occhi in comandi di ar ae chiusura della mano trasmessi in tecnologia wireless, la comunicazione elettroni a senza cavi. Aquesta spe °. ione l'Italia lì a, partecipato an-che con la Fondazione Don Gnocchi di Firenze econ l'.,spe ale San Camillo di Venezia, inserendosinelle d:%c crelre condotte dall'istituto Guttmann diBarcellona e dai ricercatori dell'Università di Tu-bingen (Germania).

Il progetto prevede che si vada avanti dopo iprimi° risultati e ne parla da protagonistaonista scientificol'ex ministro Maria Chiara Carrozza, parlamentaredel Partito democratico che ha diretto la ScuolaSuperiore Sant'Anna.

«In Italia contiamo dì preparare entro il 2017 ilprotocollo per una nuova sperimentazione. L'o-biettivo generale è verificare e quindi trasferire invia sperimentale ed attuativa la possibilità di inse-rire sulle carrozzine dei pazienti un sistema di mo-

vimentazione che consenta la vita fuori casa, la

possibilità di inserirsi socialmente trasportando abordo della propria sedia a rotelle il robot indossabile, con una presa fra pollice e indice della mano,una sorta d g~euanto che rappresenterà il raggiungì-mento di una serie di libertà e non solo le libertà dimo nto».

«Con i colleghi dell'Università spagnola di Bar-cellona aggiunge Maria Chiara Carrozza l'obiet-tivo comune è il perfezionamento di questo tipo dirobot e, in tale direzione sono allo studio varie ipo-tesi che consentiranno di ampliame le applicazio-ni».

Qoe sta lo stato degli studi, che in Italia sonocoordinati anche da Nicola Vitello dell'Istituto diBioRobotica della Scuola Sant'Anna, ricercatore nelsettore dei dispositivi robotic nido bili per l'as-sistenza al movimento umano e riabilitazione non-ché di piattaforme robotiche per le indagini neuro~scientifiche.

Un nuovo sostegno per la libertà contro la paralisi, la capacità pii presa della mano a persone qua-dr plel cl e mu obi. `... te nel tronco e neo! artiinferiori e superiori, e questo grazie a un robotindossi : ' e in carrozzina. In passato sono staticondotti altri studi con interfacce " ive uomo-macchina ma il nuovo lavoro dimostra per la primavolta che questo si può ottenere con più sempliciinterfacce non invasive, basate sull'elaborazione di"bìo-segnalí" registrati con elettrodi posizionati

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sulla testa e ai lati degli occhi.`ora la qualità della vita per chi ha subito

traumi spinali o ictus traducendo l'attività del cer-vello e il movimento degli occhi in semplici compi i-di di apertura e chiusura della mano, tutto in wire-less, con un sistema incorporato all'intemo dellacarrozzina.

Risultati che vengono c.. f:onsiderati molto promet-tenti, mentre gli scienziati del consorzio europeosono consapevoli della necessità di studi ° °ci checoinvolgano una popolazione più ampia e contempi di sperimentazione più lunghi.

«Solamente grazie a una sperimentazione piùestensiva sottolinea Nicola Vitello - sarà possibilecapire come nngliorare ancora le prestazioni deivari maduli che compongono il sistema, ovvero ilsistema robotico e la sua interfaccia con l'utente. Ecome pi " care una strategia di lungo periodo perportare questo tipo di tecnologie sul mercato».

«La carro~ usata come dockíng station doveaallogare i pesanti moduli di attuazione (movi -

mento), alimentazione e calcolo necessari al fun-zio nto dell'intero apparato - spiega ancoraMaria Chiara Carrozza e nei prossimi anni possia-mo immaginare che questo p di a venga sera-pre di più esplorato e che quindi individui q -pl g°ci possano sempre di più trasformare la lorocarrozzina in una preziosa "risorsa" che gli consf }i-ta di alloggiarvi ausili robotici ed informatici sen : -pre più sofisticati, con l'obiettivo ultimo di potereulteriormente migliorare la loro qualità della -ta».

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Ecco í robot« a ' >;sono capacidí mutare o

SI chiamano «soft robotics»e arrivano dalla ScuolaSant 'Anna. Saranno ancheloro protagonisti - comel'esoscheletro di mano neuro- robotico - del primonumero di « ScienceRobotics» - nuova rivista delgruppo editoriale Scienceche dedicherà ampio spazioai robot ispirati al polpo(«Octopus») e al mondovegetale («Plantoid»).

L'ARTICOLO è firmato daCecilia Laschi e MatteoCianchetti (Istituto diBioRobotica della ScuolaSuperiore Sant 'Anna) eBarbara Mazzolai(coordinatrice del centro diMicroBioRoboticadell'Istituto Italiano diTecnologia ), e guarda già alfuturo: la `robotica soffice' è,infatti, pronta per lanciarsiin nuove sfide e perdelineare le caratteristichedei prossimi robot chesaranno progettati, destinatia interagire sempre piùspesso con gli esseri umani.Saranno in grado di mutareforma e aspetto, simuoveranno più agilmentenegli ambienti naturali,interverrano in ambienticritici, come spazi angusti, eimpareranno come compierequeste azioni.

aI ROBOT del futurosaranno ispirati sia dalmondo animale sia da quellovegetale, proprio come«Octopus» e «Plantoid». «Letecnologie di robotica soft -spiega Cecilia Laschi -permettono di ottenere neirobot abilità nonimmaginabili prima, comequella di crescere, dischiacciarsi , di rimarginarsi,di cambiare forma, dievolvere, aprendo nuoviscenari per realizzare robotintegrabili con più facilitànelle nostra vistaquotidiana».

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SERVIZIn A pagina 3

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L'ESOSCHELETRO E COMANDATO DA INTERFACCENON INVASIVE CHE ELABORANO SEGNALIDI ELETTRODI SU TESTA E A LATO DEGLI OCCHI

Un gumito

«SERVE L'INTERESSE DELL'INDUSTRIAPER ABBATTEREI COSTI E RENDEREQUESTE TECNOLOGIE ALLA PORTATA DI TUTTI»

tech ade ire Pisa 00itl soccorso dei pazienti paralizzatiSuccesso della sperimentazione firmata dalla Scuola Sant'Andi FRANCESCA BIANCHI

LA sperimentazione sui primi seipazienti - cinque uomini e unadonna di età compresa fra 14 e 30anni. immobilizzati nel tronco enegli arti inferiori e superiori - èandata positivamente in porto. Inloro aiuto - per recuperare la capa-cità di presa, per tornare a mangia-re e bere in maniera autonoma do-po un ictus o un danno spinale - èarrivato il robot esoscheletrico `fir-mato' da un team di scienziati eu-ropei coordinati in Italia da Ma-ria Chiara Carrozza - ex rettore eora parlamentare Pd ma soprattut-to bioingegnere - e dal collega Ni-cola Vitiello, entrambi provenien-ti dall'Istituto di BioRobotica del-la Scuola Superiore Sant'Anna.

Professoressa Carrozza, la ri-cerca verrà pubblicata sul pri-mo numero della rivista Scien-ce Robotics». Qual è la novità

princi le di questa speri-mentazione?

« Per la prima volta sono state re-stituite capacità di presa della ma-no, a persone quadriplegiche equesto grazie a un robot esoschele-trico, indossabile, per l'assistenzadella mano e a un'interfaccia noninvasiva con il sistema nervoso».

Non invasivi , in che senso?

E ' iniziato circa 3 anni faed è finanziatodall'Unione Europea

«Stiamo parlando di `bio-segnali'registrati con elettrodi posiziona-ti sulla testa e ai lati degli occhi.Posizionare queste interfacce nonrichiede elaborate procedure chi-rurgiche, come invece accadevaper i precedenti studi».

Quando è iniziata la ricerca?«Circa tre anni fa, si tratta di unprogetto europeo finanziatodall'Ue».

Per arriva sul mercato ilnuovo esoscheletro ha biso-gno anca di tempo?

«Soltanto grazie a una sperimenta-zione più estensiva sarà possibilecapire come migliorare ancora leprestazioni dei vari moduli checompongono il sistema, ovvero ilsistema robotico e la sua interfac-cia con l'utente. Lavoreremo an-che sulla portabilità: il sistema èleggero ma complesso. Vorrem-mo riuscire a renderlo più sempli-ce da usare. Nonostante i numero-

si sforzi compiuti dalla bioinge-gneria, i sistemi robotici per la ria-bilitazione non hanno un livellodi maturità tale da essere 'portabi-li', ovvero trasportabili con facili-tà. In questo studio, abbiamo vo-luto compensare questi limiti 'uti-lizzando' la carrozzina come unasorta di 'docking station', stazio-ne dove alloggiare i pesanti modu-li di attuazione (movimento), ali-mentazione e calcolo necessari alfunzionamento dell'intero appara-to».

Cosa si può immaginare peril prossimo futuro?

«Nei prossimi anni possiamo im-maginare che individui quadriple-gici possano sempre di più trasfor-mare la loro carrozzina in una pre-ziosa `risorsa' per alloggiarvi ausi-li robotici ed informatici semprepiù sofisticati, con l'obiettivo ulti-mo di migliorare la loro qualitàdella vita».

Una razPi minternazionateAllo studio hannopartecipato anche iricercatori dell'Università iTübingen ( Germania) e delGuttmann Institute(Spagna), guidatirispettivamente da SurjoSoekadar e da Eloy Opisso

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fun iiaGli elettrodi sono nellacuffia, posti sulla testa e alato degli occhi, e la«centralina» di controllo èincorporata nella sedia arotelle: così le prime seipersone (5 uomini e unadonna di età compresa fra 14e 30 anni) sono riuscite aaprire e chiudere le mani,controllandone i movimenti

i u iI pazienti che si sonosottoposti alalsperimentazioni sono riuscitinuovamente a mangiare dasoli e bere un caffè,afferrare una bottiglietta diplastica con la giustapressione per versare illiquido in un bicchiere,prendere delle patatine conle dita, scrivere e riuscire aafferrare una carta di credito

TEAMMaria ChiaraCarrozza coordinail gruppo italianodi scienziatidi un teaminternazionale

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Sala: «Milano non rinunceràal suo Polo della ricerca»L'anima e il futuro della città: il sindaco all'ultima tappa di «Agenda Italia»MILANO «Qualunque governo cisia dovrà fare la sua parte e qua-lunque governo ci sia dovrà ri-partire da Milano». Ultimo ap-puntamento di Agenda Italia, ilviaggio del Corriere della Seranelle quattro grandi città dove siè votato alle amministrative del2016. Non è difficile capire chic'è sul palco dello storico Picco-lo Teatro fondato da Paolo Gras-si e Giorgio Strehler: Beppe Sa-la, già Mr Expo e da giugno pri-mo cittadino di Milano. A inter-vistarlo il direttore del Corriere,Luciano Fontana.

Momento magico per il capo-luogo lombardo. Che si riverbe-ra nei tanti interventi che hannopreceduto e seguito l'intervistaa Sala. Dalla scrittrice Gaia Man-zini a Roberto vecchioni, dal-l'immunologo Alberto Manto-vani al direttore del Piccolo Ser-gio Escobar, da Maria VittoriaRava presidente della fondazio-ne Rava a Carlo Bonomi vicepre-sidente di Assolombarda. Ungioco tra nostalgia e futuro, trapresente e speranza, tra quelloche c'è e quello che potrebbe es-serci. Anche se non è solo luce.Le ombre sono ben presenti.Come le preoccupazioni. A par-tire dal quadro politico devasta-to uscito dal referendum del 4dicembre. Milano aveva punta-to molto sul governo amico,tanto da firmare il «patto perMilano» che vale due miliardi emezzo di euro. E poi c'è in balloHuman Technopole, il polo del-le scienze della vita, architravedi tutto il progetto Post Expo,voluto fortissimamente da Mat-teo Renzi. Che fine farannochiede Fontana? «Sono tran-quillo - risponde un combatti-vo Sala -, Milano ha bisogno diun governo forte ma ogni gover-no ha assolutamente bisogno diMilano e da Milano non puòprescindere». E se così non fos-se? «Sul patto c'è la firma di unpresidente del Consiglio per cuitornare indietro per un altro

presidente non sarà facile. Spe-ro che il prossimo governo loconfermi, altrimenti io e i mila-nesi gli chiederemo: caro gover-no, dov'è la tua credibilità? Haifirmato, ma ora i soldi li porti aMilano». E l'«azzardo» che ri-sponde a Human Technopole?«Anche se sono molto diversoda Renzi, sono stato d'accordocon lui sullo "strappo" che hadato a Human Technopole. Eranecessario, le cose erano ferme.Mi batterò affinché ci sia il con-senso e si trovino i fondi». Lan-cia anche un messaggio al suodirimpettaio istituzionale:«Questa è un'idea su cui io e Ro-berto Maroni (presidente dellaLombardia, ndr) dobbiamo an-dare d'accordo, per il bene deicittadini».

L'ombra della città ha però unnome preciso. Non è il governoamico o nemico. Si chiama peri-feria. L'ossessione di Sala. LaMilano a due velocità, quella in-ternazionale e quella lasciata in-dietro, il centro e i satelliti. Lascommessa del sindaco è enor-me, ridurre lo scarto, portare ledue città a tagliare il traguardoinsieme. Ci prova Sala: «Abbia-mo il dovere di lavorare nelleperiferie, per l'equità sociale, seno le perdiamo. Metteremo250-300 milioni di euro per leperiferie, lavoreremo al ripristi-no del patrimonio edilizi, in al-cuni casi è previsto l'abbatti-mento e la ricostruzione comeal Giambellino, vogliamo porta-re la metropolitana a Baggio eMuggiano, vogliamo ripensareil decoro urbano. Non è mai sta-to fatto prima».

E il suo piano quinquennale.Lo presenterà il 12 dicembre. Suquesto si giudicherà il suo man-dato. Su questo lo giudicheran-no i milanesi.

Maurizio Giannattasio© RPRODUZIOfdE RISERVA'A

La i'® p c rifà socialeDobbiamo lavorarenelle periferie , se no leperdiamo. Investiremo250-300 milioni

L'incontro

Agenda Italiaha chiuso iltour in 4 città a5 mesi dal votocon Milano,dopo Torino,Roma e Napoli.Il faccia a facciatra il direttoredei «Corriere»Fontana e ilsindaco Sala èstato precedu-to da unreading dellascrittrice GaiaManzini eseguito da unatavola rotondamoderatada ElisabettaSoglio conSergio Escobar,Al bertoMantovani,RobertoVecchioni,Maria VittoriaRava, CarloBonomi, GuidoGarrone eGreta Radaelli

¡AlAdak parola

HUM.L,%.N TECHNOPOLE

E il progetto della cittadella delle scienzedella vita che sorgerà all'interno dell'areaExpo. Il masterplan è allo studio di uncomitato scientifico guidato da StefanoPaleari. Al Tecnopolo si affiancherà ilcampus della Statale.

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Sul palco Il sindaco di Milano Beppe Sala (a sinistra) e il direttore del «Corriere della Sera» Luciano Fontana ieri al Piccolo Teatro

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