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GIOVANNI STURMANN La Qualità nei Servizi Educativi per la prima infanzia ________________________________________________________________________________ ________________________________________________________________________________ 2003 – diritti riservati pagina 1 di 38 La Qualità nei Servizi Educativi per la prima infanzia Relazione elaborata da Giovanni Sturmann per il corso DIDATTICA e INFORMATICA 2002 Prof.ssa Maria Rita Laganà Dipartimento di Informatica Università degli Studi di Pisa
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La Qualità nei Servizi Educativi per la prima infanzia

Relazione elaborata da

Giovanni Sturmann

per il corso DIDATTICA e INFORMATICA 2002

Prof.ssa Maria Rita Laganà

Dipartimento di Informatica Università degli Studi di Pisa

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INDICE 1 – Introduzione pag. 4 2 – Applicabilità dei concetti di Qualità ai Servizi Educativi pag. 4 Prima Parte - Elementi Preliminari pag. 5 3 - Sintesi sull’evoluzione dei concetti sulla Qualità pag. 6 3.1 – Definizioni pag. 6 3.2 – Gli albori pag. 6 3.3 – Standard e Normalizzazione pag. 8 3.4 – International Organization for Standardization pag. 9 3.5 – Lo Standard ISO 9001 del 1994 pag. 10 3.6 – L’ultima evoluzione nelle Vision 2000 pag. 13 4 – Sintesi sull’evoluzione dei Servizi Educativi a gestione Enti Locali pag. 16 4.1 – L’Opera Nazionale Maternità e Infanzia pag. 16 4.2 – La legge 1044/71 pag. 16 4.3 – Gli Asili Nido e l’Articolazione Regionale pag. 17 5 – Le strutture educative nel comune di La Spezia pag. 17 5.1 – L’Organizzazione del Comune di La Spezia pag. 17 5.1.1 – Area Organizzativa 2 – Sviluppo Sociale, Educativo e Culturale pag. 23 5.2 – Le leggi Regionali pag. 27 5.3 – Il Regolamento Comunale sulle Scuole dell’Infanzia e Asili Nido pag. 32 5.4 – Le Strutture per l’Infanzia nel Comune di La Spezia pag. 34 5.5 – Domanda e Offerta pag. 37

Seconda Parte - La Teoria pag. 39 6 – Caratteri pag. 40 6.1 – In The Backstage pag. 41 6.2 – La Posizione di Partenza pag. 43 6.3 – Sulla Strada pag. 44 6.3.1 – Funzionalismo e Comportamentismo pag. 45 6.3.2 – La Psicoanalisi pag. 47 6.3.3 – Strutturalismo pag. 49 6.3.3.1 – Il Processo di Sviluppo Cognitivo di Piaget pag. 51 6.3.4 – Verso l’Orizzonte pag. 53 6.3.4.1 – Vygotskij, la Storia, la Cultura pag. 54 6.3.4.2 – La Teoria del Campo pag. 57 6.3.4.3 – Ecologia dello Sviluppo Umano pag. 62 6.3.4.3.1 – Processo di Sviluppo e Ambiente Ecologico pag. 64 6.3.4.3.2 – Le Diadi pag. 67 6.3.4.3.3 – Osservazioni pag. 71 6.3.5 – Teorie dell’Educazione pag. 74 6.3.5.1 – John Dewey pag. 74 6.3.5.2 – Jerome Seymour Bruner pag. 75 6.4 – Le Intelligenze Multiple pag. 76

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Terza Parte – Progetto Applicativo Implementazione del Sistema di Gestione della Qualità dei Servizi Educativi per la Prima Infanzia pag. 79 7 – Obiettivi del Progetto pag. 80 8 – Fondamenti dello standard ISO 9001:2000 pag. 80 8.1 – Cliente interno ed esterno pag. 81 8.2 – Politica e Obiettivi per la Qualità pag. 81 8.3 – Misura e Miglioramento Continuo pag. 81 8.4 – Risorse Umane e Competenza pag. 82 8.5 – Processi Documentati pag. 82 8.6 – Il Ciclo di Deming pag. 83 9 – Il Sistema Asilo Nido pag. 84 9.1 – Rappresentazione dello Stato Attuale del Servizio pag. 84 9.2 – Osservazioni sullo Stato Attuale del Servizio pag. 90 9.3 – Realizzazione del Sistema di Gestione Qualità pag. 91 9.3.1 – Definizioni: il Servizio e i suoi Clienti pag. 91 9.3.2 – Definizioni: la nuova Area Organizzativa– Sviluppo Educativo e Pubblica Istruzione pag. 93 9.3.3 – Definizioni: il Sistema Informativo pag. 94 9.3.4 – Definizioni: Funzioni e Processi Primari del Servizio di Sviluppo Educativo pag. 95 9.3.5 – Dimostrazione della Conformità ai Requisiti ISO 9001:2000 pag. 96 9.3.5.1 – Requisiti del Sistema di Gestione Qualità del Servizio pag. 97 9.3.5.2 – Responsabilità della Direzione pag. 105 9.3.5.3 – Processo di Gestione delle Risorse pag. 108 9.3.5.4 – Processo di Realizzazione del Prodotto / Erogazione del Servizio pag. 110 9.3.5.5 – Processo di Misurazione, Analisi e Miglioramento pag. 113 10 – Conclusioni pag. 120 Bibliografia pag. 121

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1 – Introduzione La considerazione sempre più particolare che si dà attualmente all’idea della Qualità come segno notevole ovunque ci si trovi alle prese con sistemi complessi, che siano da garantire entro canoni di buona funzionalità è, tutto sommato, ancor più giustificata quando i sistemi da osservare attraversano la vita quotidiana delle società, seguendo percorsi diretti. Al pari di ben altri aspetti del Progresso, affermatisi lungo sponde magari più illustri, più epiche e sofferte, anche l’idea di Qualità ha certamente preso forma nel ridotto di ambienti circoscritti, sovente di specialità estrema, muovendo i primi passi nell’intorno di articoli speciali, per tipologia e per funzione, per poi lentamente travalicare i ristretti confini d’origine ed avviarsi, secondo quanto oggi appare, incontro ad un pubblico dominio disponibile, che si mostra potenzialmente ricettivo con rapidità. Dal Patto Atlantico, alle Industrie, ai Servizi Educativi degli Enti Locali. Da esigenze di abbattere verticalmente i rischi di insuccesso, alle ottimizzazioni dei processi di produzione orientate alla creazione del valore, al beneficio pubblico che per statuto l’Istituzione deve garantire. Appaiono paesaggi estranei, se non drasticamente i primi due tra loro almeno i primi due rispetto al terzo: vie che mancano di facili raccordi a meno, appunto, di intravedere nell’idea di Qualità, forse un ennesimo elemento di Progresso, che nasce da qualche parte in grembo a qualcuno che in quel momento non ha motivo di interessarsi ai prossimi destini, obbligato come si trova entro la parzialità visuale del proprio specifico problema. Un nuovo elemento del Progresso, dicevo, non appena esso si presenti utile senza mediazioni alla società nel suo senso più generale e comune: non appena dimostri di significare inderogabilmente sui banchi di prova ultimi e finali, che dispongono insiemi di obiettivi entro cui non c’è posto per motivazioni di profitto né logiche di business, ma che esibiscono finalità tutte rivolte, per definizione, alla più trasparente fornitura degli strumenti di sviluppo delle conoscenze umane, alla formazione degli abitanti del futuro non lontano. Quale luogo, in fondo, può essere davvero più meritevole di Miglioramento Continuo, quale altro luogo più di questo, può effettivamente avere necessità cogente di orientarsi sul Cliente? 2 – Applicabilità dei concetti di Qualità ai Servizi Educativi Si tratta dunque di verificare una possibilità reale di applicare le moderne idee della Qualità, della sua essenza di normativa internazionale standard, dei suoi strumenti di gestione e di controllo, i suoi otto princìpi generali, con la sua forse ancora eccessiva connotazione manageriale, ad un territorio estremamente peculiare come quello dei Servizi Educativi per la Prima Infanzia gestiti da Enti Locali. In effetti già transire dal contesto manifatturiero originario a quello generico dei servizi pubblici potrebbe sembrare cosa non semplice, soprattutto per la connotazione di intangibilità che permea l’idea di servizio a confronto con il prodotto classicamente inteso.

Nella globalità dell’ambito educativo dei servizi, inteso nell’insieme delle strutture scolastiche e formative di ordine e grado qualsiasi, sappiamo di trovare altre complicazioni dovute sia al carattere basilare di servizio che esso ripresenta, sia per il fatto che questo è certamente uno dei contesti che possiamo considerare di più alta criticità in termini di impatto sulla dimensione umana degli utenti.

Il contesto dei servizi educativi per la prima infanzia, infine, aggiunge la particolarità di ruotare attorno ad una fascia di utenza con età da zero a tre anni, un aspetto che si imporrà come carattere centrale nell’analisi, sia per l’impatto sulla criticità del servizio che per la necessità di confrontarsi con il considerevole impianto teorico specificamente dedicato a questo settore.

D’altra parte, la più recente visione della Qualità, usualmente riferibile agli standard ISO 9000:2000, è senz’altro coniugabile con gli strumenti più efficaci dell’analisi di Sistema, a partire dal cosiddetto approccio per processi tipico della tradizione ingegneristica moderna; disponiamo cioè degli strumenti adeguati per ottenere una rappresentazione sufficiente del settore oggetto di studio, capace di tenere conto con dovuta precisione di tutti i principali elementi vincolanti, qualunque sia il loro oggettivo spessore.

Sulla rappresentazione del Sistema, articolato quindi per processi, sarà quindi senz’altro possibile effettuare una rilettura adattiva dei concetti di Qualità secondo la concezione più attuale ed efficace, ottemperando in tal modo al proposito del presente studio.

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Prima Parte

Elementi Preliminari

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3 – Sintesi sull’evoluzione dei concetti sulla Qualità

3.1 – Definizioni Definire esaustivamente l’idea di Qualità è un impegno che può presentare difficoltà. Esistono studiosi che, nell’ansia di raggiungere una dimensione valida e il più possibile oggettiva del concetto, sono riusciti persino a ritornare a Emanuele Kant, a cui pare si debba la più antica formulazione in materia, anche se dobbiamo osservare che la portata di una tale azione di recupero rivela una certa ossessività nella ricerca di una dignità che si teme evidentemente possa non sussistere altrimenti. D’altro canto i benefici pratici che potrebbero derivare dal conferimento di un carattere di istituzionalità talmente elevato sono tutti da verificare, dal momento che la strada che dovrebbe portare dalla Qualità kantiana, uno dei quattro raggruppamenti delle sue dodici categorie1, alla Qualità di cui tratteremo sembra francamente irta di ostacoli. Senza rincorrere quindi filosofie di interpretazione del concetto di Qualità, pensiamo che per le finalità del presente lavoro sia più che sufficiente limitarsi ad una definizione secondo buon senso e spirito di osservazione, individuando nella Qualità l’insieme dei caratteri cha fanno sì che un prodotto, o servizio, “faccia quello che era richiesto facesse, e lo faccia come era richiesto che facesse”. Usando una terminologia più esatta, più tipicamente in tema e con la quale dovremo in qualche modo prendere familiarità, diremo che la Qualità di un prodotto o servizio risiede nella garanzia della sua rispondenza ai requisiti, dove i requisiti sono null’altro che l’insieme dei caratteri richiesti. Questa descrizione, nella sua semplicità, si presenta tale da consentire abbastanza facilmente di verificare, probabilmente in qualsiasi circostanza, se l’oggetto in esame sia qualitativamente valido o meno, offre cioè una sufficiente gamma di possibilità sul piano operativo, nel suo richiedere unicamente il confronto tra l’insieme dei caratteri che l’oggetto presenta e l’insieme dei caratteri che dovrebbe presentare. Avremo modo più oltre di apprezzare questa possibilità, in particolare al momento di fare riferimento ai metodi di analisi, misura e valutazione della Qualità in contesti ristretti e allargati; in situazioni in cui difficilmente sarebbe possibile disporre di metriche utili partendo dall’interpretazione remota dei grandi pensatori. 3.2 – Gli albori La definizione del paragrafo precedente ha inoltre il pregio di accordarsi più che a sufficienza con molti degli aspetti centrali dell’evoluzione storica del problema. Occuparsi della Qualità è una attività che trae origine da contesti industriali e produttivi non lontanissimi. Non appena la Civiltà Industriale ha assunto carattere di modernità, superando le primissime forme dell’organizzazione produttiva tessile d’Inghilterra, cominciando a muoversi secondo le direttrici delle produzioni di massa, si completa di fatto in Occidente la transizione da un modello pur sempre di taglio artigianale verso la più moderna produzione di serie; valutare il prodotto che esce al termine della catena di montaggio si rende istantaneamente indispensabile, per quanto con uno stile decisamente primordiale, una specie di taglio con l’accetta dello scarto. E’ notoriamente un cambiamento di grande portata, che accompagna e forse sancisce il distacco da contesti di vita a misura contenuta, con i ben noti e controversi effetti sulle società. Ma cosa è cambiato se guardiamo le cose dal punto di vista di quella che può essere una percezione di bontà degli oggetti acquistati dalla gente comune nei due diversi contesti? Per il più antico, non è difficile immaginare che il contadino che torna dal falegname a farsi aggiustare lo strumento imperfetto comprato, o barattato, pochi giorni prima è semplicemente un cliente in rapporto con l’artigiano, le distanze sono ravvicinate ed esistono ancora il tempo e la pazienza di correggere tutto cordialmente. Non sono necessari approfondimenti formali, critici o teorici. Mal che vada cambieremo artigiano. Viceversa, uno degli effetti della grande mutazione dei modelli produttivi sta proprio nell’abolizione di queste brevi distanze di rapporti diretti e percorribili.

1 Se la memoria non inganna la qualità di Kant raggruppa le tre categorie della realtà, la negazione e la limitazione.

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Henry Ford, da giovane meccanico di biciclette della fine ottocento, diviene quello che conosciamo e nel 1920 ha già messo in circolazione 7.000.000 di automobili negli Stati Uniti2.

Fin dal 1901, la United States Steel Corporation costituiva già il culmine dell’evoluzione economica americana intorno alle forme organizzative dei trust e dei monopoli3 , dando visibilità a tecniche organizzative innovative e indispensabili per supportare la sostanza di quella evoluzione economica, ovvero la capacità di fronteggiare grandi richieste di mercato con prodotti funzionali e validi.

La Produzione di Massa è la modalità che certamente circoscrive l’istante di nascita delle prime idee operative sulla Qualità; il motivo è evidente: non si fa più un pezzo per volta, si fanno tanti pezzi uno dietro l’altro e quello che serve è un concetto da applicare in una qualche fase della sequenza produttiva, la cui applicazione permetta di rendersi conto preventivamente del buon andamento della produzione, che è di serie, che permetta quindi di rendersi conto di eventuali problematiche senza attendere un crollo delle vendite, un esaurimento della domanda in favore dei competitori, senza aspettare il fatto compiuto.

La Produzione di Massa quindi offusca e non consente più di vedere l’acquirente, che diviene una entità sociale economicamente rilevante, ma a grande distanza in termini di rapporti.

In buona sostanza l’idea di Qualità come insieme di caratteri da valutare nasce dalla esigenza di traslare il più possibile a monte l’ultima possibilità di correggere la difettosità eventuale di un prodotto, in altre parole di evitare che questa possibilità sia effettivamente l’ultima.

L’idea appare intuitiva: più si anticipa la posizione di questa ultima chance e più tempo operativo resta a disposizione per le correzioni.

Ma nonostante l’apparente planarità del problema, esso risulta tutt’altro che di semplice soluzione, per le particolarità strutturali intrinseche alla funzionalità della catena di montaggio, nella cui scansione sequenziale e iterativa non necessariamente esistono spazi di sospensione sufficienti per prendere misure.

In un modo quindi piuttosto rocambolesco se si vuole, ma di certo inderogabile, nasce il Controllo Qualità sul Prodotto che ha rappresentato e rappresenta ancora una prassi consolidata, trovandosi soltanto oggi in vista del proprio Viale del Tramonto.

Il Controllo Qualità di Prodotto è l’attività interna all’organizzazione che tratta delle difettosità, a partire dalla loro individuazione fino al ripristino dei prodotti difettosi quando questo è possibile.

A partire dal periodo del secondo dopoguerra, gran parte delle industrie comincia ad esibire una organizzazione a comparti, come suol dirsi per funzioni; ciò ha corrisposto alla sempre maggiore specializzazione delle attività interne, alle maggiori necessità di parallelismo tra le attività, in un quadro spesso altalenante di espansione e contrazione delle risorse disponibili.

Quindi prende forma una distribuzione delle attività in settori diversificati, dalla Produzione, al Marketing, al settore Progetti e così via, in un modo ben delimitato in termini di competenze e responsabilità. Una funzione tipica comincia ad essere quella chiamata al tempo Controllo Qualità: qualcosa di più di un gruppo di operai addetti a verificare e ripristinare i pezzi scarti, qualcosa che sottende invece una dimensione più esatta e perfezionata di come e quando il processo di verifica si debba compiere, con quali modalità, con quali controlli speciali, insomma con quali regole e strumenti.

Si tratta in qualche modo di una normazione dell’attività di controllo che viene ritenuta, evidentemente, nevralgica più che in precedenza.

L’emersione di questo stile organizzativo, per quello che riguarda le problematiche legate ad una Gestione della Qualità, è determinata fondamentalmente dall’esistenza di settori di mercato in cui non ci si può permettere l’errore; settori usualmente definiti ad alta criticità per l’impatto che eventuali difettosità nei prodotti potrebbero manifestare sia sulla sicurezza degli utilizzatori, che sugli interessi generali di una nazione.

Se pensiamo all’industria aerospaziale moderna abbiamo un esempio immediato di settori produttivi ad alta criticità per motivi di sicurezza (safety), ma lo stesso vale oggi per l’industria aeronautica, chimica, ferroviaria e automobilistica in genere.

2 Storia del Movimento Operaio negli Stati Uniti 1861 – 1955, di R.O. Boyer e H.M. Morais, ed. De Donato. 3 Storia Degli Stati Uniti d’America, di S.E.Morison e H.S.Commager, ed. La Nuova Italia.

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3.3 – Standard e Normalizzazione

Più tipico invece del periodo successivo al secondo dopoguerra, è il settore di produzione degli armamenti. Il primo ente governativo ad aver preteso dai propri fornitori un sistema organizzato e documentato di Gestione

della Qualità, quand’anche ancora in termini di Controllo sul prodotto, che fosse completo di Procedure scritte, di certificati e bollettini di registrazione, e altri documenti simili, è stato sicuramente il Department of Defence (DOD) degli Stati Uniti.

All’ombra del preludio alla Guerra Fredda e alla contrapposizione tra i blocchi, il Dipartimento Americano è stato il primo a redigere pacchetti di norme generali, Standard come si dice, sia di tipo costruttivo che qualitativo, da richiamare puntualmente durante la stesura dei contratti con i fornitori, ed i cui contenuti dovessero costituire elemento di peso contrattuale né più né meno del prezzo pattuito e della data e modalità di consegna.

La produzione del Dipartimento è smisurata, vengono pubblicate norme MIL-STD (Military Standard) che coprono ognuna un singolo aspetto inerente la fabbricazione di prodotti destinati alla Difesa, e molte tra esse altro non sono che la raccolta delle spiegazioni necessarie (guide-lines) per l’utilizzo di altre MIL-STD primarie.

Tra esse, per la maggior parte dedicate appunto ad aspetti strettamente costruttivi, prendono rapidamente forma quelle indirizzate alla sistematizzazione dei processi in quanto tali, e dei controlli sulla loro buona funzionalità; l’obiettivo è costringere i fornitori ad organizzarsi, già prima dell’avvio di produzione, in modo atto a limitare i rischi di insuccesso, o di ritardo dovuto a difettosità.

I motivi sono evidenti: in un contesto in cui la corsa agli armamenti rappresenta quel drammatico gioco al deterrente al quale abbiamo assistito, a dire il vero assai poco riuscito a giudicare dalla quantità di focolai di tensione che troviamo in giro per il mondo già negli anni cinquanta, neanche trascorsi i brividi delle esplosioni atomiche di fine guerra4, la produzione di armamenti è il cuore della vicenda e deve essere di Qualità garantita e sicura.

I Sistemi d’Arma sono sistemi complessi: un carro armato, oggetto co-protagonista del teatro europeo e nordafricano durante la Seconda Guerra Mondiale, è generalmente composto da non meno di 20.000 altri oggetti grandi e piccoli (item, come si dice); ci vorrebbe un tempo interminabile se si dovesse costruire una cosa simile aspettando di vedere solo alla fine se funziona per porre rimedio, e non sarebbe nemmeno ipotizzabile poter vedere l’insieme dei difetti potenziali manifestarsi tutti insieme in quel momento.

Questo tempo, già inammissibile teoricamente, è soprattutto inaccettabile in pratica, quando parliamo di contratti per qualche centinaio di prodotti, che il Dipartimento deve poter schierare alla svelta da qualche parte del globo.

Nel 1949 era nata la North–Atlantic Treaty Organization, la NATO, fondata in Washington D.C., inizialmente costituita da 12 paesi. Dal 1951 il suo ufficio Military Agency for Standardization (MAS), con sede in Londra5 avvia la produzione delle normative standard cogenti per tutti i paesi aderenti e particolarmente orientate alla Qualità dei sistemi organizzativi dell’industria, da usarsi in modo complementare alle pubblicazioni del DOD.

Così nei primi anni Sessanta, mentre al Greenwich Village di New York City celebri nomi della topical song danno spinta al pacifismo avvertendo lucidamente i pericoli del riarmo delirante del periodo6, il MAS ha già emesso norme Standard ufficiali in tema di Assicurazione Qualità (QA, per Quality Assurance), che daranno il via alla lenta ma inesorabile evoluzione dei Sistemi di Gestione della Qualità.

4 1950-1953: la guerra in Corea, 1956: la crisi di Suez, l’attacco Israeliano all’Egitto. 5 dal 1971 la sede è Bruxelles. 6 Phil Ochs canta Cops of The World (“poliziotti del mondo”) nel 1965, due anni dopo l’uscita nell’ottobre 1963, del disco The Freewheeling Bob Dylan, con la leggendaria A Hard Rain’s a-gonna fall (“una dura pioggia cadrà”) sulla Crisi Missilistica di Cuba di fine 1962.

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3.4 – International Organization for Standardization Quella delle normative internazionali è una foresta di vastità sorprendente. Molto presto, a partire dai modelli di origine militare, il mondo produttivo, con la sua filosofia ingegneristica ogni giorno più raffinata, ha cominciato a rendersi conto che è molto più comodo, più conveniente, operare secondo riferimenti comuni.

In effetti si tratta di una comodità e convenienza che trovano corrispondenza anche guardando le cose con l’occhio della gente comune: se oggi è possibile risparmiarsi la fatica di prestare attenzione al tipo di presa elettrica che abbiamo sulle pareti domestiche prima di acquistare un asciugacapelli fabbricato in Germania, questo è dovuto proprio alla standardizzazione, o normalizzazione come si dice nel nostro paese.

Evitare che lo stesso tipo di oggetto richieda dotazioni diverse per funzionare, per il semplice motivo di provenire da un luogo piuttosto che da un altro, è uno scopo indubbiamente significativo.

Per questo motivo anche nella produzione civile, si è verificato un fenomeno tutto sommato identico a quanto è accaduto in ambito militare.

Le norme UNI, ad esempio, normalizzano una innumerevole quantità di fabbricazioni con le quali spesso ciascuno di noi ha a che fare nella propria quotidianità: viti, bulloni, cacciaviti, chiavi, guarnizioni in gomma, in teflon, lamiere, materie plastiche, durezze dei materiali dipendenti dall’uso che se ne vuol fare, addirittura i formati della carta da fotocopiatrici o da stampanti; i costruttori di oggetti con forature per viti dovranno rispettare il passo standard delle viti previste, i costruttori di stampanti devono dimensionare il vano della carta secondo le misure standard delle risme.

Non esiste una obbligatorietà giuridica al rispetto degli standard internazionali, si tratta semplicemente di rischiare una fuoriuscita quasi immediata dai mercati per la impraticabilità che avrebbe un prodotto che richiede viti da costruire apposta, introvabili dal ferramenta, o una fotocopiatrice che obbliga a trascorrere una giornata nel ritaglio della carta che usa.

Gli enti che si occupano di normalizzazione sono numerosi e attualmente si può sostenere che nessun bene di consumo sia escluso da una qualche codifica.

Le norme DIN, tedesche, standardizzano oggetti elettronici, prese di interfaccia, cavi di collegamento, esistono poi i connettori CANON, le prese HI-FI secondo standard RCA; i registratori audio professionali devono avere un voltaggio di uscita pari a 1,5 V contro lo 0,36 V per gli apparecchi amatoriali, come previsto dagli standard del settore.

Non succede quindi di comprare la TV e non poterla collegare al cavo coassiale antenna, e non succede di fare il pieno con una benzina con composizione diversa da quella che serve al motore della nostra automobile; una videocassetta ha dimensioni e ingombri normalizzati e qualunque marca di videoregistratori ha il vano cassette delle misure opportune per riceverla.

Troviamo inoltre esempi di normalizzazione di processi di test, come la taratura delle testine di un registratore multitraccia che va effettuata con un segnale campione di 10.000Hz, mentre la taratura del volume richiede un segnale campione di 1.000 Hz; in realtà il registrare può registrare e leggere una cassetta anche se la sua testina è tarata con un riferimento diverso, ma se tutti usiamo lo stesso criterio otteniamo di poterci scambiare le cassette senza inconvenienti.

Numerosi oggetti, o processi di fabbricazione o processi di test, sono contemporaneamente presenti in diverse normalizzazioni, e per evitare di finire in uno stato generale caotico e, infine, opposto a quella che era l’intenzione originaria, esistono opportune e puntuali tabelle di conversione che consentono di destreggiarsi in questo insieme.

Non si può assolutamente sostenere che l’orientarsi all’interno di questa specie di labirinto delle normalizzazioni sia impresa agevole, ma certo questo dipende soprattutto dalla quantità delle voci da comprendere, sicuramente incommensurabile.

Sta di fatto che negli ultimi trent’anni la standardizzazione è andata di pari passo con il progresso tecnologico, secondo uno schema, un processo di trasformazione, sempre uguale: ogni salto in avanti sbuca apparentemente da non si sa dove, privo di regole, e nei primi anni di evoluzione, se si consolida, diviene oggetto di attività di standardizzazione che ne facilitano la stabilizzazione d’uso e, quindi, di presenza sul mercato.

Il caso di Internet, come si sa tra l’altro originata da progetti di reti militari, è ancora fedele ai precedenti, basta pensare alla quantità di Request for Comments, che sono prodotti per la standardizzazione dei protocolli.

Tra gli standard militari e quelli civili esistono anche curiose differenze di dettaglio, come il fatto che le norme militari, MIL-STD, AQAP, STANAG (Standard Agreement) e via dicendo sono edizioni rese sempre di dominio pubblico, come segno di auspicio per il loro utilizzo, mentre le norme UNI, DIN, ISO e altre di uso civile, sono gelosamente custodite e ottenibili soltanto a pagamento.

Certamente uno dei motivi di questo fatto risiede nella necessità che si è determinata in ambito non militare, di costituire organizzazioni internazionali precisamente dedicate allo scopo, molto articolate, in commissioni e sotto-commissioni con diverse competenze, che alla fine risultano apparati assai complessi, costosi ma per contro riconosciuti

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ovunque. Se il Dipartimento della Difesa resta pur sempre un ente dello stato, ed emettere standard è semplicemente una delle sue competenze, per così dire, inclusa nel prezzo, le organizzazioni parallele in settore civile costano e per sopravvivere devono praticare forme di finanziamento diversificate (tra le quali tutto sommato, il prezzo d’acquisto di uno standard è quella di minor rilievo).

Da quando, una ventina di anni or sono, grazie alle innovazioni della tecnologia, il settore produttivo non militare ha finito col richiedere una severità nella operatività produttiva inaspettatamente maggiore di quella richiesta dal settore militare, l’organizzazione principale sul piano della standardizzazione in materia di Qualità, la più riconosciuta nel mondo, è diventata la International Organization for Standardization (ISO). 3.5 – Lo Standard ISO 9001 del 1994

La International Standard Organization ha assunto particolare notorietà non molti anni fa, con la

pubblicazione degli standard della serie 9000, appunto nel 1994. Gli standard rappresentavano la generalizzazione ad ogni settore produttivo della norma militare NATO AQAP 110, relativa, come si usa dire, all’intero Ciclo di Vita di un prodotto, ovvero la sequenza completa delle attività di produzione che comincia dalla definizione di un contratto tra committente e fornitore e termina soltanto con l’estremo limite temporale della assistenza tecnica al committente mentre lo utilizza.

La Figura 1 rappresenta schematicamente i contenuti della ISO 9001:1994, che, come si vede, fanno capo al concetto di Requisiti del Sistema Qualità di una organizzazione.

4 - Requisiti del SISTEMA QUALITA'

4.1 - Responsabilità dellaDirezione

4.2 - Sistema Qualità

4.3 - Riesame del Contratto

4.4 - Controllo della Progettazione

4.5 - Controllo dei Documenti edei Dati

4.8 - Identificazione eRintracciabilità del Prodotto

4.9 - Controllo del Processo

4.10 - Prove, Controlli e Collaudi

4.11 - Controllo delleApparecchiature per Prova,

Misurazioni e Collaudo

4.12 - Stato delle Prove, Controllie Collaudi

4.15 - Movimentazione,Immagazzinamento, Imballaggio,

Conservazione e Consegna

4.16 - Controllo delleRegistrazioni della Qualità

4.17 - Verifiche Ispettive Internedella Qualità

4.18 - Addestramento

4.19 - Assistenza

4.6 - Approvvigionamento

4.7 - Controllo del Prodotto fornitodal Cliente

4.13 - Controllo del Prodotto NonConforme

4.14 - Azioni Correttive ePreventive

4.20 - Tecniche Statistiche

Fig. 1 – I Requisiti del Sistema Qualità secondo la ISO 9001: 1994

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La norma ISO 9001 della serie 9000:1994, è dedicata specificamente alle industrie che hanno non solo capacità produttiva ma anche progettuale, per le rimanenti (lavorazioni, fabbricazioni o servizi) sono state applicate alcune norme derivate come la ISO 9002.

Il cuore del suo significato, che forse si può cogliere dando una scorsa alle denominazioni nella figura, sta nel creare una attività articolata e continua dedicata specificamente a garantire che qualsiasi aspetto operativo di una organizzazione venga svolto perseguendo la migliore efficacia ed efficienza, ovvero come si usa dire che si svolga in Qualità.

Va tenuto presente che l’impianto complesso che si viene a creare con l’osservanza dei 20 requisiti, impianto usualmente denominato appunto Sistema Qualità, va considerato trasversale all’insieme delle funzioni, dei settori e reparti di una organizzazione, in altre parole una organizzazione opera in Qualità se e solo se dispone di un Sistema Qualità che attraversa interamente la sua struttura.

La implementazione di un Sistema Qualità non è cosa facile e richiede notevoli energie e investimenti; è indispensabile allocare le risorse opportune ed avviare azioni in grado di coprire esattamente ognuna delle voci che appaiono in Figura 1, senza esclusioni; alla fine l’organizzazione potrà esercitare e dimostrare la capacità di garantire a priori la Qualità dei prodotti che progetta e costruisce; in termini tipici diremo allora che l’organizzazione ha un Sistema Qualità conforme alla norma 9001 che le permetterà di fronteggiare qualunque eventualità interna al processo produttivo.

Facendo una breve panoramica tra i requisiti dello standard, che a loro volta sono articolati in sottopunti che non riportiamo in questa sede, vediamo che ognuno di essi trova in generale una corrispondenza con un settore operativo dell’organizzazione, una funzione, come possono essere, ad esempio, un Ufficio Acquisti per l’approvvigionamento, un dipartimento di Marketing per il riesame del contratto, oppure un settore di Assicurazione Qualità per la cura del Sistema Qualità.

Notiamo che esiste il Controllo Qualità sul Prodotto, in una forma molto distante da quella che poteva presentare in tempi più lontani; se guardassimo i dettagli dei requisiti infatti, troveremmo che esso si articola in Controlli alla Ricezione dei Materiali, Controlli in Produzione, Collaudi Finali e altro.

Un rilievo specifico hanno in questa norma tutti i richiami ad attività di documentazione e registrazione, necessità a sua volta trasversale rispetto a tutti i requisiti e quindi a tutte le funzioni; la puntuale raccolta di informazioni e registrazioni di ogni evento che si verifichi intorno al Sistema Qualità così rappresentato, è infatti un principio fondamentale e, per quanto costituisca un indubbio elemento di burocrazia, si comprende che non è pensabile far funzionare ogni processo correttamente e in modo iterativo in mancanza di informazioni sui risultati precedenti, in mancanza di Procedure scritte che regolamentino ogni attività, in mancanza di un Manuale di Qualità generale con il quale la direzione esprime le politiche scelte, le strade da percorrere, e indica chi sono le figure a cui fare riferimento.

La dimensione documentaria in ambito qualitativo è molto solida e spesso è l’unica dimensione visibile del Sistema Qualità, l’unica che sia probante della sua esistenza.

Come si notava, la gran parte dei requisiti posti dalla ISO 9001 non offre carattere di inedito, ma piuttosto viene resa sistematica l’eredità di norme militari, in particolare per quelli che possono rappresentare i passaggi più tipici sul piano formale, quando si parla di riesame, ciclo di riunioni tra funzioni diverse da pianificare preliminarmente, da verbalizzare e registrare, oppure di verifiche ispettive, svolte da persone titolate che ciclicamente si muovono entro reparti dell’organizzazione per prendere nota dello stato di funzionamento delle attività, concordano azioni correttive che torneranno a verificare secondo tempi convenuti.

Infine, si osserva che i requisiti sembrano succedersi l’uno all’altro con una logica che potrebbe somigliare ad una sequenza quasi temporale, che forse vuol celare un senso di causa-effetto in via subliminale, senza dichiararlo apertamente perché non sarebbe così immediato giustificarlo.

Guardando la successione dei sottopunti, ad esempio, non casualmente il primo incontro riguarda le Responsabilità Direzionali (4.1), quelle da cui dipende la allocazione delle risorse necessarie a stabilire un Sistema Qualità e a raggiungere gli obiettivi stabiliti; senza aver sciolto questo nodo sarebbe evidentemente insensato passare al successivo punto 4.2, il Sistema Qualità, e di lì ai successivi.

Analogamente non avrebbe senso affrontare il Controllo Progettazione in assenza del compimento del Riesame del Contratto, da cui escono di solito i requisiti di Sistema per lo sviluppo di progetti. Resta infine da citare il fatto che nell’ultimo decennio in particolare si è notevolmente sviluppato, parallelamente alla evoluzione degli standard ISO, un mercato dedicato alla Certificazione di Conformità agli standard stessi.

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Ogni industria che si voglia attivare per realizzare un Sistema Qualità può successivamente ricorrere all’intervento di alcune società specializzate7 le quali al termine di una verifica ispettiva di alcuni giorni, sono autorizzate dalla ISO, e per l’Italia da UNI, a rilasciare una Certificazione di Conformità che costituisce spesso uno dei documenti più rilevanti in fase di trattativa contrattuale, e autorizza comunque l’organizzazione a riportarne il contenuto sui prodotti. Negli ultimi anni non è infrequente trovare persino sui prodotti alimentari le tipiche diciture “certificato ISO 9002”, come attestazione di una qualità ufficialmente riconosciuta ai processi di fabbricazione. La Certificazione di Terza Parte8, come viene definita, è un obiettivo estremamente costoso, dopo averla conseguita va mantenuta, ricorrendo periodicamente alle stesse società specializzate che, di conseguenza, hanno la garanzia di una specie di autoriproduzione del loro business. Con le ulteriori novità degli standard ISO 9000 nell’ultima revisione di dicembre 2000, ciascuno dei 20 requisiti diverrà parte di un unico insieme, univocamente trasversale ad ogni aspetto, perdendo di fatto quella residua dimensione di caratteristica individualmente esclusiva di una fase determinata del processo industriale. Quello che abbiamo originariamente dipinto come Controllo Qualità del Prodotto, non rimarrà altro che una piccola attività destinata ad esaurirsi, in modo proporzionale al crescere della capacità di gestire la Qualità in termini di processo, e di raggiungere in questo livelli ottimi ed auspicati, tali da giustificarne infine la dismissione definitiva.

7 Sono numerose e tra esse citiamo alcune delle più note come il Det Norske Veritas (DNV), il CISQ (Certificazione Italiana Sistemi Qualità Aziendali), IQNET (The International Certification Network), RINA (Registro Italiano Navale). In parallelo si è verificata una enorme proliferazione di piccole, e spesso sedicenti, società di consulenza che imperniano l’attività proprio sulla implementazione di Sistemi Qualità dei clienti che lo richiedo, fino alla redazione del Manuale Qualità e delle Procedure necessarie. 8 Si fa riferimento al fatto che il Cliente è sempre stato il primo titolare del diritto a svolgere verifiche ispettive sulla materia, anche solo per semplici obbligazioni contrattuali, e può rilasciare Certificazione che, nel caso, è detta di Seconda Parte, e consente al fornitore di farne ugualmente uso promozionale.

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3.6 – L’ultima evoluzione nelle Vision 2000

Fig. 2 – IL Sistema di Gestione Qualità secondo la ISO 9000:2000 Presentiamo le idee fondamentali dell’ultima edizione degli standard ISO, la revisione del dicembre 2000, che costituisce una interessante evoluzione della materia e sarà il riferimento che utilizzeremo nello sviluppo applicativo che presentiamo nella Terza Parte, sede in cui saranno affrontati i livelli di dettaglio necessari. Osservando la Fig. 29, riprodotta esattamente da quella contenuta nella norma stessa, notiamo immediatamente che quello che si presenta è qualcosa di più espanso rispetto alla semplice successione dei requisiti richiesta dalla edizione del 1994. In effetti ci troviamo davanti ad alcuni elementi innovativi ben visibili. Troviamo innanzi tutti la figura del Cliente in due posizioni interattive con l’organizzazione, delle quali solo una, quella da cui traggono origine i requisiti (a sinistra) era già presente; notiamo in testa all’organizzazione (l’ovale nella figura) che il Sistema Qualità della precedente edizione è diventato un Sistema di Gestione Qualità, e che soprattutto viene ora affiancato al concetto di Miglioramento Continuo che per la prima volta appare.

9 Questo disegno, che forse non è nella forma più illuminante rispetto agli scopi, è comunemente chiamato dagli addetti ai lavori ,“la lavatrice”.

input

output

Gestione Risorse

Responsabilità della Direzione

Misurazioni, Analisi e

Miglioramento

Realizzazione del Prodotto

prodotto

Cliente e Parti Interessate

soddisfazione

Cliente e Parti Interessate

requisiti

MIGLIORAMENTO CONTINUO DEL SISTEMA GESTIONE QUALITA’

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Osserviamo infine che l’Organizzazione è un insieme che contiene finalmente dei Processi che interagiscono tra loro, esattamente i quattro che dovrebbero essere quelli sufficienti a circoscrivere la totalità delle attività svolte. Sistema di Gestione Qualità e Miglioramento Continuo sono iterativamente determinati dalla funzionalità e interazione di questi Processi, che pensiamo di poter considerare come primari, ricevendo informazioni dirette tramite uno di essi, quello dedicato alle Misurazioni, Analisi e Miglioramento. Le interazioni tra Organizzazione e Cliente avvengono a più livelli, diversamente da prima; oltrechè in funzione dei requisiti e della realizzazione del prodotto, vediamo ad esempio un rapporto biunivoco tra il Processo di Misurazione, Analisi e Miglioramento e il concetto di Soddisfazione del Cliente, oppure rileviamo la presenza di comunicazione già a livello di Responsabilità Direzionali, cosa significativa nei termini di quello che tra gli altri è uno dei concetti più rilevanti, ovvero la necessità di orientarsi al cliente. Ci sono in sostanza diverse novità, alcune delle quali ridisegnano i requisiti stessi così come si presentavano nella precedente edizione. Ma la novità più interessante, e più impegnativa anche per coloro che già dispongano di Sistemi Qualità consolidati in conformità con lo standard precedente, è poi quella forse meno visibile e più implicita, e che viene però richiamata apertamente nel testo della ISO 9000:2000 e della ISO 9001:2000; si tratta del cosiddetto Approccio per Processi con cui ogni organizzazione è in pratica chiamata a ridisegnare sé stessa, travalicando strutture più tradizionali quali quella dell’organizzazione per funzioni. L’approccio per processi, tipico della tradizione ingegneristica, è quello per cui un processo è definito da un insieme di attività correlate che effettuano la trasformazione di elementi che entrano in elementi che escono, sottostando a vincoli e potendosi avvalere di risorse; l’interazione tra processi avviene quindi naturalmente, semplicemente prendendo in input gli elementi che escono dall’output di un altro processo.

Fig. 3 – Rappresentazione di un Processo A stretto rigore, l’output di un processo potrebbe rappresentare un vincolo per altri processi, piuttosto che un semplice input, oppure si potrebbero avere più uscite, qualcuna che diventi ingresso e altre risorse, le possibilità sono numerose poiché tutto dipende dalle caratteristiche effettive della struttura che va rappresentata. Quello che è certo è che la rappresentazione pedissequa di un Sistema osservando minuziosamente le quattro classi di entità presenti e le reciproche ricadute tra processi rende estremamente complessa la rappresentazione e ancor più il suo effettivo utilizzo pratico.

PROCESSO

vincoli

risorse

input output

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Fig. 4 – Interazione tra Processi Con solo tre processi in gioco, l’aver cominciato a diversificare le modalità di interazione tra essi offre subito idea di una crescita, forse esponenziale, della complessità. La ISO 9000:2000 infatti spende alcune parti descrittive per incoraggiare ad una specie di semplificazione dello strumento, tramite la confluenza delle risorse nell’insieme in input e, simmetricamente, dei vincoli in output; ora questa interpretazione trova effettivamente corrispondenza logica nei fatti poiché, se è certamente vero che un processo di fatto mette in trasformazione ciò che riceve in ingresso insieme alle risorse, che consuma, è altrettanto plausibile che il prodotto in uscita dalla trasformazione, per quanto vincolante, di fatto sarà comunque trattato dal processo interagente come elemento in ingresso. In sostanza il modello è effettivamente riconducibile alle sole classi di entità input e output, senza perdita di informazioni. Ora questa dissertazione, che può apparire squisitamente di sapore accademico, è motivata da un fatto fondamentale con cui si dovranno confrontare tutti coloro che avessero l’obiettivo di conformarsi a questo standard: è infatti richiesto in maniera cogente che tutto ciò che transita attraverso un processo offra carattere di misurabilità, il che equivale a confrontare un valore che rappresenti un input con un valore che rappresenti un output. La Misurazione, per banale che possa essere l’algoritmo di calcolo prescelto, può quindi essere ricondotta a due soli punti di osservazione per processo, facilitando sicuramente il processo di Monitoraggio continuo che la norma vuole dichiaratamente indurre. Come è tradizione in ambito ISO, la norma non obbliga in nessun modo verso scelte operative di un tipo piuttosto che di un altro; vale la consueta regola per cui sarà l’organizzazione protagonista a scegliere strumenti adatti in base alle proprie caratteristiche e dotazioni, e sarà l’organizzazione a dichiarare i propri obiettivi intermedi, di percorso, con l’unico obbligo di corrispondere agli intenti dichiarati. Nella Terza Parte avremo ampiamente modo di verificare le opportune modalità di applicazione di strumenti idonei e funzionali a mettere in pratica, quanto meno in una configurazione di avviamento, ognuno dei fondamenti che emergono dalla prima lettura di questo nuovo standard, entro quello che sarà il contesto in esame.

input i

output k2

input j1

input j2

input k

vincoli i

vincoli k

vincoli j

output i2

output i1

output j

risorse k

risorse i

output k1

risorse j

PROCESSO i

PROCESSO k

PROCESSO j

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4 – Sintesi sull’evoluzione dei Servizi Educativi a gestione Enti Locali Questo paragrafo riassume il percorso storico che hanno avuto in Italia le strutture dedicate ai Servizi Educativi limitatamente all’età prescolare dei bambini, in età da zero a sei anni, con particolare riferimento ai servizi per la prima infanzia, la fascia da zero a tre anni. Anche in questa circostanza, senza l’ambizione di tracciare esaustivamente un quadro storiografico che rinviamo ad opere maggiormente dedicate, svolgiamo questo itinerario unicamente per ricavare indicazioni di fondo sul processo di conferimento della responsabilità di gestione dei servizi di questo tipo agli enti locali, in particolare alle amministrazioni comunali10. Bisogna innanzi tutto osservare che in Italia i servizi che consideriamo devono essere distinti in funzione della fascia di età dei bambini: per l’età da zero a 3 anni esistono attualmente gli Asili Nido, a gestione Comunale o privata, mentre per la fascia successiva, da 3 a 6 anni, esistono le Scuole dell’Infanzia (ex Scuole Materne) le quali sono distribuite tra la gestione Comunale, privata e Statale. 4.1 – L’Opera Nazionale Maternità e Infanzia Appena tre anni dopo l’ascesa del Fascismo al governo, nel 1925 nasce una struttura che opera coinvolgendo la fascia di età da zero a 3 anni; l’Onmi, Opera Nazionale Maternità e Infanzia. Ma lo spirito è tipicamente quello dominante l’epoca, l’indirizzo e le motivazioni non sono ispirate a finalità educative che ancora sono lontane dal fare la loro comparsa riguardo a questa fascia d’età, si tratta fondamentalmente di una delle tipiche Organizzazioni eticamente assistenziali aventi per oggetto di intervento primario non tanto i bambini quanto le donne incinte, le puerpere, le madri. L’Onmi si limita al perseguimento di scarni principi fondamentali; la tutela della salute della madre costituisce una garanzia per la salute dei figli, bisogna perseguire l’incoraggiamento e l’educazione all’assunzione delle responsabilità materne. Di pari passo viene coniato il concetto di madre meritevole, disponibile ad allattare e a lasciar controllare il proprio comportamento, la propria moralità, che diviene il requisito cogente per accedere ai servizi offerti dall’Onmi. Questa concezione, l’unica che abbia trovato una applicazione con origine non recente rispetto alla fascia d’età che consideriamo, fa intuire che in realtà nel paese l’idea di affidare un bimbo di quell’età fuori dalla famiglia era ammissibile unicamente in presenza di condizioni estreme, di drastico bisogno, diversamente dalla mentalità corrente riguardo alla fascia successiva per la quale, nonostante il persistente primato della famiglia come istituzione educativa, poteva essere in qualche modo più ordinaria l’idea di un asilo immediatamente prescolare, allora sì, con qualche barlume di finalità pedagogica. 4.2 – La legge 1044 L’Onmi resta di fatto in vita molto più a lungo del Regime. Sopravvive come unico servizio dedicato a donne incinte, puerpere, neonati e bambini piccoli, fino alla fine degli anni sessanta, capillarmente ramificata soprattutto nelle campagne e nelle piccole città, articolata in Consultori Famialiari e Asili Nido. Molte delle sue strutture saranno in seguito utilizzate e mantenute per la riedizione dei servizi. Inoltre l’Onmi continua ad essere un servizio a finanziamento statale e, sul piano delle strutture per i bambini, l’unica alternativa dal dopoguerra agli anni settanta restano i Nidi Aziendali, finanziati quindi privatamente, di supporto immediato alle lavoratrici madri che non sono tutelate legislativamente. In Italia quindi, ancora per molto tempo, l’idea che un Asilo Nido possa avere spessore più profondo, più centrale, che possa costituire un luogo essenziale per lo sviluppo, non emerge fino agli anni delle grandi prese di coscienza, della contestazione e delle ribellioni culturali. Infine, nel 1971 sono varate quasi contemporaneamente due leggi che, rispondendo ad obiettivi paralleli e di fatto non più derogabili, convergono sulla materia e sanciscono l’inizio di una nuova direzione. La legge 1204, sulle lavoratrici madri, è quella che da origine alle applicazioni di tutela ancora vigenti a tutti i livelli di contrattazione collettiva.

10 La fonte principale per le notizie storiche e legislative di questo paragrafo è costituita dal testo Mutamenti della Famiglia e Politiche Sociali in Italia, di Chiara Saraceno, ed. Il Mulino.

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La legge 1044 è quella che affida ufficialmente l’istituto dell’Asilo Nido a finanziamento pubblico alla gestione degli Enti Locali, disponendo inoltre la riorganizzazione del sistema di finanziamento. Ora questa mutazione di competenza non di per sé è risolutiva, nonostante il riconoscimento implicito che viene conferito alla necessità di garantire una risposta pubblica in termini educativi. Il Nido passa finanziariamente sulle spalle dei Comuni e questi sovente rallentano gli aspetti attuativi, giocando anche sul fatto che non necessariamente l’evoluzione culturale che può aver sotteso una condizione favorevole all’entrata in vigore della legge 1044, trovi in effetti corrispondenza in una più raffinata domanda del servizio, che sia distante dalla necessità di parcheggiare i figlioli per l’orario del lavoro, che somigli ad un riconoscimento piuttosto delle necessità relazionali in quella età. La strada per un pieno riconoscimento della funzionalità del servizio rispetto alle ricerche sullo sviluppo umano è ancora difficilmente praticabile perché cosi è di fatto quella del pieno riconoscimento della teoria stessa. Sta di fatto che l’Onmi tramonta nel 1975 per il ramo consultoriale, che passa al sistema sanitario nazionale, esaurendo invece in modo diversificato e disomogeneo il ramo Asili Nido, in modo dipendente dalle diverse realtà, dalle diverse disponibilità finanziarie dei comuni e, soprattutto, dalle diverse decisioni politiche delle amministrazioni. 4.3 – Gli Asili Nido e l’Articolazione Regionale A causa della difficoltà nel prendere atto di quanto è inesorabilmente emerso dalla Ricerca nell’ultimo secolo almeno, tutt’oggi l’Asilo Nido Comunale è un servizio a domanda individuale, a carico dell’utenza per circa il 30% del costo: tutt’oggi i Comuni non sono istituzionalmente tenuti alla sua erogazione.

Questo carattere continua a tenerlo distinto da altri servizi erogati dall’ente stesso, sui quali difficilmente si supera l’addebito di qualche ben minima quota parte contributiva alle voci di spesa. In altre parole il servizio è ancora opzionale, un lusso, un di più che si può tentare di favorire, ma resta non indispensabile, creando tra l’altro difficoltà sia individuali che collettive in merito ad una obbligatorietà che l’ente dovrebbe avere in relazione all’insieme degli aspetti migliorativi e, soprattutto, di espansione e allargamento dell’offerta al crescere della domanda. D’altra parte c’è da supporre che anche questa, come la legge 1044, debba essere una riflessione di competenza dello Stato nel nome di una uniformità di intenti e di un nuovo mandato di progresso agli enti sottostanti. In ogni caso risalgono ai primi anni settanta una serie di disposizioni regionali in attuazione della 1044, finalizzate a definire termini di finanziamento e definizioni di scopi e ruoli, non ultima l’autorizzazione alle costruzioni o alle ristrutturazioni dei siti ex Onmi. 5 – Le strutture educative nel comune di La Spezia A conclusione della Prima Parte giungiamo finalmente alla definizione del contesto entro cui sarà sviluppata la Parte Applicativa, con la necessaria disamina dei vincoli normativi riferiti alle leggi Regionali e al Regolamento Comunale sulla materia. 5.1 – L’Organizzazione del Comune di La Spezia Negli ultimi 5 anni il tasso di crescita della popolazione nel Comune di La Spezia ha visto, come nel territorio provinciale, un assestamento intorno allo zero, con qualche picco negativo compensato nell’ultimo periodo solo dal flusso immigrativo. Il Comune conta circa 110.000 abitanti e la provincia circa il doppio.

La città non offre facili condizioni di lavoro: con l’eccezione dell’industria del settore armiero, del Porto Mercantile e dell’Arsenale Militare11 che sono ultimi baluardi del lavoro stabile e a tempo indeterminato, il resto dei siti industriali rilevanti continua ad attraversare difficoltà e persistenti stati di crisi. E’ consistente il cosiddetto indotto dell’industria che però reagisce necessariamente in modo correlato agli andamenti dei clienti principali. E’ molto sviluppato il settore commerciale, tradizionale risorsa della città che da porto militare e mercantile ha sempre mantenuto una notevole quantità di botteghe, negozi e mercati capaci di rispondere alle necessità dei viandanti e dei militari in

11 Fondato nel 1865 su direttiva del conte di Cavour.

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transito, ed è consistente il turismo estivo a causa della conformazione geofisica dei luoghi limitrofi, alcuni piuttosto noti ovunque12. La città non esibisce particolare affezione verso la propria storia, per quanto esigua possa essere, come dimostra il fatto che la sua dimensione culturale è tutt’altro che rilevante; si è dotata di nuove strutture museali grazie ad alcune donazioni, e soltanto pochi anni fa ha definitivamente reso praticabile l’unico teatro civico cittadino. Gran parte del territorio circostante, collinare oppure direttamente sul mare, è proprietà secolare della Marina Militare. La Struttura Organizzativa dell’Amministrazione Comunale di La Spezia è quella rappresentata in Fig. 5.

SINDACO GIUNTA COMUNALE

Ufficio di Gabinetto

DirettoreGenerale

SegretarioGenerale

Area Organizzativa 1 Sviluppo Organizzativo Informatico - Finanziario

Area Organizzativa 3 Servizi Tecnici - Opere

Pubbliche

Area Organizzativa 2 Sviluppo Sociale -

Educativo e Culturale

Area Organizzativa 4 Programmazione Economica e

Territoriale - Partecipazioni Comunali

Dipartimento Affari Generali

Dipartimento Corpo di Polizia Municipale

Fig. 5 – Assetto Organizzativo del Comune della Spezia13 In generale la struttura degli Enti Locali è regolamentata dal Testo Unico in materia di Ordinamento degli Enti Locali (TUEL), il Decreto Legislativo n. 267 del 18 agosto 2000, il quale si ispira a diverse legiferazioni previgenti, tra le quali alcune abbastanza note come le Bassanini14 che per prime hanno introdotto alcune figure, responsabilità e modalità fortemente riferite alle filosofie manageriali di tipo industriale. Il TUEL definisce infatti modalità e contenuti del conferimento di funzioni dirigenziali15, applicando alcune novità indubbiamente interessanti, almeno a livello teorico, come ad esempio il carattere di revocabilità dell’incarico dirigenziale che risulta nominalmente subordinato ad un rendimento che, nei termini del contesto, è correlato al raggiungimento di obiettivi prefissati.

12 Da un capo all’altro del Golfo di La Spezia sono ancora visibili nei centri lungo il litorale segni, targhe, riconoscimenti, addirittura ville e costruzioni, che riconducono ai soggiorni dei leggendari poeti inglesi George Gordon Byron e Percy Bysshe Shelley, che visse in S.Terenzo con la moglie Mary Godwin per alcuni mesi del 1822, fino al giorno della sua prematura scomparsa in mare durante una traversata di ritorno da Viareggio sorpreso da una tempesta di inenarrabile violenza. Shelly sognò così di raggiungere l’amico fraterno John Keats, poeta al pari, morto l’anno prima per tisi, nella città di Roma. 13 Deliberazione G.C. n. 167 del 13 maggio 2002. 14 Le leggi 59/1997, 127/1997, il DL 80/1998 e la legge 191/1998. 15 Art.107. Funzioni e responsabilità della dirigenza, Art. 109. Conferimento di funzioni dirigenziali.

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La figura del Direttore Generale è ugualmente una delle novità formalmente sancite dal TUEL16, come opzione per tutti i Comuni con almeno 15000 abitanti; questa figura detiene competenze di rilievo, quali la sorveglianza sulla gestione dell’ente perseguendo livelli ottimali di efficacia e di efficienza, la predisposizione del Piano Dettagliato di Obiettivi17 e della proposta di Piano Esecutivo di Gestione18; anche il Direttore Generale è soggetto a revoca del mandato. Rispetto alla struttura che si presenta in Figura 5 i due tratti che abbiamo richiamato dal TUEL, costituiscono gli aspetti più particolari dell’organizzazione del Comune di La Spezia; si osserva infatti che il ruolo operativo del Direttore Generale è chiaramente a competenza globale rispetto a tutte le aree operative (organizzative), e si osserva in particolare che l’insieme dei servizi è ripartito in due dipartimenti abbastanza tradizionali e quattro aree di alto livello, che sono evidentemente dirette ciascuna da un responsabile che risponde alla direzione. Questa figura responsabile è detta Capo-Area, la cui istituzione, al pari della definizione stessa di area, non è derivata da obblighi legislativi ma da scelte locali interne; è la figura dirigenziale a cui facevamo riferimento parlando della revocabilità della posizione, ed è lo stesso Art.109 che, descrivendo le possibili cause di revoca della dirigenza, chiarisce come funziona di fatto l’interfaccia del Capo-Area, che non risponde direttamente soltanto al Direttore Generale, ma anche alle altre strutture politiche dell’amministrazione e, particolarmente, all’Assessore di riferimento. A causa della ripartizione dei servizi sulle sole quattro aree definite nella struttura, consegue quindi che un Capo-Area può dover rispondere a più assessori, in funzione della tipologia delle attività inerenti il suo incarico. Gli Assessorati infatti si definiscono attualmente in funzione delle deleghe che detengono, al punto da perdere quelle che potevano essere le denominazioni di uso comune, più classiche e di semplice individuazione. Per cominciare quindi è utile farsi un’idea dell’insieme delle competenze ufficialmente definite dalla Giunta nella forma delle deleghe assegnate ad ogni Assessorato; questo insieme è per lo meno descrittivo di quelli che sono gli intendimenti politici dell’Amministrazione, di quelle che essa giudica come priorità essenziali del proprio mandato. La Tabella 1 riassume la distribuzione delle deleghe seguente al recentissimo rinnovo elettorale della giunta19.

16 Art. 108. Direttore Generale. 17 Art. 197. Modalità del controllo di gestione. 18 Art.169. Piano Esecutivo di Gestione. 19 Le ultime elezioni amministrative risalgono appena al 26 maggio 2002.

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Assessorato Delega Assessorato 1 - Programmazione e Pianificazione del Territorio

- Politiche Comunitarie - Marketing Territoriale

Assessorato 2 - Rapporti con Istituzioni e Servizi Culturali - Sistema Formativo - Università

Assessorato 3 - Mobilità Urbana - Trasporto Pubblico Locale - Parcheggi e Infrastrutture

Assessorato 4 - Buona Occupazione - Cooperazione Internazionale - Politiche dei Gemellaggi - Servizi Demografici - Segreteria Generale e Rapporti col Consiglio Comunale

Assessorato 5 - Politiche per l’Ambiente - Progetto La Città Verde - Crescita della Democrazia Partecipata - Decentramento - Diritti degli Animali

Assessorato 6 - Politiche del Welfare - Politiche Sociali - Progetto La Città dei Bambini

Assessorato 7 - Turismo - Polizia Municipale - Progetto Sicurezza Urbana - Progetto La Città dei Giovani - Pari Opportunità e Cultura delle Differenze - Tempi e Orari della Città

Assessorato 8 - Risorse Umane e Organizzative - Progetto La Città Digitale - Bilancio - Patrimonio - Partecipazioni Comunali

Assessorato 9 - Qualificazione Urbana - Protezione Civile - Servizi Cimiteriali

Assessorato 10 - Lavoro e Sviluppo Economico Assessorato 11 - Sport e Impiantistica Sportiva Consigliere Delegato - Politiche di Promozione del Diritto alla Salute SINDACO - Piano Strategico

- Comunicazione e Promozione Immagine della Città - Valorizzazione dell’Identità e della Memoria Cittadina

Tab. 1 – Distribuzione delle Deleghe nell’Amministrazione Comunale di La Spezia

Come si osserva già a questo livello alto, in alcuni casi esiste una certa disomogeneità tra le deleghe che riferiscono ad un singolo assessore; ma questa è situazione abbastanza comune se si pensa che la loro assegnazione è di fatto l’ultimo passaggio seguente l’elezione che abbia ancora una consistenza fondamentalmente politica e non è pensabile che abbia luogo sulla mera base di analisi di sistema. Avremo modo di osservare che rispetto all’organizzazione delle aree non esiste una corrispondenza biunivoca sensibile tra le deleghe e i servizi distribuiti, anzi spesso l’incrocio tra l’insieme dei servizi di competenza dell’area di interesse e la distribuzione delle deleghe di Tabella 1 porta inevitabilmente ad individuare l’esistenza di più linee di comunicazione parallele tra il Capo-Area e tutti i suoi assessori di riferimento, cosa che indurrà ad interrogarsi sui fondamenti dei criteri che hanno guidato le scelte di accorpamento dei servizi e, in qualche caso, sulla definizione stessa di certi servizi.

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Per il momento abbiamo comunque una quantità sufficiente di elementi per tracciare una rappresentazione del flusso delle attività implicite nell’assetto organizzativo di Figura 5, nei termini dei processi che la struttura stessa sottende.

CAPOAREA n

DIRETTOREGENERALE

SINDACO POSIZIONEORGANIZZATIVA

AREA nGIUNTA

Elab PIano Obiettivi +Proposta Piano

Esecutivo

AttuazioneObiettivi

Previsioni di SpesaIndirizzi Politici di Progetto

Piano Dettagliato ObiettiviProposta Piano Esecutivo di GestioneRiesame

Piani

[ no ]

osservazioni

Riunione di G I U N T A

AssegnazioneProgetti alle Aree

[ ok ] Progetti, Obiettivi, Budget

GestioneOperativa

ValutazioneInformazioni

Info di Ritornodal Campo

Direttive Operative

RiesameRilevazioni

Costi - ProventiRisultati

azioni correttiveazioni migliorative

Riesame Efficacia Efficienza

risultati

Deliberazione Revoche

[ no ]

[ ok ]

azioni correttive azioni migliorative

Fig. 6 – Processi della Gestione ad alto livello dell’Amministrazione Comunale di La Spezia Utilizzando dunque l’approccio per processi che ci accompagnerà fino al termine del lavoro, la figura evidenzia le relazioni tra i processi individuati attraverso la definizione di elementi in ingresso e in uscita da essi; il flusso, che può essere letto anche in termini di successione temporale delle fasi, distribuisce tra quattro attori principali i processi medesimi dei quali sicuramente alcuni meriteranno una decomposizione a livello di dettaglio.

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Come si vede i processi descritti si svolgono rispettando i passaggi obbligati stabiliti dal TUEL, anche in merito agli oggetti che costituiscono elementi in ingresso o in uscita. Osserviamo che, sulla base della rappresentazione che la Struttura Organizzativa da di sé stessa (Fig.5), esistono teoricamente ben tre momenti di riesame sui risultati, che rappresentano una verifica stratificata dal basso verso l’alto; dei tre momenti quello più critico è certamente l’ultimo, il Riesame Efficacia Efficienza nella figura, che compete alla Giunta e che può determinare, in caso di esito negativo, l’applicazione delle procedura di revoca del Direttore Generale o dei Dirigenti. I due riesami che precedono, Valutazione Informazioni ad opera del Capo-Area e Riesame Rilevazioni ad opera del Direttore Generale, sono invece interpretabili in un’ottica che potrebbe ricordare l’idea del Miglioramento Continuo20, supponendo che possano dare luogo iterativamente ad azioni correttive o migliorative, esonerandoci quindi dall’obbligo di rappresentare le condizioni di esito positivo o negativo. Risulta a sé stante il Riesame dei Piani, che compete alla Giunta, il quale rappresenta semplicemente l’avviamento delle azioni operative con messa a punto e perfezionamento dei Piani necessari, con i tempi di sviluppo opportuni. Nel suo insieme, il sistema della Figura 6, un processo che trasforma gli Indirizzi Politici di Progetto e le Previsioni di Spesa all’ingresso in Risultati all’uscita, risulta notevolmente articolato con due nodi esplicitamente condizionali e due nodi condizionali in modo implicito. In generale il Sistema è quindi necessariamente suscettibile di instabilità per fisiologia strutturale e, da un punto di vista di efficacia ed efficienza, è molto probabile che questo carattere possa manifestarsi maggiormente attraverso una accorta analisi dei tempi di attraversamento tra i sotto-processi che non in base al riscontro effettivo dei risultati conseguiti che, alla fine, possono in qualche modo apparire soddisfacenti. Si tratta di un fenomeno empiricamente riscontrato in qualunque contesto che si caratterizzi per la scarsa linearità della sequenza operativa che presenta: la probabilità che il processo di Gestione descritto consegua un esito finale ottimo è una probabilità composta che dipende dal successo di tutti i nodi condizionali, ognuno dei quali è considerabile dal punto di vista probabilistico come evento indipendente le cui probabilità di successo non sono alterate dall’esito di eventi più a monte.

La probabilità di successo del processo nel suo insieme sarà quindi pari al 100% solo se ognuno degli eventi consegue individualmente il 100% dei successi. L’analisi dettagliata della vulnerabilità potenziale di un simile Sistema, per quanto interessante e consigliabile dal momento che almeno il 50% degli aspetti strutturali non sono originati da obbligazioni di legge, non rientra tra i propositi diretti del presente studio, che affronterà qualcosa di simile, semmai, ad un livello sottostante in fase di decomposizione del Sistema. Possiamo dunque affrontare la visione di dettaglio dell’area organizzativa oggetto del nostro interesse:

l’Area Organizzativa 2 – Sviluppo Sociale, Educativo e Culturale.

20 Paragrafo 3.6.

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5.1.1 - Area Organizzativa 2 – Sviluppo Sociale, Educativo e Culturale

Area Organizzativa 2

Sviluppo Sociale Educativo e Culturale

Direzione Istituzione per i Servizi Culturali

Posizione Organizzativa

Servizi Sociali

Servizi di Istruzione Pubblica

Città dei Bambini

Servizio Cimiteri

ServizioPari Oppertunità

Gemellaggi

ServizioPoliticheAbitative

ServizioUniversità

Sport

Servizio Programmazione

Sanitaria

Cultura Museo Lia

Posizione Organizzativa

Posizione Organizzativa

Posizione Organizzativa

Posizione Organizzativa

Posizione Organizzativa

PosizioneOrganizzativa

Uffici Amministrativi

Strutture Educative

Fig. 7 – Area 2 Sviluppo Sociale Educativo e Culturale A che cosa serve esattamente un’area organizzativa?

Quale può essere esattamente la sua definizione? Se, come sembra, dobbiamo pur sempre tener presente lo spirito dei contenuti più innovativi delle leggi più recenti in materia di enti locali, con particolare riferimento a quella sorta di ispirazione a modelli organizzativi aziendali che si respira un po’ dappertutto negli ultimi anni, anche se spesso unicamente a supporto di deliberazioni di favore a processi di privatizzazione, viene spontaneo, per chiunque disponga di minima familiarità con contesti industriali, assimilare il significato di un’area organizzativa quale quella che si presenta in Fig.7, al modello organizzativo aziendale della Unità di Business.

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Nel contesto dei sistemi industriali moderni, una Unità di Business altro non è che un insieme primario di attività finalizzate ad uno specifico prodotto, o insieme di prodotti omogenei, che presenta la caratteristica di intersecare parzialmente o globalmente un altro insieme: quello delle risorse dei diversi settori aziendali. In pratica l’Unità di Business attraversa nuovamente la struttura organizzativa aziendale, e durante questo attraversamento si avvale del supporto, dell’appoggio, dei settori toccati, utilizza risorse e se necessario ne alloca, richiede ai settori disponibilità di tempi e li pianifica, e tutto questo in modo strettamente finalizzato ai propri obiettivi prefissati e pianificati. I settori aziendali, dal canto loro, recepiscono l’Unità di Business osservando una scala di priorità stabilita al livello più alto, quello direzionale, disponendosi in maniera opportunamente distribuita rispetto all’insieme delle scadenze loro imposte dal complesso delle diverse Unità di Business. Solitamente esiste un responsabile dell’Unità di Business, che ha il compito di pianificare armonicamente rispetto alle priorità stabilite l’insieme delle proprie attività e necessità, ha il compito di coordinare le fasi operative, ma soprattutto di tenere il completo controllo sulla redditività dei programmi e di rispondere, infine, dei risultati in termini di funzionalità delle operazioni, e di efficienza rispetto alle previsioni di spesa. Poiché l’Unità di Business riguarda insiemi di prodotti omogenei, spesso, anzi in certi settori diremmo puntualmente, essa può essere a sua volta suddivisa nelle cosiddette Linee di Business, una per ogni singolo prodotto.

Fig. 8 – Unità di Business, Linee di Business e Settori Aziendali Il modo tradizionale per rappresentare la correlazione tra Unità di Business e risorse dei settori aziendali è quello a matrice, in cui i diversi programmi, le linee di business, appartenenti omogeneamente ad una stessa Unità di Business, si sviluppano dal basso verso l’altro intersecando durante la salita i diversi settori aziendali, disposti con sviluppo orizzontale, uno sull’altro. Poiché in generale i settori devono operare per più Unità di Business, ognuna delle quali attingerà alle loro risorse secondo tempistiche articolate e pilotate dalle pianificazioni seguenti le definizioni contrattuali, è uso comune, per i responsabili di tutte le componenti in gioco, impiegare i diagrammi Gantt per le definizioni pianificate dei tempi.

Promozione e Vendite

Produzione

Assicurazione Garanzia Qualità

Amministrazione Finanza

Approvvigionamento

Gestione Materiali

UNITA’ di BUSINESS A

Linee BusinessSettori

Aziendali

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Ma qual è il senso di questo modello organizzativo, o meglio, in cosa risiede il suo beneficio? Senza eccedere nei dettagli possiamo tranquillamente sostenere che i benefici sostanziali risiedano principalmente nella migliore capacità di controllo degli sviluppi programmati e, soprattutto, nella convergenza delle competenze su un territorio operativo caratterizzato, per definizione, da forte omogeneità. In altre parole, il responsabile di una Unità di Business, ad esempio, di articoli in plastica, sarà certamente una figura che abbia maturato notevole competenza su questo tipo di prodotti in modo altrettanto trasversale rispetto ai diversi settori aziendali, conoscendo il più possibile ogni aspetto realizzativo del prodotto, dalla progettazione, all’approvvigionamento, alla fabbricazione. Il senso primo del modello risiede quindi nella capacità di cogliere tutte le problematiche specifiche di una linea di prodotto, di business appunto, in qualunque fase di sviluppo ci si trovi. Questa è la condizione necessaria per i compiti di monitoraggio e controllo sull’andamento del programma. L’omogeneità delle linee di business, è dunque il fattore fondamentale del modello, il cui successo particolare, negli ultimi anni, si deve alla efficacia che ha dimostrato rispetto alle implicazioni più tipicamente di ordine finanziario, che richiedono una capacità di controllo preventivo particolarmente marcata. Tornando quindi alla struttura esibita in Fig. 7, se quello appena descritto può rappresentare anche da lontano un riferimento motivazionale per le scelte organizzative operate dal Comune di La Spezia, viene naturale effettuare alcune riflessioni.

Le 4 aree organizzative (e i 2 dipartimenti) che fanno capo al Direttore Generale del Comune di La Spezia, sono entità assimilabili alle Unità di Business descritte poc’anzi; ci si attende cioè che ognuna di esse si articoli in un certo numero di linee di prodotto (di business) caratterizzate da forte omogeneità, tale da giustificare la presenza, per ciascuna unità, per ciascuna area, di un responsabile con specifica competenza sulla materia e adeguata capacità di controllo su tutti i processi inerenti.

A dire il vero tutte le aree, ad eccezione della 2 che ci interessa maggiormente, sono definite e denominate in modo che corrisponde alle nostre aspettative, che lascia indovinare una certa quale uniformità dei servizi che comprendono.

L’area 2 fa eccezione, già nella denominazione che risulta, invero, estremamente estesa e di largo spettro. La Fig.7 ci da ampiamente conferma di un carattere di estrema difformità al livello delle 9 tipologie di servizio,

che nel nostro parallelo dovremmo interpretare come linee di business per esprimere ogni prodotto distinto; in pratica risulta una notevole carenza sul piano della omogeneità che ci attendevamo come dote intrinseca alla unità di business, ovvero all’area 2. Curiosamente, procedendo nella discesa di un livello verso il basso, osserviamo piuttosto che il modello che abbiamo descritto trova un adattamento al livello del servizio che costituirà il centro dello studio applicativo, ovvero il servizio dedicato alla Istruzione Pubblica. Questo, se interpretato come unità di business, prevede una figura responsabile per competenza e si dirama in sotto-servizi assolutamente omogenei e comunque inerenti strettamente la sostanza del servizio a cui si riferiscono; la Fig.7, per concisione, non evidenzia alcuna distinzione tra le strutture educative, distinzione che invece esiste e che, come già anticipato, raggruppa Asili Nido da una parte e Scuole dell’Infanzia (età da 3 a 6 anni) dall’altra; di fatto quindi questi due settori unitamente al terzo visibile in figura relativo alle attività amministrative correlate, sono paritari dal punto di vista strutturale e possono tranquillamente essere assimilati a quelle che abbiamo descritto come linee di business, ovvero, in termini finalmente più comprensibili, siamo di fronte a 3 prodotti (sotto-servizi) dell’unità di business Istruzione Pubblica (servizio). In conclusione dobbiamo rilevare l’esistenza di una complessa struttura orizzontale di natura disomogenea, articolata in 9 servizi primari con tipologia radialmente distribuita, tutti facenti capo ad un’unica figura responsabile che difficilmente possiamo supporre di piena competenza trasversalmente a tutti i 9 macro-servizi, a meno di non essere deputata ad una minima parte dei compiti necessari per la loro funzionalità. Da un punto di vista strutturale il Sistema, a questo livello, raggiunge senz’altro una complessità abnorme non giustificata in termini di analisi organizzativa, e di sicuro impatto sui costi di gestione.

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Per concludere la panoramica sull’area 2 non resta che proporre l’incrocio tra le deleghe di tabella 1 e l’insieme dei 9 macro-servizi appartenenti all’area stessa, per comprendere quale sia la rete di comunicazione verso gli assessori di riferimento.

Assessorato Delega Servizio di Area 2 Assessorato 1 Programmazione e Pianificazione del Territorio Politiche Comunitarie Marketing Territoriale Assessorato 2 Rapporti con Istituzioni e Servizi Culturali Cultura – Museo Lia Sistema Formativo Università Servizio Università (A1) Assessorato 3 Mobilità Urbana Trasporto Pubblico Locale Parcheggi e Infrastrutture Assessorato 4 Buona Occupazione Cooperazione Internazionale Politiche dei Gemellaggi Gemellaggi (B1) Servizi Demografici Segreteria Generale e Rapporti col Consiglio Comunale Assessorato 5 Politiche per l’Ambiente Progetto la Città Verde Crescita della Democrazia Partecipata Decentramento Diritti degli Animali Assessorato 6 Politiche del Welfare Programmazione

Sanitaria Politiche Sociali Servizi Sociali

Istruzione Pubblica Politiche Abitative

Progetto La Città dei Bambini Città dei Bambini Assessorato 7 Turismo Polizia Municipale Progetto Sicurezza Urbana Progetto La città dei Giovani Pari Opportunità e Cultura delle Differenze Pari Opportunità (B2) Tempi e Orari della Città Assessorato 8 Risorse Umane e Organizzazione Progetto La Città Digitale Bilancio Patrimonio Partecipazioni Comunali Assessorato 9 Qualificazione Urbana Protezione Civile Servizi Cimiteriali Servizio Cimiteri Assessorato 10 Lavoro e Sviluppo Economico Assessorato 11 Sport e Impiantistica Sportiva Sport (A2) Consigliere Delegato Politiche di Promozione del Diritto alla Salute SINDACO Piano Strategico Comunicazione e Promozione Immagine della Città Valorizzazione dell’Identità e della Memoria Cittadina

Tab. 2 – Riferimento Incrociato tra i Servizi di Area 2 e le Deleghe dell’Amministrazione Comunale di La Spezia

L’Area 2 – Sviluppo Sociale, Educativo e Culturale gestisce un insieme di servizi riferiti a ben 6 Assessorati su 11. Addirittura esistono 2 servizi che rispetto agli assessorati di riferimento si divaricano in due rami del tutto privi di parentela: il servizio Università – Sport (segnalato in tabella con i rami A1 e A2) e il servizio Pari Opportunità – Gemellaggi (segnalato in tabella con i rami B1 e B2).

L’incrocio in Tabella 2 conferma dunque la sensazione che l’Area 2 sia un contenitore contraddistinto da una logica gestionale disorganica, con ambiguità persino nella definizione dei servizi; un comparto strutturalmente ad alto rischio per quanto riguarda la possibilità di una erogazione efficace ed efficiente dei servizi.

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5.2 – Le leggi Regionali Prima di entrare nel dettaglio delle strutture per l’infanzia del comune di La Spezia è necessario comporre il quadro normativo specifico localmente al territorio. Come già anticipato, scorrendo l’evoluzione recente delle strutture per la prima infanzia in Italia, è stata la legge 1044 che nel 1971 ha sancito la competenza in materia di Asili Nido a carico degli Enti Locali; da ciò consegue che i primi passaggi in esecuzione del mandato spettassero per statuto alle Regioni. La definizione legislativa a livello regionale attraversa un intervallo di tempo piuttosto ampio, per motivi che non è semplice ricostruire ma che senza dubbio intersecano interessi e convenienze tattiche degli enti locali coinvolti. E’ un fatto che la prima legge regionale ligure in risposta alla 1044 risale al 197321, mentre ci vogliono quasi altri ventidue anni per ottenere quella che è l’ultima normazione regionale di carattere generale sulla materia, la legge 64 del 05 dicembre 1994. Nel periodo intermedio, altre leggi regionali hanno nel frattempo consentito di avviare una certa operatività, a partire dalla autorizzazione alla costruzione di strutture o alla ristrutturazione di preesistenti strutture ex Onmi22. Per dare un’idea delle derivazioni che hanno infine portato alla legge 64/1994, tutt’ora vigente a pieno titolo, presentiamo un albero relativo alla generazione delle norme citate.

Fig. 9 – Albero della generazione delle leggi Regione Liguria sugli Asili Nido

21 Legge 4 del 19 febbraio 1973: Norme per la costruzione la gestione il controllo ed il finanziamento di asili nido. 22 Legge 22 del 19 maggio 1977.

Legge regionale 4/1973

Legge regionale 22/1977

Legge regionale 27/1984

delib regionale 582/1997 delib regionale 250/2000

Legge regionale 64/1994

Legge 1044/1971

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La legge 64/199423, a ventitre anni dalla 1044, definisce il cuore della vicenda. Sono stabiliti i principi generali che sottendono il significato, l’organizzazione, la gestione, la accessibilità al servizio, con 25 articoli strutturati secondo la rappresentazione della seguente Figura10. Legge Regionale 64/1994

TITOLO 1

TITOLO 4

TITOLO 3

TITOLO 2

Norme di Carattere Generale

Norme Transitorie e Finali

Compiti della Regione

Organizzazione e Norme per la Gestione degli Asili Nido

1 - Finalità e Principi

10 - Organizzazione 9 - Partecipazione e Tutela degli Utenti 8 - Programmi di Attività 7 - Gestione degli Asili Nido

6 - Servizi Integrativi 5 - Standard degli Asili Nido e Servizi Integrativi4 - Caratteristiche Strutturali

TABELLA A - Deroghe3 - Localizzazione 2 - Definizione e Compiti dell'Asilo Nido

Delibera 582/1997 - STANDARD STRUTTURALI

20 - Convenzioni 21 - Autorizzazione al Funzionamento

11 - Ricettività

16 - Attività di Promozione17 - Comitato Tecnico-Scientifico 18 - Composizione del Comitato Tecnico-Scientifico19 - Contributi Regionali

12 - Requisiti del Personale13 - Prestazioni Sanitarie e Vigilanza Igienico-Sanitaria14 - Programmi di Intervento Socio-Sanitario 15 - Vigilanza e Controllo

22 - Riconversione

4/197322/1977

23 - Norma Transitoria sulle Strutture Esistenti non a Gestione diretta24 - Abrogazioni 25 - Norma Finanziaria 27/1984

varie da 21/1988

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Fig. 10 – Struttura della Legge Regionale Ligure 64/1994 sugli Asili Nido

23 Disciplina degli asili - nido e dei servizi integrativi

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Nella figura sono evidenziati (con asterischi) gli articoli di particolare rilevanza in questa sede, soprattutto a causa della definizione di modalità, requisiti e obiettivi che costituiscono di fatto, tutt’oggi, i primi elementi vincolanti sulla gestione del servizio.

Sono definiti i compiti dell’Asilo Nido, vengono precisate le tipologie di utenza avente diritto che è inclusiva di apolidi e stranieri purchè stabilmente dimoranti nella regione, viene sottolineato il carattere socio-educativo in concorrenza con le famiglie, viene messo in luce l’impatto del servizio sullo sviluppo psico-fisico e sulla socializzazione del bambino, viene confermata la natura di supporto alle famiglie particolarmente riferita all’accesso delle donne al lavoro24.

Particolare interesse, ai fini del presente studio, rivestono quelle parti relative alla localizzazione e alle caratteristiche strutturali25 da una parte, per l’importanza che rivestono questi requisiti nella valutazione delle qualità fisiche, spaziali e ambientali delle strutture, e quelle relative alla gestione delle strutture dall’altra26, con particolare riferimento al personale, alla sua qualificazione, e soprattutto con riferimento alle modalità di partecipazione e tutela degli utenti, articoli quest’ultimi che legittimano definitivamente la costituzione dei Comitati di Gestione, organismi presenti in ogni struttura, composti da rappresentanze di tutti gli attori in gioco: Comune, Educatrici e personale, genitori, circoscrizioni e cosi via.

L’affermazione di una dimensione cooperativa tra ente e utenza, una dimensione di dialogo continuo tra i due poli, finalizzata ad una fluida comunicazione delle esigenze e, in maniera sottesa, ad una possibilità di controllo e verifica permanente da parte dei genitori, permea la legge un po’ dovunque.

Particolare rilievo inoltre presentano alcuni articoli dedicati allo svolgimento di attività gestionalmente primarie, quali la definizione annuale delle linee di indirizzo27, la definizione di un Regolamento per la comunicazione su esigenze e prestazioni28, e più in generale dedicati alle finalità promozionali orientate alla diffusione di una cultura più attenta ai temi dell’infanzia29.

La legge 64, di fatto, sembra disegnare un buon corredo di regole applicative per sistematizzare in modo occulato e puntuale la funzionalità dei Nidi liguri, nel rispetto di principi anche profondi e, soprattutto, ben rinviabili alla teoria pedagogica.

D’altra parte l’esperienza degli anni vissuti dai Nidi comunali di La Spezia, dimostra che buona parte dei principi sanciti dalla legge 64 ha trovato una applicazione spesso discutibile e a volte poco più che nominale, scarsamente rispondente nei fatti alle richieste della legge stessa.

In materia di localizzazione delle strutture, ad esempio, cioè in relazione alle dislocazioni rispetto al contesto urbano, l’esistenza di certe strutture testimonia di un possibile reiterato ricorso alle deroghe che la legge comunque prevede, quando le possibilità di scelta risultano alla fine troppo ristrette, pena la impossibilità di rispondere ad una crescita della domanda.

Più furbesca, se vogliamo, è risultata talvolta l’interpretazione che l’ente ha adottato in merito ai Comitati di Gestione, ridotti spesso a semplici riunioni genitoriali sotto sorveglianza, deputate a discussioni decisamente di sapore marginale, poco imparentate con quello che, secondo la legge 64, avrebbe dovuto essere il concorrere addirittura a definizioni di programma, ma per contro convocate puntualmente in sede di esame congiunto delle domande di ammissione per l’anno successivo, con evidente finalità di coprire le spalle dell’ente attraverso una condivisione di responsabilità con la componente genitoriale rispetto alle scelte fatte.

Facciamo infine un richiamo ad una delle Deliberazioni originate dalla legge 64, esattamente la 250 del 25/02/2000 su Descrittori di Qualità ed Organizzativi, riguardanti gli Asili Nido Pubblici e Privati riferita all’Art 5 comma 1 della 64. Il documento rappresenta il primo ingresso in ambito legislativo regionale delle tematiche qualitative attraverso la definizione di requisiti non irrilevanti che hanno quindi da due anni valore imperativo.

Questa è comunque la norma attualmente cogente per l’organizzazione e la gestione dei Nidi in Liguria, e

riteniamo che sia di giovamento tentarne una rappresentazione rispetto ai processi che implica e che proponiamo, ancora una volta, in modo distribuito tra i diversi attori coinvolti, chiamati in causa a chiare lettere dalla legge stessa.

Il flusso è quello contenuto nella seguente Figura11.

24 Art. 1 – Finalità e Principi, Art.2 – Definizione e Compiti dell’Asilo Nido. 25 Art.3 – Localizzazione, Art.4 – Caratteristiche Strutturali, Art.5 – Standards degli Asili Nido e dei Servizi Integrativi. 26 Gli articoli del Titolo 2, in particolare il 7, 8, 9, 10, 11 e 12. 27 Art. 8 – Programmi di Attività. 28 Art 9, comma 1. 29 Art. 2, comma 4, capo b.

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Definizione ORGANICO NIDO

AttivazioneORGANICO

NIDO

Definizione COORDINAMENTO Attivazione

COORDINAMENTO

Definizione REGOLAMENTO

per Info su STATO Servizio

DefinizioneRappresentanti

FAMIGLIE

Definizione ANNUALE Linee Indirizzo

ElaborazionePROGRAMMA

ATTIVITA'

Approvazione

ErogazioneSERVIZIO

InterazioneFAMIGLIE

VERIFICA ANNUALE STATO SERVIZIO

Nomina COMITATO di GESTIONE

Definizione Rappresentanti

COMUNE Attivazione

COMITATO diGESTIONE

[ no ]

[ ok ]

Art 2, c2

Art 2, c3

COMUNE Comitato diGestione

Asilo Nido FAMIGLIE

Art 9, c1

Art 7, c2

Art 8, c1

Art 8, c2 Art 9, c2

Art 8, c4

Art 2, c2, c3, c4, c5

Art 12, c1

Art 9, c2

Art 9, c2

Art 9, c2

pers educativo ausiliario addetti refezione

coordinatori

Regolamento

rappres

rappres

rappres rappres

esigenze indicazioni

OrganicoRisorse

Componenti

risultati obiettivoattività da realizzarestrumenti operativi necessaririsorse finanziarieinvestimenti necessari

osservazioni

linee di indirizzoe di programmazione per gestione e funzionamento

esigenze indicazioni

esigenze indicazioni

elementisviluppo

valutazioni opportunità

miglioramento

Fig. 11 – Flusso dei Processi implicati dalla Legge Regionale Ligure 64/1994 sugli Asili Nido

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Il flusso in figura identifica quattro attori primari, il Comune, Il Comitato di Gestione, l’Asilo Nido, le Famiglie; non sono rappresentati altri attori previsti dalla legge che in questa visione svolgerebbero un ruolo eccessivamente marginale, quali USL e Circoscrizioni. Il flusso non è propriamente leggibile come successione temporale di eventi, poiché alcuni sottoprocessi di competenza del Comune, possono teoricamente svolgersi in parallelo, ma la dimensione che maggiormente interessa in questa fase è quella che consente l’osservazione delle dipendenze, delle concorrenze e dei prodotti in uscita da ogni singolo processo. Osserviamo innanzi tutto che la fase di definizione ad opera del Comune si articola in ben quattro sottoprocessi necessari alla attivazione degli organici dei Nidi, alla definizione delle rappresentanze dei genitori, alla attivazione del Coordinamento, e alla nomina del Comitato di Gestione, atto che necessita della concorrenza di altri due sottoprocessi a carico rispettivamente di Nido e Famiglie. Per quanto la legge dispone, osserviamo che il processo relativo alla Elaborazione del Programma di Attività dovrebbe essere competenza esclusiva del Comitato di Gestione, pur dipendendo dalla Definizione Annuale delle Linee di Indirizzo, svolta dal Comune in base a valutazioni sulle risorse disponibili e sulle esigenze provenienti dalle famiglie, e pur dovendo sottostare ovviamente ad una approvazione da parte comunale. Notiamo che, una volta approvato, il Programma Attività costituisce niente meno che uno degli elementi primari in ingresso al processo di Erogazione del Servizio. A questo livello, poiché il sistema visualizzato nella figura è esclusivamente dedicato alla legge 64, non sono stati introdotti altri elementi di ingresso fondamentali, provenienti dal territorio della teoria pedagogica. L’Erogazione del Servizio avviene in interazione diretta con le Famiglie, e da questa fase escono gli elementi necessari alla Verifica Annuale sullo Stato del Servizio, che è un riesame da parte del Comune, in base al quale si ottengono elementi utili alla successiva definizione Annuale delle Linee di Indirizzo. Il Sistema rappresentato dalla Figura11, per quanto articolato possa risultare, non presta il fianco a particolari condizioni di instabilità: l’unico nodo condizionale costituito dalla approvazione del Piano Attività mal che vada imporrà il perfezionamento di quest’ultimo.

Piuttosto notiamo che il sistema è di tipo iterativo con periodo annuale, e presentando numerosi percorsi dedicati al ritorno di informazioni, sembra offrire buone prospettive in termini di miglioramento continuo, di ottimizzazione dell’efficacia e dell’efficienza.

La legge 64, abbiamo già detto, ha valore cogente tutt’oggi, e sarà quindi opportuno tenere a mente alcuni dei processi fondamentali che obbligatoriamente, e non opzionalmente, dovranno essere attivati:

- definizioni preliminari - definizione annuale delle linee di indirizzo - elaborazione del Programma di Attività - erogazione del servizio - verifica annuale del servizio

Le modalità di svolgimento di queste cinque fasi, a livello macroscopico, costituiranno inevitabilmente un requisito qualitativo essenziale di origine normativa.

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5.3 – Il Regolamento Comunale sulle Scuole dell’Infanzia e Asili Nido Dopo l’input della legge 1044, molto spesso i Regolamenti comunali hanno preceduto le normazioni regionali definitive di parecchi anni, cosicché è stato possibile in qualche modo avviare le attività necessarie all’organizzazione di strutture, realizzarle e renderle operative con notevole anticipo su quelle che poi costituiscono, ciononostante, le leggi guida finali. Era evidentemente messo in conto un tempo di latenza consistente a livello regionale, capace di inibire oltremodo le iniziative necessarie all’avviamento del servizio, determinando perciò la scelta di non attendere oltre, di accontentarsi delle primissime deliberazioni e di mettere a punto comunque un Regolamento quanto meno adatto a coprire il transitorio e, perciò stesso, destinato ad una sicura obsolescenza e addirittura passibile di illiceità una volta sopraggiunta alla fine la legge regionale competente e ultimativa. E’ esattamente di questo tipo il Regolamento delle Istituzioni Socio-Educative per la Prima e la Seconda Infanzia30 del Comune di La Spezia, che risale al 1980, ben 14 anni prima quindi della legge regionale 64/1994, e si appoggia unicamente alle leggi regionali 4/1973 e 22/1977. Il Regolamento, che tra l’altro era abrogativo di due predecessori distinti per Nidi e Scuole dell’Infanzia31, è attualmente quello vigente; nonostante alcuni passaggi offrano effettivamente dubbi sulla piena coerenza con la sopravvenuta legge regionale 64/1994, esso non risulta a tutt’oggi formalmente oggetto di una qualsivoglia procedura ufficiale di revisione. Da un punto di vista storiografico, il Regolamento costituisce un indubbio documento di interesse, attraverso il quale sarebbe certamente possibile scorgere quelli che, all’epoca, potevano essere i timori più sentiti sul piano amministrativo e politico e su quelle che potevano rappresentare le migliori vie d’uscita da certe problematiche contestuali. Sono ad esempio numerosi gli indugi su argomentazioni o questioni di principio che in fondo non era indispensabile né pertinente e, forse, neppure consigliabile toccare. Mentre da una parte viene sancita l’organizzazione del personale delle strutture in Collettivi di Lavoro32, modalità tutt’ora valida e riconosciuta sul territorio nazionale, non è chiaro quale giovamento si sia tratto dal riaffermare una Garanzia della Libertà di Insegnamento33 che appare quasi fuori contesto, per il sapore individualista che presenta rispetto ad una prassi collettiva dell’attività, ed è in ogni caso sancita da ben altre fonti del diritto costituzionale italiano. E questo ancor più al momento di dichiarare formalmente che il servizio fa riferimento, in modo continuo, alle più Moderne Concezioni della Scienza (pedagogica, pediatrica e psicologica)34, strada entro cui evidentemente non è pensabile che le scelte degli operatori siano strettamente individuali, non discusse, non concordate, o possano essere difformi. D’altra parte, rinviando gli interessati ad una simile ottica socio-politica alle opportune sedi di approfondimento, è sul piano operativo che il Regolamento ci interessa poiché anch’esso ha valore vincolante di requisito. Sotto questa luce osserviamo immediatamente che il Regolamento prevedeva ben due Organismi complessi di natura centrale: il Comitato Comunale di Coordinamento35 e l’Equipe Pedagogico-Didattica36. Il primo, con compiti fondamentalmente di analisi, studio, elaborazione di proposte sul funzionamento dei Nidi, con facoltà di impiego di esperti e con durata pari al mandato del Consiglio Comunale, ha avuto attivazione solo nel primo anno seguente l’entrata in vigore del Regolamento, con risultati non rintracciabili in alcun modo. L’Equipe, costituita da 1 operatore socio-pedagogico ogni 3 strutture e con 1 assistente di Nido e 1 insegnante di scuola dell’infanzia elette dall’insieme del personale educativo, è l’organismo preposto alla gestione di numerose attività diversificate: seguendo le linee dettate dal Comitato di Coordinamento e in interazione con i Collettivi e i Comitati di Gestione, l’organismo si occupa di studio e ricerca didattico-pedagogica per i collegamenti tra nidi e scuole

30 Adottato dal Consiglio Comunale con delibera n. 283 del 23/04/1980. 31 Nell’Art.1 sono infatti abrogati il Regolamento per i Nidi (provvedimento n.250 del 18/07/1977) e il Regolamento per le Scuole dell’Infanzia (provvedimento n.355 del 30/07/1976). 32 Preambolo, capoverso 4. 33 Preambolo, capoverso 5. 34 Art.2 – Orientamenti Educativi. 35 Art.6 – Comitato di Coordinamento dei Nidi e delle Scuole dell’Infanzia. 36 Art.7 – Equipe Pedagogico-Didattica.

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dell’infanzia, di sperimentazione e verifica permanente, di aggiornamento degli operatori, elabora proposte di miglioramento strutturale delle costruzioni, promuove iniziative culturali quali convegni e conferenze, gestisce la documentazione fotografica, la documentazione relativa ai prodotti delle attività delle strutture, cura i rapporti con l’esterno e, infine, propone annualmente l’assetto dell’orario del servizio. L’Equipe Pedagogico-Didattica è stata operativa circa fino al 1985, per essere dismessa in occasione di un assai triste avvicendamento all’assessorato della Pubblica Istruzione. I Collettivi di Lavoro37 già citati, costituiscono un altro passaggio rilevante considerando che, a ben vedere, questo è il modello operativo più consono a garantire la necessaria uniformità di azione verso i bambini, e non preclude possibilità di riesame, di confronto e di discussione su alcuno degli aspetti cardine delle attività. I Collettivi devono affrontarne fasi cruciali, oltre ad essere infine gli attori eroganti del servizio in via ultimativa: effettuare scelte metodologiche, elaborare Programmi e Piani di Lavoro per l’avallo dell’Equipe, interfacciarsi direttamente con il Comitato di Gestione e con l’Assemblea dei Genitori. Per i Collettivi il Regolamento prevede riunioni a cadenza settimanale. Questi sono gli unici Organismi, tra quelli che il Regolamento descrive, che si siano attivati fin dalla sua entrata in vigore, secondo le modalità previste. Un organismo presentato dal Regolamento in modo inaspettatamente consonante con la legge 64/1994, è appunto il Comitato di Gestione, elemento delicato per certi aspetti poiché rappresenta l’unico spazio riconosciuto agli interventi dei genitori, ovvero, dei clienti (indiretti) del servizio. Costituito da più componenti, secondo modalità e tempi definiti e chiamato inoltre ad attivarsi con tempistiche schedulate, il Comitato di Gestione, evidentemente già dal 1980, è caratterizzato dal notevole spessore nominale dei compiti che gli sono teoricamente ascritti38 essendo chiamato dal Regolamento ad elaborare addirittura il Piano Organico delle Attività della struttura e ad intervenire sul suo funzionamento in tutti gli aspetti. La consapevolezza del conferimento appare tale da dichiarare necessaria la verifica delle attività del Comitato da parte dell’Equipe Pedagogico-Educativa, a dimostrazione della natura nevralgica che viene accreditata al suo operato. Quale sia stato poi l’effettivo raggio di intervento concesso dall’ente al Comitato di Gestione è cosa tutta da verificare ma di certo sarà interessante, più oltre, interrogarsi più profondamente su quanto possa essere verosimile attribuire mandati così specifici e decisivi ad un Organismo di cui è parte almeno una componente, quella genitoriale, debole per definizione, necessariamente non qualificata nel merito, salvo casi eccezionali, una componente incolpevole, ma non all’altezza dell’impegno.

Sorvolando su una serie di passaggi dedicati ai rapporti tra le strutture comunali e non comunali, classicamente orientato alla dichiarazione di intenti positivi, non belligeranti, si giunge alle parti salienti sui caratteri economici del servizio che, per i Nidi, da una parte è proclamato ad iscrizione gratuita39 e dall’altra richiede una quota per la refezione40 la cui entità sia da definire a cura del Consiglio Comunale; sappiamo che dietro a questa dicotomia si cela la problematica del servizio a domanda individuale, per il quale gli utenti pagano circa il 30% del costo del servizio sotto la voce refezione. Il Regolamento esprime a chiare lettere una prima definizione in merito ad un problema spinoso: il rapporto numerico tra educatrici e bambini, che si stabilisce debba essere al massimo pari a 1/7. Avremo modo di vedere che questo è un aspetto essenziale, squisitamente dal punto di vista della teoria pedagogica che affronteremo nella Parte Seconda; il problema è che l’ente ha tradizionalmente interpretato questa direttiva come riferita ad un rapporto medio dato dal numero dei bambini diviso il numero degli operatori, considerando quindi ininfluente il fatto che essendo la struttura divisa in 3 sezioni e osservando il personale una certa scalarità di orario per garantire entrate anticipate e uscite prolungate, si verificano usualmente situazioni in cui un operatore si trova oltre il rapporto consentito in certe fasce orarie. L’interpretazione del rapporto 1/7 come media, corroborata purtroppo da tutti gli ultimi rinnovi contrattuali di settore, testimonia che di esso l’ente, pur di evitare il ricorso a incarichi temporanei o supplenze indesiderate, percepisce giustappunto la sola dimensione, per così dire, sindacale, e per nulla quella pedagogica vissuta da parte del singolo bambino in situazione fuori rapporto. A conclusione di questa rapida escursione tra i meandri di un Regolamento vecchio di 21 anni e osservando che una certa parte delle idee dettate da questa norma non ha trovato il dovuto riscontro applicativo ed alcune di esse

37 Art. 4 – Collettivi di Lavoro. 38 Art.5 – Comitato di Gestione. 39 Art. 15 – Iscrizioni, Ammissioni, Frequenze, capoverso 1. 40 Art.17 – Refezione, capoverso 2.

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sembrano anzi recepite più come ostacolo gestionale che come strumento operativo funzionale, non resta che raccogliere in breve qualche informazione sullo stato effettivo degli Asili Nido di La Spezia, cercando di evincere un quadro generale di andamento del servizio.

5.4 – Le Strutture per l’Infanzia nel Comune di La Spezia Alle origini, dalla seconda metà degli anni settanta alla prima metà degli anni ottanta, epoca applicativa del Regolamento Comunale di cui abbiamo dato cenno nel precedente paragrafo, il Comune gestiva 3 Asili Nido e 8 Scuole dell’Infanzia attraverso l’Assessorato Pubblica Istruzione. Una risposta ai primi input legislativi indubbiamente incoraggiante, a patto di preludere ad un allargamento degli orizzonti di offerta e, soprattutto, ad una attenta opera di rifinitura dei dettagli (ad esempio per gli orari giornalieri di apertura); invece appunto verso la seconda metà degli anni ottanta sembrò prendere piede un cambiamento di rotta decisivo orientato alla cessione delle strutture alla gestione statale, in special modo a partire dalle Scuole dell’Infanzia visto che già lo Stato ne gestiva una quantità. Questa politica, motivata dalla semplice volontà di abbattere l’impegno economico comunale in questa tipologia di servizi, volontà che, se vogliamo, contrastava in modo lampante con la filosofia legislativa di partenza, si esaurì comunque verso i primi anni novanta, circostanzialmente con la scadenza dell’ultimo mandato dell’assessore competente del periodo, con l’unico risultato di aver contribuito ad un sensibile rallentamento dell’espansione del servizio, espansione intesa anche come sua promozione culturale nel tessuto sociale. Oggi, il Comune della Spezia, attraverso l’Area Organizzativa 2 – Sviluppo Sociale, Educativo e Culturale, che fa riferimento alla delega Politiche Sociali di quello che abbiamo indicato come Assessorato 6, gestisce 6 Asili Nido e 6 Scuole dell’infanzia; inoltre esistono 2 strutture con orari espansi, dette Area Bambini, controllate l’una direttamente l’altra indirettamente, un Centro Infanzia a gestione indiretta che è sicuramente la struttura con forbice d’orario più ampia ed ulteriori 3 Asili Nido a gestione indiretta. Le strutture tradizionalmente gestite direttamente dal comune, i Nidi e le Scuole dell’Infanzia, hanno orari massimi di uscita intorno alle 16, cosa che ha spesso suscitato polemiche per quell’ora e mezza media di gap che si determina rispetto agli orari medi di uscita dei lavoratori dipendenti che rappresentano storicamente la maggioranza dell’utenza delle strutture. La gestione indiretta di strutture, una forma di appalto a terzi sotto controllo comunale41, è una novità degli ultimi anni novanta con la quale si ritiene di rispondere ad una crescente domanda di estensione degli orari senza procedere ad assunzioni di personale diretto. E’ interessante prendere atto a questo proposito di come il Settore Pubblica Istruzione promuova questo tipo di soluzioni, attingendo da alcune pagine web disponibili al pubblico sul nuovo sito del settore42. Riportiamo alcune il testo pubblicato presente sul sito in data 15/07/2002.

PROGETTI PER L'INFANZIA

Indicatore: iniziative riferite alla politica dei tempi brevi

L’Assessorato alla Pubblica Istruzione organizza da tempo servizi di asilo nido e scuole materne funzionanti tutto l’anno; vengono inoltre attuati soggiorni estivi in colonie.

Tuttavia tali servizi hanno una rigidità di orari legata ai contratti dei dipendenti comunali.

Per venire incontro alle necessità dell’utenza in particolare di genitori entrambi impegnati sul lavoro, dal 1993 esiste un Centro Infanzia per bambini di età tra 1 e 6 anni che garantisce un’apertura temporale più ampia e flessibile rispetto a quella dei nidi e scuole comunali dell’infanzia, attuando orario differenziato.

L’orario infatti, suddiviso in due turni di operatori, è dal lunedì al venerdì’ dalle 7.00 alle 13.00 e dalle 13.00 alle 19.00, il sabato dalle ore 7.00 alle ore 13.00, tutto l’anno.

Nel Centro sono accolti 30 bambini di genitori che per necessità diverse (lavoro, impegni familiari, etc.) non possono accudire i figli.

41 Si tratta di quello che nell’ambito industriale è usualmente denominato outsourcing, a significare il ricorso a risorse esterne. 42 Che va raggiunto a partire da www.comune.sp.it.

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Nel Centro i bambini vengono intrattenuti, per il periodo di necessità dei genitori, dagli operatori della Cooperativa affidataria del servizio con attività di animazione, gioco ed altre esperienze di socializzazione.

Su richiesta dell'utenza si è creata anche l'Area Bambini, un’area aperta ai genitori, per 18 bambini non utenti del nido dai 18 mesi a 36 mesi di età, con orario dalle ore 8.00 alle ore 13.00 dal lunedì al sabato e martedì e giovedì anche dalle ore 15.00 alle ore 18.00.

E' stato inoltre introdotto, presso il complesso "2 Giugno", ove esistono accanto all’Istituto Magistrale ed alle Scuole Media ed Elementare Statali una scuola materna ed asilo nido comunale, un corso di attività motoria ed educativa in acqua. Tale corso, diretto ai bambini dell’asilo nido e della scuola dell’infanzia da 0 a 6 anni, si svolge nella adiacente piscina coperta con affidamento alla UISP in collaborazione con l’associazione di animazione sociale "A testa in giù".

Informazioni presso l'Assessorato alla Pubblica Istruzione - Settore Pubblica Istruzione

Via G.Leopardi,19100 La Spezia

La motivazione della iniziativa si legge al secondo capoverso, laddove, in tema di orari, si citano le difficoltà legate ai contratti dei dipendenti comunali, difficoltà dunque di ordine prettamente sindacale. Per chiunque abbia esperienza di tematiche contrattuali del lavoro, una simile dichiarazione risulta palesemente di copertura ad intenzioni più profonde, che riguardano in generale la non volontà di incrementare gli organici diretti, o quandanche ciò fosse vincolato da problematiche di pianta organica, è comunque in luce la non intenzione di utilizzare alcuno degli strumenti oggi disponibili in termini di assunzioni a termine, di incarichi temporanei, o una qualsiasi forma atta a consentire una organizzazione dei turni adeguata a quella che poi sarebbe null’altro che una modesta estensione della fascia di apertura, appena sufficiente a collimare con la media degli orari di uscita dei genitori dai luoghi di lavoro. A parte questo, il testo offre altri spunti di analisi, a partire tutto sommato dalla improvvisa estrema ampiezza dell’orario di apertura offerto dal Centro Infanzia descritto al terzo, quarto e quinto capoverso, potenzialmente utilizzabile per 12 ore dalle 7.00 alle 19.00, fatto sicuramente degno di valutazione dal punto di vista pedagogico, per il sapore di drastico cedimento all’idea del parcheggio che l’iniziativa rivela di fatto. Il funzionamento del servizio è affidato ad una Cooperativa e la struttura è quindi gestita indirettamente dal comune che dovrebbe di conseguenza garantire una attività di controllo e supervisione delle cui modalità non abbiamo traccia in questo documento. Giusto per puntualità, osserviamo infine che l’Area Bambini citata al settimo capoverso, riservata ai piccoli non utenti dei nidi, è ugualmente affidata a gestione indiretta ma questo fatto non viene esplicitato nel testo. La più recente descrizione che il Settore Pubblica Istruzione offre al pubblico via web è la pagina relativa alle iscrizioni, dalla quale riportiamo l’elenco delle strutture.

ISCRIZIONI NIDI D'INFANZIA COMUNALI ANNO SCOLASTICO 2002- 2003

ELENCO NIDI:

Il Quadrifoglio via Sardegna orario 8.00 - 16.30

La cicogna Melara orario 8.00 - 16.00

Il Faro Montepertico orario 8.00 - 16.00

L'Aquilone via Di Monale orario 8.00 - 16.30

Fabulandia 2 Giugno orario 8.00 - 16.00

Coccinella Chiappa orario 8.00 - 16.00

La Balena blu via Leopardi orario 6.45 - 18.00

Centro Infanzia Aurora Pianazze orario 6.45 - 19.00

Nido Pitelli Pitelli orario 8.00 - 16.00

Colombaio Pegazzano orario 8.00 - 13.00

Area Bambini via Leopardi 8.00 - 13.00 senza refezione 16.00 - 19.00 martedì-giovedì

Area Bambini 2 Giugno 8.00 - 13.00 senza refezione 16.00 - 19.00 lunedì-mercoledì-venerdì

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La pagina, come si vede, non fornisce indicazioni sul tipo di gestione, diretta o indiretta, e presenta una certa aleatorietà relativamente agli orari delle strutture, che non si capisce fino a che punto siano quelli standard, che dovrebbero allora essere uguali per tutte a norma del Regolamento Comunale vigente, oppure quelli prolungati.

In ogni caso, se proviamo a riassumere le informazioni disponibili sull’insieme delle strutture per l’Infanzia nel comune di La Spezia otteniamo infine la seguente Tabella 3.

Tab. 3 – Le Strutture per l’Infanzia nel Comune di La Spezia Va notato subito che solo i 6 Asili Nido a gestione diretta ricevono bambini di età compresa tra 0 e 1 anno, caratteristica questa che li rende tipici e che testimonia dell’esistenza di problematiche sia per quanto riguarda la disponibilità delle Cooperative ad assumersi le responsabilità legate al carico di questa fascia di età, sia per quanto riguarda un corretto equilibrio tra essa e gli orari ampi di certe strutture indirette. In buona sostanza per le famiglie con bimbi di questa età continuano ad essere fruibili unicamente i 6 Asili Nido a gestione comunale diretta. Queste strutture, che costituiscono l’oggetto della nostra analisi, offrono una capienza di 35 posti ciascuno in 5 casi su 6, con 7 insegnanti, 3 ausiliari e 2 addetti alla refezione; il sesto, originato da una antica struttura Onmi nel centro cittadino offre 55 posti, con 10 insegnanti, 4 ausiliari e 2 addetti alla refezione. Sul totale delle 76 persone che costituiscono l’organico complessivo dei Nidi, la presenza maschile è del tutto priva di significato (1 solo caso ad oggi), e delle 45 insegnanti solo 4 hanno un titolo universitario in Pedagogia o, come d’obbligo con le recenti riforme universitarie, in Scienza della Formazione, ovvero nella materia pertinente all’oggetto del lavoro. Le retribuzioni medie per le insegnanti sono generalmente equiparabili agli stipendi di un impiegato medio del settore metalmeccanico, con un orario settimanale tipicamente di 36 ore al quale va aggiunto un monte di 140 ore da distribuirsi nel corso dell’anno, dedicato alla formazione. L’Anno Accademico inizia la seconda settimana di Settembre e termina alla fine di Giugno; esiste un servizio aggiuntivo per l’estate affidato da circa 6 anni a personale indiretto, aspetto anch’esso taciuto nel testo della pagina web riportata. La settimana di apertura al pubblico è dal lunedì al venerdì, con l’orario riportato nella tabella, che è però possibile elasticizzate sia in ingresso che in uscita (7.30-16.30) dietro presentazione di richiesta documentata.

Qt Struttura Fascia di età Gestione Orario Capienza Insegnanti Aux Ref 6 Asilo Nido 0 – 3 anni Diretta 8-16 230 45 19 12 6 Scuola dell’Infanzia 3 – 6 anni Diretta 8-16 425 34 17 14 1 Area Bambini 1 – 3 anni Diretta 8-13 e

16-19 (3 gg) 30 10

1 Centro Infanzia 1 – 6 anni Indiretta 6.45-19 30 1 Area Bambini 1 – 3 anni Indiretta 8.00 – 13.00 18 1 Asilo Nido 1 – 3 anni Indiretta 6.45-18 1 Asilo Nido 1 – 3 anni Indiretta 8-16 1 Asilo Nido 1 – 3 anni Indiretta 8-13

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5.5 – Domanda e Offerta

“… tu forse sai

cos’è mai una cosa che chiamano ‘uomo’? Dio solo sa un ‘uomo’ cosa sia,

io ne conosco soltanto il prezzo!...”43

E’ vero. I passi di questo cammino, in questo territorio intriso di sfaccettature aride, contorte, e spesso addirittura grette quasi per tradizione, ci hanno indubbiamente allontanato dal principio fondamentale che il nostro studio voleva rivendicare: in questa storia il primato non può che essere della dimensione umana, prima dei Capitoli di Spesa, prima dei Contratti Collettivi, degli avvicendamenti delle cariche, prima che degli aziendalismi e dei 9 macro-servizi, i 9 business potenziali dell’Area 2. Allora promettiamo che dopo un ultimo inderogabile sforzo, obbligato dalla ineludibilità dell’argomento, sapremo andare innanzi con migliore memoria e distacco, senza timore di apparire insistenti ad ogni richiamo, ad ogni evocazione dell’idea per la quale, in questa sede, noi veramente non parleremo tanto di merci e di prodotti, quanto di esseri umani e di alcuni dei loro bisogni.

* * *

Dunque se pur sempre di un servizio si tratta rimane un aspetto essenziale da prendere in considerazione: in che misura esso soddisfa le richieste dell’utenza? La questione sottende già adesso una doppia possibilità di interpretazione, l’una strettamente qualitativa che dipende dalle modalità di erogazione del servizio, dalla loro rispondenza a determinate aspettative, e l’altra più semplicemente quantitativa: nel bene o nel male ci domandiamo che parte dell’utenza interessata alla fruizione di questo servizio ottiene accesso ad esso. Il problema non è difficoltoso in termini numerici poiché è sufficiente fissare un intervallo di tempo convenuto, contare la disponibilità totale dei posti offerti e confrontare questo numero con la quantità di domande di iscrizione prevenute per il medesimo intervallo di tempo. Semmai potranno sussistere difficoltà in caso di difetti nella raccolta di dati e nella loro archiviazione, aspetto questo che sarà meglio definito più oltre. Nel frattempo presentiamo una valutazione di quello che definiamo quindi come Tasso di Copertura del servizio, avvalendoci di una delle poche statistiche ufficiali disponibili e relativamente recenti, basata sui dati esistenti in Liguria al 31/12/199844. Preliminarmente riportiamo alcuni dati di partenza che descrivono lo stato sia delle 4 province liguri che dei rispettivi comuni capoluogo.

Posti Disponibili Domande in Attesa Prov Genova 384 124 Prov. Imperia 272 210 Prov. La Spezia 184 62 Prov. Savona 169 56 GENOVA 1275 3584 IMPERIA 140 0 LA SPEZIA 300 163 SAVONA 207 40

Tab. 4 – Posti disponibili nei Nidi in Liguria al 31.12.98

43 Da Supply & Demand (the Trader’s Song) musicata da Hanns Eisler per The Measures Taken di Bertolt Brecht nel 1929. Nell’aprile 1988 al Teatro Civico di La Spezia, prima del periodo di fermo per ristrutturazione, ci fù l’occasione di ascoltarne una mirabile versione, arrangiata da Jason Osborne, per la voce di Dagmar Krause e il piano di John Tilbury. 44 Si tratta di informazioni riportate negli atti di una iniziativa patrocinata da Regione Liguria, Comune di Genova e associazione Piccolo Principe, intitolata Crescere in Qualità e tenutasi a Genova nel febbraio 1988: una giornata di studio sui servizi per la prima infanzia in Liguria.

Page 38: La Qualità nei Servizi Educativi per la prima infanziagroups.di.unipi.it/~lagana/PARTE1.pdf · 97 9.3.5.2 – Responsabilità della Direzione pag. 105 9.3.5.3 – Processo di Gestione

GIOVANNI STURMANN

La Qualità nei Servizi Educativi per la prima infanzia

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Come si nota non sono disponibili schiettamente valori relativi al numero di domande di iscrizione nel periodo,

che non necessariamente coincide con la somma dei posti disponibili e delle domande in attesa, poiché la decisione di un utente escluso di restare nella graduatoria di attesa dipende da numerosi fattori tra i quali una urgenza non tale da obbligarlo ad altre soluzioni; la valutazione di copertura che proponiamo quindi potrebbe essere in effetti migliore della realtà.

Il Tasso di Copertura che i servizi raggiungono rispetto al totale delle domande45, risulta allora quello evidenziato nella tabella 5.

Posti Disponibili Domande in Attesa Tasso copertura (%) Prov Genova 384 124 75 Prov. Imperia 272 210 56 Prov. La Spezia 184 62 74 Prov. Savona 169 56 75 GENOVA 1275 3584 26 IMPERIA 140 0 100 LA SPEZIA 300 163 64 SAVONA 207 40 83

Tab.5 – Calcolo del Tasso di Copertura

Limitandosi al confronto tra i capoluoghi di provincia osserviamo che il Comune di La Spezia, col 64% di copertura, era nel 1988 al terzo posto dopo Imperia e Savona e che Imperia presentava addirittura una copertura del cento per cento, che induce in ogni caso a trattare con cautela questi risultati, quanto meno per considerare che sarebbe necessaria una verifica approfondita relativamente agli sforzi che le amministrazioni fanno realmente per favorire la consapevolezza dell’utenza rispetto all’importanza dei Nidi dal punto di vista educativo, cosa che evidentemente tenderebbe semmai a generare una proliferazione sensibile della domanda, con conseguente pregiudizio per una grado di copertura ottimo. Tutto sommato siamo di fronte, con leggero anticipo, ad uno dei primi Indicatori Qualitativi di rilievo: il Tasso di Copertura rispetto alle domande di iscrizione, con l’osservazione del suo andamento tendenziale su base annua, è sicuramente rivelatore della capacità globale del servizio di fronteggiare il mutevole insieme delle esigenze dell’utenza, e come tale, sarà certamente uno degli Indicatori Qualitativi da verificare valutando il Sistema Erogazione del Servizio Asilo Nido ad alto livello. Stabilita una soglia di accettabilità, di sufficienza, riscontrare percentuali inferiori, magari unitamente ad un trend troppo oscillatorio o schiettamente decrescente, sarà un segnale di allarme a prescindere dalla Qualità dell’erogazione a livello dei sottoprocessi costitutivi, anche se potrà essere interessante verificare l’esistenza di correlazioni tra quella che altro non è se non l’efficacia del Sistema nel suo insieme e la Qualità dei suoi sottoprocessi. Il Tasso di Copertura rispetto alle domande di iscrizione va evidentemente pesato insieme a quello che possiamo definire come Tasso di Copertura rispetto alla popolazione da 0 a 3 anni46; il secondo Indicatore testimonia infatti di quanto il servizio sia ricercato, di quale possa essere il successo promozionale e fattivo dell’organizzazione.

45 Tasso Copertura = Posti Disponibili / (Posti Disponibili + Domande in Attesa). 46 Calcolabile anche come rapporto tra il numero domande di iscrizione e la popolazione da 0 a 3 anni.


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