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La radio e Internet

Date post: 05-Dec-2014
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Tesina del corso: Strumenti e metodi di Internet (Modulo B)
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Anno Accademico 2005/2006 La radio e Internet Tesina del corso: Strumenti e metodi di Internet (Modulo B) Docente: Vincenzo D’Andrea Studente: Lorenzo Ruzzene
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Anno Accademico 2005/2006

La radio e Internet

Tesina del corso: Strumenti e metodi di Internet (Modulo B)

Docente: Vincenzo D’Andrea

Studente: Lorenzo Ruzzene

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Introduzione Il primo film di Luciano Ligabue, intitolato “Radiofreccia”, narra una storia che più o meno direttamente ha toccato un’intera generazione: la nascita delle cosiddette “radio libere1”. Adesso può essere un traguardo che fa sorridere, ma all’epoca (poco più di trenta anni fa) ha incendiato gli animi di chi, cresciuto ascoltando unicamente il monopolio pubblico della RAI, poteva trasmettere ad altri musica, parole ed emozioni che in precedenza non erano mai state presenti nell’etere (senza dimenticare inoltre la grande novità costituita dalla partecipazione del pubblico, possibile “addirittura” in diretta)2. Ho citato questo film perché spesso mi torna in mente l’osservazione di un protagonista: “[…] Ci vorrebbe una radio così in ogni casa. Ognuno a dire al resto del mondo la sua cosa.3”. Pare una frase frivola, ma la nascita di questo tipo di radio è stata possibile (anche) grazie ad un incremento della semplicità di trasmissione. Certo che se i trasmettitori dell’epoca (in gran parte vecchie strumentazioni militari) ora sono sostituibili da un computer (e lo stesso vale per mixer e i riproduttori musicali), l’ultimo scoglio per anni è rimasto sempre lo stesso: l’antenna. Essa in verità rappresenta solo l’oggetto fisico dietro cui si trovano la burocrazia per l’assegnazione delle frequenze, i costi dei ripetitori e la qualità del segnale. Quanto detto sopra occorre però a capire la grande rivoluzione che Internet ha apportato al mondo della radio (e non solo, ovviamente). Il mezzo di trasmissione non è più un ostacolo, dato che alla diffusione di messaggi radiofonici ci penserà il World Wide Web. Il sogno che vedeva ognuno di noi con una radio in casa sì è quindi avverato e addirittura non è nemmeno necessario che la stazione radio risieda nello stesso posto. Questo ed altri sogni si sono avverati in maniera così estrema, che anche solo il paragonare il mondo della radio di oggi rispetto a quelli di dieci anni fa sembra impraticabile. La domanda da farsi è allora: non dovrebbe essere scomparso lo stesso concetto di radio? Fatto salvo il gap tecnologico tra Europa-Nord America e il resto del mondo4, cosa è rimasto del concetto di radio con il quale siamo cresciuti? Cercherò di fornire delle risposte a queste e ad altre domande, analizzando che cosa è rimasto di questo storico mezzo di comunicazione di massa, e che cosa invece ha perso di significato. O forse è semplicemente rimasto, ma sotto altre vesti.

1 Vicenda che ha ispirato numerosi film, tra cui “Lavorare con lentezza” di Guido Chiesa (2004), sull’esperienza di Radio Alice a Bologna, e “I cento passi” di Marco Tullio Giordana (2000), sulla tragica storia di Peppino Impastato che, sentendo il bisogno di denunciare radiofonicamente i mafiosi di spicco del suo paese siciliano, finì da questi ucciso. Impossibile inoltre resistere dal non citare “Radio Days” di Woody Allen (1987) intendendolo rappresentativo di ciò che ha rappresentato la radio negli anni passati [Ortoleva et al., 2003], voce “film sulla radio”. 2 Si veda [Altrimedia, 1976, 1] 3 Radiofreccia (1998), 26’05’’. 4 Sul “digital divide” si può consultare http://www.italia.gov.it/ nella sezione ad esso dedicata. Da ricordare la disomogenea distribuzione di risorse e conoscenze tecnologiche anche all’interno dei paesi più sviluppati (si veda la nota 13).

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Le radio in Internet Radio “on air”, radio “on line” Uno dei simboli più distintivi, con il quale le persone identificano gli studi radiofonici, ha da dieci anni un diverso significato: si tratta della scritta “on air” accesa mentre si trasmette in diretta. Lo stesso vale per il termine italiano “in onda”, che simboleggia l’irradiazione nello spazio di onde elettromagnetiche. Questo non significa che le radio tradizionali siano scomparse, ma senza dubbio questa novità richiede la capacità di non farsi superare dagli eventi5. Di conseguenza quasi ogni radio ha dovuto, prima di tutto, realizzare un sito “vetrina” (diventando una radio on site) dove pubblicare – generalmente – accenni alla propria storia, la lista delle frequenze di ricezione, playlist, classifiche, profili dei DJ, ecc. Inoltre in questo periodo (la seconda metà degli anni novanta, quando la rete ha iniziato il suo decollo in numero di utenti) era molto in voga l’inserimento di una web-cam negli studi di trasmissione. Una tecnica ormai quasi abbandonata vista la scarsa qualità dell’immagine6 (idonea ai vecchi strumenti di navigazione). Il passaggio nel diventare on line, ovvero alla trasmissione dei programmi anche tramite il web, ha probabilmente richiesto perfino meno impegno. A questo punto è avvenuto qualcosa che già allora si preannunciava quasi come una rivoluzione: l’essere ascoltabili ovunque può arrivare ad avere un costo minore rispetto alla trasmissione regionale via etere, ancor di più rispetto alla copertura del territorio nazionale. Anche se in un altro paese, o addirittura continente, potrò continuare ad ascoltare la mia radio preferita, oppure potrò ascoltare radio di altri continenti, immaginando in entrambi i casi di essere dove vorrei essere. Un radioamatore potrebbe dirsi contrario a percepire tutto questo come una novità, in quanto con un buon apparecchio e sufficiente esperienza, la ricezione di emittenti mondiali è possibile da moltissimi anni. Lo stesso potrebbe dire chi, dotato di antenna parabolica aveva già sperimentato questa opportunità. La differenza è però facilmente rintracciabile. Rispettivamente: gli apparecchi multi-banda richiedono una grande spesa sia di denaro che di impegno per captare un numero di radio sensibilmente inferiore e ad una qualità non proprio soddisfacente; la trasmissione via satellite invece comporta una grande spesa da parte del lato trasmissione, minando inoltre un caposaldo dell’ascolto radiofonico moderno, ovvero la trasportabilità7. Un altro punto da esaminare è complementare al precedente. Sebbene la trasmissione in modulazione di frequenza (FM) ha incrementato l’offerta, questa banda è in tutti i paesi oramai satura. La forza di molte radio sta proprio nel fatto di essersi riuscite a guadagnare uno spazio nell’etere, vantaggio che non viene ceduto facilmente. Si presenta quindi la possibilità di un incremento esponenziale di emittenti, il quale porta ad una maggiore specializzazione delle singole. Ecco un fenomeno tipico di Internet, dove si verifica quella che è stata chiamata “inversione delle distanze”: l’individuo amante del jazz sentirà molto più “vicino a sé” un canale che trasmette musica monotematica di suo gradimento dalla lontana Australia, piuttosto che l’emittente di musica operistica nazionale, seppure fisicamente vicina8. Il cambiamento però non si ferma qui: anche se una radio diventa solamente on site si avvia ad un livello di interazione con gli ascoltatori mai raggiunto prima. E-mail, chat e forum sono diventate (insieme alla diffusione di telefoni cellulari) la forma di intervento più usata. La rete permette, sempre a costi molto bassi, di comunicare, richiedere, criticare ciò che si sta ascoltando. Tutto senza “attese in linea”, tempi stretti o difficoltà eccessive9. Difficile pensare che l’interattività tipica

5 In verità un significativo abbandono dell’etere è stato caratterizzato dalla scomparsa dalla banda AM (onde medie) di RadioDue e RadioTre dal 15 maggio 2004. Questa scelta del servizio pubblico non è stata immune da polemiche [Corriere della Sera, 27/09/2004]. 6 L’immagine era aggiornata circa ogni trenta secondi. Più promettenti le recenti sperimentazioni (si veda nota 33). 7 Con il termine si intende l’essere ascoltabile ovunque, con un piccolo e maneggevole apparecchio, in movimento (soprattutto in macchina, dove la radio ha ancora un predominio sulla televisione). 8 [Menduni, 20011], p. 223. 9 Si pensi a qualche anno fa, quando i DJ proponevano la comunicazione via fax, inaccessibile ai più che non disponevano di un luogo di lavoro da cui spedirlo. Questa considerazione tuttavia da per scontato che negli studi radiofonici odierni sia presente un computer connesso ad Internet.

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di Internet potesse non scalfire anche la radio. I primi ad averlo capito, sono coloro che hanno colto il senso del cambiamento. Merita una menzione Gianluca Nicoletti, sostenitore della “polimedialità”. Celebre per il suo programma di Radio 1 “Golem” (ma anche perché direttore di RaiNet e RaiClick fino al 2004), osò bandire il telefono per comunicare nella trasmissione. Tutto doveva avvenire via Internet. Curioso il fatto che è stato il primo a proporlo in Italia, mentre ora è diventata una consuetudine.10 Solo sulla rete, quindi: web-radio Tuttavia i confini abbattuti non sono solo quelli territoriali, interattivi e di banda. Per ora si è parlato solo di radio che erano tali anche prima della diffusione di Internet. Il fatto è che da quel momento in poi è possibile realizzare una radio ascoltabile solamente ed ovunque sia disponibile un collegamento alla rete (abitazioni, mezzi di trasporto, ospedali, wireless zone, ecc…). Si passa quindi dal broadcasting al webcasting, ed anche in questo caso i più avveduti sono quelli che hanno prodotto le origini e le sorti di questa storia. L’unico limite del fondare una web-radio è il diritto d'autore di cui (eventualmente) sono coperti i brani che si vogliono trasmettere. Si può anche considerare che di fatto, per lo meno fino ad uno strepitoso successo, è difficile intervenga che la pubblica autorità. Supponiamo però di voler essere legalmente ineccepibili: non resta che pagare la quota normalmente richiesta alle emittenti radiofoniche (da versare alla SIAE se si trasmette dall’Italia), e le trasmissioni possono partire. Non si deve sostenere nessuna battaglia per la frequenza (che comunque costa, perché è dello Stato), la copertura, gli spazi, ecc. Basti pensare che la più attuale riforma-regolamentazione del sistema radio-televisivo (al momento è in vigore la legge 112/2004, meglio conosciuta come “legge Gasparri”) tratta di Internet solo in chiave di adeguamento che l’assetto radiotelevisivo dovrà subire, e non viceversa. Anche perché da quel che mi risulta è stata criticata per tutto, salvo che per l’aver posto dei limiti alla rete11. Non ho intenzione di inoltrarmi in cavilli giuridici, ma ritengo che non si tratti della consueta lacuna del legislatore. Semplicemente si è ritenuto che non ha senso stabilire dei limiti dove, quasi per definizione, non hanno motivo d’essere. Non solo si può dar vita ad un’emittente: è anche possibile che lo stesso soggetto apra più di un canale, non avendo alcun motivo di dedicarsi a format generalisti. Un'altra forma che può assumere questa personalizzazione è la creazione di una web-radio direttamente da parte di un artista. Tuttavia emerge in particolare la possibilità per chiunque lo desiderasse di dedicare il suo tempo ad una radio: musica, testi, montaggio ecc… senza limiti o censure di sorta12. Vale ovviamente la menzione alla prima web-radio italiana, dcod.it, nata ufficialmente nel 1999 tuttora attiva, non solo come radio. Il flusso, conosciuto anche come streaming Tutte le radio che trasmettono su Internet hanno un importante punto in comune con le loro sorelle maggiori: sono comunicazioni di flusso. Sembra una precisazione da poco, ma la prossima sezione farà capire perché è un elemento così importante e cosa esiste di alternativo a questo. Ciò che intendo per comunicazione di flusso è quanto in Internet viene comunemente denominato streaming. Esso è quanto accomuna ciò che è disponibile sul web a quanto è possibile seguire nelle radio e televisioni tradizionali (da qui viene infatti l’affermazione “dare la linea”).

10 [Menduni, 20011], p. 231, nota 10 e [WMT, 2002, 57], p. 112. 11 Vedi “legge 3 maggio 2004, n. 112, art. 1, comma 1”. Ben più ostile ai navigatori è stata la così detta “legge Urbani”. Timore oramai immotivato, si veda http://www.interlex.it/ sull’argomento, ma grazie al quale la legge ha assunto una forma più consona alla realtà quotidiana (http://www.repubblica.it/2004/e/sezioni/scienza_e_tecnologia/decrurbani/urbani2/urbani2.html). 12 [Menduni, 20011], p. 221.

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Sulla rete proliferano oramai i contenuti (sia audio che video) in questo formato, ed è un fenomeno in continua crescita, sebbene si tratti di una tecnica che richiede qualcosa di non ancora pienamente raggiungibile nel nostro paese: un certa larghezza di banda13. Una delle caratteristiche peculiari della radio si è però riproposta. Un flusso audio è per definizione “leggero”, perciò l’ascolto di una radio via Internet è stato possibile sin dall’inizio della sua diffusione. Con un modem 56k, era pertanto possibile collegarsi ad una radio con un bitrate14 pari a 24, 32 o 48kbs. Certo, poi non restava da fare molto altro, ma il motivo di questo basso bitrate è da ricordare mentre si naviga alla ricerca di una radio da ascoltare, in quanto molte emittenti trasmettono ancora in questo formato. Già a partire da un collegamento ISDN e a maggior ragione con uno ADSL o a fibra ottica, le radio in Internet sono facilmente ascoltabili, anche con un bitrate pari a 128, 160 o 192kbs. Passiamo adesso all’osservare un punto dolente: la codifica delle informazioni. In sostanza: il segnale (che sia un messaggio o un brano musicale) necessita di essere elaborato per essere trasmesso in Internet. Sarebbe un sogno se si fosse affermato un solo “buon” codec, mentre in realtà i formati disponibili sono numerosi. Questo potrà anche essere ottimale per la concorrenza, ma rende questo prezioso strumento scarsamente user friendly. I principali software15 che permettono la ricezione sono: RealPlayer, QuickTime Player, Winamp e Windows Media Player16. Le differenze nella qualità del flusso sono minime e nella gran parte dei casi la scelta di quale formato utilizzare è fatta in base ai costi della licenza17. Nel caso si scelga invece un formato non proprietario (tipo l’Ogg Vorbis) non si pongono questi problemi, ma bisogna sperare che tutti gli utenti siano capaci e disponibili ad implementare la ricezione di questo formato. Ritengo però che descrizioni lunghe e complesse, o anche solo la necessità di installare nuovo software può far demordere gli ascoltatori occasionali, fondamentali per una radio che vuole incrementare il proprio bacino d’ascolto. È in via sperimentale anche un’altra forma di trasmissione, che sempre dello streaming fa parte, ma non si limita al formato “sorgente destinatario”, bensì utilizza la tecnica del peer-to-peer. Questo permetterebbe di sovraccaricare molto meno il server dell’emittente (in streaming può talvolta capitare infatti di ricevere il messaggio “504 – Server full”) facendo in modo che tutti gli ascoltatori contribuiscano alla diffusione del segnale radiofonico. Tuttavia è necessario che l’emittente, in quel particolare momento, abbia diversi ascoltatori, che effettivamente siano tutti “alla pari” per quel che concerne la banda disponibile (sia in larghezza che in possibili limiti alle connessione, magari presenti perché ci si trova nel proprio luogo di lavoro). Un sistema che pare funzionare molto bene per la visione di incontri calcistici18, ma che per una radio pare fuori luogo (per questo, come dicevo sopra, oltre a convenire agli ascoltatori, anche per un’emittente trasmettere con un basso bitrate ha dei vantaggi). Aggiungo, per concludere, che nello streaming è possibile sospendere momentaneamente l’ascolto senza perdere un secondo dei programmi, eventualità impossibile nelle radio tradizionali. Tutto ciò è dovuto ad un buffer (magazzino temporaneo) nel quale vengono immagazzinate le informazioni prima di essere riprodotte.

13 [la Repubblica.it, 21/01/2006 (1) - (2)] per un’inchiesta in aggiornamento su questo scandaloso immobilismo italiano. 14 Per bitrate si intende il numero di bit presenti in un secondo. Maggiore sarà questo numero, più il flusso sarà di qualità. Si tenga conto che la maggior parte dei brani in formato MP3 circolanti ha un bitrate compreso tra i 128 e 192 kbs. Per le radio può anche non servire questa qualità: una trasmissione tradizionale in FM ha un bitrate di circa 96 kbs. 15 Nella piattaforma Windows in particolare. La maggior parte dei formati è proprietaria, perciò anche nella piattaforma Linux e Macintosh alcuni software coincidono. Sono poi disponibili varianti di questi lettori multimediali. 16 Noto che talvolta si utilizza anche il formato Macromedia Flash, ma in netta minoranza. Questo anche a fronte della scarsa qualità e manopolabilità del flusso. 17 Ad esempio in http://www.radiopopolare.it/poplive/diretta/ è ben spiegato, anche con un po’ di ironia, perché Radio Popolare abbia deciso di trasmettere in formato Windows Media (corrisponde circa a vendere solamente Coca Cola nei concerti da loro organizzati). 18 [la Repubblica.it, 30/01/2006].

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Non solo radio In questa sezione tratterò di alcuni fenomeni relativamente recenti, in quanto realizzabili esclusivamente su web. Come vedremo l’innovazione sta nell’abbandono del flusso continuo, del quale in un secolo la radio ne aveva fatto “di necessità, virtù”. Liberi dai palinsesti, ovvero: audio on demand “Trasmettiamo ora, a grande richiesta da parte degli ascoltatori, la replica di…”. Così molte volte, nelle ore notturne o nei mesi estivi, incomincia(va)no i programmi radiofonici in broadcasting. Se questo non avveniva, o si perdeva anche questa occasione, poteva anche esserci rabbia e sconforto per aver perso una o più puntate del programma preferito. Per quel che riguarda la televisione il videoregistratore risolse il problema, ma per la radio pochi hanno pensato ad un sistema simile19. Adesso invece una frase sempre più presente è “Potete ascoltare la trasmissione sul nostro sito, www. …”. Questa è l’esemplificazione dell’audio on demand. Esso è presente sia se voluto dall’emittente o dagli autori della trasmissione, sia se qualche individuo dotato di buona volontà decide di registrare e condividere con un programma peer-to-peer le puntate trasmesse20. Non si tratta di una ripetizione di quanto scritto poche righe sopra. La differenza abissale è che non si sta più parlando di streaming, ma di download. Preciso che registrare, con qualche stratagemma, i contenuti offerti solo in streaming è illecito esattamente quanto scaricare materiale protetto da copyright (salvo l’uso personale, come è sempre stato con radio e televisione tradizionali). Con questo fenomeno la radio perde la sua fugacità, tanto da far pensare che diventa anch’essa produttrice di “testi”, e perché no, anch’essi ipertestuali (diventa infatti possibile passare da un contributo ad un altro, senza dover ascoltare ciò che non interessa)21. Tutto ciò rende inoltre maggiormente accessibili archivi preziosi, sia storici che di puro intrattenimento22. Oppure, molto più semplicemente, permette di rendere pubblico una sorta di “magazzino temporaneo” in cui conservare l’ultima settimana di trasmissione, come si può vedere sul sito di Radio24 (del quale è possibile effettuare il download). Un sistema di moda: il podcast23 Strettamente connesso all’audio on demand, c’è infine il podcasting. Termine ibrido, che rende immeritato beneficio alla Apple (il nome è la contrazione del termine iPod – il noto lettore portatile, e broadcasting). Nessuna avversione particolare contro questo marchio, dispiace solamente che appaia come uno strumento solo di suo appannaggio (promuovendo il servizio, lo si associa con l’immagine dell’iPod). Infatti non si tratta d’altro che l’unione del sistema dei feed RSS con materiale audio. Mi spiego meglio: al posto che costituire un link ad una pagina web, i “titoli” dei feed collegano a determinati file audio. Che poi questi siano ascoltabili tramite il proprio iPod, non esclude che lo siano anche dal proprio PC, da un palmare o da un lettore audio portatile qualsiasi. Ciò che lo distingue dall’audio on demand è l’abbonamento al feed. Il termine “abbonamento” è solitamente associato al pagamento di una quota, ma in questo caso si tratta unicamente nell’impostazione del client (il software ricevente che ha il compito di dialogare con il server) in maniera tale che esso si aggiorni automaticamente sugli ultimi contenuti presenti.

19 È fuori da ogni dubbio che fosse possibile per un appassionato di hi-fi eseguire la programmazione automatica della registrazione delle trasmissioni, ma per l’ascoltatore medio non restava altro che un conoscente con buona memoria. 20 La registrazione automatica è anche stata semplificata dallo stesso computer. 21 [Menduni, 20011], p. 223-224. 22 In Italia il servizio pubblico ha monopolizzato per settant’anni il panorama radiofonico. Vale dunque la pena di fare una visita al sito http://www.teche.rai.it/ , sebbene non tutto il materiale sia accessibile. 23 Informazioni più dettagliate si possono trovare su http://it.wikipedia.org/wiki/Podcast.

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Mentre nell’audio on demand talvolta è necessario essere connessi ad Internet per l’ascolto (un utente esperto, come dicevo, può comunque facilmente aggirare l’obbligo dello streaming), il podcasting richiede la connessione solo per lo scaricamento dei file. Un po’ come l’aver salvato o stampato la pagina di un blog e leggerne i contenuti quando e dove lo si desideri, lo stesso avviene con questo sistema. In più, come per i blog o le web-radio, niente vieta a qualsiasi persona di istituire un proprio podcast, per quanto è da notare che si affermano maggiormente quelli di personaggi con un prestigio già rilevante24. Il podcasting è un fenomeno in continua crescita, utilizzato ormai dalla maggior parte delle emittenti (pubbliche e private), ma anche da case discografiche indipendenti per promuovere la loro musica, o addirittura da alcune scuole per rendere accessibili le lezioni agli studenti25. Da evidenziare che con questo strumento la radio diventa ancor più “produttrice di testi” rispetto all’audio on demand, dove comunque nella maggior parte dei casi è previsto lo streaming. Ritengo che questo debba per forza mutare determinati obiettivi di produzione delle trasmissioni dato che non è così scontato che l’ascolto avverrà in diretta. Inoltre i conduttori dovranno badare molto di più agli errori. Questa maggiore richiesta di qualità sembra assomigliare a quella richiesta nelle serie TV (telefilm) negli ultimi anni, dove si vede prevalere una volontà di conservazione dei contenuti da parte degli spettatori (in particolare grazie alla diffusione dei DVD). Uno sguardo d’insieme Si sarà notato come il concetto di radio in questa trattazione sia piuttosto vasto: si passa da quello in cui una radio con milioni di ascoltatori giornalieri decide di trasmettere anche in Internet, al privato cittadino che registra, magari con un telefonino, le sue osservazioni, le sue paure ed esperienze, lasciandole in rete nel suo podcast, al quale (forse) qualcuno è abbonato. Provo a schematizzare quanto visto:

Ascolto Interesse precedente

Streaming Radio on line Web-radio Audio on demand

Download Podcast Peer-to-peer File sharing

Tabella 1 – Schema riassuntivo

Per “ascolto” ed “interesse precedente”, categorie che potrebbero apparire dubbie intendo rispettivamente:

- il fatto di “lasciarsi trasportare”, di effettuare solo la scelta della stazione radio o del podcast, per poi rendersi disponibili, quasi a scatola chiusa, ad ascoltare ciò che hanno da offrire. Ad esempio: trovo una stazione radio monotematica e la ascolto in streaming. Oppure imposto il client sul podcast di un giornalista free-lance, e seguo passo-passo i contribuiti da lui registrati (scaricandoli ad ogni aggiornamento, ascoltandoli però quando voglio).

- il fatto di voler escludere in precedenza ciò che non interessa, avendo già una determinata idea di ciò che si intende ascoltare. Ad esempio: visitare un sito dove sono reperibili diverse interviste a personaggi storici, ed ascoltare unicamente quelle di mio interesse. Oppure cercare con eMule le registrazioni di un programma del quale ho perso le prime puntate, scaricarle, ed ascoltarle quando lo desidero.

24 Tra cui ad esempio Daniele Luttazzi, http://www.danieleluttazzi.it/. Non che un comune cittadino, se armato di buona volontà non possa riuscire a avere un suo seguito di ascoltatori e perché no, ammiratori [Corriere della Sera, 28/01/2006]. 25 [la Repubblica.it, 04/05/2006]. Nell’articolo sono inoltre riportati numerosi esempi di web-radio “scolastiche”.

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Sia chiaro: è una schematizzazione che può servire a trarre un certo tipo di conclusioni, ma che è suscettibile a revisione continua, in quanto i confini tra le modalità osservabili sono piuttosto labili. Infatti uno stesso sito può offrire tutte e quattro le forme, congiunte ad immagini e video: una integrazione totale tra media insomma. Inoltre alcune forme sono di confine: un podcast non obbliga ad ascoltare tutti gli aggiornamenti e come si è visto l’audio on demand non è vincolato alla trasmissione in streaming. Diritto d’autore e file sharing Tratto ora brevemente due questioni tra loro legate che, seppur non strettamente connesse al concetto di radio da me esposto, finiscono per influenzarlo. Una di queste è tutto ciò che concerne il diritto d’autore, che oramai siamo abituati a chiamare (sbagliando) copyright26. Non ho in questa sede intenzione ad avventurarmi in un argomento che, se colto nelle molteplici sfaccettature, porterebbe ad una trattazione ben più complessa rispetto al resto della relazione. Mentirei, tuttavia, se sostenessi che il problema non riguarda il rapporto tra la radio e Internet. Un particolare aspetto mi incuriosisce, sorto dallo spunto fornito dal relatore di questo lavoro. Esso è ben esemplificato da questa proposizione:

”[…] le norme sul diritto d'autore regolano il diritto di […] diffondere tramite mezzi di diffusione a distanza […], compresa la messa a disposizione dell'opera al pubblico in maniera che ciascuno possa avervi accesso nel luogo e nel momento scelti individualmente (le cosiddette fruizioni on demand)27”.

Riassumo quindi il caso paradossale: la condivisione di file (protetti da diritto d’autore), sebbene prevalentemente non punita, corrisponde a un reato. Tuttavia, se una web-radio con regolare licenza SIAE dà il via ad una programmazione di musica a richiesta, ascoltare il brano che desidero non è più di un illecito. Programmi simili, in particolare quelli riservati alle dediche, costituiscono ancora (anche se meno di un tempo) uno dei punti di forza delle emittenti tradizionali. Internet, in questo senso, renderebbe più agevole l’interattività, ma il punto è un altro: molti non trovano senso in questa limitazione e finiscono, parafrasando la precedente citazione, a “scegliere individualmente il luogo e il tempo” in cui ascoltare un brano o qualsiasi materiale protetto da diritto d’autore. Questo e altri paradossi hanno portato da diverso tempo a tipi di licenze meno restrittive (Creative Commons). Ammetto che si stanno diffondendo sempre più, ma il settore musicale è stato poco scalfito da queste innovazioni28. Resta invece da vedere cosa accadrà di Mercora, operante in Italia in accordo con Tiscali, la quale funziona più o meno nel modo sopra descritto29. Non sono un esperto di marketing, tuttavia ritengo che abbia scarse possibilità di riuscita un sistema che di fatto diminuisce il grado di aspettative che la maggior parte degli individui ha sviluppato in Internet. Ciò che va rilevato è che, come dicevo sopra, questo sistema è “ibrido”: l’ascoltatore può scegliere (audio on demand) da ciò che è condiviso dagli utenti (peer-to-peer), ricevendo il tutto in streaming (web-radio). La seconda questione, il file sharing, è ovviamente legata al diritto d’autore (per chiarezza: intendo un sistema di condivisione che prevede il download di file). Non intendo nemmeno in questo caso analizzare il fenomeno. Ho però un ricordo personale che si presta bene a fare da ponte sui temi di questa sezione. Circa cinque anni fa si diffuse l’utilizzo di un’interessante servizio che si chiamava “Myplay”. Collegandosi al sito www.myplay.com si poteva creare un account legato al proprio indirizzo di posta elettronica. Tutto sommato non era nulla di stupefacente, dato che molti siti 26 Non per apparire campanilista o anti-americano, ma sono tutele che nascono da due tradizioni diverse. Si veda per maggiori informazioni http://www.creativecommons.it/node/165. 27 Ho volutamente sottolineato la parte saliente. Tratto da http://it.wikipedia.org/wiki/Diritto_d%27autore. 28 A smentirmi basterebbero più gesti come quelli di David Byrne e Brian Eno http://www.bush-of-ghosts.com/. 29 Si veda [la Repubblica, 26/04/2006] e http://webnews.html.it/news/leggi/3925/mercora-cresce-la-radio-p2p/ per ulteriori dettagli.

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offrivano spazio remoto (non intendo ovviamente quello fornito dai provider per la pagina web personale). Myplay si distingueva però perché era totalmente dedicato alla musica (si potevano “uppare30” solo file di tipo MP3 o WMA), offriva 3 GB di spazio (all’epoca non era poco), e last but not least non richiedeva nessun tipo di pagamento, nemmeno per servizi aggiuntivi. Idealmente il principio di fondo non faceva una piega: ogni utente selezionava dei brani dal suo disco fisso, li trasferiva nel suo spazio (dove poteva anche creare una playlist remota – da cui il nome Myplay) potendo così ascoltarli – o scaricarli a grande velocità… - dovunque avesse avuto a disposizione un collegamento Internet. Salvo per la funzione di copia da un account all’altro, rimossa dopo poco tempo, il servizio non ebbe problemi fino a quando i tribunali “scoprirono” che non veniva usato proprio in questo modo. Tutta questa storia serve per far capire come anche possibilità gradevoli vengano schiacciate dalla stridente contraddizione tra norme ed effettivo comportamento degli utenti, viste le enormi possibilità di scambio alla portata di tutti. In un certo senso ritengo che la così detta pirateria stia modificando di fatto, anche se lentamente, i formati di distribuzione delle novità musicali, intendo il concetto di “singolo” e di “album”. Ma per questo è ancora presto31. Per riprendere l’argomento della tesina, ovvero il rapporto tra radio e Internet, importante sottolineare che la maggior parte delle volte se i dischi sono disponibili prematuramente in Internet, lo si deve alle copie promozionali inviate alle emittenti radiofoniche (solitamente indicate con PROMO o ADVANCE). Un’ultima nota: senza dubbio i sistemi peer-to-peer, gli unici “sopravvissuti” alle battaglie legali, mutano alcuni degli scopi della radio. Ciò non toglie, come sostengo più avanti, che ascoltare una radio che trasmette solo canzoni, sia radicalmente diverso da ascoltare una playlist propria o di qualche conoscente. Si ad pensi ad esempio a come un gruppo di persone può risolvere facilmente problemi derivanti da differenti gusti musicali: basta sintonizzarsi/collegarsi ad un’emittente, preferibilmente generalista, ed ecco che la responsabilità personale viene meno. Possono apparire scenari apocalittici, ma in certi casi, visto e considerato che la musica ravviva le emozioni, sono da tenere conto.

30 Termine usato nelle varie mailing-list di cui facevo parte per indicare l’upload, ovvero la copia da PC a spazio remoto. 31 Difficile determinare inoltre se la possibilità di ascoltare interamente un album porti ad effettivamente ad acquistarlo se di proprio piacimento. Resta comunque fermo il bisogno di un “mezzo” che faccia conoscere anche ciò che altrimenti non si sarebbe mai sentito. I soli consigli orali o scritti non rendono giustizia al mondo della canzone.

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Osservazioni finali La diffusione di Internet in ambito domestico sembrava, a detta di avventati e inesperti analisti, la fine del mondo come lo conoscevamo. Quotidiani, riviste, radio e televisione, per restare nel campo dei mass-media, avrebbero avuto vita breve. La tendenza sembra invece di un’altra specie: quella di offrire informazione su più canali possibili32 e quella di integrare i diversi mezzi di comunicazione33. I giornali hanno sempre fatto la loro apparizione su radio e televisioni e viceversa, e ad oggi pare stia avvenendo lo stesso con Internet: non esiste quotidiano, radio o televisione senza un sito web, come non esiste un quotidiano o periodico qualsiasi che non tratti della rete. Mi sono concentrato sulle radio, sebbene sia possibile rintracciare delle affinità con quanto è avvenuto con i quotidiani e le televisione34. Quest’ultima vede una sempre maggiore proliferazione sulla rete, e da molti viene visto come un passo avanti. Come fu con la sua comparsa negli anni ’50, quando sembrava che dopo tante glorie, per la radio non ci fosse più futuro. Come se l’audio da solo non bastasse, o fosse temporaneo, fino all’arrivo dell’immagine ad esso collegata. Tuttavia non tutti la vedono in questo modo. Per alcuni audio e video congiunti non sono unicamente la somma delle parti. La radio, da quando è comparsa la televisione, è stata sempre più legata alle emozioni, più intima e dedicata all’ascolto individuale35. C’è chi intravede un futuro in cui i conduttori saranno “un luogo della mente, di entità gestite direttamente dal pubblico che sceglierà i contenuti da dare di volta in volta ai programmi36”, e forse non ha tutti i torti. Nemmeno chi pensa che la rete da sola non basti, ma che invece può essere uno strumento con il quale si può ottenere la possibilità di avere un bacino d’ascolto per poi passare anche sull’etere, a mio avviso ha colto la vera natura della radio, immutata da decenni37. Ricorda molto la prima lezione di questo modulo, analizzando il carattere non inevitabilmente distributivo della rete. Rifacendosi alla definizione di Luciano Gallino, la comunicazione di massa è “[…] ogni processo di produzione, trasmissione e diffusione di testi, notizie, immagini, suoni, atto a raggiungere in modo simultaneo o comunque entro brevissimo tempo un gran numero di persone separate e disperse su vasto spazio e per lo più non in rapporto tra loro38”. La radio è ancora tale quindi, come lo è una web-radio, un podcast e così via. Il numero di potenziali ascoltatori non ha fatto che aumentare, ed è questo il fattore peculiare: una semplice conversazione, o anche l’ascolto di una registrazione fatta per noi da qualcuno che conosciamo bene è tutta un’altra cosa (riguarda infatti la telefonia ed i suoi sviluppi tecnologici). 32 Si pensi alla tanto discussa “convergenza”, termine più appropriato rispetto a quello più in voga “multimedialità”. I casi specifici sono molti, valgano come casi esemplari (per il nostro paese) i siti dei due principali quotidiani nazionali – Corriere della Sera e La Repubblica – ormai sempre più ricchi di testi, immagini, registrazioni audio e video. 33 Solo per citare i casi maggiori: Al gruppo “La Repubblica - L’Espresso”, tramite la società Elemedia sono riconducibili Radio Deejay, Radio Capital e m2o. Radio Deejay è legata anche a Deejay Tv su satellite, ed è in sperimentazione la trasmissione delle riprese dello studio su AllMusic (sempre di Elemedia) della trasmissione “Deejay Chiama Italia”. Senza dimenticare il portale Kataweb. Il gruppo “Rizzoli - Corriere della Sera (RCS)” si “limita” a Radio Italia Network, Play Radio, la syndication CNR e al portale Dada.net. Il quotidiano “Il Sole 24 Ore” è invece riuscito ad affermare in pochi anni Radio24, emittente dal format tipicamente anglosassone. Radio Italia Solo Musica Italiana ha optato anch’essa per una televisione satellitare, Video Italia, guardabile anche in rete (come le citate Deejay Tv e AllMusic). 34 Convince poco la celebrazione della radio di Menduni [Menduni, 20011]. Si tratta di un testo già “vecchio” per questo tipo di processi, e non stupisce all’epoca la descrizione di Internet come un mondo prettamente visivo, quasi privo di sonorità, dove i messaggi audiovisivi non avrebbero avuto spazio. Trovo sbagliato paragonare ciò che avviene sulle autovetture (dove lo spazio visivo è fondamentale), a quello che avviene davanti una scrivania, dove solo in determinati casi la radio è l’unica fonte di svago. 35 Seppur in forma spicciola, il concetto non si distacca molto dalle tesi di McLuhan e di Postman, che in questo lavoro non ho tuttavia approfondito. 36 Intervento di Andrea Pezzi, [Corriere della Sera, 07/02/2000], Riferito all’uguaglianza sostanziale che si viene a creare tra DJ e pubblico con un’interattività con sempre meno barriere. 37 [Corriere della Sera 14/11/2003]. 38 [Gallino 2004], voce “Comunicazione di massa”, p. 139.

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Come ci si può rendere conto osservando alcuni dati, la radio sembra godere di ottima salute, sebbene non lo dia troppo a vedere. Le nuove tecnologie stanno cambiando alcune tradizioni, ma altre restano radicate nelle società39. Non dimentichiamo inoltre la forte importanza che lo strumento riveste ancora in Africa e Sud America. Continua inarrestabile il favore del pubblico di certe trasmissioni, ad esempio “W Radio2”, sancito dall’uscita periodica di un CD, spesso in vetta alle classifiche. Andando un po’ meno lontano può bastare ricordare “Fuoricorso”, il programma radiofonico dell’Ateneo realizzato dall’Opera Universitaria che, stando alle dichiarazioni di quest’ultima, mette in cassetto un successo dopo l’altro. Sarebbe interessante poter inserire anche un altro dato numerico. Anche se si trattasse solo di una stima, sarebbe utile dare atto del numero di radio ascoltabili tramite Internet. Questo non è possibile però per due ragioni: pare sia impossibile quantificare perfino quelle terrestri40, e l’ampiezza del concetto di radio in questa tesina porterebbe questa cifra ad essere una stima molto azzardata e in costante aggiornamento. Curioso il fatto invece che le emittenti che trasmettono su web possono invece conoscere esattamente (o quasi) il numero dei loro ascoltatori, per non dire l’identità degli stessi. Per le trasmissioni via etere l’audience è misurabile solamente tramite intervista telefonica, in quanto l’ascoltatore è (quasi per definizione) anonimo ed irrintracciabile. Il fatto di conoscere i propri ascoltatori, anche i cosiddetti “silenti” (coloro i quali non sono soliti intervenire nei programmi) è un ulteriore scoglio che i responsabili delle direzioni marketing delle radio vedono con favore41. In più, come se non bastasse i programmi più utilizzati per l’ascolto creano cookies e talvolta capita che certe emittenti (RTL 102.5 ad esempio) richiedano la registrazione per l’ascolto in alta qualità. Ammettiamo anche che sia utile conoscere i propri ascoltatori (anche se in certi casi irrita perfino che il vicino di casa conosca la nostre preferenze), il problema maggiore consta ovviamente nella pubblicità. Fino ad ora la comunicazione di flusso ha permesso l’inserimento seriale di spot nelle trasmissioni. Resta da scoprire come nelle altre forme di comunicazione (in particolare quelle non in diretta) sia possibile questo inserimento. Senza dubbio una soluzione verrà trovata, ma ora è difficile dire se rimpiangeremo il passato. Intanto basta ricordare che degli studi hanno dimostrato la maggiore persuasività delle pubblicità radiofoniche… Due ulteriori osservazioni: come già detto, non ha senso soffermarsi su certe caratteristiche della radio, o di qualsiasi altro fenomeno, per poi dichiarare morto quello strumento non appena vengono a mancare. Dice bene Gianluca Nicoletti: “La radio […] esisterà ancora proprio per il fatto che può esserci oltre il proprio involucro […], per la radio non è più importante essere rappresentata con un oggetto.42” La radio può essere tale anche se non è più trasmessa da un’antenna che “irradia” il segnale (infatti a questo deve la sua denominazione). Si pensi alla filodiffusione (nata ed ancora esistente da quasi mezzo secolo), oppure al fatto che negli ultimi anni il segnale radiofonico è sempre più difficile che non sia trasmesso, in qualche punto del percorso, via cavo. Lo stesso che avviene con le telefonate: all’orecchio appare tutto come decenni fa, ma in realtà le innovazioni tecnologiche hanno di molto, ed in meglio, modificato il percorso dell’informazione e la sua qualità. Tuttavia bisogna spezzare una lancia in favore del “vecchio” modo di trasmettere. La seconda guerra mondiale (Radio Londra su tutte, con il bislacco tentativo della RSI di evitarne la ricezione agendo sul sintonizzatore degli apparecchi sparsi sul territorio), Berlino negli anni della guerra fredda, o più semplicemente le emittenti private dalle coste jugoslave o dal Principato di Monaco in era di monopolio (Radio Monte Carlo, Radio Capodistria) portano a riflettere. Nei casi sopra citati ci sono stati dei tentativi, essenzialmente inutili per la natura stessa delle onde elettromagnetiche, di oscurare questi segnali. Anche accantonando i forti limiti di diffusione tecnologici, la trasmissione

39 Basti consultare le relazioni di Audiradio (http://www.audiradio.it/), dove si può notare come la radio non sia assolutamente uno strumento “fuori dal tempo”. Peccato però che i dati siano riferiti solo alle trasmissioni via etere. 40 [Ortoleva et al., 2003], p. 993. 41 Si veda [WMT, 2002, 57], pp. 114-116: “Se ascolto musica country forse potrei essere interessato all’acquisto del brano, di stivali da cowboy, di un viaggio a Nashville. […]“. 42 [WMT, 2002, 57], p. 117.

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in Internet è davvero senza barriere? Parlo ovviamente della Cina, della Corea del Nord, dell’Iran, e degli altri stati, nei quali la rete è sottoposta a censura. Al momento pare proprio un fallimento dei principi di Internet. Infine, teniamo conto di questo: il fatto che “fare radio” sia oggi più alla portata di tutti non significa che tutti possano permetterselo. Gran parte delle trasmissioni del passato possono apparirci banali e semplici da realizzare, ma non significa che all’epoca lo fossero altrettanto. Ora con una regia automatica43 e un collegamento ad Internet ci sono molte più possibilità, ma le virtù di un tempo non sono più un qualcosa di eccezionale: chi può non trovare velocemente informazioni di ogni genere sul web? Che siano notizie sul traffico, gossip o ultime uscite discografiche, praticamente ognuno può venire a conoscenza del più svariato e specializzato tipo di notizie. Ovviamente non è tutto qui, una redazione giornalistica filtra e lega tra loro le agenzie e i comunicati stampa (nel caso da criticare o smentire)44, un esperto musicale ha delle conoscenze e dei ricordi che non tutti possono digitare (o registrare?) in rete, e questo vale per tante qualità personali dei DJ, dei giornalisti e dei tecnici audio. Tuttavia alcune abitudini vanno scomparendo, come i quiz del tipo “Chi cantava la canzone … nel 1976?”. Adesso non serve nemmeno averlo mai sentito quel brano, che in pochi secondi possiamo conoscere la risposta45. Ben diverso il discorso se invece quella canzone la conosciamo ed è associata ad un particolare momento della nostra vita. Accaduto, magari, con una radio accesa in sottofondo.

43 In sostanza un computer con installato un software che auto-genera la programmazione musicale. Utilizzato prevalentemente la notte, è comunque un sistema che ha modificato la figura del tecnico del suono anche nei programmi con uno o più conduttori [Ortoleva et al., 2003], voce “regia automatica”. 44 Bisogna tenere conto del principio dell’affidabilità, tra i più importanti nel giornalismo. Non che nelle radio più rinomate sia garantita con certezza, comunque il rischio è ben diverso da un anonimo o sconosciuto che al massimo perderà qualche ascoltatore. 45 Anche perché la maggior parte delle radio trasmette sul web non solo l’audio, ma anche i “meta-dati” riguardanti quel flusso (come minimo l’artista ed il titolo del brano).

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Testi consultati Libri [Ortoleva et al., 2003] – Enciclopedia della radio, a cura di Peppino Ortoleva e Barbara Scaramucci, Milano, Garzanti, 2003, della serie “Le Garzantine”. In particolare le voci: Internet, nuove tecnologie, on demand (audio), streaming, web-radio. Disponibile anche in due volumi, in edizione speciale per “TV Sorrisi e Canzoni”. [Menduni, 20011] – Menduni, Enrico, Il mondo della radio – Dal transistor a Internet, Bologna, il Mulino, 2001, in particolare: Parte terza “L’orecchio di Internet”, cap. XIV “Internet oltre lo schermo visivo”, pp. 217-232. [Gallino 2004] – Gallino, Luciano, Dizionario di Sociologia (seconda edizione riveduta e aggiornata), Milano, UTET, 2004. Riviste [Altrimedia, 1976, 1] – “Altrimedia, radiotelevisione e gli altri” – Gennaio 1976, n. 1, pp. 4 – 6

“Radio locali: e il pubblico ora partecipa” – Intervista a Umberto Eco, a cura di Lia Sacerdote [WMT, 2002, 57] – “Web Marketing Tools - Strumenti e strategie per l’economia digitale” – Settembre 2002, n. 57, pp. 107 – 123

“Speciale web-radio”, contenente:

o Communities: i territori contaminati della radio@ttività, Alessandro Battaglia, p. 108 o Corsa a ostacoli per la musica online, Alessandra Teani, p. 114 o “I sing the body electric”. Le esplorazioni dissidenti di Gianluca Nicoletti, Alessandro Battaglia, p. 117.

Articoli di giornale “Corriere della Sera” (archivio online - alcuni articoli a pagamento [accesso UNITN] ) 07/02/2000 – Andrea Laffranchi, Radio all'assalto di Internet, una rivoluzione. 14/11/2003 – Raffaella Oliva, La radio di quartiere si ascolta al computer. 27/09/2004 – Aldo Grasso, Ottant'anni di radio. E non siamo stanchi. 28/01/2006 – Sandro Foschi, Podcasting, musica fai-da-te in radio. “la Repubblica.it” 21/01/2006 (1) – Daniele Vulpi, La rabbia dell'Italia senza Adsl. "La banda larga sia un diritto".

http://www.repubblica.it/2005/c/sezioni/scienza_e_tecnologia/adsl/proteste1/proteste1.html

21/01/2006 (2) – Daniele Vulpi, Vita nei paesini, sognando l'Adsl. Storie dal digital divide nostrano. http://www.repubblica.it/2005/c/sezioni/scienza_e_tecnologia/adsl/proteste2/proteste2.html

30/01/2006 – Alessandro Longo, Calcio italiano gratis su internet. Ma il link è da cartellino rosso?. http://www.repubblica.it/2006/a/sezioni/scienza_e_tecnologia/linkweb/linkweb/linkweb.html

04/05/2006 – Tullia Fabiani, Quando la scuola diventa hi-tech dal podcast alle web-radio, è boom. http://www.repubblica.it/2005/k/sezioni/scuola_e_universita/servizi/classivirtuali/podcast-scuola/podcast-scuola.html

“la Repubblica” 26/04/2006 – Ernesto Assante, La rivoluzione delle “web radio”, diventiamo tutti disc-jockey, p. 55.

Prima stesura: febbraio 2006 – Consegna: maggio 2006.


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