+ All Categories
Home > Documents > La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il...

La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il...

Date post: 09-Apr-2020
Category:
Upload: others
View: 1 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
47
La rassegna stampa di febbraio 2011 O blique Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 Paolo Bianchi, «Minimum fax.Volevano rifare la cultura, hanno rifatto il salotto» Libero, primo febbraio 2011 9 Benedetta Craveri, «La forza della critica» la Repubblica, 2 febbraio 2011 11 Vincenzo Ostuni, «Per la liberazione dei lettori» www.alfabeta2.it, 3 febbraio 2011 14 Giordano Tedoldi, «Pynchon & C. I libri illeggibili che vanno letti per non sfigurare in società» Libero, 3 febbraio 2011 17 Antonio Gnoli, «Lo spacciatore di talenti» la Repubblica, 3 febbraio 2011 19 Filippo La Porta, «Under 40, il catalogo è questo» Il Sole 24 Ore, 6 febbraio 2011 21 Massimiliano Parente, «Cari aspiranti scrittori, il vostro manoscritto tenetevelo nel cassetto» il Giornale, 7 febbraio 2011 24 Maurizio Bono, «L’addio di Turchetta alla Mondadori» la Repubblica, 8 febbraio 2011 26 Federico Mello, «Bufale sull’ebook» il Fatto Quotidiano, 9 febbraio 2011 27 Enrico Piscitelli, «Una piccola nota sulla distribuzione» Nazione Indiana, 10 febbraio 2011 29 Ida Bozzi, «Battaglia editoriale su Gadda.Tutto in Adelphi entro il 2016» Corriere della Sera, 12 febbraio 2011 32 Luigi Mascheroni, «Officina d’arte grafica Lucini. Il fascino del libro bello e impossibile» il Giornale, 13 febbraio 2011 33 «Quando devi fare una cosa, pensa alla normalità. E poi fai il contrario»Bruno Munari
Transcript
Page 1: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

La rassegnastampa di

febbraio 2011Oblique

– Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3– Paolo Bianchi, «Minimum fax. Volevano rifare la cultura, hanno rifatto il salotto» Libero, primo febbraio 2011 9– Benedetta Craveri, «La forza della critica» la Repubblica, 2 febbraio 2011 11– Vincenzo Ostuni, «Per la liberazione dei lettori» www.alfabeta2.it, 3 febbraio 2011 14– Giordano Tedoldi, «Pynchon & C. I libri illeggibili che vanno letti per non sfigurare in società» Libero, 3 febbraio 2011 17– Antonio Gnoli, «Lo spacciatore di talenti» la Repubblica, 3 febbraio 2011 19– Filippo La Porta, «Under 40, il catalogo è questo» Il Sole 24 Ore, 6 febbraio 2011 21– Massimiliano Parente, «Cari aspiranti scrittori, il vostro manoscritto tenetevelo nel cassetto» il Giornale, 7 febbraio 2011 24– Maurizio Bono, «L’addio di Turchetta alla Mondadori» la Repubblica, 8 febbraio 2011 26– Federico Mello, «Bufale sull’ebook» il Fatto Quotidiano, 9 febbraio 2011 27– Enrico Piscitelli, «Una piccola nota sulla distribuzione» Nazione Indiana, 10 febbraio 2011 29– Ida Bozzi, «Battaglia editoriale su Gadda. Tutto in Adelphi entro il 2016» Corriere della Sera, 12 febbraio 2011 32– Luigi Mascheroni, «Officina d’arte grafica Lucini. Il fascino del libro bello e impossibile» il Giornale, 13 febbraio 2011 33

«Quando devi fare una cosa, pensa alla normalità. E poi fai il contrario» Bruno Munari

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 1

Page 2: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

Raccolta di articoli pubblicati da quotidiani e periodici nazionali tra il primo e il 28 febbraio 2011. Impaginazione a cura di Oblique Studio.

– Francesco Semprini, «Borders, libri in tribunale. Scoppia la crisi da ebook» La Stampa, 17 febbraio 2011 35– Angelo Pezzana, «Libri o ebook. L’inganno di Bezos» La Stampa, 18 febbraio 2011 36– Camillo Langone, «Paolo Nori: “Un ebook e 200 euro. Così ho battuto Eco”» Libero, 22 febbraio 2011 37– Paolo Di Stefano, «Torna la voglia di fare il libraio» Corriere della Sera, 25 febbraio 2011 39– Luca Mastrantonio, «Wu Ming4 contro “la gang sessuale che ci governa”» il Riformista, 25 febbraio 2011 41– Martina Federico, «Fandango vuole portare Q al cinema. Sceneggiatori all’opera» il Riformista, 25 febbraio 2011 44– Anais Ginori, «Il bestseller contro l’indifferenza» la Repubblica, 28 febbraio 2011 45

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 2

Page 3: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

Il termometro e il termostato

Giorgio Vasta, Lo straniero, febbraio 2011

Da circa quindici anni l’Occi-dente letterario domanda a Mi-chel Houellebecq di funzionarecome un termometro. La suascrittura – nella quale la perce-zione molecolare delle coseprende forma attraverso l’imma-ginazione narrativa – deve servireda strumento di misurazione deltempo, da registrazione dellaStimmung epocale. Nel momento in cui questo crismasi è fatto implicitamente compito e obbligo, ogni suolibro viene prima atteso e poi accolto con quella stessaattenzione con la quale puntiamo lo sguardo sul vetrooblungo sottile e millimetrato del termometro a mer-curio in cerca della lineetta argentata che stima la ma-lattia dei nostri corpi. E facciamo tutto ciò sottinten-dendo una specie di accordo: se la prima volta –dunque, nel caso specifico, ai tempi di Estensione deldominio della lotta (pubblicato in Francia nel 1994 e inItalia nel 2001, dopo il successo di Le particelle elemen-tari) – la malattia segnava, mettiamo, trentotto gradi,tutte le volte successive si deve procedere lungo una spe-cie di climax ascendente, ovvero in una progressionenecessariamente catastrofica ed esiziale, pena la polve-rizzazione della nozione stessa di malattia.

In altri termini, la registrazionedel male è credibile soltanto nellamisura in cui descrive un incre-mento della malattia stessa;un’eventuale attenuazione, undeflettersi del segnale, non puòche implicare un guasto del con-gegno di misurazione. Al termo-metro è dunque imposto di nonessere neutro: deve, come si dice,

«prendere posizione», indicare con veemenza, illustrareplanimetricamente che il tempo (individuale, morale,sociale) è un’aberrazione a crescita esponenziale. Se iltermometro non accetta questo patto perde credito.

Il problema è che nel momento in cui il congegno dimisurazione è umano – vale a dire una biografia mon-tata sopra un organismo («questa complessa e gratuitainiziativa biologica», per dirla con Emanuele Trevi, o«Protoni e altro che rivestivamo di storie», con AldoNove) – va previsto che non si dia obbligatoriamenteun inventario del mondo poco a poco sempre più dram-matico e drammatizzante ma che possa invece rivelarsiuna zona di bassa pressione esistenziale (un tempo nelquale, come nell’incipit di quello straordinario stru-mento di rilevazione dell’umano che è L’uomo senza qua-lità, «Le isoterme e le isotere si comportavano a dovere»).

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 3

Page 4: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

Dunque Michel Houellebecq scrive La carta e il ter-ritorio e dà forma a Jed Martin – artista senza inten-zioni particolari, senza furori, emotivamente asside-rato – alla sua piccola parabola atonale nella quale imiti otto-novecenteschi della ricerca artistico-esisten-ziale modello Doktor Faustus – il fiammeggiare, la ca-pacità ustoria di uno specifico destino, il percorsoverso una rivelazione apocalittica e rigeneratrice – la-sciano il posto a una naturale modestia di sguardo edi toni. Il protagonista di un romanzo di Houellebecq– specialmente adesso, anno 2010 – non può che es-sere deuteragonista, seconda se non terza o millesimafila, laterale e smarcato, fuori dall’occhio di bue, estra-neo a se stesso. Ma sempre senza enfasi, senza farneun antieroe significativo: soltanto un personaggiocompattamente disfatto, posteriore a tutti i processitramite i quali descriviamo l’esperienza dell’umano.Un personaggio postumo che esiste in un presente al-trettanto postumo.

Persino il disincanto – ovvero la condizione disguardo comunemente attribuita ai personaggi di Ho-uellebecq e a Houellebecq per primo – è un disincantomorbido, inerte, percepibile ancora una volta per sot-trazione, quasi per distrazione. Un’idea di senso fon-data sulla consapevolezza che il senso – le sue diversetradizioni – si è sgretolato e non resta altro che la fe-nomenologia, l’ebbrezza triste e ancora una volta si-lenziosa e composta di chi lentamente assorbe le formedel mondo solo prendendone atto, senza interrogarle.

Ovvero anche il disincanto, adesso, è estraneo aogni possibilità di militanza e di romanticizzazione.È, alla lettera, disincantato. Come in The Social Net-work, (David Fincher 2010) – la storia desentimenta-lizzata di Mark Zuckerberg, l’inventore di Facebook– Jed Martin attraversa tempo ed esperienza senza maimutare, sempre consegnato a «una malinconia rasse-gnata, lucida», del tutto priva di bellicosità o della purminima increspatura, contraddicendo il luogo co-mune per il quale il romanzo è lo spazio nel qualequella cosa che si chiama personaggio compirà un per-corso di cambiamento. Immodificabili, assenti (o forsemancanti), segnati da un’espressione e da una com-plessiva allure busterkeatoniana, il Mark Zuckerberg

di Fincher e il Jed Martin di Houellebecq persistono,permangono. Intorno mutano le forme ma nulla mo-difica i termini essenziali della loro conoscenza delmondo: essere, senza orgoglio né il minimo compia-cimento, sospesi.

Se l’epoca, questa, è di fatto epoche, dunque sospen-sione del giudizio sulle cose, allora l’umano che faesperienza dell’epoca non può che nutrirsi di sospen-sione fino a diventare una masserella biologico-bio-grafica antigravitazionale, un ordigno tragicomico so-speso nell’aria.

E così Houellebecq prende Jed Martin e lo so-spende tramite sradicamento e disarticolazione dei le-gami; di quelli verticali (la madre suicida, il padre cheva incontro all’eutanasia) e di quelli orizzontali(l’amore inodore di Jed può permettersi il ricordo diGeneviève, compagna e amante perduta, e lo smalti-mento ugualmente inerte del rapporto con Olga:nient’altro): la rarefazione non è un’eventualità o unincidente bensì l’unica regola alla quale Jed può ade-rire. E la rarefazione – il dissolversi mansueto dellecose, lo stato gassoso come origine e meta del mondo– è anche lo strumento tramite il quale Houellebecqmuove verso un’invenzione di senso.

Lontano dal risentimento – per quanto sempre raf-freddato e contratto, geometrizzato – di Le particelleelementari, Estensione del dominio della lotta e Lanza-rote, con La carta e il territorio Houellebecq continuaa fissare dentro un ideale oculare del mirino il sog-getto sfinito delle sue narrazioni – la storia e l’umano,l’umano nella storia, in che modo il trascorrere deltempo costringe l’umano a una torsione rivelatrice –ma questa volta interviene sulla ghiera della messa afuoco e sfuoca, costruisce senso sottraendo percezione.La carta e il territorio trae significatività proprio dallosvigorimento; non dall’arsi, dallo scandalo, dal-l’osceno, ma dall’ipotermia.

«Non bisogna cercare un senso in ciò che non neha nessuno», dice Jed a un giornalista insistente. Ep-pure, se il romanzo è anche uno spazio di significa-zione (soprattutto dell’apparentemente irrilevante edell’insensato), allora si dovrà trovare un modo perconferire una forma drammaturgicamente utile alla

4

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 4

Page 5: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

5

Oblique Studio | Rassegna stampa febbraio 2011

midollare insensatezza delle cose. Ed è questa forma– o meglio la percezione della forma romanzo – a farsicritica nel libro di Houellebecq. Perché scrivere unromanzo nell’epoca della sfiducia nel romanzo e ingenerale dell’imbarazzo nei confronti delle formaliz-zazioni riconosciute vuol dire fare esperienza di undisagio di segno profondamente diverso rispetto aquello – ugualmente epocale – descritto da Adornonel 1949. Se allora a imporsi era un’interdizione netta– «Scrivere una poesia dopo Auschwitz è barbaro» –adesso l’interdizione è più blanda, sfilacciata ed en-dogena (ma ugualmente ostativa). Non c’è la consa-pevolezza abissale di poter concepire e compiere unmale che finisce per avvelenare l’impulso alla scritturabensì un malessere globulare, ameboide, come sequell’altra interdizione con la quale Hugo von Hoff-mannsthal fa cominciare il Novecento letterario –quella che Lord Chandos si autoimpone nella letteracon cui, in un immaginario XVII secolo, comunica aFrancis Bacon la sua improrogabile necessità di dimet-tersi dall’attività letteraria – si fosse aggiornata di centoanni riducendo ulteriormente qualsivoglia carattereeroico e antieroico per generare il sentimento di untempo nel quale il padre (quello di Jed e in generaleogni padre) è un residuo, un «ano artificiale», il perso-naggio Michel Houellebecq è «una vecchia tartarugamalata» che sopraffatta dalla micosi si scortica la pellegrattandosi a sangue (in una specie di «addomestica-zione» parodistica del mito di Marsia scorticato daApollo), il genere noir viene programmaticamente ir-riso (nella terza parte del romanzo) attraverso un’or-ganizzazione grossolanamente basilare del plot e il «li-rico» – dunque il feticcio linguistico di tante tradizioniletterarie, il luna park dell’io, il canto della nostra este-nuata interiorità – trasmigra ordinato nei libri di cu-cina dando luogo a retoriche culinarie tanto prete-stuose quanto mirabili: «La cucina, secondo la guida,“sublimava un territorio di una ricchezza infinita”».

L’emotività, espulsa dai suoi antichi luoghi d’ele-zione, nidifica dove trova spazio. Persino tra le paginedi un libro di cucina. O nelle speculazioni profetichedel pensiero economico, ragionando sui «beni rifu-gio», probabilmente l’espressione nella quale più che

in ogni altra emerge un bisogno di riparo, la necessitàdi riattraversare l’economia in chiave sentimentale(«“Non c’è più alcun bene rifugio”, come aveva di re-cente titolato il Financial Time in un editoriale.»)Tutt’altro che cartesiana e infallibile, tutt’altro che lo-gica e perfetta, persino l’economia – questa armaturateoricamente iperrazionale che informa di sé ogni cosa– si rivela folle e burlesca, isterica e vagabonda, semprein preda a crisi imprevedibili. L’inconsistenza e l’aleas’impongono come denominatore comune di ogni fe-nomeno. E dunque non resta che lo sconcerto, ilpianto.

In La carta e il territorio gli uomini piangono. Pian-gono sempre.

Piange Jed, piange Michel Houellebecq (e la frase èplatealmente kitsch: «Grosse lacrime cominciarono arigargli il volto lentamente»), piange il tenente Ferberdopo aver visto il corpo massacrato di Houellebecq(mentre un giovane gendarme addirittura vomita).Quella stessa emotività snervata che la regola del di-sincanto costringe a farsi stile irrora di sé il romanzo,

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 5

Page 6: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

lo lubrifica e lo liquida. Ogni scena di pianto emergenella sua disperata comicità chiarendo che persino lelacrime – dunque un’espressione originaria, orgoglio-samente prelinguistica – sono un fossile, una reliquia,grottesca come solo possono essere certi malleoli sacri,i menischi e i metacarpi dei santi. Relitti di un altromondo, di un’altra tradizione.

Leggendo ci si domanda se questa condivisa incli-nazione alle lacrime non sia davvero un tentativo diritorno a modelli di esperienza che sembrano conno-tare l’umano tra fine Ottocento e prima metà del No-vecento, come se questo presente non fosse altro cheun punto di non ritorno, o meglio di non prosecu-zione – un vanishing point, un vanishing time; untempo che rende necessario un passo indietro per re-cuperare un modo di far forma alle cose.

Ma al di là di queste specifiche scene è come se unsenso di pianto – l’istante che lo precede, quando l’ondadi piena della disperazione ha raggiunto un culmine didensità e fa pressione per venire fuori, per venire alla luce(il pianto come declinazione dell’umano che nasce dalcorpo) – corresse in filigrana attraverso l’intero romanzo.Probabilmente quello stesso senso di pianto – sempreaurorale, sempre ai propri esordi, incapace di trasfor-marsi in cosa, in comportamento – che innerva di sé lasopracitata Lettera di Lord Chandos, un testo che puòessere usato come una specie di stella polare per orien-tarsi all’interno del romanzo di Houellebecq.

La lettera di von Hoffmannsthal è un’implorazioneche, agli esordi nel Novecento (fu composta nel1902), si rivolge a quel presentimento della fine (deitempi, del senso) che ricorrerà come una costantenell’immaginazione letteraria del secolo che si è ap-pena concluso (concluso perlomeno dal punto di vistadel calendario, considerato che culturalmente conti-nua a determinare buona parte delle nostre categorieinterpretative).

Se quella di von Hoffmannsthal è dunque una pre-ghiera laica che nasce dal prendere atto che persino illinguaggio sbianca e sprofonda (dieci anni dopo lapubblicazione della lettera un’altra sintesi della po-tenza, il Titanic – una cattedrale linguistica trasfigu-rata in materia tramite una straordinaria tecnologia

navale – si inabissa durante il suo viaggio inauguralechiarendo che il Novecento sarebbe stato un temponel quale ‘inaugurare’ e ‘scomparire’ potevano coinci-dere), La carta e il territorio può essere letto come ade-guamento di quel presentimento della fine a una sen-sibilità complessivamente mutata: la fabbricazione diuno spazio attraverso il quale domandarsi se esista an-cora la possibilità di estirpare dalle cose una morfolo-gia e una direzione.

Come per von Hoffmannsthal, anche per Houel-lebecq l’accecamento deriva non da un difetto bensìda un eccesso di sguardo, non da un progressivo al-lontanarsi dall’oggetto del proprio studio ma da unavvicinarsi incoercibile: «Come una volta avevo vistoattraverso una lente d’ingrandimento un lembo dellapelle del mio mignolo che appariva simile a un campopianeggiante con solchi e cavità, così adesso qualcosadi simile mi accadeva con gli uomini e le loro azioni.»(Hugo von Hoffmannsthal, Lettera di Lord Chandos).

Ovvero, tornando a Houellebecq, se l’umano è ilterritorio e il linguaggio è la mappa tramite la qualetentiamo, di questo territorio instabile, una precisis-sima approssimazione cartografica, può accadere chelo strumento di osservazione generi percezioni tal-mente sature e affascinanti da giungere a sostituirsiall’oggetto dell’osservazione medesima; il mezzo,cioè, supera il fine. Lo trascende, lo cancella: «L’in-gresso della sala era sbarrato da un grande pannello,che lasciava ai lati dei passaggi di due metri, su cuiJed aveva attaccato fianco a fianco una foto satellitarescattata nei dintorni del Ballon de Guebwiller e l’in-grandimento di una carta Michelin ‘Départements’della stessa zona. Il contrasto era sorprendente: men-tre la foto satellitare lasciava apparire solo una me-scolanza di verdi più o meno uniformi disseminatadi vaghe macchie blu, la carta sviluppava un affasci-nante intrico di provinciali, di strade pittoresche, dipunti di vista, di foreste, di laghi e di colli. Sopra idue ingrandimenti, in maiuscole nere, figurava il ti-tolo della mostra: LA CARTA È PIÙ INTERESSANTE DEL

TERRITORIO».Il linguaggio – e per estensione la letteratura – non

potendo più farsi strumento dell’umano vuole tout

6

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 6

Page 7: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

7

Oblique Studio | Rassegna stampa febbraio 2011

court fare le veci dell’umano. Vuole, e forse addirit-tura può, essere l’umano.

Se tutto ciò è vero, allora cosa resta?In La carta e il territorio c’è una scena nella quale

intelligenza e narcisismo prima collidono e poi sicompenetrano dando forma a una specie di risposta aquesta domanda.

Michel Houellebecq, il personaggio con il qualeJed Martin costruisce un embrione di legame, vieneassassinato e fatto a pezzi. Orrore, turbamento, e lanecessità di dare sepoltura ai suoi resti: «I tecnici dellascientifica si erano dedicati al duro compito di racco-gliere i brandelli di carne sparpagliati sul luogo del de-litto, li avevano riuniti in sacchi di plastica ermetica-mente sigillati che avevano spedito a Parigi assiemealla testa intatta. Una volta terminati gli esami, l’in-sieme non formava che un mucchietto compatto, divolume assai inferiore a quello di un cadavere umanocomune, e gli impiegati delle Pompe funebri generaliavevano ritenuto opportuno usare una bara da bam-bino, della lunghezza di un metro e venti.»

L’umano – nella persona, o meglio nella ex personadello scrittore – è un mucchietto di carne, brandello,lacerto: una bara da bambino – dunque il rimpiccio-limento definitivo, l’introflettersi – non può che es-sere il suo ultimo nido. Se la temperatura del mondosi abbassa sempre di più, al termometro tocca in sorteuna speculare regressione. Smembrarsi, frantumarsi –dunque il mercurio in fuga, il nucleo sensibile chevaga nello spazio.

Jed, Houellebecq, Jasselin – tutti i personaggi aiquali l’autore concede un barlume di biografia – va-gano attraverso il romanzo. Poi si fermano, pensanoe decidono di tornare a vivere in una casa del passato.In La carta e il territorio si torna nelle case dei padri,in quelle dei nonni, nel territorio dell’infanzia. Il mer-curio – questa indistruttibile pallina sentimentale –come un microscopico Frédéric Moreau argentato de-sidera soltanto, estenuato dall’epoca, ritornare indie-tro. Immaginare, o forse pretendere, che lì – laddovel’origine consiste – possa finalmente accadere una ri-velazione. Ma se in L’educazione sentimentale Flaubertchiarisce che una pienezza, se c’è, è presente e a modo

suo reale soltanto in un frammento impercettibile delpassato e si rinnova, in eco diminuita, nel ricordo enel rimpianto, in quella «educazione desentimentaliz-zata» che è il romanzo di Houellebecq persino l’ex-trema ratio del ritorno non permette di recuperareuna qualche intensità: a quella “felicità indefinita, bru-tale” che è stata l’esperienza durante l’infanzia non c’èmodo di riaccedere.

Il senso, dunque, non sta né nella prefigurazionedelle cose, nel momento dell’attesa e della speranza disorti magnifiche e progressive, né nel ricordo e nellanostalgia. L’umano si smembra e si contrae, le perce-zioni non ce la fanno più a concretizzarsi in formaliz-zazioni potenti. I grandi sistemi di conoscenza delmondo sono apparecchi con le batterie scariche; ina-deguati all’enfasi non possono adesso che mescolarsia quella quota di terrestre cialtroneria che tende a farsisempre più strutturale (e la cialtroneria, quella piùspudorata, è per certi versi l’endoscheletro di La cartae il territorio).

Dunque Jed, l’umano che come un termostatoperfettamente regolato tende ininterrottamente al-l’equilibrio (non però a un equilibrio di ascendenzagreca, non all’equilibrio-saggezza – Socrate, con JedMartin, non c’entra niente – quanto invece all’equi-librio-neutralità, allo smaltimento emotivo, un’at-tualizzazione del Meursault dello Straniero), parlacon la sua caldaia, «la sua più vecchia compagna», lesi confida e attende una risposta. Come un Amletoulteriormente impazzito (o forse pienamente rinsa-vito) che al posto del cranio di Yorik si rivolge a unamacchina termica a forma di parallelepipedo, Jed siostina a evocare senso da un dispositivo rotto (com-portandosi come la ragazzina di La vita è meravi-gliosa che si sporge vero l’orecchio sordo di GeorgeBailey per dirgli che lo ama), e intanto gli torna inmente la caldaia probabilmente «eccezionale» dellacasa paterna, la caldaia «‘dai piedi di bronzo, le cuimembra sono solide come le colonne del tempio diGerusalemme’, come si esprime il libro sacro per de-finire la donna saggia.»

La carta e il territorio intercetta il presente nella mi-sura in cui riesce a essere, rispetto al percorso fin qui

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 7

Page 8: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

compiuto dallo scrittore francese, una forma di diser-zione. Il termometro si dimette dall’obbligo del cli-max ascendente perché non riesce più a sentire, per-ché assideramento interno ed esterno sono speculari,perché il fuori – il mondo – è definitivamente inde-cifrabile. Al romanzo, allora, non resta che inventarsiuna sensibilità all’insensibile, il tentativo di ricono-scere un tempo nel quale l’apocalisse è silenziosa, mi-nore, per nulla catastrofica e disponibile soltanto auna rivelazione esangue, sottovoce, un senso che hal’esuberanza inerziale della vegetazione.

E dunque, per concludere, proviamo a leggere Ho-uellebecq attraverso la prospettiva di Gilles Clément,scrittore paesaggista, teorico del Terzo paesaggio: «Sesi smette di guardare il paesaggio come l’oggetto diun’attività umana subito si scopre (sarà una dimenti-canza del cartografo, una negligenza del politico?) unaquantità di spazi indecisi, privi di funzione sui qualiè difficile posare un nome. Quest’insieme non appar-tiene né al territorio dell’ombra né a quello della luce.Si situa ai margini. Dove i boschi si sfrangiano, lungo

le strade e i fiumi, nei recessi dimenticati dalle colti-vazioni, là dove le macchine non passano. Copre su-perfici di dimensioni modeste, disperse, come gli an-goli perduti di un campo; vaste e unitarie, come letorbiere, le lande e certe aree abbandonate in seguitoa una dismissione recente.» (Manifesto del Terzo pae-saggio, Quodlibet 2005).

Vivere nello spazio-tempo di una dismissione re-cente, dentro qualcosa che non riusciamo ancora abattezzare. La carta e il territorio si protende verso que-sto tentativo di nominare l’umano, un tentativo di«posare un nome» che è quasi certamente consegnatoa un destino asintotico.

La letteratura è un processo di costruzione lingui-stica, di formalizzazione delle percezioni che esistonoal limite. Si nutre di distruzioni, si fonda sulla cata-strofe. Inventa un senso per l’umano – un’origine, unameta – mentre ogni cosa, intorno, vira serenamenteverso la materia.

Le piante sorgono, si mescolano, stratificano: «Iltrionfo della vegetazione è totale.»

8

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 8

Page 9: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

Minimum faxVolevano rifare la cultura, hanno rifatto il salottoUn libro racconta l’ascesa della casa editrice romana. Che ha recuperatograndi autori Usa. Ma ha pure riprodotto i vecchi vizi dell’intellighenzia

Non perdere la testa. Difficile, nelbene e nel male, quando s’intra-prende, da gio vani, un’avventuraprofessionale totalizzante. Nondev’es sere stato facile per MarcoCas sini e Daniele Di Gennaro,che nel 1993 diedero vita a mini -mum fax (scritto così, minu -scolo), all’inizio una rivista lette-raria spedita agli addetti ai lavori,solo via fax appunto, e poi una casa editrice indipen-dente e di ricerca. I due allora giova notti chissà se pen-savano di ri trovarsi, a distanza di quasi vent’anni, agestire una casa editrice organica e articolata, conmezzo migliaio di volumi in catalogo e un interesseda parte dei media di cui nessun loro concorrente halontana mente goduto. Tranne, in par te, la societàomonima e sem pre traballante di quel geniac cio sre-golato di Alberto Castel vecchi.

Nel ripassare, oggi, la storia di minimum fax, scor-rendo le pagine di un saggio capillare come Contro-mano. Storia della minimum fax dal 1993 a12008, diGianfranco Torto relli (Pendragon, pp. 156, eu ro15)ci si rende conto che mo tivi per perdere la testa cene sono stati, vuoi per certe diffi coltà economichedovute alla totale inesperienza degli esor di, vuoi per

gli euforici peana di un manipolodi intellettuali quasi sempre orga-nici e pronti a saltare sul carro delvincitore in qualità di illuminatimaestri (non avendo nulla daperde re).

Qui, per motivi di spazio, dob-biamo farla breve, con i limiti delcaso. Il fulcro della pic cola casaeditrice romana fu all’inizio un

pub di Trastevere, gestito da Marco Cassini con il fra-tello Riccardo (che poi fece una certa fortuna comeautore comico con un vendutissimo libro sulla Nu-tella), un punto d’incontro e di confronto. Do po vanesistemazioni di fortu na, si arrivò alla sede attuale apiazzale di Ponte Milvio, a po chi metri dai famigeratiluc chetti di Federico Moccia, niente di concettual-mente più lontano. Casi della vita.

Di Gennaro è un talentuoso organizzatore dieventi, e lo sa chiunque sia stato anche una sola voltaa una «festa» di mini mum fax. Cassini ha guardatocon molta attenzione alla nar rativa contemporaneadegli Stati Uniti, assorbendo la lezio ne di FernandaPivano (e pri ma di lei di Cesare Pavese) e impor-tando una serie di voci che la grossa editoria tendevaa trascurare.

Paolo Bianchi, Libero, primo febbraio 2011

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 9

Page 10: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

La sudditanzaUn rapporto di vaga suddi tanza verso il colosso Ame-rica, che però dava frutti se concentrata su una pro-duzione «libe ral», o «radical chic», insomma, ci si passiil termine, un po’ fi ghetta, proveniente da Oltreo -ceano. Tutto molto corretto, con l’imprimatur diDacia Ma raini e di Goffredo Fofi, ma an che di Raf-faele La Capria, a fare da padrini benevoli ai volonte -rosi ruzzolii di questi coraggio si esordienti.

La squadra era solida e tale è rimasta nel tempo.Eccellenti le traduzioni di Martina Testa, una lavo-ratrice infaticabile. Francesco Piccolo sfornò subi toun fortunato libretto intito lato Scrivere è un tic, ana-lizzan do abitudini, scaramanzie e metodi di impor-tanti autori. Poi vennero altri, citiamo a me moria:Nicola Lagioia, France sco Pacifico e ChristianRaimo (quest’ultimo ormai invaden te, tutto com-preso com’è nel suo ruolo talvolta macchietti stico di«giovane intellettuale italiano»). Qualcuno, insom -ma, la testa se l’è montata. Ma non i fondatori. Ri-presero Bu kowski, Ferlinghetti, Richard Yates, e so-prattutto Raymond Carver, nel quale gli editoriita liani più ricchi non sembrava no credere (ma ciaveva credu to, non dimentichiamolo, Ser ra & Riva,

che pubblicò Catte drale prima di essere assorbitadalla Mondadori).

E poi gli italiani. A parte quelli già citati, Valeria Par-rella, adorata dalla critica militante. E raccolte di racconti.Il tutto sempre sulla base di una politi cal correctness chenon di rado esondava in un conformismo dogmatico.

Il manicheismo «o con noi o contro di noi» è ancheun buon sistema per rafforzare le sintesi interne di ungruppo, e in quanto tale ha funzionato. La casa edi-trice ora è anche casa di produzione audio e video, or-ganizzatrice di corsi e vendi trice diretta dei suoi stessiprodotti in una animata libreria di Trastevere.

Follie anarchicheA pensarci, le manca la follia anarchica di Stampa Al-ternati va, siamo lontani dal marke ting matto e stupefa-cente di Fanucci, ma anche dalla compassata altezzositàdi Fandan go, e tuttavia anche dallo scaltro ecumenismodi Fazi (anche lui, ormai, in via di assorbi mento). Ci au-guriamo che ai fondatori, e alla loro nutrita schiera dientusiasti collabora tori (guardateli sul sito, www.mini-mumfax.com) la te sta rimanga sempre ben salda sulcollo. E che resti una testa pensante, senza paura dellecritiche né bisogno di adula zioni.

10

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 10

Page 11: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

La forza della criticaSilvers: «L’importanza di recensire il mondo»

Benedetta Craveri, la Repubblica, 2 febbraio 2011

Non è un’impresa facile strap-pare un’intervista a Robert Sil-vers perché il direttore dellaNew York Review of Books nonama parlare di sé ed è sempre inlotta contro il tempo. Figuramitica del giornalismo ameri-cano, lavoratore instancabile eperfezionista intransigente, ar-mato di una cultura enciclope-dica e di una memoria prodigiosa, Robert Silvers con-sacra infatti tutte le sue energie a commissionare,discutere, rivedere ogni singolo articolo destinato acomparire sulla più famosa e autorevole rivista intel-lettuale del mondo anglosassone. E se infine Silversacconsente a rispondere alle mie domande è anche perricordare come la Nyrb sia nata da un progetto col -lettivo. Era il gennaio del 1963 e approfittando di unosciopero di oltre tre mesi del New York Times e dellanecessità degli editori di pubblicizzare i libri che in-tanto continuavano a uscire, un picco lo gruppo diamici, composto ol tre che da Silvers dal poeta RobertLowell e da sua moglie Elisabeth Hardwick e da Jasone Barbara Epstein, decise di cogliere l’occa sione percreare, con i soldi rica vati dalla pubblicità, un nuovogiornale incentrato appunto sul le recensioni dei libri.

Cosa le fa credere che oggi sia an-cora utile consacrare tanta atten-zione e tanto spazio ai libri?La critica dei libri è una fun zioneindispensabile, direi quin tessen -ziale, in qualsiasi società seria. Èvero che oggi, per ragioni econo-miche, assistiamo a una drasticariduzione dello spazio dedicato ailibri sui giornali. Ma la nostra è

una rivista sui generis, na ta per l’appunto dalla convin-zio ne che il livello della critica lette raria fosse mediocre,che man casse, come scrisse Elisabeth Hardwick, delsenso stesso della letteratura. L’idea di partenza è statal’ammirazione che nutriva mo per certi autori comeMary McCarthy, W.H. Auden, Norman Mailer, Wil-liam Styron, Isaiah Berlin, Edmund Wilson, di cui ap -prezzavamo tanto l’intelligenza quanto il modo di scri-vere. Oggi abbiamo Coetzee che collabora regolar-mente con noi. È un Nobel e uno splendido scrittorema anche un critico acutissimo che spa zia da Holderlina Philip Roth. Ma ci sono anche talenti giovani co meZadie Smith che ha scritto un bellissimo articolo suisocial network e sul problema di Facebook, in cui mo-stra come i nuovi media stiano modificando il con cettotradizionale di privacy.

Il direttore della New York Rewiew of Books racconta il ruolo della più importante rivista Usa dalla guerra del Vietnam all’avvento della Rete

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 11

Page 12: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

Vi occupate degli argomenti più diversi: letteratura, arte,mu sica, storia, politica, filosofia, scienza. Qual è il cri-terio che pre siede alle vostre scelte?Le mie scelte, come quelle di Barbara Epstein – cheha codiret to per anni e anni la rivista con me – nonseguono un metodo, sono semplicemente il fruttodella no stra curiosità. Abbiamo sempre avuto, per fareun esempio, la convinzione che le scienze do vesseroessere una preoccupa zione centrale per qualsivoglia ri -vista intellettuale, perché dopo tutto sono la fisica, labiologia, le neuroscienze a determinare il mondo incui viviamo.

È stato il successo economico del giornale, che oggi contaben 143 mila lettori, a garantire la vostra libertà nellescelte?In realtà, dopo i primi due numeri, abbiamo creato,su suggerimento di Jason Epstein, una struttura basatasu una netta distinzione di ruoli fra chi finan zia ilgiornale e la redazione che nomina il direttore. E que-sta di stinzione, davvero cruciale, ci ha sempre consen-tito di reagire al l’attualità in piena libertà, senza chenessuno potesse influenzar ci. È stato anche un atto difede nel fatto che i lettori ci avrebbero se guito e so-stenuto con gli abbona menti. Ma questa libertà totalenon consente scuse.

Fin dall’inizio della rivista vi siete occupati oltre che dique stioni interne alla vita politica americana dei grandiavveni menti internazionali, come la guerra del Vietnam– contro cui avete preso decisamente posi zione –, la lottadei dissidenti – a cui siete stati tra i primi ad avere datola parola –, il crollo dei regimi comunisti, la crisi deiBalcani, la guerre d’Iraq – da cui avete su bito preso ledistanze –, il proble ma palestinese. Si è trattato spesso discelte anti-governati ve.La volontà di essere indipen denti ci ha sempre in-dotto ad ave re un atteggiamento critico, o quantomeno scettico, nei con fronti dei vari governi. E ci èstato possibile proprio perché abbia mo sempreavuto – cosa rara – il pieno controllo del nostro gior -nale. Quando un nostro amico e collaboratore, lostorico Arthur Schlesinger, è stato chiamato da John

Kennedy alla Casa Bianca, abbiamo pubblicato unarticolo che ha fatto epoca di Dwight Mac donaldche poneva il problema dell’impegno dell’intellet-tuale nella vita politica attiva e del ri schio che questopotesse servire da alibi culturale per il potere. Mapoi, tornato a New York, Schlesin ger ha ripreso ascrivere per noi.

Cosa ha determinato, ad esempio, la vostra presa di posi -zione sul Vietnam?Ne sapevamo molto poco e al lora ci siamo rivolti adegli esperti francesi, Jean Lacouture e Philip pe De-villiers, chiedendo loro di descriverci il contesto sto-rico e culturale del paese e di spiegarci perché si mo-strassero così scetti ci sull’intervento americano. Lacontestazione universitaria e l’obbligo per i giovani diandare a combattere in Vietnam ci ha in dotto poi apubblicare un inter vento di Ronald Dworkin, alloraprofessore di giurisprudenza di Yale, sul diritto di sot-trarsi a que sta richiesta, visto che si trattava di unaguerra illegittima. L’artico lo ebbe un impatto enormesul l’opinione pubblica e fece infu riare il governo, at-tirandoci una valanga di critiche. Era il nostro mododi prendere posizione contro la guerra in Vietnam,così co me intendevamo fare con le re pressioni neipaesi comunisti, in Russia e a Cuba, ma anche conquelle che avevano luogo nell’I ran dello Scià e poi diKhomeini, o nell’America Latina.

Una delle costanti della New York Review è la campa-gna di de nunzia di tutti i casi di violazione sistematicadei diritti umani. Co me istruite i vostri dossier?Le nostre fonti sono natural mente le informazioni,le testi monianze, i documenti raccolti da AmnestyInternational e da Human Right Watch ma anche lenostre inchieste fatte sul posto. Inchieste che ab-biamo spesso preferito affidare non a reporter pro-fessionisti ma a scrittori di ta lento come NormanMailer, Su san Sontag, Mary McCarthy, V.S. Nai-paul, puntando sul loro spiri to di osservazione e sullaloro sen sibilità morale. Così abbiamo in viato nel Sal-vador, all’epoca della guerra e del regime repressivoso stenuto da Washington, Joan Di dion. E ne è nato

12

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 12

Page 13: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

13

Oblique Studio | Rassegna stampa febbraio 2011

un articolo straordinario incentrato sul cli ma dipaura che pervade un inte ro paese di fronte all’assas-sinio e alla tortura.

In momenti di difficoltà e isolamento, penso ad esempioalla vostra presa di posizione contro la guerra in Iraq,avevate l’impressione di conservare un impatto sull’opi-nione america na?In un paese come gli Stati Uni ti, l’opinione è troppovasta, di versificata e segmentata perché si possa mirarea una sensibilità o a degli orientamenti politici speci -fici. Il nostro obbiettivo prioritario è quello di pub-blicare dei testi che fungano da riferimento e che pos-sano toccare pubblici diversi. Talvolta può anchecapitare che essi attirino l’attenzione di perso ne cheabbiano una qualche rela zione con il potere. Come èstato recentemente il caso di John Paul Stevens, unanziano e autorevo lissimo giudice della Corte Supre -ma, a cui abbiamo chiesto di pro nunciarsi sulla costi-tuzionalità della pena di morte negli Stati Uniti. Re-pubblicano, Stevens non si era ancora mai espressosull’argomento ma, al termine di una analisi critica ri-gorosa, è giunto alla conclusione che si tratti di unapena illegittima. Ri preso dalla prima pagina del NewYork Times e da altri giornali, il suo articolo ha avutoun impatto enorme.

In che misura tenete conto del fattore internet?Non c’è dubbio che, per tante ragioni, internet sia

ormai il fatto re dominante e irreversibile dell’evolu-zione di tutto il settore della comunicazione, editoriacom presa. Per questo la Nyrb ha affiancato a quellacartacea una edizione elettronica, accessibile agli ab-bonati, che riprende l’inte gralità della rivista, con-sente l’ac cesso a quarant’anni di archivi digitaliz zati,ma che offre anche degli arti coli scritti appositamenteper il nostro blog. Sono articoli più brevi, più perso-nali, più reattivi e su scettibili di essere ripresi su altriblog, creando le condizioni di un dialogo tra naviga-tori che va mol to al di là della cerchia dei lettori abi-tuali della rivista.

Quali sono i rischi di questo nuovo tipo di informazione?Anche se i contenuti veicolati da internet sonomolto diversi tra loro, vi troviamo già articoli di unlivello paragonabile a quello delle pubblicazioni tra-dizionali e dunque perfettamente sostitui bili ad esse.È però un dato di fatto che una delle caratteristichedi questi 500 anni di tecnica Guten berg è stataquella di diffondere la pratica – ereditata dalla tra-dizio ne classica e rinascimentale – di criteri di analisie di giudizio criti co basati sui valori condivisi dibellezza, verità, responsabilità etica. Ora la grandepreoccupa zione davanti alla rivoluzione di gitale èpiuttosto l’assenza di una analisi e di un approcciocritico su come i contenuti e l’esperienza di internete dei suoi collegamenti istantanei stanno cambiandole nostre vite.

«Abbiamo sempre avuto, per fare un esempio, la convinzione che le scienze do vessero essere una preoccupa zione centrale

per qualsivoglia ri vista intellettuale, perché dopo tutto sono la fisica, la biologia, le neuroscienze a determinare il mondo in cui viviamo»

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 13

Page 14: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

Per la liberazione dei lettori

Vincenzo Ostuni, www.alfabeta2.it, 3 febbraio 2011

Quando, riguardo ai destini dell’editoria libraria, vocidelle istituzioni o delle grandi imprese menzionanoun qualche progresso, registrato o atteso che sia, que-sto sarà perlopiù considerato sotto la specie dellaquantità; la qualità di quel che si pubblica è conse-gnata da quei pulpiti al regno degli epifenomeni, degliaccessori; e da molti critici e analisti del settore, delresto, al tetro dominio del rimpianto e dell’impo-tenza, al lessico-ghetto dell’inevitabile regresso. Espli-cito obiettivo del neonato Centro per il libro è che fradieci anni il 10 per cento degli italiani adulti leggaabitualmente anziché l’8 per cento di oggi, e il 50 percento almeno un libro l’anno anziché il 45 per centodi oggi (nel 1965 era il 16,3 per cento, magnifichesorti). Mentre scrivo si festeggia, comprensibilmente,che il fatturato complessivo dell’editoria libraria nonsia calato nel 2010 e anzi sia cresciuto dell’1,3 percento (gennaio-ottobre 2010 contro lo stesso periododel 2009).

Quanto alla traduzione in titoli e autori di questiincrementi attesi o registrati, tuttavia, il discorso pub-blico la ritiene un trastullo da perditempo, un eserci-zio di spocchia accademica, un’ingerenza ideologicao ancora un reato di lesa maestà, laddove il popolo èil sovrano. Le propensioni del popolo – il termine èqui più acconcio dell’abusato pubblico – sono infattiun prius ontologico, una variabile regalmente indi-pendente, di cui un Mercato-ipostasi e appresso glieditori non sarebbero che devoti vassalli, in veritàadulatori; demagogia, è chiaro, con accezione supple-mentare all’aristotelica: qui non si fa solo male l’inte-resse dei più, ma bene quello dei meno.

Quanto al regresso, agli avveduti non resta cheaspirare a un ordine lontano, quando i grandi editori

pubblicavano alta poesia, saggistica d’avanguardia,narrazioni esigenti, edizioni curate, si accontentavanodi tassi di rendimento moderati o persino di andarein pareggio, e spesso invero perdevano soldi: e non sitiene a mente che chiedere a un imprenditore di per-der soldi, o di guadagnarne troppi meno di quanti po-trebbe, è sempre più chiedere a un melo di dar pere.E allora, come mi diceva un amico consulente di unbel blasone editoriale, a noi non resta che tapparefalle, finché la diga regge.

È mai possibile che non esistano alternative al tap-par falle – invocando in preghiere serali l’estinto me-cenatismo, o narcisismo, di qualche riccastro illumi-nato e magari ignorante – o, invece, smerciare libri sepossibile puramente digestivi? Nel Denaro e le parole(Voland 2010) André Schiffrin, settantacinquennefranco-statunitense editore di New Press, ne indicadue, utilmente sommabili: la rinuncia parziale o totaleal profitto (dal cooperativismo al no profit) e l’inter-vento di aiuti pubblici. La sua posizione al riguardo èanche più drastica che in Editoria senza editori (BollatiBoringhieri 2000) e Il controllo della parola (BollatiBoringhieri 2006): senza aiuti, l’editoria di qualità ele librerie indipendenti spariranno del tutto; e lostesso vale per la parte migliore della stampa quoti-diana e periodica e il cinema d’autore.

Va detto che Schiffrin pensa a mondi – come l’edi-toria francese e dei paesi anglosassoni – in cui il Tur-bocapitale mediatico-finanziario ha in mano più cheda noi (sì, anche di più) l’editoria libraria; e va anchedetto che i grandi editori italiani esigono senz’altrominori margini e hanno a volte più coraggio dei cor-rispondenti d’oltreoceano. Ma anche da noi si estin-guono le librerie indipendenti, che ai loro avventori

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 14

Page 15: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

15

Oblique Studio | Rassegna stampa febbraio 2011

offrono in media libri migliori; e anche da noi si ab-bassa a velocità vertiginosa la qualità dei cataloghi, siadei grandi sia, vale la pena sottolinearlo, dei piccolieditori – e poco conta che il numero di questi cresca:la loro stragrande maggioranza produce e ha sempreprodotto il peggio, mentre una minoranza esigua haprodotto e continua a produrre parecchio del meglio.Anche da noi si tenta strenuamente di introdurre unacattiva legge sullo sconto, per altro camuffandola daconquista di pluralismo e civiltà (vedi G. Bompiani,Alfabeta2, n. 3, p. 47).

Anche per l’Italia, allora, occorre ricominciare chia-ramente a parlare di contributi pubblici all’editoria li-braria. Non si tratta di un capriccio anacronistico, inun momento di crisi: il futuro economico di questopaese dipende in maniera cruciale dalla capacità dipromuovere la formazione in senso ampio e in sensoalto; un’asse di questa è la dimensione qualitativa dellalettura. Come fra gli altri Vila-Matas ha detto in unarecente intervista di Andrea Bajani, è molto impro-babile che un lettore di libracci finisca, per caso, conil leggere i classici, la migliore divulgazione scientifica,economica o storica, il meglio della poesia o della fi-losofia o della narrativa: un lettore di libracci leggeràlibracci per sempre, finirà recluso in un recinto elettri-ficato di libracci, vittima di un inesorabile ciofeca di-vide, da cui è necessario liberarlo. Paternalisticamente?Paternalisticamente. Le politiche pubbliche di pro-mozione della lettura dovranno avere sempre di piùil coraggio di essere politiche di promozione dellabuona lettura.

Che cosa s’intende per buona lettura? Non do-vremo certo recuperare dogmatismi estetici, ma ne-anche nasconderci dietro al dito pseudolibertario delpuro piacere della lettura, per esempio. Non esiste unpuro piacere della lettura, non è quantificabile né qua-lificabile, mentre quantificabile e valutabile, che nonsignifica insindacabile e indiscutibile, è la qualità o lesue varie specie, e in fin dei conti la potenzialità diemancipazione intellettuale che una lettura offre ri-spetto a un’altra. Ne va del futuro civile di una na-zione, altro che puro piacere: per il puro (e irreggimen-tatissimo) piacere c’è spazio ovunque; per il piacere

spurio, impuro della grande lettura – anfratti, bugigat-toli. Per questo, non una lira pubblica andrebbe spesaper promuovere la lettura di Mazzantini o Larsson oMeyer; questo non toglierà ai lettori il sacrosanto di-ritto di leggere ogni cosa, e agli editori quello di pub-blicarla e di ricavarne profitti; ma le opzioni pubbli-che, le risorse economiche, a livello nazionaleregionale provinciale, impiegate per i festival, le bi-blioteche, le campagne di sensibilizzazione, le sovven-zioni dirette e indirette eccetera, oltre ad aumentaredi un ordine di grandezza, dovrebbero giovare a tut-t’altri generi di produzione libraria. Dovrebbero averelo scopo esplicito di avvicinare i lettori a testi di ele-vata qualità letteraria, scientifica, informativa: comeavviene nella Norvegia portata ad esempio da Schif-frin, dove una commissione adeguatamente plurali-stica e variegata dell’Art Council locale vaglia colle-gialmente le richieste di finanziamento in base a criteriqualitativi e acquista ogni anno mille copie di 220 ti-toli di narrativa, poesia e teatro, ancora mille copie di70 saggi, e 1550 di 130 libri per ragazzi, destinandolealle biblioteche pubbliche (stiamo parlando di unpaese di 4.600.000 abitanti, ricordiamolo); senza chesi insorga contro il suo accademismo, antimercatismo,centralismo.

Nessuna ideologia, nessuno spettro di indottrina-mento o di mannaia estetica. È più che sufficienteadottare un’idea deflazionata, procedurale, compo-sizionale di qualità letteraria, di valore editoriale. Cisi potrebbe appunto accontentare di un dispositivoconcordato, di una commissione di esperti, che deli-beri a maggioranza qualificata. E i cui membri nonpresentino imbarazzanti conflitti d’interessi e durinoin carica per un tempo limitato. Tutto qui.

Bisognerebbe dunque non solo incrementare gliaiuti pubblici, ma pensare a una loro ridistribuzione,dalla grande alla piccola editoria (laddove questa pro-duca libri buoni: abbiamo visto che per lo più non ac-cade, e occorre ribadirlo); una ridistribuzione dall’edi-toria profittevole (anche) perché serva-padrona delpopolo a quella che arranca per tener fede a un’idea diliberazione estetica, intellettuale, politica del lettorato.E se è ormai difficile pensare che qualcuno accetti mai

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 15

Page 16: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

di ridistribuire il maggior contributo pubblico all’edi-toria, ovvero l’Iva minima al 4 per cento, rimane ancheduro accettare che quell’importante sconto – ricordia-molo, riservato per lo più nelle varie legislazioni e anchein Italia a beni di prima necessità – incentivi l’acquistodi un capolavoro come dell’ultima ignobile boiata.

Nelle pagine web del nostro Centro per il Libroe la Lettura di recente costituzione, e che purtroppogode, o meglio non gode, che di scarsissimi sovven-zionamenti, si parla molto di «diffusione», «promo-zione», «organizzazione», e molto meno di qualità.Inquieta sottilmente la presentazione del presidentedel Centro Gian Arturo Ferrari, «persona cui tuttiriconoscono grandi competenze e qualità (unica oc-correnza nella pagina) manageriali, evidenziate dallalunga e brillante carriera editoriale». Virtù di cuiFerrari indubbiamente dispone al massimo grado,certo, magari chi scrive ne avesse un centesimo!Meno certo che queste stesse doti di managerialità,ovvero profittevolezza, editoriale siano le principalirichieste a chi debba interpretare un servizio pub-blico di promozione della qualità, oltre che dellaquantità, della lettura, e di riequilibrio del mercatoeditoriale nel senso del merito dell’offerta. Di qua-lità o ragionevoli sinonimi non si parla in effettineppure nell’art. 2 («Compiti istituzionali») del de-creto presidenziale 25/1/2010 n. 34 che regola-menta l’attività del Centro.

Tuttavia, nell’attività del Centro qualcosa promet-terebbe bene. Per esempio, i premi nazionali per latraduzione, «destinati a traduttori e editori italiani estranieri che abbiano contribuito alla diffusione dellacultura italiana all’estero e della cultura straniera nelnostro paese», di cui per il 2009 hanno fruito splen-didi volgarizzatori come Martina Testa e Ottavio Fa-tica e editori lodevoli come Spirali e Zandonai. Tut-tavia, si apprende dal sito, per il 2010 i premi sonostati «momentaneamente sospesi». Apparentementeattivi – nessun avviso in contrario – sono invece ipremi per l’attività di promozione del libro e della let-tura: per esempio un premio annuale «di euro21.700,00 destinato al miglior progetto per la diffu-

sione della poesia». Si menziona persino la possibilitàdi chiedere un contributo, sotto forma di credito age-volato, «per la realizzazione e la distribuzione di pro-dotti editoriali […] di elevato valore culturale», ma sispecifica che il regolamento di questa sezione è «inpreparazione». Andrebbe verificato cifre alla mano,ma a chi scrive appare probabile che pur nella scarsità,obiettiva e per così dire data, dei fondi una parte piùgenerosa sia dedicato al generico capitolo della diffu-sione della lettura – di nuovo, il puro e infondatomito che la lettura sia un bene per sé – e che le inizia-tive appena commentate assommino a un contentino.Discutibile è anche la logica del mero premio, soprat-tutto se non accompagnato da adeguate attività dipromozione dei libri e degli editori premiati; e ancora,per l’editoria di qualità si parla di credito agevolato enon di contributi a fondo perduto o di acquisto dicopie. Nessuna sovvenzione, neppure simbolica o teo-rica, è a quanto pare prevista per l’altro capo della fi-liera, ovvero per le librerie indipendenti, né alcun in-tervento coordinato che per esempio stimoli le libreriea esporre con maggiore evidenza o a vendere con piùregolarità o capillarità (o maggiore sconto!) i migliorilibri in commercio.

Non sarà del resto un caso che la campagna annualepromossa dal Centro assieme a regioni, province e co-muni per la promozione della lettura sia l’ottobrinaPiovono libri: un’immagine piuttosto spaventosa, sene converrà, che più ancora che traumi ed ecchimosievoca visioni appunto quantitative, di torrentizia so-vrabbondanza, fluviale indistinzione.

Di qualità, poche tracce. Di quel che fa di un libroquel libro. Di valore nessuna idea. O meglio, il suo re-legamento definitivo nella sfera discrezionale e priva-tizzata del gusto. Che leggano, questi italiani, che pas-sino il tempo a leggere, leggere, leggere, leggano quelche più gli aggrada, purché leggano leggano leggano,rimangano «senza fiato», ipossifilici, e senza pensierie senza lingua, si arrampichino sul misero traduttesedegli indeponibili girapagina – che in vetta alle piledei megastore sventolano il cupo vessillo del nostroeffimero sollievo.

16

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 16

Page 17: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

PYNCHON & C.I libri illeggibili che vanno letti per non sfigurare in società

Forse avrete visto Funny Ga mes, ilfilm di Michael Haneke in cui duegiovinastri in tenuta da golf, nelcorso di una notte e una mattina,tor turano e uccidono padre, madree bambino in vacanza nel villino sulla go. Tra un colpo di mazza, undisco death metal a massimo vo-lume e altri supplizi, mi sono chie-sto come mai Haneke non avessepensato di mette re in mano ai due ragazzi, come stru-menti di tortura, il Finnegans Wake di James Joyce, oLa cognizione del dolore di Carlo Emilio Gadda, o L’urloe il furore di Faulkner.

Così uno dei due aguzzini, anziché obbligare lamadre a recitare una preghiera all’incontrario, comeavviene nel film, l’avrebbe potuta tormentare facen-dole recitare (anche non all’in contrario) questo:«Palle-di-Neve han disegnato i loro Archi Volanti,costellando i Fianchi dei Capanni non meno chequelli dei Cugini, involando Copricapi nel Ventofrizzante soffiante dal Delaware; le Slitte son so-spinte al coperto e i loro Pattini asciugati e in grassaticon cura, le scarpe deposte nel Vestibolo sul retro,una Calata con le calze ai piedi sulla grande Cucina,in finalizzato Fermento fin dal Mattino, interpunto

di tinnenti Coperchi di vari Bric-chi e Pentole fragranti di Spezieper Pasticci, Frutta sbucciate,Grasso di Rognoni, Zucchero ca-ramellato…». Cioè il paragrafocon cui si apre Mason & Dixon,romanzo di Thomas Pyn chon del1997, uno dei libri più illeggi bilidella letteratura mondiale.

Tutti i cliché del gialloTra pochi giorni uscirà l’ultimo ro manzo del solitarioscrittore america no, Vizio di forma (Einaudi, pp. 400,euro 20), titolo identico a una raccolta di racconti diPrimo Levi, uno che le torture le subì a Auschwitz eforse per questo non ebbe mai voglia di «speri -mentare» sulle carni dell’innocente lettore, e uno peril quale la chiarezza fu sempre un obbligo morale. Lacosa significativa è che dopo una sfilza di li bri consi-derati capolavori «sulla fiducia», tutti dalla mole sco-raggiante e quasi tutti illeggibili, anche se Mason &Dixon rimane un unicum, Vizio di forma è una spen-sierata detective-sto ry, con azione cinematografica edia loghi alla Chandler, niente «finalizzati Fermenti»,o «Coperchi tinneti», ma tutti i cliché del giallo conl’investigatore scalcagnato, la donna fatale, il ric cone

Escono Inherent Vice dell’americano e il Finnegans Wake di Joyce. Tomi indigesti ai più, ma che vanno citati obbligatoriamente.

Pena far la figura degli ignoranti

Giordano Tedoldi, Libero, 3 febbraio 2011

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 17

Page 18: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

rapito. Un libro talmente inno cuo che, come fosse unGrisham o un King qualunque, diventerà il prossimofilm del regista di Magnolia, Paul Thomas Anderson.Onore mai tocca to all’Arcobaleno della gravità o aCon tro il giorno, gli astrusi romanzi che hanno gua-dagnato a Pynchon l’aureola di genio della comples-sità post moderna.

Naturalmente, presentarsi in socie tà dichiarandoche Mason & Dixon è un mattone il cui sforzo di de-cifrazione non vale il godimento, o che Un derworlddi Don DeLillo sarà pure molto chic con quelle pa-gine tutte ne re ma è un attentato all’integrità delle go-nadi, o ancora che il Finnegans Wa ke (su cui il com-pianto traduttore italiano Luigi Schenoni si èimmolato per tutta la vita senza riuscire a finirlo, epresto Mondadori pubblicherà quan to ci rimane dellasua versione a eterna memoria) è opera sicuramentedi una mente superiore che però non era più in gradodi comunicare con gli umani, vi farà subito ritirare latessera di socio vitalizio del club degli Intelligentoni.

Già Charles Bukowski, che sarà stato pure unubriacone sessuomane ma di letteratura ne capiva, tes-seva elogi sperticati sul Céline di Viaggio al terminedella notte e Morte a credito, ep però di fronte ai cosid-detti capolavori della Trilogia del Nord, dove in effetti,pur nella grandezza sublime e pantagruelica delle vi-sioni céliniane, sem bra di leggere il resoconto di unoschi zofrenico, perdeva la pazienza e dichiarava cheerano opere di un rinco glionito.

La nostra letteratura ha anch’essa i suoi capolavoriilleggibili, pure protet ti da un’aura sacrale. Un nomesu tutti: Carlo Emilio Gadda. Il Gadda del Pa sticciaccioè tutto sommato potabile (e infatti anche quello vennesuperba mente volto in film da Pietro Germi col titoloUn maledetto imbroglio), an che se l’Ingegnere quandosi mette a descrivere la digestione di Don Ciccio In-gravallo sembra durare molta fatica per uscire dal«gliommero» in cui si è infilato con le sue stesse mani;tuttavia, anche se pubblicamente bisogna dichiararlo

un capolavoro, La cogni zione del dolore mantienequello che promette nel titolo. Chi è arrivato alla fineha veramente conosciuto il dolo re.

«Vagava, sola, nella casa. Ed erano quei muri, quelrame, tutto ciò che le era rimasto? di una vita. Le ave-vano precisato il nome, crudele e nero, del monte:dove era caduto: e l’altro, de solatamente sereno, dellaterra dove lo avevano portato e dimesso, col volto ri-donato alla pace e alla dimenticanza, privo di ogni ri-sposta, per sem pre». Se ci avete capito qualcosa (è l’in-cipit della seconda parte del ro manzo) in questa selvadi punteggia tura esotica, pronomi dispersi, e nomi«crudeli e neri», vi meritate la tessera vitalizia degli In-telligentoni, ma anche il gagliardetto dei Bugiardoni.

E il bello è che mentre i critici lette rari si sonosempre spellati le mani per Gadda, a attaccarlo congiudizi diffi cilmente smentibili fu un altro autore dilibri incomprensibili, uno anzi al cui confrontoGadda era chiaro come una rima del Poliziano, cioèil siciliano An tonio Pizzuto, autore di classici dell’il-leggibilità come Spegnere le caldaie e Ultime e Penul-time. Pizzuto colse nel segno quando rimproverava aGadda di essere «un cattivo associazionista», cioè dicostruire i suoi romanzi con una fusione di temi eimmagini che aveva più del grottesco e del goffo chedel geniale.

La prosa di PizzutoMa come scriveva Pizzuto? Così: «All’ora, nundine,di restituire ancor via esso mercatino, aleggiandoguar dia e borsaiuole, datisi venditori a spiccar laroba, e lor mogli rimboccan tila secondo pieghe, ca-micette pulò bermuda reggenze scodellaie». Nonmale per uno che trovava illogica la prosa di Gadda.Tra Gadda e Pizzuto scelgo quest’ultimo, comunquenon c’è dubbio che siamo non nel territo rio della let-teratura, ma della perver sione intellettuale, dell’in-namora mento per la parola in sé. E mi congedo così:nundine, pulò.

18

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 18

Page 19: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

LO SPACCIATORE DI TALENTIBrioschi: «Vi ho fatto leggere Nick Hornby e Safran Foer»

Antonio Gnoli, la Repubblica, 3 febbraio 2011

I modi di Luigi Brioschi sono compassati. Se fossenelle ge rarchie ecclesiastiche lo si po trebbe immaginarecome un elegante monsignore dai toni cauti e cortesi.Ma una laurea in di ritto ecclesiastico non è stata suffi -ciente per avvicinarlo troppo a quel mondo. «Ho pre-ferito occuparmi di editoria», dice. La stanza in cui miriceve è ariosa e ordinata. Una pa rete di libri alle spalle;una piccolis sima scrivania intarsiata (ereditata daMario Spagnol, ci tiene a farmi sapere), un cassettonesu cui si am mucchiano le proposte editoriali e infineun tavolinetto rotondo attor no al quale si svolge la no-stra con versazione. Oggi Brioschi è presi dente e sociodi Guanda e direttore editoriale di Longanesi. En-trambe le case editrici appartengono alla GeMS (ilGruppo editoriale Mauri Spagnol), la cui quota dimercato complessiva è di circa il 12 per cen to. Che lapongono al terzo posto dietro Mondadori e Rizzoli.

Le crea qualche problema esse re parte di un gruppo così grande?Guanda gode di una totale indi pendenza editoriale,di cui sono il garante. Ovvio che rispecchia una pre-cisa filosofia di gruppo.

Quando ha cominciato a occu parsi di editoria?Con Elio Vittorini che era con sulente alla Mondadori.Nei primi anni traducevo inglesi e americani. Dopo lasua morte, grazie all’inte ressamento di Oreste DelBuono, entrai alla Rizzoli. Lì divenni editor della nar-rativa, poi responsabile dell’ufficio diritti, capo ufficiostampa e infine direttore editoriale per la narrativa. Fuin quegli anni che ricevetti l’offerta da Mario Spa gnoldi passare alla Longanesi.

Di quali anni parliamo?Era il 1984 e quando Spagnol ac quistò Guanda, allafine del 1987, mi offrì la direzione editoriale. La casaeditrice aveva un bel passato, ma poche prospettive.

Pratica mente viveva senza un portfolio au tori e conuna scarsa presenza in li breria. L’idea era di cercare au-tori e libri al di fuori di quell’area affollata e compe-titiva del mercato dei dirit ti.

Non è facile scoprire talenti e pa garli a buon mercato.Avemmo la fortuna, dopo un paio di anni, di imbat-terci in un’au trice spagnola: Almudena Grandes. Al-lora il mercato editoriale spagno lo non era molto os-servato e im provvisamente apparve questo romanzoerotico, Le età di Lulu, del quale mi incuriosii. Lo ac-quistam mo senza pensare che sarebbe diventato nelgiro di pochi mesi un be stseller da centomila copie.Era il 1990: stava nascendo la movida. Nel 1992 ci ful’incontro indiretto con Luis Sepúlveda. Lessi su unsettima nale francese una piccola recensio ne a Il vecchioche leggeva romanzi d’amore e lo comprammo più chealtro incuriositi dal fatto di capire se dopo la grandeondata della lettera tura latino-americana c’era ancoraspazio per qualche romanzo che proveniva da quelmondo. Fu incre dibile il successo che ottenne.

Sepúlveda è tra i vostri autori più popolari.Complessivamente con i suoi libri abbiamo vendutooltre sei milioni di copie. Molto più di un bigliettodella lotteria. In ogni caso, la fortu na in questo me-stiere è fondamen tale.

E l’abilità?Se non sei abile alla lunga non sopravvivi. Quandoentrai, Guanda fatturava sotto il miliardo di lire. Oggiè a 30 volte tanto.

Siete una casa editrice che guar da molto fuori dall’Italia.C’è una proporzione di tre libri stranieri pubblicatiper ogni titolo italiano. Ci muoviamo a tutto cam po:narrativa anglo-irlandese, ame ricana, cilena, indiana.

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 19

Page 20: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

Ma in un paese che legge poco ha senso proporre così tantiscrittori stranieri?Le cito alcune punte. Nick Homby è un nostro autoredi suc cesso. Alta fedeltà ha venduto fino a oggi 365mila copie. Il Dio delle piccole cose dell’indiana Arun-dhati Roy è stato un bestseller di 400 mi la copie.Trainspotting di Irvine Welsh è stato un bestseller inGran Bretagna. Noi lo abbiamo preso an dando control’indifferenza che c’e ra attorno a questo romanzo.

Indifferenza provocata da cosa?Molti editori, vista la forte gerga lità, pensavano chefosse un roman zo intraducibile. Io l’ho letto e l’ho tro-vato non solo turbolento nei contenuti, ma anche nellaforma. Alla fine abbiamo avuto ragione di pubblicarlo.

Con quali criteri sceglie un ro manzo?Criteri nella lettura non ce ne sono. C’è l’orecchio el’esperienza. Si tratta di leggere e avvertire se in quellavoce che affiora c’è un elemento di novità. Per farleun esem pio, ricordo che quando giunse in casa edi-trice il manoscritto di Jo nathan Safran Foer, Ognicosa è illu minata, rimasi colpito dall’assoluta singola-rità della sua voce narrativa: da un lato la favolaebraica, dall’al tro il viaggio in Ucraina per ritrova re isegni della propria famiglia, e chi l’aveva salvata dalnazismo.

Ma se c’è la voce e non il libro che accade?La voce, il timbro di un roman zo, è la cosa più im-portante, poi vie ne l’architettura. E se non c’è la co-struzione il romanzo si perde. E co me avere unagrande idea e non sa pere come realizzarla.

Magari ci mettete le mani. Cosa pensa dell’editing?Sui libri stranieri mi pare diffici le che si possa inter-venire se non con una buona traduzione. Per gli ita-liani è diverso. In certi casi puoi consigliare, ma senzaessere inva denti. L’editing è l’arte della discrezione.Una volta l’editore Peter Suhrkamp rivolgendosi a duesuoi collaboratori disse: «Ricordatevi bene una cosa:ogni autore, per quanto giovane, è una personalitàcreativa. E sovrasta da un’altezza vertiginosa tutti noi

tre che siamo seduti qui». Ho un’idea gregaria dell’edi-ting. Mi asterrei dal culto dell’editor.

E il rispetto dell’autore.Per noi è fondamentale. E non è solo una questionedi stile. Rispetta re un autore significa riconoscere lasua centralità, avere fiducia nel suo talento.

Fino a che punto? Mettiamo che quella voce narrativanon incontra il mercato, che fa?Le delusioni sono messe nel conto. Se crediamo inuno scrittore lo sosteniamo. Ricordo che quando ab-biamo cominciato a pubblicare John Banville, neiprimi anni vendeva pochissimo. Poi vinse il BookerPrize e i suoi libri cominciarono ad avere un consensodi pubblico. A volte bisogna sapere aspettare.

Si è mai pentito di aver abban donato un suo autore?Glielo chie do perché immagino che le sarà accaduto.Naturalmente è successo. E c’è un caso in particolareche mi è di spiaciuto: aver lasciato Paul Auster alla con-correnza. Agli inizi degli an ni Novanta pubblicammotre suoi titoli. E malgrado gli sforzi fatti, non vendeva.Alla fine mi sono lasciato convincere a mollarlo. Èstato un er rore.

C’è crisi nell’editoria?C’è, ma in misura inferiore che negli altri settori. InItalia più del 50 per cento della popolazione adultanon legge. Però la quota dei lettori forti nel nostropaese resiste meglio che altrove.

I premi letterari sono una risor sa?Sono un riconoscimento. Se ca pita partecipiamo.Siamo stati pre senti, negli ultimi anni, sei volte nel lacinquina del Campiello e ne ab biamo vinti due.

E lo Strega?Un premio complicato, fatto da forze elettorali chebisogna fronteggiare. Importante per le sorti di unlibro e di un autore. Ma non lo metterei al centro diogni preoccupazione. Trovo che in ge nerale la parte-cipazione andreb be un po’ sdrammatizzata e svele nita.

20

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 20

Page 21: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

Under 40, il catalogo è questo

Filippo La Porta, Il Sole 24 Ore, 6 febbraio 2011

Recentemente si è venuta formando nel nostro paeseuna nuova, agguerrita generazione di critici letterari,spesso molto attivi benché semisommersi: i loro testisono perlopiù reperibili in Rete o dispersi in prefa-zioni, in riviste senza vera circolazione. Non so se que-sta nuova critica (diciamo under 40, con approssima-zione) sia una fucina di talenti straordinari, macertamente ha il merito di porre due questioni crucialiper la nostra cultura: un ritrovato Senso della Tradi-zione e una particolare enfasi sull’Individuo, sulla suasingolarità irripetibile. Aggiungo che nonostante lanetta prevalenza delle lettrici sui lettori, le donne dellacritica continuano a essere poche o forse solo poco vi-sibili. Infine: si tratta perlopiù di critici che non rico-prono ruoli accademici.

Anche solo a scorrere articoli e saggi dei giovani cri-tici, sembrano tornare con insistenza alcuni nomi diclassici italiani. Primo fra tutti Leopardi: ho in menteil notevole saggio di Fabrizio Patriarca su Leopardi el’invenzione della moda (Gaffi 2008), in cui il poetadi Recanati è presentato come anticipatore di Simmele Benjamin e In luoghi ulteriori. Catabasi e parodia daLeopardi al Novecento (Giardini, 2005) di Gilda Poli-castro, avvincente rilettura della discesa agli inferi invari autori. Ma si tratta spesso di classici novecente-schi: la stessa Policastro ha scritto pagine acuminate

su Pirandello. Si veda poi l’attenzione nei confronti diFenoglio sia in Gabriele Pedullà, che ne reinterpreta inmodi originali l’espressionismo (La strada più lunga,Donzelli 2001), e sia in Paolo Maccari. Ma di Pedullàva soprattutto ricordato il recente Atlante della lettera-tura italiana (Einaudi), curato insieme allo storico Luz-zatto, in cui si propone un modo spiazzante di fare sto-riografia letteraria (su queste pagine se ne è parlatoampiamente). Di Maccari cito i saggi brevi relativiall’«iracondo Bianciardi» e alla «serietà» di Flaiano.Emiliano Morreale ha pubblicato qualche anno fa unlibro smagliante su Mario Soldati. Paolo Febbraro, fi-nissimo critico di poesia (e poeta), si è occupato di Sabae Palazzeschi. Stefano Gallerani ha indagato con acumel’opera di Brancati, D’Arzo e Landolfi (sul Caffè e sulL’Illuminista). Proprio sul tema del confronto tra con-temporanei e classici Matteo Di Gesù ha scritto un utilesaggio (Paralleli, Edizioni di Passaggio, 2009). France-sca Serra, che ha intelligentemente prefato il primo vo-lume Bompiani delle opere di Moravia, dedica a Cal-vino una penetrante analisi (Calvino, Salerno 2006), incui ritrova una continuità nello scrittore senza più con-trapporre le due fasi o anime calviniane (narrativa ecombinatoria, realistica e fiabesca). Paolo Di Paolo sce-glie di fare i conti con il suo «maestro» Indro Monta-nelli, e insieme ad Antonio Debenedetti ha ripercorso

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 21

Page 22: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

alcune figure decisive del Novecento letterario. InfineFrancesco Longo, che si è occupato tra l’altro di Dantee di Bassani, non dissimula la sua appuntita verve sati-rica: memorabile uno spavaldo articolo di due anni fain cui auspicava che Sanguineti chiedesse scusa alla let-teratura italiana per i guasti prodotti dalla sua teoriadell’antiromanzo. In ogni caso la tradizione, accolta condevozione o anche rifiutata polemicamente, non vienepiù ignorata. Pensiamo anche a due saggisti solo lieve-mente over 40 come Domenico Scarpa e Andrea Cor-tellessa, entrambi impegnati alacremente in un con-fronto serrato con le domande ustionanti dellamodernità.

L’impressione è che i giovani critici nel nostropaese, a differenza dei loro omologhi narratori (tuttidentro un postmoderno smemorato, senza maestri ri-conoscibili), cerchino di rielaborare la tradizione let-teraria, prendendola sul serio. Risoluti a reagire controla generazione precedente (nichilista), si proiettanooltre quella e aspirano a raccogliere le bandiere delModerno cadute nel fango: ad esempio Antonio Tri-comi con la sua recente Repubblica delle lettere (Quo-dlibet), che si appella all’idea umanistica di attivitàcritica di Fortini. Nel mondo dell’ebook e della lette-ratura emarginata assicurano la continuità di una ci-viltà letteraria. Forse senza volerlo salvano il nostrorapporto con il passato.

Inoltre nei loro libri circolano sempre più spessoespressioni come «critica della vita», «critica della cul-tura» a indicare un allargamento dell’orizzonte lette-rario, una curiosità di tipo antropologico, un’istanzadi tipo etico. Avvertono «l’obbligo morale di essere in-telligenti» (Lionel Trilling). A volte sembra voglianosurrogare l’assenza di un vero pensiero critico nel no-stro paese. Di ciò testimonia un certo eclettismo me-todologico. Non gli interessa tanto discettare sulle teo-rie quanto estrarre dalle opere una idea diversa dimodernità, anche mettendo in gioco l’autobiografia.Il che non prelude affatto alla pseudocritica en artiste,vaporosa e narcisistica. Soltanto che il «rigore» va pen-sato in termini diversi. La loro autorevolezza non ri-posa su un sapere scientifico o su uno status accade-mico ma sulla capacità di argomentazione (quella che

latita nelle recensioni esclamative in Rete), sull’energiaretorica e sul proprio intrattabile apparato percettivo.Ci aiutano a riscoprire, ancora una volta, che la criticaè il critico.

E qui passo al secondo tema. I giovani critici ven-gono dopo la caduta del Muro, dopo l’esaurimento diogni avanguardismo, dopo la fine dell’egemonia cul-turale della sinistra. Sono soli, disorganici a tutto, sra-dicati, disappartenenti. Ma questo li costringe a con-tare solo sulle proprie forze. Se giudicano l’esistenteinabitabile o se si esprimono a favore di un qualsiasi«impegno» hanno bisogno di rimotivarlo a partiredalla propria esperienza, non possono più appoggiarsia una filosofia della storia, a un partito o a una classesociale salvifica. Ci abituano di nuovo a una idea dicritico come individuo, autonomo e idiosincratico:Camus contro Sartre. Ed è solo dentro il singolo chela «langue corrotta dalla medietà di massa» (Policastro)si converte in parole, dissonante e inventiva.

Vorrei citare almeno due nomi di critici, che si sonoanche cimentati nella narrativa e nella poesia. ChiaraValerio, autrice di un bel saggio simpatetico sui «de-moni» di Virginia Woolf (Nazione Indiana), che suNuovi Argomenti propone delle puntuali rassegne cri-tiche sulla nuova narrativa. Mi sembra felicementeemancipata dalle retoriche culturali del secolo scorso.Non ritiene che una letteratura inconciliata vada cer-cata obbligatoriamente nell’illeggibilità, né si lascia in-timidire dal successo dei bestseller. Il suo è uno sguardosenza pregiudizi, attento alla lingua e capace di farsi in-terrogare dai testi. Matteo Marchesini ritrova attraversoil filtro di Adorno la singolarità irriducibile di Kierke-gaard, lo scarto prezioso tra esperienza concreta (di cuici parla la letteratura) e pensiero sistematico. Nei suoiarticoli il giudizio di valore, sempre fermo, sostenutocon limpidezza, incrocia una affilata teoria critica dellasocietà. L’orecchio finissimo per i valori formali si in-contra con una allergia a mode e gerghi del presente.Inoltre: sia la Valerio che Marchesini scrivono «bene»(in loro lo stile si fa principale mezzo conoscitivo) enon hanno smanie di visibilità. Mentre nella societàdello spettacolo gli intellettuali tendono a «spararlagrossa» per farsi almeno un po’ notare. Secondo Luca

22

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 22

Page 23: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

23

Oblique Studio | Rassegna stampa febbraio 2011

Mastrantonio «l’intellettuale si trova a modellare il pro-prio messaggio per accedere ai mezzi di comunica-zione: il fine del messaggio è accedere al mezzo» (saggioin uscita da Marsilio). In un recente scambio epistolarecon Tricomi sul Ponte Andrea Caterini osservava chel’unico impegno in letteratura è «restare fedeli a quelsogno primario che ci ha fatto iniziare a scrivere e peril quale abbiamo accettato di mettere in pericolo la no-stra vita». Non basta più la firma in calce a un appelloo una indignata dichiarazione anticapitalistica.

Dunque, verificheremo nei tempi a venire la realematurazione delle «prove» cui qui ho potuto solo ac-cennare. Possiamo però riconoscere a questa nuovagenerazione di critici letterari l’attenzione rinnovataverso i tesori nascosti della tradizione, una sacrosantaridefinizione dell’engagement (l’unico impegno è neiconfronti della parola, del suo nucleo di verità, ed è lìche anzitutto il critico prefigura una comunità «poli-tica») e la consapevolezza che dalla caverna di Platonesi esce soltanto uno alla volta.

Sono molti gli autori citati in questo panorama non esaustivo della critica under 40.Tra i loro libri ricordiamo i saggi di: Fabrizio Patriarca, Leopardi e l’invenzione della moda (Gaffi, Roma, 2008,pagg. 202, euro 13,00), Gilda Policastro, In luoghi ulteriori. Catabasi e parodia da Leopardi al Novecento (Giardini,Pisa, 2005, pagg. 176, euro 68,00), Emiliano Morreale, Mario Soldati. Le carriere di un libertino (Le mani, Ge-nova, 2006, pagg. 464, euro 20,00), Matteo Di Gesù, I paralleli (Edizioni di Passaggio, Palermo, 2009, pagg.120, euro 14,00), Antonio Tricomi, Repubblica delle lettere (Quodlibet, Macerata, pagg. 454, euro 34,00).Un’opera come l’Atlante della letteratura italiana, curata da Gabriele Pedullà e Sergio Luzzatto (Einaudi, è uscitoil primo volume in questi mesi, pagg. 862, euro 85,00) oltre a narrare in maniera completamente differente lanostra letteratura, coinvolge una serie di giovani studiosi e critici di prima qualità. Tra questi citiamo: Paolo Za-notti, Amedeo De Vincentiis, Giuseppe Antonelli, Francesca Serra, Stefano Jossa e Giancarlo Alfano.

«I giovani critici vengono dopo la caduta del Muro, dopo l’esaurimento di ogni avanguardismo,

dopo la fine dell’egemonia culturale della sinistra. Sono soli, disorganici a tutto, sradicati, disappartenenti.

Ma questo li costringe a contare solo sulle proprie forze»

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 23

Page 24: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

Cari aspiranti scrittori, il vostro manoscritto tenetevelo nel cassettoPer chi vuole pubblicare è inutile (e dannoso) mendicare l’aiuto degliesperti. Anche perché farsi leggere costa caro…

Non ho idea di quanti manoscritti ci siano nel cassettidegli italiani, ma io ho la mail e l’ac count di Facebookintasati da aspiranti scrittori. Questa è, per ogni scrit-tore, una disgrazia quotidiana simile alle emorroi di,o a una biblica invasione di cavallette. Tanti hannotentato di risolvere il problema, nessu no ci è riuscito,e io devo trovare una soluzione, non esistendo nessunarticolo della Conven zione di Ginevra al riguardo, hocontrollato.

In genere basta leggere le let tere di presentazioneper dover si sforzare anche solo per dare una rispostagentile con cui to gliersi d’impaccio. Senza conta re lelettere che mi vengono girate dalla fin troppo premu-rosa se greteria del Giornale, l’ultima della quali iniziacon «Gentilissi mo dottor Parente», si profonde in di-chiarazioni di stima, mi chiede di leggere «un librosco modissimo», e dopo essermi sciaguratamente in-curiosito e preso l’incombenza di prende re in visionetale libro scomodis simo, al mio disinteressato con -siglio di smettere di scrivere e co minciare a leggere,eccomi tra sformato in «pezzo di merda, pallone gon-fiato, infimo essere presuntuoso, orribile scracco diverme schifoso». Non date mai retta a chi dice di sti-marvi, la stima dichiarata è la più alta forma di di-sprezzo umano, chi vi stima ve lo dimostra dimo -strandovi di avervi riconosciu to.

Invece c’è chi crede di andare sul sicuro proponen-domi di leg gere riscritture bianciardiane, come se ame fosse mai fregato niente dello stesso Bianciardi ori-ginale, o richiamandosi a Fla vio Santi, il quale a suavolta mi fa scrivere da un De Santis, che a sua voltaper consigliarmi Santi si richiama di nuovo a Bian-ciardi, incredibile. C’è chi crede di commuovermiproponendo mi i libri di una che scrive in una forestae lascia i suoi libri di poe sia nel tronco cavo di un al-bero, ignorando quanto io odi la natu ra e la poesia.C’è chi mi manda romanzi di destra prendendo mi peruno scrittore di destra, chi romanzi di sinistraprenden domi per uno scrittore di sini stra, mai nes-suno che scriva a me perché abbia letto i miei li bri eabbia almeno una ragione letteraria per rivolgersi aParen te e non, per esempio, a Lagioia. C’è perfino chimi manda libri spirituali, buttando lì, per am miccare,il nome di Vito Mancu so o Antonio Socci, nonsapen do che odio a tal punto la super stizione religiosada smettere di leggere qualsiasi libro che con tenga laparola «anima», figuria moci se ce l’ha già stampata neltitolo.

L’aspirante tipico ti chiede udienza genericamente,non sa pendo niente di te a torto, ma se gli rispondigenericamente, non sapendo niente di lui a ra gione,si offende. In sostanza gli aspiranti scrittori vogliono

Massimiliano Parente, il Giornale, 7 febbraio 2011

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 24

Page 25: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

25

Oblique Studio | Rassegna stampa febbraio 2011

esse re letti ma non sono neppure tuoi lettori, anzi ingenere non hanno mai letto niente di importante, perquesto scrivono.

È inutile specificargli che non sono un editore, néun agente letterario, né un consulente edi toriale, per-ché dovrei occupar mi di loro? È inutile spiegare di es-sere già occupato, molto oc cupato, a scrivere le mieopere, a leggere i libri che mi interessa no, e mi ser-vono appunto per scrivere le mie opere. È inutile pre-cisare che il tempo rimanente scrivo per il Giornale, enon ne resta altro libero neppure per vivere, solo perle minime at tività vitali, giocare alla X-box, comprareapplicazioni per l’iPhone, misurarmi la pressio ne, nonprocreare, prendere farmaci per prevenire le malattie,andare sui siti porno e mandare sms feticisti a BarbaraD’Urso, così gentile da rispondermi sempre («Pro-blemi grossi, eh?»). È pur vero, cari e odiati aspiranti,che non potendo essere i nuovi me, perché sono an-cora vivo, ci sarà almeno una possibilità su un mi-liardo che voi siate il nuovo Proust, e nel caso vi leg-gerei di corsa e farei di tutto per farvi pubblicareinven tandomi un potere editoriale ol tre le mie scarsepossibilità. Sebbene, attenzione, quando legge te persbaglio un mio articolo in cui parlo male del tristemondo editoriale e cito i geni rifiutati, da Kafka aMorselli a Moresco, statisticamente non identifica-tevi, non sto parlando di voi.

Sappiate che essere respinti non è prova di niente,solo del l’essere stati respinti, e quasi sempre a ragione,non a torto. Tuttavia, per venirmi incontro e tutelarela mia salute mentale venendo incontro anche a voi ealla vostra salute mentale, ho escogitato questa mode-sta pro posta: volete essere letti? Paga temi. Se siete cosìconvinti di voi o così masochisti, se proprio non po-tete resistere, mandate mi quello che desiderate farmi

leggere, e vi prometto che lo leggerò. Ho fissato ilcosto di una mia lettura a venti euro a cartella, perdattiloscritti di mi nimo cento cartelle.

Non sono caro, credetemi, e se ritenete di sì almenoavrete un buon motivo per iniziare la vostra letteracon: caro Parente. Mi sembra comunque più eco -nomico di un set di creme dimagranti di Wanna Mar-chi che non fanno dimagrire, di un filtro d’amore chenon farà inna morare nessuno, di una pubbli cazione apagamento che non andrà da nessuna parte, è quantochiedo, quando capita, per andare a parlare dieci mi-nuti in televisione, e sottratte le spe se, le tasse e la ri-tenuta d’accon to alla fine non posso permetter ci nep-pure una notte con Patri zia D’Addario.

È anche quanto vi chiedereb be, più o meno,un’agenzia lette raria, la quale vi manderà un’anonimascheda di lettura e non una mia lettera autografa che,se letterariamente non sie te niente, come feticcio dacon servare per i posteri è meglio di niente. Inoltre,avendo pagato, non sarete così propensi a insultarmidopo, nel caso probabile di un giudizio negativo, eanche se doveste farlo il vostro esbor so mi avrà messodi buon umo re, insultatemi pure, lo metterò in conto.

Nel caso in cui invece voi fo ste davvero gli eredi diProust o Sterne o Faulkner o i miei stessi eredi e voleteseppellirmi vivo, se insomma avrete davvero pro dottoun’opera d’arte e non l’en nesimo spreco di carta e me-diocri ambizioni, mi impegno a re stituirvi subito ildenaro con gli interessi e a fare di tutto per farvi pub-blicare. Se avete un minimo di buon senso tenete tut-tavia presente, in linea di massi ma e di principio, chenella mag gior parte dei casi il posto miglio re dovepossa stare il vostro ma noscritto nel cassetto è proprionel vostro cassetto, per que sto si chiama manoscrittonel cassetto.

«Non date mai retta a chi dice di stimarvi, la stima dichiarata è la più alta forma di disprezzo umano, chi vi stima

ve lo dimostra dimo strandovi di avervi riconosciu to»

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 25

Page 26: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

L’addio di Turchetta alla Mondadori

Dopo mesi di polemiche e tempeste interne, platealiattacchi a Saviano da parte della presidente MarinaMondadori, discussioni sulla opportunità di lasciarela casa di Segrate «berlusconizzata» da parte di VitoMancuso e faticose mediazioni del manage ment in di-fesa dell’autonomia, ecco il primo segnale forte di di-stacco da parte di un al to dirigente della ArnoldoMondadori: il direttore generale delle edizioni Mon-dadori Massimo Turchetta lascia per il concorrentepiù diretto. Sarà tra poche ore il direttore editorialelibri trade di Rcs, con responsabilità sulle scelte di Riz-zoli, Bompiani, Fabbri e Sonzogno.

La decisione arriva alla fine di mesi a dir pococomplicati, benché iniziati con la scelta felice di can-didare Pennacchi al libro Strega, fortemente volutada Turchetta e da Antonio Franchini che ne è statol’editor. Turchetta, Franchini e Antonio Riccardi, delresto, sono stati a lungo un team abituato a lavorareassieme da quando entrambi, quarantenni, erano statipromossi sul campo alla fine del Novanta da GianArturo Fer rari: Turchetta (con un passato in Feltri -nelli), in pochi anni è passato da editor degli Oscaralla direzione generale. Mol to legato, professional-mente e umana mente, a tanti autori della casa a par-tire da Roberto Saviano (che l’ha spesso rin graziatopubblicamente), passando per Pennacchi e Giordano,ma anche per la più recente scoperta Mauro Corona,il cinquantenne Turchetta negli equilibri editoriali e

intellettuali di Segrate ha rappresentato per anni unacontinuità ben riconosciuta da editor, collaboratori eautori. Nelle ultime settimane, pur defi lato dalle po-lemiche più roventi innesca te da Marina Mondadoriquando aveva dichiarato di provare «orrore» per la de -dica di Saviano ai magistrati di Milano di una laureahonoris causa, Turchetta ave va preso la penna per fir-mare, il 21 gen naio, un comunicato ai margini dellaquestione principale, ma legatissimo ai destini edito-riali in Mondadori dell’autore di Gomorra. Recitava:«In merito alla notizia circa l’imminente uscita di unnuovo libro di Roberto Saviano, che secondo vociavrebbe dovuto intitolarsi Hotel Cancro, il direttoregenerale Edizio ni Mondadori, Massimo Turchetta,smentisce la notizia e precisa che Hotel Cancro è unvecchio titolo di lavoro, ri guardante un’ipotesi oramaisuperata. Roberto Saviano sta sicuramente scri vendoma l’argomento del nuovo libro è, per il momento,ancora top secret».

Di top secret, evidentemente, doveva esserci ancheuna riflessione personale del dirigente editoriale sulfuturo, che in un paio di settimane lo ha portato allostrappo. Dovuto alle difficoltà interne, dettate dall’in-gerenza dei vertici, ma an che a divergenze sulle stra-tegie per il fu turo. Che riguarderebbero anche un pro -getto di fare di Einaudi il marchio d’élite, tenendo ibestseller in Mondadori. Piani che, eventualmente,ora saranno sviluppati da altri.

Il direttore generale lascia Segrate dopo le polemiche e passa a Rizzoli.Il dirigente è molto legato a Saviano che ha fortemente sostenuto anchenei momenti più difficili. Ora seguirà i marchi più importanti delgruppo, da Bompiani a Fabbri

Maurizio Bono, la Repubblica, 8 febbraio 2011

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 26

Page 27: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

BUFALE SULL’EBOOK

Amazon fornisce cifre trionfali, ma in Italia il mercato non sfonda:

è fermo allo 0,5 per cento

Per inquadrare il fenomeno ebook è forse il caso dipartire dall’esperienza perso nale. Quanti tra voi lettorihanno letto finora un libro elet tronico? A sentire gliannunci dei giganti del settore (a cominciare dal bossdi Amazon Jeff Bezos) e profezie varie sulla mortedelle librerie, sembra che la carta si sia già incammi-nata sul viale del tra monto, con giusto un nostalgi -smo per i bei tempi andati ad ar ginare, ancora perpoco, la rivo luzione dell’ebook. In realtà, fa cendo deisemplici sondaggi ca salinghi – ovvero chiedendo adamici e conoscenti – la risposta alla domanda di cuisopra è spes so simile: nessuno. Anche i po chi fortunatidotati di un lettore digitale, iPad o Kindle che dir sivoglia, raramente si sono cimen tati con un romanzosu inchio stro elettronico. I numeri ufficia li, d’al-tronde, parlano da soli. Secondo le stime rese note agen naio al Digital Book World 2011, uno dei più im-portanti appunta menti mondiali per l’editoria digi-tale, gli ebook in Italia sono sotto la quota dello 0,5per cento del mercato librario. Vuol dire che ogni 200libri cartacei, viene venduto un solo ebook. Negli Usale cifre salgono: nel mercato librario statunitense (cheoffre oltre 800 mila titoli) gli ebook oc cupano circa il10 per cento del mercato; ma i numeri crollano nuo-vamente in Europa (dove, va detto, il numero di titolidispo nibili è inferiore): se a svettare è il Regno Unito

con una quota tra il 2 e il 3 per cento del mercato, ilgiro d’affari in Germania e Fran cia è inchiodato al-l’uno per cen to (la Spagna è come noi allo 0,5). Dataquesta situazione, è tutt’altra la verità che domina sugiornali e siti specializzati. Ca pofila – interessato –degli entu siasti è appunto Jeff Bezos, pre sidente e am-ministratore delega to di Amazon, il portale (da pocosbarcato anche in Italia) leader mondiale dell’e-com-merce. Amazon vende di tutto, dalle stampanti ai frul-latori, ma nasce nel 1995 come libreria online e an-cora oggi non ha rivali nella vendita di libri percorrispon denza.

Amazon salta nel l’e-mondo nel 2007 con il lanciodi Kindle, lettore digitale dotato di un particolare in-chiostro elettro nico che permette anche la lettu rasotto il sole (quest’estate è ar rivato il Kindle3). Daquando il suo gioiellino è sul mercato, il pa tron Bezosnon si è fatto mancare neanche un’occasione peresalta re le magnifiche sorti e progres sive dei suoi pro-dotti. Nel Natale del 2009 Amazon fa sapere ai quat-tro angoli del globo: «A Na tale abbiamo venduto piùcopie di libri in formato digitale per Kindle che inquello cartaceo». «Il Natale 2009 passerà alla storiacome il momento del sorpasso degli ebook ai dannidei vecchi cugini cartacei?» si chiese ai tem pi l’italianobookblog. Diradato il fumo, fu chiaro che il 25

Federico Mello, il Fatto Quotidiano, 9 febbraio 2011

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 27

Page 28: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

dicem bre a pochi viene in mente di or dinare un librovia posta, mentre decine di migliaia erano coloro che,ricevuto un Kindle in regalo, lo avevano testato scari-cando due-tre ebook. Più recente l’annuncio dello«storico sorpasso». Lo scorso luglio dall’azienda diBezos fanno sapere che ormai «ogni 100 libri cartaceihardbac k sono stati venduti 143 ebook». Finisce cosìla società di Guten berg? Non proprio. Anche in que -sto caso andrebbe specificato che per «hard book» siintendono i libri cartacei in edizione rigida, spesso co-stosi e rivolti a un pub blico di nicchia (e, a differenzadell’Italia, ormai desueti sul mer cato Usa). Ma anchequesta volta l’annuncio dei geni dell’e-comu nicazioniha funzionato: i titoli dei giornali del mondo nonman cano e, buon per Bezos, si torna a parlare dellasua azienda appena sta cominciando a scemare l’u -briacatura per l’iPad Apple lan ciato il mese prima ediretto concorrente di Kindle. Basta aspet tare soloqualche mese, infine, arrivando ai giorni nostri, per-ché il portale che prende nome dal Rio delle Amaz-zoni torni di nuova alla carica.

Lo scorso 27 gennaio un ulteriore comunicatoviene sfornato dall’azienda di Seattle. «Amazon.comora vende più libri elettronici per Kindle che paper -back. Per ogni cento paperback venduti, abbiamovenduto 115 ebook». In questo caso la notizia sem-bra reale. I «paperback» sono i volumi che leggiamotutti, i ta scabili, quelli con copertina mor bida. Si ècompiuto davvero il sor passo? Siamo sbarcati, senzabat ter ciglio, nell’èra della lettura di gitale? In realtàanche in questo caso i dati andrebbero presi con lemolle. Amazon può contare sull’80 per cento delmercato de gli ebook negli Usa. Ma, nono stante il

lettore Kindle sia acqui stabile soltanto negli StatiUniti, sono milioni i cittadini del mon do che sonoriusciti ad accapar rarsene uno (e questi sono obbli -gati a comprare gli ebook su Ama zon, circostanzache spiega an che il successo dell’ebook presso gliamericani).

Tutt’altra musica per i tascabili cartacei. Amazonconta soltanto sul 15 per cento del mercato Usa:un’inezia rispetto al mercato glo bale al quale vannoascritte le librerie e gli altri siti in America e nel restodel mondo. Amazon, quindi, fa un’altra capriola me-diatica: con fronta un dato globale (quello sul le ven-dite dei suoi ebook), con un dato iper locale (le ven-dite Amazon di libri cartacei negli Usa). E come se laCoca Cola an nunciasse di vendere più Coca Cola cheacqua minerale: nessun penserebbe che la razzaumana è passata alla Coca Cola. Ma Ama zon è new-economy, e fa un altro effetto. La domanda che aquesto punto esige una risposta è allora: cui prodest?A chi conviene pom pare mediaticamente la rilevanzadegli ebook nel mondo? La rispo sta è deduttiva. Gliebook Kindle hanno un formato «proprieta rio», ov-vero possono essere letti solo su supporti prodottidalla ca sa madre. L’azienda di Bezos, per ciò, ha tuttol’interesse a porsi co me «standard»: se tra qualcheanno «libro digitale» vorrà dire «li bro digitale perKindle» allora non solo il gigante dell’e-com merce sene gioverà in termini di vendite, ma potrà anche te-nere sotto scacco gli editori e imporre anche agli scrit-tori gli accordi che ritiene vantaggiosi. La realtà cidice ben altro. Per ora conti nuiamo ad amare la carta.E non basta qualche comunicato stam pa a convin-cerci del contrario.

28

«La domanda che a questo punto esige una risposta è allora: cui prodest? A chi conviene pom pare mediaticamente

la rilevanza degli ebook nel mondo?»

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 28

Page 29: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

Una piccola nota sulla distribuzione

Enrico Piscitelli, Nazione Indiana, 10 febbraio 2011

Qualche tempo fa, Andrea Inglese ha pubblicato suAlfabeta2 una mia piccola nota, sulla situazione attualedella narrativa italiana – non di major. Scrivevo, inquella nota: «La narrativa italiana ha un riscontro bas-sissimo. Al momento, il più basso degli ultimi anni. Ilibrai prenotano pochissime copie dei libri di narrativa.Non si fidano. Sanno, o qualcuno ha detto loro, chevenderanno solo un piccolissimo numero di romanziitaliani, e solo di alcuni autori. Qui stiamo parlandodi numeri così bassi, che cinquecento copie vendutedi un libro di una piccola casa editrice, sono un suc-cesso clamoroso, roba da brindare col prosecco».

Questa nota è stata ripubblicata da molti. Per esem-pio da Loredana Lipperini, nel suo blog. Lì, nei com-menti, Federico Guglielmi (Wu Ming 4), scrive:«Quanto all’intervento di cui sopra, non mi sembra(più) vero che nessuno scrive questa verità. Forse nonè sbandierata a titoli cubitali sui giornali, ma in realtàè risaputa e sotto gli occhi di tutti». Ma, soprattutto,Guglielmi si chiede cosa fare e come agire. Domandeimpegnative, e importanti. Senza dubbio.

Nicola Lagioia, invece, sempre negli stessi com-menti, scrive: «Tra le altre cose, lavoro da anni comeeditor in una piccola casa editrice, e cioè minimum fax,e – dati alla mano – i numeri non sono quelli di Pisci-telli. Quando vendiamo 500 copie di un esordiente,

non brindiamo a champagne e nemmeno a prosecco,ci chiediamo in cosa abbiamo sbagliato, visto che nellibro mandato in libreria credevamo tutti». Ma mini-mum fax è, davvero, una piccola casa editrice? Spul-ciando il suo catalogo, si può vedere che ha pubblicatonel 2010 quarantatré titoli, in dieci collane. Quella dinarrativa italiana, però, Nichel – diretta da Lagioia –pubblica solo sei libri all’anno. Sei libri su quarantatré.Dovrebbe far riflettere anche questo, secondo me.

Anche Mauro Baldrati ha ripreso il mio pezzo, suNazione Indiana: «Come uscire dal Grande Terrore?»,scrive Mauro, «non facciamoci illusioni. Noi, e i no-stri figli, non rivedremo le grandi pianure d’Africa dinuovo popolate di elefanti, leoni, rinoceronti e gaz-zelle che vivono in armonia con l’ambiente. Forseperò continueremo a vederli nelle riserve e nei parchinaturali. Il Grande Terrore può causare l’estinzionedella letteratura». Baldrati invita a ragionare sui mec-canismi della distribuzione, e prende come esempioSenzapatria, editore che si è inventato una modalitànuova di vendere i suoi libri.

Ecco, ha ragione Baldrati: è davvero il caso di esa-minare questi meccanismi. O di provarci, almeno.

Il mercato del libro in Italia vede sempre più il pre-dominio di posizioni consolidate e dominanti. I prin-cipali attori sono presenti in tutta la filiera. Ovvero,

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 29

Page 30: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

fanno tutto: sono editori, stampatori, distributori, pro-motori, librai. Prendiamo, per esempio, il gruppoMondadori, l’azienda più grande nel settore editoriale.Mondadori possiede i marchi Mondadori, Einaudi,Sperling & Kupfer, Electa, Piemme, Harmony, EL,Frassinelli. Come distributore opera la DistribuzioneLibri Mondadori, che distribuisce, oltre ai libri dellecase editrici del gruppo, altri editori di primo pianocome Rai-Eri e Baldini Castoldi Dalai. Per la venditadiretta esistono nove Mondadori Multicenter (mega-store) e 16 librerie Mondadori, di proprietà del gruppo,oltre a centinaia di punti vendita in franchising. Ilgruppo Mondadori ha anche un suo sito di vendita on-line di libri e prodotti media, BookOnLine (BOL). Atutto questo, vanno aggiunti Mondolibri-Club degliEditori (di cui fanno parte, fra gli altri: Ok Musica, Ju-nior Club e Euroclub) e Piemme direct, che operanonelle vendite per corrispondenza tramite catalogo.

Mondadori, insomma, è in grado di riempire un’in-tera libreria. Anche con buoni libri, fra l’altro – bastipensare al catalogo Einaudi.

Ora, immaginiamo di voler creare una casa editrice.Secondo NielsenBookScan, nel 2009 l’online avevauna quota di mercato del 3,5 percento. Questo vuoldire che tutti gli altri libri – il 96,5 percento – si ven-dono ancora attraverso i canali di vendita «tradizio-nali»: librerie, di catena e indipendenti, edicole,grande distribuzione organizzata. E arrivare in libreriaè difficile. Servono un distributore e un promotore.Il primo è quello che ha, fisicamente, gli scatoloni coni libri della nostra, ipotetica, nuova casa editrice. Il se-condo, il promotore, convincerà il libraio a prendere– e si spera: vendere – i nostri libri. In alcuni casi idue ruoli coincidono, e alcuni distributori hannoanche una propria rete di agenti librari.

Per esempio, sul sito di Dehoniana Libri – un di-stributore meno noto di Messaggerie, Cda, Pde oNda, ma anche parecchio efficiente – si legge: «Lapromozione degli editori rappresentati avviene attra-verso una propria rete costituita da 18 agenti, coordi-nati da un Responsabile della rete promozionale coa-diuvato da due Capi area (Nord e Centro/Sud).Secondo un calendario prestabilito nel corso del-

l’anno, sono previste visite periodiche alle librerie perla presentazione delle novità annunciate dall’Editore,delle strenne, delle riproposte di catalogo e delle ini-ziative promozionali concordate, quali, ad esempio,campagne ad hoc su particolari tematiche, collane, au-tori o altro».

Distributore e promotore hanno un ruolo fonda-mentale. Un editore con cui collaboro, parlando delsuo distributore, dice sempre «il mio socio di maggio-ranza». Questo perché, per fare il suo mestiere, il di-stributore prende una grossa fetta del prezzo di coper-tina. Spesso, però, lo fa male, questo mestiere. Nonpropone i libri, non ha agenti, si limita a inviare qual-che lista, qualche file excel, e a mandare poi i titoli surichiesta del libraio – nel peggiore dei casi: in ritardo,o dopo molti solleciti.

Oltretutto – oltre alla percentuale sul prezzo divendita – il distributore reclama diverse condizioni,per accettare un editore nella sua squadra. Un certonumero di titoli all’anno, per esempio. O un nomedi grido. Vorrà insomma partecipare alla programma-zione editoriale della casa editrice. Spesso, senza co-noscere davvero gli autori e i libri.

È un bel problema: senza distributore, una casa edi-trice dovrà piazzare i suoi libri direttamente, libreriaper libreria, o venderli online, dal proprio sito. Conun distributore, invece, la parte propriamente com-merciale dovrebbe essere coperta.

Ma ci sono soluzioni alternative alla distribuzionecanonica?

Mi aveva incuriosito un’intervista di Andrea Cor-tellessa a Nanni Balestrini. Balestrini parlava di Area:«Verso il 1976-’77, poi, inventammo Area: una fede-razione di una dozzina di piccole iniziative editorialicome la Cooperativa scrittori, l’Erba voglio, Aut Aut,eccetera (molte erano espressione di aree politiche, ap-punto), che messe assieme componevano un’entità dimedie proporzioni, con una buona distribuzione e ot-timi risultati commerciali».

Incuriosito, assai, ho cercato notizie in Rete, suArea. Ma ho trovato solo qualche informazione nel-l’Archivio Primo Moroni: «Chiudemmo anche laCooperativa Area che rappresentava il più organico

30

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 30

Page 31: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

31

Oblique Studio | Rassegna stampa febbraio 2011

tentativo di creare una struttura editoriale produttivache avesse la forza di confrontarsi con i grandi orga-nismi di distribuzione editoriale che, com’è noto,sono da sempre uno dei nodi strategici della diffu-sione della cultura in Italia. Nell’Area avevamo riunitosotto un unica sigla editoriale una decina di case edi-trici autogestite (Squi/libri, Librirossi, Edizioni delNo, Coop Scrittori, Edizioni delle Donne, Lavoro Li-berato, ecc.) che, complessivamente, pubblicavano unnumero di titoli sufficienti da permetterci l’accessoalle Messaggerie Italiane che era e rimane l’organismodistributivo più importante del panorama editorialeitaliano» (Primo Moroni).

Insomma, cos’era Area? Io l’ho chiesto direttamentea Nanni Balestrini. Area – mi ha detto – era una strut-tura comune, una redazione unica, una alleanza difatto fra un buon numero di case editrici vicine al Mo-vimento [Nanni, quando gli ho chiesto di Area, l’hausata spesso, questa parola: Movimento]. L’intento eradividere le spese, e fare blocco nei confronti dei distri-butori, delle tipografie, delle librerie. Fu chiusa nel1978, dopo perquisizioni, e minacce niente affatto ve-late. Quei libri lì, pubblicati dai soci di Area, davanofastidio. Da quell’esperienza, nacque Alfabeta.

Un’idea semplice e, allo stesso tempo, rivo-luzionaria. Della quale non v’è più traccia. Pare esistauna tesi di laurea, sui due anni di vita di Area, e nullapiù, a parte i ricordi di chi c’era.

E oggi, esistono idee «diverse»? Quali sono? La ri-sposta è sì. Tra mille difficoltà: sì. Ne cito tre, diversefra loro.

Produzioni dal basso sfrutta le potenzialità dellaRete. Funziona così: chiunque lo voglia, può pro-porre un progetto. La Rete, gli iscritti al sito, possono

sottoscrivere il progetto e pagarne una quota. Conquesto sistema è stato finanziato, fra gli altri, il do-cumentario Una montagna di balle, sull’emergenzarifiuti in Campania. 506 persone hanno prenotatouna copia del DVD, pagando quasi 6 euro a testa.Anche alcuni libri sono stati finanziati e prevenduti– e quindi: distribuiti – con questo sistema. Saltandoquindi gli intermediari – editori inclusi.

Un altra idea: Murene di Nazione Indiana. Mureneè una collana che propone testi di poesia, saggistica enarrativa. Un comitato di redazione sceglie i titoli. Ilibri sono autoprodotti e acquistati per abbonamento– tre libri l’anno per 20 euro. Sul sito di Nazione In-diana si legge: «abbiamo calcolato che 200 abbona-menti dovrebbero permetterci di andare in pari conle spese vive della produzione (le uniche che abbiamodeciso di tenere in conto): impaginazione, stampa,spedizione e spese di gestione del sistema PayPal». Unaltro modo, insomma, di saltare a piè pari distribu-zione e librerie.

Ultima idea: Senzapatria, ovvero la casa editrice dicui parla Baldrati, nel suo pezzo. Anche qui, incurio-sito, ho chiesto direttamente all’editore, Carlo Can-nella. Mi ha detto, Carlo, che i libri di Senzapatriasono venduti negli Automatic Free Shop, ovvero queinegozietti pieni di ditributori automatici tutti aran-cioni, che vendono merendine, bevande, gelati, apertiventiquattro ore su ventiquattro. E libri, ora, anche.Ma la rivoluzione, in questo, è soprattutto nel fattoche gli associati ad Automatic Free Shop acquistano ilibri di Senzapatria. Non possono renderli, come in-vece possono fare le librerie. I libri, insomma, sonotrattati come ogni altro bene di consumo.

Anche questa è un’ottima idea.

«Distributore e promotore hanno un ruolo fondamentale. Un editore con cui collaboro, parlando del suo distributore,

dice sempre “il mio socio di maggioranza”»

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 31

Page 32: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

Battaglia editoriale su Gadda

Ida Bozzi, Corriere della Sera, 12 febbraio 2011

Sono state quarantotto ore di grande agitazione,quelle attra versate dal mondo editoriale ita liano, dopol’annuncio dato giovedì dal Corriere della Sera a pro-posito della prossima pubblicazione delle opere diCarlo Emilio Gadda presso Adelphi, con l’ampio ar-ticolo di Paolo Di Stefano che dava conto del traslo -co progressivo dell’Ingegnere alla ca sa editrice di Ro-berto Calasso in se guito all’accordo firmato conl’erede di Gadda, Arnaldo Liberati.

L’annuncio dello storico passag gio, illustrato nel-l’articolo nelle sue tappe successive, ha però suscitatola reazione dell’editore storico di Gad da, Garzanti. Inun primo comunicato di giovedì stesso, ripreso dalleagen zie e ieri anche da alcuni quotidiani, Garzanti af-fermava infatti (a firma del direttore editoriale Oli-viero Ponte di Pino) che «ancora per i prossimi tredicianni le opere di Gadda, compresa dunque la Cogni-zione del dolore, L’Adalgisa e Quer pasticciaccio bruttode via Merulana, sono state e continueranno a esserepubblicate come da contratto dalla casa editrice Gar-zanti». Subito sotto precisava: «Sono attualmente di-sponibili nell’edizione curata da Dante Isella sia neiLibri della Spiga sia, a prezzo economico che ne ga-rantisce la massima diffusione, nella collana GarzantiNovecento disegnata da Bob Noorda. Dopo il 2023,chi avrà pazienza vedrà», e aggiungeva che «quantoalle opere singole, quelle principali sono ancora parteviva del catalogo Garzanti».

L’impressione data dal primo comunicato era cheGadda – secondo Garzanti – entrasse in Adelphi percosì dire da una porta secondaria: né vi era chiara di-stinzione tra il de stino della raccolta di opere, quellaedita nei Libri della Spiga, e il destino delle opere

singole nel prossimi anni. I quali destini sono invecemolto di versi.

Il cuore della vicenda è venuto a galla solo con ilsecondo comunicato di Garzanti, ieri sera, in ben altrotono e, questa volta, non firmato: «Nel 2003» affermail testo «la casa edi trice Garzanti rinnovò con chi neera all’epoca erede il diritto di pubblicare e ristampareper i successivi venti an ni (solo perché non era possi-bile per legge rinnovarlo per un periodo più lungo)l’opera in raccolta di Carlo Emilio Gadda nell’edi-zione magistral mente curata da Dante Isella», e sottoprosegue, riferendosi alla raccol ta: «Siamo ben lieti dipoterla pubbli care fino al 2023».

Ma quanto alle opere singole, defi nite «ancoraparte viva del catalogo» appena giovedì? Ecco quantorecita te stualmente il comunicato Garzanti di ieri:«Nei prossimi anni via via fino al 2016 scadranno vi-ceversa i diritti delle singole opere, che sono diritti di-stinti. Siamo lieti che uno degli autori più importantidel Novecento italiano si possa giovare anche di unasecon da casa presso Adelphi, della quale ri spettiamoil lavoro».

Facciamo ordine nell’apparente «pasticciaccio»,dunque, illustrando pur nel riserbo del due editori ildesti no reale delle singole opere gaddiane nei prossimianni. Garzanti seguiterà a pubblicare fino al 2023 laraccolta delle opere, nell’edizione curata da Isella siaper i Libri della Spiga sia nel la collana Garzanti No-vecento dise gnata da Bob Noorda.

E come annunciato giovedì da que sto giornale,Adelphi comincerà que st’autunno a pubblicare i rac-conti de gli Accoppiamenti giudiziosi, per con tinuarecon le altre singole opere di Gadda a mano a mano chene sca dranno i diritti, entro il 2016: l’anno prossimoLe meraviglie d’Italia e L’A dalgisa, nel 2013 Eros ePriapo, per se guitare fino alla pubblicazione nella se-conda parte del decennio del ro manzi principali, Lacognizione del dolore e il Pasticciaccio. Il tutto in edi -zioni rinnovate e con apparati critici nuovi, che ter-ranno conto delle scoperte degli ultimi anni tra docu -menti e edizioni originali, per un autore che è, comel’ha definito Calasso nell’intervista a Di Stefano, «unapale stra straordinaria per filologi veri».

Tutto in Adelphi entro il 2016

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 32

Page 33: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

Officina d’arte grafica LuciniIl fascino del libro bello e impossibileMilano celebra la famiglia di tipografi che ha stampato volumi progettatidai grandi designer. Applicando sempre la regola di Bruno Munari:«Pensate alla normalità e poi fate l’opposto»

Il Lucini di primo grado fondòun’azienda mo derna, il Lucini disecon do grado l’ha trasforma ta inun marchio d’élite, il Lucini diterzo grado ne ha fatto una indu-stria tecno logicamente avanzata.Tutti insieme hanno dato vita aun’ope ra d’arte.

I Lucini fanno libri da tre ge-ne razioni, quasi un secolo, ehan no visto passare sotto i loro «tor chi» le pagine piùbelle dal punto di vista letterario e dal punto di vistagrafico del Novecento ita liano. Chi si occupa di libri,cioè editori, scrittori, giornalisti, ar chitetti, conosce be-nissimo la fa miglia Lucini. L’Italia e Milano, la lorocittà, un po’ meno. Oggi, però, abbiamo un’occasioneper riconoscerli meglio: la mostra curata da AndreaKerbaker «Quando la tipografia diventa poesia» che siapre a Palazzo Sor mani, a Milano, il 26 febbraio: nellaSala del Grechetto, in venti grandi vetrine, una raccoltaesclusiva e selezionata di 300 «pezzi» fra libri, plaquette,rivi ste, brochures, cataloghi e volu mi d’arte racconteràla storia di questa strana famiglia di creati vi di carta.

I Lucini hanno conosciuto, im paginato e stampatotutto e tutti: il meglio di Scheiwiller, moltis simo diGio Ponti e Bruno Muna ri, cinque premi Nobel da

Quasi modo alla Szymborska, epoi li bri illeggibili, libri sonori,le favo le cancellate di EmilioIsgrò, i li bricini del premio Ba-gutta, deci ne di riviste d’arte,architettura e design, la collanadi volumetti fo tografici direttada Ferdinando Scianna perSciardelli, le mono grafie azien-dali della Pirelli, del l’Olivetti,

della Merloni… In qua si un secolo hanno stampatool tre 5000 volumi d’arte, più deci ne di migliaia dipubblicazioni varie.

Fu il nonno Achille, nato a Mi lano nel 1881 sottoil segno del Torchio, a fondare l’«Officina d’arte gra-fica Lucini», il 14 aprile 1924, nello stesso cortile coibal latoi di via Piero della Francesca in cui sorge ancoraoggi. Il figlio Ferruccio iniziò a collaborare con ilpadre nel 1932, e continuò a lavorarci fino a quandoiniziò il figlio, Giorgio, entrato in azien da nel 1960 eche la conduce tut t’ora: dietro di lui non c’è unaquarta generazione, e a che cosa fare dell’azienda cipenserà da grande. Per ora ha appena 70 anni e unsacco di idee ancora da realizzare. «Come mi sono ve-nu te le idee più belle che ho realiz zato? Seguendo unconsiglio che, da piccolo, mi diede Bruno Munari:

Luigi Mascheroni, il Giornale, 13 febbraio 2011

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 33

Page 34: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

“Quando devi fare una cosa, pensa alla normalità. Epoi fai il contrario”».

Creativo come deve essere un tipografo, precisocome dev’es sere un artista, ribaltando la normalitàGiorgio Lucini è l’eccen tricità in edizione di lusso. Insmoking con papillon disegnati da pittori per le cenedi gala, sportivo in tinta unita con chilo metrica sciarpafuxia per il saba to mattina lavorativo, momento in cui,mentre sta ultimando i preparativi della mostra allaSor mani, si aggira per l’Officina epo nima raccontan-doci la storia dei Lucini. E lo fa offrendoci co me ape-ritivo un prosecco di Valdobbiadene doc, prodotto inbottiglie limitate con etichetta appositamente dise-gnata ogni anno, da trent’anni, da un mae stro dellagrafica mondiale: Bob Noorda, Walter Ballmer, ItaloLupi, Alan Fletcher… «Bottiglie esclusive che rega-liamo a nostri migliori clienti. Ma non a Nata le,troppo banale… si ricordi la regola della normalità…ma a maggio, quando inizia a fare caldo. Molto chic».

Il racconto va in stampa. «Mio nonno, Achille Lu-cini, rimane orfano a 11 anni, e comincia a la vorarecome aiutante-composi tore in una piccola tipografia.A 16 è già pronto, cioè capo-compo sitore, poco dopolo prendono all’azienda grafica Alfieri&La croix, dovenel giro di 7-8 anni diventa direttore e ci rimane fi noal 1924, quando si mette in proprio aprendo la suaOfficina, cioè la nostra. Una decina d’an ni dopo vieneaffiancato dal figlio, Ferruccio, cioè mio padre: nel’43, tempo di guerra, due bombe al fosforo radono alsuo lo l’officina. Si ricostruisce e si parte nel ’46. Lamentalità è arti gianale, ma la tecnologia è la più avan-zata del momento. Il cliente è sempre arrivato da noicon il testo e le immagini da stampare, ma su comeimpaginarli ci pensavano i Lucini, cioè noi. Diciamoche ci siamo sempre riservati una discreta autonomiacreativa… Comunque, papà comincia a collaborarecon pittori, architetti, fotografi, graphic designer. Es-sere a Milano è un vantaggio: si lavora con il miticoStudio Boggeri, si stampano riviste come Domus, Ca-sabella… Io arrivo nel 1960. Un giorno, manca pocoalla fine della scuola, mio padre mi chiama in ufficioe mi dice: “Cos’hai intenzione di fare dopo la matu-rità? Prima di ri spondermi, tieni a mente due cose: la

prima è che è gradita la tua presenza qui in azienda,la se conda che il lavoro è fatica ma se fai un lavoroche ti piace fatichi meno. Alla luce di queste due con-siderazioni, ritieniti libero di decidere come megliocredi, ma fra tre giorni fammelo sape re”. Tre giornidopo gli ho detto che avrei lavorato con lui, e così hofatto: mentre studiavo Econo mia e commercio all’uni-versità, in officina facevo la gavetta: lega toria, fotolito,cartotecnica… Finché un giorno, nel 1980, mio padremi richiama in ufficio e mi dice: “Da domani nonvengo più in ditta: adesso puoi andare avanti da solo”.È mancato nel 2003, a 90 anni. Mi ha insegnatomolto, ma soprattutto una cosa: che il grafico è unsarto che veste le idee».

Di idee i Lucini ne hanno vesti te parecchie, e tuttein maniera molto elegante. Basta dare un occhio aipezzi in mostra. Visto, si stampi: Lidel, la prima rivistastampata nel 1924, l’Apocalisse delle Edizioni della Chi-mera con le litografie di Giorgio De Chirico del ’41, ilibri illeggibili di Munari finiti anche al MoMA di NewYork, il volumetto Vec chia auto «fatto in casa» nel 1961con testi e illustrazioni di Dino Buzzati («Io ero giova-nissimo, e mi mandarono a fargli vedere le bozze.C’erano un paio di “vedo ve”, la riga di testo finale diun paragrafo isolata all’inizio di una pagina, una cosaassoluta mente da evitare… Ma come fa cevo a dire aBuzzati di togliere una parola? Lui capisce il mio im-barazzo, mi guarda, prende la matita e inizia a cancel-lare un aggettivo qua, uno là: “A tagliare si migliorasempre”, mi dice»), un pazzesco libricino concettua ledell’artista – concettuale – Vin cenzo Agnetti, le biblio-follie di Scheiwiller e quelle per le stren ne di PaoloFranci, le Trentadue variazioni di Eugenio Montale del1973 con 32 colori diversi, Alfabeto Lucini progettatoda Munari nell’87, i primi libri di po esia di Crocetti…

E, in un angolino, un’opera cu riosa: è L’agenda deltempo libe ro, che riporta in calendario solo i giorni difesta. Ideata e impres sa da Giorgio Lucini. Un artistaprestato alla grafica, dandy quanto basta, bibliofiloimpeni tente con 20 mila volumi in libre ria («e ancheun bibliotecario… cosa molto chic»), nonostante amipresentarsi come uno che non legge libri, «li stampoe ba sta».

34

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 34

Page 35: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

Borders, libri in tribunale. Scoppia la crisi da ebook

Francesco Semprini, La Stampa, 17 febbraio 2011

Borders Group chiede l’av vio dell’amministrazionecontrollata e si prepara a chiudere il 30 per cento deipunti vendita in tutti gli Stati Uni ti. Una decisioneche pone interrogativi sul futuro del l’editoria tradi-zionale a fronte dell’avanzata di quel la digitale. L’ope-ratore di Borders e Waldenbooks si trova da tempo indifficoltà, con bilanci sempre più in rosso e un calocronico dei volumi di affari.

«I clienti spendono sem pre meno e la società è acor to di liquidità» spiega Mike Edwards, numero unodella catena di librerie. «È chiaro quindi che nonsiamo in pos sesso delle risorse di capitali necessarieper essere compe titivi». L’avvio del Chapter 11, ov-vero la gestione control lata di grandi aziende in cri si,permetterà a Borders di avere accesso a nuove risor sefinanziarie e allo stesso tempo di riorganizzarsi conuna struttura più efficiente e competitiva. Per questola società ha avviato una revi sione strategica dei suoipunti vendita con l’obiettivo di chiudere quelli chesono ca ratterizzati da un basso stan dard di rendi-mento. Attual mente la società con sede a Ann Arbor,in Michigan, con ta 644 negozi in 48 stati ame ricanioltre alla capitale DC e Porto Rico, considerato pro -tettorato degli Usa. Nell’ambi to della procedura saràchiuso quasi un terzo delle librerie, ovvero circa 200,mentre la so cietà ha già chiesto una Linea di creditoa Ge Capital, che do vrà essere sottoposta al via li bera

del giudice fallimentare, per finanziare le proprie ope -razioni durante il Chapter 11.

Nella richiesta di ammissio ne presentata nei giorniscorsi al tribunale Borders ha dichia rato di avere at-tività comples sive per 1,28 miliardi di dollari e pas-sività per 1,29 miliardi. Ieri sulle piazze finanziarie ilti tolo della società è stato sospe so dalle contrattazionidopo aver perso il 34 per cento nelle contrattazionidi pre-mercato.

La vicenda di Borders, un altro importante esempiodi sogno americano realizzato dal nulla quaranta annifa gra zie all’intraprendenza di due giovani fratelli, Tome Louis Borders, è un segno dei tempi. La società hadovuto far fron te all’avanzata dei concorren ti in digi-tale, come Amazon, e alla diffusione degli e-reader, ov-vero i lettori elettronici sui quali si possono scaricaree leggere libri e riviste con un clic. Il rischio è che ac-cada per le librerie tradizionali ciò che è accaduto peri negozi di no leggio video o vendita di musi ca dopol’avvento di iTunes e concorrenti vari.

La parola d’ordine in que sti casi è investire nelcambia mento come ha fatto Barnes & Noble che hacatturato un 20 per cento del mercato di ebook og gi.Borders invece non sembra aver messo in pratica unastra tegia digitale di successo, un fattore questo su cuila diri genza non potrà non riflettere durante l’ammi-nistrazione controllata.

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 35

Page 36: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

Libri o ebook, l’inganno di Bezos

Angelo Pezzana, La Stampa, 18 febbraio 2011

Caro direttore, la comparsa degli ebook ha reso attualeuna doman da fino a poco tempo fa inimmaginabile:il libro ha un futuro? Basta entrare in una libreria perren dersi conto che il funerale non solo è ancora lon-tano, ma che ci sono fondate speranze per escluderlodalle previsioni. Eppure, se ci la sciamo influenzare dititoli dei giornali, il lutto sembra imminente. Ne citocinque fra quelli che più mi hanno colpito in questiultimi tre mesi: «L’editore sparirà in una generazione»,«L’editoria digitale manda in rosso le librerie ameri-cane», «La letteratura vivrà solo in forma digitale», «Lacrisi delle librerie contagia la Gran Bretagna»,«L’ebook avanza e le librerie scompariranno».

Annunci da ansia profonda spesso uniti alla notiziasecondo cui, come diciamo sempre, gli italiani leggonopoco. È vero? Sì, purtroppo. Ma se guardiamo bene lestatistiche scopriremo che nel 2009 i lettori nel nostropaese erano il 45,1 per cento della popolazione sopra isei anni, mentre lo scorso anno sono saliti al 48 percento, con il mercato li brario cresciuto dell’1,3 per cento.

Per quanto riguarda le librerie, anche in Ita lia cre-scono quelle «di catena», nella quali domina la filoso-fia del supermercato, addio com messi che conosconotutti i segreti dei clienti. Nei centri storici parecchielibrerie indipendenti hanno chiuso, ma la ragione vacercata nella crescita verticale degli affitti. La giungla,da noi, è semmai alimentata dalla mancanza di unalegge sul libro, che tutti i librai invocano, ma che inrealtà nessun editore vuole.

In Inghilterra, famosa per il suoi libri a prez zi con-venienti, la crisi è iniziata con la liberaliz zazione delprezzo di copertina, che ha soltanto provocato un au-mento dei prezzi, tragica pre messa che doveva nascon-dere l’illusione del for te sconto. Era l’obiettivo delle

grandi catene, eliminare la concorrenza delle pic-cole/medie li brerie offrendo libri scontati. E natural-mente i libri costavano meno quando erano vendutisenza sconto. In Germania e in Francia, che hannoinvece una seria legge sul libro, non c’è nessuna ariadi crisi, se non quella fisiologica che ha sempre fornitoossigeno alle lamentele del settore.

Ma veniamo alla minaccia più nuova e appa -rentemente più temibile: riusciranno gli ebook a eli-minare i libri così come li abbiamo sempre conosciuti?Anche qui, respingiamo il terrori smo delle titolazioni,innanzitutto quella di chi ha lanciato il primo gridodi vittoria, Jeff Bezos, il geniale inventore di Amazon,che due Natali fa dichiarava che le vendite dei libridigitali ave vano superato quelle dei libri tradizionali.Ma Bezos è stato smascherato quando abbiamo avutoi dati di vendita lo scorso Natale, gli ebook hannooggi una penetrazione nel merca to Usa dell’8-10 percento, mentre in Europa va dallo 0,5 allo 0,7. SeBezos voleva attrarre l’attenzio ne sulla sua tavolettaKindle, poteva usare una pubblicità meno inganne-vole. Il fatturato dei libri digitali in Usa è ancoramolto modesto, sfio ra i 450 milioni di dollari, mentreil mercato edi toriale globale è di circa 22 miliardi didollari. Potrà forse essere il mercato del futuro, ma perora è ancora in lista d’attesa. Secondo Gian Ar turoFerrari, presidente del Centro per il li bro, e già a capodella divisione libri Mondado ri, «questa rivoluzionela vedrà mia nipote, che oggi ha cinque mesi».

*Libraio e scrittore, fondatore (con Guido Accornero)del Salone di Torino. Il brano è tratto dalla conferenzache Pezzana terrà lunedì alla Fiera internazionale dellibro di Gerusalemme.

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 36

Page 37: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

Paolo Nori: «Un ebook e 200 euro. Così ho battuto Eco»La storia di una piccola casa editrice elettronica che supera le vendite dei big Einaudi e Bompiani

In una classifica di vendita ha superato senza sforzo Am-maniti e Eco. Sto parlando di Camilleri o di Saviano?No, della firma di Libero Paolo Nori. Già questa sarebbeuna notizia, ma la notizia è doppia: lo scrittore parmi-giano ha battuto sia i suc citati autori che i relativi editori,nella fattispecie Einaudi e Bom piani, mica bruscolini,con cui compete direttamente da quando ha fondatouna sua piccola casa editrice, la Sugaman. Ce ne sarebbeda far crollare i titoli Mondadori e Rcs e tutto il mon -do della grande editoria, se non fosse che il bestseller inquestio ne è un ebook, un libro elettro nico, uno di queinuovi oggetti impalpabili di cui tutti parlano ma chenessuno riesce a quanti ficare economicamente (il nu -mero dei lettori effettivi è molto più misterioso della ri-cetta della Coca Cola, ormai svelata, pare). Provo a ca-pirci qualcosa con il diretto interessato.

Ma a questo Bookrepublic, il sito nella cui classifica tiritrovi al pri mo posto, bisogna crederci? Sì, è uno dei siti più importanti per l’acquisto di libridigitali, io credo che dipinga una situazio ne reale,anche se il numero pre ciso di copie ancora non lo so,non me l’hanno ancora girato.

Tranquillo, neppure nell’edito ria cartacea si riescono asapere i dati di vendita: quelli veri, dico. È comunque una bella novità, un motivo di speranza,che ad arrivare in cima sia una piccola casa editriceindipendente e con un testo singolare.

Non solo nel contenuto, anche nel titolo: La matematicaè scol pita nel granito.Sono i diari delle mie partecipa zioni al Cabudanne desos poe tas, un festival poetico che si tie ne ogni anno aSeneghe, in pro vincia di Oristano. I ricavati delle ven-dite del libro andranno a favore della manifestazione.

Singolare pure il nome della casa editrice: che cosa significa? Sugaman, in dialetto reggiano, vuol dire asciugamanoed è an che una specie di offesa. L’ho sentito una voltain un bar di Reggio. C’era davanti un’auto mobile fermacol motore acceso e la barista ha gridato al guidato re:«Smorza quella macchina lì, sugaman…». Quando io eil mio socio di Cuneo, Alessandro Bonino, abbiamo do-vuto dare un nome alla nuova casa editrice, abbiamoscelto quello, sembra anche un po’ inglese.

Totò ha fatto il militare a Cuneo, tu a Cuneo ci fai l’edi-tore. È sem pre un modo per diventare uo mini di mondo?Una casa editrice di ebook può avere sede ovunque,nei Caraibi, in Moldavia o appunto a Cuneo, il luogoè indifferente.

L’ebook libererà noi scrittori di provincia dalla schiavitùdel mi lanocentrismo e del romacentri smo?A me sembra di essere tornato ai tempi delle radio li-bere, che spuntavano ovunque e senza grandi investi-menti, con una spesa minima, riuscivano a farsi se-guire da tutti.

Camillo Langone, Libero, 22 febbraio 2011

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 37

Page 38: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

A proposito, quanto hai speso per la Sugaman?In due abbiamo speso 200 eu ro.

Duecento?Duecento.

Con 200 euro si va a pranzo da Bottura a Modena.Oppure si fa una casa editrice digitale a Cuneo.

Ma scusa, soltanto il domino, www.sugaman.com, nondo vrebbe costare di più?In Rete ogni tanto ci sono delle offerte, il mio socio èbravissimo ad approfittare delle promozio ni. Poi chia-ramente il lavoro lo facciamo tutto da soli, compresa larevisione delle bozze che è impegnativa come nell’edi-toria cartacea. Siamo due persone che contemporanea-mente fanno altre cose, quindi pubbliche remo circa unlibro ogni due mesi, non ci corre dietro nessuno.

I prossimi titoli?Non li diciamo perché voglia mo siano una sorpresa. Tiposso però dire la tipologia dei testi che intendiamopubblicare: noi vor remmo rendere nuovamente di -sponibili libri magari eccezionali però fuori commercio.Sembra impossibile, ma capita spesso: ad esempio, Mat-tatoio n°5, il libro di Kurt Vonnegut sul bombarda-mento di Dresda, per 20 anni non si è trovato in libreria.Non saranno necessariamente romanzi: con l’ebook siposso no pubblicare anche scritti di 40 cartelle.

Musica per le orecchie di noi la conici.Sì, l’ebook funziona molto be ne con i libri piccoli, seCastelvecchi non ci avesse pensato pri ma avrei pub-blicato il Manifesto per la soppressione dei partiti po -litici di Simone Weil.

Sbaglio o così il lettore spenderà molto meno?Dipende. Noi siamo nati proprio perché non ci pia-ceva che i libri elettronici costassero quasi quanto leedizioni cartacee. Prendi il caso del mio ultimo li broper Einaudi, I malcontenti: cartaceo costa 16 euro, di-gitale 12,99, meno del 20 per cento di sconto.

Nonostante l’editore risparmi carta, spedizione, rese…Un prezzo così alto è giustifica to solo dal volerci an-dare pia no.

Dal non voler vendere davvero…Capisco la diffidenza delle grandi case editrici, com-prendo le resistenze, mi rendo conto che se l’ebooksfondasse molti di quelli che lavorano nella distri -buzione e nelle librerie dovrebbero cambiare mestiere,ma I malcontenti in ebook io stesso non lo comprereimai, visto che alla Coop Ambasciatori di Bolo gna,dove mi fanno il 20 per cento di sconto, la copia dicarta la pagherei meno, 12,80.

Il 20 per cento di sconto non è poco. Non è poco se sono un buon cliente, se compro tantilibri.

E invece il tuo libro uscito con Su gaman?Costa 4,90 euro contro i 10 del libro di carta, menodella metà.

Fin qui tutto bene, ma io ho una paura: che assiemealla carta scompaiano i diritti d’autore, un po’ com’èsuccesso con la musica che quasi tutti scaricano gratis,illegalmente.Questo è un rischio che si ridu ce tenendo i prezzibassi, con funzione dissuasiva: perché ru bare qualcosache costa soltanto qualche euro? Solo una percen tualedi persone preferirà scari carlo gratis, e pazienza.

Speriamo che la percentuale sia bassa.Bassa o alta, succederà come nella musica: verrà in-centivata l’attività dal vivo. Io già faccio un centinaiodi letture all’anno.

Cento letture all’anno, pubbli che e pagate, sono tantissime. C’è gente che ne fa più di me, Gianluca Morozzi, adesempio, fa dei tour lunghissimi, credo 200 date l’anno.

Questa è davvero una notizia magnifica: grazie agli ebookgli scrittori scriveranno di meno e leggeranno di più.

38

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 38

Page 39: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

Controtendenze. Mentre in America chiude la catena Borders, in Italia aprono nuovi punti vendita. «Il successo dell’ebook è solo

mediatico». Si punta su scuola e specializzazione

Assistiamo a un fenomeno alquanto stra no che sfuggeapparentemente al buon senso. Mentre l’ebook e lavendita onli ne vengono invocati come i nuovi Edendell’editoria libraria, mentre la mega-catena anglo-americana Borders dichiara (quasi) fallimento, in Ita-lia le librerie tradizionali non cessano di apri re. Nonsolo: i corsi per giovani librai registrano un incre-mento sensibile in controtendenza rispetto al passato.Facciamo due esempi. Prendiamo la Scuo la di Or-vieto, nata nel 2006 per formare aspiranti librai qua-lificati: ebbene, per la prima volta que st’anno – comeconferma il direttore Rodrigo Dias – il numero deicandidati è aumentato del dieci per cento: sono unacinquantina. Non sarà un gran ché ma calcolando chei corsi non sono gratuiti (2500 euro) e richiedono seimesi di concentrazio ne esclusiva (compresi gli stage),certamente è un segno di ritrovata fiducia. «In generenon sono ne olaureati» dice Dias «piuttosto giovani trai 27 e i 32 anni, ma anche quarantenni, con curiosevariabili geografiche: il primo anno erano per lo piùumbri, poi c’è stata l’ondata campana e quest’annopare ci sia una maggioranza lombarda».

Secondo esempio: gli iscritti della tradizionaleScuola per Librai Umberto e Elisabetta Mauri, diret -ta da Romano Montroni e presieduta da AchilleMauri, sono in crescita rispetto all’anno scorso. E non

di poco, se è vero che si passa da 165 a 220 unità (male iscrizioni non sono ancora chiuse). Va precisato chei corsi di Milano, che si sono inaugu rati all’Hotel Mi-chelangelo il 21 febbraio sul tema «Aprire, gestire einnovare una libreria», non ac colgono solo aspiranti,ma anche figure professio nali che desiderano aggior-narsi. Ciò non toglie pe rò che la tendenza sia inequi-vocabile. C’è da ralle grarsene? Chi può dirlo.

Il dato di fatto è che i profeti di sciagure, che con-tinuano a vaticinare la morte immediata del li bro car-taceo e quindi delle librerie tradizionali, per il mo-mento hanno torto. Probabilmente avran no ragionea lungo termine, ma non è detto. Una persona che dimercato librario se ne intende, co me l’editore StefanoMauri, presidente del Gruppo GeMS, invoca pru-denza: «L’informazione ama l’e book: lo infila dapper-tutto, quando parla della cri si del mercato. Il sorpassodell’ebook annunciato da Amazon a Natale è un datooccasionale: quel giorno, molti hanno semplicementespacchettato il loro reader… Il futuro del libro non èaffatto se gnato. Senza dire che il mercato italiano èun’ano malia positiva rispetto a quello inglese o ame-ricano. Bisognerebbe abbandonare la retorica e guar -dare i dati: dal 2000 a oggi il mercato del libro in ter-mini reali è quasi raddoppiato, mentre il Pil vi ceversascivola». I giovani ci scommettono. E aspi rano ad

Paolo Di Stefano, Corriere della Sera, 25 febbraio 2011

Torna la voglia di fare il libraio

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 39

Page 40: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

aprire una loro libreria, che non abbia niente a chefare con i megastore e le catene. Ma perché non siasolo un sogno romantico vogliono imparare le nozionifondamentali della gestione del magazzino, dei bud-get, del franchising, dei bacini d’utenza, del marke-ting, della progettazione degli spazi, del rapporto congli agenti eccetera. Tutte cose che possono apprenderebenissimo a Milano e a Orvieto.

Nell’ultimo numero del Giornale della Libreria, unesperto come Giovanni Peresson segnala come si stiarinnovando «il parco delle piccole librerie indipen-denti» anche grazie ai corsi di formazione e precisache a Roma come a Milano il saldo tra chiusure eaperture negli ultimi anni è tutt’altro che negativo ri-spetto alle altre vendite al dettaglio. Follie? Chiedeteloa Roberto Testa, che dal 2009 gestisce la Liberia Linead’Ombra nel capoluogo lombardo: vi dirà che puntasu un servizio molto selettivo (solo ottomila titoli dinarrativa e saggistica e una stanzetta per i bambini)che valorizza il catalogo e i libri introvabili altrove, masoprattutto che stabilisce con i clienti un rapporto difiducia con proposte di lettura recensite dai librai.Roba d’altri tempi, l’unica capace di sopravvivere al-l’omologazione dei bestseller. Come per la Libreria delFrattempo di San Sepolcro, nata nel luglio 2010 gra-zie a quattro socie che puntano sugli editori minori e

sulla rete scolastica locale. O come la Pel di Carota diPado va, dove David Tolin in 90 metri quadri offre let-te ratura per ragazzi. Il fatto è che la libreria resta an -cora per il 70 per cento degli italiani il canale prefe-rito. E Andrea Spazzali, della milanese Centofiori,non esita a dire che i due terzi delle vendite nasce an-cora dal consiglio del libraio, diversamente dalle libre-rie di catena dove l’assistenza è nettamente meno ri-chiesta (conta di più la segnaletica). Ai pic coli toccasbizzarrirsi. La Gogol & Company, aperta da sei mesinel quartiere Giambellino di Milano, è una libreria-caffetteria che intende rivalutare uno stile di vita«slow» e vorrebbe aggiungere uno spa zio espositivoper artisti emergenti e una sala in cui proiettare cortie film rari. Stefano Mauri comincia così l’editorialedell’ultimo numero del periodico Il Libraio: «Luis Se-púlveda, in un commo vente discorso, ha ringraziato ilibrai riuniti alla Scuola di Venezia perché è grazie aloro che, quan do gli chiedono quale sia la sua profes-sione, può dire con orgoglio: “Scrittore”. Ora internete la pira teria cancelleranno questo mondo? Non so.So che da quando è esploso internet si sono vendutisem pre più libri. Perché sedersi a leggere o entrare inuna libreria sono desideri che precedono la scelta dellibro». Se è davvero così, si capisce perché tanti gio-vani librai…

40

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 40

Page 41: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

Wu Ming 4 contro «la gang sessuale che ci governa»

Luca Mastrantonio, il Riformista, 25 febbraio 2011

Non se ne sono mai andati, ma inquesti giorni stanno tornando, edi-torialmente uniti e potenti co menon capitava da tempo. Sono i WuMing, già Luther Blisset – collet-tivo di scrittori che esordì con ilsorprendente Q – in questi giorniin libreria con l’antologia Anatraall’arancia meccanica (Einaudi.Stile libero). E non solo: dopo tantitentativi andati a vuoto, potrebbero vedere Q, il lororomanzo d’e sordio, finalmente sul grande schermo,per Fan dango, che ne ha opzionato i diritti.

L’antologia raccoglie racconti usciti tra il 2000 e il2010, con stili e generi multipli, uno sguardo sempreobliquo, come sintetizza Tommaso De Lo renzis chefirma il testo introduttivo: «Anatra all’a rancia mecca-nica è una selezione di racconti redat ti dal collettivoWu Ming durante il primo decennio del secolo. Testobabelico che mischia surreali cro nistorie dell’annoDuemila e visioni negative, ru vidità degli slang e re-miniscenze dialettali, derive oniriche e quadri d’un rea-lismo secchissimo, quest’antologia garantisce un’im-mersione negli abissi di un’epoca ineffabile. Troppocontroversa per essere passata. Troppo fulminea perdirsi pienamente contemporanea. Troppo incerta per

valere da anticipazione d’un qual-che futuro».

Con la Nona del «Ludovico Van»in sottofondo, il libro va gustatofreddo, suggerisce De Lorenzis,«come la peggiore vendetta, così daesaltare i sapori di una comicitàgrassa, a tratti greve, sovente manescae facinorosa. C’è molto da ridere alprincipio di queste storie. E tuttavia,

mentre ci si avventura ver so il fondo del Doppio Zero,emerge l’acido retro gusto della tragedia. Si consiglia diaccompagnare il tutto con una buona bottiglia di “LattePiù”. An nata 1962. Cantine Burgess, ovviamente». Inpuro stile Drughi è la follia del racconto in versi, il piùur ticante, L’istituzione-branco, ispirato al caso di EluanaEnglaro. C’è un gruppo di uomini, tra cui «Primus deiministri primus habens/ parrucca di pe lo di ratto faccia/bistrata di biacca piastriccio d’om bretto da funebripompe», che fanno onanistico scempio dei propri corpiflaccidi e del corpo inerte di una ragazza senza vita. Que-sto, per dare conto della temperatura dell’antologia.

Il Riformista ha intervistato Wu Ming 4, Fede ricoGuglielmi, curatore anche di una recente rie dizionede Il ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorhthelm, diJ.R.R. Tolkien, per Bompiani.

Mentre il romanzo d’esordio forse diven terà un film, esce un’antologiadi racconti che squarciano, in manie ra obliqua, gli anni Zero. Un membro del gruppo ci parla di copy-left, Saviano, l’agente Santachiara, la Lega, Tolkien, Osama Net Laden

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 41

Page 42: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

Notizie sul film tratto da Q? Perché non partecipate allascrittura? Troppe mani sulla ta stiera?Al momento Q è sotto opzione da parte della Fan-dango e due sceneggiatori sono al lavoro sul soggetto.Noi non abbiamo voluto essere coinvolti. Il fatto èche in dieci anni abbiamo in contrato almeno unadozzina di produttori o se dicenti tali che volevano fareun film da Q e ci hanno soprattutto fatto perderetempo. Alla fine siamo giunti alla naturale conclu-sione che quel tempo è meglio dedicarlo ad altro. Sequalcuno prima o poi ne trarrà un film andremo vo-lentieri a vederlo al cinema da comuni spettatori.

Anatra all’arancia meccanica propone una cura Ludovicosui generis.Ovviamente è una «cura» eufemistica. Si tratta di unosguardo impietoso sull’Italia e sul mondo. O meglio:sul mondo visto dall’Italia.

L’antologia è narrativamente implicata con i nostrigrandi eventi dell’inizio del de cennio scorso, il G8 di Ge-nova e l’Undici set tembre. Eppure non sono al centrodella scena. Una scelta chiara. Perché?Noi cerchiamo sempre di scegliere uno sguardo obli-quo. Si tratta soprattutto di raccontare cosa sta at-torno ai grandi eventi, quali smottamenti si deter -minano ai loro margini. Non sappiamo se questa siala «migliore» narrazione degli eventi, ma quando sitratta di lavorare sulla contemporaneità a noi risul tacongeniale, perché una prospettiva schiacciata sul pre-sente rende più difficile capire quale sia la vera portatadi un accadimento storico. Ciò che oggi può sembrareepocale, tra dieci anni potrebbe apparirci come secon-dario. Per questo nei racconti dell’antologia, tutti oquasi ambientati nel qui e ora, abbiamo preferito«zoomare» su storie singolari e specifiche.

In uno dei racconti, c’è Osama Net Laden, caricatura diOsama. È l’ennesimo vecchio della montagna o real-mente il terrorista numero uno nemico dell’Occidente?Osama Net Laden è il corrispettivo di Bin Laden nelmondo immaginario in cui si svolgono un paio di no-stri racconti di ispirazione disneyana. In quel mondo

fa esplodere il grattacielo sede della Walt Bizney En-tertainment. Abbiamo scritto quel racconto nel 2000.

Come coniugate il copyleft che praticate sul web e l’averscelto di venire rappresentati dal più potente agente let-terario italiano, Santachiara?Noi non siamo fuori dalle regole, abbiamo le nostre.Il copyleft si regge su un principio molto semplice:io ti regalo il prodotto del mio ingegno, ma tu nonpuoi apporci sopra un prezzo, non puoi ri vendere ilmio regalo. Quindi nessuno stridio con la politica delnostro agente letterario: i lettori posso no avere gratisi nostri testi se vogliono, scaricandoli dal nostro sitoo fotocopiandoli per uso personale, le imprese edito-riali o cinematografiche invece no. Va da sé che pa-ralleli con il mondo del calcio si fa davvero fatica adazzardame.

Nel racconto Pantegane e sangue, perver tite il mondoDisney. Con quale filtro fumettisti co raccontereste la per-versione di questi mesi di cronache erotico-giudiziarie diBerlusconi?No. Scriveremmo altro e l’abbiamo fatto. Nel -l’antologia c’è un racconto in forma di poesia, L’isti-tuzione-branco, che racconta in una chiave im -maginifica e grottesca ben altre imprese sessuali daparte della gang che governa il paese. È stato scrittoall’inizio del 2009, molto prima che scoppiasse la sexconnection berlusconiana.

Il racconto Momodou è narrazione antirazzista, anti-padana. Come si può combattere certo razzismo prole-tario della base della Lega?Si potrebbe cominciare evitando di dire che la Leganon è razzista per bieco tatticismo politico. Ma poi laquestione si gioca dal basso: o gli sfrut tati recuperanola coscienza di essere tali o conti nueranno a prender-sela con chi è appena sceso da un barcone invece checon chi ha prodotto la sua traversata disperata. Da chemondo e mondo le grandi conquiste sociali si sonoottenute quando i poveracci hanno lottato compatti,non gli uni contro gli altri. Questo andrebbe semprericorda to e raccontato, senza sosta.

42

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 42

Page 43: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

43

Oblique Studio | Rassegna stampa febbraio 2011

De Lorenzis, nell’introduzione, scrive che la vostra risatanon è cinico disincanto, ma resi stenza. Consapevoli,però,che la risata non seppellirà i potenti. Berlusconi, in-fatti, non dimostra che le risate, registrate o spontaneeper le sue barzellette, ci hanno sepolto?C’è una citazione che apre Anatra all’arancia meccanica.È presa da un’intervista dell’anno scor so a Elio e le StorieTese: «Quando ti raccontano una barzelletta centovolte, mica continui a divertirti. Questo paese non mifa più ridere. Ma bisogna con tinuare a fare resistenza».

In Arzestula riprendete il canto popola re antifascista diAlmirante al Cantagallo. Penso a Saviano e l’elogio deivalori dell’anti mafia di Almirante, le parole in difesa diIsrae le, la posizione quasi pasoliniana negli scontri poliziavs studenti a Roma. Politicamente sie te molto distanti?Che tra noi e Saviano ci sia una differenza di vedutepolitica su molti aspetti del presente è pa lese a chiun-que ci conosca. Noi però siamo abi tuati a considerareche a parlare per un autore è soprattutto la sua opera.Gomorra è un libro fon damentale non tanto o nonsolo per quello che rappresenta, ma per il suo conte-nuto. Quel libro racconta a chiare lettere che la crimi-nalità orga nizzata italiana non è un residuo del passato,ma la più efficiente incarnazione del turbo-capitali smomoderno. Saviano è riuscito a dirlo con una potenzanarrativa inedita. E questo resta.

A proposito di destra e sinistra, parliamo del lavoro chesta facendo su J.R.R. Tolkien, di cui ha curato la nuovaedizione Il ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorhthelm,per Bompia ni. Come e perché la destra in Italia si è ap-pro priata del mondo tolkeniano?Non è tanto che la destra si fosse appropriata di Tol-kien in Italia, è che fino a pochi anni fa quasi nes sunaltro si era occupato di questo autore. Gli studi suTolkien prodotti dalla destra italiana in qualun quecontesto internazionale susciterebbero tutt’al più ila-rità. Ma finché non ne sono stati prodotti o tra dottialtri è chiaro che non c’era contraltare a tutte quellesciocchezze. Un filone di studi seri si è svi luppatomolto lentamente, prima negli anni Ottan ta, con ilavori pionieristici di Alessandro Portelli e di EmiliaLodigiani, poi con quelli dell’outsider Franco Manni.Infine da qualche anno la Marietti 1820 ha iniziatoa pubblicare i più importanti saggi internazionali suTolkien, è nato un gruppo di stu di, nonché nuove as-sociazioni di appassionati che stanno soppiantandola moribonda Società Tolkie niana Italiana, fondatadai seguaci di Julius Evola. Ma è un processo lento,che ancora va a cozzare contro vecchie rendite di po-sizione e pregiudizi, co me qualunque cosa si muovain questo paese. In questo contesto io provo sempli-cemente a fare del mio meglio per restituire Tolkiena sé stesso.

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 43

Page 44: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

Fandango vuole portare Q al cinema. Sceneggiatori all’opera

Martina Federico, il Riformista, 25 febbraio 2011

Questa volta, forse, è quella buona. Q, be stseller deiLuther Blissett, diventerà un film e sarà prodotto dallaFandango. Il romanzo (Einaudi Stile libero,1999), tra-dotto in tredi ci lingue e venduto in venti paesi, è statori pubblicato nel 2009 nella collana Einaudi Sti le li-bero Big in occasione del decennale e dell’uscita del-l’ultimo lavoro, Altai, che del romanzo riproponemondo e personaggi.

Sebbene la Fandango e Wu Ming (nome che dal2000 sostituisce Luther Blissett) ab biano già collabo-rato nel 2004, quando il col lettivo ha sceneggiato in-sieme a Guido Chie sa Lavorare con lentezza, questavolta la «band di scrittori» non parteciperà all’adatta -mento del romanzo, che vede invece già al la voroGiaime Alonge e Alessandro Scippa. La coppia (do-cente di Storia del Cinema al Dams di Torino e sceneg-giatore, il primo: sceneg giatore e regista, il secondo) hagià sceneg giato i due film di Daniele Gaglianone, Nem -meno il destino del 2004 e Ruggine di pros sima uscita.

Q era già stato oggetto di una tentata ope razionecinematografica, nella quale erano stati coinvoltianche gli autori. Dall’incontro tra Wu Ming e il ci-nema romano nasce Ben venuti a ’sti frocioni 3 di WuMing 1 e Wu Ming 4, un esilarante racconto chespiega i motivi che hanno portato poi gli scrittori ade cidere di rinunciare. «Ogni riferimento a per sone,avvenimenti e dialoghi reali è del tutto voluto», leg-giamo in calce. Per quanto nomi, cose e persone sianolievemente distorte, sono tuttavia perfettamente rico-noscibili gli ste reotipi del milieu della vecchia cine-matogra fia romana che si intendono descrivere: «Pen -sai che forse una qualche clausola aziendale proibival’utilizzo di altre lingue nelle riunio ni di lavoro, equando toccò a me fui incerto se accontentarmi del

mio accento o adeguar mi agli usi locali imitando Fer-ruccio Amen dola quando doppiava Er Monnezza».Corre va l’anno duemila, Q era fuori da un anno. Gliscrittori vengono chiamati da una casa di pro duzioneche ha intenzione di farne un film: «Ci era parsostrano che qualcuno volesse trarre un film da Q.Trama troppo incasina ta, scene di massa, costi altis-simi… Come asciugare la vicenda senza impoverirlané ba nalizzarla?». Fin dalla descrizione del primo in-contro con la produzione, l’irruzione del pensiero delnarratore chiarisce il tono del racconto: «Cristo, comec’eravamo arrivati lì, eravamo forse impazziti?». Epoco dopo: «Mentre una ragazza posava le tazzine dicaffè e riempiva d’acqua i bicchieri (avrebbe conti-nuato a riempirli per tutta la durata del briefing), rie-pilogai le fasi della nostra discesa nell’abiezione».

Fatto sta che, uscita di scena o meno di Wu Ming,non se ne fece nulla. È una storia complicata, Q, mauna storia che leggendo la, la si vede, e la si vorrebbe ve-dere ancora meglio, sul grande schermo. Cinema, nono -stante le difficoltà. Così dice anche il can tante dei Ra-diohead, Thom Yorke, in un’in tervista del 2007sull’Observer Music Mon tly (il cui estratto è riportato sulsito Wu Ming Foundation): «Cazzo, è una figata! Mac’è la mia tipa, sai, quella è la sua specializzazio ne, mel’ha spiegato tutto dall’inizio alla fi ne. Carneficine fattedalla Chiesa, roba me dievale. Roba complessa. Vogliofarne un film. Quello è il mio prossimo obietti vo».«Userai gli incassi di In Rainbows?» gli chiede l’intervi-statore. «Mmm, ne dubi to. Quelli basterebbero a ma-lapena per il ca tering». Poca floridezza del mercatodisco grafico, certo. Ma anche una facilmente im -maginabile scarsa agilità produttiva. La Fan dango ac-cetta la scommessa. Thom Yorke punterà su un remake?

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 44

Page 45: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

Il bestseller contro l’indifferenza.Hessel conquista l’Italia: «Sognate un mondo nuovo»Indignatevi è appena uscito nel nostro paese vendendo 25 mila copie indieci giorni: «Per troppo tempo nessuno ha reagito all’ingiustizia sociale»

«Novantatré anni rappresen-tano una buona riserva di espe-rienza per capire come vanno lecose del mon do». Il signore chesta parlando è molto elegante,giacca e cravatta per riceverel’ospite, un accenno di bacia-mano. Siede sul divano di pellenera del sa lotto di rappresen-tanza, con il servizio buono ti-rato fuori dalle ante di ve tro e la moglie Christiane,«mon amour», che prepara il caffè. «Sorpresa? E cosasi aspettava, un pericoloso eversore? Ho solo scrittoun libretto dove dico cose di buon senso comune,tutto qui». Quattordicesimo ar rondissement, traversadi rue Jean Moulin, l’eroe della Resistenza francese.Nella casa il telefono squilla spesso, ogni volta Sté-phane Hessel si alza dal divano per rispondere agli in-viti che piovono da ogni parte del mondo. Rifiuta ilcellulare, unico vezzo. «Grazie, il periodo è un po’complicato per me, ma cercherò di venire». Qualcunochiama per avere un commento sulla primavera deipopoli arabi. «È la dimostrazione che siamo agli alboridi una nuova società mondiale. Prima la Tunisia, oral’Egitto, la Libia, domani forse l’Algeria. Prevedo unasuccessione di con testazioni anche in Occidente».

Sconosciuto ai più fino a qual-che mese fa, Hessel è travolto daun’improvvisa notorietà. Indi-gnatevi, il suo pamphlet uscitoin autunno, un milione e mezzodi copie solo in Fran cia, incorso di traduzione in dicias-sette paesi, ha già cominciato ascalare le classifiche anche inIta lia, tra i primi dieci titoli più

ven duti, con 25 mila copie in poco più di una setti-mana (caso rarissimo di bestseller di una piccola casaeditrice, visto che lo pubblica add, nata un anno fa).Sessanta pagine appena. Un manifesto di resistenzacivile di cui esiste il seguito ideale, Enga gez-vous, Im-pegnatevi, tra pochi giorni nelle librerie francesi. «Midavano del nostalgico e invece le mie idee sono asso-lutamente contemporanee. Come diciamo noi fran-cesi: ho fiutato l’air du temps, l’aria del nostro tempo»,gongola Hessel che quando sorri de s’illumina comeun ragazzino. Ad aver incantato centinaia di mi gliaiadi lettori in Francia è anche la biografia e la vitalitànon comu ne di quest’intellettuale quasi centenario.

Suo padre traduceva Walter Benjamin, sua madre hacondivi so la vita con due uomini, ispiran do il personaggio

Anais Ginori, la Repubblica, 28 febbraio 2011

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 45

Page 46: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

di Catherine in Jules et Jim di Truffaut. Il suo an -ticonformismo è nei cromosomi?Siamo emigrati dalla Germa nia nel 1925. Avevo solootto anni ma ero già un piccolo berlinese imperti-nente. Grazie a mio padre ho frequentato molti artistie in tellettuali dell’epoca come Picas so e Sartre. Miamadre era una donna libera in un’epoca in cui ledonne spesso non lo erano. Da lei ho ereditato unamorale autonoma. Non ho mai accettato regole im-poste che non condividevo.

Lei accusa i giovani di essere con-formisti, rassegnati al peggio. Ilsuccesso del libro non dimostra in-vece il contrario?Troppo a lungo siamo rimastiindifferenti. Abbiamo accettatol’inaccettabile. Il divario tra ric-chi e poveri non è mai stato cosìprofondo. Vengono minacciatidiritti elementari come quelloalla cura, la pensione, la rappre-sen tanza sindacale, l’accoglienzade gli immigrati. Dobbiamo tor-nare a difendere un sistema divalori che la mia generazione hacontri buito a creare e sul quale sibasano le democrazie moderne,come la Dichiarazione universaledei di ritti dell’uomo o il pro-gramma del Consiglio nazionale per la Resi stenza.

Perche ispirarsi ancora alle lotte di sessantacinque anni fa?All’epoca il nostro paese era occupato dai nazisti, c’erail regi me di Vichy. Oggi tutto è diverso, non abbiamopiù il nemico in ca sa, fortunatamente i totalitarismisono stati sconfitti. Dobbiamo af frontare nuove sfidenel campo ambientale, economico e sociale. Ovvia-mente, le domande non sono le stesse del 1943, male rispo ste devono comunque fondarsi su princìpi dilibertà, uguaglianza e giustizia sociale. Mi rivolgo aigio vani perché sono loro che dovran no custodire que-st’eredità comu ne.

È stupito dall’entusiasmo che ha scatenato il suo appello?Non dobbiamo farci illusioni. La maggioranza dellepersone, in ogni epoca, preferisce rimanere in silenzio,chiudersi nel proprio or ticello. Durante la guerra, igiova ni che appoggiavano la Resistenza furono appenail dieci per cento della popolazione. Probabilmen te,anche oggi esiste solo una minoranza illuminata. Mala nostra esperienza dimostra che può essere suffi-ciente per cambiare il corso della Storia.

La guerra è stata un’educazio ne al coraggio?Sono stato condannato al pati -bolo e solo per caso non hannoeseguito la sentenza. Mi hannocatturato dopo un’evasione, manon hanno fatto in tempo a im -piccarmi. Infine sono sopravvis -suto a Buchenwald scambiandola mia identità con un francesegià morto. Mi considero unmulti-sopravvissuto, e dunqueun multi -responsabile. Il mioimpegno na sce anche dal ricordodi tutti gli amici che ho persodurante la guerra e di quel ra-gazzo bruciato con il mio nome.

Nel 1948 ha partecipato comediplomatico francese alla stesuradella Dichiarazione universale

dei diritti dell’uomo. Cosa rima ne di quel testo?È stata Eleanor Roosevelt a in tuire che, per prevenirenuovi conflitti, bisognava diffondere le libertà fonda-mentali e i diritti umani. Insisto sempre sulla paro la«universale». Non è un testo oc cidentale, come so-stengono alcu ni. Con quella Dichiarazione si è creatoun movimento di progres so democratico, anche sepur troppo ci possono essere battute d’arresto. L’Italia,per esempio, mostra segnali di regressione.

È stato molto criticato per la sua posizione sulla Palestinae l’adesione a un’iniziativa di boi cottaggio dei prodottiisraeliani.

46

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 46

Page 47: La rassegna stampa diObliqueLa rassegna stampa di febbraio 2011 Oblique – Giorgio Vasta, «Il termometro e il termostato» Lo straniero, febbraio 2011 3 – Paolo Bianchi, «Minimum

47

Oblique Studio | Rassegna stampa febbraio 2011

Con quello che ho vissuto in quanto ebreo durantela guerra, non prendo sul serio l’accusa di antisemi-tismo. Ma rivendico il fatto di poter esercitare unapres sione non violenta sul governo di Israele affinchérispetti il diritto internazionale e riconosca lo Sta topalestinese.

Indignarsi. E poi?Intanto significa mettere a fuoco il problema. È comenomi nare un obiettivo, per poi centrar lo. Solo così sipossono cercare delle soluzioni. Alla fine del libro parlodi alcune proposte. Insieme a Michel Rocard sto lavo-rando a un testo di azioni concrete condi viso da unacinquantina di ex capi di stato e di governo, e da intellet -tuali come Edgar Morin, Amartya Sen, Joseph Stiglitz.

La vecchiaia ha cambiato il suo sguardo sul mondo?Alla mia età ci si sente final mente liberi. Non devo piùfare carriera, non temo critiche o nuo vi nemici. La miagenerazione è passata attraverso cambiamenti epocali.Ho vissuto il nazismo, ma anche l’approvazione della

Di chiarazione universale dei diritti dell’uomo, la co-lonizzazione e la decolonizzazione, lo stalinismo e lacaduta dell’impero sovietico, ho visto la Germania di-visa e riunificata, ho conosciuto il Sudafri ca conl’Apartheid e poi ho incon trato Nelson Mandela.Posso testimoniare che anche i problemi più gravi sisuperano.

Dove trova la forza di reagire? Una delle mie più grandi gioie è conoscere a memoriaun centi naio di poesie nelle mie tre lingue: francese,inglese e tedesco. Quan do mi annoio o attraverso mo -menti difficili, mi basta recitare Il cimitero marino diPaul Valéry o qualche verso di Rilke per risolle varmi.Accanto alla ragione e alla disciplina intellettuale, miappog gio sull’immaginario, la fantasia. Cerco un altroritmo del pensiero. È una forma di allenamento spiri -tuale molto più importante dell’e sercizio fisico che tral’altro non ho mai praticato. Ho sempre seguito ilconsiglio di Winston Churchill: «Se vuoi vivere alungo, non fare sport».

rs_febbraio2011:Layout 1 14/03/2011 12.52 Pagina 47


Recommended