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La responsabilità sanitaria · La legge Gelli, quindi, allarga il bacino di tutela del...

Date post: 13-May-2020
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La responsabilità sanitaria 1. Introduzione. Con la presente Opera esaminiamo la complessa disciplina relativa alla responsabilità professio- nale degli esercenti le professioni sanitarie, pren- dendo in esame gli aspetti civilistici e penalistici, nonché quelli afferenti la correlativa tutela giuridi- ca dei cittadini sotto il profilo risarcitorio e di garan- zia assicurativa. Si partirà pertanto da un sommario esame del- la vigente disciplina, ovvero dalla cd. “Legge Bal- duzzi” n. 189/2012, per analizzare le innovazioni apportate dalla nuova disciplina, rilevandone con- temporaneamente gli eventuali aspetti critici e le differenze con la normativa vigente. Si tratta indubbiamente di una delle norme fon- damentali per il settore sanitario del nostro Paese perché con essa il legislatore vuole mettere ordine in un settore dove, fino ad oggi, a seguito dell’incer- tezza della normativa pregressa, ogni valutazione sulla responsabilità professionale era affidata alla interpretazione e discrezionalità del giudice. Ravvisiamo sommariamente le note positive della normativa che esporremo con chiarezza nel prosieguo. Doppio binario della responsabilità civile. Da una parte, la responsabilità civile dell’eser- cente la professione sanitaria, viene inserita nel campo della responsabilità aquiliana, o extra- contrattuale, con obbligo del danneggiato di di- mostrare la colpa del medico eliminando la palese disparità di trattamento che la classe medica aveva rispetto agli altri professionisti sotto il profilo della responsabilità professionale. Dall’altra, la natura della responsabilità della struttura sanitaria nonché quella del medico libero professionista, rimangono nell’alveo della respon- sabilità contrattuale. Alleggerimento e chiarificazione della respon- sabilità penale medica. All’art. 6 della legge Gelli (L. 8 marzo 2017, n. 24) (il cui dettato è destinato ad inserire una nuova nor- ma nel codice penale), il medico non sarà punibile penalmente a titolo colposo quando, per imperizia, provochi un danno ad un paziente, nel rispetto delle raccomandazioni previste dalle linee guida ovvero, in mancanza di queste ultime, delle buone pratiche clinico – assistenziali. Tale alleggerimento della responsabilità, pur conservando la punibilità dell’errore medico, trova il suo fondamento nella necessità di ridurre la cd. “medicina difensiva” legata al timore dell’operato- re sanitario di essere chiamato in giudizio a rispon- dere del suo operato. Danni al paziente. La riduzione della medicina difensiva limita i gravi danni al paziente con opportunità di essere curato come dovrebbe. Danni economici al Servizio Sanitario Nazionale. L’esatto bilanciamento nella tutela tra medico e paziente riduce i danni in termini economici al si- stema sanitario stesso per le ulteriori spese neces- sarie a riparare o ad attenuare gli errori commessi. Diritto alla salute. La legge Gelli stabilisce che la sicurezza delle cure è parte integrante di tale fondamentale diritto e promuove la nascita di un Centro per il rischio clinico in tutte le strutture sanitarie, centro che non solo possa valutare gli errori dei professioni- sti, ma soprattutto adotti politiche per prevenirli: i cosiddetti Centri regionali per la gestione del ri- schio sanitario, i quali saranno tenuti a collabo- rare con l’Osservatorio nazionale per la sicurezza nella sanità. TDOS_454_Responsabilità_sanitaria_2017.indb 7 22/03/17 15:39
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Page 1: La responsabilità sanitaria · La legge Gelli, quindi, allarga il bacino di tutela del sopraesposto diritto alla salute, ricomprendendovi anche il diritto alla sicurezza delle cure.

La responsabilità sanitaria

1. Introduzione.

Con la presente Opera esaminiamo la complessa disciplina relativa alla responsabilità professio-nale degli esercenti le professioni sanitarie, pren-dendo in esame gli aspetti civilistici e penalistici, nonché quelli afferenti la correlativa tutela giuridi-ca dei cittadini sotto il profilo risarcitorio e di garan-zia assicurativa.

Si partirà pertanto da un sommario esame del-la vigente disciplina, ovvero dalla cd. “Legge Bal-duzzi” n. 189/2012, per analizzare le innovazioni apportate dalla nuova disciplina, rilevandone con-temporaneamente gli eventuali aspetti critici e le differenze con la normativa vigente.

Si tratta indubbiamente di una delle norme fon-damentali per il settore sanitario del nostro Paese perché con essa il legislatore vuole mettere ordine in un settore dove, fino ad oggi, a seguito dell’incer-tezza della normativa pregressa, ogni valutazione sulla responsabilità professionale era affidata alla interpretazione e discrezionalità del giudice.

Ravvisiamo sommariamente le note positive della normativa che esporremo con chiarezza nel prosieguo.

Doppio binario della responsabilità civile.Da una parte, la responsabilità civile dell’eser-

cente la professione sanitaria, viene inserita nel campo della responsabilità aquiliana, o extra-contrattuale, con obbligo del danneggiato di di-mostrare la colpa del medico eliminando la palese disparità di trattamento che la classe medica aveva rispetto agli altri professionisti sotto il profilo della responsabilità professionale.

Dall’altra, la natura della responsabilità della struttura sanitaria nonché quella del medico libero professionista, rimangono nell’alveo della respon-sabilità contrattuale.

Alleggerimento e chiarificazione della respon-sabilità penale medica.

All’art. 6 della legge Gelli (L. 8 marzo 2017, n. 24) (il cui dettato è destinato ad inserire una nuova nor-ma nel codice penale), il medico non sarà punibile penalmente a titolo colposo quando, per imperizia, provochi un danno ad un paziente, nel rispetto delle raccomandazioni previste dalle linee guida ovvero, in mancanza di queste ultime, delle buone pratiche clinico – assistenziali.

Tale alleggerimento della responsabilità, pur conservando la punibilità dell’errore medico, trova il suo fondamento nella necessità di ridurre la cd. “medicina difensiva” legata al timore dell’operato-re sanitario di essere chiamato in giudizio a rispon-dere del suo operato.

Danni al paziente.La riduzione della medicina difensiva limita i

gravi danni al paziente con opportunità di essere curato come dovrebbe.

Danni economici al Servizio Sanitario Nazionale.L’esatto bilanciamento nella tutela tra medico e

paziente riduce i danni in termini economici al si-stema sanitario stesso per le ulteriori spese neces-sarie a riparare o ad attenuare gli errori commessi.

Diritto alla salute.La legge Gelli stabilisce che la sicurezza delle

cure è parte integrante di tale fondamentale diritto e promuove la nascita di un Centro per il rischio clinico in tutte le strutture sanitarie, centro che non solo possa valutare gli errori dei professioni-sti, ma soprattutto adotti politiche per prevenirli: i cosiddetti Centri regionali per la gestione del ri-schio sanitario, i quali saranno tenuti a collabo-rare con l’Osservatorio nazionale per la sicurezza nella sanità.

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Tutela risarcitoria dei pazienti.Con le nuove norme, infatti, si è tentato di velo-

cizzare e facilitare per il paziente la concreta possi-bilità di ottenere un risarcimento per il danno su-bito.

A fronte quindi della prevista attenuazione della responsabilità penale del medico, si è rafforzata la tutela risarcitoria del paziente con l’effetto di una responsabilità contrattuale della struttura sanitaria. Sarà pertanto la Asl o l’Ospedale a dover provare di non avere responsabilità, permettendo così al citta-dino di ottenere un risarcimento dal soggetto eco-nomicamente più solido. Ed a tale scopo, è previsto sia l’obbligo per tutte le strutture sanitarie di essere assicurate, sia al cittadino di agire direttamente nei confronti delle compagnie assicurative, qualora ri-tenesse di non riuscire ad ottenere, in tempi brevi, ristoro dalla struttura sanitaria.

Velocità nel processo.Inoltre, sotto il profilo dalla rapidità, la norma

prevede anche l’obbligo del tentativo di conciliazio-ne stragiudiziale prima di finire davanti ad un tribu-nale, contribuendo in tal modo ad abbreviare i tem-pi dei risarcimenti ed evitando ove possibile alla parte lesa di affrontare le lungaggini di un processo.

Fondo di garanzia.Infine, viene costituito un Fondo di garanzia a

favore dei pazienti che si trovino come controparte una compagnia fallita, scomparsa o comunque in-capace di risarcire il danno.

Tutti gli aspetti sopra accennati troveranno svol-gimento e approfondimento nel presente lavoro, così come articolato nell’ambito dei capitoli dello stesso.

Tuttavia, a completamento di questa breve intro-duzione, si può aggiungere che, nonostante le im-perfezioni e le incertezze che derivano dalle norme di seguito prese in esame, la L. 8 marzo 2017, n. 24 costituisce un importante elemento di novità per il sistema sanitario del nostro Paese.

Infatti, con tale provvedimento, non soltanto si garantisce il diritto del paziente leso da errore me-dico ad essere risarcito nella maniera più rapida e sicura possibile ma, tutelando maggiormente i pro-fessionisti della sanità da un eccessivo rigore nei loro confronti e restituendo loro la serenità neces-saria per svolgere al meglio il loro lavoro, si viene a ridurre sensibilmente il ricorso alla cosiddetta me-dicina difensiva, latrice di effetti deleteri sul nostro sistema economico e sanitario.

2. Il diritto alla salute.

2.1. Inquadramento costituzionale. Il fondamento della tutela alla salute è esplicita-mente previsto nell’art. 32 primo comma della Costituzione, il quale stabilisce che “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’indi-viduo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”.

Tale diritto è, quindi, tutelato non solo come interesse della collettività (già esistente nel diritto positivo), ma anche e soprattutto come diritto fon-damentale dell’individuo, assurgendo quindi alla categoria di un diritto “primario e assoluto, piena-mente operante anche nei rapporti tra privati” (cfr. Corte Cost. n. 88 del 1979).

Il diritto alla salute ricomprende tre diverse situa-zioni soggettive: il diritto dell’individuo all’integrità psico-fisica personale, il diritto di prestazione sa-nitaria ed infine il diritto ad un ambiente salubre.

Sotto il primo profilo, la Corte Costituzionale ri-tiene che l’oggetto della tutela, garantito dalla nor-

ma costituzionale, non è identificabile nella sem-plice integrità fisica e neppure nella sola assenza di malattie, ma bensì nel benessere fisico, mentale e sociale del singolo. La tutela della salute, quindi, comprende anche la pretesa che il soggetto goda di condizioni di vita e ambiente di lavoro che non mettano a rischio questo suo bene essenziale (cfr. Corte Cost. n. 356/1991).

Il diritto di prestazione sanitaria invece, viene protetto dalla Costituzione come “nucleo irrinun-ciabile del diritto alla salute ed ambito inviolabile della dignità umana” (Corte Cost. 267/1998). Il dirit-to ai trattamenti sanitari, che deve essere garantito ad ogni persona al pari di ogni altro diritto costitu-zionalmente garantito, è per il cittadino pieno ed in-condizionato, nei limiti posti dallo stesso legislatore attraverso la predisposizione della possibilità di fru-izione delle prestazioni sanitarie. Pertanto, è proprio in virtù di questa tutela piena ed incondizionata, che viene legittimata la pretesa di tutti coloro che risie-

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dono e operano sul territorio dello Stato ad ottenere cure e assistenza adeguate dai pubblici poteri. Si-gnificativa, difatti, è stata la riforma sanitaria intro-dotta con la L. n. 833 del 1978, con la quale è sta-to istituito il servizio sanitario nazionale, con cui si è proceduto ad estendere l’obbligo dello Stato di assicurare prestazioni sanitario-farmaceutiche non solo agli indigenti, ma anche a tutta la popolazione (attraverso il pagamento dei ticket) passando così da un sistema di previdenza sociale (dove l’assistenza è conseguente al versamento dei contributi) ad uno di sicurezza sociale generalizzato e garantito dal SSN.

Infine, la giurisprudenza costituzionale si esten-de fino a ricomprendere nel diritto alla salute il diritto ad un ambiente salubre, in quanto, nel concetto di salute non si può non ricomprendere il diritto del cittadino a godere di un ambiente salu-tare. Tale percorso logico è stato anche seguito dai Giudici di Strasburgo i quali, ricalcando quello de-lineato in Italia dalla giurisprudenza basata su una interpretazione del combinato disposto dagli artt. 32, 9 e 2 Cost., hanno riconosciuto meritevole di tu-tela il cd. “diritto ad un ambiente salubre”.

In questo caso tuttavia l’ambiente non è oggetto immediato di tutela, ma viene preso in considera-zione indirettamente quale mezzo per assicurare il rispetto del diritto inviolabile dell’individuo alla sa-lute, nell’ambito del quale viene appunto ricompre-so: e pertanto la qualità del primo, l’ambiente, verrà migliorata e protetta in quanto sia funzionale al mi-glior godimento del secondo, il diritto alla salute (in tal senso, Colacino, La tutela dell’ambiente nel si-stema della Convenzione europea dei diritti dell’uo-mo: alcuni elementi di giurisprudenza, in Diritto e gestione dell’ambiente n. 2/2001).

2.2. La sicurezza delle cure in sanità. La legge Gelli, quindi, allarga il bacino di tutela del sopraesposto diritto alla salute, ricomprendendovi anche il diritto alla sicurezza delle cure.

Difatti, l’art. 1 della legge 8 marzo 2017, n. 24 , rubricato “sicurezza delle cure in sanità” espri-me norme generali in materia delle cure sanitarie e chiarisce innanzitutto che la responsabilità sani-taria è parte costitutiva del diritto alla salute, ma soprattutto sancisce che il principio della sicurezza delle cure è parte costitutiva del diritto alla salute. Dunque, proprio mediante questo esplicito richia-mo al diritto alla salute, il legislatore vuole espri-

mere che la corretta attività delle strutture sanitarie nonché quella degli esercenti la professione sanita-ria, assume rilievo e correlativa tutela, non soltan-to sotto il profilo del corretto adempimento di un servizio, ma anche e soprattutto sotto il profilo del rispetto di un principio costituzionale.

Ad ulteriore chiarificazione dell’importanza at-tribuita al diritto alla salute, il legislatore stabilisce inoltre che la sicurezza delle cure si ottiene sia me-diante l’insieme di tutte le attività volte alla preven-zione ed alla gestione del rischio, sia attraverso un appropriato impiego di tutte le risorse strutturali, tecnologiche ed organizzative e, a chiare lettere, specifica che a tale sforzo è chiamato a concorre-re tutto il personale, compresi i liberi professionisti che operano in regime di convenzione con il Servi-zio sanitario nazionale, il quale è tenuto ad operare per realizzare tale scopo.

L. 8 marzo 2017, n. 24. Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assisti-ta, nonché in materia di responsabilità profes-sionale degli esercenti le professioni sanitarie.

ART. 1. Sicurezza delle cure in sanità.

1. La sicurezza delle cure è parte costitutiva del diritto alla salute ed è perseguita nell’interesse dell’indivi-duo e della collettività.2. La sicurezza delle cure si realizza anche mediante l’insieme di tutte le attività finalizzate alla prevenzio-ne e alla gestione del rischio connesso all’erogazione di prestazioni sanitarie e l’utilizzo appropriato delle risorse strutturali, tecnologiche e organizzative.3. Alle attività di prevenzione del rischio messe in atto dalle strutture sanitarie e socio-sanitarie, pub-bliche e private, è tenuto a concorrere tutto il perso-nale, compresi i liberi professionisti che vi operano in regime di convenzione con il Servizio sanitario na-zionale.

Norme di interesse

2.3. Il rischio sanitario.

2.3.1. Gestione e prevenzione del rischio in sanità. Va preliminarmente anticipato che l’attività di ge-stione del rischio sanitario era già prevista dalle Legge Balduzzi, che riponeva in tale attività la pos-sibilità di ridurre i contenziosi ed i costi assicura-tivi. La legge Gelli, pertanto, continua a perseguire l’obiettivo della Balduzzi attraverso la previsione di una serie di strumenti enunciati nell’art. 2 della Legge n. 24 /2017 .

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In primo luogo, il legislatore prevede la possibi-lità per le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano di affidare all’ufficio del Difensore Ci-vico la funzione di garante del diritto alla salute, al quale i soggetti destinatari delle prestazioni sani-tarie e le associazioni possono rivolgersi gratuita-mente al fine di segnalare eventuali disfunzioni del sistema assistenziale sanitario.

Il Difensore, dopo aver acquisito le segnalazioni, ne verifica la fondatezza ed eventualmente intervie-ne per tutelare il diritto leso: possiede dunque pote-ri di impulso e di indagine.

Tuttavia, egli non può determinare le modalità di intervento sulle segnalazioni ricevute, ma sono le Regioni stesse a doverle determinare.

La ratio della norma, quindi, si limita a ricono-scere alle regioni la mera facoltà di attribuire all’uf-ficio del Difensore Civico queste nuove funzioni, riservando in tal modo alle Regioni la possibilità di stabilire la costituzione o meno dell’ufficio del Di-fensore Civico.

Va comunque ricordato che la figura del Difen-sore Civico non è di nuova istituzione; essa era già presente nella struttura amministrativa regionale e comunale. In Italia, infatti, tale figura è stata in-trodotta dalla Legge 127 del 1997 (conosciuta come Legge Bassanini bis) con la funzione di collegamen-to tra la Pubblica Amministrazione e il cittadino.

La funzione del Difensore Civico era quella di mediatore, con poteri di mera vigilanza e denuncia, dei funzionari amministrativi della Regione. Tale figura pertanto rilevava le irregolarità degli atti am-ministrativi e suggeriva mezzi e rimedi per la loro eliminazione. Egli poteva chiedere notizie ed infor-mazioni, esaminare atti e documenti, indire un pro-cedimento disciplinare nei confronti dei funzionari al fine di garantire ex art. 97 Cost. l’imparzialità ed il buon andamento della PA., anche se, purtroppo, sebbene tale figura in teoria avrebbe potuto essere molto utile per la collettività, proprio per il fatto che aveva anche il compito di controllare l’organo che l’aveva istituita, non sempre abbia funzionato.

Un’ulteriore novità introdotta dall’articolo 2 del-la Legge Gelli è quella di attivare presso ogni regio-

ne un “Centro per la gestione del rischio sanitario e per la sicurezza del paziente”, misura che tutta-via deve essere realizzata senza impiegare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

L’articolo in commento specifica poi che tali Centri operano in collegamento con l’Osservatorio nazionale delle buone pratiche e sicurezza sulla sanità, trasmettendo annualmente a quest’ultimo tutti i dati relativi alle controversie, alle disfunzioni ed ai rischi ed eventi avversi.

La raccolta di questi dati statistici sarà certamen-te utile a monitorare gli errori in sanità al fine di di-sporre ed adeguare le linee di indirizzo in collabo-razione con le società scientifiche.

Anche in questo caso, va rilevato che la normati-va in esame non fa che completare l’assetto norma-tivo già esistente: la gestione e la prevenzione del ri-schio erano infatti oggetto della Legge Balduzzi (art. 3 bis del decreto legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla L. 8 novembre 2012, n. 189) e sono state attuate dalla Legge di Sta-bilità 2016 (L. 28 dicembre 2015, n. 208) dall’art. 1, commi 538 e 539, ove si prevede che “il rischio sani-tario rappresenta un interesse primario del Sistema sanitario nazionale perchè consente maggiore ap-propriatezza nell’utilizzo delle risorse disponibili e garantisce la tutela del paziente. Per la realizzazione dell’obiettivo […] le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano dispongono che tutte le strut-ture pubbliche e private che erogano prestazioni sanitarie attivino un’adeguata funzione di monito-raggio, prevenzione e gestione del rischio sanitario (risk management)”.

Nello specifico è il SIMES (Sistema informativo per il monitoraggio degli errori in sanità, istituito con decreto del Ministro del Lavoro 11 dicembre 2009) lo strumento con cui le regioni raccoglievano (anche ante legge Gelli) tali informazioni, per cui i novellati Centri per la gestione del rischio sanitario devono avvalersi ed interfacciarsi con il SIMES (in tal senso Servizio del Bilancio, 2016, Nota di lettura “A.S. 2224: “Disposizioni in materia di responsabili-tà professionale del personale sanitario” NL, aprile 2016, Senato della Repubblica, XVII legislatura).

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L. 8 marzo 2017, n. 24. Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assisti-ta, nonché in materia di responsabilità profes-sionale degli esercenti le professioni sanitarie.

ART. 2. Attribuzione della funzione di garante per il di-ritto alla salute al Difensore civico regionale o provin-ciale e istituzione dei Centri regionali per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente.1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bol-zano possono affidare all’ufficio del Difensore civico la funzione di garante per il diritto alla salute e discipli-narne la struttura organizzativa e il supporto tecnico.2. Il Difensore civico, nella sua funzione di garante per il diritto alla salute, può essere adito gratuitamente da ciascun soggetto destinatario di prestazioni sanitarie, direttamente o mediante un proprio delegato, per la segnalazione di disfunzioni del sistema dell’assisten-za sanitaria e sociosanitaria.3. Il Difensore civico acquisisce, anche digitalmente, gli atti relativi alla segnalazione pervenuta e, qualora abbia verificato la fondatezza della segnalazione, in-

terviene a tutela del diritto leso con i poteri e le moda-lità stabiliti dalla legislazione regionale.4. In ogni regione è istituito, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, il Centro per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente, che raccoglie dalle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private i dati regionali sui rischi ed eventi avversi e sul contenzioso e li trasmette annualmen-te, mediante procedura telematica unificata a livello nazionale, all’Osservatorio nazionale delle buone pra-tiche sulla sicurezza nella sanità, di cui all’articolo 3.5. All’articolo 1, comma 539, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, è aggiunta, in fine, la seguente lettera: «d-bis) predisposizione di una relazione annuale con-suntiva sugli eventi avversi verificatisi all’interno del-la struttura, sulle cause che hanno prodotto l’evento avverso e sulle conseguenti iniziative messe in atto. Detta relazione è pubblicata nel sito internet della struttura sanitaria».

Norme di interesse

LE REGIONI

Affidano al Difensore Civico il ruolo di garante della salute

Attivano i centri regionali per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del

paziente che lavora avvalendosi dell'ausilio del SIMES

DIFENSORE CIVICO

Cittadini e associazioni possono adire

gratuitamente il Difensore Civico per segnalare

disfunzioni del sistema sanitario

Acquisisce le segnalazioni e ne verifica la fondatezza

Interviene per tutelare le disfunzioni con le modalità

stabilite dalle Regioni

CENTRO REGIONALE PER LA GESTIONE DEL RISCHIO SANITARIO E LA SICUREZZA DEL PAZIENTE

Raccoglie i dati dalle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private, su

rischi, eventi avversi, contenzioso

Li trasmette annualmente all’"Osservatorio nazionale delle buone pratiche e sicurezza

sulla sanità"

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2.3.2. Modifiche alla Legge di Stabilità 2016. Sempre nell’ambito della gestione del rischio sa-nitario la legge Gelli opera delle modifiche alla legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016).

L’articolo 16 della legge 8 marzo 2017, n. 24 sostituisce l’art. 1, comma 539, lettera a), della Leg-ge di Stabilità 2016 (il quale, al secondo periodo, sanciva che: “Ai verbali e agli atti conseguenti all’at-tività di gestione aziendale del rischio clinico, svolta in occasione del verificarsi di un evento avverso, si applica l’articolo 220 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedu-ra penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271.”) con il seguente: “i verbali e gli atti conse-guenti l’attività di gestione del rischio clinico non possono essere acquisiti o utilizzati nell’ambito di procedimenti giudiziari”.

La novella, quindi, sempre ai fini della mas-sima trasparenza amministrativa, rende di fatto inutilizzabili nei procedimenti giudiziari i risul-tati “di percorsi di auditing o altre metodologie finalizzati allo studio dei processi interni e delle criticità più frequenti, con segnalazione anonima del quasi-errore e analisi delle possibili attività fi-nalizzate alla messa in sicurezza dei percorsi sa-nitari”.

Sostituisce altresì all’articolo 1, comma 540, della legge di cui sopra che recitava “L’attività di gestione del rischio sanitario è coordinata da personale medico dotato delle specializzazioni in igiene, epidemiologia e sanità pubblica o equipol-lenti ovvero con comprovata esperienza almeno triennale nel settore.” con il seguente: “l’attività di gestione del rischio sanitario è coordinata da personale medico dotato delle specializzazioni in igiene, epidemiologia e sanità pubblica o equipol-lenti, in medicina legale ovvero da personale di-pendente con adeguata e comprovata esperienza almeno triennale nel settore”. È evidente che il no-vellato articolo, a completamento della disciplina sulla gestione del rischio sanitario, ha unicamente lo scopo di ampliare il campo di specializzazione del personale che dovrà gestire il rischio sanitario, consentendo una maggiore competenza nella ge-stione di questo delicato settore, e quindi, in ulti-ma analisi, tutelando sempre il diritto alla salute, favorendo l’efficienza nell’attività di gestione del rischio sanitario.

L. 8 marzo 2017, n. 24. Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assisti-ta, nonché in materia di responsabilità profes-sionale degli esercenti le professioni sanitarie.

ART. 16. Modifiche alla legge 28 dicembre 2015, n. 208, in materia di responsabilità professionale del personale sanitario.

1. All’articolo 1, comma 539, lettera a), della legge 28 dicembre 2015, n. 208, il secondo periodo è sostituito dal seguente: «I verbali e gli atti conseguenti all’at-tività di gestione del rischio clinico non possono es-sere acquisiti o utilizzati nell’ambito di procedimenti giudiziari».2. All’articolo 1, comma 540, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, le parole da: «ovvero» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «, in medicina legale ovvero da personale dipendente con adeguata formazione e comprovata esperienza almeno trien-nale nel settore».

Norme di interesse

2.3.3. L’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità. L’art. 3 della legge 8 marzo 2017, n. 24 , prevede che entro 3 mesi dalla entrata in vigore della pre-sente legge, venga istituito con decreto del ministro della salute, presso l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari (Agenas) un Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità, il cui scopo è quello di raccogliere ed elaborare le in-formazioni relative ai rischi ed agli eventi avversi dai Centri regionali per il rischio sanitario avva-lendosi del SIMES.

Nello specifico, l’Osservatorio non solo deve ac-quisire le cause, l’entità e la frequenza degli eventi av-versi, stabilire l’onere finanziario del contenzioso che ne discende, ma anche predisporre linee di indirizzo e misure idonee alla prevenzione del rischio sanitario. Inoltre, deve predisporre il monitoraggio delle buone pratiche, anche per la formazione e l’aggiornamento del personale esercente la professione sanitaria.

Si precisa poi che tali misure devono individuarsi con il supporto delle società scientifiche e delle asso-ciazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie.

È infine previsto che il Ministro della salute tra-smetta annualmente alle Camere una relazione sul-la attività sopra esposta svolta dall’Osservatorio.

Tale organismo, se dotato degli opportuni mezzi e poteri, potrebbe rivelarsi un ottimo strumento di prevenzione del rischio sanitario e di miglioramen-to dello svolgimento della stessa funzione sanitaria.

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L. 8 marzo 2017, n. 24. Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assisti-ta, nonché in materia di responsabilità profes-sionale degli esercenti le professioni sanitarie.

ART. 3. Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità.

1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, è istituito, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, presso l’Agenzia nazio-nale per i servizi sanitari regionali (AGENAS), l’Osser-vatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità, di seguito denominato «Osservatorio».2. L’Osservatorio acquisisce dai Centri per la gestio-ne del rischio sanitario e la sicurezza del paziente, di cui all’articolo 2, i dati regionali relativi ai rischi

ed eventi avversi nonché alle cause, all’entità, alla frequenza e all’onere finanziario del contenzioso e, anche mediante la predisposizione, con l’ausilio delle società scientifiche e delle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie di cui all’arti-colo 5, di linee di indirizzo, individua idonee misure per la prevenzione e la gestione del rischio sanitario e il monitoraggio delle buone pratiche per la sicurez-za delle cure nonché per la formazione e l’aggiorna-mento del personale esercente le professioni sanitarie.3. Il Ministro della salute trasmette annualmente alle Camere una relazione sull’attività svolta dall’Osserva-torio.4. L’Osservatorio, nell’esercizio delle sue funzioni, si avvale anche del Sistema informativo per il moni-toraggio degli errori in sanità (SIMES), istituito con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali 11 dicembre 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 8 del 12 gennaio 2010.

Norme di interesse

OSSERVATORIO: COSA FA

Acquisisce dai Centri regionali per il rischio

sanitario i dati regionali e con l’ausilio di società

scientifiche e associazioni tecnico-scientifiche

Predispone: linee di indirizzo, misure per prevenzione, misure

per gestione del rischio sanitario

Monitora le buone pratiche per la sicurezza delle cure

e per la formazione del personale sanitario.

IL MINISTRO DELLA SALUTE ANNUALMENTE TRASMETTE ALLE CAMERE UNA RELAZIONE

SULL’ATTIVITÀ DELL’OSSERVATORIO

2.4. La trasparenza dei dati. Com’è noto, per trasparenza si intende il libero ac-cesso ai documenti, che senz’altro facilita i cittadini ad un controllo costante e continuo sull’operato e sui processi decisionali della PA e li mette in condizione di verificare l’efficienza dell’apparato burocratico.

Pertanto, anche in ambito sanitario, il Legisla-tore con l’articolo 4 della legge 8 marzo 2017, n. 24 , ribadisce l’obbligo della trasparenza delle prestazioni sanitarie, al fine di rendere il sistema sanitario italiano efficiente anche sotto il profilo prettamente economico. Al fine di rendere effettivo

tale obbligo di trasparenza la legge Gelli ha operato due specifiche previsioni.

In primo luogo ha stabilito la previsione di un termine di 7 giorni dalla richiesta dell’interessato, entro il quale la direzione sanitaria, (sia pubblica che privata - e sul punto va ricordato che la giu-risprudenza ha ritenuto applicabile la disciplina sull’accesso ai documenti amministrativi, di cui alla L. n. 241/90, anche a tutte le strutture sanitarie pri-vate -), deve fornire al paziente la sua documenta-zione sanitaria, possibilmente in formato digitale;

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viene poi disposto un ulteriore termine di 30 gior-ni per eventuali integrazioni.

Questo articolo certamente detta un’importante cambiamento rispetto all’ordinamento vigente, ove non ci sono di fatto termini perentori e i tempi sono determinati, per le strutture sanitarie, dalle aziende sa-nitarie locali o dai regolamenti interni delle strutture.

Orbene, con la normativa in commento i tempi per la consegna della cartella clinica, (ossia il do-cumento personale che contiene l’insieme di infor-mazioni sanitarie ed anagrafiche relative al ricove-ro: referti diagnostici, analisi cliniche, terapie ecc.), diventano finalmente uniformi e certi con l’intro-duzione dell’obbligo legale, da cui certamente di-scendono conseguenze sul piano del danno eraria-le e delle conseguenze disciplinari e deontologiche (in tal senso, Giovanni Comandè, Rivista italiana di medicina legale, fasc.1, 2016, pag. 1 e ss).

È innegabile che questa previsione normativa sia il frutto di un approccio partecipativo, con un coinvolgimento più attivo del paziente che quindi

ora ha diritto di ottenere la cartella clinica entro un termine ragionevolmente breve.

Infine, il principale strumento attraverso cui il legislatore intende conseguire livelli di trasparenza è costituito da internet, e difatti stabilisce, al comma 3 dell’articolo 4, l’obbligo per le strutture sanitarie pubbliche e private di pubblicare sul proprio sito internet tutti dati relativi ai risarcimenti erogati negli ultimi 5 anni.

È chiaro che questo articolo sia volto anche a tutelare le compagnie assicurative che in questo modo non riceveranno più statistiche false o in-complete e potranno beneficiare finalmente di dati trasparenti ed utili alla partecipazione ad eventuali gare assicurative.

Da sottolineare infine che il comma in questione cita unicamente “i risarcimenti erogati negli ultimi 5 anni” e non anche “le denunce di danni o i con-tenziosi in essere” e forse non sarebbe sbagliato che il decreto attuativo determinasse a priori le infor-mazioni da pubblicare.

L. 8 marzo 2017, n. 24. Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assisti-ta, nonché in materia di responsabilità profes-sionale degli esercenti le professioni sanitarie.

ART. 4. Trasparenza dei dati.

1. Le prestazioni sanitarie erogate dalle strutture pub-bliche e private sono soggette all’obbligo di trasparen-za, nel rispetto del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.2. La direzione sanitaria della struttura pubblica o privata, entro sette giorni dalla presentazione della richiesta da parte degli interessati aventi diritto, in conformità alla disciplina sull’accesso ai documenti amministrativi e a quanto previsto dal codice in ma-teria di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, fornisce la docu-mentazione sanitaria disponibile relativa al paziente, preferibilmente in formato elettronico; le eventuali integrazioni sono fornite, in ogni caso, entro il termi-ne massimo di trenta giorni dalla presentazione del-la suddetta richiesta. Entro novanta giorni dalla data

di entrata in vigore della presente legge, le strutture sanitarie pubbliche e private adeguano i regolamen-ti interni adottati in attuazione della legge 7 agosto 1990, n. 241, alle disposizioni del presente comma.3. Le strutture sanitarie pubbliche e private rendono disponibili, mediante pubblicazione nel proprio sito internet, i dati relativi a tutti i risarcimenti erogati nell’ultimo quinquennio, verificati nell’ambito dell’e-sercizio della funzione di monitoraggio, prevenzione e gestione del rischio sanitario (risk management) di cui all’articolo 1, comma 539, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, come modificato dagli articoli 2 e 16 della presente legge.4. All’articolo 37 del regolamento di polizia mortua-ria, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285, dopo il comma 2 è inserito il seguente:«2-bis. I familiari o gli altri aventi titolo del deceduto possono concordare con il direttore sanitario o socio-sanitario l’esecuzione del riscontro diagnostico, sia nel caso di decesso ospedaliero che in altro luogo, e possono disporre la presenza di un medico di loro fi-ducia».

Norme di interesse

� Non rientra nell’ordinaria diligenza richiedere all’o-spedale la cartella clinica dopo oltre tre lustri dalla acclarata infezione epatica (nella specie la Corte ha ritenuto prescritto il diritto al risarcimento dei danni per la contratta infezione da Epatite C in favore di

una donna che, seppur consapevole della possibilità di mettere in relazione la malattia con le trasfusioni effettuate, si era attivata troppo tardi per richiedere le cartelle cliniche all’ospedale). * Cass. civ., sez. III, 7 ottobre 2013, n. 22822.

Giurisprudenza significativa

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Le raccomandazioni previste dalle linee guida e le buone pratiche clinico-assistenziali • 15

3. Le raccomandazioni previste dalle linee guida e le buone pratiche clinico-assistenziali.

3.1. Le linee guida in generale.Le linee guida sono state introdotte nella pratica medica da oltre 60 anni, con il precipuo scopo di standardizzare l’attività medica. Tuttavia le stes-se hanno suscitato diverse problematiche, da una parte a causa della difformità dei loro contenuti e dall’altra per la loro molteplicità e varietà.

In via preliminare, risulta necessario fare chia-rezza sulla differenza tra le linee guida, i protocolli e le buone pratiche accreditate dalla comunità scien-tifica, che spesso è causa di confusioni ed incertezze interpretative, giacché tutti questi concetti possono essere definiti quali regole comportamentali che in-fluiscono sulla condotta del sanitario.

Il protocollo è uno schema rigido di comporta-mento clinico predefinito ed il suo valore obbligato-rio viene definito mediante decreto normativo. Il me-dico, pertanto, può discostarsi dal protocollo previa informazione ed accettazione da parte del paziente ed altresì giustificando il suo operato tramite parere motivato. La mancata adesione al protocollo senza motivazione comporta la responsabilità professiona-le del medico per imperizia, di cui lo stesso si assume la piena responsabilità in caso di contenzioso.

Per quanto attiene alle buone pratiche clinico-assistenziali, pare utile riportare le definizioni che sono state fornite, in diverse interviste realizzate dalla AGENAS (Agenzia nazionale per i servizi sani-

tari regionali), dai principali esperti internazionali in tema di qualità e rischio clinico (tra i quali Lucia-na Bevilacqua e Frances A. Griffin). Tali esper-ti definiscono che: “una buona pratica può essere definita come ogni attività, procedura o compor-tamento riguardante percorsi assistenziali, basata su standard di qualità e sicurezza. Questi standard hanno origine da evidenze, da letteratura e da orga-nizzazioni sanitarie. Una buona pratica necessita di indicatori specifici da monitorare nel tempo e può variare a seconda del settore a cui si fa riferimento (ospedale, infermeria o studio medico) come anche in base alle singole aree (terapia intensiva, impiego di farmaci, prevenzione delle infezioni”.

Invece, le linee guida vengono definite per la prima volta negli Stati Uniti nel 1990 dall’Institute of Medicine (IOM), un’agenzia istituita nel 1970 dalla National Academy of Sciences e costituita da auto-revoli professionisti, cui è stato affidato il compito di esaminare questioni rilevanti in materia di salu-te pubblica. Tale istituto pertanto definiva le Linee Guida quali: “raccomandazioni destinate ad otti-mizzare la cura dei pazienti che vengono informati da una revisione sistematica delle evidenze e da una valutazione dei benefici e rischi di opzioni alternati-ve di cure”.

Dopo questo primo rapporto, le linee guida e la loro metodologia si sono sensibilmente evolute. Di-

� In base alle pronunce della Corte costituzionale, il diritto alla salute risulta incomprimibile nel suo nucleo irriducibile protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile della dignità umana, ma non può essere considerato un diritto ad espansione illimitata tale da farvi rientrare, in quanto dovute, tutte le prestazioni sanitarie possibili. * T.A.R. Roma, (Lazio), sez. III, 23 novembre 2009, n. 11574.

� La struttura sanitaria è tenuta a risarcire il danno sofferto dal paziente in conseguenza della diffusione di dati sensibili contenuti nella cartella clinica, a meno che non dimostri di avere adottato tutte le misure ne-cessarie per garantire il diritto alla riservatezza del pa-ziente e ad evitare che i dati relativi ai test sanitari e alle condizioni di salute del paziente stesso possano pervenire a conoscenza di terzi. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la decisione di merito

la quale, muovendo dal fatto che la cartella clinica, dalla quale risultava la condizione di omosessuale af-fetto dal virus HIV del paziente, e della cui indebita diffusione quest'ultimo si doleva, era risultata custodi-ta nella sala infermieri, aveva escluso la responsabili-tà dell'ospedale. La S.C. ha ritenuto insufficiente tale motivazione, in mancanza della dimostrazione che la suddetta sala fosse interdetta al pubblico). * Cass. civ., sez. III, 30 gennaio 2009, n. 2468.

� La cartella clinica rientra nella categoria degli atti pubblici ove sia redatta dal medico di un ospedale pubblico essendo caratterizzata dalla produttività di atti costitutivi traslativi modificativi o estintivi rispetto a situazioni giuridiche soggettive di rilevanza pubblici-stica nonché dalla documentazione di attività compiu-te dal pubblico ufficiale che redige l’atto. * Cass. pen., sez. V, 17 dicembre 1992.

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fatti, il Congresso degli Stati Uniti incaricava lo IOM di effettuare una ricerca per identificare gli elemen-ti necessari per sviluppare delle scrupolose e valide linee guida; pertanto nel 2011 lo IOM produceva una nuova definizione: “le linee guida per pratica clinica sono documenti che includono raccomanda-zioni finalizzate a ottimizzare l’assistenza al pazien-te fondate su una revisione sistematica delle prove di efficacia e su una valutazione di benefici e danni di opzioni assistenziali alternative” (in tal senso, IOM, INSTITUTE OF MEDICINE, Clinical Practice Gui-delines We Can Trust. Washington DC, The National Accademies Press, 2011).

Tali definizioni sono attualmente state assorbite anche dal sistema italiano che, quindi, ha ricono-sciuto nelle linee guida il risultato di una revisio-ne sistematica della letteratura e dell’opinione di esperti, che generano raccomandazioni compor-tamentali di natura diagnostico- terapeutica ed hanno il fine di aiutare ed agevolare i medici nello scegliere la terapia di assistenza più appropriata in relazione alla patologia che gli si presenta.

Alla luce di ciò, essendo le linee guida delle “rac-comandazioni”, a differenza dei protocolli, esse la-sciano una maggiore discrezionalità all’operatore e di conseguenza in passato il nesso causale tra la loro inosservanza e la responsabilità penale non era così rigoroso come lo è oggi.

Sul punto si rileva che la necessità di confor-marsi alle linee guida al fine di essere esentato da responsabilità professionale ha assunto una precisa rilevanza solo con l’introduzione dell’art. 3 della legge Balduzzi, la quale prevede che: “L’eser-cente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve”. È solo con questa legge, quindi, che le linee guida e le buone pratiche accreditate entrano a far parte dei criteri cui il giudice deve attenersi al fine di valutare la re-sponsabilità dell’esercente sanitario.

Com’e noto, su tali punti della legge Balduz-zi, dottrina e giurisprudenza hanno rilevato dif-ficoltà interpretative per una pluralità di ragioni. Innanzitutto in ordine alla molteplicità di fonti di produzione delle linee guida: dalle comunità scientifiche internazionali e nazionali ai soggetti istituzionali locali, regionali e nazionali. Si lamen-tava in primo luogo la mancanza di una precisa

individuazione delle stesse ed in secondo luogo si evidenziava la loro inaffidabilità poiché mancava un regolare aggiornamento delle stesse che tenesse conto delle innovazioni nel campo medico. Infine, anche il criterio con cui individuare tali comuni-tà scientifiche non risultava del tutto chiaro. (in tal senso, Rivista Italiana di medicina legale e del dirit-to in campo sanitario, fasc. 2, 2016, pag. 633).

Ed è proprio la consapevolezza di queste proble-matiche che ha spinto il legislatore ad individuare, con la legge Gelli, dei criteri di attendibilità delle linee guida al fine di soddisfare un’esigenza mol-to sentita a cui la legge Balduzzi non aveva saputo adeguatamente rispondere.

3.2.  L’intervento della legge Gelli sulle linee guida.

La legge Gelli riafferma il ruolo delle linee guida come termine di confronto per stabilire la respon-sabilità medica, il quale, com’è noto era già stato inserito con la legge 189 del 2012 (legge Balduzzi).

L’articolo 5 della legge 8 marzo 2017, n. 24 al primo comma, infatti, impone agli esercenti le professioni sanitarie di attenersi, salve le specifici-tà del caso concreto, alle raccomandazioni previ-ste dalle linee guida, con l’indubbio vantaggio di consentire al medico di conoscere in anticipo quali sono i comportamenti da cui può derivare una re-sponsabilità professionale.

Nella prima parte di questo comma 1, non ven-gono, quindi, menzionate le buone pratiche clini-co- assistenziali, che assumono invece il carattere di sussidiarietà. Difatti, l’ultima parte del primo comma dell’art. 5 sancisce che solo in mancanza delle suddette raccomandazioni previste dalle linee guida, gli esercenti le professioni sanitarie devono attenersi alle buone pratiche clinico- assistenziali, differenziandosi in ciò non solo da quando previsto dalla legge Balduzzi, ma anche dalla prima versio-ne della presente legge approvata dalla Camera dei Deputati il 28 gennaio 2016. Tale versione, approva-ta dalla Camera dei deputati, proprio come la legge 189/2012 (Balduzzi), equiordinava infatti le buone pratiche clinico-assistenziali alle raccomandazioni previste dalle linee guida.

In altri termini, il legislatore attribuisce alle li-nee guida un maggior rilievo, anche in linea con la dettagliata disciplina con cui vengono novellate, ri-spetto alle buone pratiche clinico-assistenziali, che,

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Le raccomandazioni previste dalle linee guida e le buone pratiche clinico-assistenziali • 17

come chiarito nel precedente paragrafo, consistono unicamente in procedure riguardanti percorsi assi-stenziali, basati su standard di qualità e sicurezza.

In seguito, la norma chiarisce che tali raccoman-dazioni delle linee guida devono essere pubblicate sul sito internet dell’istituto superiore di sanità, il quale, prima della pubblicazione, è tenuto a verifi-care sia la conformità della metodologia adottata a standard definiti e resi pubblici dallo stesso istituto sia la rilevanza delle evidenze scientifiche dichiara-te a supporto delle raccomandazioni.

La legge Gelli, inoltre, contribuisce a colmare un sostanziale vuoto normativo: vengono specificati i soggetti che devono elaborare le raccomanda-zioni previste dalle linee guida, chiarendo che tale compito non è affidato unicamente alle società scientifiche, come invece stabiliva la legge Balduzzi, ma anche gli enti ed istituzioni pubbliche e private, associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie.

Sul punto la legge Gelli opera un’ulteriore chia-rificazione che, come sopra evidenziato, era un’esi-genza molto sentita: impone infatti che tali soggetti debbano essere iscritti in un apposito elenco, il quale deve essere istituito e regolamentato con de-creto (da emanare entro 90 giorni dalla pubblica-zione della citata legge) dal Ministro della salute, e da aggiornare con cadenza biennale.

Si noti che il legislatore del 2017 contempla altre-sì questo importante profilo della revisione bien-

nale, il quale nella precedente normativa era del tutto assente e fonte di recriminazioni.

Inoltre, viene imposto un rigoroso controllo sul-le società e associazioni che contribuiranno alla elaborazione delle linee guida.

Si prevede, infatti, che il Ministro della salute sia l’organo deputato a regolamentare l’iscrizione delle società e delle associazioni tecnico-scientifiche di cui sopra negli appositi albi ed a stabilire con decre-to (lo stesso con il quale dovrebbe essere emanato l’elenco di cui sopra) i requisiti minimi di rappre-sentatività delle medesime sul territorio nazionale, la loro costituzione mediante atto pubblico, le varie garanzie da inserire nello statuto, le procedure di iscrizione negli albi, le verifiche sul mantenimento dei requisiti nonché modalità di sospensione e mo-dificazione.

Non ci si può esimere dal rilevare che le novità sopra elencate siano di fondamentale importanza al fine di riconoscere le società scientifiche muni-te del titolo per iscriversi nell’apposito elenco e ciò sempre in ossequio al principio di trasparenza, cui sembra essere informata tale legge.

Infine all’ultimo comma dell’articolo in com-mento, si pone una clausola di invarianza finanzia-ria, stabilendo che tutte le attività inerenti alle linee guida devono svolgersi nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali già disponibili, di conseguenza non devono comportare degli oneri finanziari per la finanza pubblica.

L. 8 marzo 2017, n. 24. Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assisti-ta, nonché in materia di responsabilità profes-sionale degli esercenti le professioni sanitarie.

ART. 5. Buone pratiche clinico-assistenziali e racco-mandazioni previste dalle linee guida.

1. Gli esercenti le professioni sanitarie, nell’esecuzio-ne delle prestazioni sanitarie con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale, si attengono, salve le specificità del caso concreto, alle raccomandazioni previste dalle linee guida pubblicate ai sensi del comma 3 ed ela-borate da enti e istituzioni pubblici e privati nonché dalle società scientifiche e dalle associazioni tecni-co-scientifiche delle professioni sanitarie iscritte in apposito elenco istituito e regolamentato con decreto del Ministro della salute, da emanare entro novanta

giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, e da aggiornare con cadenza biennale. In man-canza delle suddette raccomandazioni, gli esercenti le professioni sanitarie si attengono alle buone pratiche clinico-assistenziali.2. Nel regolamentare l’iscrizione in apposito elenco delle società scientifiche e delle associazioni tecnico-scientifiche di cui al comma 1, il decreto del Ministro della salute stabilisce:a) i requisiti minimi di rappresentatività sul territorio nazionale;b) la costituzione mediante atto pubblico e le garanzie da prevedere nello statuto in riferimento al libero ac-cesso dei professionisti aventi titolo e alla loro parteci-pazione alle decisioni, all’autonomia e all’indipenden-za, all’assenza di scopo di lucro, alla pubblicazione nel sito istituzionale dei bilanci preventivi, dei consuntivi e degli incarichi retribuiti, alla dichiarazione e rego-

Norme di interesse

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lazione dei conflitti di interesse e all’individuazione di sistemi di verifica e controllo della qualità della pro-duzione tecnico-scientifica;c) le procedure di iscrizione all’elenco nonché le veri-fiche sul mantenimento dei requisiti e le modalità di sospensione o cancellazione dallo stesso.3. Le linee guida e gli aggiornamenti delle stesse ela-borati dai soggetti di cui al comma 1 sono integrati nel Sistema nazionale per le linee guida (SNLG), il quale è disciplinato nei compiti e nelle funzioni con decreto del Ministro della salute, da emanare, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con la procedura di cui all’articolo 1, comma 28, secondo

periodo, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e succes-sive modificazioni, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. L’Istituto supe-riore di sanità pubblica nel proprio sito internet le linee guida e gli aggiornamenti delle stesse indicati dal SNLG, previa verifica della conformità della metodologia adot-tata a standard definiti e resi pubblici dallo stesso Isti-tuto, nonché della rilevanza delle evidenze scientifiche dichiarate a supporto delle raccomandazioni.4. Le attività di cui al comma 3 sono svolte nell’ambi-to delle risorse umane, finanziarie e strumentali già disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

� Le linee guida per le pratiche terapeutiche costitu-iscono un sapere scientifico e tecnologico codificato, che funge da guida per orientare facilmente le decisio-ni terapeutiche, per uniformare le valutazioni e mini-mizzare le decisioni soggettive del medico curante. * Cass. pen., sez. IV, 29 ottobre 2015, n. 4468.

� Le linee guida richiamate dall’art. 3 della Legge Balduzzi, per avere rilevanza nell’accertamento delle responsabilità del medico, devono: indicare i requisiti standard diagnostico e terapeutici conformi alle regole dettate dalla migliore scienza medica a garanzia della salute del paziente e   non devono essere ispirate ad esclusive logiche di economicità della gestione, sotto il contenimento delle spese, in contrasto con le esi-genze di cura del paziente. * Cass. pen., sez. IV, 22 novembre 2013, n. 46753.

� Si ribadisce che le linee guida costituiscono sapere scientifico e tecnologico codificato, reso disponibile in forma condensata, in modo che possa costituire un’u-tile guida per orientare agevolmente, in modo efficien-te ed appropriato, le decisioni terapeutiche. Si tenta di oggettivare, uniformare, le valutazioni e le deter-minazioni e di sottrarle all’incontrollato soggettivismo del terapeuta. Tali regole, non danno luogo a norme propriamente cautelari e non configurano, quindi, ipo-tesi di colpa specifica. * Cass. civ., sez. IV, 29 gennaio 2013, n. 16237.

� Le linee guida e i protocolli rappresentano un im-portante ausilio scientifico con il quale il medico è te-nuto a confrontarsi, ma non eliminano la sua autono-mia nelle scelte terapeutiche perchè la medicina non è fondata su protocolli scientifici a base matematica. * Cass. pen., sez. IV, 19 settembre 2012, n. 35922.

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