+ All Categories
Home > Documents > la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream...

la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream...

Date post: 30-Jun-2020
Category:
Upload: others
View: 2 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
239
LA RESPONSABILITÀ SOCIALE PER LE IMPRESE DEL SETTORE AGRICOLO E AGROALIMENTARE a cura di Lucia Briamonte e Luciano Hinna INEA 2012
Transcript
Page 1: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e agroalimentare

a cura di lucia briamonte e luciano Hinna

isbn 978-88-8145-299-6VOLUME NON IN VENDITA

collana stUdi e ricercHe

la respo

nsab

ilità sociale per

le impr

ese del setto

re ag

rico

lo e ag

roalim

entar

e

inea 2012

2012

responsabilità sociale di impresa è un termine entrato ormai nel vocabolario di tutti (aziende, cittadini, politici, sindacati, media, associazioni, enti pubblici e non profit) ma forse non è ancora nel “bagaglio culturale” di molti.il presente volume intende rappresentare, insieme alle “linee guida” e ai “casi studio”, uno de-gli strumenti che l’inea mette a disposizione delle imprese che intendono avviare e strutturare in modo organico un percorso di responsabilità sociale nella propria realtà aziendale.in particolare si vogliono gettare le basi per l’applicazione di tale concetto alle aziende e agli operatori del sistema agroalimentare, poiché tale settore presenta problematiche di primo pia-no sia a livello ambientale sia sul piano sociale.le emergenze verificatesi in questo settore, gli shock alimentari della “mucca pazza” o dei “polli alle diossina”, come pure questioni di scottante attualità, quali l’utilizzo di prodotti ogm o gli aumenti indiscriminati dei prezzi di vari generi di prima necessità, sono immediatamente divenuti dei problemi sociali rilevanti.Visti dunque gli impatti che tale settore può avere sul benessere di produttori e consumatori e in considerazione della crescente richiesta di trasparenza in relazione alle caratteristiche dei prodotti e dei processi produttivi, quasi “a garanzia” della loro qualità e genuinità, una riflessio-ne organica e approfondita sulla responsabilità sociale del sistema agroalimentare diviene di primaria importanza.ne consegue che il successo dell’agricoltura rispetto alle nuove attese della società risiede nella capacità dell’impresa agricola di produrre alimenti sani e genuini e concorrere allo stesso tempo alla protezione delle risorse naturali e allo sviluppo equilibrato del territorio, creando occupazione e riservando maggiore attenzione alla qualità del lavoro.per tutte queste ragioni è estremamente importante approfondire, anche attraverso pubbli-cazioni come questa, le motivazioni, le modalità e gli strumenti con cui gli attori del sistema agroalimentare possono soddisfare queste nuove aspettative dei consumatori e degli altri sta-keholder circa gli impatti sociali e ambientali dei processi di produzione, trasformazione e com-mercializzazione dei prodotti agricoli e agroalimentari.

Page 2: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

I S T I T U T O N A Z I O N A L E D I E C O N O M I A A G R A R I A

SEDE REGIONALE DELLA CALABRIA

LA RESPONSABILITÀ SOCIALEPER LE IMPRESE DEL SETTOREAGRICOLO E AGROALIMENTARE

a cura di

Lucia Briamonte e Luciano Hinna

Page 3: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

BRIAMONTE, Lucia; HINNA, Luciano (a cura di)La responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e agroalimentareCollana: Studi & Ricerche INEA

Napoli: Edizioni Scientifiche Italiane, 2008pp. 240; 24 cmISBN 978-88-495-1757-6

Copyright © 2008 by Istituto Nazionale di Economia Agraria, Roma.

È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico, non autorizzata.

Il presente lavoro è stato elaborato nell’ambito del progetto “Responsabilità sociale: implicazioni ed

applicazioni alle imprese del settore agroalimentare” realizzato dall’INEA e finanziato dal MIPAAF

con D.M. 488/7303/2004.

Per l’impostazione e la progettazione dello studio ha operato il seguente gruppo di lavoro:

Responsabile scientifico: Luciano Hinna; Coordinamento: Lucia Briamonte (Responsabile INEA),

Paolo Biraschi, Ester Dini, Maria Assunta D’Oronzio, Barbara Luppi, Francesca Giarè, Sabrina

Giuca, Fabio Monteduro, Raffaella Pergamo, Iuri Peri, Rachele Rossi, Saverio Scarpellino.

I contributi al testo sono di:

Introduzione: Alberto Manelli

Capitolo I: Luciano Hinna

Capitolo II: Maria Assunta D’Oronzio, Raffaella Pergamo, Lucia Briamonte

Capitolo III: Fabio Monteduro

Capitolo IV: Sabrina Giuca

Capitolo V: Iuri Peri

Capitolo VI: Saverio Scarpellino

Capitolo VII: Ester Dini

Capitolo VIII: Francesco Zecca, Elisabetta Capocchi

Capitolo IX: Paolo Biraschi

Capitolo X: Lucia Briamonte, Raffaella Pergamo, Maria Assunta D’Oronzio

Capitolo XI: Barbara Luppi

Capitolo XII: Rachele Rossi

La consulenza editoriale è di Moira Rotondo

Segreteria tecnica: Roberta Capretti, Novella Rossi, Giulio Viggiani

Page 4: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

PRESENTAZIONE 9

INTRODUZIONE 11

Parte prima - La responsabilità sociale di impresa nel settoreagricolo e agroalimentare: percorsi e strumenti

CAPITOLO I - LA RESPONSABILITÀ SOCIALE DI IMPRESAE LA SUA APPLICAZIONE AL SISTEMA AGROALIMENTARE1.1. Premessa 171.2. La responsabilità sociale di impresa tra definizioni e concetti 181.3. La promozione della responsabilità sociale di impresa da parte

delle organizzazioni internazionali 221.4. La relatività della responsabilità sociale di impresa 241.5. La responsabilità sociale d’impresa un’occasione per il sistema

agroalimentare italiano 251.6. Conclusioni 27

CAPITOLO II - PERCORSI DI RESPONSABILITÀ SOCIALEPER LA FILIERA AGROALIMENTARE 2.1. Premessa 292.2. La filiera agroalimentare 312.3. Percorsi di responsabilità sociale per la filiera agroalimentare 382.4. Conclusioni 44

CAPITOLO III - GLI STRUMENTI DI RESPONSABILITÀ SOCIALEPER LE IMPRESE AGRICOLE E AGROALIMENTARI3.1. Premessa 493.2. Gli strumenti come leva di attuazione delle strategie social-

mente responsabili 503.3. Conclusioni 78

STUDI & RICERCHE INEA 5

INDICE

Page 5: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

Parte seconda - La funzione sociale della responsabilità socialedi impresa in agricoltura: tradizione, ambiente, territorioe cooperazione

CAPITOLO IV - RESPONSABILITÀ SOCIALE DI IMPRESACOME VALORIZZAZIONE DELLA TERRITORIALITÀ E DELLA TRADIZIONE AGROALIMENTARE 4.1. Premessa 814.2. Le specificità del territorio come cultura della qualificazione 824.3. Conclusioni 95

CAPITOLO V - RESPONSABILITÀ SOCIALE DI IMPRESA,AGRICOLTURA E AMBIENTE: IMPLICAZIONI E APPLICAZIONI 5.1. Premessa 995.2. Agricoltura e ambiente: disaccordi concettuali e differenze in-

terpretative 1005.3. L’interdipendenza nel rapporto agricoltura ambiente 1025.4. Conclusioni 106

CAPITOLO VI - RESPONSABILITÀ SOCIALE DI IMPRESAE COOPERAZIONE 6.1. Premessa 1076.2. Mutualità VERSUS responsabilità sociale: i contenuti della re-

sponsabilità sociale cooperativa 1086.3. La cooperazione nel sistema agroalimentare: i principali fattori

costitutivi dell’azione socialmente responsabile 1126.4. Conclusioni 116

Parte terza - Lavoro e agricoltura non profit

CAPITOLO VII - LAVORO E RESPONSABILITÀ SOCIALEDELLE IMPRESE DEL COMPARTO AGROALIMENTARE7.1. Premessa 1217.2. La centralità della dimensione lavoro nell’azione di respon-

sabilità sociale di impresa 1237.3. Aspetti e strumenti dell’organizzazione del lavoro responsa-

bile 1257.4. Quale responsabilità possibile nel comparto agroalimentare? 1297.5. Conclusioni 132

6 STUDI & RICERCHE INEA

Page 6: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

CAPITOLO VIII - AGRICOLTURA NON PROFIT:ASPETTI SOCIALI, ECONOMICI E NORMATIVI8.1. Premessa 1338.2. Il quadro di riferimento 1338.3. L’affermazione delle organizzazioni non profit in agricoltura 1378.4. La funzione sociale delle strutture operanti nel settore agri-

colo 1398.5. Conclusioni 145

Parte quarta - Politiche pubbliche e private a sostegnodella responsabilità sociale di impresa nel sistema agricoloe agroalimentare

CAPITOLO IX - LA STRATEGIA EUROPEAPER LA RESPONSABILITÀ SOCIALE DI IMPRESA:RICONCILIARE L’AGENDA DI LISBONA E LA POLITICA AGRICOLA COMUNE 9.1. Premessa 1499.2. La responsabilità sociale di impresa come strumento per conci-

liare la strategia di Lisbona e la politica agricola comunitaria 1569.3. Conclusioni 161

CAPITOLO X - LE POLITICHE NAZIONALI IN TEMADI RESPONSABILITÀ SOCIALE DI IMPRESA:STRUMENTI E FINALITÀ 10.1. Premessa 16310.2. Esperienze e iniziative a livello nazionale 16810.3. Le Regioni italiane e le politiche per la responsabilità sociale

di impresa 17310.4. Conclusioni 177

CAPITOLO XI - LA FINANZA PRIVATA NEL SISTEMA AGRICOLO E AGROALIMENTARE E LA RESPONSABILITÀ SOCIALE DI IMPRESA 11.1. Premessa 18111.2. Il rapporto banca-impresa nel settore agricolo e agroalimentare 18111.3. Gli strumenti finanziari nel mondo agricolo 18411.4. La responsabilità sociale di impresa nel mondo bancario: una

duplice prospettiva 18911.5. Basilea II e il mondo agricolo 19611.6. Conclusioni 200

STUDI & RICERCHE INEA 7

Page 7: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

Parte quinta - Gli sviluppi futuri della responsabilità socialedi impresa in agricoltura e l’evoluzione del sistema economico internazionale

CAPITOLO XII - RESPONSABILITÀ SOCIALE DI IMPRESAE GLOBALIZZAZIONE: UN’OPPORTUNITÀ DA SFRUTTARE?12.1. Premessa 20512.2. La crescita della competizione e la globalizzazione 20512.3. L’internazionalizzazione tra principi etici universali e culture

locali 20812.4. Una globalizzazione responsabile e sostenibile 21712.5. Conclusioni 222

ACRONIMI 225

BIBLIOGRAFIA 229

8 STUDI & RICERCHE INEA

Page 8: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

Negli ultimi anni le questioni socio-ambientali sono diventate parte inte-grante degli obiettivi della politica agricola. La sempre crescente richiesta diqualità, salubrità e genuinità dei prodotti alimentari, gli shock climatici ed ener-getici e le problematiche sociali e ambientali riconducibili al tema dello svi-luppo sostenibile hanno contribuito ad accelerare questo processo.

Ci troviamo di fronte a un nuovo modello di sviluppo in cui la competitivitàdell’impresa agricola deriva anche dal suo impegno a garantire adeguati livellidi sostenibilità economica, sociale e ambientale nel contesto territoriale in cuiopera.

Ne consegue che il successo dell’agricoltura rispetto alle nuove attese dellasocietà risiede nella capacità dell’impresa agricola di produrre alimenti sani egenuini e concorrere allo stesso tempo alla protezione delle risorse naturali eallo sviluppo equilibrato del territorio, creando occupazione e riservando mag-giore attenzione alla qualità del lavoro.

Oggi, il consumatore è sempre più attento e orientato verso acquisti consa-pevoli e include nel concetto di qualità dei prodotti agroalimentari anche valoriquali la sostenibilità ambientale e sociale della produzione. L’agricoltura quindiriserva grande attenzione a temi trasversali quali: sicurezza alimentare, traccia-bilità delle produzioni, qualità dei prodotti, rispetto dell’ambiente e delle risorseumane. Tali aspetti hanno contribuito a declinare il concetto di produzione inuna dimensione più ampia di filiera e di territorio, affiancata dalla promozionee dalla rintracciabilità delle produzioni agroalimentari e da forme di comunica-zione istituzionale volte a valorizzare e a dare riconoscibilità alla qualità dei pro-dotti agroalimentari italiani, a creare la consapevolezza dell’evoluzione dell’a-gricoltura tra tradizione e innovazione e a valorizzare il “made in Italy” qualestile di vita e di consumo.

Questi elementi hanno trovato ampia collocazione nel presente volume chesviluppa alcune tematiche proprie della responsabilità sociale nel settore con l’o-biettivo di approfondire e illustrare il contenuto del concetto di responsabilitàsociale e di divulgare i risultati del lavoro INEA.

La volontà di analizzare e sviluppare il complesso di tematiche che ruota at-torno al concetto di responsabilità sociale è alla base del lavoro che l’INEA staportando avanti con il progetto «Responsabilità sociale: implicazioni e applica-

STUDI & RICERCHE INEA 9

Presentazione

Page 9: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

zioni per le imprese del settore agroalimentare», finalizzato all’approfondi-mento, alla promozione e all’applicazione dei temi e delle metodologie di re-sponsabilità sociale.

L’Istituto, negli ultimi anni, partecipando al dibattito sulla responsabilità so-ciale di impresa, che costituisce un tema di interesse crescente da parte delleaziende, del mondo associativo, delle istituzioni, dei consumatori e della societàcivile, ha contribuito all’introduzione della RSI nel sistema agroalimentare.

Il presente volume, insieme alle “Linee guida” e ai “Casi studio”, rappre-senta uno degli strumenti che l’INEA mette a disposizione delle imprese che in-tendono avviare e strutturare in modo organico un percorso di responsabilità so-ciale nella propria realtà aziendale. Alcune imprese agricole e agroalimentaristanno manifestando, infatti, una crescente attenzione e disponibilità a conside-rare, nell’ambito delle proprie strategie e attività, anche pratiche di responsabi-lità sociale.

La responsabilità sociale però richiede un impegno continuo da parte di tuttigli stakeholder al fine di contribuire allo sviluppo economico del settore e nonpuò tradursi semplicemente in uno standard di qualità da certificare. In tal senso,l’auspicio dell’INEA è quello di contribuire con la sua attività a promuovereuna nuova forma mentis e un nuovo modo di fare impresa secondo un approc-cio integrato (triple bottom line) che tenga conto di aspetti economici, ambien-tali e sociali.

On. Lino Carlo RavaPresidente INEA

10 STUDI & RICERCHE INEA

Page 10: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

Può la responsabilità sociale di impresa applicarsi e svilupparsi all’internodel mondo agricolo e dei settori in cui esso si declina? Oppure i due concettisono antitetici e inconciliabili? Oppure, al contrario, il primo trova già com-prensione nel secondo e nella sua missione per così dire originaria, senza quindialcuna necessità di specifica implementazione? Esiste nel nostro Paese una ade-guata elaborazione culturale di questi temi ed esperienze così consolidate da po-tersi considerare prodromiche alla definitiva affermazione degli obiettivi dellaRSI?

Il presente volume cerca di fare chiarezza su questi interrogativi, partendoperò dalla constatazione che, sebbene l’argomento della RSI sia stato ampia-mente trattato in letteratura, poco o niente è stato detto con riferimento al si-stema agroalimentare. Eppure, il settore primario rappresenta un luogo privile-giato per favorire l’adozione di scelte e comportamenti con un fortissimo con-notato sociale. Risulta immeditato citare le numerose esperienze imprenditorialiche mostrano la fondatezza di questa affermazione: si pensi alla cooperazionesociale in agricoltura per favorire l’inserimento di soggetti svantaggiati oppurealle produzioni biologiche, ecc. Ma proprio questa “contiguità” tra agricoltura etemi sociali mette in evidenza la centralità della figura dell’imprenditore che,con la stessa facilità con cui può adottare scelte socialmente responsabili, rischiadi essere esclusivamente rivolto all’interesse aziendale, pur rimanendo in unostretto ambito di legittimità.

Proprio questa ultima riflessione mette in evidenza l’utilità di questo volume,laddove si occupa di analizzare e proporre all’imprenditore agricolo gli stru-menti più opportuni per sviluppare scelte strategiche e comportamenti operativiin linea con una finalità sociale. Dunque è di tutta evidenza l’intrinseca rile-vanza sociale del sistema agroalimentare, così come affermato nel testo, ma pro-prio questa condizione rappresenta insieme un’opportunità e un rischio da ge-stire.

Si pone a questo punto un ulteriore e più problematico quesito su quale siail vero obiettivo di un’impresa e, nello specifico, di un’impresa agricola, per ca-pire se in questo trova cittadinanza stabile anche la responsabilità sociale. Su-perata oramai dalla letteratura e dalla pratica aziendale la massimizzazione delprofitto come finalità principale di un’impresa, si può concordare con chi so-

STUDI & RICERCHE INEA 11

Introduzione

Page 11: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

stiene che lo scopo ultimo di un’iniziativa imprenditoriale sia la creazione divalore, individuando però quest’ultima come una “grandezza vettoriale”, unagrandezza cioè costituita da più variabili tutte egualmente importanti: il man-cato conseguimento anche di un solo sub-obiettivo rende inefficace l’intera vitaaziendale. Tra le variabili che formano il vettore “creazione di valore” c’è si-curamente la responsabilità sociale, che anzi negli ultimi anni ha assunto un’im-portanza sempre crescente.

Identificare la creazione di valore come il vero obiettivo aziendale consente,da un lato, di riconoscere anche alla responsabilità sociale la dignità di finalitàimprenditoriale e, dall’altro, di eliminare in via definitiva la convinzione che in-trodurre scelte manageriali socialmente responsabili sia incompatibile con l’ef-ficienza economica e con l’idea che l’impresa debba generare ricchezza per tuttigli stakeholder.

Nello specifico, quindi, creare valore comporta anche l’integrazione volon-taria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro opera-zioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate, così come l’U-nione europea definisce la RSI nel suo Libro Verde del luglio 2001.

Non basta però perseguire un’adesione teorica agli obiettivi sociali: occor-rono scelte strategiche consapevoli e atteggiamenti manageriali misurabili. Inquest’ottica, il testo costituisce nel suo complesso una sorta di manuale a di-sposizione dell’imprenditore nel momento in cui decide di adottare consape-volmente scelte aziendali coerenti con la RSI.

In particolare, nel testo si fornisce un’interessante e puntuale disamina deglistrumenti a disposizione delle imprese per realizzare le finalità sociali, facendole necessarie e opportune distinzioni in relazione alle diversità che caratteriz-zano gli ambiti in cui si articola il mondo agricolo.

Vengono individuate due categorie generali di strumenti per l’adozione el’implementazione di strategie di RSI: strumenti di gestione socialmente re-sponsabili e strumenti per il consumo socialmente responsabile.

Il testo, insomma, delinea in modo chiaro il percorso per l’adozione di com-portamenti socialmente responsabili: obiettivi e strategie, programmi e standarddi misurazione, analisi finale e bilancio.

Non va poi dimenticato come, alla stregua del rapporto impresa agricola eterritorio, anche l’adozione di scelte socialmente responsabili accentui l’enfasisulla territorialità e sulla qualità dei prodotti, favorendo quel radicamento nellarealtà locale ormai irrinunciabile per dialogare con il mercato, specie quello in-ternazionale: è il ben noto paradosso della globalizzazione (globale-locale) chese da un lato accresce l’importanza di marchi “spendibili” allo stesso modo inogni parte del mondo, dall’altro richiede, soprattutto per il sistema agroalimen-tare, di rintracciare nei prodotti la loro identità territoriale.

12 STUDI & RICERCHE INEA

Page 12: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

In un’ottica di gestione socialmente responsabile, inoltre, viene analizzato ilrapporto tra impresa agricola e ambiente. Si tratta di un tema che appassiona daanni gli studiosi e gli operatori del settore (si pensi ad esempio a tutti i dibat-titi sulla multifunzionalità dell’impresa agricola), ma che in questo caso vieneaffrontato analizzando le esternalità ambientali positive e negative derivantidalle innovazioni introdotte nei processi produttivi aziendali e le conseguentiimplicazioni sociali. È di tutta evidenza l’implicazione economica derivante dascelte socialmente responsabili in termini di maggiori costi ma è altrettantochiaro che la RSI deve rappresentare una leva per accrescere la visibilità del-l’impresa sul proprio mercato di sbocco.

Di grande interesse è l’approfondimento riservato alla cooperazione, comemodello privilegiato di impresa socialmente responsabile. Che la mutualità e lasolidarietà – che sono i princìpi fondanti della società cooperativa – favoriscanoun approccio sociale alla gestione è indiscutibile ma proprio nel settore agri-colo, dove il modello cooperativo prevalente è quello della cooperativa di con-ferimento, esistono rischi notevoli di snaturamento delle scelte di gestione so-cialmente responsabile (quali la ricerca spasmodica di una crescita dimensionaleeccessiva con la conseguente perdita della natura mutualistica, oppure il perse-guimento di posizioni oligopolistiche sul mercato che penalizzano i consuma-tori e i soci di piccole dimensioni), soprattutto nella tutela delle economie indi-viduali dei singoli produttori conferenti, riconoscendo loro il giusto prezzo, enel rispetto delle qualità dei prodotti. Anche in questo caso le opportune indi-cazioni “manualistiche” provenienti dal testo indicano all’imprenditore, pur nellaforma collettiva della società cooperativa, il percorso più adatto per individuaregli obiettivi aziendali compatibili con risultati socialmente responsabili: presi-dio degli equilibri naturali, difesa dell’identità e della vocazione produttiva delterritorio, animazione sociale, ricerca del carattere intergenerazionale della basesociale, ecc.

Il modello cooperativo evoca immediatamente l’altro elemento centrale nellaRSI adeguatamente evidenziato nel testo: il lavoro, la sua qualità e i nuovi si-gnificati attribuitigli dal contesto sociale. Inutile qui richiamare le tante questionioggi sul tappeto rispetto alle profonde trasformazioni che stanno interessandonon sono in Italia, ma in tutto il mondo, il mercato del lavoro e le sue regole.È certo però che mai come adesso, sia a livello di politiche attive del lavoro siaa livello di singola impresa, occorre trovare un linguaggio comune, superandose necessario anche il mero dettato legislativo e promuovendo idonei meccani-smi di governance del mercato del lavoro. Le richieste dalla collettività sonosempre più articolate: aumentare i livelli di occupazione, favorire gli investi-menti in capitale umano, garantire un’adeguata remunerazione, facilitare l’in-gresso dei giovani nel mondo del lavoro, realizzare una maggiore inclusione so-

STUDI & RICERCHE INEA 13

Page 13: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

ciale, incentivare le innovazioni di processo, ecc. La RSI non può essere la pa-nacea di tutti i mali né può avere effetti taumaturgici ma è altrettanto vero chenell’adozione di strategie socialmente responsabili quelle problematiche ven-gono evidenziate e possono essere affrontate in modo sistematico.

Occorre un cambiamento culturale: non si può, infatti, pensare di affidaretutte le soluzioni a norme e/o regolamenti, che per quanto evoluti, non potrannomai identificare tutti i possibili comportamenti da evitare e quelli da incentivare.È l’imprenditore che assume un ruolo determinante. È lui che va formato e aiu-tato a capire che la RSI è un vero e proprio investimento aziendale, consenten-dogli di misurarne i rendimenti economici diretti e indiretti.

Il volume che ho l’onore di introdurre va proprio in questa direzione, raffor-zando la speranza che esistano le condizioni per un’affermazione definitiva dipratiche imprenditoriali socialmente responsabili, se è vero, come è vero, cheanche i mercati finanziari, all’apparenza i più insensibili alle tematiche socialie nel contempo i più orientati al profitto, hanno ritenuto opportuno misurare leaziende quotate anche sotto la dimensione sociale, attraverso opportuni indiciborsistici (come ad esempio il Dow Jones sociale della borsa di New York).

Si tratta di una scelta certamente adottata per ragioni di convenienza ma an-che a seguito delle sollecitazioni provenienti dai risparmiatori e ciò dimostra chesta emergendo e si sta affermando una sensibilità nuova sui temi della respon-sabilità sociale di impresa.

Prof. Alberto ManelliDirettore Generale INEA

14 STUDI & RICERCHE INEA

Page 14: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

PARTE PRIMA

LA RESPONSABILITÀ SOCIALE DI IMPRESA

NEL SETTORE AGRICOLO E AGROALIMENTARE:PERCORSI E STRUMENTI

Page 15: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto
Page 16: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

1.1. Premessa

In Italia il settore agroalimentare incide in misura rilevante sulla formazionedel Prodotto Interno Lordo. È un settore con numeri importanti, caratterizzatoda aziende di dimensioni e caratteristiche diverse ma che operano a stretto con-tatto con i problemi ambientali, etici, di sostenibilità e di interrelazione con icittadini e con i consumatori.

Una delle caratteristiche del sistema agroalimentare italiano, che si è andataaffermando con evidenza negli ultimi decenni, è la sua complessità. Essa derivainnanzitutto dal forte processo di integrazione che si è sviluppato fra le diversecomponenti del sistema, dall’agricoltura, all’industria di trasformazione alimen-tare, alla grande distribuzione, fino ai nuovi rapporti con il consumo finale e lasicurezza alimentare, ma anche dall’affermarsi di collegamenti sempre più stretticon gli altri Paesi, in particolare quelli europei, con un aumento notevole degliscambi di beni agricoli e alimentari, che hanno reso la realtà italiana sempre piùaperta verso l’esterno.

Si tratta di argomenti che offrono l’occasione per introdurre un tema inevi-tabile in questo contesto economico e sociale: quello della Responsabilità So-ciale di Impresa (RSI) o Corporate Social Responsibility (CSR), come viene de-finita a livello internazionale.

Responsabilità sociale di impresa è un termine entrato ormai nel vocabola-rio di tutti (imprese, cittadini, politici, sindacati, media, associazioni, enti pub-blici e non profit) ma forse non è ancora nel “bagaglio culturale” di molti.

L’obiettivo del presente contributo è quello di introdurlo e di gettare le basiper l’applicazione di tale concetto alle aziende e agli operatori del sistema agroa-limentare, poiché tale settore presenta problematiche di primo piano sia a livelloambientale sia sul piano sociale.

Emergenze verificatesi nel settore dell’agroalimentare, i cosiddetti shock ali-mentari della “mucca pazza” o dei “polli alla diossina”, come pure questioni discottante attualità, quali l’utilizzo di prodotti OGM o gli aumenti indiscriminatidei prezzi di vari generi agricoli, sono immediatamente divenuti dei problemisociali rilevanti.

Visti dunque gli impatti che tale settore può avere sul benessere di produt-

STUDI & RICERCHE INEA 17

CAPITOLO ILA RESPONSABILITÀ SOCIALE DI IMPRESAE LA SUA APPLICAZIONE AL SISTEMA AGROALIMENTARE

Page 17: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

tori e consumatori e in considerazione della crescente richiesta di trasparenza inrelazione alle caratteristiche dei prodotti e dei processi produttivi, quasi “a ga-ranzia” della loro qualità e genuinità, una riflessione organica e approfonditasulla responsabilità sociale del sistema agroalimentare diviene di primaria im-portanza.

1.2. La responsabilità sociale di impresa tra definizioni e concetti

Recentemente uno studioso norvegese ha censito circa quaranta definizionidi responsabilità sociale d’impresa1. La moltitudine di definizioni esistenti evi-denzia certo l’attualità del tema ma sottende anche l’esistenza di concezioni einterpretazioni diverse. Queste diversità vanno colte, comprese, dominate. Sidice che gli eschimesi abbiano oltre venti espressioni diverse per definire laneve, a seconda della sua consistenza e del livello di aggregazione2. Nel conte-sto ambientale, culturale e sociale degli eschimesi è di fondamentale importanzadefinire in modo preciso e differenziato un fenomeno – la neve appunto – chein altre culture è indifferenziato e uniforme. La ragione è che se due eschimesinon si intendono sulla diversa consistenza della neve – che debbono attraver-sare o con la quale debbono costruire un riparo – ne va della loro vita.

Fortunatamente nel nostro caso la questione non è così drammatica, ma cer-tamente se non ci si intende sul significato della RSI si rischia di non com-prenderne la portata, sottostimandone o sovrastimandone le potenzialità e le pos-sibilità applicative.

Particolarmente utile si può rivelare un’analisi sintetica e ragionata dei prin-cipali contributi proposti sul tema dagli studiosi e dalle istituzioni che più hannodedicato energie e risorse all’approfondimento del concetto della RSI.

Nel corso degli ultimi cinquanta anni la definizione di RSI ha subito nume-rosi adattamenti e rivisitazioni. Il punto di arrivo di tale evoluzione è la defini-zione di responsabilità sociale di impresa formulata dalla Commissione europeanell’ormai celebre Libro Verde: «L’integrazione volontaria delle preoccupazionisociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei lororapporti con le parti interessate» (Commissione europea, 2001a).

Tale definizione riassume, in maniera sintetica e semplice, molti dei conte-nuti che nel tempo si sono stratificati in letteratura.

Alla fine dell’Ottocento, nella letteratura di matrice anglosassone, si sviluppò

1 Sul punto cfr. Hinna, 2005.2 La citazione è tratta dal romanzo di Peter Høeg, Il senso di Smilla per la neve, 1992.

18 STUDI & RICERCHE INEA

Page 18: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

un intenso dibattito sul tema della RSI. Inizialmente questa è sovrapposta al con-cetto di filantropia e, infatti, numerosi sono gli studi che affrontano la questionedell’influenza delle istanze religiose sull’attività imprenditoriale3. Tali formula-zioni trovano una più corposa articolazione in H. Bowen che nel 1953, defini-sce la RSI come «Industry’s obligation to pursue those policies, to make thosedecisions, or to follow those lines of actions which are desirable in terms ofobjectives and values of society» (Bowen, 1953).

Nel pensiero di Bowen si rispecchia un filone di studi e di prassi che inter-preta la RSI come la responsabilità degli imprenditori di servire la società inmodo proattivo. Esempi concreti di tale approccio imprenditoriale sono rinve-nibili nell’esperienza di Arthur Page, il vice presidente dell’American Telecom-munications Company AT&T, il quale già nel 1927 sosteneva che tutte le atti-vità economiche nascono per mezzo di autorizzazioni pubbliche e si sviluppanograzie all’approvazione dell’opinione pubblica.

Nello stesso periodo Oliver Sheldon, manager di un’azienda inglese produt-trice di cioccolato (Rowntree & Company) scrive diversi volumi (tra cui il piùnoto The Philosophy of Management del 1923), in cui pone l’accento sulla ne-cessità di adottare alcuni principi fondamentali nella direzione d’impresa tra cuiil “benessere della comunità” (community well-being) e gli ideali della giusti-zia sociale: «The social responsibility of management is to carve out the pathof cooperation in service, so that the economic service of the community mayproduce not only material wealth but spiritual well-being» (Sheldon, 1923).

Questi pensieri vengono ripresi solo più tardi, nel 1979, da A. Carroll, chepropone un modello di RSI basato su quattro categorie di responsabilità sociale: – economica, relativa alla produzione e vendita di beni e servizi, richiesti dalla

società, in cambio di un profitto;– legale, riferita all’obbligo di adempiere non solo a un tacito contratto sociale

ma a un contratto formale con la società, ossia rispettare le leggi e le regolepreviste dallo Stato;

– etica, quale soddisfacimento delle aspettative economiche della società, intermini valoriali, al di là dei requisiti base di legge;

– discrezionale, quale elargizione, adempimento ulteriore che va oltre le aspet-tative della società e i requisiti previsti.Il modello prendeva in considerazione alcuni degli effetti sociali (ad esem-

pio, il consumismo, l’ambiente, le discriminazioni, la sicurezza dei prodotti, lasicurezza del lavoro) e, a seconda di come venivano declinati rispetto alle quat-

3 Si ricorda a tal proposito Andrew Carnegie con la sua opera The Gospel of Wealth, dove si focalizza l’at-tenzione sulla figura dell’imprenditore, il cosiddetto businessman, che deve considerarsi depositario e ga-rante degli interessi della comunità

STUDI & RICERCHE INEA 19

Page 19: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

tro categorie, si valutava la responsabilità sociale in modo reazionario, difen-sivo, accomodante o proattivo.

Un altro approccio molto importante è quello che si ricollega alla formula-zione della c.d. teoria degli stakeholder. Teorizzata da E. Freeman nella suaopera del 19844, tale teoria, piuttosto che ipotizzare livelli diversi e piramidalidi responsabilità, individua un’unica responsabilità verso l’insieme deglistakeholder, identificati come qualsiasi gruppo o individuo che può influenzareo essere influenzato dagli obiettivi di un’impresa. Secondo questo orientamentoteorico l’impresa non ha dei doveri soltanto nei confronti degli azionisti maverso tutti gli interlocutori con cui, direttamente o indirettamente, si trova a in-teragire. Usando le parole dello stesso Freeman «ciascun gruppo di stakeholderha diritto a non essere trattato come mezzo orientato a qualche fine ma devepartecipare alla determinazione dell’indirizzo futuro dell’impresa» (Evan, Free-man, 1988, p. 101). Da questa affermazione emerge una più ampia estensionedi responsabilità sociale, in quanto non più limitata agli azionisti e quindi allasola idea di “aumentare i profitti”, ma orientata a tutelare i diritti di tutti glistakeholder, riconoscendo una responsabilità verso la comunità tutta. La società,apportando le risorse necessarie all’attività d’impresa, ha diritto a ricevere i be-nefici di questa attività e a partecipare alla determinazione dell’indirizzo futurodell’impresa stessa. Da ciò discende che «l’autentico fine dell’impresa è quellodi operare come veicolo per coordinare gli interessi degli stakeholder» (Ibid.).Al management è allora attribuita un’attività di bilanciamento di tutti gli inte-ressi in gioco: «il management è portatore di una relazione fiduciaria che lo legatanto agli stakeholder quanto all’impresa come entità astratta. Esso è tenuto adagire nell’interesse degli stakeholder come se fosse un loro agente e deve agirenell’interesse dell’azienda per garantire la sua sopravvivenza, salvaguardando lequote di lungo periodo per ciascun gruppo» (Ibidem).

Finora sono stati esaminati i lavori di coloro che hanno contribuito a renderepiù articolato il concetto di RSI. In Milton Friedman si può ritrovare, invece,l’opposizione più tenace a questa visione “allargata” della responsabilità d’im-presa. Per Friedman l’unica responsabilità dell’impresa è quella di creare pro-fitto per i suoi azionisti e per l’impresa stessa, nel rispetto delle regole del gioco.Per Friedman, l’impresa, in modo onesto, legale ed etico, deve raggiungere ilsuo obiettivo, ovvero massimizzare il profitto. Secondo questo autore, l’altrui-smo auspicato da Bowen rientra semmai nelle responsabilità del governo, delsistema sociale di welfare e dei singoli individui ma non costituisce parte inte-grante del finalismo dell’impresa.

4 Freeman, 1984.

20 STUDI & RICERCHE INEA

Page 20: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

Tra queste visioni in antitesi oggi si tende a privilegiare una posizione in-termedia che colloca la responsabilità sociale di impresa a livello strategico. LaRSI è una lungimirante strategia di impresa che, facendo leva su una correttarelazione con gli stakeholder, consente di creare valore nel medio-lungo periodoa favore della molteplicità di stakeholder che intrattengono relazioni fiduciariecon l’impresa stessa.

Dalle definizioni riportate e dalle considerazioni proposte emerge che la RSIè strettamente connessa ad alcuni concetti distinti:– la sostenibilità, poiché le imprese nello svolgimento delle loro attività de-

vono tenere conto dello sviluppo sostenibile e quindi delle ripercussioni nonsolo economiche ma anche sociali e ambientali, in una visione sempre menoprovinciale e sempre più planetaria;

– la volontarietà, che attiene alla scelta operata dall’impresa di comportarsi re-sponsabilmente verso la società, senza rischiare tuttavia di cadere nell’auto-referenzialità. La RSI è infatti volontaria ma per essere credibile ed efficacedeve essere misurata e valutata. La valutazione delle prestazioni di RSI aiutale imprese a migliorare le procedure e i comportamenti poiché facilita unamisurazione efficace e credibile del loro “rendimento” a livello sociale e am-bientale;

– la consapevolezza dell’azienda circa i riflessi che la sua gestione provoca nelcontesto economico e sociale. Corporate Social Responsibility o CSR, vienetradotta in italiano Responsabilità Sociale dell’Impresa. Sarebbe forse più op-portuno interpretarla come “sensibilità” o “consapevolezza” sociale dell’im-presa, in quanto la parola responsabilità assume in italiano immediatamenteuna valenza negativa, con accezione giuridica – essere responsabile di qual-che cosa – mentre il termine consapevolezza offre più l’idea di un’opzioneetica e di una presa di coscienza.Tuttavia, al di là delle disquisizioni sui concetti e sulle parole, essere re-

sponsabili socialmente è diventata una necessità per quelle imprese che non vo-gliono correre il rischio di essere escluse dal mercato per una caduta di con-senso da parte dell’opinione pubblica5. Questo rischio è vecchio quanto sonovecchie le imprese ma la novità qui consiste in un fattore nuovo di esclusione:non è il prezzo, non è la concorrenza, non è la qualità del prodotto ma è la “qua-lità dell’impresa stessa”. Elemento questo sempre più difficile da percepire inun mercato finanziario e in una economia sempre più globalizzata e caratteriz-zata da fenomeni di delocalizzazione della produzione6.

5 Cfr. Campiglio, 2004.6 Cfr. Margiocco, 2005 e Bhagwati, 2005 in «Il Sole 24 Ore», 19 gennaio, p. 9.

STUDI & RICERCHE INEA 21

Page 21: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

La responsabilità sociale delle imprese e la reputazione ad essa collegataerano facilmente percepibili quando il mercato non era ancora “mondiale” maoggi la visibilità della responsabilità si perde e la reputazione si frantuma.

Da qui la necessità di declinare e rendicontare tale responsabilità per ricom-pattare il consenso della società e del mercato in cui l’azienda opera.

1.3. La promozione della responsabilità sociale di impresa da partedelle organizzazioni internazionali

La RSI si colloca nello spazio etico delle imprese e quindi nello spazio chenon è regolato da norme precise e stringenti. Tuttavia governi e istituzioni so-vranazionali si sono più volte interessati al tema della responsabilità sociale del-l’impresa emanando documenti per discussione, inviti e raccomandazioni, pro-ponendo una visione della RSI dall’orbita istituzionale.

Gli interventi governativi o sovranazionali sopraggiungono dopo che il temaRSI è divenuto in qualche misura dominio prima del dibattito sociale e poi dellapolitica.

La Commissione europea, ad esempio, assumendo il ruolo di mediatore inuna discussione che da molti anni veniva portata avanti in Europa, ha definitoin modo più chiaro e strategico il ruolo della RSI. Essa, recuperando precedentifiloni di pensiero, ha presentato la responsabilità sociale delle imprese come unostrumento strategico, da utilizzare nella relazione con gli stakeholder a tutti i“livelli”, poiché ha una diretta ricaduta sui profitti aziendali.

In altre parole, orientarsi alla responsabilità sociale consente alle imprese dimeglio raggiungere gli obiettivi aziendali e incrementare i profitti: una relazioneforte con gli stakeholder di riferimento non è solo importante per realizzare unasocietà più giusta e uno sviluppo economico conciliabili con i problemi dellatutela ambientale e dei diritti umani, ma conviene anche alle stesse aziende.

Come accennato, l’intervento dell’Unione europea giunge dopo una serie diiniziative sovranazionali che avevano a più riprese toccato il tema della re-sponsabilità sociale.

Il primo evento importante si registra nel 1992, quando a Rio De Janeiro, siapre un Summit globale durante il quale vengono affrontati i problemi ambientalidel pianeta e i loro legami con i problemi dello sviluppo sociale ed economico. Aconclusione si giunse all’approvazione della dichiarazione di Rio per migliorare glistandard di vita di tutti e per consentire uno sviluppo sostenibile del pianeta.

Nel 1993 il Presidente della Commissione europea, Jacques Delors, invita leimprese europee a partecipare alla lotta contro l’esclusione sociale, e, nel 1995,si giunge alla firma del “Manifesto delle imprese contro l’esclusione sociale”,

22 STUDI & RICERCHE INEA

Page 22: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

documento che segna una svolta importante del dibattito intorno alla responsa-bilità sociale, in quanto evidenzia tra i principi fondamentali della cittadinanzaeuropea il valore della solidarietà e il rispetto dei diritti umani.

Dal 1994 al 1999 il Parlamento europeo raggiunge notevoli risultati in ma-teria di responsabilità sociale: dalla trasparenza delle delocalizzazioni e delle ri-strutturazioni all’introduzione di clausole sociali negli accordi internazionali; daidiritti umani nel mondo al commercio equo e solidale.

Contemporaneamente, dal 1998 al 2000, si lavora per giungere alla dichia-razione dell’ILO sui principi e diritti fondamentali del lavoro, mentre le NazioniUnite si assumono il compito, con un’iniziativa volontaria, definita GlobalCompact, di fornire un quadro generale entro il quale muoversi per promuoverela crescita sostenibile e il senso di cittadinanza per le imprese.

La svolta più significativa nell’evoluzione dell’impegno sulla responsabilitàsociale di impresa si ha però nel 2000, con il Consiglio europeo di Lisbona, du-rante il quale viene definito l’obiettivo strategico dell’Unione europea per il2010: «divenire l’economia della conoscenza più competitiva e più dinamica delmondo, capace di una crescita economica sostenibile accompagnata da un mi-glioramento quantitativo e qualitativo dell’occupazione e da una maggiore coe-sione sociale». È ovvio che tale ambizioso obiettivo non può essere raggiuntosenza fare appello al senso di responsabilità sociale delle imprese affinché col-laborino al raggiungimento di questo obiettivo.

Si tiene nello stesso anno il Consiglio europeo di Nizza per sollecitare laCommissione a integrare le imprese in una partnership che includa parti sociali,ONG, autorità locali e organismi che gestiscono servizi sociali, in modo darafforzare la responsabilità sociale.

La OECD (Organization for Economic Cooperation and Development), sem-pre nel 2000, elabora le linee guida dirette alle multinazionali, che contengonoi principali capisaldi della RSI e che coinvolgono le parti sociali e i governi na-zionali con l’obiettivo di operare in armonia con le politiche e le aspettative so-ciali e ambientali.

Nel 2001 si tiene il Consiglio europeo di Göteborg, durante il quale vieneillustrata la Comunicazione della Commissione sullo sviluppo sostenibile e vienerimarcata l’importanza che le imprese integrino gli aspetti ambientali e socialinelle loro attività.

Nel 2001 la Commissione europea pubblica il più volte citato Libro Verde,una sorta di “milestone” della RSI per “promuovere un quadro europeo per laresponsabilità sociale delle imprese”, documento attraverso cui si intende sti-molare la riflessione sul tema e lanciare la consultazione a livello europeo sulconcetto di responsabilità sociale affinché diventi uno degli elementi fonda-mentali della cultura imprenditoriale.

STUDI & RICERCHE INEA 23

Page 23: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

Fa seguito, l’anno successivo, la pubblicazione, da parte della Commissione,della Comunicazione «Responsabilità sociale: un contributo delle imprese allosviluppo sostenibile», contenente la sintesi della consultazione in merito al Li-bro Verde sulla RSI e i principi proposti per un’azione comunitaria nel campodella responsabilità sociale; viene inoltre istituito il Multi-stakeholder Forum alfine di promuovere la trasparenza e la convergenza delle prassi e degli strumentisocialmente responsabili.

Nel 2002 durante il Forum di Parigi, la Banca Mondiale prende posizione afavore dell’Agenda 21 e del Global Compact, sostenendo che tutte le aziendedevono perseguire quattro obiettivi: – economico (non in perdita);– ambientale (minimizzando effetti negativi);– sociale (rispetto standard lavoro e impatto sulla comunità in cui si inserisce);– trasparenza di gestione.

Sempre nel 2002 a Johannesburg ha luogo il Summit mondiale sullo svilupposostenibile per fare il punto sul raggiungimento degli obiettivi in agenda defi-niti alla Conferenza di Rio e per attivare nuove iniziative attraverso una seriedi misure volte a ridurre la povertà e a proteggere l’ambiente.

Tutte queste azioni hanno notevolmente contribuito a diffondere la cono-scenza e la sensibilità sul tema. Tuttavia man mano che la RSI è divenuta untema globalmente noto, si è posta l’esigenza di tradurne i principi in terminirealmente applicabili a realtà imprenditoriali che possono essere notevolmentediverse per dimensione (piccole o grandi imprese) per ambito di azione (localeo globale) per comparto di attività (agricolo o industriale), ecc.

1.4. La relatività della responsabilità sociale di impresa

La RSI si coniuga in maniera differente a seconda che sia riferita a impresegrandi o piccole e medie. Nelle prime, che hanno la possibilità di mettere incampo direttamente risorse specifiche e competenze avanzate, la RSI può quasinaturalmente collocarsi al livello di orientamento strategico di fondo ed essereinterpretata come un “investimento” che consente all’azienda la salvaguardia eil miglioramento della performance economica nel medio lungo periodo tramiteuna migliore interazione con le parti interessate. Nel caso delle piccole e medieimprese, a fronte della minore disponibilità di risorse finanziarie e umane si ri-scontra un più immediato contatto con gli stakeholder. Ne consegue che, so-prattutto per queste realtà, la RSI non può prescindere dalla realizzazione di unpercorso integrato con le altre realtà dello stesso segmento produttivo o conquelle a monte e a valle della catena del valore, nonché da un raccordo con le

24 STUDI & RICERCHE INEA

Page 24: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

azioni di promozione delle istituzioni e il supporto della comunità locale. È aquesto livello che si genera il cosiddetto “capitale sociale” e che si alimenta ilrapporto fiduciario impresa-stakeholder, elementi basilari nella moderna econo-mia. La dimensione aziendale quindi, non è un fattore limitante della RSI, mapiuttosto un punto di forza dato dal forte legame e radicamento sul territorio econ le comunità locali reso possibile proprio dalle piccole dimensioni delle im-prese che, se si collocano in un logica di sistema, possono addirittura trovarsiin una posizione di “vantaggio” rispetto alle grandi realtà per intraprendere unpercorso di responsabilità sociale.

Inoltre, la responsabilità sociale si coniuga in maniera diversa a seconda dellepeculiarità del settore di riferimento. Il sistema agroalimentare da sempre rive-ste un ruolo centrale per la collettività, rispondendo a fabbisogni primari del-l’individuo e, quindi, assolvendo a una funzione essenziale nella vita di cia-scuno. Se, da un lato, la liberalizzazione dei mercati internazionali e la diffu-sione capillare della tecnologia dell’informazione hanno reso possibile una mag-giore circolazione delle informazioni e delle merci, ampliando in modo espo-nenziale la possibilità di scelta dei consumatori, dall’altro, hanno comportato lacrescita della interdipendenza tra mercati difficilmente controllabili, con conse-guenti riflessi sulla qualità e sicurezza degli alimenti.

1.5. La responsabilità sociale d’impresa un’occasione per il sistemaagroalimentare italiano

I problemi sanitari legati all’alimentazione hanno determinato un mutamentonel rapporto tra consumatore e sistema agroalimentare. Eventi congiunturalicome la BSE e la febbre aviaria hanno prodotto negli anni significative crisi difiducia nei consumatori, con l’effetto di accrescere l’attenzione dell’opinionepubblica verso le politiche agricole. In particolare, il consumatore ha sviluppatouna sempre maggiore sensibilità non solo verso tematiche come la sicurezza ali-mentare, l’ambiente, il benessere animale e la biodiversità ma anche verso i va-lori etici del consumo e il rispetto dei diritti umani e dei lavoratori.

Per le imprese agricole e agroalimentari la responsabilità sociale rappresentaquasi una “vocazione naturale” perché esse assolvono ormai, più o meno con-sapevolmente, a funzioni di salvaguardia e presidio del territorio, dell’ambiente,delle tradizioni locali, ecc. Il sistema agroalimentare è oggi, infatti, una sintesidi più funzioni: accanto alla tradizionale funzione economico-produttiva, sem-pre determinante, si pongono ulteriori funzioni di valenza territoriale e ambien-tale che caratterizzano il settore e il quadro delle relazioni che ad esso fannocapo.

STUDI & RICERCHE INEA 25

Page 25: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

Il sistema agroalimentare è oggi un motore dello sviluppo economico e so-ciale, oltre che uno strumento di salvaguardia e valorizzazione ambientale es-sendo chiamato a dare risposte ad alcune grandi questioni: gli spazi rurali, il bi-sogno di sicurezza alimentare, la qualità dei prodotti, la sostenibilità ambientalee la valorizzazione del territorio.

Il mercato dei prodotti agricoli e agroalimentari è ormai globale e il feno-meno dell’importazione di prodotti ottenuti con norme e regole assai diversedalle nostre è molto frequente. Infatti, non è difficile trovare nei mercati, ac-canto ai prodotti italiani, quelli prodotti in altri Paesi senza che si conoscano isistemi di conservazione, i criteri di produzione, la sicurezza sul lavoro, il ri-spetto dell’ambiente, ecc. Se è vero che la produzione agricola italiana è in con-correnza con quella estera, un orientamento alla responsabilità sociale delle no-stre imprese, e, soprattutto, la comunicazione ai consumatori e all’opinione pub-blica dei principi etici assunti nella gestione e nella produzione può diventareun elemento di qualificazione e distinzione dagli altri attori del mercato che ope-rano con standard etici inadeguati.

Il sistema agroalimentare può dunque giocare una carta importante proprioevidenziando il “come produce”, dal momento che l’acquisto di un prodotto ali-mentare è legato a valori quali la salute, l’ambiente, la tradizione, la cultura, ilbenessere e la qualità. In sintesi è legato alla fiducia.

Esempi in altri comparti non mancano. Ci sono dati nazionali e interna-zionali che dimostrano come le aziende che si sono orientate alla RSI regi-strano performance aziendali migliori delle altre imprese, e questo anche incicli di congiuntura negativa, confermando il fatto che la RSI è un elementopositivo della gestione, una “strategia di ascolto del mercato” che consente dianticipare la gestione delle criticità legate a situazioni di crisi e a contraccolpidei mercati.

Indagini di mercato, inoltre, hanno dimostrato che i consumatori sono di-sposti a pagare, a parità di qualità, fino al 30% in più se quel prodotto garanti-sce anche altri valori (rispetto dell’ambiente, sicurezza e condizioni di lavoro,diritti umani, campagne di solidarietà sociale, ecc). Ciò implica che quando sicompra un prodotto con esso si comprano anche i valori che ne sono alla base.L’acquisto diventa un atteggiamento politico oltre che un negozio giuridico edeconomico: un voto alle imprese. Se il sistema agroalimentare coglie a pienoquesto aspetto non potrà che avvantaggiarsene.

La strategia di ascolto costringe le aziende a fare i conti con il consenso dellagente, un elemento intangibile della gestione, un elemento che, come direbbeEinstein, “conta, ma non si conta”. Gli strumenti della RSI permettono all’a-zienda di “gestire” questa fiducia e inserirla a pieno titolo tra le attività intan-gibili che danno valore all’impresa.

26 STUDI & RICERCHE INEA

Page 26: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

1.6. Conclusioni

Un suggerimento che si può proporre all’operatore del settore agroalimen-tare è di fare molta attenzione al rispetto delle norme, soprattutto in tema di la-voro e ambiente. È noto che il fenomeno del lavoro nero in agricoltura è moltodiffuso e in certe regioni più che in altre. Stessa cosa dicasi per pesticidi e con-cimi. Ebbene, il primo sforzo da compiere è quello di porsi dentro le norme,nell’alveo della legge e solo dopo cercare eventualmente lo spazio etico dellaresponsabilità sociale. Rispettare le leggi, condivise o meno, non è un compor-tamento etico nei confronti dell’opinione pubblica, è semplicemente un doveree un obbligo nei confronti dello Stato di cui si fa parte.

Gli strumenti utilizzabili, come si vedrà, sono diversi, ma ciò che conta nonè il numero, ciascun operatore adotterà quelli che ritiene più opportuni in fun-zione della propria storia, dimensione, tipologia di produzione, posizionamentodel mercato, ecc. Ciò che è importante è che gli strumenti che adotta siano traloro coordinati e messi a sistema e non solo a sommatoria.

L’integrazione è importante. È quella che fa la differenza tra sommatoria esistema, tra musica e rumore: in una orchestra sinfonica quando i professori diconservatorio con grande esperienza suonano una partitura eccezionale con stru-menti fantastici ottengono risultati diversi a seconda che ciascuno suoni per pro-prio conto o a tempo con gli altri.

A volte è meglio e più facile fare poco, ma in maniera armoniosa, che faretanto e in maniera scoordinata: nel contesto della RSI quindi conviene utilizzarebene pochi strumenti piuttosto che tanti male. Questo è il suggerimento che sipropone.

Non c’è scritto da nessuna parte che si debba fare per forza tutto e subito,fortunatamente non c’è un obbligo di legge. Tutto dipende dagli orologi di ma-turazione interna delle imprese e dalle spinte esterne dei mercati. E queste nonsono mai uguali.

L’altra considerazione riguarda le filiere: tutti i soggetti delle filiere sonostakeholder rispetto all’impresa e ciascun soggetto è stakeholder dell’altro. Ciòimplica che, anche se con ritardo, il settore agricolo una volta orientatosi allaRSI può registrare un’accelerazione violenta che premia certamente le avan-guardie ma che rischia di spazzare via dal mercato chi invece ritiene che la RSIsia un fenomeno di moda.

Da tutto questo si intuisce come l’orientamento alla responsabilità sociale siaun’idea, una tendenza, un’intenzione, un atto di libertà affidato alla sensibilitàe alle esigenze dell’azienda, che si colloca nello spazio etico del non esigibileper norma. L’orientamento alla responsabilità sociale, pertanto, è un percorso li-bero, originale, esclusivo ed è lo stile di direzione dei vertici che deve declinare

STUDI & RICERCHE INEA 27

Page 27: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

la maturità e sensibilità della gente che opera in azienda con le aspettative dellasocietà civile intesa come mercato e opinione pubblica.

Non esistono processi di orientamento migliori di altri, ma solo risultati di-versi raggiungibili attraverso percorsi diversi. La responsabilità sociale non èquella che l’azienda ritiene di adottare ma è quella che l’opinione pubblica ri-conosce.

Dalla sommatoria dei comportamenti delle imprese e degli individui dipendela qualità del mondo dove i nostri figli e nipoti vivranno ma la qualità di quelmondo dipende anche dal livello di indifferenza o di attenzione di tutti glistakeholder, tutti noi, gente senza volto che “vota” con i portafogli. Stakehol-der, “una nuova potenza mondiale” come li ha definiti un noto opinionista ame-ricano, gente che è disponibile ad aggregarsi su un valore e un tema con la ve-locità e l’irruenza di un fiume in piena ma che può cambiare idea con la velo-cità di un cavallo quando scarta un ostacolo, “disarcionando” imprese, prodottie intermediari culturali.

Stakeholder siamo tutti, individui e aziende, anche senza sapere “di chi”.Tutti, anche senza averne coscienza, teniamo in una mano un’arma potente cheusiamo ancora poco, l’infamia e il dissenso, e offriamo invece con l’altra la perladelle perle: la fiducia.

Anche le imprese sono stakeholder, di altre imprese e di individui e tutti in-sieme siamo stakeholder di sistemi, comunità, nazioni e Stati.

Il potere degli stakeholder, però, è potenziale; per diventare reale necessitadi due detonatori: il livello culturale della gente e il sistema di informazione,dove il secondo influenza anche il primo. La vera democrazia, infatti, consistenell’offrire alla gente gli strumenti culturali perché ciascuno possa scegliere inautonomia e libertà. In questa ottica, il livello culturale di un Paese, inteso comesensibilità e reattività, diventa il vero indicatore della democrazia economica.

Al di là dei modelli giuridici, delle convinzioni religiose, delle idee politiche,dei livelli economici e delle conoscenze di ciascuno di noi, è necessario che tuttiinsieme ci riconosciamo, ci aggreghiamo e ci attiviamo intorno a un valorenuovo: “essere responsabile socialmente e pretendere che anche gli altri lo siano”.

La responsabilità sociale di impresa è nel “dna culturale” delle aziende agri-cole. L’etica fa parte della sua tradizione e la dimostrazione è semplice: la pa-rola stakeholder ha origine nella cultura contadina scozzese. Il suo significato let-terale è “proprietario del paletto” che segna il confine del campo. Tenere in con-siderazione gli interessi dello stakeholder significa tenere conto degli interessi delcontadino confinante. Nel proprio terreno si ha diritto a fare ciò che si vuole, mac’è sempre un vicino che, ai confini delle nostre azioni, è portatore di sempliciinteressi e che può essere tutelato solo dai nostri comportamenti. In cambio of-fre consenso, quello che serve per vivere in armonia nella stessa comunità.

28 STUDI & RICERCHE INEA

Page 28: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

2.1. Premessa

Le relazioni esistenti tra le imprese agricole e quelle alimentari risultano benvisibili in un processo di integrazione verticale noto in letteratura con il terminedi filiera.

Negli anni, numerosi studi sono stati rivolti al sistema agroalimentare e conla nozione di filiera si definisce la successione di stadi sequenzialmente ravvi-cinati, da un punto di vista tecnico e tecnologico, necessari per trasformare lamateria prima in prodotto finito, pronto per essere acquistato dal consumatorefinale. Lungo il percorso di filiera i prodotti agroalimentari, quindi, subisconole trasformazioni fisiche, i trattamenti e i condizionamenti necessari per esserepreparati alla vendita finale. Nella filiera si è in presenza di relazioni strutturatee le fasi che la caratterizzano sono: la produzione, la trasformazione e la distri-buzione. Gli attori coinvolti nel processo di filiera (produttori agricoli, interme-diari, grossisti, industrie alimentari, dettaglianti, ecc.) sono molteplici e sonochiamati ad affrontare le sfide del mercato globale e i nuovi bisogni dei consu-matori che vogliono riscoprire prodotti autentici e genuini. La figura che seguerappresenta la nozione di filiera e i legami intersettoriali esistenti al suo interno.

È chiaro che il sistema agroalimentare è inserito in un contesto economicomolto mutevole e complesso, in cui aspetti come la struttura dei mercati, l’in-ternazionalizzazione, l’aumento dei prezzi delle materie prime scaturita dallacrisi energetica e la concorrenza da parte di Paesi emergenti rendono difficile ladefinizione di aspetti di dettaglio caratterizzanti il sistema stesso. Al contempo,

* Il lavoro è frutto dell’impegno comune di L. Briamonte, M.A. D’Oronzio e di R. Pergamo. Tuttavia, lesingole parti vanno così attribuite: Maria Assunta D’Oronzio, paragrafi 2.1 e 2.4; Raffaella Pergamo, pa-ragrafo 2.2; Lucia Briamonte, paragrafo 2.3.

STUDI & RICERCHE INEA 29

CAPITOLO IIPERCORSI DI RESPONSABILITÀ SOCIALEPER LA FILIERA AGROALIMENTARE*

Figura 1 - Le fasi identificative della filiera produttiva

Page 29: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

però, l’adattabilità del sistema agroalimentare allo scenario di riferimento sug-gerisce di analizzare le interdipendenze esistenti tra i vari aspetti, integrandolein un processo logico di filiera che evidenzi la vitalità delle modalità organiz-zative, l’identità dei soggetti e la natura dei processi. In questo contesto dina-mico e mutevole il sistema agricolo ha finito col perdere la sua specificità ri-spetto al resto della filiera e si è inserito nell’ambito di complessi agroalimen-tari integrati (Iacoponi, 1994). I legami con la trasformazione e la commercia-lizzazione sono diventati via via più stretti e le singole strategie aziendali sonostate rielaborate e orientate in una logica di integrazione interaziendale, in sensoverticale e orizzontale e, in taluni casi sono sorte forme organizzative partico-lari in ambiti territoriali ben delimitati. Elevati livelli di efficienza e competiti-vità, ottenuti grazie alla presenza di prodotti tipici e di qualità di beni, hannocaratterizzato alcune di queste realtà territoriali. Studi e rilievi empirici hannoevidenziato una realtà agroalimentare locale sempre più articolata e complessacaratterizzata non solo da elementi di natura materiale ma anche relazionale1

(Storper, 1997). In linea generale, nonostante tali mutamenti, l’anello debole del sistema ri-

mane l’agricoltura, che nel confronto con la trasformazione agroalimentare e conla distribuzione, non governa appieno le relazioni, non controlla i meccanismiorganizzativi anche se, allo stesso tempo, solo l’appartenenza al territorio e latipicità delle produzioni conferma alla fase agricola quel ruolo primario strate-gico nei confronti degli altri operatori economici. Nell’ultimo periodo, l’appli-cazione della riforma della PAC rende più vulnerabile il ruolo dell’imprendito-rialità agricola, concedendo aiuti non riferiti alla produzione e contribuendo adeterminare il conseguente abbandono delle superfici coltivate che inficia ulte-riormente il sistema dell’integrazione verticale. La trasformazione alimentare sicaratterizza per le dimensioni medio-piccole, definite di “nanismo strutturale”(Banca d’Italia, 2007) che però concentrano discreti volumi di capitale. In que-sto segmento si colgono tuttavia elementi di debolezza legati soprattutto allecondizioni infrastrutturali e alla logistica anche se vi è una capacità generaliz-zata di penetrazione di nuovi mercati e un approccio alle relazioni di tipo ma-nageriale. L’industria alimentare, nel complesso, si è modificata a seguito deiprocessi di specializzazione produttiva e di concentrazione territoriale nonchéper le evoluzioni intercorse nei rapporti contrattuali tra gli operatori. Alla lucedi questo percorso, è sempre più efficace evidenziare le peculiarità di un pro-dotto in relazione alla sua provenienza, ai meccanismi e alle regole della filiera

1 Nella produzione si inseriscono numerose relazioni: accordi tra imprese e partner, tra imprese e pubbli-che istituzioni, etc.

30 STUDI & RICERCHE INEA

Page 30: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

di appartenenza piuttosto che al sistema nel suo complesso, poiché le analisi ag-gregate spesso non restituiscono quegli elementi chiarificatori sulle tendenze inatto e le motivazioni che vi sottendono. Allo stesso modo, il territorio che ospitai sistemi locali di imprese garantisce a questi ultimi un vantaggio competitivoper quelle particolari variabili ambientali – le economi esterne – che consentonouna riduzione dei costi di produzione e il miglioramento qualitativo dei prodottiofferti. La distribuzione, infine, è quella fase della filiera che ha avuto i mag-giori mutamenti sia per l’evoluzione degli stili di vita sia per le nuove esigenzemanifestate dalle imprese di trasformazione: i soggetti concentrati in questosegmento sono eterogenei per dimensione e per localizzazione, passando dagliesercizi al dettaglio, fisso e ambulante presenti soprattutto nei piccoli centri, agliintermediari commerciali e alla distribuzione organizzata diffusi nei centri ur-banizzati. Dagli inizi degli anni ottanta è stato posto l’accento, in maniera sem-pre più forte sul ruolo che svolge il consumatore nel processo di organizzazionedell’offerta. Partendo da tale assunto è inevitabile rivedere gli accordi, a montee a valle, dell’impresa di produzione. Infatti, un prodotto alimentare per giun-gere al consumatore finale segue un percorso che coinvolge un concatenamentodi stadi e in ognuno di questi il prodotto subisce una trasformazione e/o vieneaggiunto allo stesso un servizio.

Profonde modifiche hanno interessato il sistema agroalimentare, e il sistemaeconomico nel suo complesso, e i percorsi strategici che possono essere adot-tati dai singoli imprenditori per affrontare questo nuovo contesto produttivo de-vono tenere conto dei fattori chiave, strettamente interrelati fra loro, interni al-l’azienda (prodotto e risorse umane) ed esterni (territorio ed ambiente). In que-sto ambito la RSI costituisce “la strategia di differenziazione” capace di far di-ventare l’impresa unica nel proprio settore con particolari caratteristiche rico-nosciute e richieste dal consumatore (prodotti ottenuti con modalità rispettosedell’ambiente e delle risorse umane).

2.2. La filiera agroalimentare

Nel presente capitolo si analizzano le principali caratteristiche dei compartiproduttivi agricoli italiani al fine di individuare i possibili percorsi di RSI.

2.2.1. Il comparto zootecnico e lattiero-caseario

Il settore della zootecnia da carne ha mostrato evidenti segnali di cambia-mento poiché si è manifestata una progressiva diminuzione degli allevamentibovini e un aumento di aziende dedite all’allevamento di capi bufalini con un

STUDI & RICERCHE INEA 31

Page 31: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

consistente incremento del numero stesso dei capi, soprattutto nelle regioni cen-tro-meridionali (Pergamo, 2005).

Il comparto suino presenta, negli ultimi anni, una certa contrazione nel nu-mero di aziende dedicate. L’allevamento dei suini pesanti, destinati alla produ-zione di prosciutti, è concentrato soprattutto al Nord della penisola ed è orga-nizzato da aziende che detengono un elevato numero di capi. Nel comparto sonopresenti molte produzioni tipiche a marchio territoriale (19 DOP e 7 IGP) chedanno luogo a circa 180mila tonnellate di carne così come si stanno diffondendomolti prodotti senza marchio nelle stesse aree di produzione certificata.

Nell’ambito dell’industria agroalimentare nazionale, la macellazione e lavo-razione delle carni è un comparto di indiscussa prevalenza economica e in cui,un segmento di sicuro rilievo è costituito dalla macellazione delle carni. L’in-dustria di macellazione è riuscita, nell’ultimo decennio, a sfruttare pienamentele sue capacità produttive, sottoponendosi a un processo di razionalizzazionedelle attività e di riorganizzazione strutturale, che ha avuto come risultato unacrescita complessiva del volume prodotto e una riallocazione territoriale del-l’offerta da Nord a Sud.

Da un’analisi sintetica delle principali problematiche rinvenibili nel compartocarni bufaline e bovine, emerge che nel segmento della macellazione e lavora-zione delle carni, la diminuzione della consistenza del patrimonio bovino faràverificare, nel breve periodo, una minore disponibilità di capi da macello e unaconseguente eliminazione dal mercato di imprese di trasformazione. Queste ul-time hanno anche risentito dello squilibrio esistente nelle condizioni contrattualicon il comparto grande distribuzione, poiché, fino all’entrata in vigore nel 2002del decreto legislativo che ha fissato i termini di pagamento nelle transazionicommerciali, tali operatori non potevano riferirsi ad alcun termine legale entrocui riscuotere i pagamenti, con degli innumerevoli ritardi da parte degli acqui-renti che hanno aggravato notevolmente una non proprio rosea situazione dicassa.

Per quanto riguarda le carni suine, si ha una localizzazione delle strutture dimacellazione nelle regioni a maggiore vocazione suinicola e quelle più grandisono in stretta connessione con le strutture di lavorazione mentre è quasi inesi-stente l’integrazione dell’industria di macellazione con la fase agricola; nelcomparto, in generale, si riscontrano criticità sia per la valutazione del prezzosia per l’omogeneità delle forniture.

La produzione di carne risulta, inoltre, condizionata dall’applicazione e dalleevoluzioni della normativa in materia di igiene e benessere degli animali non-ché da quella avente ad oggetto la sicurezza alimentare; si profilano, inoltre, al-tri adempimenti da eseguire con l’applicazione delle direttive sulla rintracciabi-lità ed etichettatura. Il regolamento (CE) n. 1760/00, infatti, ha istituito per i

32 STUDI & RICERCHE INEA

Page 32: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

capi bovini un sistema di identificazione e di registrazione nonché l’adozione diun sistema di etichettatura delle carni e dei prodotti a base di carne, per i qualii rivenditori al dettaglio e la GDO hanno inserito in ogni etichetta da apporresul singolo pezzo di carne venduta informazioni relative al numero di identifi-cazione del singolo capo, al numero di approvazione del macello presso cui èstata effettuata la macellazione e al numero di approvazione del laboratorio doveè stata sezionata la carcassa. Dal 2002, inoltre, obbligatoriamente le stesse eti-chette sono state implementate con informazioni riguardanti lo Stato di nascitadel capo, lo Stato in cui è avvenuto l’ingrasso e lo Stato in cui è avvenuta lamacellazione.

Il sistema distributivo nazionale dei prodotti alimentari ha subìto una forteevoluzione negli ultimi anni con la creazione di grandi strutture di vendita e laconcentrazione delle imprese per realizzare massa critica nei confronti dei grandioperatori stranieri. D’altra parte, la presenza di forme distributive diverse, dal-l’ipermercato al discount, dalle superette ai supermercati oltre a rappresentareun tangibile rinnovamento dei formati distributivi che rispondono meglio alleesigenze di qualità dei consumatori, ha comportato dei crescenti investimentivolti a fidelizzare la clientela mediante l’adozione di marchi e la distribuzionedi prodotti tipici e biologici nonché con una mirata presentazione di prodotti au-toctoni nelle diverse sedi distributive.

Il prodotto carne in Italia non è, però, pienamente interessato da questa in-novazione del sistema distributivo. Esso, infatti, è rimasto più legato, rispettoad altri prodotti alimentari, al negozio specializzato e, quindi, nonostante la po-litica accorta svolta dalla GDO che ha inserito al suo interno degli specialistidel banco di vendita, e in taluni casi, ha istituito delle vere e proprie botteghedella carne in cui il consumatore viene informato sui tagli e sulle preparazionicome se fosse dal macellaio di fiducia, sussiste ancora oggi un radicamento delleabitudini di acquisto che assimilano il prodotto carne alla macelleria tradizio-nale.

Il comparto lattiero-caseario è suddiviso in tre sub-comparti: latte bovino,bufalino e ovicaprino. La filiera lattiero-casearia di latte bovino e ovicaprinopresenta numerosi elementi di omogeneità: in essa prevalgono le piccoleaziende, mentre i grandi allevatori sono sempre meno numerosi; l’attività di tra-sformazione è condotta senza marchio o a marchio proprio mentre pochi ope-ratori presentano un “private label”. Le aziende di maggiori dimensioni hannoprospettive di mercato legate al prodotto di qualità, alla tutela del “made inItaly” e all’apertura di nuovi canali. I piccoli trasformatori, invece, non perse-guono alcuna strategia di differenziazione laddove i disciplinari di produzioneimpongono dei vincoli abbastanza limitanti. Il prodotto trasformato di latte bo-vino e ovicaprino è venduto prevalentemente tramite grossisti e grande distri-

STUDI & RICERCHE INEA 33

Page 33: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

buzione mentre solo un 10% della produzione è richiesta dal dettaglio tradizio-nale. Poco significative sono le quote veicolate tramite produttori e ristorazione.

La filiera da latte bufalino presenta una localizzazione geografica limitataalle regioni centro- meridionali anche se negli ultimi anni la domanda di moz-zarella al Nord ha indotto una conseguente diffusione di allevamenti bufalini an-che in queste zone. Gli allevamenti si presentano consistenti con una produzioneannuale media elevata e di buona qualità anche se a partire dal 2005, la reddi-tività degli stessi risulta in calo rispetto al quinquennio precedente e ciò fa pre-sagire una battuta di arresto del latte conferito ai trasformatori. Anche il seg-mento della trasformazione è concentrato territorialmente con una rete com-merciale moderna che ha consentito la diffusione del prodotto nei circuiti dellagrande distribuzione e, in alcuni casi, fuori dai confini nazionali.

Nel comparto lattiero-caseario si è riscontrata una discreta sensibilità all’usodelle certificazioni di qualità e all’adesione alle denominazioni di origine men-tre non sono numerosi i riscontri di marchi collettivi o l’adesione alla produ-zione con metodo biologico. Il livello di conoscenza sui sistemi di certificazioneè medio-alto anche se il maggior numero di aziende non prevede l’adesione perla mancanza di vantaggi diretti, per l’onerosità dei costi e per la presenza di vin-coli produttivi come nel caso del biologico. La scelta di certificarsi o di aderirealla DOP deriva spesso dalla necessità di eliminare le barriere poste da alcunimercati, per ottenere il riconoscimento da parte dei clienti e per acquisire unmaggiore potere contrattuale nei confronti dei compratori (ISMEA, 2006).

2.2.2. Il comparto ortofrutticolo

L’attività ortofrutticola è articolata per subcomparti e di conseguenza rias-sume al suo interno mini-filiere differenziate sia per la numerosità di soggetticoinvolti sia per le prospettive di integrazione e di sviluppo esistenti. Nel seg-mento della produzione le aziende si presentano piccolissime, a carattere fami-liare e altamente specializzate per cui si presume che nel prossimo futuro si con-soliderà la posizione di chi potrà confrontarsi con il mercato ed essere compe-titivo.

Per i prodotti orticoli freschi sfusi la destinazione geografica prevalente èquella regionale mentre, con le operazioni di condizionamento, i legumi e gliortaggi in coltura protetta arrivano sui mercati nazionali.

La vendita del prodotto orticolo fresco avviene al Nord, prevalentemente tra-mite organismi associativi, tuttavia è consistente anche il flusso di prodotto chesi avvia alla vendita diretta. Il prodotto condizionato, invece, è venduto sia tra-mite intermediari commerciali sia tramite grande distribuzione. Nel compartofrutta, il prodotto è venduto prevalentemente fresco e solo pochi operatori ne

34 STUDI & RICERCHE INEA

Page 34: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

effettuano il condizionamento. La frutta fresca è destinata in grande maggio-ranza al mercato locale mentre il prodotto condizionato è commercializzato sumercati nazionali ed esteri.

Nella fase della trasformazione si assiste a una continua crescita dei prodotticon alto contenuto di servizio come quelli della IV e V gamma2 così come nelladistribuzione gioca un ruolo fondamentale l’attenzione dei consumatori a pro-dotti con elevati standard qualitativi, ottenuti con tecniche che salvaguardanol’ambiente e contenenti tracce di riconoscibilità delle tradizioni locali.

L’orientamento degli operatori ortofrutticoli nei confronti delle certificazioniè favorevole ai sistemi di gestione della qualità, in particolar modo per il com-parto pomodoro, per le aziende di trasformazione di ortive e per le produzionibiologiche che sono preferite dai consumatori e dalla grande distribuzione; nonsi coglie, invece, interesse per l’adesione a marchi collettivi e alle denomina-zioni di origine. La disponibilità di risorse naturali legate a un territorio e nonreplicabili in altri contesti non è una strategia molto perseguita dagli stessi ope-ratori locali, o meglio varia a seconda del contesto geografico di riferimento, inparticolare, l’adesione alle DOP è più frequente al Nord Italia mentre per le IGPsi riscontra una maggiore diffusione per i vantaggi concreti riscontrati nella fasedi commercializzazione.

2.2.3. Il comparto vitivinicolo

Il comparto vitivinicolo italiano ha riportato negli ultimi trenta anni primauna notevole espansione per poi subire una decisa contrazione delle superficidedicate: la produzione italiana mantiene, nonostante questa diminuzione, unaposizione di rilievo, occupando il secondo posto al mondo come produttore divino e il terzo per superficie vitata (FAO 2007). La coltivazione di vigneti è dif-fusa soprattutto nel Centro Sud: la Puglia è la prima regione produttiva italianaseguita dalla Sicilia, dal Veneto, dalla Toscana, dall’Emilia Romagna e dal Pie-monte.

Nel contesto produttivo italiano, l’attività vitivinicola ha un’importanza nonsolo di tipo economico ma anche ambientale perché con i molteplici sistemi diallevamento tende a delineare le tipicità del paesaggio, qualità particolarmenteapprezzata dalle popolazioni locali (IDDA et alii, 2007). Allo stesso modo, lasicurezza alimentare dei vini tutelati o garantiti è maggiormente conveniente pergli operatori perché è questo il comparto produttivo italiano in cui si riporta un

2 I prodotti di IV gamma sono quegli ortaggi e/o frutta che dopo una prima cernita, sono lavati, tagliati,sbucciati, asciugati e confezionati in buste mentre quelli di V gamma sono quei prodotti ortofrutticoli chedopo la pulitura sono sottoposti a pastorizzazione e/o sterilizzazione e confezionamento.

STUDI & RICERCHE INEA 35

Page 35: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

discreto vantaggio competitivo nonostante l’onerosità e il rigore dei protocollidi garanzia igienico-sanitaria.

Alla tipicità di alcune produzioni vitivinicole si associano idealmente il ca-pitale sociale e il patrimonio di valori delle comunità rurali come pure la risorsalavoro, fortemente impiegata e valorizzata nelle operazioni propedeutiche al-l’ottenimento del prodotto vino. Non si può non evidenziare, infine, che alcunepeculiarità dell’attività vitivinicola, come la creazione di cantine, hanno, neltempo, determinato delle leve competitive locali sia in termini di reddito sia dioccupazione: le “Strade del vino”, ad esempio, rappresentano veri e propri mo-menti di aggregazione e di attrazione turistica sul territorio.

2.2.4. Il comparto olivicolo

L’attività olivicola riassume esperienze produttive molto differenziate a se-conda che si tratti di attività tradizionali perpetuate da generazioni o di nuoviimpianti di tipo intensivo.

In generale l’attività della filiera è condizionata dai risultati economici assi-curati nel tempo dalla coltura dell’olivo. In questo comparto ci sono aziende cheintegrano completamente la fase di coltivazione e di produzione giungendo allacommercializzazione dell’olio sfuso senza passare per i canali della distribu-zione; allo stesso modo si riscontra l’esistenza di cooperative di produzione chehanno una visione unitaria della valorizzazione del prodotto e, quindi, del ter-ritorio di appartenenza perseguendo una politica di tipo collettivo che rende vi-sibile il prodotto anche su mercati non strettamente locali.

Nel processo di produzione dell’olio assume una notevole importanza la la-vorazione in conto terzi, con i frantoi che acquistano le olive da molire da unnumero elevato di fornitori prevalentemente locali. I principali canali di sboccodell’olio prodotto dai frantoi sono gli intermediari e gli imbottigliatori mentresolo una piccola percentuale è destinata alla vendita diretta. Una grande diffi-coltà incontrata dalle aziende del comparto è quella della presenza di prodottioleari importati nel circuito della grande distribuzione che spiazza l’offerta diprodotto nazionale da parte degli operatori più rispettosi delle regole dei disci-plinari3 di produzione.

La diffusione del prodotto di punta della gamma, l’extravergine, in alcunicasi anche biologico, è stratificata per area geografica ed è localizzata preva-lentemente in Sicilia, Calabria e Basilicata, dove si rileva anche il maggior nu-mero di aziende che aderiscono al biologico, (Platania, Printera, 2008). L’olio

3 Tecniche produttive da adottare per effettuare la difesa fitosanitaria nel rispetto delle norme.

36 STUDI & RICERCHE INEA

Page 36: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

extravergine d’oliva è l’unico prodotto tra quelli ottenuti con metodo bio, rico-nosciuto abitualmente dai consumatori e, per l’elevato numero di certificazioni,rientra pieno titolo nella preparazione di alcune ricette tradizionali e nel regimealimentare della dieta mediterranea.

2.2.5. Il comparto tabacco

Il comparto tabacchicolo è una realtà produttiva importante non tanto per lequantità di prodotto ma soprattutto per il suo radicamento sul territorio e per isuoi spiccati caratteri regionali. Negli ultimi anni, con l’avvio della riformaOCM Tabacco, si è avuto un drastico ridimensionamento delle aziende di pro-duzione che nel corso del 2006 si sono ridotte del 51% circa (Sardone, 2008).Una contrazione più modesta, solo il 17%, ha interessato le superfici dedicateanche se in alcune regioni, come il Veneto, vi è stata addirittura una crescita de-gli ettari coltivati nonostante la diminuzione delle aziende.

La produzione di tabacco nel 2006 ha visto una spiccata predilezione per lavarietà Bright che viene prodotta prevalentemente in Umbria e Veneto, seguitadal Burley, presente in Veneto, Toscana e Campania e da qualche nicchia diKentucky, soprattutto in Toscana. Il segmento della trasformazione si presentacomplesso per la presenza di una molteplicità di attori, come le cooperative ditrasformazione, i consorzi e poche, grandi aziende che operano quasi in regimedi monopolio.

Una considerazione immediata sulle condizioni della filiera tabacchicola sug-gerisce interventi di miglioramento nell’organizzazione, ridimensionando le in-termediazioni che hanno occupato sempre più spazi a discapito degli operatori,aumentando l’efficienza e determinando un incremento di prezzo da corrispon-dere al produttore. La preannunciata crisi che riguarda il settore trae origine dallafine del contributo pubblico alla produzione e da una sostanziale mancanza distrategie; diventano determinanti, quindi, una maggiore qualità del prodotto, lariduzione dei costi di gestione e la meccanizzazione del processo produttivo. Inquesta direzione va l’adozione del disciplinare da parte dei produttori di Virgi-nia Bright in Umbria in cui si ritrovano riferimenti non solo alle modalità di ot-tenimento del tabacco ma anche ad aspetti sociali come la tutela dei lavoratorie l’accrescimento delle competenze professionali.

2.2.6. Il comparto legno

La produzione di materia legnosa a livello nazionale risulta poco significa-tiva. Il fatturato del comparto legno, però, è in crescita e garantisce sia il nu-mero di imprese sia di addetti specializzati (INEA, 2006). Una parte consistente

STUDI & RICERCHE INEA 37

Page 37: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

della produzione legnosa italiana è costituita da combustibili: ciocchi, cippati epellet; per il cippato ed il pellet la vendita avviene a volume o a peso e senzaalcuna specifica sul contenuto idrico, per cui l’acquisto a minor prezzo non de-termina un minor costo dell’energia prodotta. In altre parole, il prezzo del vo-lume di legna dovrebbe equivalere al suo valore energetico per cui sono prefe-ribili forme contrattuali che definiscono il prezzo del legno in base al peso e alpotenziale calorifico.

Il pellet4 è un prodotto che presenta caratteristiche chimiche e fisiche di ele-vata qualità. Producibile a livello di aziende agricole e di organismi consortili,può derivare da diverse essenze legnose e sottoprodotti agricoli.

Il cippato5 è un combustibile derivante direttamente dai tagli di legna: la suaproduzione viene da azioni di diradamento e manutenzione dei boschi, dall’e-sbosco di conifere di prima generazione, dal taglio dei boschi cedui accessibili,dalla raccolta di materiale di scarto. L’offerta di cippato è presente sul mercatoa opera di tre principali categorie di operatori: a) autoconsumatori industriali, b)autoconsumatori agricoli-forestali c) produttori commerciali, locali, nazionali einternazionali.

Il fattore che condiziona l’utilizzo di questi prodotti e l’andamento della fi-liera legno in generale è l’ampia varietà di fonti di materia prima e di approv-vigionamento, perché oltre la risorsa forestale si utilizza cippato da scarti di ori-gine agricola, interventi di taglio lungo l’alveo dei fiumi o potature di piante inambiente urbano. La variabilità dei costi di produzione deriva dalle condizionidi accessibilità e di produttività di un cantiere forestale. È necessario conside-rare, inoltre, che dalla produzione di legno derivano importanti benefici, comela prevenzione antincendio e l’equilibrio idrogeologico del territorio.

La filiera legno racchiude, dunque, elementi di multifunzionalità non soloper i flussi di reddito e i servizi ma anche per la manutenzione del territorio,per il miglioramento della stabilità dei versanti, della prevenzione degli incendie per la salvaguardia della biodiversità.

2.3. Percorsi di responsabilità sociale per la filiera agroalimentare

Come già detto, il sistema agroalimentare italiano è estremamente eteroge-neo ed è caratterizzato da diverse tipologie produttive e da imprese che presen-tano differenti classi dimensionali (micro, piccola, media e grande) e diversi

4 Cilindretto di diametro inferiore ai 25 mm.5 Costituito da piccole scaglie di legno lunghe dai 5 ai 50 mm.

38 STUDI & RICERCHE INEA

Page 38: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

gradi di concentrazione (cooperative, consorzi, associazioni, ecc.) nonché da unapluralità di ambiti di intervento (aree protette, aree urbane e periurbane, aree ru-rali, aree a forte specializzazione, distretti produttivi, ecc.).

Negli ultimi anni, il processo di creazione del valore si è spostato semprepiù a valle della filiera e la distribuzione ha finito col diventare elemento de-terminante nel sistema agroalimentare. La liberalizzazione dei mercati, il biso-gno/aspettativa del consumatore di “valori aggiunti” al prodotto alimentare,quali la sicurezza e la salubrità, la sostenibilità ambientale, il benessere animale,la tipicità, l’eticità delle produzioni, il bisogno di informazioni sulla provenienzae la trasparenza dei prezzi, pongono non solo la singola azienda ma tutto il si-stema agroalimentare di fronte alla necessità di rafforzare la propria competiti-vità e la propria immagine sui mercati nazionali e internazionali. L’insieme diquesti elementi richiede l’introduzione e la promozione della “qualità” delle pro-duzioni e dei rapporti tra le singole imprese e, ove necessario, tra le singolecomponenti del sistema stesso integrando e creando reti di imprese. Il percorsodi RSI che le imprese possono compiere è influenzato dal grado di condivisionee di coinvolgimento di obiettivi comuni nelle diverse fasi della filiera di appar-tenenza (dalla produzione ai servizi annessi alla distribuzione) o di altre filiereattraverso la costruzione di una rete di rapporti.

La rintracciabilità del prodotto all’interno di una specifica filiera è il pre-supposto essenziale per un’efficiente gestione della produzione e per la risolu-zione di eventuali problemi di sicurezza alimentare. La rintracciabilità è unaspetto chiave dal punto di vista legislativo e delle norme volontarie per la si-curezza agroalimentare adottate dalle aziende. In base al regolamento (CE) n.178/2002, le imprese del settore agroalimentare devono rendere visibile la pro-pria filiera e trasparente ogni passaggio della produzione e della distribuzione,fornire informazioni precise sulle origini delle materie prime, sui luoghi di la-vorazione e sulle tecniche utilizzate. In tal modo si è in grado di documentarela storia del prodotto e le responsabilità coinvolte, di identificare e registrare iflussi materiali e le organizzazioni che fanno parte della filiera produttiva6. Perquanto riguarda la certificazione di filiera occorre quindi individuare il campodi applicazione, il sistema di registrazione della rintracciabilità e l’organizza-zione.

Determinante nel percorso di RSI, all’interno della stessa filiera produttiva,è la cooperazione fra le imprese: l’adesione alle Organizzazioni di Produttori aicontratti di filiera o alla certificazione di rintracciabilità consente di accrescere

6 La filiera agroalimentare deve individuare tutte le attività e i flussi (comprese le organizzazioni) che hannorilevanza critica per le caratteristiche del prodotto.

STUDI & RICERCHE INEA 39

Page 39: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

il valore del territorio e del prodotto. L’iscrizione alle Organizzazioni di Pro-duttori indica l’orientamento degli imprenditori a fare rete inserendosi, con di-verse modalità e forme, all’interno di una comunità professionale che condividevalori e obiettivi.

La condivisione di un obiettivo comune consente alla singola azienda di be-neficiare di un vantaggio economico grazie all’attività degli altri attori parteci-panti alla filiera. Accrescendo i meccanismi di cooperazione tra le imprese, im-prontando l’attività d’impresa a logiche fiduciarie e di trasparenza, migliorandoi rapporti tra fornitori e intermediari e innalzando, infine, il livello di responsa-bilizzazione dei singoli produttori si contribuisce a innalzare i livelli di qualitàe di sicurezza dei prodotti agroalimentari.

Ai fini del percorso della RSI nella filiera agroalimentare strategici sono glielementi “lavoro” e “ambiente”. La maggior parte delle persone che prestano la-voro in agricoltura sono conduttori di aziende agricole e loro familiari (il coniugedel conduttore); minima è la presenza del lavoro salariato. Secondo le stime piùrecenti dell’ISTAT il lavoro non regolare7 è aumentato e il 55% è rappresentatoda irregolari residenti. L’impiego di lavoro sommerso risulta presente in queicomparti produttivi dove i margini di profitto sono ridotti e la professionalità ri-chiesta è meno qualificata e/o discontinua8. È da oltre un decennio che l’agri-coltura italiana ricorre alla manodopera extracomunitaria impiegandola in preva-lenza nell’attività di raccolta delle colture arboree e ortive, nelle attività zootec-niche e florovivaistiche. Recentemente, nell’agricoltura italiana si registrano se-gnali di cambiamento all’interno delle aziende agricole, a monte e a valle dellafiliera. Molte riservano specifica attenzione ai propri lavoratori e alle loro con-dizioni lavorative e in alcuni territori si realizzano opportune politiche di inseri-mento che migliorano la situazione lavorativa, tra cui gli sportelli di orienta-mento, gli accordi interistituzionali, gli incentivi all’acquisto della casa, ecc.

Il peggioramento delle condizioni ambientali per la collettività e l’abbassa-mento del livello della qualità della vita delle popolazioni locali spingono a ri-chiedere la conservazione delle condizioni paesaggistico-ambientali e l’utilizzodi tecnologie sempre meno inquinanti. L’attuale situazione è percepita anche da-gli stessi agricoltori che sono sempre più disponibili ad adottare metodi di col-tivazione più attenti alla salvaguardia delle risorse naturali, anche se produrreesternalità positive comporta un aumento dei costi aziendali. Il mercato nazio-nale e internazionale da un lato, che esprime sempre più una domanda orientataalla sicurezza alimentare e ambientale e la disponibilità di tecnologie meno in-

7 Attività lavorativa svolta senza il rispetto completo della normativa fiscale e previdenziale. 8 Per un dettaglio sull’argomento si veda l’Annuario dell’Agricoltura Italiana, INEA 2006.

40 STUDI & RICERCHE INEA

Page 40: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

quinanti dall’altro, favoriscono il processo di adeguamento del comparto agri-colo allo sviluppo sostenibile. L’applicazione della politica agroambientale(PAA) potrebbe consentire al settore agricolo di esprimere al meglio tutte le suepotenzialità attraverso la produzione di beni alimentari e servizi che aumentanole risorse naturali a disposizione della collettività. L’adozione volontaria, daparte degli imprenditori agricoli, di sistemi di certificazioni ambientale o mar-chi ambientali è in forte crescita e costituisce una prima risposta dell’agricol-tura alle richieste del mercato

Lungo il percorso di RSI di filiera si possono individuare diversi comporta-menti: dalla assenza totale di responsabilità fino ad arrivare ad incidere sullagovernance aziendale. In linea del tutto generale il percorso di RSI lungo la fi-liera produttiva si articola in quattro alternative: consolidamento, progressioneorizzontale, progressione verticale e progressione diagonale o mista.

Una prima progressione orizzontale può essere realizzata dall’impresa attra-verso l’adozione di nuovi strumenti di RSI e in questo percorso è facilitata dallapresenza di incentivi. Un’ulteriore progressione orizzontale si può compiere in-vestendo sulla RSI a prescindere dalla presenza o meno di incentivi specifici ericonoscendo la crescente sensibilità dei consumatori verso la sicurezza alimen-tare e la qualità. L’impresa agricola può scegliere di selezionare sementi di qua-

STUDI & RICERCHE INEA 41

Figura 2 - I possibili percorsi di RSI

AZIONI CARATTERISTICHE

1. Consolidamento - l’impresa “sfrutta” al massimo le potenzialità

delle azioni e degli strumenti di RSI già atti-

vati;

2. Progressione orizzontale - l’impresa cresce in responsabilità sociale e

adotta progressivamente azioni, comportamenti

e strumenti sempre più articolati e formalizzati;

3. Progressione verticale - l’impresa cresce in responsabilità sociale fa-

cendo “rete” con altre imprese presenti sul ter-

ritorio;

4. Progressione diagonale o mista - l’impresa cresce in responsabilità sociale adot-

tando congiuntamente logiche di “rete” e com-

portamenti socialmente responsabili.

Fonte: Linee guida “Promuovere la responsabilità sociale delle imprese agricole e agroalimentari”, INEA

2007

Page 41: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

lità superiore o adottare tecniche agronomiche più avanzate oppure di rivederele proprie pratiche di selezione delle materie prime aumentando i requisiti igie-nico-sanitari o di qualità richiesti ai propri fornitori. In questo caso si è di frontea buone pratiche ancora non formalizzate, ma che testimoniano comunque unapresa di coscienza sul tema della RSI. Lungo tale percorso l’impresa può sce-gliere di adottare strumenti orientati alla RSI via via sempre più raffinati, effet-tuando un’ulteriore progressione orizzontale.

L’impresa agricola e agroalimentare può scegliere, su una o più aree di in-teresse degli stakeholder, di adottare comportamenti volontari non incentivati esviluppare azioni legate al prodotto, di accrescere il livello di qualità (certifica-zioni di prodotto volontarie) oppure di migliorare il proprio impatto ambientaleattraverso certificazioni ambientali volontarie. Allo stesso modo, l’impresa puòoperare su più livelli e aderire a due o più certificazioni non incentivate o par-tecipare a marchi d’area. Ma può anche scegliere di dotarsi di strumenti di go-verno orientati alla RSI (codice etico o carta dei valori) che spieghino in modochiaro il set valoriale a cui l’impresa e i suoi dipendenti devono ispirarsi.

In generale, il management aziendale può cercare di coinvolgere in modo at-tivo e strutturato i propri stakeholder, dando loro la possibilità di esprimere leproprie esigenze e proponendo, in un secondo, tempo la realizzazione di pro-getti comuni. Nell’affrontare il percorso di RSI ciascuna impresa può sceglieredi allargare il proprio raggio di azione attraverso l’adozione degli “strumenti disistema”, azioni che le consentano di superare i propri limiti dimensionali at-traverso la costruzione di una rete con altre imprese operanti nel sistema agroa-limentare. L’impresa può, inoltre, iniziare a stabilire rapporti strutturati con al-tre imprese del sistema agroalimentare, aderire a iniziative di consorzi volti allatutela della qualità e delle tradizioni locali oppure adottare un marchio d’area oancora sviluppare accordi con le Università e i centri di ricerca finalizzati al-l’attivazione di progetti di ricerca e sperimentazione.

Di seguito si riportano degli esempi specifici di percorsi di RSI nei compartiortofrutta, carne, latte, vino-olio, cerealicolo e foresta-legno, tratti dai Casi stu-dio “Le esperienze italiane sulla responsabilità sociale nel settore agricolo eagroalimentare”.

Per le caratteristiche dei comparti produttivi e le specificità aziendali i per-corsi di responsabilità sociale adottati dall’imprenditore, anche se simili fra diloro, scaturiscono da motivazioni diverse e mirano al raggiungimento di obiet-tivi e di posizionamento all’interno del mercato di riferimento differenti fra loro.

In generale, anche se alcune esperienze sono ancora solitarie nel proprio con-testo di riferimento produttivo e non sempre si riesce a trovare il giusto dialogocon tutti gli stakeholder, in Italia si registrano solide realtà strutturate nell’in-tero sistema territoriale che adottano buoni comportamenti di RSI che interes-

42 STUDI & RICERCHE INEA

Page 42: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

STUDI & RICERCHE INEA 43

FIL

IER

AO

RTO

FR

UT

TA

ME

LO

GR

AN

O,

èle

ader

nel

la t

rasf

or-

maz

ione

e n

el c

onfe

-zi

onam

ento

di

orto

-fr

utta

pro

nta

all’

uso.

Il

succ

esso

ri

sied

ene

ll’el

evat

a qu

alità

della

mat

eria

pri

ma,

nella

si

cure

zza

ali-

men

tare

ga

rant

ita,

nella

bon

tà d

el p

ro-

dotto

fin

ale

unita

al

risp

arm

io

di

tem

pope

r il

cons

umat

ore.

Il

Mel

ogra

no è

cer

ti-fi

cata

SA

8000

: l’

a-zi

enda

ris

erva

par

ti-co

lare

atte

nzio

ne a

isu

oi

lavo

rato

ri

edal

le l

oro

cond

izio

nidi

lav

oro.

FIL

IER

AC

AR

NE

FRA

TE

LL

I V

ER

ON

Iha

da

sem

pre

orie

ntat

ola

pro

pria

atti

vità

d’i

m-

pres

a al

la r

icer

ca d

ella

qual

ità e

leva

ta d

el p

ro-

dotto

con

iuga

ta a

l pi

e-no

ris

petto

del

la t

radi

-zi

one

salu

mie

ra I

l pr

o-ce

sso

di R

SI s

i bas

a su

lra

ffor

zam

ento

del

rap

-po

rto

con

i pr

opri

stak

ehol

der,

clie

ntel

a e

dipe

nden

ti.

Ai

cons

umat

ori

sono

offe

rti

prod

otti

sem

pre

più

sicu

ri

(gen

uini

tà,

salu

brità

, se

nza

OG

M,

latto

sio

e al

lerg

eni)

. I

lavo

rato

ri di

pend

enti

sono

coi

nvol

ti ne

l pr

o-ce

sso

di m

iglio

ram

ento

cont

inuo

del

l’azi

enda

at-

trave

rso

la fo

rmaz

ione

el’i

ncen

tivaz

ione

eco

no-

mic

a.

FIL

IER

AL

AT

TE

GR

AN

AR

OL

O d

etie

ne l

a le

a-de

rshi

p ne

l mer

cato

ital

iano

del

latte

fre

sco

e di

pro

dotti

bio

lo-

gici

a m

arch

io i

ndus

trial

e. G

ra-

zie

all’a

dozi

one

di u

n m

odel

lodi

bus

ines

s im

pron

tato

alla

RSI

,al

l’ini

zio

degl

i an

ni n

ovan

ta,

èriu

scito

a ri

solle

vare

e ri

lanc

iare

con

succ

esso

l’a

zien

da a

l co

l-la

sso.

L’a

ppro

ccio

alle

pol

itich

edi

qua

lità

cont

empe

ra o

biet

tivi

di t

ipo

econ

omic

o, a

mbi

enta

leed

etic

o lu

ngo

la c

aten

a al

imen

-ta

re,

dalla

fat

toria

al

cons

uma-

tore

. La

ricer

ca d

ell’a

lta q

ualit

àè

coin

cisa

con

la r

intra

ccia

bilit

àdi

fili

era,

le

certi

ficaz

ioni

am

-bi

enta

li e

la

certi

ficaz

ione

SA80

00.

Il co

ntro

llo i

nteg

rale

della

fili

era

prod

uttiv

a e

la p

re-

senz

a di

un

team

di t

ecni

ci c

om-

plet

amen

te i

mpe

gnat

i ne

lla r

i-ce

rca

hann

o co

nsen

tito

di o

tte-

nere

un

prod

otto

di

ecce

llent

equ

alità

. Il

dial

ogo

con

gli

stak

ehol

der

e la

con

side

razi

one

delle

ris

orse

um

ane

sono

fra

gli

elem

enti

dete

rmin

anti

della

RSI

di G

rana

rolo

.

FIL

IER

AV

INO

-OL

IO

L’A

ZIE

ND

AA

GR

ICO

LA

PAO

-L

O B

EA

oper

ante

nel

set

tore

vi-

tivin

icol

o e

oliv

icol

o pr

oduc

e vi

nidi

alti

ssim

a qu

alità

, ce

rtific

ati

aliv

ello

naz

iona

le e

inte

rnaz

iona

le.

L’az

iend

a ce

rca

di o

ttene

re l

’alta

qual

ità d

elle

pro

prie

pro

duzi

oni

attra

vers

o il

recu

pero

del

l’equ

ili-

brio

tra

l’azi

one

dell’

uom

o e

i ci-

cli

della

nat

ura,

il

tutto

in

un’o

t-tic

a di

RSI

atte

nta

al r

ispe

tto e

alla

tut

ela

ambi

enta

le o

ltre

che

alla

sal

ute

e al

la s

icur

ezza

sul

la-

voro

. L’

azie

nda

ha o

ttenu

to i

l ri-

cono

scim

ento

del

Cer

tific

ato

diEc

celle

nza,

in

quan

to c

ertif

icat

aU

NI

EN

ISO

14

001:

20

04;

OH

SA18

001:

199

9; U

NI

ENI

ISO

900

1: 2

000.

Ha

post

o at

ten-

zion

e al

tem

a de

lla s

ensi

biliz

za-

zion

e e

della

for

maz

ione

del

per

-so

nale

, co

n az

ioni

di

coin

volg

i-m

ento

e d

i re

spon

sabi

lizza

zion

ede

i pr

opri

lavo

rato

ri e

pref

eris

ceim

pieg

are

man

odop

era

giov

ane

con

l’int

ento

di

m

iglio

rarn

e le

mot

ivaz

ioni

e a

ccre

scer

ne l

a pr

o-du

ttivi

tà.

FIL

IER

AC

ER

EA

LIC

OL

A

AG

RIB

OSC

Opr

oduc

e e

tra-

sfor

ma

un p

anie

re d

i pr

odot

tibi

olog

ici

di a

lta q

ualit

à le

gata

ai re

quis

iti d

i bon

tà, s

alub

rità

esi

cure

zza.

Si

è im

post

a co

me

punt

o di

rife

rimen

to p

er m

olti

prod

utto

ri de

lla z

ona

prom

uo-

vend

o pr

oces

si

di

ricon

ver-

sion

e al

bio

logi

co p

rima

an-

cora

che

vi

foss

e un

a re

gola

-m

enta

zion

e pe

r ta

li pr

odu-

zion

i. La

cur

a de

lle c

oltiv

a-zi

oni

dalla

sem

ina

al r

acco

lto,

segu

endo

un

rig

ido

disc

ipli-

nare

di

prod

uzio

ne,

rend

e il

Con

sorz

io

un

caso

d’

ecce

l-le

nza

nell’

ambi

to d

elle

esp

e-rie

nze

di R

SI. N

ei ra

ppor

ti co

ni c

onsu

mat

ori e

nel

l’org

aniz

za-

zion

e de

l pr

oprio

pr

oces

sopr

odut

tivo,

inol

tre, e

sso

va b

enol

tre i

l se

mpl

ice

rispe

tto d

egli

obbl

ighi

di l

egge

, off

rend

o ga

-ra

nzie

su

lla

qual

ità

del

pro-

dotto

acq

uist

ato,

sul

la p

rove

-ni

enza

del

le m

ater

ie p

rime

uti-

lizza

te e

sul

la c

ura

di o

gni f

ase

del

proc

esso

pro

dutti

vo.

FIL

IER

AF

OR

EST

AL

EG

NO

PAL

M o

pera

nel

cam

po d

el-

la p

roge

ttazi

one,

pro

duzi

one

e ve

ndita

di

palle

t pe

r im

-ba

llagg

i ind

ustr

iali

ecos

oste

-ni

bili.

Bas

a il

prop

rio

svi-

lupp

o in

dust

rial

e su

lla R

SI:

ha o

ttenu

to n

umer

ose

cert

i-fi

cazi

oni

per

la q

ualit

à de

ipr

odot

ti e

per

la c

orre

tta g

e-st

ione

del

le r

isor

se f

ores

tali

dand

o vi

ta a

div

erse

ini

zia-

tive

e pr

oget

ti ci

rca

l’im

-pa

tto p

rodo

tto d

alle

pro

prie

attiv

ità s

ull’

ambi

ente

cir

co-

stan

te.

Si è

dot

ata

di u

n co

-di

ce

etic

o e

ha

intr

apre

som

olte

plic

i at

tività

di

com

u-ni

cazi

one

della

RSI

ai

vari

stak

ehol

der

e di

cre

azio

ne d

iun

a re

te t

ra l

e az

iend

e pa

rt-

ner

per

la d

iffus

ione

di

pra-

tiche

vol

te a

lla tu

tela

dei

va-

lori

soc

iali

e am

bien

tali.

Page 43: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

sano numerose fasi della filiera. In particolare queste ultime esperienze possonocoinvolgere in un percorso di RSI un numero via via crescente di imprenditoriche si mettono in relazione tra loro per la specificità della produzione, in qua-lità di fornitori di beni e servizi anche nel settore dell’amministrazione pubblica.

È auspicabile che tali esperienze fungano da stimolo all’adozione di com-portamenti socialmente responsabili anche in altre realtà organizzative e soprat-tutto in quei contesti produttivi e geografici caratterizzati da gravi problemi inmateria di risorse umane e tematiche ambientali.

2.4. Conclusioni

Il contesto produttivo agricolo è eterogeneo e il percorso di RSI che l’im-prenditore può adottare deve essere graduale e basato sull’uso di concetti e stru-menti legati alle proprie specificità di comparto. In generale, il contesto è sicura-mente interessato da una evoluzione costante dovuta principalmente al processodi globalizzazione che comporta anche un’integrazione economica e un visibileaumento di competitività delle imprese laddove esiste un’attenzione maggiore al-l’organizzazione economica e commerciale e a un efficiente sistema di produzione.

Negli ultimi anni, si sono verificati diversi fenomeni interessanti che sono di-ventati elementi caratterizzanti i processi produttivi nei singoli comparti: ci si ri-ferisce, in particolare, alle disposizioni normative che delineano il quadro dei vin-coli e delle responsabilità di un’impresa, agli elementi etici, al riconoscimentodel ruolo delle istituzioni, all’importanza della reputazione aziendale e alle re-gole imposte dal mercato. Tutti questi fattori interagiscono tra loro e rendono ilpanorama dell’agroalimentare italiano molto variegato e flessibile; l’immagine diun’azienda o di un prodotto è associata a una figura o a un processo di produ-zione che se, da un lato, attira i consumatori, dall’altro, può dar luogo a com-portamenti opportunistici da parte dei diversi operatori presenti nella filiera.

L’adozione di marchi e l’adesione a sistemi di certificazione o di produzionebio sono modalità diverse per perseguire contemporaneamente un vantaggiocompetitivo e un aumento di reputazione aziendale ma la presenza di asimme-trie informative può causare difficoltà nelle decisioni d’acquisto dei consuma-tori e, se manca la fidelizzazione, rischia di essere vanificato l’intero processodi costruzione di un sistema di certificazione. In questo “dilemma” si colloca laresponsabilità sociale d’impresa, che individua una responsabilità morale deri-vante da una sorta di contratto sociale e sanziona o incentiva comportamenti ri-levanti anche in mancanza di una norma di legge.

Il concetto di responsabilità sociale sposa in particolar modo la “mission”delle imprese agroalimentari, laddove l’impegno da intraprendere non è solo per

44 STUDI & RICERCHE INEA

Page 44: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

l’ottenimento del prodotto ma anche per garantire la qualità e la sostenibilità delprocesso di produzione sia in termini ambientali sia rispetto al sistema di lavoroe alle tradizioni del territorio. D’altra parte i consumatori, sempre più attenti agliacquisti, identificano la presenza di comportamenti socialmente responsabili nel-l’agroalimentare (42%), individuando aziende che, più di ogni altre, integranoquesti principi nel loro operato – Barilla e Parmalat per la produzione e COOPper la distribuzione (Osservatorio Operandi 2006). In generale, il prodotto devepossedere caratteristiche intrinseche come la qualità ma deve anche derivare daprocessi produttivi sostenibili e da un regolare sistema di lavoro, basato sullacapacità di occupazione creata e sulle eventuali scelte di delocalizzazione effet-tuate che non devono danneggiare il sistema Paese.

Si osserva quindi che l’impresa agricola e agroalimentare non è un’unità pro-duttiva isolata, ma è parte integrante di un sistema di interrelazioni verticali (traproduzione, trasformazione, distribuzione e servizi) e orizzontali (tra imprese diuno stesso comparto). In questo contesto, di per sé già complesso, il processodi globalizzazione contribuisce all’ulteriore frammentazione dei processi pro-duttivi e pone l’impresa agricola al centro di molteplici pressioni, che scaturi-scono dalle esigenze di ogni singolo operatore appartenente alle diverse fasidella produzione e che influenzano “il modo di agire” dell’imprenditore.

La figura che segue individua le fasi caratteristiche della filiera produttiva:produzione, lavorazione/trasformazione, confezionamento e commercializza-zione e le sue integrazioni a monte e a valle del processo produttivo, che ri-spondono alle specifiche richieste del comparto di riferimento e della moltepli-cità di attori che richiedono al prodotto agroalimentare specifiche proprietà (sa-lutistiche, organolettiche, nutrizionali e di sicurezza igienica). Si adeguano an-che ai nuovi stili di vita e alla necessità di avere dei prodotti che semplificanol’utilizzo nella preparazione dei pasti risparmiando tempo. Per rispondere ade-guatamente a tali sfide il sistema agroalimentare ha messo in atto nuove formedi collaborazione fra i diversi operatori a monte e a valle della filiera, ricer-cando soluzioni nuove e relazioni semplificate. L’insieme di queste attività con-tribuisce allo sviluppo del territorio di riferimento che finisce con l’identificarsicon la filiera produttiva. In tal modo il territorio diventa competitivo e si rafforzagrazie proprio alla sua capacità di “fare rete” con le istituzioni e le imprese diqualsiasi segmento della filiera produttiva ed in generale con la collettività. Intal modo si condividono, si consolidano e si trasferiscono all’esterno gli ele-menti caratterizzanti del territorio (le tradizioni, la cultura locale, ecc) creandouna gestione territoriale in linea con lo sviluppo sostenibile9. Tali imprese fanno

9 Lo sviluppo sostenibile è «uno sviluppo che risponde alle esigenze del presente senza compromettere lacapacità delle generazioni future di soddisfare le proprie» (Com 264/01).

STUDI & RICERCHE INEA 45

Page 45: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

propri i bisogni ambientali, economici e sociali di carattere locale e li inseri-scono nelle proprie strategie operative. Questo modo di operare crea anche i pre-supposti per l’applicazione e la gestione del controllo della filiera e della rin-tracciabilità dei prodotti agroalimentari.

La filiera produttiva è parte integrante delle “Risorse naturali”, principal-mente acqua e suolo, dei “Mezzi produttivi”, energia e mezzi tecnici, e dei “Ser-vizi”che, sviluppatisi intorno all’attività agricola, garantiscono supporto e inno-vazione all’attività.

L’integrazione della filiera produttiva si completa con i trasporti (e con la lo-gistica), passando dalle fasi di movimentazione a quelle di raccolta (piattaforme,centri di stoccaggio, ecc.), fino al trasporto in senso stretto, nonché con le in-dustrie di altro genere, e/o con altri servizi che non coinvolgono specificata-mente il mondo agricolo (il settore creditizio, quello assicurativo e quello chefornisce assistenza tecnica).

Il percorso di RSI è influenzato dal grado di condivisione e di coinvolgi-mento delle aziende operanti nella stessa filiera produttiva (dalla produzione aiservizi annessi alla distribuzione) o in filiere produttive differenti ma che, fa-cendo sistema e instaurando una rete di rapporti, contribuiscono alla crescita eallo sviluppo socio-economico del proprio territorio.

Come descritto nelle Linee guida, il percorso di RSI dell’impresa lungo lafiliera si sviluppa in relazione alle motivazioni e alle modalità con cui vengonoadottate le azioni e gli strumenti di responsabilità sociale. È possibile indivi-duare una graduazione delle motivazioni e delle modalità ma non una gradua-toria degli strumenti adottati che rappresentano lo strumento della RSI. Sono lemotivazioni e le modalità di attuazione che fanno usare bene o male gli stru-menti. Molte aziende, con le diverse sfaccettature che caratterizzano il sistemaagroalimentare, hanno già avviato al loro interno attività, iniziative ed esperienzeche, anche se non espressamente etichettate come strumenti di RSI, di fatto ne

46 STUDI & RICERCHE INEA

Figura 3 - Le fasi specifiche delle filiere produttive e le relazioni tra gli attori presenti

Page 46: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

riflettono alcune caratteristiche tipiche. Dal momento che la responsabilità so-ciale è un concetto a “geometria variabile” (dipende dalla collocazione geogra-fica, sociale e settoriale delle aziende), gli strumenti non possono che esseremolto vari e numerosi e nuovi ne vengono proposti continuamente. Lungo ilpercorso di “RSI di filiera” è possibile trovare comportamenti diversi da partedegli imprenditori: dall’assenza totale di comportamenti socialmente responsa-bili, all’utilizzo di comportamenti incentivati (legati a qualche forma di contri-buto pubblico), all’adozione di pratiche non strutturate, per passare nei livellisuccessivi a comportamenti di RSI che incidono su una sola dimensione di RSI(risorse umane, prodotto, territorio, ambiente), o simultaneamente su più di-mensioni. Infine, le imprese i cui comportamenti incidono sulla governance, mi-gliorando la qualità e il dialogo con gli interlocutori sociali, si collocano all’ul-timo livello del percorso di RSI.

Con la possibilità di esternalizzare segmenti della produzione verso contestifavorevoli cresce il livello di profitto da parte degli imprenditori ma nel con-tempo aumentano le difficoltà ad adottare comportamenti socialmente respon-sabili in quanto le spinte provenienti dai vari operatori (pubblico/privato) creanodelle barriere che influenzano il comportamento del singolo. In questo contestodi produzione globalizzata la possibilità di includere una dimensione etica co-stituisce una sfida piena di complessità ma rappresenta l’elemento vincente nelnuovo mercato economico.

STUDI & RICERCHE INEA 47

Page 47: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto
Page 48: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

3.1. Premessa

Il settore agricolo e agroalimentare ha un’intrinseca rilevanza sociale. L’a-gricoltura viene definita attività “primaria” perché contribuisce ad una funzioneessenziale per la vita umana: l’alimentazione. È opinione diffusa che l’agricol-tura sia portatrice di un’innata sostenibilità ambientale e sociale: per millennil’agricoltore è stato il custode dell’ambiente e le attività agricole sono statesvolte in stretto contatto con la natura, facendola fruttificare e producendo ri-sorse rinnovabili. Inoltre, sotto il profilo storico ed demoetnoantropologico, laprogressiva diffusione dell’allevamento e dell’agricoltura sono considerate comela principale causa della sedentarizzazione di molte popolazioni e, quindi, alcentro del progresso sociale ed economico.

Oggi però questa innata sostenibilità dell’agricoltura è insidiata da molteplicifattori e da dinamiche che si stanno manifestando su scala globale.

Negli ultimi secoli l’agricoltura ha dovuto adeguarsi alla crescente domandadi prodotti alimentari e industriali. Ciò per effetto del vertiginoso incrementodella popolazione mondiale e dell’innalzamento del tenore di vita di una partedi questa, cui è seguita l’adozione di sistemi sempre più sofisticati per elevarela produttività del suolo e per espandere l’area coltivabile (Formica, 2006). Ri-levanti sono state le ricadute ambientali, soprattutto sotto l’aspetto dell’inqui-namento e delle alterazioni biologiche. Inoltre il tendenziale spostamento delleattività economiche verso le aree urbane e la conseguente perdita di importanzadell’agricoltura come settore portante dell’economia di molti territori hanno por-tato a una crisi della tradizionale struttura e organizzazione delle aree rurali, conripercussioni anche in termini di coesione sociale (Dichiarazione di Cork, 1996).

Sono emerse forti criticità e preoccupazioni sotto il profilo della qualità dellavoro, tanto nei Paesi industrializzati che in quelli emergenti. In particolare neiPaesi sviluppati il problema si è posto con riferimento agli aspetti della sicu-rezza sui luoghi di lavoro, della stagionalità e della irregolarità dei rapporti dilavoro. Nei Paesi emergenti, invece, il problema principale è quello del rispettodei diritti umani e dell’equità retributiva.

Infine enormi cambiamenti hanno interessato il sistema agroalimentare, ca-ratterizzato non più da uno stretto rapporto tra produzione e consumo ma dal

STUDI & RICERCHE INEA 49

CAPITOLO IIIGLI STRUMENTI DI RESPONSABILITÀ SOCIALEPER LE IMPRESE AGRICOLE E AGROALIMENTARI

Page 49: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

ruolo fondamentale svolto dai processi di trasformazione, conservazione e com-mercializzazione degli alimenti. Oggi si pongono perciò nuovi problemi con-nessi alla sicurezza alimentare, tra cui quello di definire le responsabilità di tuttii partecipanti alla filiera alimentare quello di garantire la rintracciabilità dei per-corsi dei mangimi, degli alimenti e dei loro ingredienti.

Nel complesso la profonda evoluzione che sta interessando il sistema agroa-limentare fa sì che a tutti gli attori che ne fanno parte venga sempre più fre-quentemente richiesto di assumere comportamenti socialmente responsabili. Adesempio, secondo un’indagine dell’Eurobarometro condotta nel 2001 (box 1), icittadini europei chiedono una maggiore attenzione ai temi della sicurezza e sa-lubrità dei prodotti (90%), della sostenibilità ambientale delle produzioni (89%),della qualità dei prodotti e della valorizzazione del territorio.

Box 1 - Che cosa si attendono i cittadini europei dalla politica agricola comunitaria

Obiettivo Quota prima scelta

Prodotti sicuri e sani 90%

Rispetto dell’ambiente 89%

Proteggere le piccole imprese 82%

Adattare l’agricoltura alle esigenze dei consumatori 81%

Migliorare le condizioni di vita nel modo rurale 80%

Aumentare la competitività dell’agricoltura UE 78%

Fonte: Indagine Eurobarometro 2001

Per tutte queste ragioni è estremamente importante approfondire il tema de-gli “strumenti” e cioè dei mezzi che gli attori del sistema agroalimentare hannoa disposizione per soddisfare queste nuove aspettative dei consumatori e deglialtri stakeholder circa gli impatti sociali e ambientali dei processi di produzione,trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli e agroalimentari.

3.2. Gli strumenti come leva di attuazione delle strategie social-mente responsabili

Il tema della responsabilità sociale si presta a due rischi possibili ma oppo-sti. Da un lato, esso può rimanere un discorso astratto e inapplicato: vale a direche, alle dichiarazioni di principio, non fanno seguito comportamenti concreti.Dall’altro, spesso si adottano strumenti impropriamente o inconsapevolmente,per isomorfismo o comunque non per un reale convincimento. Un’ampia lette-

50 STUDI & RICERCHE INEA

Page 50: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

ratura (Freeman, 1984; Pastore e Piantoni, 1984; Coda, 1988; Guthrie, Parker,1989; Meznar, Chrisman, Carroll, 1990; Hinna, 2002 e 2005; Rusconi e Dori-gatti, 2005; Favotto e Michelon, 2007) ha evidenziato che per rendere “appli-cata” ai reali comportamenti delle imprese la responsabilità sociale questa vacollocata a livello strategico. Al di fuori di questo contesto, il discorso sulla re-sponsabilità sociale diventa un’elaborazione su cosa ci si aspetta che le impresepossano fare, su un loro “dover essere”, con il rischio di non applicarsi alle spe-cifiche fasi evolutive che esse affrontano (Favotto e Michelon, 2007). D’altraparte l’adozione di strumenti socialmente responsabili non deve essere conside-rata come un risultato in sé ma come una “tappa” del progressivo orientamentodell’impresa alla responsabilità sociale.

Gli “strumenti” della responsabilità sociale devono essere implementati se-condo modalità in grado di promuovere percorsi di innovazione culturale, ma-nageriale e organizzativa basati su un continuo dialogo tra azienda e stakehol-der. Si tratta di un approccio che «solo una imprenditorialità innovativa e sen-sibile alle istanze etico-sociali è in grado di valorizzare in chiave strategica»(Coda V., 2002, pp. XXII-XXIII).

Le dinamiche che si stanno manifestando nel settore agricolo e agroalimen-tare, richiamate nel paragrafo introduttivo ed esaminate più analiticamente in al-tre parti del volume, ci consentono di sintetizzare tre direttrici strategiche atti-nenti la responsabilità sociale del sistema agroalimentare: – sostenibilità ambientale e sviluppo rurale; – salute e sicurezza sui luoghi di lavoro; – sicurezza e qualità dei prodotti.

Ognuna di queste direttrici può essere “attuata” avvalendosi di una molte-plicità di strumenti secondo la logica illustrata nella figura 4.

Si possono distinguere due categorie generali di strumenti con cui attuare,singolarmente o congiuntamente, le direttrici strategiche della responsabilità so-ciale (European Commission, 2004):a) gli strumenti di gestione socialmente responsabile: agiscono sul versante del-

l’offerta (imprese e altri attori della filiera agroalimentare) e hanno lo scopodi supportare le imprese nell’integrazione dei principi della responsabilità so-ciale nei processi strategici e operativi. Vi sono diverse fattispecie:– i codici di condotta, che intervengono nell’individuazione e fissazione dei

principi di comportamento responsabile;– gli standard di gestione e certificazione, in base ai quali generalmente si

ottiene una certificazione esterna; – gli standard di rendicontazione, che individuano indicatori e tecniche di

misurazione per valutare e rendicontare le performance. b) gli strumenti per il consumo socialmente responsabile: agiscono sul versante

STUDI & RICERCHE INEA 51

Page 51: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

della domanda e hanno lo scopo di promuovere uno sviluppo più sostenibileed equo influenzando le decisioni di acquisto dei consumatori, dei distribu-tori, dei commercianti e di altri operatori. In genere si manifestano come eti-chette e/o marchi che certificano che la produzione e la commercializzazionedei prodotti ha soddisfatto alcuni criteri specifici.Nei paragrafi seguenti verranno analizzati i più importanti strumenti della re-

sponsabilità sociale applicabili alle diverse realtà del sistema agroalimentare,cercando di offrire una rappresentazione sintetica ma bilanciata di entrambe lecategorie individuate (strumenti di gestione e strumenti per il consumo). La lo-gica di trattazione è necessariamente esemplificativa in ragione della numero-sità e della specificità degli strumenti esistenti, elemento questo che rende pocointeressante oltre che complessa una trattazione di tipo analitico. Si intendonoapprofondire invece gli aspetti di carattere metodologico, i punti di forza e glisnodi critici dei vari strumenti, provando a generalizzare gli spunti offerti dagliesempi che verranno esaminati. Il presente contributo si pone in una logica dicomplementarietà e integrazione rispetto alle iniziative in tema di responsabilità

52 STUDI & RICERCHE INEA

Figura 4 - Gli strumenti come leva di attuazione di strategie socialmente responsabili

Fonte: elaborazione propria

Page 52: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

sociale già avviate dall’Istituto Nazionale di Economia Agraria (si vedano inparticolare le Linee guida “Promuovere la responsabilità sociale delle impreseagricole e agroalimentari”, i Casi studio “Le esperienze italiane sulla responsa-bilità sociale nel settore agricolo e agroalimentare” e il portale tematicohttp://www.agres.inea.it).

3.2.1. Gli strumenti di gestione socialmente responsabile

3.2.1.1. I codici di condotta

I codici di condotta sono dichiarazioni formali contenenti principi e standarddi comportamento per le imprese. Essi possono essere adottati unilateralmenteda una singola impresa o da un gruppo di imprese appartenenti a uno specificosettore. In genere, i codici di condotta includono una pluralità di aspetti, tra cui,in particolare, le tematiche legate ai diritti umani, alla trasparenza, alla salute ealla sicurezza sui luoghi di lavoro, all’ambiente, ecc.

Numerosissime sono le iniziative diffusesi a livello internazionale, settorialee aziendale. Di seguito offriremo alcuni esempi di particolare interesse per leimprese agricole e agroalimentari.

A livello internazionale l’iniziativa più articolata e completa è il Global Com-pact portato avanti dall’ONU (http://www.unglobalcompact.org). Il Global Compactè stato annunciato nel 1999, a Davos, in occasione del World Economic Forum eprevede una collaborazione tra imprese private, governi, società civile e organizza-zioni sindacali per la creazione di un mercato globale più sostenibile e inclusivo,accettando e applicando dieci principi universali nelle aree dei diritti umani, dellenorme del lavoro, della tutela dell’ambiente e della lotta alla corruzione.

I dieci principi del Global Compact sono condivisi universalmente in quantoderivati da:– la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (ONU); – la Dichiarazione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro sui principi

e i diritti fondamentali nel lavoro (ILO); – la Dichiarazione di Rio sull’Ambiente e lo Sviluppo (ONU);– la Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (ONU).

Il Global Compact non è uno strumento normativo né obbligatorio ma un’i-niziativa volontaria che cerca di fornire un quadro globale per promuovere unacrescita sostenibile. Attraverso l’adesione ai principi del Global Compact anchele imprese del settore agricolo e agroalimentare hanno l’opportunità di rendereil proprio modello di business più adeguato alle istanze di natura ambientale esociale che sono ormai diffuse tra i consumatori, gli attori del mercato e i re-golatori pubblici.

STUDI & RICERCHE INEA 53

Page 53: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

Sono circa 4.000 le imprese che in tutto il mondo hanno aderito e parteci-pano al Global Compact. Esse operano in settori e aree geografiche differenti,ma hanno in comune il fatto di essere aziende leader e di aspirare a una cre-scita globale responsabile, che tenga in considerazione gli interessi di un ampiospettro di soggetti che include dipendenti, investitori, clienti, partner commer-ciali, associazioni di consumatori e comunità locali.

Il Global Compact invita le aziende aderenti ad adoperarsi affinché i suoi prin-cipi diventino parte della strategia aziendale e delle loro operazioni quotidiane.

I principali benefici identificati dalle imprese che hanno aderito al GlobalCompact sono riassunti nel box seguente.

54 STUDI & RICERCHE INEA

Box 2 - I principi del Global Compact

Diritti umani

Principio I

Alle imprese è richiesto di promuovere e rispettare i diritti umani universalmente riconosciuti nell’ambito delle

rispettive sfere di influenza;

Principio II

Alle imprese è richiesto di assicurarsi di non essere, seppure indirettamente, complici negli abusi dei diritti

umani;

Lavoro

Principio III

Alle imprese è richiesto di sostenere la libertà di associazione dei lavoratori e riconoscere il diritto alla con-

trattazione collettiva;

Principio IV

Alle imprese è richiesto di sostenere l’eliminazione di tutte le forme di lavoro forzato e obbligatorio;

Principio V

Alle imprese è richiesto di sostenere l’effettiva eliminazione del lavoro minorile;

Principio VI

Alle imprese è richiesto di sostenere l’eliminazione di ogni forma di discriminazione in materia di impiego e

professione;

Ambiente

Principio VII

Alle imprese è richiesto di sostenere un approccio preventivo nei confronti delle sfide ambientali;

Principio VIII

Alle imprese è richiesto di intraprendere iniziative che promuovano una maggiore responsabilità ambientale;

Principio IX

Alle imprese è richiesto di incoraggiare lo sviluppo e la diffusione di tecnologie che rispettino l’ambiente;

Lotta alla corruzione

Principio X

Le imprese si impegnano a contrastare la corruzione in ogni sua forma, incluse l’estorsione e le tangenti.

Fonte: http://www.unglobalcompact.org

Page 54: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

A livello settoriale un esempio particolarmente interessante è rappresentato dal-l’iniziativa del Comitato europeo dei Produttori di Zucchero (CEFS) che, insiemealla Federazione Europea dei Sindacati del settore Alimentare, Agricolo e Turi-stico (EFFAT), ha attuato un Codice di condotta dell’industria saccarifera euro-pea che fissa alcuni standard di comportamento etico suddividendoli in otto aree.

Box 4 - I principi del Codice di condotta dell’industria saccarifera europea

Diritti umani

L’industria saccarifera europea:

– rispetta la libertà di associazione e cioè il diritto di tutti i lavoratori di dar vita e aderire a organizzazioni

sindacali, ivi incluso il diritto dei rappresentati dei lavoratori di accedere ai luoghi di lavoro (Convezione

ILO 87);

– riconosce l’effettivo diritto alla contrattazione collettiva e accorda ai rappresentanti sindacali delle age-

volazioni in maniera tale da consentirgli di svolgere al meglio le loro funzioni (Convezione ILO 98 e

135);

– conferma che l’esercizio dei diritti sindacali non comporterà alcun pregiudizio personale o professionale

per i lavoratori e i loro rappresentanti;

– non si avvarrà in alcune modo di lavoro forzato o obbligato (convezione ILO 29);

– si oppone al lavoro minorile (Convezione ILO 182) e rispetta la Convenzione ILO 138 che definisce l’età

minima di ammissione al lavoro;

– si oppone a tutte le discriminazioni fondate sull’origine sociale, la nazionalità, la religione, il sesso, l’o-

rientamento sessuale, l’adesione a organizzazioni sindacali, l’età o la sensibilizzazione politica e si im-

pegna in particolare a garantire e a promuovere le pari opportunità tra uomo e donna.

STUDI & RICERCHE INEA 55

Box 3 - I principali benefici identificati dalle imprese che hanno aderito al Global Compact

Diretti

Opportunità di dialogare e collaborare a livello locale

e globale con altre imprese, ONG, lavoratori e go-

verni su aspetti critici.

Scambio di esperienze e buone pratiche che hanno

consentito di trovare soluzioni e nuove strategie per

affrontare i problemi.

Accesso all’ampio bagaglio di conoscenza ed espe-

rienza delle Nazioni Unite sulle tematiche dello svi-

luppo.

Fare leva sulla portata globale delle Nazioni Unite e

rendere sinergici gli sforzi dei governi, delle imprese,

della società civile e degli altri stakeholder.

Indiretti

Maggiore legittimazione dell’impresa, in particolare

nei Paesi in via di sviluppo, dal momento che l’atti-

vità imprenditoriale si basa su valori universali.

Migliore reputazione e maggiore valore del brand con

riferimento ai consumatori e agli investitori.

Maggiore motivazione e produttività del personale e

maggiore capacità di attrarre e mantenere il personale

più qualificato.

Maggiore efficienza operativa, per esempio attraverso

un uso più razionale delle materie prime e una mi-

gliore gestione delle scorie e dei rifiuti.

Migliore accountability e trasparenza aziendale.

Fonte: http://www.unglobalcompact.org

Page 55: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

Educazione e formazione continua

L’industria saccarifera europea si impegna a sviluppare nei propri dipendenti le migliori capacità e compe-

tenze per valorizzare il loro potenziale professionale e contribuire al successo e alla competitività dell’im-

presa. Essa fornisce una formazione specifica relativamente agli aspetti tecnici legati al processo di produ-

zione, alla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro e agli ulteriori aspetti rilevanti per l’impresa. L’educazione

e la formazione costituiscono parte integrante del dialogo sociale nell’impresa. Le proposte e le iniziative dei

lavoratori e dei rappresentati sindacali in materia di educazione e formazione continua sono caldeggiate e ver-

ranno messe in atto conformemente agli usi nazionali. L’industria saccarifera europea raccomanda alle im-

prese, ogniqualvolta sia economicamente e socialmente possibile, di mettere in condizioni i giovani lavora-

tori di svolgere periodi di apprendistato al fine di accrescere le loro competenze sul mercato del lavoro.

Salute e sicurezza

L’industria saccarifera europea è particolarmente attenta alla salute e alla sicurezza. In questo quadro, essa si

sforza di creare un ambiente di lavoro che tenga in considerazione la dimensione umana e che non presenti

rischi per la salute. In cooperazione con i lavoratori e i loro rappresentanti, l’industria saccarifera europea si

preoccupa di creare un ambiente di lavoro sicuro e sano, tendendo verso le migliori pratiche e conoscenze.

Tutte le misure che favoriscono la prevenzione e la salute sono considerate come prioritarie.

L’industria saccarifera europea, inoltre, non si accontenta di applicare la legislazione europea, in particolare

la direttiva quadro del 1989, ma si sforza di andare al là di questa normativa.

In tutti gli zuccherifici verranno messi in pratica programmi di formazione specifica e verranno adottate po-

litiche e procedure di sicurezza pensate apposta per l’industria saccarifera e che prendano in considerazione

i rischi legati alle processi produttivi e mettano un accento particolare sulla prevenzione.

Relazioni tra le parti sociali

Le parti sociali dell’industria saccarifera europea – rappresentate dal Comitato europeo dei Produttori di Zuc-

chero (CEFS) e la Federazione Europea dell’Alimentazione, dell’Agricoltura e del Turismo (EFFAT) – riten-

gono che un dialogo sociale costruttivo, introdotto a tutti i livelli, con i rappresentanti dei lavoratori e i sin-

dacati sia un fattore determinante per il buon funzionamento delle imprese. L’informazione e la consultazione

dei rappresentanti dei lavoratori favoriscono la fiducia e la cooperazione tra lavoratori e datori di lavoro.

È per questo che l’industria saccarifera europea ha portato avanti un dialogo sociale a livello europeo a par-

tire dal 1969, riconosciuto ufficialmente dalla Commissione europea nel 1999 attraverso al creazione di un

comitato di dialogo settoriale. Le parti sociali hanno congiuntamente sviluppato un certo numero di ricerche

e programmi di formazione professionale, con particolare riferimento al tema della sicurezza. Esse intendono

proseguire e ulteriormente sviluppare questo dialogo.

A livello nazionale la legislazione concernente la rappresentanza dei lavoratori e la negoziazione collettiva

non solo deve essere rispettata ma possibilmente occorre andare oltre. In tutte le imprese occorre applicare la

legislazione europea sull’informazione e la consultazione. Le parti sociali auspicano che, con l’aiuto e il so-

stegno delle autorità pubbliche, si instauri un dialogo veramente costruttivo e responsabile al fine di stabilire

le fondamenta di un’Europa allargata in grado di combinare coesione sociale e competitività economica.

Equa remunerazione

Nell’industria saccarifera le remunerazioni reali si adeguano ai minimali fissati dai contratti collettivi e/o dalle

autorità pubbliche. Laddove non esistano tali regole, le remunerazioni devono essere sufficienti per assicurare

ai lavoratori un livello di vita dignitoso, così come definito dalla Dichiarazione fondamentale per i diritti del-

l’uomo e dalla Dichiarazione tripartita dell’Organizzazione Internazionale per il Lavoro.

56 STUDI & RICERCHE INEA

Page 56: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

Al fine di evitare ogni forma di discriminazione l’industria saccarifera riconosce il diritto per i lavoratori a

parità di condizioni di ricevere un medesimo salario (Convenzione ILO 100, Trattato UE art. 141, Direttiva

(CE) n. 78 del 2000).

Condizioni di lavoro

L’industria saccarifera europea rispetta la legislazione europea sulle condizioni di lavoro e si conforma alle

norme fissate a livello di comparto o di settore per definire gli orari di lavoro. Per ciò che concerne i tempi

di lavoro, accordi specifici possono essere conclusi tra le parti sociali e/o le autorità pubbliche.

Laddove non esistano norme, le parti sociali possono concludere opportuni accordi. Le condizioni di lavoro

devono essere almeno equivalenti a quelle offerte ad altri lavoratori simili nei Paesi considerati.

Ristrutturazioni aziendali

Nel quadro di un dialogo sociale europeo possono essere organizzate informazioni regolari, scambi di opi-

nioni e, se necessario, azioni congiunte relativamente a tutte le tematiche, incluse quelle legate a politiche e

legislazioni comunitarie aventi un impatto economico e sociale per il settore dello zucchero. Questo dialogo

rispetta e va la di là della legislazione europea o nazionale sull’informazione e la consultazione. Dal momento

che un dialogo aperto tra la direzione e i lavoratori è una condizione preliminare per instaurare un clima di

fiducia e di rispetto reciproco, i lavoratori e i loro rappresentanti saranno regolarmente tenuti al corrente della

situazione delle imprese e, inoltre, saranno informati e ascoltati in tempo utile sulle misure adottate nei casi

di ristrutturazione aziendale. In caso di ristrutturazioni o di investimenti con un impatto sociale, ai sensi del

presente codice di condotta l’industria saccarifera agisce in maniera socialmente responsabile. Inoltre saranno

intraprese tutte le azioni volte a migliorare la buona occupazione.

Rapporti tra imprese e scelta dei fornitori

L’industria saccarifera europea pretende da parte dei fornitori un comportamento socialmente responsabile. I

fornitori sono scelti sulla base della loro professionalità ma per i fornitori più importanti bisogna tener conto

degli aspetti relativi alla loro responsabilità sociale, conformemente alle disposizioni del Codice di Condotta.

A tal fine, l’industria saccarifera europea si impegna a veicolare il concetto di responsabilità sociale a livello

globale e cercherà di apportare un contributo concreto alla lotta al lavoro minorile.

L’industria saccarifera europea sostiene le misure adottate dalla legislazione europea per la lotta alle frodi e

alla corruzione nell’ambito del commercio mondiale.

Nel quadro generale dell’etica degli affari l’industria saccarifera europea si impegna a conformarsi alle linee

guida per le imprese multinazionali dell’OCSE e, al di là dell’area di attività del CEFS, di promuoverle al

massimo.

Fonte: nostra traduzione da http://www.comitesucre.org/www/pdf/code_en.pdf

3.2.1.2. Gli standard di gestione e certificazione

Gli standard di gestione socialmente responsabile consentono di applicare gliimpegni di sostenibilità sociale e ambientale all’interno dei processi decisionalie nell’operatività aziendale.

Essi si presentano tipicamente sotto forma di modelli ai quali le imprese de-vono uniformare i propri processi gestionali. Gli standard di gestione social-mente responsabile sono sviluppati da specifici organismi (standard setters)dopo un’attenta e ampia consultazione di tutte le parti interessate.

STUDI & RICERCHE INEA 57

Page 57: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

Anche in questo caso molto numerose sono le iniziative diffusesi a livellointernazionale e settoriale. Di seguito offriamo alcuni esempi di particolare in-teresse o per la loro ampia portata o per la particolare adattabilità alle caratte-ristiche specifiche del sistema agroalimentare.

La norma SA 8000 è uno standard internazionale di gestione socialmente re-sponsabile che disciplina il tema del rispetto dei diritti umani, dei diritti dei la-voratori, della tutela contro lo sfruttamento dei minori e della sicurezza sui luo-ghi di lavoro.

La norma SA 8000 è stata formulata in seno al CEPAA (Council of Econo-mical Priorities Accreditation Agency), emanazione del CEP (Council of Eco-nomic priorities), istituto statunitense fondato nel 1969 per fornire agli investi-tori e ai consumatori strumenti informativi per analizzare le performance socialidelle aziende.

Lo scopo istituzionale del CEPAA è di rendere le organizzazioni in grado diessere socialmente responsabili, riunendo i principali stakeholder per svilupparestandard volontari basati sul consenso, accreditando organizzazioni qualificateper verificare la conformità, promuovendo la conoscenza e comprensione dellostandard e incoraggiandone l’attuazione a livello mondiale. L’organismo riuni-sce 21 membri in rappresentanza delle organizzazioni sindacali, delle organiz-zazioni non governative, di associazioni che tutelano i diritti umani e dell’in-fanzia, di imprese che investono in modo socialmente responsabile e di societàdi certificazione. Lo standard e le relative procedure di accreditamento e certi-ficazione nascono in un’ottica globale e transnazionale, pur recependo le pecu-liarità normative locali.

Gli obiettivi principali della SA 8000 sono: a) sviluppare, mantenere e so-stenere politiche e procedure al fine di gestire gli aspetti che possono esserecontrollati o influenzati; b) dimostrare alle parti interessate che le politiche, leprocedure e la loro applicazione sono conformi ai requisiti della norma.

La norma SA 8000, come la maggior parte degli standard, viene periodica-mente aggiornata, incorporando le nuove esigenze che si manifestano nel corsodella sua applicazione. Importanti novità introdotte nel 2001 sono state l’esten-sione al lavoro a domicilio (homeworkers), l’introduzione dell’età anagraficacome elemento discriminante e l’estensione a tutti i fornitori della filiera (sub-contractors).

La SA 8000 è riconosciuta e applicata volontariamente da organizzazioni intutto il mondo e anche in Italia, dove soprattutto negli ultimi anni sta avendouna buona diffusione.

I principali potenziali mercati interessati a SA 8000 in Italia sono:– imprese di alto profilo che delocalizzano la produzione in Paesi in cui pos-

sono godere dei benefici connessi a un più basso costo della manodopera.

58 STUDI & RICERCHE INEA

Page 58: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

Tali imprese, infatti, sono spesso accusate dall’opinione pubblica di non ri-spettare i diritti dei lavoratori e di utilizzare lavoro infantile (esempio sud-est asiatico);

– imprese che operano sul territorio nazionale e che possono utilizzare la cer-tificazione SA 8000 come strumento di vantaggio competitivo nei confrontidi coloro che non sono in grado di fornire garanzie sul proprio comporta-mento etico;

– grandi multinazionali che operano anche sul territorio italiano.Il sistema SA 8000 si struttura, per ora, seguendo il modello normalmente in

uso nelle aziende per assicurare il controllo della qualità: lo standard ISO 9000.La SA 8000 infatti sfrutta le tecniche di audit di comprovata efficacia dello stan-dard ISO, incoraggia un continuo miglioramento e pone l’attenzione sulla ge-stione e sulla documentazione del sistema per assicurarne l’efficienza. A ciò ag-giunge tre elementi essenziali per l’auditing etico: – fissa valori minimi per le prestazioni; – gli auditor devono collaborare con le organizzazioni non governative, le as-

sociazioni dei consumatori e quelle dei lavoratori; – un meccanismo di gestione delle lamentele (da parte dei lavoratori, delle or-

ganizzazioni dei consumatori ecc.) che può portare alla verifica di situazionidi non conformità anche in siti già certificati.La creazione di questo standard è avvenuta tenendo sempre presenti dei prin-

cipi fondamentali a cui conformarsi nel momento in cui l’organizzazione vuoleorientarsi alla responsabilità sociale. I requisiti fondamentali su cui si basa laSA 8000 sono otto: lavoro minorile, lavoro forzato, salute e sicurezza, libertàdi associazione e rappresentanza collettiva, discriminazione, pratiche discipli-nari, orario di lavoro, salario.

Inoltre è presente un nono requisito riguardante il sistema di gestione, in baseal quale politiche, procedure e documentazioni devono dimostrare la continuaconformità allo standard. La certificazione SA 8000 si sta gradualmente diffon-dendo perché le aziende cominciano a riconoscere i vantaggi di tale sistema siaper il management che per i lavoratori. Allo stesso tempo le associazioni deiconsumatori e dei lavoratori considerano la SA 8000 come lo standard di rife-rimento nel definire le condizioni di lavoro. SA 8000 è certificabile da parteterza.

Un’organizzazione per ottenere tale certificazione deve realizzare un Sistemadi gestione sociale (Social Management System) basato sui requisiti dello stan-dard. Questi ultimi sono stabiliti tenendo presenti le varie convenzioni e racco-mandazioni ILO (International Labour Organization), oltre alla DichiarazioneUniversale dei Diritti dell’Umanità e alla Convenzione sui Diritti dell’Infanziadelle Nazioni Unite.

STUDI & RICERCHE INEA 59

Page 59: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

La protezione dell’ambiente, cui è dedicato il capitolo V dell’opera, rivesteper ogni organizzazione un ruolo sempre più importante. La molteplicità e lacrescita delle fonti d’inquinamento, il controllo sempre più attento che i variStati stanno esercitando sui temi dell’ambiente e l’inasprimento delle pene perchi commette reati ambientali indicano che è necessario agire verso un ridi-mensionamento delle fonti inquinanti. Per dimostrare il proprio impegno in talsenso molte imprese hanno adottato uno standard di gestione ambientale.

La certificazione ISO 14001 proviene di fatto da una precedente norma in-glese (BS 7750, Specification for Environmental Management) che ha avuto undiscreto successo mondiale ed è tuttora usata dalle aziende. La norma BS 7750risale al 1992 ed è stata rivista nel 1994 alla luce dell’entrata in vigore del re-golamento (CEE) n. 1836/93 (regolamento EMAS). Tale regolamento è stato re-centemente abrogato dal nuovo EMAS II (regolamento (CE) n. 761/2000).

La ISO 14001 è una norma internazionale ad adesione volontaria, applica-bile a qualsiasi tipologia di organizzazione pubblica o privata, che specifica irequisiti di un Sistema di Gestione Ambientale (SGA). La gestione ambientalerappresenta il passaggio dal semplice rispetto delle leggi a una gestione delleattività volta alla prevenzione dell’inquinamento e al miglioramento delle pre-stazioni ambientali.

Grazie alla norma ISO 14001 dal 1996 esistono criteri di gestione ambien-tale validi in tutto il mondo. Nel 2004 tali criteri sono stati revisionati ed è statadata maggiore enfasi agli aspetti ambientali indiretti e all’ottemperanza dei re-quisiti cogenti.

La certificazione di Sistemi di Gestione Ambientale permette di:– migliorare l’efficienza dei processi produttivi e/o dei servizi; – tenere sotto controllo e monitorare gli adempimenti legislativi; – migliorare le prestazioni ambientali; – soddisfare clienti, fornitori, collaboratori, autorità, investitori, cioè tutti gli

stakeholder; – migliorare il clima aziendale.

Per ottenere la certificazione è necessario seguire una certa prassi standar-dizzata che rispecchia quasi del tutto quella seguita per la certificazione di qua-lità (ISO 9000); l’unica fase che si differenzia notevolmente è la prima, ossiaquella della cosiddetta analisi ambientale iniziale, attraverso cui ci si rende contodi quale sia la distanza della propria azienda dall’ottenimento della certifica-zione e quali siano gli aspetti e gli impatti ambientali significativi.

Analogamente alle altre norme ISO sulla certificazione di qualità anche perla norma ISO 14001 vi sono alcuni requisiti necessari affinché si possa proce-dere alla sua applicazione:– redazione della politica ambientale da parte della direzione;

60 STUDI & RICERCHE INEA

Page 60: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

– nomina del responsabile della gestione ambientale, che è auspicabile coin-cida con il responsabile dell’assicurazione qualità;

– redazione del manuale di gestione ambientale e delle procedure, oppure in-tegrazione nel manuale della qualità;

– attuazione della documentazione e conduzione degli audit ambientali;– riesame da parte della direzione;– certificazione di terza parte; – miglioramento continuo e sorveglianza da parte dell’ente terzo.

La certificazione ISO 14001 non è l’unico schema che un’azienda può adot-tare per prevenire l’inquinamento. Il 19 marzo 2001 è stato emesso (con entratain vigore il 27 aprile 2001) il regolamento (CE) n. 761/2001 del Parlamento eu-ropeo e del Consiglio sull’adesione volontaria delle organizzazioni a un sistemacomunitario di ecogestione e audit (EMAS). Più che di certificazione si parla diregistrazione dell’organizzazione e l’approccio si differenzia in alcuni puntidalla realizzazione di un sistema ISO 14001.

Si propone di seguito un confronto tra ISO 14001 e EMAS.Un raffronto tra i contenuti del regolamento EMAS e quelli della norma ISO

14001 non può prescindere dagli aspetti di “immagine”, in effetti l’unico puntosu cui i due testi si differenziano.

Infatti, fino all’aprile del 2001 (momento in cui è entrato in vigore EMASII, ovvero il nuovo regolamento revisionato), vi erano differenze nell’approccioall’implementazione del Sistema di Gestione Ambientale nei due testi e questocomportava dubbi su quale tipo di certificazione fosse meglio scegliere e pro-blemi alle organizzazioni che non potevano certificarsi con entrambe le norme,se non con una serie di trafile molto simili, ma difficilmente integrabili.

Ora invece il nuovo regolamento EMAS riporta in allegato, nei “Requisitidel sistema di gestione ambientale”, il testo integrale del quarto punto dellanorma ISO 14001. In tal modo il sistema di gestione implementato per ottenerela certificazione ISO 14001 è sicuramente valido anche per richiedere di ade-rire al regolamento EMAS e viceversa.

L’unico aspetto che ancora differenzia i due testi è, come si è detto, l’im-magine. La certificazione ISO 14001 è uno standard internazionale e come taleè riconosciuto praticamente ovunque, ma i consumatori o le pubbliche autoritànon sono sempre informati e consapevoli di cosa significhi l’aver ottenuto unacertificazione ISO 14001. L’EMAS d’altra parte è un regolamento europeo,quindi il campo di validità è teoricamente più ristretto, ma salvo per chi ha l’e-sigenza di avere rapporti commerciali al di fuori dell’Europa, presenta in ter-mini di immagine un innegabile vantaggio.

Per ottenere l’iscrizione tra le organizzazioni aderenti a EMAS, una volta im-piantato il sistema di gestione ambientale, è necessario redigere una dichiara-

STUDI & RICERCHE INEA 61

Page 61: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

zione ambientale comprendente una descrizione del sistema stesso e della pro-pria politica ambientale.

La dichiarazione ambientale viene convalidata da un verificatore e poi resanota alle autorità locali. L’organizzazione viene inserita nel registro di quelle ade-renti a EMAS, e in tal modo ottiene un esplicito riconoscimento per il suo impe-gno verso l’ambiente. Il carattere divulgativo della dichiarazione è quello che per-mette il ritorno di immagine che invece, certificandosi ISO 14001, mancherebbe.

Lo standard ISO 22000 (Food safety management systems) è uno standardvolontario per la certificazione di sistemi di gestione della sicurezza in campoalimentare, che può essere applicato da ogni operatore della filiera agroalimen-tare e permette di sviluppare e attestare l’idoneità dei sistemi per il controllo ela gestione dei rischi che riguardano il processo produttivo.

La certificazione, rilasciata da un Ente terzo accreditato, prende in esameogni fase del processo e del ciclo di vita del prodotto anche successivamentealla sua cessione e ciò rappresenta una caratteristica estremamente interessante,tenuto conto che il regolamento (CE) n. 178/2002 ha fissato a carico degli ope-ratori una precisa sequenza di attività obbligatorie nell’ipotesi in cui si tema unrischio di sicurezza sui prodotti già immessi sul mercato.

Lo standard si rivolge a tutti gli attori coinvolti nella filiera agroalimentare:aziende agricole, mangimifici, allevamenti, aziende agroalimentari, supermer-cati, rivenditori al dettaglio e all’ingrosso, aziende di trasporto, produttori dipackaging e macchinari alimentari, aziende fornitrici di prodotti per la pulizia ela sanificazione, fornitori di servizi.

I punti chiave della norma sono: – la comunicazione interattiva tra l’azienda interessata e i diversi attori a monte

e a valle della catena di fornitura; – il sistema di gestione aziendale; – il controllo di processo; – la metodologia HACCP1, applicata secondo quanto previsto dal documento

1 La metodologia Hazard Analysis Critical Control Point (HACCP) è un sistema di autocontrollo che ogni ope-ratore nel settore della produzione di alimenti deve mettere in atto al fine di valutare pericoli e rischi e sta-bilire misure di controllo per prevenire l’insorgere di problemi igienici e sanitari. Prima dell’adozione del si-stema HACCP i controlli venivano effettuati a valle del processo produttivo, con analisi sulla salubrità sol-tanto del prodotto finito e pronto per la vendita al consumatore. Il sistema di autocontrollo invece mira a va-lutare in ogni fase della produzione i rischi che possono influenzare la sicurezza degli alimenti, attuando inquesto modo misure preventive. L’HACCP è stato introdotto in Europa nel 1993 con la direttiva 43/93/CEE(recepita in Italia con il decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 155), che prevede l’obbligo di applicazionedel protocollo HACCP per tutti gli operatori a qualsiasi livello della catena alimentare. Questa normativa èstata sostituita nel 2006 dal regolamento (CE) n. 852/2004. Sempre nel 2006 il sistema HACCP è stato resoobbligatorio anche per le aziende che hanno a che fare con i mangimi per gli animali destinati alla produ-zione di alimenti (produzione delle materie prime, miscele, additivi, vendita, somministrazione).

62 STUDI & RICERCHE INEA

Page 62: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

FAO/OMS Codex Alimentarius, con particolare attenzione per l’analisi deipericoli, diventa lo strumento guida per la politica di sicurezza alimentareaziendale;

– la gestione dei pericoli per la sicurezza igienica tramite misure di controllooperative. I punti di forza della certificazione sono:

– obiettivo chiaro e concreto del modello gestionale, sicurezza alimentare e nonqualità in senso lato;

– compatibilità e integrabilità completa con la norma UNI EN ISO 9001: 2000e altri modelli gestionali simili (es. UNI EN ISO 14001: 1996);

– integrazione del metodo HACCP e dei principi del Codex Alimentarius al-l’interno del modello gestionale;

– soddisfazione di tutte le parti interessate: autorità preposte al controllo deirequisiti di legge, consumatori, intermediari commerciali e altre aziende ali-mentari.Gli strumenti di gestione socialmente responsabile rappresentano un’impor-

tante leva per “passare dalle parole ai fatti” dal momento che si propongono disviluppare sistemi per attuare e valutare le politiche e le pratiche di responsa-bilità sociale attraverso la fissazione di target e processi, la definizione di ruolie responsabilità, l’attuazione di percorsi di formazione e di meccanismi di mi-surazione e rendicontazione.

I sistemi di gestione rendono più facile gestire in maniera strategica la re-sponsabilità sociale e possono contribuire al miglioramento delle performancesociali dell’impresa, favorendo una più ampia e diffusa accountability. Tali stru-menti inoltre possono consentire una più agevole ed efficiente identificazione egestione dei rischi ambientali e sociali, un più ampio e attivo coinvolgimentodegli stakeholder e una migliore efficacia organizzativa attraverso una razionaleraccolta e analisi delle informazioni sulle operazioni, oltre a un miglior coordi-namento tra le diverse unità organizzative.

Infine gli standard di gestione socialmente responsabile possono essere utilibenchmark e strumenti di comunicazione sulla qualità del management.

Dato il loro carattere volontario, il successo degli standard di gestione so-cialmente responsabile dipende in ultima istanza dal loro livello di diffusione eaccettazione da parte del mercato. L’autorevolezza dell’organismo che ha pro-dotto lo standard e la qualità del processo attraverso il quale lo standard è statosviluppato (ad esempio il livello di coinvolgimento di un’ampia base di parti in-teressate) sono elementi determinanti per la sua credibilità.

Nei casi in cui l’ottenimento di una certificazione rispetto a uno standard digestione socialmente responsabile divenga oggetto di comunicazione esterna oc-corre accertarsi che il processo attraverso il quale la certificazione è stata otte-

STUDI & RICERCHE INEA 63

Page 63: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

nuta abbia soddisfatto i requisiti generali di trasparenza e indipendenza. In ognicaso tali standard non devono essere interpretati solo come un’occasione perrendere visibile all’estero (ai consumatori, alle autorità di controllo, ecc.) la pro-pria attenzione e il proprio impegno nella salvaguardia dall’ambiente, ma so-prattutto come una leva per migliorare la qualità dei propri processi e l’effi-cienza nell’utilizzo delle risorse.

È importante osservare che l’adozione di uno standard di gestione non co-stituisce necessariamente garanzia di responsabilità sociale né estingue in alcunmodo la responsabilità dell’impresa di rispettare gli obblighi di legge.

Un’ultima notazione deve essere dedicata al processo di standardizzazionedella responsabilità sociale. Alcuni autori hanno sottolineato la pericolosità diridurre un concetto complesso e multiforme come quello della responsabilità so-ciale a uno standard (che per sua natura è una rappresentazione semplificatadella realtà). Altri invece affermano che la disponibilità di riferimenti accettatie riconosciuti a livello internazionale facilita la trasparenza e la comparabilità.Si tratta di un dibattito ancora molto aperto e che non ha trovato ancora una so-luzione univocamente accetta.

3.2.1.3. Gli standard di rendicontazione

Gli strumenti di rendicontazione sociale hanno come scopo quello di portarea conoscenza di tutti gli stakeholder i risultati che l’organizzazione è riuscita aconseguire. Il progressivo diffondersi di strumenti di rendicontazione sociale eambientale si lega a una crescente domanda di accountability e trasparenza: glistakeholder chiave non solo si aspettano che le imprese prendano in considera-zione le ricadute sociali e ambientali delle proprie azioni ma pretendono di es-sere informati su quali siano le performance reali delle imprese in queste aree.

Gli strumenti di rendicontazione delle performance sociali e ambientali piùnoti e diffusi sono il bilancio sociale, il bilancio ambientale e il bilancio di so-stenibilità. Per ognuno di questi strumenti sono stati prodotti standard nazionalie internazionali di diversa natura, i più importanti dei quali saranno richiamatinel presente paragrafo.

Il bilancio sociale è sicuramente il più noto strumento di rendicontazione so-ciale. In letteratura il bilancio sociale è stato oggetto di diverse definizioni:– «il complesso dei documenti contabili e non che, insieme ai bilanci tradi-

zionali, abbia come scopo di offrire informazioni quali-quantitative sulle ope-razioni svolte dall’impresa per effetto delle finalità sociali che si è assunta»(Matacena, 1984, p. 99);

– «un report sociale autonomo che ha per oggetto il rendiconto della perfor-mance dell’azienda. La sua redazione è di regola volontaria. Il suo contenutopuò essere declinato in vari modi con soluzioni tecniche alternative. Il ter-

64 STUDI & RICERCHE INEA

Page 64: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

mine bilancio sociale non si riferisce invece alla necessità che si elaborinodati e prospetti bilancianti» (Mei Gabrovec, 2004, p. 30);

– «il risultato di un processo e non di un singolo atto» (Hinna, 2002, p. 88); – «osservato in una prospettiva dinamica, è l’ultimo atto del processo di ren-

dicontazione, ossia dell’insieme di azioni e strumenti con i quali si dà contoa una pluralità di destinatari dei risultati raggiunti e della loro coerenza conle finalità dell’istituzione» (Hinna, Monteduro, 2005, p. 38);

– «un processo attraverso il quale un’organizzazione valuta e comunica aglistakeholder e alla comunità, in una prospettiva di assunzione di responsabi-lità, comportamenti, risultati, impatti delle proprie scelte e del proprio agirein merito a questioni sociali, ambientali ed economiche» (Maino, 2002).Il bilancio sociale è sicuramente lo strumento più indicato per rispondere alla

necessità di informazione e trasparenza dei propri stakeholder. È uno strumentopotenzialmente straordinario, rappresenta infatti un momento per enfatizzare ilproprio legame con il territorio, un’occasione per affermare il concetto di im-presa come soggetto economico che perseguendo il proprio interesse prevalentecontribuisce a migliorare la qualità della vita dei membri della società in cui èinserito.

Varie possono anche essere le motivazioni per cui si decide di realizzarlo:per ragioni di comunicazione esterna o interna, per migliorare l’organizzazionee la gestione oppure per contribuire alla definizione e valutazione delle strate-gie sociali.

Il bilancio sociale può essere oggetto di due diversi approcci: un approccioal “documento” e un approccio più ampio al “processo” di dialogo e rendicon-tazione sociale.

Il primo approccio al bilancio sociale è “a cono stretto”. Partendo da un’im-postazione di tipo contabile si evidenziano le incertezze e le disomogeneità ri-guardo alla forma espositiva dei dati e dei valori, al contenuto informativo e allefunzioni svolte dal bilancio d’esercizio. Per rispondere a tale deficit ci si con-centra solo sul miglioramento dei documenti di rendicontazione proponendoneuno nuovo e autonomo – il bilancio sociale – e individuando opportuni principidi redazione.

L’ipotesi sottostante è che standardizzando le caratteristiche del documentodi rendicontazione sociale si possa realizzare una strategia di comunicazione dif-fusa, trasparente e confrontabile. Si trascurano, invece, elementi di tipo strate-gico e comunicativo oltre che contabili, quali il processo di ascolto e dialogocon gli stakeholder. Il rischio è che da un anno all’altro cambino solo le cifredel documento-bilancio sociale, proprio come nel bilancio economico tradizio-nale.

Senza rincorrere una coerenza con la mission aziendale, con i valori e con

STUDI & RICERCHE INEA 65

Page 65: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

l’ambiente di riferimento e senza aver fatto tesoro dei suggerimenti di miglio-ramento provenienti dagli stakeholder (strategia dell’ascolto), il documento as-sume una rigidità che con il tempo si trasforma nella freddezza di un rito di cuisi perde la motivazione e il significato originario (Hinna, 2002).

Il più noto “standard di documento” è il modello predisposto dal Gruppo distudio per la statuizione dei principi di redazione del bilancio sociale» (GBS)2.

A tal fine, il GBS ha definito i principi e le indicazioni procedurali essen-ziali e necessarie per la redazione del bilancio sociale (GBS, 2001). I principisono: la trasparenza, l’identificazione, l’utilità, la responsabilità, la coerenza,l’inclusione, la neutralità, la comparabilità, la significatività e la rilevanza, laverificabilità dell’informazione, l’attendibilità e la fedele interpretazione.

Lo strumento del bilancio sociale previsto dal modello GBS è tripartito inuna sezione dedicata all’identità aziendale, una riguardante la produzione e di-stribuzione del valore aggiunto e un’ultima relativa alla relazione sociale. Laprima riporta la mission aziendale, i valori etici di riferimento e l’assetto istitu-zionale; la seconda riclassifica i dati del bilancio tradizionale raggruppandoli incategorie identificate sulla base dell’interesse degli stakeholder; la relazione so-ciale “racconta” la relazione con gli stakeholder, espone i risultati raggiunti infunzione degli obiettivi programmati ed evidenzia gli effetti prodotti dalla ge-stione sui singoli stakeholder.

Quello del GBS è un modello che copre la dimensione economica, ambien-tale e sociale e si applica a tutte le tipologie di imprese del settore privato.

Secondo questa impostazione non è sufficiente adottare un qualsiasi modellodi bilancio sociale per essere socialmente responsabili, ma è necessario che l’im-presa interiorizzi tutta una serie di valori. Tra i vari modelli che enfatizzano il“processo” di rendicontazione sociale, quello noto come Copenhagen Charterrappresenta la sintesi dei principali approcci al processo esistenti a livello in-ternazionale.

La Copenhagen Charter può essere considerata come una sorta di “ciclo ge-stionale”, declinato rispetto alla costruzione e al mantenimento di una relazionestrutturata con gli stakeholder. Esso, dunque, inquadra il “documento” bilanciosociale come una fase di un più ampio processo di rendicontazione e dialogocon gli stakeholder aziendali (figura 5)

Secondo la Copenhagen Charter l’obiettivo dell’azienda che intende accre-scere la propria responsabilità sociale è riuscire “a creare valore”, integrando i

2 Il GBS è stato fondato nel 1998 ed è costituito da studiosi e da professionisti. Ha la finalità di definirele caratteristiche di uno strumento di rendicontazione sociale che consenta alle aziende di realizzare unastrategia di comunicazione diffusa e trasparente per ottenere consenso fra i propri stakeholder e legitti-mazione sociale.

66 STUDI & RICERCHE INEA

Page 66: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

processi di dialogo e di reporting con gli stakeholder nella mission e nella stra-tegia aziendali. In questa ottica, la rendicontazione sociale diventa un metododi lavoro che orienta il management verso “la responsabilità sociale” e verificala creazione di valore condiviso tra tutti gli stakeholder chiave, siano essi in-terni o esterni all’azienda.

Box 5 - La Copenhagen Charter

La Copenhagen Charter prevede le seguenti fasi di processo di rendicontazione sociale:

Decisione dell’Alta Direzione: è la decisione di creare e gestire un rapporto duraturo e articolato con i pro-

pri interlocutori. L’impegno della struttura apicale è fondamentale sia per l’avvio che per il prosieguo del pro-

cesso.

Identificazione degli stakeholder: all’interno dell’insieme variegato di interlocutori di un’organizzazione vanno

individuati gli stakeholder strategici rispetto ai quali si va a rendicontare.

Dialogo con gli stakeholder: si tratta di costruire con gli stakeholder individuati un dialogo biunivoco e per-

manente attivando gli strumenti in grado di intercettare le istanze dei diversi segmenti di interlocutori.

Determinazione del sistema di indicatori: è il momento cruciale del processo poiché si tratta di costruire un

‘sistema operativo’ di indicatori che rappresenta una parte sostanziale del Bilancio sociale. Vengono definiti

KPI (Key Performance Indicators) e sono delle informazioni sintetiche, di tipo qualitativo e quantitativo, in

grado di testimoniare i risultati ottenuti in maniera chiara, significativa, definita e misurabile.

Monitoraggio performance: si tratta di verificare, attraverso la rilevazione costante attivata tramite gli indi-

catori, la coerenza delle performance realizzate (risultati raggiunti) rispetto agli obiettivi, ai valori, alla mis-

sione dell’organizzazione (in una parola ai suoi “impegni”).

Azioni per il miglioramento: il monitoraggio dà la possibilità di fornire tempestivamente risposte e azioni di

miglioramento sulla base delle indicazioni strategiche derivanti dal processo di rendicontazione sociale.

Preparazione, verifica, pubblicazione del report: è questa la fase in cui viene effettivamente predisposto il Bi-

lancio sociale. Il Report, una volta pronto, va sottoposto ad una verifica esterna (social audit). Ha luogo in-

fine la pubblicazione e la divulgazione del Report, che deve essere vissuta come un evento di legittimazione

sociale.

Feedback degli stakeholder: la raccolta delle osservazioni degli stakeholder serve a migliorare sia il processo

di rendicontazione sociale sia le performance dell’organizzazione in generale.

Un secondo standard di processo molto noto e diffuso è l’AccountAbility1000 (AA1000) elaborato dall’ISEA (Institute of Social and Ethical Accounta-bility) nel 1999. L’AA1000 si basa sullo sviluppo del dialogo e l’instaurazionedi relazioni con tutte le categorie di stakeholder. Tale standard individua le cin-que fasi essenziali della rendicontazione etico-sociale:1. pianificazione (planning), 2. raccolta delle informazioni (accounting),3. verifica e comunicazione (auditing and reporting),4. integrazione nei sistemi (embedding) 5. coinvolgimento degli stakeholder (stakeholder engagement).

STUDI & RICERCHE INEA 67

Page 67: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

Prevede inoltre la definizione di una serie di linee guida da seguire nel si-stema di contabilità e di rendicontazione della responsabilità sociale dell’im-presa, e un insieme di requisiti necessari per le adeguate qualifiche professio-nali (professional qualification).

Il bilancio ambientale si sviluppa alla fine degli anni settanta come evolu-zione del filone della comunicazione sociale delle imprese nord-americane (FreyM., 2002). Una serie di catastrofi ambientali aveva sollevato con forza il pro-blema dell’impatto ambientale dell’attività di impresa. Se negli anni ottanta i rap-porti ambientali erano richiesti alle imprese dalle autorità pubbliche (e cioè eranoobbligatori), negli anni novanta le imprese iniziano a produrre volontariamente iprimi rapporti ambientali, concependoli come destinati a un largo pubblico.

Parallelamente alla proliferazione dei bilanci ambientali si sono sviluppatemolteplici iniziative per standardizzarne le caratteristiche e i contenuti. Tra leiniziative di standardizzazione più note vi sono l’iniziativa della Coalition forEnvironmentally Responsible Economics (CERES) e l’iniziativa dell’United Na-tions Environment Programme (UNEP).

La CERES è un’organizzazione costituita da investitori sociali e ambientali-

68 STUDI & RICERCHE INEA

Figura 5 - Il ciclo della rendicontazione sociale

Fonte: Copenhagen Charter, 1999

Page 68: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

sti e ha di recente generato la Global Reporting Initiative. Si tratta, come me-glio si dirà in seguito, di un progetto concepito su scala mondiale per consen-tire alle imprese multinazionali di avere un riferimento per i propri rapporti am-bientali. Le linee guida comprendono riferimenti alle strategie, agli indicatorichiave, alle performance finanziarie, agli aspetti gestionali, alle relazioni con glistakeholder, alle prestazioni manageriali, operative e di prodotto.

L’iniziativa dell’UNEP ha invece individuato ben 50 elementi di base che ca-ratterizzano un bilancio ambientale. Questi elementi di base sono raggruppati insei sezioni: sistemi e politiche gestionali, prospetto input-output, aspetti econo-mico-finanziari, rapporti con gli stakeholder, sviluppo sostenibile, architetturadel report ambientale.

Nel complesso il bilancio ambientale è un documento informativo nel qualesono descritte le principali relazioni tra l’impresa e l’ambiente, pubblicato vo-lontariamente allo scopo di comunicare direttamente con il pubblico interessato.

In esso sono contenuti: – indicatori di gestione ambientale, che valutano l’impegno profuso nel con-

trollo degli aspetti ambientali; – indicatori ambientali assoluti, che misurano l’entità dei fattori d’impatto ge-

nerati dall’impresa;– indicatori di prestazione ambientale, che valutano l’efficienza ecologica svin-

colandola dalle fluttuazioni del livello di produzione; – indicatori di effetto potenziale, che stimano l’effetto che potrebbe produrre

l’attività dell’impresa sull’ambiente; – indicatori di effetto ambientale, che valutano le variazioni effettive dell’am-

biente dovute all’attività dell’impresa.Rispetto al bilancio ambientale, il bilancio di sostenibilità costituisce una

forma di comunicazione “più completa” che comprende tutte le dimensioni delconcetto di sostenibilità: sostenibilità ambientale come capacità di mantenere laqualità e riproducibilità delle risorse naturali; sostenibilità sociale come capacitàdi garantire condizioni di benessere e opportunità di crescita nel rispetto dei di-ritti umani e del lavoro; sostenibilità economica come capacità di generare red-dito, profitti e lavoro (figura 6).

Si possono definire come caratteristiche distintive del bilancio di sostenibi-lità (Frey M., 2002):– la piena valorizzazione della dimensione ambientale, oltre che di quelle eco-

nomiche e sociali,– l’attenzione al benessere delle generazioni future quali stakeholder cui è ne-

cessario “dare voce”;– la capacità di coniugare dimensione globale e dimensione locale dello svi-

luppo;

STUDI & RICERCHE INEA 69

Page 69: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

– la capacità di essere il risultato di un complessivo processo di interazionenelle politiche di gestione delle variabili socio-ambientali all’interno dell’or-ganizzazione.Passando dagli strumenti agli standard di rendicontazione ambientale il più

noto e diffuso è la Global Reporting Iniziative (GRI). Si tratta di un’iniziativaistituita nel 1997 allo scopo di sviluppare e promuovere linee guida, applicabilia livello globale, per la redazione di un “bilancio di sostenibilità” ovvero di undocumento pubblico e credibile che descriva gli impatti di natura economica,ambientale e sociale che l’impresa o l’organizzazione genera attraverso le pro-prie attività.

La GRI è stata promossa da CERES in partnership con UNEP, e con il coin-volgimento di imprese, ONG, associazioni di esperti contabili, organizzazioniimprenditoriali e altri stakeholder a livello internazionale.

La GRI prende in considerazione le tre dimensioni della sostenibilità, decli-nandole a livello delle varie organizzazioni. Si tratta, rispettivamente della:– dimensione economica (ad esempio, retribuzioni e benefici, spese per la for-

nitura, vendite nette, interessi e dividendi erogati, tasse pagate, andando ol-tre informazioni puramente finanziarie);

– dimensione ambientale (ad esempio, gli impatti di processi, beni e servizi suaria, acqua, suolo, biodiversità e salute umana);

– dimensione sociale (includendo, ad esempio, salute e sicurezza sul lavoro, li-velli occupazionali, diritti dei lavoratori, diritti umani e delle popolazioni in-digene).Per ogni dimensione della sostenibilità le GRI Guidelines individuano cate-

gorie, aspetti e indicatori di performance. Nella versione 2002 gli indicatori sono

70 STUDI & RICERCHE INEA

Figura 6 - Bilancio di sostenibilità e bilancio sociale

Fonte: nostra elaborazione

Page 70: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

stati rivisti, riorganizzati e integrati, specie quelli sociali (pratiche di lavoro, di-ritti umani, responsabilità del prodotto e verso la società) e quelli riguardanti lacategoria economica.

Dopo aver descritto le caratteristiche principali degli strumenti di rendicon-tazione sociale è bene fare alcune considerazioni di carattere metodologico, utiliai fini della realizzazione di un bilancio sociale, ambientale o di sostenibilità.

In sede di avvio dell’iniziativa di rendicontazione può rivelarsi molto utileprestare attenzione agli elementi di seguito indicati.– Il livello gerarchico al quale si colloca l’iniziativa: prima di partire può es-

sere opportuno fare una verifica della convinzione dei massimi vertici ri-spetto al progetto. In tal modo si può scongiurare il rischio di interromperela pubblicazione del bilancio sociale/ambientale/di sostenibilità dopo qualcheanno, disorientando gli stakeholder e tradendo le attese che ai vari livelli, an-che del personale interno, si erano venute a creare.

– Il gruppo di lavoro: è auspicabile che il gruppo di lavoro interno sia coor-dinato da una persona collocata al giusto livello gerarchico e riconosciuta, oriconoscibile, come referente di progetto. È opportuno inoltre che i compo-nenti del gruppo di lavoro, in quanto futuri portatori della conoscenza internain materia di predisposizione del bilancio sociale/ambientale/di sostenibilità,siano il più possibile espressione delle diverse articolazioni interne dell’a-zienda.

– L’informazione interna sull’iniziativa: la realizzazione di un momento di(in)formazione favorisce la conoscenza del progetto, le sue valenze, i risul-tati attesi e gli obiettivi perseguiti. Inoltre si può negoziare la disponibilità acollaborare da parte delle varie unità organizzative anche avvalendosi della“sponsorizzazione” sul progetto da parte dei vertici dell’amministrazione. Cisi può avvalere di strumenti quali: seminari interni sul tema della rendicon-tazione sociale e delle sue metodologie; la predisposizione e la distribuzionedi materiale informativo e divulgativo sul tema del bilancio sociale, ecc.

– L’analisi interna: attraverso l’analisi della documentazione e attraverso in-contri e riunioni con il personale impiegato nelle varie aree, il gruppo di la-voro può procedere all’analisi di alcuni “fattori chiave”, che sebbene diffe-rentemente coniugabili nelle diverse realtà, fanno generalmente capo alle se-guenti aree di indagine: a) la missione istituzionale, i valori e i principali set-tori di intervento; b) gli obiettivi strategici, così come risultano dai molte-plici strumenti di pianificazione generale e settoriale; c) la storia, le inizia-tive attuate e i successi ottenuti; d) il modello di governance (interna); e)l’organizzazione interna e le risorse umane; f) i processi qualificanti, i pro-getti e le principali attività; g) i destinatari delle attività; h) le risorse eco-nomico-finanziarie. L’approfondimento delle predette aree di indagine è

STUDI & RICERCHE INEA 71

Page 71: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

strumentale alla costruzione del bilancio sociale/ambientale/di sostenibilità ealla individuazione dei punti di forza e delle criticità per implementare unefficiente sistema di rendicontazione sociale.

– La definizione della gerarchia delle informazioni: un momento importante èquello della definizione della gerarchia e dell’ordine espositivo delle infor-mazioni che saranno oggetto di rendicontazione. Naturalmente sono possibilimolteplici soluzioni. Tra queste appare interessante la soluzione che prevedela definizione di nuclei di informazioni fondamentali che, trovando una sin-tesi massima nella missione, vengono via via scomposti fino all’unità diinformazione minima (progetto, iniziativa, ecc.) alla quale – in sede di co-struzione del bilancio sociale – viene poi “agganciato” il sistema di contabi-lità sociale (fatti e cifre).

– L’identificazione degli stakeholder chiave: si tratta di una delle fasi più de-licate, in quanto dalla tipologia di stakeholder individuata dipenderà il targetaudience del bilancio sociale, la scelta del livello di approfondimento delleinformazioni rendicontate e la definizione del “linguaggio contabile” più op-portuno. Un utile supporto può essere offerto dalla “matrice attività/stakehol-der” ossia da una tabella a doppia entrata che, partendo dai settori di inter-vento (o da una sommaria elencazione delle attività svolte), individua perogni attività gli stakeholder che sono interessati da (o che influenzano) larealizzazione della stessa. Se si decide di realizzare un bilancio sociale si suggerisce di prendere in con-

siderazione i seguenti ulteriori aspetti.– Identificazione del portafoglio indicatori di base: sulla base della tipologia

di informazioni candidate a costituire gli oggetti di rendicontazione socialepuò essere definito un portafoglio indicatori di base. Per l’identificazione didetto portafoglio sarà utile e necessario, oltre che un’analisi di confronto conaltre esperienze italiane ed estere anche un confronto con il sistema infor-mativo interno all’azienda.

– Stesura del bilancio sociale: sulla base dell’analisi sin qui svolta è opportunoelaborare una prima bozza del bilancio sociale/ambientale/di sostenibilità dasottoporre all’attenzione e approvazione degli organi di governo aziendale.

– Pubblicazione del bilancio sociale: con il supporto da parte di esperti dellacomunicazione, si possono individuare i canali/supporti di comunicazione,nonché il profilo linguistico ed espressivo più idoneo agli scopi preposti ecomunque adeguati alle capacità cognitive delle differenti categorie distakeholder.

– Social Auditing: per evitare l’autoreferenzialità del processo occorre accom-pagnare allo stesso un momento di verifica esterna. Esistono vari approcci eper un approfondimento si rinvia alla letteratura specifica (Hinna, 2005).

72 STUDI & RICERCHE INEA

Page 72: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

3.2.2. Gli strumenti per il consumo socialmente responsabile

Alcune ricerche3 hanno dimostrato che i consumatori vogliono non solo ac-quistare prodotti di qualità e sicuri ma anche sapere se essi siano stati fabbri-cati secondo criteri “socialmente responsabili”. Infatti, i consumatori, oggi, at-tribuiscono grande importanza agli impegni sociali e ambientali di un’impresaal momento dell’acquisto di un prodotto o di un servizio.

Tale atteggiamento rivela prospettive interessanti sul mercato poiché un nu-mero sempre più significativo di consumatori afferma di essere assolutamentedisposto a pagare di più tali prodotti (MORI, 2000). Le principali preoccupa-zioni dei consumatori sono la protezione della salute e della sicurezza dei la-voratori, il rispetto dei diritti dell’uomo nel funzionamento dell’impresa e lungol’intera filiera produttiva (ad esempio il fatto di non ricorrere al lavoro infan-tile), la protezione dell’ambiente, la qualità e la sicurezza.

In risposta a queste istanze si stanno diffondendo numerose iniziative (de-nominate “etichette sociali” e/o marchi) ad opera di singole imprese (eti-chette/marchi autodichiarati), associazioni di categoria o settore, ONG, governi.Le etichette sociali e i marchi devono garantire che il processo di produzionesia esente da qualunque pratica non sostenibile sotto il profilo sociale e/o am-bientale. Inoltre devono garantire una piena trasparenza e un processo di veri-fica indipendente (certificazione).

A questo punto è opportuno analizzare la struttura di alcune iniziative parti-colarmente rilevanti nel settore agricolo e agroalimentare.

3.2.2.1. Le etichette e i marchi etico-sociali

Le etichette sociali e i marchi si caratterizzano per la fissazione di una seriedi principi e di procedure organizzative la cui conformità a criteri di carattereetico-sociale viene certificata da un soggetto qualificato e viene comunicata at-traverso l’apposizione sul prodotto di un’etichetta/marchio.

Da quanto appena detto si desume che è necessario, per poter ricevere l’eti-chetta/marchio, attivare un processo di revisione dell’ordinamento interno al-l’organizzazione cosicché questo possa allinearsi allo standard proposto dall’e-tichetta. È necessario quindi che l’impresa che intende certificarsi adatti il suo

3 Tra le varie fonti disponibili si ricordano ECRA (The Ethical Consumer Research Association), che pro-pone una rivista (Ethical Consumer) anche on-line ed un database on line (Corporate Critic) (www.ethi-calconsumer.org), The Cooperative Bank, che già da alcuni anni pubblica annualmente un rapporto di ri-cerca sul consumo etico (Ethical Consumerism Research Report) (www.cooperativebank.co.uk), e CSREurope, un’organizzazione non profit che promuove a livello europeo la cultura della responsabilità so-ciale e che ha svolto una ricerca sull’atteggiamento dei consumatori verso la responsabilità sociale delleimprese (www.cseurope.org).

STUDI & RICERCHE INEA 73

Page 73: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

sistema produttivo, il suo sistema informativo e il suo sistema di controllo in-terno alle direttive che gli vengono proposte dall’ente promotore dello standard.

Per cercare di rendere le etichette e i marchi il più possibile trasparenti e ve-ritieri si ricorre al meccanismo della certificazione esterna, che ha il compito diverificare se sono stati esattamente compresi e applicati dalle imprese tutti i prin-cipi e le procedure fondamentali.

Le etichette e i marchi sono la categoria di strumenti della responsabilità so-ciale che in assoluto ha fatto registrare la maggior proliferazione di iniziativenegli ultimi anni. Dal momento che le istanze dei consumatori possono essereanche molto diverse tra aziende, settori e/o aree territoriali, si registra una no-tevole eterogeneità di modelli e approcci. Di seguito ne vengono illustrati al-cuni a titolo esemplificativo.

L’Ecolabel (regolamento (CE) n. 1980/2000) è l’etichetta europea di qualitàecologica che premia i prodotti e i servizi migliori dal punto di vista ambien-tale. L’etichetta attesta che il prodotto o il servizio abbia un ridotto impatto am-bientale nel suo intero ciclo di vita.

Possono richiedere l’etichetta le aziende produttrici di beni e i fornitori diservizi, i venditori all’ingrosso e al dettaglio di prodotti e servizi che utilizzinoil proprio marchio e gli importatori. Per tali soggetti l’etichetta costituisce unvantaggio competitivo legato all’aumento di visibilità sul mercato e all’allarga-mento del target clienti.

Per il consumatore invece l’Ecolabel è una garanzia, fornita dalla UE, dellequalità ecologiche e d’uso dei prodotti che permette di fare scelte volte a mini-mizzare gli impatti ambientali negativi dei prodotti industriali.

L’Ecolabel rientra tra gli strumenti preferiti per lo sviluppo di politiche diacquisto sostenibile, attuate sia nel settore pubblico che in quello privato e sicaratterizza per:– la volontarietà: la richiesta dell’Ecolabel è del tutto volontaria. I produttori,

gli importatori o i distributori possono richiedere l’Ecolabel, una volta veri-ficato il rispetto dei criteri da parte dei prodotti;

– la selettività: l’etichetta ecologica è un attestato di eccellenza. I criteri eco-logici e prestazionali sono messi a punto in modo tale da permettere l’otte-nimento dell’Ecolabel solo da parte di quei prodotti che abbiano raggiuntol’eccellenza ambientale. Quando se ne verifichi la necessità, i criteri vengonorevisionati e resi più restrittivi, in modo da favorire il miglioramento conti-nuo della qualità ambientale dei prodotti;

– la diffusione a livello europeo: forza dell’Ecolabel è proprio la sua dimen-sione europea. L’etichetta può essere usata negli Stati membri dell’Unioneeuropea così come in Norvegia, Islanda e Liechtenstein.L’impresa che vuole conseguire l’Ecolabel deve inviare una domanda corre-

74 STUDI & RICERCHE INEA

Page 74: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

data da una documentazione tecnica, al Comitato Ecolabel-Ecoaudit. Tutta ladocumentazione viene giudicata dall’APAT (Agenzia per l’ambiente e per i ser-vizi tecnici) che esegue l’istruttoria tecnico-amministrativa. L’APAT, entro ses-santa giorni, deve verificare la conformità del prodotto ai criteri Ecolabel di ri-ferimento e comunicare il risultato al Comitato. In caso di esito positivo dell’i-struttoria il Comitato, entro trenta giorni, concede l’etichetta e informa la Com-missione europea.

Per le produzioni da agricoltura biologica esiste un sistema di controllo e dicertificazione obbligatori, a valle del quale è possibile apporre il marchio “Agri-coltura Biologica” (regolamento (CEE) n. 2092/91). Ulteriori disposizioni ap-plicative emanate in Italia dall’autorità competente hanno introdotto il mecca-nismo dell’“autorizzazione alla stampa etichette” con relative codifiche e dici-ture obbligatorie.

L’etichettatura dei prodotti da agricoltura biologica trova disposizioni speci-fiche nell’ambito degli artt. 2 (diciture), 4 (definizioni) 5 (requisiti e dicituredell’etichetta) e 10 (dichiarazione/logo di conformità) del regolamento (CEE) n.2092/91.

Gli aspetti essenziali che è bene richiamare parlando di etichettatura dei pro-dotti ottenuti con metodo biologico sono i seguenti:– le indicazioni in etichetta devono evidenziare che quando si utilizza il ter-

mine “biologico” si tratta di un metodo di produzione agricolo o di alleva-mento, non di un requisito di prodotto (concetto rafforzato dal divieto di ri-ferirsi a caratteristiche organolettiche, qualitative o sanitarie superiori);

– il prodotto deve essere stato ottenuto nel pieno rispetto delle norme di pro-duzione e interamente all’interno di una “filiera” sottoposta al sistema di con-trollo obbligatorio, oltre che contenere esclusivamente ingredienti ammessianche qualora si tratti di prodotti importati da Paesi terzi;

– in etichetta deve comparire quantomeno il codice o il logo dell’organismo dicertificazione autorizzato, mentre l’utilizzo del logo europeo non è obbliga-torio.Il marchio “Agricoltura biologica – Regime di controllo CE” indica che il

prodotto finale è stato ottenuto attraverso una composizione di ingredienti di cuiuna determinata percentuale (95%) è stata ricavata con tecniche biologiche.

I punti di forza del marchio da agricoltura biologica sono: – difesa delle produzioni che contribuiscono a mantenere la fertilità del suolo;– sistema di valorizzazione territoriale;– garanzia di derrate alimentari genuine, sicure e di qualità con prodotti con-

trollabili sin dall’origine.Il marchio collettivo di natura pubblica (c.d. marchio geografico) è promosso

da Regioni, Enti locali, Camere di Commercio, Enti parco, associazioni pub-

STUDI & RICERCHE INEA 75

Page 75: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

blico-private (consorzi, consorzi d’area localizzati in zone delimitate, gruppi diazione locale, cooperative) che ne sono proprietari (depositari) (Giuca, 2001). Ilmarchio collettivo, proprio perché si configura per la separazione tra uso e ti-tolarità, viene concesso in uso ai produttori locali che ne fanno richiesta, i qualiaderiscono agli obblighi e alle condizioni previste dalla stessa legge istitutivadel marchio e nel regolamento d’uso e alle caratteristiche qualitative codificatenei disciplinari di produzione o documenti normativi, appositamente predispo-sti. Su incarico del titolare e/o gestore del marchio vengono svolte visite ispet-tive da parte di organismi di certificazione indipendenti e competenti del settoreper verificare la rispondenza del richiedente l’uso del marchio ai requisiti pre-visti nei disciplinari o documenti normativi.

Il marchio collettivo può essere:– un marchio regionale, istituito con legge regionale anche per più categorie

merceologiche di prodotto, per identificare le produzioni agricole locali, so-prattutto quelle ottenute dai programmi di agricoltura integrata;

– un marchio istituito con provvedimenti delle amministrazioni locali e di cuisono titolari le Camere di Commercio per identificare le produzioni agricoletipiche dei territori di Province, Comunità montane, Comuni e altri Enti locali;

– un marchio d’area: marchio dei Consorzi d’area, localizzati in una zona de-limitata per lo svolgimento di attività esterne di promozione e vendita deiprodotti delle imprese consorziate tramite un ufficio comune (art. 2612 c.c.);

– un marchio dei Consorzi di tutela dei prodotti tipici, affidato in gestione, inseguito a legge nazionale, ai Consorzi riconosciuti con decreto ministeriale.Il marchio collettivo è di natura privatistica quando è di proprietà di orga-

nizzazioni o soggetti privati (consorzi di imprese, cooperative) e in tal caso èassoggettato alle norme del Codice Civile.

Il marchio collettivo garantisce la corrispondenza tra il marchio concesso agliassociati e le caratteristiche del prodotto, assicurando il mantenimento di stan-dard ben precisi e consentendo di distribuire i costi che ne derivano (comuni-cazione, promozione, controlli) tra gli associati. Spesso si tratta di un marchioregionale volto a identificare le produzioni agricole locali tipiche o ottenute conmetodi di produzione biologica o con programmi di agricoltura integrata, ri-spondenti a determinati disciplinari di produzione; in questo caso consente diusufruire della sponsorizzazione e del sostegno diretto della Regione. Nel casodi marchio d’area rappresenta uno strumento per consentire all’area stessa disviluppare e consolidare l’offerta dei prodotti tradizionali caratteristici.

I punti di forza del marchio collettivo di natura pubblica sono: – possibilità di pianificare gli aspetti organizzativi e gestionali e di impostare

efficaci azioni di marketing collettivo con il supporto della Regione o del-l’Ente pubblico;

76 STUDI & RICERCHE INEA

Page 76: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

– sistema di valorizzazione territoriale;– consente uno stretto legame tra produzione agricola e prodotto trasformato;– soddisfa il consumatore e la sua crescente ricerca di qualità e di informa-

zione;– nel caso di marchio regionale mantiene e incrementa i livelli di notorietà e

di penetrazione sul mercato acquisiti nelle zone di maggior interesse com-merciale.I punti di debolezza del marchio collettivo sono:

– necessità di garantire quantità costanti di produzione;– contrastare le strategie della grande distribuzione che punta a grosse quan-

tità prodotte e all’omologazione dei gusti a livello nazionale con prodottistandardizzati;

– mancanza di notorietà presso i consumatori (nel caso di prodotti da agricol-tura integrata)4.Le etichette e i marchi sono strumenti per il consumo socialmente responsa-

bile che cercano di promuovere uno sviluppo più equo e sostenibile facendo levasulle scelte di acquisto dei consumatori.

Queste iniziative hanno in genere una portata e un impatto abbastanza limi-tato, dal momento che si rivolgono a delle “nicchie” (i consumatori e i distri-butori più sensibili, ecc.). Nonostante ciò le prospettive di mercato dei beni “eti-chettati” sono positive e crescenti sono le quote di mercato di questi beni ri-spetto a quelli tradizionali. Inoltre molte istituzioni pubbliche e internazionalisono impegnate a promuovere e incentivare le iniziative di consumo responsa-bile anche attraverso campagne di sensibilizzazione e informazione dei consu-matori.

Per essere efficaci le etichette e i marchi devono caratterizzarsi come inizia-tive trasparenti, affidabili, sostenibili e non discriminatorie. La disponibilità diinformazioni accurate e accessibili sulle condizioni socio-ambientali in cui sisvolgono i processi produttivi è una condizione fondamentale per consentire alconsumatore di assumere delle scelte di consumo pienamente consapevoli. Oc-corre garantire una totale trasparenza e controllabilità dei criteri e delle proce-dure di etichettatura e certificazione, nonché dei meccanismi di controllo chevengono utilizzati.

Un fattore di criticità può essere individuato nella proliferazione di differentitipologie e schemi di etichettatura sociale. Ciò può determinare situazioni diconfusione nei consumatori, elemento questo che vanifica il fine stesso per ilquale le etichette sono create: aumentare la capacità di scelta del consumatore.

4 Cfr. Giuca Capitolo IV del presente lavoro.

STUDI & RICERCHE INEA 77

Page 77: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

Rifarsi a schemi già ampiamente diffusi a livello internazionale può permetteredi limitare questo possibile inconveniente.

Un ulteriore aspetto che contribuisce al successo dell’iniziativa è la qualitàe la professionalità dell’ente che certifica il rispetto dei criteri previsti dall’eti-chetta/marchio.

3.3. Conclusioni

Il sistema agroalimentare interviene nella produzione, trasformazione e com-mercializzazione di beni che soddisfano un bisogno primario dell’uomo: l’ali-mentazione. Ne consegue che il ruolo “sociale” del sistema agroalimentare è in-sito nella “missione” delle imprese che lo costituiscono.

Tuttavia non è sufficiente constatare questa innata “responsabilità sociale”del sistema agroalimentare ma occorre chiedersi se tale responsabilità:– sia condivisa e “vissuta” all’interno delle singole imprese,– sia confrontata periodicamente con gli stakeholder,– sia effettivamente alla base delle scelte strategiche,– si rifletta in coerenti e funzionali modelli organizzativi e gestionali,– si rifletta in coerenti atteggiamenti e azioni,– produca risultati concreti e misurabili,– sia misurata e comunicata in maniera comprensibile anche dai non addetti ai

lavori,– venga utilizzata come leva di motivazione interna e di competitività esterna.

È proprio dalla risoluzione di questi importanti interrogativi che dipende ingran parte la capacità di tradurre in azioni concrete i bisogni sottesi alle nuovesfide di fronte a cui il sistema agroalimentare attualmente si trova.

Attraverso l’applicazione degli strumenti di responsabilità sociale al propriocontesto organizzativo, ciascuna impresa agricola e agroalimentare ha l’oppor-tunità: a) di definire i principi etici della sua visione; b) di identificare i propriinterlocutori; c) di assumere impegni precisi nei loro confronti; d) di adottaremetodi di organizzazione e attuazione degli impegni presi; e) di rendicontareagli interlocutori le proprie performance consentendo loro di formarsi aspetta-tive ed esprimere giudizi.

78 STUDI & RICERCHE INEA

Page 78: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

PARTE SECONDA

LA FUNZIONE SOCIALE DELLA RESPONSABILITÀ SOCIALE

DI IMPRESA IN AGRICOLTURA:TRADIZIONE, AMBIENTE, TERRITORIO E COOPERAZIONE

Page 79: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto
Page 80: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

4.1. Premessa

Se un territorio produce materie prime agricole a buon mercato, in assenzadi elementi di qualificazione, in condizioni sociali deplorevoli e senza tenerconto delle questioni ambientali, le imprese che vi operano non possono esseredefinite né economicamente competitive né socialmente responsabili, nei terminiche la letteratura economica assegna a questi concetti.

Un territorio diventa, invece, competitivo, quando è in grado di affrontare laconcorrenza del mercato attraverso la capacità di fare sistema a livello localecon le istituzioni pubbliche, le associazioni agricole, le aziende e le industrie ditrasformazione, garantendo, al tempo stesso, la sostenibilità ambientale, econo-mica, sociale e culturale. Perché ciò avvenga, tuttavia, non solo le imprese de-vono impegnarsi in percorsi di innovazione produttiva e di rafforzamento dellecompetenze imprenditoriali ma devono sussistere alcuni elementi, in particolare:– il rafforzamento del sentimento di attaccamento al territorio delle imprese, in

modo da incrementare le risorse che non possono essere delocalizzate;– il potenziamento del senso del bene comune;– l’integrazione di tutte le risorse del territorio; – la valorizzazione degli elementi comuni legati alla specificità del territorio,

tradizioni, paesaggi, architettura, know-how, per differenziare i prodotti ecreare nuove prospettive di mercato.Un territorio economicamente competitivo produce materie prime agricole di

qualità nel rispetto delle condizioni sociali e delle questioni ambientali ma è so-cialmente responsabile quando le imprese che operano in tale contesto oltre aessere competitive – nei termini classici di produttività, crescita e redditività –riescono a percepire i bisogni sociali, culturali, ambientali e economici locali eli traducono in obiettivi condivisi da realizzare.“L’integrazione su base volonta-ria dei problemi sociali e ambientali delle imprese nelle loro attività commer-ciali e nelle loro relazioni con le altre parti” (CE, 2001a), infatti, è la defini-zione di responsabilità sociale delle imprese per la Commissione europea. LaRSI è, quindi, un approccio innovativo alla gestione d’impresa e alla gestionedelle relazioni con gli stakeholder, attraverso un loro diretto coinvolgimento, ingrado di assicurare un corretto bilanciamento tra dimensione sociale, economica

STUDI & RICERCHE INEA 81

CAPITOLO IVRESPONSABILITÀ SOCIALE DI IMPRESA COME VALORIZZAZIONEDELLA TERRITORIALITÀ E DELLA TRADIZIONE AGROALIMENTARE

Page 81: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

e ambientale, in linea con lo sviluppo sostenibile1. Ma la RSI consente anche,da un lato, di conoscere le culture, le tradizioni e le relazioni del territorio e,dall’altro, di individuare obiettivi, risorse e strumenti degli attori coinvolti nelcontesto di riferimento, al fine di orientare, monitorare e verificare le azioni utilie necessarie alle imprese per gestire un diverso modo di operare, finalizzato aun successo commerciale durevole ma equilibrato sul piano sociale.

Il concetto di fondo è che la RSI consenta di gestire e ridurre al minimo leconseguenze negative di tutte le attività di un’impresa. Nel momento in cui l’im-presa apre, per così dire, la “scatola nera” della governance interna agli attoridella comunità locale, essa stessa diventa attore consapevole degli obblighi so-ciali (Bonomi, 2007) e acquisisce la necessità di una “cultura della qualifica-zione”. Al tempo stesso, la “cultura della qualificazione” rappresenta, in un mer-cato sempre più globale e concorrenziale, la leva più idonea ad assicurare svi-luppo e sostenibilità all’economia del territorio e alle imprese che vi operano;come si avrà modo di illustrare nelle pagine seguenti, tale leva, per il sistemaagroalimentare, è mossa da più vettori: valorizzazione, promozione, tutela e cer-tificazione dei prodotti agroalimentari. mentre la chiave di comunicazione peraumentare l’impatto sui cittadini/consumatori è un insieme di valori salutistici,ambientali e sociali quali benessere fisico, piacere del gusto, tradizione, tipicità,genuinità, territorialità, naturalità ed ecologia.

4.2. Le specificità del territorio come cultura della qualificazione

La valorizzazione degli elementi di specificità del territorio può conferire unvantaggio competitivo all’impresa locale agricola e agroalimentare che si tra-duce in un successo commerciale sostenibile perché consente di:– esaltare la componente sociale, con la presa di coscienza e il riconoscimento,

da parte degli operatori locali, degli aspetti caratteristici del loro territorio edella cultura locale che suscitano l’interesse dei consumatori;

– sviluppare una capacità di rinnovamento, di “modernizzazione” e di adegua-mento costante dei prodotti e dei servizi verso la qualità;

– coinvolgere la popolazione locale e gli attori della filiera – produttori, ope-

82 STUDI & RICERCHE INEA

1 La necessità di rendere compatibili le esigenze dell’economia con le ragioni dell’ambiente è alla base delconcetto di sviluppo sostenibile, che deve essere pensato e implementato con la partecipazione locale alfine di “rispondere alle esigenze del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future disoddisfare le proprie (CE, 2001B)”; il suo perseguimento pone sfide importanti per tutti gli Stati mem-bri: cambiamenti climatici ed energie pulite; trasporti sostenibili; consumi e produzione sostenibili; con-servazione e gestione delle risorse naturali; sanità; inclusione sociale; demografia, migrazioni e povertàglobale (Ce, 2005; Consiglio europeo, 2006).

Page 82: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

ratori e consumatori – anch’essi cittadini del territorio, utilizzando una seriedi strumenti, tra cui i marchi territoriali, le carte di qualità, le strade a tema,gli itinerari dei sapori, per consolidare gli elementi delle attività locali chenon possono essere delocalizzati;

– promuovere forme innovative di contatto e/o compravendita tra aziende e con-sumatori in un’ottica di filiera corta che, conciliando la redditività di chi pro-duce con le capacità economiche dei consumatori, si traducono in un esempiodi produzione agricola e agro-alimentare ad alta valenza economico-sociale. Se, ad esempio, le piccole o piccolissime aziende produttrici di un’area de-

cidono di aggregarsi e adottare un marchio collettivo (Cfr. paragrafo 4.2.2,box 8) per aumentare la massa critica, ridurre i costi e condividere know-how eservizi, potenziando così la capacità di penetrazione nel mercato e la loro com-petitività, possono decidere di fare non solo delle scelte di marketing, ma di porrein essere comportamenti legati all’etica e alla responsabilità personale. A tal fine,queste imprese, oltre a costruire le politiche di marketing con riferimento al mo-dello classico delle 4P delle imprese commerciali2 possono scegliere di:– vendere solo prodotti agricoli locali e promuovere la memoria storica e le

tradizioni agro-alimentari dell’area;– rendere trasparenti i costi di produzione e i meccanismi di formazione del

prezzo, applicando il giusto prezzo finale ai propri prodotti;– inserirsi in un contesto di filiera corta nell’ambito di iniziative e programmi

di sviluppo locale;– adottare percorsi certificati di tracciabilità e qualità dei processi produttivi

e/o inserirsi in un contesto di filiera regionale con obiettivi di trasparenza,tracciabilità e qualità;

– condividere i comportamenti di consumo responsabile – dove sono fonda-mentali le valutazioni di ordine etico e l’attenzione alla qualità sociale delprodotto o del servizio – costruendo un contatto diretto con i consumatori,ad esempio:a) proponendo prodotti locali di cooperative sociali3 e/o imprese femminili;

2 Le politiche del modello classico delle 4P incidono: 1) sul prodotto, con le decisioni sul mix assorti-mento/servizi/formula distributiva che l’impresa intende offrire; 2) sul prezzo, con le decisioni sul livellodei prezzi (e sul margine lordo globale) per ogni mix assortimento/servizi/formula; 3) sulla promozione,con le decisioni sul mix dei fattori di comunicazione per la promozione dell’attività economica dell’im-presa; 4) sul punto di vendita (PDV), con le decisioni sulla logistica e sulle scelte ubicazionali dei PDV(Cuomo, 1984).

3 I prodotti cooperativi presentano caratteri con una forte valenza etica, quali la responsabilizzazione delsocio produttore, la solidarietà imprenditoriale, la valorizzazione mutualistica del lavoro e dei prodotticonferiti dai soci, il forte radicamento territoriale e il controllo dell’intera filiera. Per approfondimenti siveda il capitolo VIII.

STUDI & RICERCHE INEA 83

Page 83: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

b) instaurando rapporti economici stabili con uno o più Gruppi di AcquistoSolidale (Gas)4;

c) organizzando e coordinando la fase commerciale con la partecipazione ela condivisione dei fini e delle modalità tra produttori e consumatori;

d) promuovendo visite guidate e degustazione presso le aziende per esaltarele metodiche di lavorazione.

Nel settore dei prodotti tipici l’interfaccia tra produzione e distribuzione èresa complessa dai limiti strutturali di imprese spesso a carattere semi-artigia-nale e, nel caso di un bacino territoriale di produzione del tipico, diventa indi-spensabile l’implementazione di strategie logistiche a costi variabili e la gestionecollettiva degli operatori a livello territoriale; ciò incide sulla crescita del valorecreato e della redditività complessiva delle filiere agroalimentari e artigianalidell’area.

Tuttavia, anche le piccole o piccolissime imprese non consorziate possonomigliorare la propria competitività e al contempo adottare comportamenti so-cialmente responsabili calibrandoli alla propria dimensione5; le esperienze difiliera corta, programmate con il coinvolgimento di tutti gli attori e caratteriz-zate dal “dialogo” a tutti i livelli – produttori, trasformatori, dettaglianti e con-sumatori – si configurano come uno strumento nei processi di sviluppo ruraleall’interno di strategie di promozione del territorio e rappresentano, proprio peri piccoli produttori in particolare, un’opportunità per migliorare il loro posi-zionamento strategico e, al tempo stesso, ne facilitano l’inserimento nelle retisocio-istituzionali, ad esempio per la fornitura al sistema della ristorazione lo-cale di qualità e delle mense pubbliche. Queste esperienze e tutte le forme divendita diretta in una logica di recupero, valorizzazione e gestione del territo-rio all’insegna della creazione di circuiti “corti” di produzione/consumo o diproduzione/trasformazione/consumo, sono basati su un rapporto stretto con iconsumatori6 e rientrano a pieno titolo nella RSI, diventando parte della “cul-

4 I GAS sono gruppi di acquisto che non si configurano come un mero strumento di risparmio ma, par-tendo da un approccio critico al consumo, applicano il principio di equità e solidarietà ai propri acquisti,scegliendo i fornitori sulla base della qualità del prodotto e dell’impatto ambientale totale (prodotti lo-cali, alimenti da agricoltura biologica o integrata, imballaggi a rendere, ecc). Per approfondimenti:http://www.retegas.org.

5 Comportamenti socialmente responsabili impossibili per le imprese artigiane sono invece alla portata dellegrandi imprese commerciali come, ad esempio, contribuire a ridurre gli sprechi alimentari attraverso ilrecupero degli alimenti non più commercializzabili ma perfettamente commestibili per sostenere il vo-lontariato cittadino impegnato nella lotta alla povertà.

6 Tra queste si citano: la vendita diretta in azienda; la vendita a negozi specializzati, a spacci aziendali, acomunità, a ristoranti «tipici»; la vendita nei “mercati contadini” da parte delle imprese aderenti alle or-ganizzazioni del biologico o ad associazioni di piccoli produttori; outlet di prodotti agricoli gestiti informa diretta o associata in specifici ambiti territoriali; vendita on-line; vendita su catalogo.

84 STUDI & RICERCHE INEA

Page 84: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

tura della qualificazione” del territorio e delle imprese artigiane che vi operanoe creando nuove sinergie tra agricoltori, ristoratori, commercianti e consuma-tori organizzati.

4.2.1. Valorizzare la tipicità dei prodotti e le tradizioni del territorio è respon-sabilità sociale

Nei Paesi industrializzati si assiste a una crescente delocalizzazione produt-tiva, veicolata dalla grande distribuzione transnazionale e fortemente condizio-nata dal profitto, con il risultato che gli alimenti, prima di arrivare sulle tavoledei consumatori o, paradossalmente, ritornare addirittura nel luogo in cui sonostati coltivati, percorrono migliaia di chilometri, consumano energia, inquinanol’ambiente e sono sottoposti a manipolazioni e trattamenti per evitare il natu-rale deterioramento (Franci, 2007).

Allo stesso tempo, i requisiti di natura merceologico-mercantile e igienico-sanitaria, a cui un tempo era legata la qualità degli alimenti, sono diventati or-mai imprescindibili per il consumatore, sempre più esigente e attento ai prodottiche mangia, alla loro provenienza, ai metodi di coltivazione, alle caratteristichespecifiche e alle proprietà nutrizionali. Il cibo oggi riveste un ruolo primario nelrapporto con l’ambiente in cui il consumatore/cittadino si trova a vivere e sullaspinta emozionale degli scandali alimentari e delle crisi sanitarie che hanno in-vestito il sistema agro-alimentare negli ultimi anni si assiste a una maggiore pro-pensione verso i prodotti tipici7, lavorati con sapienza artigianale, in grado direstituire al consumatore una certa tranquillità a tutela della salute (box 6). Lavoglia di riscoprire i prodotti autentici e genuini del territorio (le “buone cosedi una volta”), di guardare alle origini culturali eno-gastronomiche o, più sem-plicemente, il desiderio di nuove esperienze di gusto, stanno alimentando sagre,fiere, mercatini e tutte quelle iniziative dedicate ai prodotti tipici locali, confer-mando i legami intersettoriali esistenti con le attività turistiche, con il patrimo-nio artistico-culturale e con quello ambientale-naturalistico. In questo processo,ogni elemento aggiuntivo può essere percepito come un plus dal cliente-consu-matore viene da questi incluso nel concetto stesso di qualità dei prodotti agroa-limentari, accrescendone il valore aggiunto in termini di genuinità, bontà e sa-lubrità (box 7).

7 Non solo verso quelli che hanno ottenuto un riconoscimento giuridico – prodotti con marchio di origine(DOP, IGP, IGT, DOC, DOCG), con marchio collettivo e prodotti agroalimentari tradizionali inseriti nel-l’elenco nazionale del MIIPAAF – ma anche verso quelli ritenuti caratteristici di un’area per opinionediffusa e condivisa sulla base di specifici elementi (Cfr. box 8).

STUDI & RICERCHE INEA 85

Page 85: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

Box 6 - Elementi che conferiscono tipicità a un prodotto agroalimentare

Localizzazione geografica: le condizioni ambientali dell’area di coltivazione o allevamento imprimono al pro-

dotto caratteristiche non riproducibili.

Metodiche di lavorazione: sono tradizionali e artigianali con l’utilizzo di materie prime locali.

Memoria storica: il prodotto è direttamente collegabile alla storia e alle tradizioni del luogo di produzione.

Qualità organolettiche e nutrizionali del prodotto: strettamente connesse ai criteri precedenti conferiscono gu-

sto, genuinità e unicità al prodotto.

Le imprese agricole e agroalimentari si trovano, quindi, a dover garantireprodotti di qualità certificata e di provenienza certa per posizionarsi sul mercatoed essere competitive ma, allo stesso tempo, possono acquisire un maggiore van-taggio competitivo aprendosi a concezioni diverse del produrre e del consumare,basate su valori, principi, significati e obiettivi – come quelli ambientali, cultu-rali ed etici – sostanzialmente diversi rispetto a valori e obiettivi puramente eco-nomici. In particolare, i processi di valorizzazione locale dei circuiti di produ-zione e consumo vedono convergere obiettivi e interessi dei consumatori e deiproduttori per raggiungere condizioni di sostenibilità delle produzioni agroali-mentari a beneficio delle collettività rurali; la dinamica di questi processi, in-fatti, tende a soddisfare i nuovi bisogni percepiti dai consumatori – non soloqualità organolettica, sicurezza e naturalità ma anche valenza ecologica, aspetticulturali e contenuto etico delle produzioni – e allo stesso tempo offre oppor-tunità di qualificazione e di posizionamento ai produttori, in uno scenario dimercato in cui le pressioni provenienti dai meccanismi della competizione – na-

86 STUDI & RICERCHE INEA

Box 7 - Elementi che conferiscono qualità a un prodotto agroalimentare

Pre-requisiti

(imprescindibili per il consumatore)

Requisiti merceologici-mercantili: ad esempio fre-

schezza, gusto, aroma, colore;

Requisiti igienico-sanitari: oltre al condizionamento

e all’imballaggio, devono garantire l’assenza di resi-

dui e la risoluzione di problemi di carattere fitosani-

tario, nell’ottica più ampia della sicurezza alimentare

e delle norme cogenti sull’etichettatura e la rintrac-

ciabilità di alimenti, mangimi e loro ingredienti (pos-

sibilità di risalire all’origine del prodotto attraverso

tutte le fasi della produzione, della trasformazione e

della distribuzione).

Elementi aggiuntivi

(plus per il consumatore)

Zona geografica d’origine del prodotto: richiama ele-

menti quali la tipicità, la tradizione, la genuinità

Contenuti nutrizionali e salutistici: specificità intrin-

seche dei prodotti anche di natura sensoriale; assenza

di organismi geneticamente modificati;

Fattori etico-sociali: ad esempio produzione rispet-

tosa dell’ambiente; benessere degli animali; sicurezza

dei lavoratori; commercio equo;

Marchio: (industriale, commerciale, private label) e i

servizi incorporati (conservabilità, facilità d’uso, tipo

di confezionamento/packaging);

Qualità certificata da terzi: dei sistemi, dei prodotti,

dei processi (rintracciabilità di filiera) e dei metodi di

produzione.

Page 86: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

zionale e internazionale – sono destinate a crescere. La valorizzazione della pro-duzione locale rappresenta, infatti, una strategia per la salvaguardia del tessutoagricolo locale e del patrimonio di produzioni di qualità, finalizzata a sostenereil “made in Italy” e la reputazione di cui godono le nostre produzioni agroali-mentari all’estero.

Ma se, da un lato, le produzioni tipiche hanno un’identità ben specifica chetrae origine dalla forte caratterizzazione del “sistema locale” in cui nascono (ter-ritorio, risorse naturali, cultura, aziende e organizzazione degli operatori, cono-scenze e competenze specifiche), rappresentando un patrimonio storico-culturalee un “sapere” che si è tramandato nel tempo, dall’altro esse sono spesso il ri-sultato di attività svolte in aree meno favorite, esterne ai poli dell’agro-industriaintensiva. La loro valorizzazione presuppone azioni finalizzate a vari livelli e,per molti dei prodotti tradizionali, risulta strettamente correlata al miglioramentodel contesto complessivo in cui sono inserite, allo sviluppo del turismo rurale,al rafforzamento delle tendenze in atto che vedono, come accennato, il consu-matore sempre più informato, attento ed esigente in fatto di qualità e salubritàdegli alimenti.

Sul fronte giuridico, la normativa comunitaria che regolamenta le produzionidi origine (Cfr. paragrafo 4.2.2) ha come obiettivo la tutela dei prodotti attra-verso norme (disciplinari di produzione, standard di qualità, ecc.) il cui rispettogarantisce la qualità dei prodotti, ma non necessariamente la loro tipicità insenso tradizionale. Ne consegue che anche quelli che, per denominazione rego-lamentata, vengono definiti prodotti tipici, sono spesso sottoposti a una stan-dardizzazione della produzione e dei gusti, e restano legati ad un’area di pro-duzione più per una questione puramente geografica che per un vero radica-mento nella storia socio-culturale di un territorio. Dunque, i regolamenti comu-nitari sulle denominazioni d’origine rappresentano il quadro normativo di rife-rimento essenziale per la valorizzazione dei grandi prodotti tipici italiani e persupportare politiche di espansione delle esportazioni, mentre le produzioni tipi-che e in particolare quelle tradizionali (Cfr. paragrafo 4.2.2, box 8), non sem-pre possono rientrare negli schemi segnati dalla regolamentazione comunitariaa causa della ridotta scala produttiva, dell’eterogeneità delle produzioni e dellaframmentazione delle aziende produttrici, difficilmente organizzabili in con-sorzi. Ma la componente culturale e sociale è fortemente presente in tutto il co-siddetto “giacimento delle nicchie” in cui rientra un numero elevato di prodottinazionali con caratteristiche molto distinte ma con dimensioni di scala molto ri-dotte, tra cui alcuni prodotti DOP e IGP, i prodotti tradizionali, i prodotti a mar-chio collettivo contraddistinti da una forte specializzazione tanto delle materieprime quanto della localizzazione della trasformazione; alcuni di questi prodotti,inoltre, sono a “filiera chiusa”, ovvero consumati pressoché integralmente nel-

STUDI & RICERCHE INEA 87

Page 87: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

l’ambito della ristretta area di produzione oppure sono prodotti di eccellenza,perché conosciuti e consumati da una fascia “elitaria” di estimatori nazionali einternazionali. Spesso i prodotti di nicchia vengono lavorati solo a livello arti-gianale in condizioni organizzative non consone alle richieste del mercato (eti-chettatura, rintracciabilità), con conseguente difficile – se non impossibile – im-missione su canali commerciali significativi, oppure raccolgono una domandapotenziale molto superiore all’offerta che, proprio a causa delle limitazioni im-poste dai ristretti confini dell’area di approvvigionamento delle materie prime,non riesce ad essere completamente soddisfatta.

Tali prodotti, però, assumono valenza proprio perché si caratterizzano come“arte del particolare” e possono contribuire allo sviluppo di determinate aree ru-rali. Se, pertanto, la loro valorizzazione avviene in sede locale attraverso i circuitidell’agriturismo e del turismo rurale o attraverso i canali della vendita diretta edella ristorazione, strategie di commercializzazione mirate sul consumatore e inun’ottica di sistema possono conferire valore aggiunto a questi prodotti, perfino aquelli con caratteristiche di commodity (pasta, pane, conserve di pomodoro) le-gati, però, a territori di eccellenza paesaggistica e artistica, in grado di esprimerevalori materiali e immateriali riconoscibili dal consumatore8; in questo ambitogioca un ruolo chiave esaltarne la componente culturale, etica e sociale.

Sul lato opposto, il marchio collettivo istituito con legge regionale o natocome oggetto di accordo di programma9, in cui ricadono anche prodotti a deno-minazione di origine che risultano strutturati dal punto di vista del modello pro-duttivo e di commercializzazione, rappresenta un progetto multidimensionale dipiù ampio respiro, in cui l’agricoltura e le attività economiche connesse, la di-fesa e la valorizzazione dell’ambiente e del territorio convergono; tale progettoha una valenza etica non solo in quanto elemento distintivo della qualità agroa-limentare di un particolare territorio ma perché ha tra le sue finalità quella di mi-gliorare le filiere anche in chiave di sviluppo rurale e di opportunità di crescitadell’occupazione nel settore della produzione, rintracciabilità e diffusione dei pro-dotti. Nelle aree rurali, in particolare, e nelle aree a forte valenza ambientale (èil caso delle aree protette), il marchio collettivo d’area diventa un riconoscimentoal senso di appartenenza e alla qualità di una nuova e moderna economia che sista sviluppando con forte condivisione nei territori un tempo marginali, garan-

8 Il successo di un prodotto sul mercato è indissolubilmente correlato alla riconoscibilità dello stesso daparte del consumatore nonché alla sua idoneità ad essere distinto e preferito rispetto alle altre offerte pre-senti nella stessa categoria merceologica.

9 Si cita, al riguardo, il Programma “Marchi d’Area – Strumenti per lo sviluppo dell’occupazione nel set-tore agroalimentare” promosso da Italia Lavoro spa e ammesso a contributo dal Ministero del lavoro edelle politiche sociali (dm 23/5/05) per favorire lo sviluppo economico ed occupazionale di territori aforte vocazione rurale (www.italialavoro.it/progettomda/home.asp).

88 STUDI & RICERCHE INEA

Page 88: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

tendo l’origine, la natura e la qualità sia dei prodotti, sia dei servizi e delle atti-vità dell’area (produzione, turismo, ricettività, ristorazione, artigianato).

Anche nelle politiche di valorizzazione e promozione delle produzioni tipi-che a marchio collettivo e a marchio di origine e dei prodotti agroalimentari tra-dizionali vi può essere una forte componente etica e sociale; è il caso delle“strade dei sapori”, attraverso le quali si punta a valorizzare e promuovere an-che il patrimonio architettonico e ambientale pubblico/privato dei territori aiquali tali prodotti sono legati. Inizialmente nate sul binomio vino-turismo come“strade del vino”10, sono iniziative locali gestite e regolamentate dalle singoleRegioni che si sono estese nel corso degli anni ad altre produzioni tipiche lo-cali e alla gastronomia, interessando aree più o meno vaste di produzione edando luogo a “strade dell’olio”, “strade del latte e dei prodotti derivati”, “stradedel tartufo” e così via, fino alle “strade del gusto” e alle “strade dei sapori”.

Le “Strade” si snodano in percorsi segnalati e pubblicizzati, lungo i qualiconvivono valori naturali, culturali e ambientali – vigneti, cantine, oliveti, fran-toi, tartufaie, caseifici, ecc. – di aziende, produttori e trasformatori, singoli econsorziati, aperti al pubblico, le cui produzioni, necessariamente tipiche e diqualità (certificate da marchio di origine o marchio collettivo e prodotti tradi-zionali), possono essere commercializzate e fruite in forma turistica attraversola degustazione o la mescita dei vini. Questi percorsi, infatti, non solo com-prendono enoteche, ristoranti, bar, sagre, imprese turistico-ricettive e struttureagrituristiche, ma anche componenti architettoniche, come ville e castelli, mu-sei del vino, delle produzioni, della tradizione e della cultura contadina. La com-ponente etica e sociale delle “Strade” si può ricondurre al fatto che esse man-tengono la tradizione e promuovono le peculiarità e lo sviluppo economico delterritorio con azioni specifiche e condivise, quali: attività culturali, didattiche ericreative; formazione professionale; indagini di mercato; iniziative di informa-zione tecnico-scientifica e commerciale a favore degli operatori del settore; ri-cerca nel campo delle produzioni tipiche attraverso la formazione di centri spe-rimentali o centri di eccellenza.

4.2.2. Garantire la qualità dei prodotti è responsabilità sociale

Senza dubbio la RSI può essere messa in relazione con l’evoluzione dellestrategie aziendali nel XX secolo che ha portato a una maggiore sensibilità del

10 Le “Strade del vino” sono disciplinate dalla legge 268/99. Non tutte le Regioni hanno adottato i provve-dimenti di applicazione, tuttavia in alcune sono stati approvati progetti di “strade” portati avanti da Co-mitati promotori formati da Comuni, Camere di Commercio e privati, mentre in altre esistono itineraririconosciuti con provvedimenti normativi antecedenti al 1999.

STUDI & RICERCHE INEA 89

Page 89: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

management verso i molteplici aspetti della qualità e della percezione della qua-lità nella mente del consumatore. Da un’azienda orientata alla produzione, ne-gli anni Trenta e Quaranta, si è passati a un concetto di azienda orientata allavendita e poi al mercato secondo il concetto di marketing negli anni cinquantae sessanta, per cui l’azienda non vende tutto ciò che produce ma produce tuttociò che vende. L’orientamento aziendale ha continuato ad evolversi sino ad ar-rivare al marketing contemporaneo, con una dimensione di azienda orientata alcliente e poi, nel nuovo millennio, a una nuova visione delle politiche nella vitaquotidiana dell’impresa, ovvero a un’impresa orientata agli stakeholder, intesicome soggetti in relazione con essa, dai clienti/consumatori ai fornitori, dagliazionisti all’intera comunità.

Insieme all’evoluzione delle aziende è cresciuto e si è apprezzato il concettodi qualità non solo di prodotto ma di processo, alla luce anche del costante mi-glioramento della produzione agricola e delle pratiche industriali di trasformazioneche hanno portato con sé un insieme di fattori di forte impatto sull’opinione pub-blica per i rischi connessi alla salute e all’ambiente: l’utilizzo di fertilizzanti, an-tiparassitari, anticrittogamici e diserbanti e le manipolazioni chimico-industriali(additivi, conservanti, coloranti, aromi artificiali), biochimiche (ormoni, antibio-tici, farmaci) e biotecnologiche (organismi geneticamente modificati).

Allo stesso tempo, il succedersi di episodi di adulterazione, di sofisticazionee di forme di contaminazione alimentare, nonché il verificarsi di gravi crisi sa-nitarie nel settore agro-zootecnico e alimentare in numerosi Paesi europei, dal-l’encefalopatia spongiforme bovina (Bse) all’influenza aviaria, hanno posto latematica della sicurezza alimentare al centro dell’attenzione del consumatore masoprattutto delle istituzioni. Così, nel 2000, la sicurezza degli alimenti destinatial consumo umano e animale è divenuta una priorità strategica della Commis-sione Europea che ha adottato un approccio integrato e scientifico dell’intera ca-tena alimentare “dai campi alla tavola”, che ha il fulcro nell’Autorità europeaper la sicurezza alimentare (EFSA) e nelle nuove procedure nel campo della si-curezza alimentare; tale approccio si è tradotto in un corpus normativo ampioe complesso e in strumenti operativi nuovi ed efficaci al fine di garantire al con-sumatore europeo livelli di protezione elevati e prodotti alimentari sicuri11.

11 Tale approccio ruota attorno a punti cardine quali: il controllo della filiera; la responsabilizzazione delproduttore; la rintracciabilità dei percorsi degli alimenti dei mangimi e dei loro ingredienti; i sistemi diallarme rapido sui rischi alimentari; l’informazione nei confronti del consumatore (Libro bianco dellaCommissione sulla sicurezza alimentare, COM 719/00; regolamento (CE) 178/02). Un insieme struttu-rato di norme innovative e significative (c.d. “pacchetto igiene”) si è andato recentemente ad affiancareall’obbligo della rintracciabilità di alimenti e mangimi, disciplinano l’igiene di prodotti alimentari e man-gimi, i criteri microbiologici applicabili ai prodotti alimentari, le disposizioni di polizia sanitaria e il si-stema dei controlli.

90 STUDI & RICERCHE INEA

Page 90: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

L’Unione europea, inoltre, ha riconosciuto un fondamento normativo ai per-corsi, anche sovrapponibili, della valorizzazione della qualità delle produzioniagricole, agroalimentari e zootecniche che incentivano, valorizzano e promuo-vono i seguenti elementi: – l’origine geografica (legame con il territorio), la tradizionalità del processo

produttivo e il talento dell’uomo che conferiscono tipicità al prodotto (rego-lamenti (CE) n. 509/2006 e 510/2006 che vanno a sostituire i regolamenti(CEE n. 2081/92 e 2082/92; legge 164/92 per i vini);

– l’impiego di pratiche ecocompatibili rispettose dell’ambiente e della salutedell’uomo, di cui sono un esempio i prodotti ottenuti con metodo biologico(regolamento (CE) n. 834/07 che sostituisce il regolamento (CEE)n. 2092/91) e i prodotti ottenuti da agricoltura integrata12.Negli anni, la politica comunitaria della qualità dei prodotti agroalimentari

si è intersecata con le politiche della sicurezza alimentare, della tutela dei con-sumatori e della compatibilità ambientale dei sistemi produttivi, connesse, amonte, con scelte di indirizzo di carattere generale per l’agricoltura, quali la tu-tela degli stessi operatori, lo sviluppo delle zone rurali, la salvaguardia del-l’ambiente, la difesa della biodiversità, la rintracciabilità e l’etichettatura deiprodotti alimentari.

Specificatamente, la rintracciabilità degli alimenti e dei mangimi e la loroetichettatura13, soddisfacendo i bisogni di informazione e tutelando il diritto discelta dei consumatori, convergono verso lo stesso obiettivo di garantire e cer-tificare istituzionalmente i prodotti immessi sul mercato; addirittura, i regola-menti sulle denominazioni di origine e sull’agricoltura biologica, che hanno rap-presentato una novità nella gran parte dei Paesi comunitari, si sono tradotti inuno strumento di differenziazione del prodotto sul mercato, dunque in uno stru-

12 A livello comunitario non esistono regole cogenti ma l’UE ne incentiva l’utilizzo, così come avviene peri sistemi di produzione biologici, nell’ambito delle misure agroambientali nei Piani di sviluppo rurale; alivello nazionale è regolamentata dalle norme sulla lotta guidata e integrata e dalla legislazione sui mar-chi, mentre a livello territoriale è definita da leggi regionali. Solo recentemente si è costituito il Comi-tato Produzione Integrata (D.M. 2722 del 17.04.2008) che ha approvato le Linee guida nazionali di pro-duzione integrata 2008-2009.

13 Le severe regolamentazioni UE in materia di etichettatura dei prodotti alimentari hanno armonizzato lenorme nazionali e dettato criteri specifici e settoriali che hanno permesso di certificare, in tutti gli Statimembri, la genuinità e la provenienza dei prodotti; oltre a disciplinare l’utilizzo di denominazioni asso-ciate a prodotti di qualità provenienti da particolari regioni (DOP/IGP), l’UE ha regolamentato l’identi-ficazione e la rintracciabilità per carni bovine, prodotti ittici, ortofrutta fresca, latte fresco, uova, miele,prodotti da agricoltura biologica, Ogm e, facoltativamente, carni di pollame (con l’aggiunta di un mar-chio sanitario). Norme specifiche, inoltre, sono state dettate per la data di scadenza, per il peso netto, perla presenza di coloranti, conservanti, edulcoranti e additivi chimici, per l’aggiunta di vitamine e minerali,per gli allergeni negli ingredienti, per l’etichettatura nutrizionale, per i prodotti alimentari destinati al-l’infanzia, per quelli dietetici e per gli integratori alimentari.

STUDI & RICERCHE INEA 91

Page 91: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

mento di politica competitiva che assume una veste istituzionale in quanto è lastessa Comunità che si fa garante nei confronti del consumatore della qualitàdei prodotti a marchio (box 8) distinti da denominazioni, menzioni e loghi spe-cifici che rinsaldano il loro legame con il territorio rafforzando, al contempo, iltessuto rurale. I regolamenti tutelano tanto i produttori nei confronti di un usonon corretto della denominazione quanto, soprattutto, i consumatori riguardo allespecifiche qualitative del prodotto, garantendone la rispondenza a un discipli-nare di produzione e a specifici parametri tecnici che caratterizzano la filieraproduttiva.

Il contesto competitivo dei canali distributivi nazionali ed esteri e la man-canza di una adeguata politica commerciale hanno penalizzato l’utilizzo del mar-chio comunitario14, gravato dai costi dei controlli e dei sistemi di garanzia a ca-rico dei produttori. Le imprese private e le cooperative della zona interessatadalla DOP/IGP spesso preferiscono utilizzare i marchi commerciali collettivi; inalcuni casi, la reputazione del marchio aziendale/collettivo è talmente consoli-data che risulta superiore a quella della DOP e l’utilizzo della denominazionerischierebbe di “appiattire” la percezione che il consumatore ha del livello qua-litativo del prodotto commercializzato.

Il marchio aziendale (brand) è la massima espressione sintetica di un insiemedi valori che l’impresa vuole trasmettere al mercato e al consumatore; la per-cezione che il consumatore ha del livello qualitativo del prodotto commercia-lizzato con quel marchio rappresenta la “reputazione” di quel marchio e dunquela reputazione dell’impresa ad esso associata15.

Le imprese che adottano una strategia di marketing concentrata sulla valo-rizzazione del loro marchio sono maggiormente esposte all’opinione pubblica;la reputazione, per queste imprese, rappresenta uno dei fattori critici di suc-cesso proprio perché il marchio è l’unica cosa immediatamente percepita dalconsumatore che non sa nulla delle strutture produttive che portano alla pro-duzione e alla commercializzazione di quel bene sul mercato. Il marchio, dun-que, assume la natura di garanzia per il consumatore e di veicolo pubblicita-

14 Seppure l’Italia vanti il primato europeo per numero di prodotti riconosciuti DOP, IGP e STG (174, parial 20,9% del totale Ue) e vi siano denominazioni storiche e di alta reputazione (Parmigiano Reggiano,Grana Padano, Prosciutto di Parma, ecc.), l’utilizzo delle denominazioni protette non ha generato l’attesosviluppo di nuove denominazioni con elevate potenzialità commerciali e di rilevanza economica per l’a-gricoltura nazionale (ortofrutticoli, olio, carni fresche), così come non si è avuta una crescita significa-tiva – in termini numerici e di fatturato – delle cosiddette denominazioni “minori”, la cui notorietà, tut-tavia, continua ad avere una dimensione soprattutto locale (nicchie di mercato).

15 Un prodotto viene reputato di marca non per il logo ma per l’opinione che il mercato ne ha e per lo sta-tus che conferisce al proprietario; il brand rappresenta non solo l’anima del prodotto ma lo specchio dellareputazione aziendale nel mercato (Muzzarini, 2007).

92 STUDI & RICERCHE INEA

Page 92: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

rio; in questi casi, più che valutare la convenienza a introdurre la responsabi-lità sociale come valore associato al brand, è importante evitare che al mar-chio vengano associati comportamenti socialmente irresponsabili. In altre pa-role, se il mercato si dimostra attento alle tematiche sociali l’impresa non puònon «allineare il proprio marchio a un vettore di comportamenti etici e re-sponsabili (…). In questo caso è il mercato a spingere con ‘le spalle al muro’le corporation, influenzando intere strategie di marketing in funzione delle pre-ferenze del consumatore» (Mazzarini, 2007, p. 9). Piuttosto che maturare dauna scelta manageriale è il mercato a spingere il brand nella direzione dellaRSI, soprattutto quando si tratta di un marchio di qualità che ha una reputa-zione consolidata sul mercato e deve continuare a rispondere, quindi, alle aspet-tative del consumatore.

Box 8 - Certificazione regolamentata: i marchi di qualità per la produzione agroalimentare

MARCHIO DI ORIGINE (DENOMINAZIONE) – Identifica le caratteristiche del prodotto indissolubilmente

legate all’area geografica di provenienza o al processo di produzione ed è concesso solo ai produttori di quella

zona. Rientrano in questa categoria:

– Denominazione di Origine Protetta (DOP) e Indicazione Geografica Protetta (IGP), previsti dal regola-

mento (CE) n.510/06; Specialità tradizionali garantite (STG), previste dal regolamento (CE) n. 509/06. I

disciplinari di produzione devono essere approvati con regolamento (CE).

– Denominazione d’Origine Controllata (DOC), Denominazione d’Origine Controllata e Garantita (DOCG),

Indicazione Geografica Tipica (IGT), previsti solo per il vino da: regolamento (CE) n. 1493/99; legge

164/92; D.p.r. 348/94. I disciplinari di produzione devono essere approvati con decreto ministeriale.

– Menzione “Prodotto nella montagna”- prevede per i prodotti DOP e IGP delle aree montane la possibi-

lità di fregiarsi della menzione aggiuntiva, previa iscrizione ad uno specifico albo presso il MIPAAF

(legge 289/02, art. 85).

– Prodotto tradizionale (d.lgs. 173/98; D.M. 350/99) – categoria di prodotti agroalimentari iscritti nel re-

gistro istituito presso il MIPAAF, aggiornato da ultimo con il D.M. 16.06.08 le cui metodiche di lavora-

zione, conservazione e stagionatura – riconosciute in deroga alla normativa comunitaria – risultano con-

solidate da almeno 25 anni.

MARCHIO DI PRODUZIONE CON METODO BIOLOGICO – Prevede la menzione “biologico” per i pro-

dotti agricoli vegetali e animali ottenuti con metodo biologico ai sensi del regolamento (CE) 834/07 (che so-

stituisce il regolamento (CEE) n. 2092/91), il numero di codice dell’autorità o dell’organismo di controllo cui

è soggetto l’operatore che ha effettuato la produzione o la preparazione più recente e un logo da apporre sulle

confezioni unitamente alla dicitura “Agricoltura UE” quando la materia prima è stata coltivata in Europa,

“Agricoltura non UE” quando la materia prima agricola è stata coltivata in Paesi terzi, “Agricoltura UE /non

UE” quando parte della materia prima agricola è stata coltivata nella Comunità e una parte di essa è stata

coltivata in un Paese terzo.

MARCHIO COLLETTIVO DI NATURA PUBBLICA (C.D. MARCHIO GEOGRAFICO) – Si configura per

la separazione tra uso e titolarità del marchio (d.lgs. 30/05) ed è promosso da Regioni, Enti locali, Enti parco,

STUDI & RICERCHE INEA 93

Page 93: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

associazioni pubblico-private (consorzi, consorzi d’area localizzati in zone delimitate, cooperative) e può es-

sere:

– marchio regionale, istituito con legge regionale anche per più categorie merceologiche di prodotto, per

identificare le produzioni agricole locali, soprattutto quelle ottenute dai programmi di agricoltura inte-

grata;

– marchio istituito con provvedimenti delle Amministrazioni locali e di cui sono titolari le Camere di Com-

mercio per identificare le produzioni agricole tipiche dei territori di Province, Comunità montane, Co-

muni e altri Enti locali;

– marchio d’area: marchio dei Consorzi d’area, localizzati in una zona delimitata per lo svolgimento di at-

tività esterne di promozione e vendita dei prodotti delle imprese consorziate tramite un ufficio comune

(art. 2612 c.c.);

– marchio dei Consorzi di tutela dei prodotti tipici, affidato in gestione, in seguito a legge nazionale, ai

Consorzi riconosciuti con decreto ministeriale.

N.B. Il marchio collettivo è di natura privatistica quando è di proprietà di organizzazioni o soggetti privati

(consorzi di imprese, cooperative) e in tal caso è assoggettato alle norme del Codice Civile.

MARCHIO DI QUALITÀ DELLA CARNE BOVINA – Certifica l’origine e la qualità della carne bovina me-

diante un sistema di etichettatura facoltativa in aggiunta ai criteri di etichettatura obbligatori (regolamento

(CE) n. 1760/00; D.M. 8.8.2000; D.M. 13.12.01).

MARCHIO DI QUALITÀ DELLA CARNE AVICOLA (sistema facoltativo autorizzato dal MIPAAF) – Cer-

tifica l’origine e la qualità della carne avicola mediante un sistema volontario di etichettatura (D.M. 23162

del 29.7.04).

N.B. fino al 3/12/07 è in vigore l’etichetta obbligatoria di origine per carni avicole e prodotti contenenti carni

avicole non sottoposti a trattamento termico (ord. m. 26/8/05 e successive integrazioni – misure di protezione

contro l’influenza aviaria).

Tuttavia, se si escludono i prodotti agricoli con grandi quantitativi e con unareputazione consolidata – soprattutto prodotti trasformati quali formaggi, sa-lumi e vini – il settore agricolo italiano appare poco orientato all’utilizzo deimarchi individuali (aziendali), perché necessitano di adeguati investimenti inpromozione e pubblicità che si sposano, piuttosto, con le strategie di marke-ting dell’industria alimentare e della grande distribuzione organizzata (marchiindustriali e commerciali di prodotto, di gamma o di linea). Negli ultimi annil’utilizzo dei marchi collettivi con un orientamento ai metodi di produzione abasso impatto ambientale (agricoltura integrata e agricoltura biologica), ha se-gnato le strategie di valorizzazione dei prodotti agricoli regionali e dei prodottidi associazioni o cooperative di produttori locali; in questo caso spingere ilmarchio collettivo verso la RSI può tradursi in una scelta manageriale neces-saria per costruire un percorso di competitività del prodotto e per differenziarsipositivamente da quelli delle grandi marche alimentari e della grande distribu-zione organizzata.

La scelta di adottare forme di qualità certificata, alla quale accede il produt-

94 STUDI & RICERCHE INEA

Page 94: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

tore o il trasformatore o il distributore volontariamente16, rappresenta tanto perle grandi imprese quanto per le piccole cooperative o per i produttori artigianiuna “garanzia supplementare” percepita come un plus dal consumatore. I puntidi forza della qualità certificata si identificano proprio nell’impatto positivo sul-l’immagine e, quindi, sul posizionamento nel mercato oltre a generare vantaggialla gestione aziendale sul piano del controllo dei processi, della sicurezza edella qualità.

Sebbene esista una forma di certificazione specifica che attesta comporta-menti socialmente responsabili dell’impresa, la SA 8000 (Social Account), inrealtà certificazione volontaria (box 9), di per sé rappresenta proprio un ele-mento fondamentale della responsabilità sociale d’impresa come verifica del ri-spetto non solo della qualità delle produzioni e dei processi ma anche della rin-tracciabilità del lavoro nelle catene di fornitura e della sostenibilità ambientaledelle lavorazioni, a garanzia (etica) di certezza e trasparenza nella filiera pro-duttiva. Tuttavia ad oggi, la certificazione etica risulta ancora poco diffusa nelmondo agroalimentare in genere, mentre l’approccio sistemico alla qualità (cer-tificazione SGQ) è adottato in percentuale significativa dall’industria alimentarema coinvolge in misura piuttosto marginale la produzione agricola, proprio per-ché il processo di lavorazione ha una componente fortemente artigianale17.

4.3. Conclusioni

La politica comunitaria e nazionale in materia di qualità e sicurezza alimen-tare punta ad assicurare un livello elevato di tutela della salute umana e degliinteressi dei consumatori in relazione agli alimenti, attraverso l’applicazione disistemi di garanzia, di comunicazione, di osservazione e di vigilanza connessialle tecniche produttive e alla conoscenza del prodotto alimentare.

La percezione dell’opinione pubblica, influenzata dalle emergenze sanitarie

16 La qualità certificata avviene attraverso: una certificazione regolamentata, rilasciata da organismi auto-rizzati dall’Autorità competente, in cui i criteri normativi e i procedimenti di certificazione sono definitida regole cogenti (normativa comunitaria e nazionale); una certificazione volontaria, rilasciata da un enteterzo accreditato, la cui adozione comporta il diritto d’uso di un marchio che attesta la conformità di unprodotto, di un servizio o del processo produttivo a determinate regole tecniche emesse da organizzazioniinternazionali al fine di agevolare gli scambi di beni e servizi (Cfr. box 8 e 9).

17 Su un totale di107.672 certificazioni di sistema di gestione per la qualità (ISO 9001) accreditate, 446(0,4% del totale) sono state rilasciate ad aziende agricole e ittiche e 3.838 (3,6% del totale) ad aziendealimentari; mentre, quale indice di crescente sensibilità sia del mondo agricolo che dell’industria ali-mentare verso le esigenze di salvaguardia dell’ambiente, su 10.384 certificazioni di SGA accreditate, 76(0,7% del totale delle certificazioni) sono state rilasciate a imprese agricole e ittiche e 713 (6,9% del to-tale) alle aziende alimentari (dati SINCERT, febbraio 2007).

STUDI & RICERCHE INEA 95

Page 95: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

96 STUDI & RICERCHE INEA

Box 9 - Certificazione volontaria: i marchi di qualità per la produzione agroalimentare

MARCHIO DI CERTIFICAZIONE DI PRODOTTO AGROALIMENTARE:

– Marchio di certificazione di prodotto agroalimentare (DTP) – È un marchio di conformità a determinati

requisiti con il logo dell’Ente che ha effettuato la certificazione.

– Marchio di qualità alimentare/Marchio di qualità superiore/Marchio di filiera controllata/Marchio di per-

corso di qualità – È una certificazione di prodotto agroalimentare a marca commerciale (private label)

della GDO i cui prodotti seguono un disciplinare di produzione (ad esempio, linee produttive “OGM-

free”) e commercializzazione e sono soggetti a un sistema di controllo certificato da terzi (c.d “filiera

controllata”).

– Marchio di certificazione di rintracciabilità dell’azienda agroalimentare/rintracciabilità interaziendale –

Garantisce e documenta un sistema di rintracciabilità applicato al/ai materiali utilizzati avente/i rilevanza

per le caratteristiche del prodotto al fine di rintracciare lotti di materiali e di prodotti finiti all’interno del-

l’azienda (norme UNI EN ISO 11020:2002).

– Marchio di certificazione di rintracciabilità della filiera agroalimentare – Garantisce e documenta il pro-

cesso di produzione lungo la filiera e si applica a tutto il sistema agroalimentare, comprese le produzioni

mangimistiche (norma UNI EN ISO 22005).

MARCHIO DI CERTIFICAZIONE DI STANDARD DI QUALITÀ NELL’AMBITO DEI CAPITOLATI DI

FORNITURA DEI PRODOTTI AGROALIMENTARI:

– BRC (Technical Standard for Retailer Branded Food Products) Food Standard – È utilizzato per garan-

tire che i prodotti a marchio privato sono ottenuti secondo standard qualitativi ben definiti e nel rispetto

di requisiti minimi tecnici e strutturali.

– IFS (International Food Standard) – È utilizzato dalla GDO per qualificare i propri fornitori a marchio

secondo requisiti di qualità, sicurezza e conformità alla normativa sui prodotti alimentari.

– EUREPGAP – È una certificazione internazionale delle buone pratiche agricole nel sistema agroalimen-

tare (produzioni sicure; rintracciabilità; minimo impiego di prodotti chimici; protezione ambientale; aspetti

igienici nella manipolazione dei prodotti; salute e sicurezza dei lavoratori).

MARCHIO DI CERTIFICAZIONE DI SISTEMA AGROALIMENTARE:

– Marchio di certificazione del sistema di gestione per la qualità (SGO) – Attesta che le procedure di or-

ganizzazione e gestione, applicate in una determinata azienda, risultano essere conformi ad un determi-

nato manuale, redatto precedentemente e riportante una serie di criteri riconosciuti a livello internazio-

nale (norme UNI EN ISO 9001:2000 – Vision 2000).

– Marchio di certificazione del sistema di gestione per l’autocontrollo igienico dei prodotti e dei processi –

Rilasciato da un ente terzo accreditato, attesta che l’autocontrollo è effettato in linea con i principi del-

l’HACCP che consente di evidenziare nella filiera produttiva i possibili rischi, individuarne i punti cri-

tici e prevedere per ognuno di essi modalità di controllo tali da prevenirli (norma UNI EN ISO

10854:1999). N.B. Questa certificazione è diventata obbligatoria dal 1° gennaio 2006 per tutti gli ope-

ratori della catena agroalimentare e per i produttori di mangimi per animali.

– Marchio di certificazione del sistema di gestione della sicurezza in campo alimentare – Garantisce e do-

cumenta gli standard relativi alla sicurezza alimentare dei prodotti e dei processi (norma UNI EN ISO

22000:2005). N.B. La sua specifica tecnica ISO/TS 22003:2007 fornisce informazioni, criteri e linee guida

per la realizzazione degli audit e delle certificazioni.

Page 96: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

degli ultimi anni e dagli allarmismi dei media, ha generato una progressiva per-dita di fiducia e la tendenza ad attribuire a episodi particolari un significato uni-versale; i maggiori rischi sanitari sono, in realtà, di origine batterica18 per cuianche una semplice indicazione riguardo alla manipolazione e alla conserva-zione domestica degli alimenti sulle confezioni può essere una forma di re-sponsabilità sociale. Mentre la trasparenza delle indicazioni riportate sull’eti-chetta dei prodotti alimentari e i messaggi commerciali sono espressione del di-ritto dei consumatori alla corretta informazione, il ruolo della certificazione con-trollata è invece quello di fornire una carta di identità internazionale che metteal riparo la sopravvivenza delle produzioni artigianali, tutela la tradizione, li-mita la sofisticazione e rilancia il buon nome della gastronomia “made in Italy”.Anzi, il marchio può diventare intrinseca espressione dei valori dell’area di ori-gine di un prodotto e una forma di responsabilità sociale quando l’impresa con-divide con gli stakeholder l’impegno a consolidare l’immagine di quel territo-rio per divulgare all’esterno le peculiarità locali e recuperare al suo interno, gliantichi “saperi” artigianali.

La responsabilità sociale nel sistema agroalimentare, allora, diventa un im-pegno a fornire al consumatore informazioni sempre più accurate, comprensi-

18 Nell’ultimo decennio i principali problemi della sicurezza alimentare nei Paesi industrializzati hanno ori-gine microbiologica; essi causano patologie nel 30% della popolazione, mentre i rischi chimici dovuti adadditivi, pesticidi e farmaci veterinari, sono responsabili solo dello 0,5% delle malattie associate agli ali-menti. Addirittura, il 51% delle epidemie originano dalla ristorazione collettiva e il 36% è di origine do-mestica a causa del mancato rispetto di semplici norme di igiene generale (dati FAO).

STUDI & RICERCHE INEA 97

MARCHIO DI CERTIFICAZIONE DI PRODOTTO E DI SISTEMA AMBIENTALE:

– Marchio di certificazione del sistema di gestione ambientale (SGA) – Garantisce e documenta un processo

di miglioramento continuo della performance ambientale dell’impresa (norma UNI EN ISO 14001:2004

– registrazione ambientale europea EMAS)

– Marchio di certificazione del ciclo di vita del prodotto – ISO 14040/LCA.

– Dichiarazione Ambientale di Prodotto (EDP).

MARCHIO DI CERTIFICAZIONE DI PRODUZIONI ECO-SOSTENIBILI:

– Marchio di certificazione della filiera legno per imballaggi (Pefc).

– Marchio di prodotto sostenibile (Fsc).

MARCHIO DI CERTIFICAZIONE DI SISTEMA SICUREZZA SUL LAVORO E DI ETICA SOCIALE:

– Marchio di certificazione responsabilità sociale (SA 8000) – Certificazione che attesta che all’interno delle

imprese vi siano eque condizioni di lavoro, un approvvigionamento etico di risorse e un processo indi-

pendente di controllo per la tutela dei lavoratori.

– Marchio di certificazione per la sicurezza e la salute sui luoghi di lavoro (OHSAS 18001).

Page 97: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

bili e utili sulla qualità dei prodotti alimentari e dei processi produttivi – per iltramite dei marchi e delle certificazioni – in modo che ciascuno possa fare dellescelte informate e consapevoli riguardo alla propria alimentazione. Non soltanto.Ogni impresa, in quanto operante in una società con cui scambia risorse, benie servizi deve riconoscere la propria responsabilità sociale e costruire una “cul-tura della qualificazione” sui principi del vivere sano, del rispetto dell’ambiente,della qualità dei prodotti e della consapevolezza dell’identità culturale trasmet-tendola alla comunità attraverso politiche commerciali che coniughino il pro-fitto con le esigenze del territorio.

La formazione della “cultura della qualificazione”, pertanto, può ricondursia un comportamento socialmente responsabile per tutte le imprese agricole eagroalimentari anche per quelle artigianali di piccole o piccolissime dimensionio per quelle non consorziate. Tale cultura, infatti, quando valorizza elementi col-lettivi quali la territorialità, le tradizioni e la qualità dei prodotti tipici, è fina-lizzata a migliorare nel breve e nel lungo termine i risultati economici, socialie ambientali delle imprese, condividendo i valori delle comunità locali. La “cul-tura della qualificazione”, infatti, può portare tanto a valorizzare e promuovere,semplicemente, i prodotti di fattoria quanto a organizzare e proporre un’offertaintegrata del territorio, mettendo in risalto l’intero patrimonio ambientale, natu-rale, culturale e produttivo, fatto non solo di agricoltura ma di tradizioni, me-stieri, artigianato e luoghi di interesse turistico.

98 STUDI & RICERCHE INEA

Page 98: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

5.1. Premessa

Negli ultimi venti anni si è assistito a un radicale cambiamento nei rapportitra impresa, istituzioni e società civile. Si è passati dal modello di sviluppo for-dista a un nuovo modello incentrato sulla conoscenza e caratterizzato da unacrescente sensibilità verso il rispetto dei valori etici e ambientali.

L’economia contemporanea si fonda sulla conoscenza che, da fattore raro, di-viene il motore dell’innovazione sul quale si costruisce la crescita (Archibugi,Lundvall, 2001). Conoscenza, informazione e fiducia sono al centro del nuovomodello di sviluppo economico, nel quale le decisioni delle imprese, oltre alraggiungimento degli obiettivi economici, tendono a considerare i bisogni di tuttii portatori di interesse, siano essi interni o esterni all’impresa ovvero i lavora-tori, i consumatori, i fornitori, ecc. (Petit, 2003).

In questo contesto si afferma il concetto di comportamento responsabile del-l’impresa o meglio di responsabilità sociale di impresa, concetto divenuto te-matica dominante tanto tra gli studiosi quanto tra le istituzioni internazionali ei governi nazionali.

La RSI si realizza attraverso l’adozione di una serie di azioni volontarie talida migliorare la qualità sociale e ambientale delle attività imprenditoriali (Du-puis, 2005). In un ottica di gestione socialmente responsabile dell’impresa, alladimensione economica e sociale si affianca una terza componente, rappresen-tata dalla dimensione ambientale (Trisorio, 2004). Quest’ultima riveste un ruolocentrale per l’impresa agricola (INEA, 2007).

Le imprese agricole sono sempre più sollecitate ad adottare innovazioni am-bientali e, sebbene talune siano imposte attraverso la regolamentazione norma-tiva, altre hanno carattere volontario. Tali innovazioni dettate da comportamentisocialmente responsabili, si collocano nell’ambito della cosiddetta multifunzio-nalità sulla quale si fonda il modello agricolo europeo (EEA, 2006).

Obiettivo di questo capitolo è valutare come gli aspetti ambientali venganoaffrontati dall’impresa agricola responsabile. Verranno a tal fine analizzate leesternalità positive e negative specifiche del settore agricolo1 e, messe in evi-

1 «La produzione di esternalità da parte dell’attività primaria è variabile e mutevole tanto nello spazio

STUDI & RICERCHE INEA 99

CAPITOLO VRESPONSABILITÀ SOCIALE DI IMPRESA, AGRICOLTURA E AMBIENTE:IMPLICAZIONI E APPLICAZIONI

Page 99: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

denza le leve d’azione che definiscono un comportamento socialmente respon-sabile dal punto di vista ambientale.

5.2. Agricoltura e ambiente: disaccordi concettuali e differenze in-terpretative

In occasione della Conferenza delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo,tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992, è stato affermato il principio di sviluppo so-stenibile, per la prima volta esplicitato nel Rapporto Brundtland (1987) e piùvolte richiamato nel corso dei vari summit internazionali che si sono svolti inquesti ultimi anni. Tale principio ribadisce il concetto di equità intergenerazio-nale, in riferimento alla conservazione degli ecosistemi – e in senso più ampioalla preservazione delle risorse naturali – affermando che i bisogni delle pre-senti generazioni devono essere soddisfatti senza compromettere la possibilitàdi quelle future di soddisfare i propri.

Se questioni quali la sicurezza alimentare o la tutela e il sostegno delle pro-prie produzioni agricole e agroalimentari rientrano oggi nell’agenda politica deigoverni nella quasi totalità dei Paesi, di certo non si può affermare lo stesso perquanto concerne il ruolo dell’agricoltura in relazione alle problematiche am-bientali. Ciò deriva dal differente approccio ideologico all’ambiente e al “va-lore” e dalla diversa concezione del ruolo che l’attività agricola è chiamata asvolgere2.

5.2.1. Tecnocentrismo e Ecocentrismo

Per quanto riguarda l’approccio ideologico all’ambiente, è possibile indivi-duare due posizioni estreme: una tecnocentrica e una ecocentrica, all’internodelle quali si inseriscono posizioni più o meno moderate. I sostenitori del tec-nocentrismo, riponendo la fiducia nella possibilità della tecnologia di sostituireo compensare il capitale naturale, promuovono un mercato delle risorse naturalilibero e non vincolato, nel quale la natura ha un valore strumentale.

I sostenitori dell’ecocentrismo, invece, non ritenendo possibile la sostituzione

quanto nel tempo, poiché dipende dallo sviluppo raggiunto dall’agricoltura e dal contesto sociale, eco-nomico, tecnologico, istituzionale, culturale e territoriale in cui questo avviene. I fattori che hanno de-terminato questa rivoluzione sono imputabili principalmente ai cambiamenti. tecnologici e alle politichedi sviluppo a loro volta strettamente correlate con l’intensificazione delle colture» (Aimone, Bigini, 1999,p. 51).

2 Per un ulteriore approfondimento in merito alla dimensione ambientale della sostenibilità in agricolturasi rimanda a Trisorio, 2004.

100 STUDI & RICERCHE INEA

Page 100: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

infinita delle risorse naturali, promuovono la preservazione massima dell’am-biente e un’economia rigidamente vincolata, per ridurre al minimo l’uso di ri-sorse. Mentre l’approccio tecnocentrico, è caratterizzato da una sostenibilità de-bole, quello ecocentrico, che può essere definito ecologista, dà un connotatoforte alla sostenibilità (figura 7).

STUDI & RICERCHE INEA 101

5.2.2. Modello agricolo americano e modello agricolo europeo

Per quanto riguarda il ruolo che l’agricoltura riveste, si possono individuaredue modelli di riferimento: il modello agricolo americano e quello europeo. Alprimo, oltre naturalmente agli Stati Uniti, fanno riferimento i Paesi del cosid-detto gruppo di Cairns, tra i quali Argentina, Australia, Brasile, Canada, SudAfrica e Thailandia. Al modello europeo, oltre ai Paesi dell’Unione europea,fanno riferimento invece Giappone, Corea, Norvegia e Svizzera.

Il modello di agricoltura americano si presenta fortemente orientato al mer-cato mondiale delle commodities e si caratterizza per un’agricoltura industria-lizzata e standardizzata, dove una posizione dominante è ricoperta dalle grandisocietà di capitali.

A differenza del modello americano, quello europeo si contraddistingue perun elevato numero di piccole aziende familiari, oltre che per la presenza di

Figura 7 - Il grado di sostenibilità nei differenti approcci all’ambiente

Fonte: Riccardi, 2004

Page 101: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

grandi aziende agricole; infatti, in Europa si riscontra una molteplicità di mo-delli tecnologico-organizzativi (Iacoponi, 1995): dall’agricoltura “industrializ-zata” ed “estensiva”, prettamente produttivistica, all’agricoltura “di qualità”,orientata alla salvaguardia e alla valorizzazione delle produzioni tipiche, fino al-l’agricoltura “ecocompatibile” che trova espressione nell’agricoltura biologica ebiodinamica.

5.3. L’interdipendenza nel rapporto agricoltura ambiente

Su una superficie terrestre totale intorno ai 13 miliardi di ettari, circa 5 mi-liardi sono destinati all’agricoltura e al pascolo mentre altri 4 miliardi di ettarisono occupati da foreste e boschi (FAO, 2007). Le imprese agricole, quindi, rap-presentano il principale gestore di risorse naturali al mondo.

Tuttavia, le interazioni tra agricoltura e ambiente si presentano come que-stione assai complessa, proprio per le caratteristiche sia del settore primario chedell’ecosistema, e in primis per i molteplici ruoli che essi rivestono, ovvero perla loro multifunzionalità. Si riconosce, infatti, all’agricoltura una pluralità di fun-zioni: ecologica, economica, estetica, sociale, culturale ed etica. (Petit, Peri2004). Nello stesso tempo, tali funzioni si intrecciano con quelle che l’ambientefondamentalmente assume: fornire risorse, assimilare prodotti di scarto e offriremolteplici servizi, per esempio estetici o sociali oppure ricreativi (Bellia, 2001).

Sembrerebbe, quindi, più opportuno parlare di rapporto di interdipendenzapiuttosto che di interazioni. Ciò nonostante, con l’avvento della rivoluzione in-dustriale prima e della “rivoluzione verde” poi, l’ammodernamento dei processidi produzione agricola ha portato su un piano conflittuale il rapporto tra impreseagricole e ambiente. Imprese che oggi, in un’ottica di responsabilità sociale, po-trebbero rendere sinergico il loro rapporto con l’ambiente, piuttosto che rappre-sentare una fonte di inquinamento e di degrado ambientale (Thiébaut, 1999).

L’impatto dell’agricoltura moderna sull’ambiente si manifesta su tutte lecomponenti: aria, acqua, suolo, biodiversità e paesaggio (Romano, 2000, Si-gnorello et alii, 2004).

Indicando come esternalità gli effetti collaterali e non intenzionali della pro-duzione e del consumo che influiscono positivamente o negativamente su terzi(Turner, Peace, 1996), è possibile considerare l’impresa agricola, al contempo,soggetto e oggetto di esternalità ambientali sia positive che negative3.

3 Il notevole impatto che l’agricoltura esercita sull’ambiente, attraverso le proprie esternalità, trova eco an-che nelle recenti misure adottate nella Politica agricola comunitaria (PAC). A riguardo è stato inserito

102 STUDI & RICERCHE INEA

Page 102: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

Infatti, a differenza di molte altre attività economiche, l’agricoltura esercitaallo stesso tempo effetti nefasti e benefici sull’ambiente (OCSE, 2006). Se, dauna parte, l’attività agricola può contribuire alla diminuzione di concentrazioniatmosferiche di gas a effetto serra (GHG), alla conservazione di habitat e di spe-cie selvatiche e al miglioramento della qualità dei paesaggi, dall’altra, può an-che provocare danni rilevanti per l’ambiente (OECD, 2001).

Inoltre, sebbene l’agricoltura speculativa abbia avuto implicazioni negativeper l’ambiente, l’applicazione di metodi produttivi agricoli ecocompatibili fa-vorisce non solo la tutela ma anche la valorizzazione delle risorse ambientali.

5.3.1. Le esternalità ambientali negative

Per quanto riguarda l’inquinamento atmosferico, tre sono le principali fontidi emissioni di gas a effetto serra causate dall’agricoltura:– emissioni di N2O (ossido di azoto) dal suolo, ascrivibili principalmente al-

l’utilizzo di concimi azotati;– emissioni di CH4 (metano) dovute alla fermentazione enterica – il 41% di

tutte le emissioni di CH4 nell’UE proviene dal settore agricolo; – emissioni di CH4 e di N2O dovute al trattamento del letame (Commissione

Europea, 2003).Si stima che l’agricoltura, nei Paesi OCSE, sia responsabile di circa il 9%

del totale delle emissioni di gas a effetto serra.L’inquinamento idrico rappresenta un’altra delle accuse mosse nei confronti

delle comuni pratiche agricole moderne. Nel caso delle acque superficiali e sot-terranee, le sostanze inquinanti agricole possono essere distinte in tre categorie:– i concimi chimici, soprattutto azotati (nitrati), molto suscettibili al dilavamento;– gli effluenti organici degli allevamenti;– i pesticidi, diserbanti, antiparassitari e fitofarmaci.

Anche la gestione delle risorse idriche e le conseguenze dell’irrigazione, sonofonte di forti critiche all’attività agricola. Infatti, l’uso dell’acqua a fini agricolicostituisce il 60% circa dell’utilizzo complessivo dell’acqua nell’Europa meri-dionale. L’irrigazione è anche fonte di numerose preoccupazioni di carattere am-bientale, quali l’eccessiva estrazione di acqua dalle falde acquifere sotterranee,il fenomeno dell’erosione provocato dall’irrigazione, l’alterazione di habitat se-

nella PAC il principio di “condizionalità” (regolamento (CE) n. 1782/2003 del Consiglio e regolamenton. 796/2004 della Commissione), secondo il quale gli agricoltori devono rispettare i requisiti di prote-zione dell’ambiente per poter beneficiare delle misure di sostegno del mercato. Inoltre, l’Unione europeaha introdotto “misure agro-ambientali” di sostegno alle pratiche agricole con l’obiettivo specifico di con-tribuire alla tutela dell’ambiente e alla salvaguardia del paesaggio.

STUDI & RICERCHE INEA 103

Page 103: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

minaturali preesistenti e le conseguenze secondarie dell’intensificazione dellaproduzione agricola consentita dall’irrigazione (Commissione europea, 2003).

L’agricoltura ha un notevole impatto anche sui suoli utilizzati. Infatti, prati-che agricole inadatte possono comportare processi di degrado del suolo che neriducono le principali funzioni. Tali processi sono rappresentati dalla diminu-zione di materia organica presente nel suolo, dall’erosione, dalla desertifica-zione, dalla contaminazione (ad esempio da metalli pesanti), dalla compatta-zione, dall’impermeabilizzazione, dall’alcalizzazione, dall’acidificazione deisuoli, e dalla salinizzazione.

Le pratiche agricole responsabili del degrado del suolo possono essere nu-merose, per esempio: l’uso improprio di antiparassitari, utilizzo dei fanghi didepurazione come fertilizzanti, il ricorso a macchinari pesanti, il sovrappasco-lamento, una concimazione non equilibrata e irrazionale del terreno.

L’agricoltura oggi è responsabile anche della perdita di biodiversità nel pia-neta (Signorello, Pappalardo, 2003). Infatti, la maggiore riduzione di risorse ge-netiche nelle colture deriva dall’introduzione di moderne e uniformi varietà dipiante in sostituzione di un eterogeneo insieme rappresentato da quelle tradi-zionali. L’uniformità genetica e le elevate rese produttive si traducono in unamaggiore sensibilità delle piante agli attacchi di patogeni e parassiti e alle ma-lattie. In tale situazione, questi fattori assumono facilmente carattere epidemico,data l’uniformità genetica degli ospiti.

Anche le succitate pratiche agricole, responsabili dell’inquinamento di aria,acqua e suolo, comportando un’alterazione delle caratteristiche chimico-biolo-giche degli ecosistemi, conducono a un ulteriore perdita della biodiversità.

L’agricoltura è da sempre un fattore che incide fortemente anche sul pae-saggio. Lo sfruttamento agricolo intensivo, la meccanizzazione e la monocol-tura hanno portato a un’omogeneizzazione strutturale del paesaggio e a una sem-plificazione degli ordini produttivi (Cucuzza et alii, 2007). D’altra parte, il pro-gressivo abbandono delle aree meno redditizie – di più difficile accesso, di mag-giore pendenza, di minore dimensione, più parcellizzate – può alterare il pae-saggio a seguito di dissesti idrogeologici dei versanti, derivanti dalla diminu-zione delle pratiche di manutenzione dei terrazzamenti. Inoltre, l’abbandono del-l’attività agricola, accresce il rischio di erosione superficiale cui è esposto ilsuolo, a causa della minore percentuale di copertura vegetale degli incolti, e au-menta il rischio potenziale d’incendi.

5.3.2. Le esternalità ambientali positive

I delicati equilibri ecologici che vengono coinvolti nell’attività agricola pos-sono trovare un valido supporto proprio nella multifunzionalità dell’agricoltura.

104 STUDI & RICERCHE INEA

Page 104: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

A questo proposito, l’agricoltura sostenibile esercita un ruolo fondamentalenella salvaguardia dell’ambiente e nella valorizzazione delle risorse naturali.Inoltre, è sempre crescente l’interesse dell’opinione pubblica verso metodi diproduzione a basso impatto ambientale, come le produzioni biologiche e inte-grate, o verso i prodotti tipici, espressione del territorio e di specifici metodidi produzione.

L’agricoltura può contribuire ad alleviare il problema dell’inquinamento at-mosferico attraverso la produzione di piante che hanno anche la capacità di for-nire energia indirettamente. È infatti possibile ottenere carburanti liquidi – bio-diesel o bioetanolo – da diverse specie vegetali a elevata produzione di bio-massa.

Lo sviluppo delle colture da biomassa è un’opportunità per arrecare beneficiall’ambiente: riduzione delle emissioni di gas serra e dell’inquinamento atmo-sferico possono arrivare dalle colture agricole e forestali essiccate e sottopostea processi termochimici e biochimici di conversione dell’energia.

Pratiche di coltivazione più attente e metodi di irrigazione meno dispersivi(quali l’irrigazione a goccia) possono ridurre i consumi di acqua in agricoltura,contribuendo a una più efficace gestione delle risorse idriche. L’applicazione deicodici delle buone pratiche agricole, invece, può rivelarsi utile nel prevenire unulteriore inquinamento delle acque, causato dall’uso – o abuso – di antiparassi-tari e nitrati provenienti da fonti agricole.

L’agricoltura può intervenire in maniera efficace anche nella protezione delsuolo. Ricorrendo, per esempio, a pratiche ecologiche di lavorazione del terreno,riducendo il sovrappascolamento, garantendo la protezione e il mantenimentodei terrazzamenti oppure con una gestione oculata nella somministrazione degliantiparassitari o nell’impiego dell’acqua a uso irriguo.

Sane pratiche di gestione dell’agricoltura possono avere un’incidenza posi-tiva sulla conservazione della flora e della fauna selvatica. Un’agricoltura di tipotradizionale contribuisce alla salvaguardia di certi habitat naturali o seminatu-rali, offrendo così un servizio di tutela della biodiversità del territorio.

L’agricoltura svolge una propria funzione nello sviluppo delle zone rurali, inparticolare nelle zone dove continua a rappresentare uno dei pilastri dell’eco-nomia locale. Esercitando una fortissima influenza sul territorio e garantendo lacontinuità di talune pratiche, l’attività agricola ha un ruolo essenziale nell’as-setto del territorio e nella tutela dei beni e delle tradizioni culturali.

Una migliore qualità ambientale ha un effetto positivo sia sull’immagine del-l’impresa agricola, che può creare un valore aggiunto nelle produzioni di qua-lità, sia per le zone rurali, che possono offrire numerosi servizi – turistici, ri-creativi, didattici, ecc. – permettendo così di integrare il reddito degli agricol-tori e infine per la collettività, che può usufruire di un ambiente più sano.

STUDI & RICERCHE INEA 105

Page 105: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

5.4. Conclusioni

La crescita della cosiddetta agricoltura moderna è stata accompagnata da unapesante ricaduta sulla quantità e qualità delle risorse ambientali disponibili.

Tutto ciò è legato al carattere specifico dell’agricoltura; essa non è elementoesterno degli ecosistemi locali ma ne fa parte. Ovviamente, quando si cerca ditrasformare la natura in produzione agricola, si introducono nel sistema una se-rie di elementi esterni, si usano o si consumano risorse naturali e si producononuovi elementi fisici o biologici. Sono necessarie informazioni piuttosto parti-colareggiate per caratterizzare l’uso dei fattori di produzione (sostanze chimi-che, energia e risorse idriche, l’uso del suolo), la copertura vegetale (topologia,pratiche di coltivazione e di allevamento del bestiame) e la gestione agricola.

Il riconoscimento delle esternalità del settore primario e della loro interfe-renza ambientale risulta quindi determinante nella pianificazione delle strategiedegli imprenditori agricoli, che devono ripensare profondamente le scelte pro-duttive e adattare le attitudini d’impresa a uno scenario economico e sociale inprofondo mutamento, dove la tematica ambientale riveste un ruolo centrale (DiIacovo, 2007).

All’intervento pubblico, che fissa dei limiti e tenta di contenere gli effettidelle esternalità negative, si associa la RSI che, in un’ottica di trasparenza e dieticità, tenta di internalizzare il costo della “riduzione di ambiente”.

Uno dei limiti all’adozione di un approccio socialmente responsabile è cheesso determina dei costi fissi (consultazioni, certificazioni di gruppo, ecc.), chepotrebbero rivelarsi proibitivi per le imprese agricole, in particolare per le pic-cole e micro imprese. Tuttavia suddividendo questi costi fissi su un gruppo diimprese si potrebbe tentare di ridurre il costo individuale in modo sensibile.(Wall et alii, 2001). In un’ottica di sostenibilità economica oltre che ambientale,un altro ostacolo all’adozione di un approccio socialmente responsabile è rap-presentato dalla natura nascosta delle caratteristiche ambientali sul prodotto fi-nito. In effetti è molto difficile per un consumatore verificare le caratteristicheambientali di un prodotto e, pertanto, occorrerebbe fornirgli un supporto cogni-tivo che consentirebbe, inoltre, all’impresa di migliorare la propria reputazione,valorizzando le proprie produzioni e ottimizzando la propria competitività.

106 STUDI & RICERCHE INEA

Page 106: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

6.1. Premessa

Nell’ambito dei sistemi economici di mercato, l’impresa cooperativa rappre-senta un modello di organizzazione dell’attività economica che, in ragione dellesue caratteristiche peculiari, mostra un orientamento gestionale che si può rite-nere, in prima approssimazione, aderente ai principi della responsabilità socialed’impresa: anzi, come è stato affermato (Vitale, 2003, p. 212), essa «è natura-liter socialmente responsabile». Tuttavia, l’orientamento sociale e solidaristicoche connota l’attività imprenditoriale cooperativa scaturisce dal principio car-dine che ne orienta il funzionamento, quello della mutualità, certamente non deltutto sovrapponibile a quello della responsabilità: di qui la maggiore intensitàdell’orientamento sociale dell’impresa cooperativa rispetto a quello derivantedall’attuazione dei principi di responsabilità sociale da parte dell’impresa capi-talistica. Tale per cui occorre definire quelli che sono i tratti di una peculiarecaratterizzazione della nozione di responsabilità sociale: la responsabilità socialecooperativa.

In questo capitolo si analizzano le peculiarità dell’attività imprenditoriale informa cooperativa proprio per rintracciarne quegli elementi che ne fanno per suanatura un modello di organizzazione della produzione socialmente responsabile.In questo senso, si sottolinea in modo specifico la stabilità nel tempo dell’im-presa, intesa come caratteristica derivante dal tratto intergenerazionale dellastessa, nonché il suo radicamento, frutto dell’applicazione del principio mutua-listico nell’ambito della comunità di riferimento. Proprio il radicamento territo-riale consente alle cooperative del sistema agroalimentare di favorire non sol-tanto l’animazione sociale del territorio sul quale l’impresa insiste, promuo-vendo il mantenimento dell’equilibrio sociale e ambientale dello stesso, ma an-che di sviluppare un forte orientamento alla qualità, che si basa sulla possibi-lità, da parte delle cooperative di trasformazione, di orientare e valorizzare i pro-dotti ad esse conferiti, contribuendo in questo modo alla salvaguardia della vo-cazione produttiva del territorio anche attraverso la valorizzazione delle produ-zioni tipiche locali.

STUDI & RICERCHE INEA 107

CAPITOLO VIRESPONSABILITÀ SOCIALE DI IMPRESA E COOPERAZIONE

Page 107: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

6.2. Mutualità VERSUS responsabilità sociale: i contenuti della re-sponsabilità sociale cooperativa

L’impresa cooperativa, è stata definita come «un’associazione autonoma diindividui che si uniscono volontariamente per soddisfare i propri bisogni eco-nomici, sociali e culturali e le proprie aspirazioni attraverso la creazione di unasocietà di proprietà comune e democraticamente controllata (…), un’associa-zione basata sui valori dell’autosufficienza (il far da sé), dell’autoresponsabilità,della democrazia, dell’eguaglianza, dell’equità e della solidarietà»1. La coope-rativa rappresenta, pertanto, un modello di organizzazione della produzione cheesprime alcune caratteristiche peculiari: la risposta ai bisogni avvertiti da alcunisoggetti all’interno di una comunità in forma autogestita da parte degli stessi;la condivisione del rischio imprenditoriale tra tutti i soggetti che partecipano al-l’intrapresa economica; la negazione del profitto come fine ultimo dell’impresae la concezione dello stesso, invece, come strumento per il raggiungimento delsuo fine esclusivo, consistente nella soddisfazione mutualistica del bisogno. Iprincipi che la caratterizzano e che ne mettono in evidenza i tratti peculiari sonostati individuati nella mutualità, nella solidarietà e nella democraticità (Mata-cena, 2003).

È intorno al concetto di mutualità che ruota tutto l’agire cooperativo. Taleprincipio esprime quell’orientamento dell’attività economica volto a fornire benio servizi ai soci in proporzione al grado di bisogno da essi espresso, vale a direin funzione del tipo di scambio che gli stessi hanno intrattenuto con la coope-rativa: l’attività mutualistica si realizza attraverso l’eliminazione degli interme-diari capitalistici o nei processi di produzione o nei processi di distribuzione deiprodotti conferiti dai soci oppure nella vendita di quelli destinati al loro con-sumo. Tutta l’attività mutualistica, pertanto, risulta orientata a massimizzare ilvantaggio cooperativo dei soci e non la remunerazione dell’investimento capi-talistico. Gli elementi speculativi della gestione cooperativa sono ammessi sol-tanto in quanto accessori e strumentali al raggiungimento della finalità mutua-listica, «reputandosi negativo, per la mutualità, l’intento speculativo del socionon quello dell’impresa cooperativa» (ivi, p. 124). All’interno della cooperativa,il concetto di mutualità si traduce nel potere dei soci di incidere attivamente eresponsabilmente nella conduzione dell’attività imprenditoriale, a cui è frequenteche partecipino in una veste duplice, che li vede coinvolti non solo in qualitàdi soci, ma anche, eventualmente, di finanziatori o di lavoratori o di datori di

1 Definizione tratta dalla Dichiarazione di identità cooperativa, approvata dall’Alleanza cooperativa inter-nazionale nel 1995, nel corso del suo XXXI Congresso. Cfr. «Rivista della cooperazione», n. 22, 1995.

108 STUDI & RICERCHE INEA

Page 108: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

lavoro nei confronti di altri soggetti: di conseguenza, nell’ambito dei processidecisionali, i soci sono tenuti a operare tra orizzonti temporali differenti.

Proprio alla luce di tali caratteristiche, «la cooperazione nasce responsabile(…); si potrebbe dire che è responsabile per definizione. È strutturata per assi-curare il massimo dei coinvolgimenti interni e esterni all’impresa. Per la coo-perazione il dibattito sulla CSR non è teorico, è nella sua prassi attuativa» (Sa-lani, 2003, p. 12). Tuttavia, i concetti che i termini mutualità e responsabilitàsociale veicolano non risultano identici. Infatti, mentre la mutualità presupponeuna condizione paritaria dei soggetti ai quali la nozione si applica, in un’otticadi relazione di reciprocità tra gli stessi, parità che deve sussistere quanto menonella natura del bisogno che essi avvertono e alla soluzione del quale è indiriz-zata tutta l’attività della cooperativa, la nozione di responsabilità, invece, im-plica un rapporto di tipo verticale, gerarchico, tra un soggetto che assume com-portamenti e ruoli nei confronti di un altro, che risulta funzionalmente sottordi-nato al primo e che riceve ma non può ricambiare, se non esprimendo la suagratitudine (Salani, 2004). Per questo i due significati non sono del tutto so-vrapponibili e, per analizzare l’orientamento sociale e solidaristico insito nellacooperazione, occorre far riferimento al concetto di responsabilità sociale coo-perativa. Quest’ultimo si configura alla luce di alcuni tratti peculiari che con-notano l’attività cooperativa di impresa (ibidem): il carattere strumentale del pro-fitto; la sicurezza e la stabilità dell’attività imprenditoriale; la mutualità esterna,intesa come attenzione alle esigenze della comunità nella quale la cooperativaè inserita; il radicamento che, in ragione di tali caratteristiche, la cooperativaesprime.

Come già accennato, per l’impresa cooperativa il perseguimento del profittoè strumentale al raggiungimento della finalità per cui la stessa si è costituita: lasoddisfazione di un particolare bisogno in capo ai soci. La non centralità dellalogica del profitto favorisce tra i soggetti partecipanti all’impresa il rafforza-mento di un clima di fiducia, necessario ai fini della reciprocità mutualistica, eallarga gli ambiti sui quali la cooperativa può confrontarsi con le altre imprese.D’altra parte, il carattere strumentale del profitto si ricava anche dalla parità concui sono considerati i soci ai fini del processo decisionale: parità che prescindedall’entità del conferimento patrimoniale dei singoli, alla luce della sterilizza-zione, ai fini delle decisioni, della dimensione patrimoniale della partecipazionealla società, che porta all’applicazione del principio del voto capitario in as-semblea. È proprio tale caratteristica che rende la cooperativa non contendibilee che impedisce di percepire una componente importante del profitto, quella co-stituita dal capital gain. Questa peculiarità si lega al carattere intergenerazionaledell’impresa, i cui soci ne sono soltanto gestori pro tempore, ma non proprie-tari in senso assoluto. D’altronde, è proprio la mancata titolarità della proprietà

STUDI & RICERCHE INEA 109

Page 109: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

in capo ai soci a non consentire agli stessi di vendere la cooperativa e, pertanto,a non permettere loro di percepire guadagni in conto capitale al momento del-l’uscita dalla stessa. Infatti, quando il socio recede dalla società ritira il capitaleconferito senza poter godere dell’incremento di valore patrimoniale eventual-mente realizzato, sia a titolo di reinvestimento che di particolare successo, senon nella forma della rivalutazione consentita dalla legge, volta a mantenere ilvalore reale della partecipazione.

Proprio il carattere intergenerazionale dell’impresa, che viene favorito attra-verso la destinazione degli utili conseguiti, dedotto l’ammontare necessario allagiusta remunerazione e alla rivalutazione del capitale, a riserva indivisibile2, rap-presenta l’elemento che meglio degli altri riesce a conferire i caratteri della sta-bilità e della sicurezza all’impresa stessa. La continuità nel tempo di un’istitu-zione economica si configura come un tratto che presuppone un’attenzione ri-spetto al mantenimento di un tessuto economico vitale nella comunità di riferi-mento, oltre che un vivo interesse alla salvaguardia degli equilibri naturali del-l’ambiente circostante. Tale continuità rafforza i legami tra i vari stakeholder emedia tra i diversi interessi degli stessi; inoltre, concorre a far sì che l’impresarifiuti l’adozione di una logica volta a massimizzare esclusivamente le conve-nienze di breve periodo e le convenienze opportunistiche. D’altra parte, comeha sottolineato Sacconi (2003), le riserve indivisibili svolgono un’importantefunzione di antidoto nei confronti di eventuali rapporti del tipo “mordi e fuggi”con l’impresa; che si verificherebbero, per esempio, nel caso in cui alcuni soci,comportandosi in modo opportunistico, si ritirassero dalla cooperativa prima diricevere le eventuali sanzioni derivanti dal loro comportamento, sottraendo, intal modo, una parte del valore dell’impresa frutto anche del lavoro e della de-dizione degli altri. Così come le stesse riserve indivisibili consentono di scon-giurare l’eventualità per cui, in caso di fallimento dell’impresa generato da uncomportamento opportunistico, i responsabili del fallimento possano dividersi iresti del valore della cooperativa.

Un’altra caratteristica che compone il contenuto della responsabilità socialecooperativa è data dalla pratica della mutualità esterna: quella particolare atten-

2 Proprio sugli utili destinati a riserva indivisibile, come è noto, nel nostro ordinamento è stata previstaun’esenzione fiscale, misura sulla quale si è appuntata la critica più frequente al sistema delle impresecooperative. L’obiezione, infatti, sottolinea l’effetto distorcente della concorrenza che tale misura avrebbeprovocato a vantaggio delle cooperative. In realtà, l’agevolazione fiscale prevista ha mirato a favorire al-l’interno delle cooperative la costituzione di un patrimonio intergenerazionale, il cui valore, proprio inragione della necessità di renderlo disponibile per le generazioni future, non può essere goduto dai sociche in un dato momento gestiscono l’impresa. Oggi, tuttavia, le norme fiscali in vigore (D.L. 63/2002)prevedono per la maggioranza delle cooperative soltanto una detassazione parziale del reddito imponi-bile.

110 STUDI & RICERCHE INEA

Page 110: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

zione che la cooperativa rivolge non soltanto ai fornitori e ai clienti, ma so-prattutto a quei soggetti che appartengono alla medesima comunità di riferi-mento della stessa e sono titolari del medesimo bisogno dei soci cooperatori3.Tale attenzione si manifesta attraverso l’applicazione del principio della “portaaperta”, mediante l’adozione del quale avviene il riconoscimento da parte del-l’impresa della centralità che il bisogno che essa soddisfa occupa all’internodella comunità nella quale opera. Si tratta, in questo modo, di estendere a unambito più ampio la natura relazionale tipica del rapporto mutualistico. Di frontealla presenza in capo a soggetti esterni alla cooperativa di un bisogno identicoa quello che essa già soddisfa al suo interno, la cooperativa lascia la possibilitàche tali soggetti siano soddisfatti in quel loro bisogno, consentendo loro, peresempio, di associarsi all’impresa. Soltanto nel caso in cui gli equilibri econo-mici di quest’ultima siano tali da non poter consentire l’ingresso di ulteriori soci,la cooperativa assume l’obbligo di promuovere nuova imprenditorialità coope-rativa, con l’intento di soddisfare ugualmente, mediante la costituzione di nuoverealtà produttive, quei bisogni che non riesce a risolvere al suo interno: met-tendo in pratica, in questo modo, quel particolare principio che passa sotto ilnome di “promozione cooperativa”.

Il quadro descritto sulla sua modalità di operare riflette una particolare ca-ratteristica della cooperativa, che ne rafforza i contenuti di impresa socialmenteresponsabile: essa si manifesta come una forma di impresa particolarmente ra-dicata nella comunità di riferimento. Al suo interno si esprime un’elevata per-cezione delle principali problematiche del territorio, portate all’attenzione del-l’impresa da parte dei soci e verso cui la cooperativa non soltanto si mostra in-teressata ma direttamente coinvolta nel contribuire alla soluzione delle stesse.Anche in un’epoca dominata dal “valore” della mobilità, il radicamento si puòtradurre, comunque, in un punto di forza, se viene interpretato e sviluppato nelcontesto delle relazioni che la cooperativa può instaurare con la comunità lo-cale, alla quale essa può offrire una «certezza di interlocuzione, una stabilità deirapporti di capitale relazionale ed economici che l’impresa for profit non è, strut-turalmente, in grado di garantire» (Salani, 2005, p. 216).

Il carattere mutualistico dell’impresa cooperativa e la connotazione di im-presa radicata sul territorio che ne deriva, rappresentano i tratti attraverso i qualiessa esprime la sua identità, manifestando la propria utilità. Come è stato af-fermato (Zuppiroli, Vecchio, 2006, p. 72), «nella ragion d’essere dell’impresacooperativa vi è la volontà di manifestare una sua utilità distintiva rispetto al-l’impresa for profit. Questo scopo può essere perseguito solo coniugando la di-

STUDI & RICERCHE INEA 111

3 In questo caso si parla più precisamente di “mutualità ulteriore”.

Page 111: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

mensione economica con quella sociale e collettiva (nelle sue diverse angola-zioni e prospettive)». Il tenore e la qualità del risultato economico influenzanoil tenore e la qualità degli altri aspetti derivanti dall’attività in campo socialedella cooperativa; infatti, solo distribuendo nuova ricchezza, creata attraverso ilsuccesso competitivo sul mercato, è possibile conferire rilevanza alle sue azioniin campo sociale. Al contrario, nel caso in cui la cooperativa, al fine di distri-buire risorse nell’ambito sociale, le assorbisse dalla collettività, si finirebbe perallungare la catena assistenziale, con effetti redistributivi incerti (ibidem). L’“uti-lità distintiva” che l’impresa cooperativa è in grado di manifestare non si tra-duce, dunque, soltanto nell’adozione di una condotta trasparente, né tanto menosolo nella produzione di qualità dei beni e dei servizi forniti (caratteristiche, que-ste ultime, che, certamente, ne possono rappresentare delle valide premesse): simanifesta, invece, anche nella capacità di restituire ricchezza e quindi utilità alterritorio e alla comunità di riferimento4.

6.3. La cooperazione nel sistema agroalimentare: i principali fattoricostitutivi dell’azione socialmente responsabile

Comune alla gran parte dei sistemi economici è la presenza e la consistenzasignificativa del modello cooperativo di impresa nell’ambito del sistema agroa-limentare, in ragione dell’opportunità che la cooperativa offre agli agricoltori diridurre la loro vulnerabilità sul mercato. Infatti, la cooperativa (che in questoambito si afferma prevalentemente come cooperativa di conferimento), nella mi-sura in cui raccoglie e valorizza i prodotti delle singole imprese agricole oppureconsente a queste ultime un approvvigionamento dei mezzi tecnici a un prezzopiù basso di quello di mercato, permette loro di gestire più agevolmente i rischiche sono connessi a una produzione di natura biologica, caratterizzata dall’ete-rogeneità della qualità dei prodotti, dall’influenza delle condizioni atmosferichesulla qualità degli stessi e da un’inevitabile dispersione geografica. Pertanto, gliobiettivi che l’impresa cooperativa di conferimento persegue consistono sia nellamassimizzazione del valore dei prodotti realizzati e conferiti dai soci, sia nellaminimizzazione dei costi dei servizi forniti a loro stessi, quando l’attività dellacooperativa passa alla fase di trasformazione del prodotto ad essa conferito. At-traverso l’associazionismo in cooperativa, le singole imprese agricole rafforzano

4 Convergente su tale posizione risulta la sintesi di Mazzoleni (2003, p. 147), per il quale «si potrebbe af-fermare che è impresa socialmente responsabile quella che restituisce alla comunità parte dei benefici cheottiene dall’essere membro della stessa».

112 STUDI & RICERCHE INEA

Page 112: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

la loro debole posizione negoziale di partenza; infatti, in considerazione dell’e-levato frazionamento, sia dell’offerta di prodotti che della domanda di mezzitecnici, che caratterizza la struttura della produzione agricola, l’opportunità peri singoli agricoltori di associarsi in cooperativa consente loro di emanciparsi dalvincolo del monopolio, e quindi dal peso della conseguente rendita, di interme-diari commerciali o di pochi grandi offerenti. Tale opportunità, pertanto, con-sente ai produttori agricoli di evitare il rischio di vedere espropriati i propri in-vestimenti, permettendo loro di raggiungere una sufficiente forza contrattualenei confronti degli altri operatori della filiera. La conseguenza è che miglioral’efficienza del mercato, anche a beneficio dei consumatori.

Nell’ultimo ventennio il mondo della cooperazione agroalimentare nel nostrosistema economico ha manifestato un’evoluzione considerevole, sia dal punto divista del carattere strutturale delle imprese, sia dal lato delle scelte da esse com-piute nell’ambito organizzativo, strategico e commerciale. È attraverso i pro-cessi di accorpamento e di concentrazione sia nella fase della trasformazione siain quella della distribuzione che l’impresa cooperativa ha cercato di risponderealle maggiori pressioni competitive scaturite dall’estensione del fenomeno dellaglobalizzazione. La riconversione produttiva delle cooperative di trasformazioneche talvolta ne è scaturita ha comportato l’assunzione di alcuni obiettivi di tipoqualitativo (Giacomini, Petriccione, 1993): l’ampliamento della tipologia di pro-dotti offerti; il miglioramento degli standard produttivi; lo sviluppo delle atti-vità di marketing e la fornitura di servizi accessori orientati al controllo e allavalorizzazione della qualità. D’altra parte, la crescita dimensionale va interpre-tata come funzionale alla riduzione dell’incidenza dei costi fissi connaturati alleinnovazioni di processo, che la pressione competitiva della filiera agroalimen-tare ha reso sempre più necessarie. L’ampliamento della dimensione dell’im-presa presuppone sia l’approvvigionamento del prodotto anche da soggetti terzinon soci e sia una maggiore apertura e integrazione con il mercato, al fine dicollocare meglio il prodotto che la cooperativa gestisce (Zuppiroli, Vecchio,2006).

Oggi, nel sistema agroalimentare italiano il panorama della cooperazione ècaratterizzato da una composizione dualistica che scaturisce, da un lato, dallapresenza di gruppi cooperativi di dimensione significativa, consolidatisi in ra-gione dei fenomeni di accrescimento dimensionale, di incorporazione e di fu-sione che si sono verificati negli ultimi lustri e, dall’altro, dall’esistenza di quellecooperative che tradizionalmente si sono affermate in tale comparto, aventi spe-cifiche caratteristiche: piccola dimensione; identità locale; scarsa autonomia, inragione di un legame solidaristico molto forte esistente tra le stesse; elevata spe-cializzazione produttiva; debolezza finanziaria (ibidem). Tuttavia, le ragionidella competitività, accentuate dalla rapida intensificazione del processo di glo-

STUDI & RICERCHE INEA 113

Page 113: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

balizzazione, non sempre si sposano con il mantenimento dell’identità coopera-tiva, alla quale, come si è visto, è legato il perseguimento di una condotta so-cialmente responsabile. Infatti, al crescere della dimensione della cooperativa econseguentemente della complessità della sua gestione, nel contesto di una con-dotta dell’attività imprenditoriale di tipo manageriale, la cooperativa può andareincontro ad un fenomeno di “degenerazione” (Saccomandi, 1986). In partico-lare, tale fenomeno sarebbe legato al cambiamento del suo modello di riferi-mento, da quello socio-centrico, per il quale l’impresa persegue l’unico obiet-tivo di valorizzare il lavoro dei soci mediante condizioni migliori di acquistoe/o di vendita, a quello mercato-centrico, attraverso il quale la cooperativa tra-smette ai propri soci le richieste del mercato, operando l’approvvigionamentodel prodotto sempre più da soggetti terzi non soci (Giacomini, Petriccione,1993). La crescita dimensionale della cooperativa, dunque, è legata ad un pro-gressivo processo di autonomia della stessa nei confronti del socio. In riferi-mento a tale fenomeno, però, la cooperativa tende ad assumere le caratteristi-che di quella che è stata definita «cooperativa a conduzione lucrativa» (Mata-cena, 1982, p. 63): modello di impresa nel quale l’obiettivo economico passada quello volto a massimizzare la valorizzazione del conferimento dei soci aquello della massimizzazione dell’utile aziendale e nel quale la direzione ma-nageriale ridimensiona il peso dell’assemblea dei soci nella conduzione dell’at-tività, relegandola ad un ruolo di semplice conferma e ratifica di decisioni giàadottate5.

Dunque, la condotta socialmente responsabile dell’impresa cooperativa, an-che nel sistema agroalimentare, è maggiormente legata al mantenimento del ca-rattere mutualistico della stessa e, pertanto, alla conservazione di una dimen-sione aziendale che non sia particolarmente complessa. Specificamente sono di-versi gli aspetti che connotano l’azione socialmente responsabile delle coopera-tive nel comparto in discorso. Innanzitutto, elementi di responsabilità sociale sirintracciano già nell’obiettivo specifico della cooperativa, che nasce proprio conl’intento di integrare le economie individuali, spesso deboli, e rappresenta inmolti casi la soluzione più efficace per frenare l’esodo dalle campagne, in di-fesa del mantenimento dell’identità e della vocazione produttiva di un determi-

5 Come ha sottolineato l’analisi neoistituzionalista proposta da Hansmann (1996), la crescita dimensionale,quando è realizzata per vie interne attraverso un ampliamento della base sociale, può essere generatricedi problemi di gestione per l’impresa cooperativa. L’omogeneità degli interessi dei soci è considerata unacondizione che la cooperativa deve soddisfare per mantenere i costi di gestione ad un livello contenuto.Tale omogeneità, tuttavia, tende inevitabilmente a ridursi con la crescita delle dimensioni dell’impresa,se quest’ultima si verifica mediante l’ampliamento della base sociale. L’estensione del numero dei socipartecipanti, perciò, può determinare un aumento delle difficoltà decisionali, a causa del sopraggiungeredi una diversità negli interessi, nelle preferenze e negli orizzonti temporali dei soci stessi.

114 STUDI & RICERCHE INEA

Page 114: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

nato territorio. In questo senso, oggi l’obiettivo mutualistico delle cooperativeagroalimentari non si limita più soltanto alla massimizzazione del valore del pro-dotto conferito dai soci ma si estende all’adozione di una strategia di collabo-razione nel medio-lungo periodo con l’azienda agricola socia, con l’intento direalizzare prodotti che siano particolarmente valorizzati sul territorio di riferi-mento e sul mercato (Zuppiroli, Vecchio, 2006).

Va considerata, quindi, la funzione di animazione della base produttiva lo-cale che la cooperativa svolge, sostenendo le aziende agricole che sono sociefino alla gestione in conto lavorazione dei terreni di quei soggetti che non sipresentano più nelle condizioni di seguirli direttamente (Pacciani, 2000). Lacooperativa svolge, pertanto, un’importante funzione nel favorire il ricambio ge-nerazionale delle attività agricole, anche attraverso l’inserimento di pratiche in-novative dal punto di vista gestionale. La funzione di animazione sociale delterritorio di riferimento è, inoltre, favorita dal carattere intergenerazionale del-l’attività; quest’ultimo, che viene promosso dall’obbligo di destinare una partedegli utili conseguiti a riserva indivisibile (tale per cui i soci cooperatori nonpossono considerarsi proprietari dell’impresa, godendo di un diritto sulla stessasimile all’usufrutto), radica l’impresa alla comunità di riferimento, consentendoanche alle aziende agricole finanziariamente più deboli di proseguire nell’atti-vità agricola. La continuità generazionale, quindi, rafforza la cooperativa nel suoruolo di promozione della funzione di presidio degli equilibri naturali del terri-torio da parte delle imprese agricole socie, oltre a consentirle di salvaguardarel’identità e la vocazione produttiva del territorio stesso, frenandone lo spopola-mento o la riconversione produttiva in attività poco compatibili con le sue ca-ratteristiche storico, culturali e ambientali e quindi distanti dalla sua vocazioneproduttiva6.

Un altro aspetto che connota in senso socialmente responsabile l’attività del-l’impresa cooperativa nel comparto agroalimentare è dato dall’orientamento allaqualità (ibidem), che si configura, anche alla luce dei cambiamenti intervenutinell’ambito dei consumi, come elemento determinante per rafforzare la compe-titività dei prodotti anche a livello internazionale. Esso si traduce, da un lato, inuno stretto controllo delle fasi del processo produttivo e dei caratteri intrinsecidel prodotto, che presuppone un’interazione rilevante tra l’impresa cooperativae la sua base sociale ed è finalizzato a verificare che il processo produttivo av-venga sempre in modo sostenibile, nel rispetto del naturale equilibrio dell’am-biente, dall’altro, nella valorizzazione di alcuni prodotti tipici a indicazione geo-

6 In questo senso, come ha ricordato Pacciani (cit.), le politiche di sviluppo rurale dell’Unione europea con-sentono alla cooperazione di rafforzare il proprio ruolo nei processi locali di sviluppo.

STUDI & RICERCHE INEA 115

Page 115: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

grafica protetta e a denominazione di origine protetta, oltre che attraverso la rea-lizzazione della certificazione di sistemi di qualità aziendale.

6.4. Conclusioni

L’analisi svolta sulle peculiarità del modello cooperativo di impresa è statacondotta nell’intento di ricavare gli elementi argomentativi sufficienti per potersuffragare la tesi per cui l’impresa cooperativa si presenta, per sua natura, so-cialmente responsabile. Ad ulteriore conferma della validità di tale assunto siconsiderino due importanti fenomeni che hanno caratterizzato la condotta dellagrande impresa capitalistica nell’ultimo ventennio: la propensione ad attuareprocessi di delocalizzazione produttiva e l’adozione di orientamenti gestionalifinalizzati alla massimizzazione del valore dei titoli azionari nel breve periodo.Fenomeni il cui effetto è stato un deterioramento del nesso di corrispondenzatra impresa e territorio di riferimento, che ha comportato, di conseguenza, unaseparazione netta tra potere economico e obblighi sociali (Zamagni, 2003a). Icontenuti della RSI, pertanto, si sono sviluppati nell’intento di consentire al-l’impresa capitalistica di ricomporre tali fratture, favorendo da parte della stessail recupero della legittimazione sociale. Proprio nel perseguire questa finalità,tali contenuti hanno rivalutato due delle principali caratteristiche della condu-zione dell’attività imprenditoriale in forma cooperativa: il radicamento territo-riale che essa esprime e la propensione a conseguire una redditività secondo lo-giche assai distanti da quelle orientate a massimizzare il valore dell’impresa nelbreve periodo.

L’adozione delle pratiche di RSI da parte dell’impresa for profit, dunque, ri-conduce a un modo di svolgere l’attività imprenditoriale che tende ad avvici-narsi, ma certamente non può risultare sovrapponibile, a quello dell’impresacooperativa7. Infatti, come è emerso dallo sviluppo del concetto di responsabi-lità sociale cooperativa, indagato in riferimento alla cooperazione nel sistemaagroalimentare, l’interpretazione che la cooperativa dà al tema della responsa-bilità sociale risulta assai più impegnativa di quella che di tale tema riesce afornire l’impresa capitalistica: tentata, talvolta, a risolverne i contenuti preva-lentemente in semplici operazioni promozionali. Per la cooperativa, invece, laresponsabilità sociale si realizza proprio mediante il raggiungimento di una va-riegata gamma di obiettivi, di forte valenza etico-sociale, che essa persegue nel-

7 Come ha affermato Mazzoleni (cit., p. 149), «la principale differenza tra modello di impresa socialmenteresponsabile e modello cooperativo è che mentre per il primo la CSR rappresenta (…) una filosofia azien-dale e una scelta, per il secondo costituisce un modo di essere, una parte dell’identità del modello stesso».

116 STUDI & RICERCHE INEA

Page 116: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

l’ambito del processo produttivo: l’interpretazione e la soddisfazione di parti-colari bisogni avvertiti dalla comunità di riferimento; la salvaguardia degli equi-libri ambientali, alla luce della continuità intergenerazionale dell’impresa; lapromozione della qualità e della salubrità dei prodotti; il concorso al rafforza-mento del tessuto imprenditoriale a livello locale attraverso la promozione diiniziative produttive di natura cooperativa.

È opportuno, pertanto, che da parte del mondo della cooperazione si adottiuno strumento di rendicontazione in grado di evidenziare la specificità coope-rativa in riferimento al tema della responsabilità sociale. In questo senso, l’a-dozione del bilancio sociale dovrebbe essere orientata a evitare che nella reda-zione dello stesso si giunga a una omologazione delle differenze tra impresacooperativa e impresa for profit. Come è stato evidenziato (Salani, 2004b), ilbilancio sociale cooperativo dovrebbe essere composto di due parti: una, com-pilata sottolineando gli elementi che sono confrontabili con quelli delle altre im-prese; l’altra, invece, nella quale convogliare tutte le informazioni in grado diesprimere la specificità dell’insieme dei valori cooperativi.

Dunque, la sfida che la cooperazione del sistema agroalimentare è chiamataad affrontare, di fronte alle crescenti pressioni competitive che scaturiscono dalrafforzamento del fenomeno della liberalizzazione dei mercati, appare partico-larmente impegnativa: salvaguardare i tratti della propria identità, cercando ditrasformare in fattore di successo la sua congenita caratteristica di condurre inmodo sostenibile e quindi socialmente responsabile l’attività imprenditoriale.

STUDI & RICERCHE INEA 117

Page 117: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto
Page 118: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

PARTE TERZA

LAVORO E AGRICOLTURA NON PROFIT

Page 119: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto
Page 120: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

7.1. Premessa

Le trasformazioni che hanno interessato il mercato del lavoro negli annihanno messo a dura prova la capacità di tenuta di un modello occupazionale,quale quello italiano, tradizionalmente fondato sulla centralità del lavoro stan-dard e sulla solidità delle tutele per il lavoratore, portando, forse per la primavolta dal dopoguerra, al centro del dibattito la questione della qualità del la-voro. Con tale accezione s’intende non tanto e non solo l’insieme delle garan-zie connesse alla condizione lavorativa ma anche tutto quel complesso di ele-menti che contribuiscono a determinarne il valore intrinseco, ovvero sicurezzae salute nel luogo di lavoro, crescita professionale, organizzazione del lavoro,contenuti professionali1.

Per avere un’idea di quanto centrale sia oggi il tema della qualità del lavoroin Italia, basti ricordare che: – l’Italia resta uno dei Paesi europei con la più alta incidenza di lavoro irre-

golare, considerato che ogni 100 lavoratori, almeno 10 sono completamentein nero,

– l’elevata incidenza di morti e infortuni sul lavoro (solo nel 2006 si sono re-gistrate 927mila infortuni sul lavoro di cui 1.302 mortali), sebbene in signi-ficativa diminuzione negli ultimi anni, continua a rappresentare un’emer-genza per il Paese,

– circa l’11% dei lavoratori italiani, ma tra i giovani fino a 35 anni la percen-

1 Da questo punto di vista, anche l’orientamento emergente a livello europeo attribuisce sempre più rile-vanza al tema della crescita della qualità del lavoro e soprattutto del ruolo che la RSI può svolgere a sup-porto della crescita sostenibile dell’occupazione. In particolare, come indicato nella Comunicazione delmarzo 2006, p. 6 «Le pratiche che si ispirano al concetto di RSI (…) non si sostituiscono all’azione deipubblici poteri ma possono contribuire a realizzare una serie di obiettivi che essi perseguono, quali: mer-cati del lavoro più integrati e livelli di inclusione sociale più elevati (…); investimenti destinati a favo-rire lo sviluppo delle competenze, l’apprendimento permanente e l’occupabilità (…); miglioramenti nellasalute pubblica; migliori prestazioni in fatto di innovazione (…); uno sfruttamento più razionale delle ri-sorse naturali e una diminuzione dei livelli di inquinamento (…); un’immagine più positiva delle impresee degli imprenditori (…); un maggiore rispetto dei diritti umani, della tutela dell’ambiente e delle normefondamentali del lavoro, in particolare nei Paesi in via di sviluppo; riduzione della povertà e progressiverso gli obiettivi di sviluppo del millennio».

STUDI & RICERCHE INEA 121

CAPITOLO VIILAVORO E RESPONSABILITÀ SOCIALE DELLE IMPRESEDEL COMPARTO AGROALIMENTARE

Page 121: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

tuale raddoppia, ha un contratto a termine o di collaborazione, a progetto odoccasionale,

– il 18,7% dei lavoratori italiani è sottoccupato, dal momento che svolge unlavoro inadeguato rispetto al proprio livello di istruzione. I più penalizzatisono i laureati: il 31,9% ha un’occupazione per cui non è richiesto il diplomadi laurea e tra i giovani tale percentuale sale al 48,8%. Tali elementi che caratterizzano il mercato del lavoro italiano sono il portato

della sedimentazione di condizioni e fattori – si pensi in particolare al lavorosommerso o al problema della sottoccupazione – da ricondurre alle caratteristi-che stesse del sistema produttivo del Paese, le cui microdimensioni aziendalihanno fortemente penalizzato l’emersione del lavoro irregolare e soprattutto l’in-nalzamento della domanda di lavoro: nel 2006, stando all’ultima rilevazione delRapporto Unioncamere Excelsior, “solo” l’8,5% delle assunzioni previste dalleaziende era destinato a laureati.

Alle già penalizzanti caratteristiche di sistema negli ultimi anni si sono ag-giunti dei fenomeni in larga parte nuovi, che hanno accelerato quel processo diprogressivo abbassamento della soglia di qualità del lavoro in Italia, e in parti-colare: – la crescita di comparti produttivi ad alta densità di lavoro irregolare e a forte

rischio infortunistico – si pensi all’edilizia ma anche e soprattutto al lavorodi cura e di assistenza domestico – che se da un lato ha contribuito non pocoalla contrazione dei livelli di disoccupazione, dall’altro, ha prodotto un ine-vitabile deterioramento delle condizioni complessive di lavoro;

– l’aumentato livello di incertezza connesso alla condizione lavorativa, legatoall’ampia diffusione di contratti flessibili, a termine e di collaborazione. L’in-troduzione di queste tipologie contrattuali ha consentito di dare nuovo ossi-geno a un mercato del lavoro sempre più asfittico ma ha anche “congelato”i processi di crescita professionale di quote sempre più larghe di lavoratori,penalizzandone fortemente la condizione lavorativa;

– l’accesso sempre più numeroso al lavoro degli immigrati, che ha determi-nato, in molti comparti, l’abbassamento della soglia di regolarità del lavoro,e soprattutto una diminuzione del livello di consapevolezza dei lavoratori ri-spetto ai propri diritti. Va sottolineato inoltre come, negli ultimi anni, lo stesso significato del la-

voro sia andato profondamente e progressivamente modificandosi, cambiando leattese che le persone hanno rispetto a questa dimensione della propria vita. Unadimensione che se, da un lato, risulta sempre meno centrale, perché sempremeno “tributaria” di identità sociale dall’altro, rappresenta oggi qualcosa di piùdi un modo per “guadagnarsi da vivere”, ovvero un insieme di motivazioni dicarattere espressivo – come la volontà di raggiungere particolari obiettivi per-

122 STUDI & RICERCHE INEA

Page 122: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

sonali e ottenere risultati soddisfacenti nel proprio percorso professionale – cheassumono un valore sempre più rilevante da un punto di vista personale e so-ciale, anche se non economicamente quantificabile2.

7.2. La centralità della dimensione lavoro nell’azione di responsabi-lità sociale di impresa

La dimensione del lavoro rappresenta un aspetto relativamente poco esplo-rato dal dibattito sulla responsabilità sociale delle imprese, quanto meno rispettoalla centralità che le risorse umane rivestono nella vita delle aziende e all’im-patto che una strategia d’impresa anche orientata alla promozione della qualitàdel lavoro e del benessere dei propri addetti può avere, non solo in termini eco-nomici, ma anche e soprattutto sociali.

Tale tendenza a “spogliare” il concetto di responsabilità sociale delle impreseda quello che ne rappresenta l’elemento più costitutivo risente evidentementedella minore attenzione che le stesse imprese impegnate in tema di responsabi-lità sociale dedicano a questo aspetto, dato che l’impegno nei confronti delle ri-sorse umane viene considerato dalle imprese “attive” sul fronte della RSI comel’aspetto più residuale (“solo” il 4,5% dichiara di essere impegnata in tal senso),prediligendo al contrario strategie di responsabilità sociale più orientate versole rispettive comunità di riferimento dell’azienda, oppure verso gli azionisti, ol’impegno nei confronti dell’ambiente3.

Tuttavia c’è più di una ragione per ritenere che il binomio lavoro-responsa-bilità sociale rappresenti oggi un tema sempre più centrale per il nostro Paese,sia rispetto alla crescita della qualità complessiva del lavoro in Italia sia rispettoagli effetti che questa può produrre da un punto di vista sociale e di sistema –in termini di inclusione e integrazione soprattutto – contribuendo fattivamentealla realizzazione, sia a livello micro che macro, di uno sviluppo socialmentesempre più sostenibile.

A livello macro, la connessione tra la dimensione del lavoro e della respon-sabilità sociale di impresa rappresenta un tema di grande interesse e rilievo perchi ha responsabilità nelle politiche attive del lavoro, perché può costituire unostrumento valido di risposta alle domande di un territorio che è chiamato oggia confrontarsi con nuove sfide: il tortuoso ingresso dei giovani nel mercato oc-cupazionale, il rischio di fuoriuscita dal lavoro che colpisce quote crescenti di

2 Sull’evoluzione del significato del lavoro si veda Wilson, 2004.3 Per approfondimenti si veda Unioncamere, 2006.

STUDI & RICERCHE INEA 123

Page 123: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

popolazione adulta, la propensione all’inattività che continua a interessare moltegiovani donne, anche a elevata scolarità, la tendenza di molti lavoratori a re-stare in attività oltre l’età di pensionamento, le uscite volontarie dal lavoro an-che in giovane età. Da questo punto di vista, il connubio lavoro-responsabilitàsociale delle imprese risulta centrale da almeno due punti di vista: – nell’improntare le politiche territoriali a logiche di coesione e di intervento

che partano dal basso, tramite il coinvolgimento attivo dei soggetti che nelterritorio operano quotidianamente,

– nel promuovere meccanismi di governance dei mercati locali del lavoro, chetengano conto delle potenzialità della RSI e conseguentemente del ruoloproattivo che le imprese possono giocare nell’innalzamento dei livelli di oc-cupazione e soprattutto della qualità del lavoro. A livello micro, se è indubbio che non possa essere demandata all’iniziativa

e alla capacità propositiva delle singole imprese la soluzione delle nuove que-stioni che oggi interessano la condizione di lavoro, è altrettanto evidente cheesse sono i soggetti chiamati in prima persona a svolgere uno sforzo in più percontribuire a migliorare la qualità complessiva del lavoro nel nostro Paese. Unosforzo che evidentemente non può che vederle impegnate in una pluralità di di-rettrici: che se, da un lato, attengono anche al perseguimento degli obiettivi chepossono essere considerati di sistema – sicurezza in primis ma anche innalza-mento della qualificazione dei profili richiesti – dall’altro, rimandano alla ca-pacità di attivarsi anche in dimensioni nuove, e soprattutto di: – arricchire la complessità della dimensione aziendale di nuovi modelli di ge-

stione che siano in grado di stimolare in modo continuato i processi di inte-grazione delle risorse umane nell’impresa, nella consapevolezza che carrierae competenze stanno crescendo insieme a benessere, stile delle relazioni ecultura, che cominciano a rappresentare elementi importanti nel pacchetto diofferta di politiche aziendali al pari degli altri;

– stimolare un positivo clima aziendale, promuovendo quel complesso insiemedi elementi sottesi alle performance e alla produttività del lavoro, fatto dimotivazioni, di sviluppo di relazioni per gruppi, di informalità, di investi-mento personale nelle vicende di impresa, di fiducia che sembra cambiaresecondo logiche autonome rispetto alle altre dinamiche interne;

– far crescere le competenze professionali, che sono attualmente il vero mo-tore del cambiamento aziendale e della sua implementazione, soprattutto secorrelate a posizioni di responsabilità e/o di esposizione diretta del lavora-tore rispetto al mercato. Obiettivi questi che chiamano in causa, oltre alle medie e grandi imprese,

anche le piccole, che, per le loro dimensioni e caratteristiche organizzative, po-trebbero sentirsi spinte a sottrarsi alle proprie responsabilità. Anzi, proprio la ca-

124 STUDI & RICERCHE INEA

Page 124: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

pacità che queste hanno dimostrato in questi ultimi anni di sapere attivare logi-che nuove di proiezione sui mercati rende per loro necessario compiere un passoin avanti anche rispetto alle modalità di gestione delle proprie risorse interne.

7.3. Aspetti e strumenti dell’organizzazione del lavoro responsabile

Se il ruolo delle politiche per l’occupazione va assumendo sempre più unarilevanza strategica alla luce dei nuovi scenari competitivi, internazionali e na-zionali, che pongono le risorse umane al centro dei processi di sviluppo e dicompetitività delle aziende e se, al tempo stesso la qualità, da intendersi nellesue plurime accezioni – regolarità del lavoro, sicurezza del lavoro, soddisfazionedel lavoratore, crescita professionale, condizioni di lavoro sostenibili – va sem-pre più affermandosi come driver delle politiche del lavoro, occorre analizzarein che modo le aziende possono effettivamente contribuire a tale sviluppo e qualisono conseguentemente gli aspetti entro cui si declina l’azione di responsabilitàsociale delle imprese.

Premesso che molteplici sono i fattori che influenzano la capacità e la di-mensione di responsabilità sociale delle aziende, può essere utile, ai fini di unchiarimento concettuale, distinguere gli ambiti entro cui si estrinseca e si svi-luppa l’azione di responsabilità sociale dell’azienda e gli strumenti da mettere incampo, che possono essere diversificati a seconda delle finalità da raggiungere.

Tuttavia se le sfere di interesse dell’azione di responsabilità sociale delle im-prese possono essere plurime, queste non possono prescindere dal rispetto delleregole che disciplinano il corretto funzionamento del mercato del lavoro e chetutelano il lavoratore.

Regolarità del contratto di lavoro e delle modalità di occupazione, rispetto deidiritti fondamentali dei lavoratori, tutela della salute e della sicurezza nel luogodi lavoro sono pertanto gli elementi “di base”, la cui presenza, pur necessariaallo sviluppo di azioni orientate a criteri di responsabilità sociale da parte del-l’impresa, non risulta tuttavia di per sé indicativa di un orientamento in tal senso4.

4 A tal fine si è scelto di adottare un concetto di responsabilità sociale dell’impresa più ristretto rispetto al-l’orientamento spesso adottato in materia, considerando il principio di legalità come elemento distintivotra cosa non rientra nell’ambito della responsabilità sociale delle imprese (quello ovvero che le impresesono tenute a “fare” per legge) e quello che, al contrario, non vi rientra (quello che le imprese non sonotenute a fare). Da questo punto di vista, tuttavia, non si può non segnalare come anche sul versante nor-mativo ci sia stata una spinta forte in questi ultimi anni a connotare sempre più in una prospettiva di re-sponsabilità sociale, i confini dell’attività imprenditoriale. Si pensi in particolare agli ultimi provvedi-menti adottati in materia di lavoro irregolare e soprattutto di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro(L. 123/2007), che hanno innalzato notevolmente (ampliando l’ambito di applicazione ai lavoratori auto-nomi, parasubordinati e alle categorie prima eluse) la soglia di tutela per i lavoratori.

STUDI & RICERCHE INEA 125

Page 125: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

È invece da individuare nell’insieme di azioni che le imprese mettono incampo a vantaggio dei propri lavoratori, oltre che nel semplice rispetto del prin-cipio di legalità, ossia di quanto sono tenute a fare per legge, l’esistenza di unapproccio “socialmente responsabile” verso le proprie risorse, che si sostanziatendenzialmente: – nella promozione professionale del lavoratore, ovvero l’insieme di inter-

venti finalizzati alla crescita professionale, alla costituzione di un patri-monio di competenze e conoscenze funzionale alle esigenze di crescitaprofessionale del lavoratore, al riconoscimento e alla valorizzazione dellecompetenze del lavoratore, alla soddisfazione delle aspirazioni professio-nali;

– nella tutela del benessere individuale dentro e fuori l’azienda, da intendersicome l’insieme delle misure finalizzate ad accrescere il livello di soddisfa-zione del lavoratore e che attengono alla motivazione, al coinvolgimento, allaqualità delle relazioni umane presenti nell’ambiente di lavoro, al coinvolgi-mento rispetto alla mission aziendale, all’equilibrio tra la dimensione di vitalavorativa e la dimensione di vita privata, all’inserimento e all’integrazionenel contesto sociale di riferimento. «All’impresa socialmente responsabile non si chiede di diventare altruista

bensì di coltivare un egoismo intelligente dietro la promessa che se si aprirà aipiù ampi orizzonti evocati dalla RSI, potrà svolgere ancora meglio la sua mis-sione di creatrice di ricchezza» (Del Punta, 2006, p. 7). Per fare ciò occorre par-tire dall’esigenza di valorizzare il capitale umano, in quanto risorsa chiave perla produttività e la competitività dell’impresa e del sistema nel suo complesso.In questo quadro le leve che le imprese possono attivare sono molteplici e ar-ticolate.

La principale è rappresentata dall’organizzazione del lavoro, una variabileche risulta centrale, nelle grandi, come nelle piccolissime aziende, per favo-rire quei percorsi di crescita di qualità del lavoro, e indirettamente innalzarei livelli di produttività e competitività delle aziende. Considerando l’impattoche l’organizzazione aziendale può avere in termini di responsabilità socialedelle imprese, diverse sono le modalità per stimolare l’insieme di asset in-tangibili, legati alla motivazione individuale e alla soddisfazione, che costi-tuiscono quel valore aziendale invisibile ma sempre più cruciale nel determi-narne il successo. In particolare, gli ambiti in cui l’impresa può intervenire intermini di RSI sono: – l’organizzazione del processo lavorativo, attraverso l’adozione di soluzioni

organizzative che favoriscano i processi di responsabilizzazione e motiva-zione del personale rispetto agli obiettivi, tramite meccanismi chiari e tra-sparenti di valutazione del lavoro svolto, modelli organizzativi ispirati a lo-

126 STUDI & RICERCHE INEA

Page 126: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

giche di orizzontalità piuttosto che di verticalità, team work laddove le di-mensioni lo consentano5;

– l’adozione di meccanismi di flessibilità che consentano di venire incontroalle esigenze di conciliazione tra vita privata e vita professionale, espressesia dalle donne che dagli uomini, tramite la flessibilità negli orari di entratae uscita giornaliera. L’istituzione della banca delle ore o di meccanismi si-milari che consentano di “sottrarre” le ore di straordinario dal monte ore an-nuo o mensile, in modo da consentire una più agevole organizzazione deitempi da parte del lavoratore oppure la concessione dell’anno sabbatico perconsentire al lavoratore di assecondare anche i propri interessi di formazionee apprendimento “fuori dal lavoro” rappresentano degli esempi concreti;

– l’utilizzo di sistemi di incentivazione, tramite l’adozione di meccanismi pre-miali retributivi, a valere sui risultati aziendali e individuali, profit sharing,ovvero la partecipazione dei lavoratori all’attività di impresa tramite la ri-partizione dei profitti, oppure fringe benefits, vacanze premio, o altro tipo digratificazione che sia in grado di accrescere il livello di soddisfazione indi-viduale del lavoratore e il coinvolgimento rispetto agli obiettivi aziendali;

– l’adozione di un sistema informativo trasparente, che consenta una trasmis-sione chiara e completa delle informazioni aziendali ai diversi livelli del-l’organizzazione, in modo da migliorare le relazioni all’interno dell’ambientedi lavoro;

– il coinvolgimento dei lavoratori nella vita aziendale, attraverso una serie diiniziative che possano contribuire ad accrescere il senso di appartenenza al-l’azienda: dall’auditing interno, all’analisi di clima, da iniziative aziendaliesterne al luogo di lavoro, alla partecipazione diretta dei lavoratori, anchetramite i propri rappresentanti, a decisioni fondamentali per l’azienda, a tuttii meccanismi di responsabilizzazione individuale, come la creazione di spi-rito di squadra, riconosciuto come un asset sempre più strategico nell’orga-nizzazione di impresa;

– la formazione dei lavoratori, da intendersi come quell’insieme di pratiche,anche non formalizzate, finalizzate alla crescita di competenze e conoscenzeda parte del lavoratore, il quale ha diritto di non rimanere “ostaggio” del-l’impresa, ma di costruirsi un proprio patrimonio professionale, eventual-mente spendibile altrove sul mercato del lavoro. Rientrano in tale logica nonsolo le attività informative o formative realizzate all’interno dell’azienda osu iniziativa di quest’ultima ma anche, e soprattutto, il sostegno a progetti

5 Per un’analisi dettagliata delle modalità di innovazione dell’organizzazione del lavoro utilizzate sia in Ita-lia sia nei Paesi dell’UE, si rimanda all’interessante studio promosso dalla rete europea Ewon-EuropeanWork Organization Network, 2002.

STUDI & RICERCHE INEA 127

Page 127: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

formativi dei singoli lavoratori, non sponsorizzati o funzionali a uno speci-fico interesse dell’azienda. Oltre agli aspetti elencati, che attengono più strettamente alla dimensione or-

ganizzativa del lavoro interna alle aziende, è da sottolineare come spesso leazioni di RSI tendano a rivestire ambiti completamente esterni alla sfera pro-fessionale di diretto interesse del lavoratore. Sono pertanto inquadrabili tra leazioni di responsabilità sociale tutti gli interventi o servizi finalizzati a dare ri-sposta a specifiche domande dei dipendenti o a migliorarne le condizioni e laqualità di vita. Tra questi, si segnalano a titolo esemplificativo: – l’erogazione di specifici servizi per le famiglie dei lavoratori, come la crea-

zione di asili nido interni, scuole estive/sportive per i figli dei dipendenti edelle famiglie, agevolazioni/convenzioni con strutture/esercizi commerciali,creazione di fondi/borse di studio per sostenere il percorso di studi dei figlidei dipendenti, ecc.

– il sostegno attivo a categorie che presentano specifiche problematiche di in-serimento e di integrazione lavorativa e sociale, come gli immigrati o i la-voratori disabili. In particolare per i primi, gli interventi che l’azienda puòporre in essere sono molteplici: dal fornire un alloggio all’assistenza nellasoluzione di specifici problemi abitativi, dall’organizzazione di corsi di lin-gua alla rimodulazione degli orari di lavoro, laddove possibile, anche sullabase di specifiche esigenze espresse. Al di là delle singole leve che possono essere di volta in volta attivate dalle

aziende, negli ultimi anni l’organizzazione del lavoro nel suo complesso è stataprofondamente contaminata dai nuovi orientamenti in materia di RSI, e le teo-rie organizzative risultano oggi tutte orientate in tal senso. Se un tempo infattii meccanismi di connessione interni alle imprese erano fondati su logiche con-divise di divisione del lavoro, oggi poggiano su elementi di identità sempre piùimmateriali: sullo scambio di conoscenze, informazioni, sulla comunicazione,sulle relazioni e sulla capacità di rappresentazione. In questo scenario, in cui ladimensione comunicativa-relazionale diviene centrale nell’organizzazione, l’ideache sta passando con sempre maggiore forza è che la valorizzazione della ca-rica emotiva rappresenti il principale catalizzatore del progresso personale eaziendale.

In questa prospettiva gestire il personale significa stimolarne il più possi-bile il coinvolgimento emotivo anche con tecniche nuove: dalle attività ditipo artistico, ai viaggi avventura, dall’outdoor training all’incentive innova-tive, il nuovo e sempre più accreditato must aziendale è di promuovere quantopiù possibile tutte quelle attività che possano sviluppare l’apprendimento el’impegno in ambito organizzativo favorendo il pieno coinvolgimento dei par-tecipanti.

128 STUDI & RICERCHE INEA

Page 128: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

7.4. Quale responsabilità possibile nel comparto agroalimentare?

Nel comparto agricolo e agroalimentare l’organizzazione del lavoro assumeconnotazioni del tutto peculiari, sia per i limiti strutturali di crescita che leaziende incontrano (trattasi notoriamente di un comparto costituito in larghis-sima parte da aziende individuali) sia per le modalità proprie del lavoro6.

Si pensi da questo punto di vista, a quanto influenzano l’intera organizza-zione del lavoro le caratteristiche della produzione agroalimentare e agricola inparticolare, legata alla ciclicità biologica e climatica, che condiziona tempi emodalità di impiego delle risorse umane, determinando un’elevata incidenza dilavoro stagionale; o ancora, alla piccola dimensione dell’impresa agricola, oveil ruolo principale è svolto dal conduttore proprietario dell’impresa e dai suoifamiliari, che comporta scarsa managerialità nella gestione di impresa, spessobassa propensione all’innovazione e difficile orientamento nel mercato.

Si consideri poi quanto diffusi siano nel comparto agroalimentare quei com-portamenti tesi a recuperare forme di competitività in maniera spesso illecita,tramite il ricorso a lavoro irregolare, e troppo spesso al caporalato. E ancora, aquanto rischiose risultino alcune attività lavorative, che comportano da parte dilavoratori, spesso improvvisati, l’utilizzo di macchinari di indubbia pericolosità.

È noto che il sistema agroalimentare è il comparto produttivo che presentamaggiori criticità sotto il profilo della qualità del lavoro, dettate dalla compre-senza di almeno tre fattori determinanti: – l’alta incidenza di lavoro irregolare (l’ISTAT stima che ogni 100 occupati,

20 siano completamente in nero) dettata non solo dall’elevata stagionalità dellavoro, che si traduce per molti in saltuarietà, dall’informalità che caratte-rizza larga parte dell’attività produttiva, ma anche dall’esistenza di un sistemadi ammortizzatori sociali che incentiva fortemente il ricorso al sommerso,stimolando i lavoratori occasionali del comparto a cumulare sussidi di di-soccupazione e reddito in nero7;

6 Di qui l’importanza che in tale comparto rivestono le cooperative di produttori, in quanto strutture ingrado di superare i limiti della frammentazione dell’of ferta. A tal proposito si veda il capitolo VI.

7 Come emerso da uno studio realizzato dal Censis per conto del Ministero del welfare, (2004, p. 53) il la-voro nel settore agricolo «può essere ricondotto a una varietà molto ampia di cause, tra cui: a) il bassolivello di imprenditorializzazione dell’agricoltura italiana, che specie in alcune aree del Paese soffre an-cora di eccessiva frammentazione, di carenze imprenditoriali, di difficoltà alla commercializzazione deiprodotti e scarsa propensione alla costituzione di consorzi tra imprese; b) la conseguente estrema preca-rizzazione del lavoro, che risente della stagionalità dell’attività agricola e che rappresenta forse il princi-pale ostacolo all’instaurazione di rapporti di lavoro regolari, non ricercati nella maggior parte dei casi néda imprenditori né da lavoratori; c) la difficoltà di reperimento di manodopera, che incentiva da parte da-toriale il ricorso a lavoro stagionale prestato anche da personale che, per motivi diversi (o perché in pos-sesso di un altro lavoro o perché beneficiario di qualche forma di sussidio pubblico o perché immigrato

STUDI & RICERCHE INEA 129

Page 129: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

– l’elevata rischiosità del lavoro svolto, considerato che in agricoltura si con-centra il 6,7% degli infortuni sul lavoro ma ben il 10% di quelli mortali;

– l’alta incidenza di lavoratori immigrati, tra cui molti clandestini, che alimentain modo esponenziale i fattori di rischio sia di irregolarità di lavoro che diinfortunio. Per quanto, come già sottolineato, non si possa parlare di responsabilità so-

ciale delle imprese se non oltre il livello di legalità, perché “non si è social-mente responsabili solo se si rispettano le normative”, è indubbio che proprioper le specifiche “condizioni” strutturali di settore un’azienda che sia comple-tamente in regola sotto il profilo del rispetto della normativa sia quantomeno daconsiderare virtuosa.

Tale approccio se, da un lato, è di stimolo all’intero settore a posizionarsi sulivelli di standard comuni ad altri comparti, dall’altro, rischia di proporre un mo-dello di orientamento alla RSI per di più poco praticabile anche se di sicuro in-centivo a migliorare dal basso il modo di fare ed essere impresa agroalimentare.

L’analisi dei casi imprenditoriali condotta nell’ambito del Progetto “Respon-sabilità sociale: implicazioni ed applicazioni alle imprese del sistema agroali-mentare” realizzato dall’INEA8 mette in evidenza come l’attenzione verso le ri-sorse interne sia, nel comparto agroalimentare, uno degli ambiti meno esploratidalle aziende su cui generalmente si interviene solo “in seconda battuta”, a se-guito dell’introduzione di strumenti formalizzati di RSI – certificazione, codicidi condotta, ecc. – che sensibilizzano la direzione aziendale rispetto a questotema.

Ne consegue che sono per lo più le imprese di grandi dimensioni che hannointrodotto generalmente sistemi di certificazione avanzata, quelle più impegnatesul fronte delle risorse interne e ciò in quanto l’introduzione di un’innovazione

irregolarmente) non ha interesse a essere regolarizzato. Agli aspetti su citati, fa da sfondo un livello diassistenza sociale, che rappresenta forse il tratto più problematico nell’emersione del sommerso in un set-tore caratterizzato da tali livelli di irregolarità. La presenza di forme di integrazione al reddito diffuse efacilmente acquisibili da parte dei lavoratori del settore, origina infatti una pluralità di comportamenti di-storsivi, che hanno come effetto il proliferare e il perpetrarsi di una situazione di irregolarità diffusa. Daparte dei lavoratori agricoli la prospettiva di ottenere un assegno di disoccupazione con sole 51 giornatedi lavoro agricolo registrato incentiva la ricerca di formule occupazionali che consentano di cumulare red-dito da lavoro e sussidio di disoccupazione. Il che li spinge a far registrare un numero di giornate ne-cessario all’acquisizione del diritto all’assegno, salvo poi continuare a lavorare irregolarmente. Da partedegli imprenditori l’esigenza di acquisire tempestivamente manodopera spinge a rivolgersi a persone che,per diversi motivi non possono essere inquadrate (perché hanno già un lavoro regolare alle spalle, per-ché beneficiano di qualche forma di sussidio pubblico, o perché immigrate irregolarmente) e fa sì che gliimprenditori si trovino a ricorrere ad assunzioni fittizie, ovvero assunzioni di persone (magari parenti dicoloro che lavorano effettivamente nell’impresa, ma irregolarmente, o più semplicemente dei conoscenti)che di fatto non lavorano, per poter scaricare i costi di manodopera».

8 Per una visione completa dei casi di studio aziendali si veda Briamonte, 2007.

130 STUDI & RICERCHE INEA

Page 130: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

organizzativa, magari per una certificazione, non può prescindere dalla creazionedi un maggiore livello di consenso interno.

Si può citare da questo punto di vista l’interessante caso della Melograno,una giovane azienda riminese, leader nella trasformazione e nel confeziona-mento di ortofrutta pronta all’uso, che ha da anni avviato un percorso di cre-scita in responsabilità sociale culminato nella certificazione SA8000. Propriol’esigenza di far rispettare procedure e norme previste per l’ottenimento dellacertificazione è stata l’occasione di avvio di una politica delle risorse umane permolti versi rivoluzionaria, costantemente orientata al coinvolgimento dei lavo-ratori nelle decisioni aziendali e alla promozione di una serie di iniziative, (daquelle formative, all’erogazione di servizi a sostegno delle famiglie dei lavora-tori), che hanno contribuito in modo significativo al miglioramento del climainterno all’azienda.

In particolare, oltre a essere impegnata nell’ambito della formazione del per-sonale, a favore del quale vengono costantemente avviate nuove iniziative, laMelograno ha adottato una forma di comunicazione interna che prevede box diraccolta di reclami o lamentele da parte dei dipendenti e riunioni interne di di-scussione, nelle quali, oltre a dibattere delle decisioni aziendali che l’azienda in-tende prendere, ci si confronta apertamente sul contenuto dei reclami e delle la-mentele convogliate nei box. Negli ultimi anni, l’azienda ha realizzato, in col-laborazione con il Comune, un asilo interno per i figli dei dipendenti e ha ot-tenuto delle fermate ad hoc da parte dell’azienda locale dei trasporti per facili-tare il raggiungimento del posto di lavoro ai propri addetti.

Da segnalare è anche l’esperienza di Granarolo, da anni impegnata sul frontedella responsabilità sociale, di cui rappresenta uno dei casi più evoluti (l’aziendaè certificata SA8000, ha un codice etico, redige il bilancio di sostenibilità e hasviluppato una corporate culture). L’azienda, oltre a essere fortemente attiva sulversante della formazione del personale e nel coinvolgimento dei dipendenti(realizza dal 2005 indagini di clima interno) ha promosso una politica del per-sonale fortemente orientata alla crescita delle professionalità, che si è tradottain un incremento del capitale intellettuale dell’azienda sia in termini di sistemaprofessionale che di ricerca.

Non mancano i casi di eccellenza anche nelle piccolissime realtà del com-parto. La Paolo Bea, piccolo gioiello umbro nella terra del Montefalco, di cuil’azienda è autorevole e rinomato produttore, è una azienda di piccolissime di-mensioni (nove addetti tra familiari e operai) che esporta in tutto il mondo. L’at-tenzione nei confronti delle proprie risorse, maturata anche grazie all’avvio diprocessi di certificazione di qualità, si concretizza nella realizzazione di inizia-tive formative, nel trasferimento di una cultura del fare vino, che rappresenta ilvero valore dell’azienda Bea; ma soprattutto in quell’attenzione alla persona,

STUDI & RICERCHE INEA 131

Page 131: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

difficilmente “misurabile” in comportamenti e tanto meno in strumenti, fatta diun mix di altruismo, di attaccamento ai valori del territorio e di solidarietà, beniancora preziosi della civiltà contadina.

Di quel valore intangibile, che è il senso di condivisione di un obiettivo co-mune, nella consapevolezza che tutti sono risorse imprescindibili per raggiun-gerlo e che è in definitiva il motore della responsabilità sociale dell’impresa. Unmotore invisibile, che ancora anima tante piccole realtà del mondo agroalimen-tare.

7.5. Conclusioni

Alla luce di quanto su esposto, il comparto agroalimentare si presenta comeun ambito estremamente complesso di attuazione per le caratteristiche stesse delsistema.

Parlare di risorse umane in termini di RSI assume, da questo punto di vista,una duplice importanza: non solo perché le ridotte dimensioni imprenditorialidel sistema relegano spesso e volentieri il tema delle risorse umane in secondopiano, ma perché le stesse caratteristiche dell’organizzazione produttiva deter-minano condizioni di lavoro rispetto alle quali l’adozione di comportamenti im-prenditoriali improntati a principi di RSI risulta di elevata complessità.

Pertanto, parlare di strategie di RSI orientate verso le risorse umane signi-fica, per quelle imprese del sistema agroalimentare che già rispettano i requisitidi legalità del lavoro, implementare le azioni di promozione della qualità che,come già sottolineato, interessano la dimensione organizzativa interna, la for-mazione, gli interventi e i servizi a favore del personale, declinati nelle formee nelle modalità che più sono funzionali alle esigenze di imprese di piccole epiccolissime dimensioni, che si muovono spesso e volentieri più nell’ambitodelle procedure informali e non codificate, delle buone prassi, che non delleazioni formalizzate.

Le imprese di grandi dimensioni, invece, si indirizzano prima di tutto versogli strumenti codificati di RSI, quali appunto i codici di comportamento e le cer-tificazioni aziendali, per integrarli successivamente con interventi a favore dellerisorse umane.

132 STUDI & RICERCHE INEA

Page 132: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

8.1. Premessa

Ormai l’agricoltura nei Paesi sviluppati svolge funzioni che vanno ben ol-tre quelle meramente produttive, funzioni per buona parte non di mercato eche dunque richiedono un’analisi dei differenti apporti delle imprese agricolein termini di funzioni sociali. Le nuove istanze presenti nella società chiedonosempre più all’agricoltura di rispondere a bisogni di tipo ricreativo, culturalee di assistenza sociale. Tali bisogni sono destinati a produrre effetti sulle scelteimprenditoriali e, in particolare, sulla tipologia di impresa adottata.

Il contributo qui presentato ha come obiettivo quello di evidenziare le pecu-liarità e le ricadute per il comparto agricolo del settore non profit allo scopo dimeglio interpretare le dinamiche evolutive della componente sociale.

8.2. Il quadro di riferimento

Il complesso e articolato mondo del non profit sta assumendo sempre più unruolo significativo, ponendosi al centro del dibattito istituzionale, sociologico edeconomico.

Il rilievo acquisito dagli enti operanti con una logica estranea alla massi-mizzazione del profitto, in Italia come in altri Paesi occidentali, è sostenuto dal-l’irrinunciabile funzione sociale da essi esercitata e confermato dall’apporto for-nito sul fronte occupazionale e quindi, più generalmente, in termini economici.

Le attività svolte dal settore non profit italiano sono ampie e diversificate:dai servizi alla persona alla tutela del patrimonio artistico e ambientale, dalladiffusione della pratica sportiva al sostegno lavorativo ai soggetti più deboli,dall’assistenza sanitaria alla gestione del tempo libero.

La realizzazione di queste attività è affidata a differenti strutture organizza-tive; fra queste vengono di volta in volta predilette quelle più adeguate ai com-piti da svolgere: organizzazioni snelle, fondate pressoché unicamente sull’im-

STUDI & RICERCHE INEA 133

CAPITOLO VIIIAGRICOLTURA NON PROFIT:ASPETTI SOCIALI, ECONOMICI E NORMATIVI*

* Il lavoro è frutto dell’impegno comune di F. Zecca ed E. Capocchi. Tuttavia le singole parti vanno cosìattribuite: F. Zecca paragrafi 8.1, 8.2, 8.3; E. Capocchi 8.4 e 8.5.

Page 133: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

pegno dei volontari, come le organizzazioni di volontariato; vere e proprie im-prese che impiegano lavoratori dipendenti e sono munite di ingenti capitali,come alcune cooperative sociali; organismi con pochi lavoratori ma con un con-siderevole patrimonio, come le fondazioni.

Tratto comune di tutte queste diverse forme organizzative è la capacità dicombinare, in modi differenti, lavoro volontario, lavoro retribuito e capitale perprodurre servizi alla persona.

Le indagini più recenti svolte dall’Istat rivelano come il livello occupazio-nale prodotto dal settore non profit, pur piccolo se confrontato con quello di al-tri Paesi non dissimili dal nostro, sia niente affatto trascurabile.

Le ultime stime evidenziano, infatti, come nel 1999, nel settore non profit tro-vasse un impiego retribuito il 2,7% dell’occupazione complessiva non agricola,cioè circa 630.000 lavoratori, di cui la gran parte con contratto di lavoro dipen-dente (circa 530.000) e, in misura minore, con contratti di collaborazione (circa80.000) oppure distaccati da imprese private o dalla pubblica amministrazione(circa 20.000). Ai lavoratori retribuiti vanno poi sommati circa 3,2 milioni di vo-lontari, che ovviamente non prestano il proprio servizio a tempo pieno.

Quattro aree di attività costituiscono ben oltre i tre quarti del settore non profit:cultura, sport e ricreazione; istruzione e ricerca; sanità e assistenza sociale. Tratali aree l’assistenza sociale presenta il maggiore peso, con oltre il 27% del-l’occupazione complessiva. In questo senso, il settore non profit italiano siconforma al modello più comune tra i Paesi europei, ovvero quello di “serviziosociale”. In Italia un peso molto elevato è rivestito anche dall’area della sanità(quasi il 21% dell’occupazione totale) dove il settore occupa da tempo un ruolorilevante, che lo vede affiancare, e talvolta sostituire, le istituzioni pubbliche,specie nelle aree meridionali del Paese. Un apporto non irrilevante viene anchedall’area dell’istruzione e della ricerca, che pesa per il 20% dell’occupazionecomplessiva, mentre il comparto dell’arte, della cultura e della ricreazione ri-veste un ruolo più modesto (12% dell’occupazione del settore); se però si ana-lizza il contributo dei volontari operanti in questa area, si rileverà che vi operacirca il 50% sul totale dei volontari impegnati nel terzo settore.

Il settore non profit italiano è costituito da un insieme ampio e variegato diorganizzazioni che si differenziano una dall’altra per dimensioni, struttura or-ganizzativa e ruolo; questi organismi sono spesso diversi anche per la naturagiuridica che li caratterizza; dal punto di vista dell’ordinamento non possono es-sere semplicemente definiti come “organizzazioni non profit” poiché non esistenel nostro sistema di leggi una simile definizione. Tuttavia è possibile indivi-duare una serie di caratteristiche comuni a tutte le organizzazioni (ISTAT, 2001):– costituzione formale. L’ente senza scopo di lucro deve essere formalmente

costituito, mediante la redazione di un documento (atto costitutivo, statuto,

134 STUDI & RICERCHE INEA

Page 134: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

etc.) dal quale risulti l’assetto organizzativo, nonché le regole e le modalitàdi funzionamento dell’ente stesso;

– natura giuridica privata, ossia non appartenenza al comparto pubblico; – autonomia gestionale. Le organizzazioni non profit devono essere dotate di

una completa autonomia gestionale, senza pertanto vincoli di controllo daparte di imprese for profit;

– lavoro volontario. Nelle organizzazioni non profit emerge la presenza, se-condo proporzioni variabili, di fattore lavoro acquisito senza vincolo di re-munerazione;

– non distribuzione degli utili. Si tratta dell’aspetto che più di ogni altro è ingrado di qualificare le realtà del non profit le quali, proprio in funzione diquesto requisito, si definiscono “senza scopo di lucro”. I profitti generatidalla gestione non possono essere distribuiti ai soci, che quindi non vedonoremunerare il capitale apportato, ma sono reinvestiti nell’attività sociale an-dando così a costituire per intero flussi di finanziamento.Il fatto che gli enti non profit non prevedano la distribuzione degli utili con-

seguiti non significa che la loro attività sia realizzata prescindendo dal rispettodi qualsiasi requisito di efficacia ed efficienza gestionale. Affinché l’organizza-zione possa crescere e continuare a operare è infatti indispensabile che lo svol-gimento dell’attività sia improntato a principi di economicità tali da garantire lasopravvivenza dell’ente.

Passando a esaminare più da vicino l’ordinamento giuridico, la legislazioneitaliana sul settore non profit è un insieme composito di leggi cresciute in ma-niera disorganica nel corso del tempo e tuttora prive di un’adeguata sistemati-cità. Nell’assenza di un’apposita regolamentazione civilistica, la dottrina ricon-duce gli enti senza scopo di lucro alle figure sancite dal codice civile al libro I,titolo II, ovvero le associazioni (riconosciute e non), le fondazioni e i comitati.Il principale aspetto distintivo tra le associazioni e le fondazioni consiste nelfatto che le prime basano il loro operato e la loro stessa ragion d’essere sullapresenza di persone, i soci, che si organizzano mettendo in comune risorse, la-voro, idee per raggiungere una finalità condivisa, mentre per le fondazioni ilprincipale elemento costitutivo è rappresentato dal patrimonio: una fondazioneè infatti un patrimonio dedicato al perseguimento di uno scopo specificato nel-l’atto, lo statuto, che dà vita alla fondazione stessa. Così come per l’associa-zione, anche per la fondazione il riconoscimento della personalità è subordinatoa un procedimento concessorio e allo scrutinio delle finalità e dei mezzi da partedell’amministrazione pubblica.

A questo insieme già complesso di norme, si sono aggiunti numerosissimiprovvedimenti successivi. Alcuni di questi hanno natura ordinamentale, sonocioè tesi a regolamentare alcune categorie di enti che si suole far rientrare nel

STUDI & RICERCHE INEA 135

Page 135: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

settore non profit, come ad esempio le organizzazioni di volontariato, le asso-ciazioni di promozione sociale (rispettivamente le leggi 266/1991 e 383/2000)e le cooperative sociali (le quali trovano il loro fondamento giuridico nella leggen. 381 del 1991 e nel Decreto Legislativo n. 155 del 2006). Altri ancora hannoinvece carattere fiscale (come il Decreto Legislativo n. 460 del 1997 sulle Or-ganizzazioni non lucrative di utilità sociale). L’art. 1 della legge 381/91 affermache “le cooperative sociali hanno lo scopo di perseguire l’interesse sociale dellacomunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini”. Lecooperative sociali si distinguono in due categorie, a seconda dell’attività svolta:le cooperative di tipo A che si occupano della gestione di servizi socio-sanitaried educativi; le cooperative di tipo B che svolgono attività diverse, quali atti-vità agricole, industriali, commerciali, di servizi, al fine di inserire nel mondodel lavoro i soggetti svantaggiati1. Un’indagine condotta dall’Istat nel 2005 ediffusa nel 2008 (Istat 2008) sul mondo della cooperazione sociale ha rilevatola presenza di 7.363 entità, dimostrando rispetto al precedente studio eseguitonel 2003, una crescita del 19,5%. Dalle stime dell’Istat emerge l’impiego nellecooperative sociali di 278.000 lavoratori, di cui 244.000 retribuiti; il 71, 2%delle risorse umane impiegate è costituito da donne. Il valore dei beni e servizierogati si attesta attorno a un volume economico di circa 6,4 milioni di euro;per quanto riguarda la distinzione fra cooperative di tipo A e di tipo B, le primeraggiungono la cifra di 4.345 unità, il 59%, mentre le seconde di 2.419 unità(32%). Con riferimento alla distribuzione sul territorio nazionale, l’indagine haevidenziato una certa disomogeneità: il 33% circa è localizzato nelle regioni delSud Italia, il 19,4% al centro e il 49,8% nelle regioni settentrionali.

Per quanto concerne i provvedimenti a carattere fiscale, che mirano cioè aregolare i rapporti tra particolari categorie di organizzazioni non profit e il fi-sco, il Decreto Legislativo 460/97 sulle organizzazioni non lucrative di utilitàsociale, le c.d. “Onlus”, rappresenta il primo tentativo del legislatore italiano diintrodurre nel nostro ordinamento una chiara definizione di organizzazione nonprofit e allo stesso tempo di concedere estese agevolazioni fiscali al terzo set-tore e riconoscere più ampie detrazioni a favore di coloro che effettuano dona-zioni a favore delle organizzazioni non profit. Per la prima volta, con il D.Lgs.460/97 viene codificato il divieto di distribuzione, in qualsiasi forma, dei pro-

1 La legge n. 381 sulle cooperative sociali menziona esplicitamente l’attività agricola tra quelle riconosciuteper di inserimento lavorativo di soggetti deboli. Un’indagine sulla realtà delle cooperative sociali realiz-zata dall’Istat nel 2001, ha rilevato come tra le cooperative di tipo B, il 46% impieghi come soggettisvantaggiati persone affette da disabilità fisica o mentale; tra queste il 16,7% opera in ambito agricolo.Sempre nel 2001 sono state stimate 143 cooperative, la cui presenza si registrava maggiormente in re-gioni come Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Lazio e Sicilia.

136 STUDI & RICERCHE INEA

Page 136: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

fitti a membri e associati. Le “Onlus” devono operare in settori specificamenteprescritti dalla legislazione e devono perseguire finalità di utilità sociale, cioè ilbenessere di terzi e non quello dei membri. Tuttavia non sono libere di adottarela forma giuridica che reputino più confacente e, di fatto, si trovano vincolatealla scelta tra le forme del libro primo del Codice civile e il modello della coo-perativa sociale.

8.3. L’affermazione delle organizzazioni non profit in agricoltura

La Politica agricola comune ha subito importanti cambiamenti negli ultimivent’anni, passando rapidamente da intervento incentrato quasi esclusivamentesul sostegno alle quantità prodotte, attraverso le politiche dei prezzi e dei mer-cati, a strumento molto più articolato e diversificato. Le nuove linee direttricidella PAC si orientano verso politiche strutturali e regionali e incorporano gra-dualmente le politiche di sviluppo rurale e di tutela ambientale, contribuendo,così, a legare la politica agricola al territorio e alle sue dinamiche.

La riforma della Politica agricola comunitaria ha cambiato radicalmente i ter-mini della politica agraria, avendo come fondamento una percezione dell’agri-coltura profondamente diversa dal passato. Alla base di questo cambiamento viè la consapevolezza che un modello di agricoltura incentrato esclusivamentesulla funzione produttivistica non sia più proponibile e che a esso vada affian-cata una dimensione rurale più ampia che valorizzi la capacità dell’azienda agri-cola di fornire non solo prodotti ma anche servizi di natura privata (attività eco-nomiche connesse a quella produttiva) e pubblica (difesa dell’ambiente, presi-dio del territorio). Tali attività realizzate dall’agricoltura (agriturismo, commer-cializzazione diretta di prodotti, artigianato, servizi ricreativi come maneggi opesca sportiva, organizzazione di soggiorni per gli anziani, apertura delleaziende alle scolaresche e alle visite didattiche) sono valorizzabili sul mercato,in quanto beneficiano della tipicità della localizzazione.

Il delinearsi di nuove funzioni dell’attività agricola ha portato a conferire al-l’agricoltura l’attributo di “multifunzionale”. L’agricoltura multifunzionale cor-risponde a nuove aspettative presenti nella società, le quali sono soddisfatte daimprese che, contemporaneamente, contribuiscono alla produzione alimentare,(che continua sicuramente a costituire il nocciolo duro del settore primario), econcorrono al mantenimento e alla gestione del paesaggio, alla riproduzionedelle risorse naturali e alla protezione dell’ambiente. L’attività agricola contri-buisce, così, a stabilizzare l’occupazione e a mantenere la popolazione in areeeconomicamente disagiate, esplicando una fondamentale funzione di presidio

L’importanza della multifunzionalità dell’attività agricola è stata riconosciuta

STUDI & RICERCHE INEA 137

Page 137: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

anche a livello europeo. La volontà della Commissione di affidare nuovi com-piti alla politica agricola per renderla più atta a rispondere alle aspettative dellasocietà si esplica con una serie di nuovi orientamenti, fra cui il regolamento1257/99, che getta le basi di una politica di sviluppo rurale globale, a comple-tamento della politica di mercato, affinché la spesa agricola contribuisca, piùche in passato, all’assetto del territorio e alla protezione della natura; lo svilupporurale diventa così il secondo pilastro della PAC. Le misure di sviluppo ruralenon riguardano solo il sostegno all’adeguamento del settore agricolo, il soste-gno all’agricoltura nelle zone svantaggiate, gli aiuti per gli investimenti nellestrutture di trasformazione e di commercializzazione, ma anche un insieme diinterventi tendenti a promuovere lo sviluppo delle zone rurali, in una logica diriqualificazione complessiva che preveda contributi anche ad attività non agri-cole, sempre che queste siano in connessione con le attività agricole e con laloro riconversione.

Il concetto di multifunzionalità, come già detto, riguarda le diverse funzioniche il settore primario può esplicare e che di fatto già porta avanti; oltre allefunzioni più strettamente economiche, infatti, l’agricoltura svolge importantifunzioni sociali, culturali e ambientali. La relazione tra agricoltura e ambientee le sue implicazioni negl’anni sono divenute questioni centrali nell’ambito dellepolitiche comunitarie. Il settore primario comporta, infatti, rilevanti conseguenzesul piano ambientale, ma allo stesso tempo determina importanti benefici perl’ambiente. L’agricoltura può trarre da tale ruolo positivo svolto nell’ecosistemanuovi stimoli e opportunità di mercato, promuovendo la tutela ambientale e lafruizione del paesaggio come fattori caratterizzanti la propria attività. Fra le at-tività di rilevanza pubblica che l’agricoltura è chiamata a svolgere, accanto allaconservazione ambientale e paesaggistica, si collocano le cosiddette attivitàetico-sociali, che si realizzano nelle fattorie didattiche e nelle fattorie sociali,normali aziende in cui l’attività produttiva si concilia con l’apprendimento e consituazioni di disabilità. Il ricorso alle attività agricole per generare benefici dicarattere sociale, non rappresenta sicuramente una novità: il diffondersi del con-cetto di disabilità coincide con lo svilupparsi della società industrializzata, percui «si può legittimamente affermare che nell’antica cultura contadina la disa-bilità non esisteva, almeno nei termini in cui la intendiamo noi»2 e il soggettodebole riusciva comunque a trovare una collocazione all’interno della catenaproduttiva.

L’affermarsi di esperienze e iniziative non profit in campo agricolo è stato,da un lato, favorito dalla connaturata vocazione sociale dell’agricoltura, dall’al-

2 Vieri S., Prestamburgo M., Marotta M. (2006).

138 STUDI & RICERCHE INEA

Page 138: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

tro, dalla crisi del sistema statale di assistenza sociale. Alla luce dell’esperienzaeuropea degli ultimi decenni, le organizzazioni non profit operano prevalente-mente nel campo dei servizi alla persona e alla collettività quali l’istruzione,l’assistenza e l’inserimento di soggetti deboli e svantaggiati, la sanità. Tali am-biti sono stati in passato territorio di attività esclusiva del settore pubblico ehanno costituito il terreno prediletto di quel modello di risposta ai bisogni so-ciali noto come welfare state. Il welfare state ha conosciuto una fase di conso-lidamento nel periodo che va dalla fine della seconda guerra mondiale alla metàdegli anni settanta. Nel trentennio successivo, tuttavia, i modelli occidentali diwelfare state hanno dovuto fare i conti con la sempre più evidente difficoltà nelreperimento delle risorse necessarie al loro funzionamento e con le rigidità bu-rocratiche dell’amministrazione pubblica, che hanno reso pressoché impossibileogni ulteriore espansione dell’intervento diretto dello Stato; in diversi settori ilsolo mantenimento del livello raggiunto ha richiesto cosi il ricorso a risorse fi-nanziarie e professionali esterne.

È in questa fase che le organizzazioni non profit acquistano un ruolo rile-vante, dapprima operando a margine delle attività del settore pubblico, succes-sivamente guadagnando, soprattutto nel settore dei servizi personali e sociali, unpeso crescente in termini di valore aggiunto e occupazione3. L’invecchiamentodella popolazione, il maggior numero di donne che lavorano, la comparsa dinuove esigenze nella cura dei disabili hanno infatti portato a una crescita sen-sibile della domanda di servizi di cura alla persona di cui, in virtù della lorocompetenza specifica, le organizzazioni non profit hanno beneficiato in terminioccupazionali.

8.4. La funzione sociale delle strutture operanti nel settore agri-colo

La visione dell’agricoltura in una prospettiva multifunzionale riconosce alsettore la capacità di svolgere congiuntamente più funzioni: ambientale, sociale,paesaggistica, turistico-ricreativa. Storicamente, quella sociale, è una delle fun-zioni che l’agricoltura non hai mai smesso di svolgere, sebbene il passaggio dauna società prevalentemente agricola e rurale a una industriale e urbana, abbia

3 L’efficacia delle caratteristiche del terzo settore sotto il profilo occupazionale era già stata colta dall’al-lora presidente della Commissione europea, Jacques Delors, che, nel libro bianco della Commissione pub-blicato nel 1993 e intitolato Crescita, competitività e occupazione. La sfida e le vie da percorrere per en-trare nel XXI secolo, aveva indicato proprio nel settore non profit una delle possibili risposte alla disoc-cupazione europea.

STUDI & RICERCHE INEA 139

Page 139: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

sacrificato una connaturata funzione di utilità sociale a favore di una primariafunzione reddituale. Ci si riferisce alla funzione sociale del settore primario ogniqual volta ci si avvicini a esperienze nelle quali vengono condotte attività a ca-rattere agricolo, o a queste strettamente connesse (agriturismo, trasformazionedei prodotti, ecc.), che “si propongono esplicitamente di generare benefici perdeterminate fasce della popolazione quali in particolare i bambini (fattorie di-dattiche) o persone affette da disabilità o altre forme di svantaggio (fattorie so-ciali)”4. Per il raggiungimento di tale finalità, di volta in volta, vengono sceltele modalità organizzative ritenute più idonee, sebbene la forma organizzativa piùfrequentemente adottata sia rappresentata dall’impresa sociale. Le altre realtà delterzo settore che si rivolgono a soggetti svantaggiati, infatti, a differenza del-l’impresa sociale, non riescono a conciliare attività produttiva e funzione so-ciale, in quanto limitate dalla loro connotazione essenzialmente assistenziale.Nell’impresa sociale viene favorita la formazione professionale, l’inserimentolavorativo e la ricerca di un’occupazione stabile, cercando di andare oltre l’a-spetto più strettamente assistenziale tipico delle organizzazioni di volontariato.L’agricoltura sociale supera la dimensione strettamente sanitaria per compren-dere le agricolture “carcerarie”, le fattorie didattiche e le “imprese sociali verdi”.

La fattoria sociale

Il connubio fra agricoltura e disabilità5 è relativamente recente, anche se inalcune zone le fattorie etico-sociali iniziano ad avere una certa significatività6.La Regione Veneto è stata una delle poche a riconoscere e incentivare questotipo di agricoltura emanando nel 2003-2004 alcuni bandi relativi alla misura 16del PSR (diversificazione delle attività legate all’agricoltura), nei quali ha adot-tato come definizione quella individuata nel D.Lgs 18 maggio 2001, n. 28, pre-cisando che “per fattorie sociali si intendono imprese agricole in grado di ospi-tare e svolgere attività di socializzazione rivolte a fasce della popolazione, qualibambini in età prescolare e anziani e attività con valenza terapeutica rivolte apersone diversamente abili”.

A livello scientifico, la ricerca e le sperimentazioni di questi ultimi decennihanno dimostrato come il rapporto con la natura e con gli organismi viventi,

4 Vieri S., Prestamburgo M., Marotta M. (2006).5 Per individui svantaggiati si intendono persone con disabilità ma anche individui in età lavorativa privi

di occupazione e soggetti i quali hanno compiuto atti che li hanno temporaneamente esclusi dal contestosociale, come tossicodipendenti o detenuti

6 In particolare nella Provincia di Roma oltre che sui terreni confiscati alla mafia e messi in produzioneda cooperative di giovani in Sicilia e in Calabria.

140 STUDI & RICERCHE INEA

Page 140: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

come piante e animali da allevamento, possa risultare utile nel trattamento te-rapeutico – riabilitativo di soggetti portatori di handicap fisico o mentale. A par-tire dagli anni trenta del secolo scorso si iniziano a diffondere sia all’interno cheall’esterno di ospedali psichiatrici programmi riabilitativi basati sulla cura dellepiante. Nel dopoguerra prende piede nei Paesi anglosassoni una vera e propriascienza curativa che associa conoscenze mediche e botaniche e prende il nomedi Horticultural Therapy, da pochi anni tradotta come “terapia assistita con lepiante”. Similmente, negli anni ottanta si diffonde un’attenzione crescente performe terapeutiche assistite che prevedono nei loro programmi riabilitativi l’u-tilizzo di animali.

I percorsi riabilitativi programmati nelle fattorie sociali si fondano essen-zialmente su due ambiti di intervento ben distinti: interventi di carattere tera-peutico-riabilitativo e interventi finalizzati all’inclusione sociale di personesvantaggiate. Il collegamento fra attività agricola e mondo dello svantaggio ri-sulta proficuo sia in quanto offre nuove opportunità di integrazione di redditoal mondo agricolo sia in quanto consente di recuperare soggetti altrimenti inat-tivi. L’efficacia di questi itinerari terapeutici si fonda su alcune peculiarità delprocesso produttivo tipico delle attività colturali e di cura degli animali. Innan-zitutto, caratteristica benefica delle attività agricole è quella di realizzare un rap-porto molto stretto tra uomo da una parte e piante e animali dall’altra: le piantesono elementi facilmente riconoscibili anche da soggetti con limitate capacitàpsichiche o cognitive e nel rapporto con piante e animali il disabile non ravvisacaratteri di “minacciosità” o discriminazione; nella cura degli animali, inoltre,il disabile avverte con immediatezza il valore del proprio ruolo, poiché, in suaassenza, gli animali morirebbero di fame. Un altro aspetto dell’attività agricolaatto a determinare benefici per soggetti affetti da disabilità riguarda le modalitàdel processo produttivo. L’arco temporale durante il quale si compiono i pro-cessi di produzione agricoli, essendo legato ai tempi biologici, è generalmentemolto lungo e consente di adibire il disabile a mansioni in cui i ritmi di lavoroprevedono pause, senza che questo comprometta la qualità del prodotto finale.Un altro elemento che nella letteratura sulla valenza terapeutica delle attivitàagricole viene spesso evidenziato è il particolare coinvolgimento della sfera sen-soriale, della sfera motoria e della capacità decisionale del disabile; raramenteinfatti la conduzione di attività agricole comporta lo svolgimento di mansionisedentarie e il soggetto si trova inevitabilmente a valutare e decidere la misuradelle proprie azioni, come ad esempio la quantità d’acqua con cui innaffiare unapianta o la scelta di quali erbe estirpare.

Diversamente dalle altre imprese agricole, in cui ci si orienta verso una di-versificazione produttiva solo e in quanto questo corrisponda a criteri di eco-nomicità, nelle fattorie sociali il grado di diversificazione produttiva è dettato

STUDI & RICERCHE INEA 141

Page 141: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

dalla necessità di coinvolgere soggetti con particolari esigenze. La gamma dellepossibili tecniche di produzione in agricoltura è estremamente ampia e diversi-ficata e permette di tracciare percorsi terapeutico-riabilitativi adeguati alle spe-cifiche abilità residue, rappresentando un vantaggio rispetto ad altri tipi di in-terventi. La diversificazione viene anche perseguita integrando le attività agri-cole in senso stretto con altre attività rivolte ai cittadini: servizi di ospitalità agri-turistica o vendita dei prodotti.

Le attività terapeutico-riabilitative si possono estendere, attraverso soggiorniperiodici, anche alla cura di anziani non più autosufficienti o all’ospitalità diconvalescenti per la degenza post-ospedaliera, con la possibilità di ridurre i co-sti del trattamento e i tempi di riabilitazione.

Non esistono dati specifici e dettagliati sull’inserimento lavorativo di personesvantaggiate in ambito agricolo; un documento della Commissione europea del2001, concernente la situazione occupazionale dei disabili, quantificava nellamisura del 5,7% la quota dei disabili occupati in agricoltura sul totale dei disa-bili occupati. Quello agricolo è un settore in cui prevale la dimensione fami-liare, con scarsa presenza di lavoro dipendente. Nella realtà si verifica che inmolte aziende agricole vi sia un disabile in quanto componente del nucleo fa-miliare. In tali casi una prospettiva interessante è rappresentata da iniziative chevedono la collaborazione tra la famiglia agricola e le associazioni o imprese delterzo settore, che mirano a un reale inserimento lavorativo del disabile nell’im-presa familiare, anche ricorrendo a investimenti in macchinari che consentanoil pieno coinvolgimento del disabile nei lavori agricoli.

Si parla di “fallimento del mercato” quando il mercato del lavoro emarginasoggetti in grado di prendere parte ai processi di produttivi. Il legislatore hacercato di ovviare a questa realtà con la legge n. 68 del 1999 introducendonel nostro ordinamento il collocamento obbligatorio, il quale prevede unaquota di assunzione obbligatoria per tutti i datori di lavoro con più di 15 di-pendenti. Il settore agricolo risulta di fatto escluso da tale ipotesi in quanto leimprese agricole raramente raggiungono tale soglia. La cooperativa sociale ditipo B rimane l’unica via per l’inserimento lavorativo in agricoltura di sog-getti deboli. La cooperativa sociale può costituire sia un momento di passag-gio in un percorso che trova il suo sbocco in un’occupazione stabile nel set-tore pubblico o in quello privato, sia il punto di arrivo di un percorso di in-serimento lavorativo. In agricoltura, infatti, l’inserimento lavorativo in unacooperativa sociale si configura spesso come il naturale sbocco di un cam-mino formativo, in cui gli individui acquisiscono conoscenze specifiche ine-renti gli ambiti della produzione agricola.

142 STUDI & RICERCHE INEA

Page 142: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

Le fattorie didattiche

Le fattorie didattiche hanno iniziato a svilupparsi in Italia a partire dal 1996,rendendo possibile la convergenza tra gli obiettivi del sistema scolastico e quellidel mondo agricolo. Dal punto di vista del sistema educativo le fattorie didatti-che rappresentano una sorta di “laboratorio” all’aperto dove è possibile abbinareapprendimento teorico e pratico, entrando in contatto con un mondo rurale vivodi cui toccare con mano i beni prodotti. Nella funzione didattica rientrano in-fatti le iniziative che hanno come obbiettivo l’avvicinamento dei bambini e deiragazzi ai processi biologici che contraddistinguono l’attività agricola e le mo-dalità con cui vengono prodotti e trasformati gli alimenti come laboratori e auledi ecologia all’aperto, orti scolastici e percorsi dimostrativi della coltivazione dipiante e di allevamento.

Per l’agricoltore, inoltre, le fattorie didattiche creano una possibilità di inte-grazione del proprio reddito sia attraverso accordi con le istituzioni scolasticheper attività programmate durante l’anno scolastico sia attraverso la vendita di-retta dei prodotti ai visitatori.

Una prima rilevazione dell’attività delle fattorie didattiche è stata effettuatagrazie al Censimento dell’agricoltura del 2000, che ne ha stimate 276 tra cityfarms e fattorie didattiche propriamente dette; l’aggiornamento dei primi mesidel 2002 ha elevato il totale a 400 aziende attive. La diffusione riguarda l’in-tero territorio nazionale, ma in particolare il Nord Italia (la sola Emilia Roma-gna ha fatto registrare 196 aziende pari al 44% del totale) dove nella maggiorparte dei casi le fattorie didattiche appartengono a una rete organizzata o ope-rano nell’ambito di programmi promossi da enti pubblici o consorzi agrituristici,anche se si registra un incremento delle aziende che, singolarmente, propongonole loro attività alle scuole. Si tratta poi in genere di aziende particolarmente sen-sibili alle tematiche ambientali tanto che quasi la metà producono con metodobiologico.

La sostenibilità economica dell’impresa sociale in agricoltura

Lo sviluppo, inteso in termini dimensionali, occupazionali e numerici, cheha interessato le organizzazioni non profit in Italia negli ultimi anni, ha postoin evidenza una problematica finora non sufficientemente approfondita, inerentela loro gestione e la loro sopravvivenza. Per le imprese sociali attive in ambitoagricolo l’obiettivo di riabilitare, formare e occupare si integra con la condu-zione di attività produttive che mettano l’impresa agricola nelle condizioni dicompetere sul mercato. Ne consegue che tutte le attività agricole, anche quellenon direttamente connesse al ciclo produttivo, finiscono per rispondere a una

STUDI & RICERCHE INEA 143

Page 143: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

logica economica in quanto danno risposte a una domanda specifica diretta (agri-coltura produttiva tradizionale, agricoltura biologica, di qualità, agriturismo,ecc.) e sono remunerate attraverso il prezzo dei prodotti scambiati sul mercatooppure rispondono a una domanda indiretta della società (conservazione dellerisorse naturali, protezione dell’ambiente) che le remunera con politiche di so-stegno specifiche.

Quindi l’impresa sociale rappresenta un’impresa economicamente e finan-ziariamente sostenibile, che svolge l’attività produttiva o zootecnica offrendo isuoi prodotti sul mercato; si può anzi parlare di più mercati, con caratteristichee domande diversificate.

Uno di questi proviene da sistemi esterni alla filiera agroalimentare e preci-samente da sistemi come quello sanitario, scolastico o carcerario, interessati asfruttare le opportunità offerte dal mondo rurale per il raggiungimento di fina-lità terapeutiche, educative e riabilitative. Il trattamento nel contesto rurale for-nisce la possibilità di cure alternative a quelle tradizionali, spesso a costi eco-nomici inferiori, costituendo per l’azienda agricola una fonte aggiuntiva di red-dito che si traduce in convenzioni remunerate con enti ospedalieri, aziende sa-nitarie, scuole, o in benefici indiretti quali sgravi fiscali o contributivi.

Esiste poi un mercato interno al sistema agroalimentare, dotato di caratteri-stiche proprie, legato al valore etico dei prodotti agricoli percepito dai consu-matori. La tipizzazione etica dei prodotti agricoli provenienti dalle fattorie so-ciali soddisfa una domanda sensibile a tali valori e sta dando luogo a una filieraspecifica, quella del cosiddetto commercio “equo e solidale”. Si può prevedereper i prodotti etici un cammino non dissimile a quello percorso dai prodotti bio-logici, il cui consumo, all’inizio tipicamente di nicchia, ha poi incontrato un fa-vore del mercato sempre più esteso.

I canali distributivi in cui i prodotti etici possono essere commercializzati evalorizzati vanno dalla vendita in azienda (o punti vendita aperti dalla stessa),a circuiti di acquisto solidale, presenti soprattutto nelle città, fino alla grande di-stribuzione.

Non diversamente dalle imprese sociali attive in altri settori, per le coopera-tive sociali che operano in agricoltura una possibile fonte di finanziamento èrappresentata dall’accesso ai finanziamenti pubblici. Questi possono tradursi insovvenzioni di enti pubblici responsabili dell’assistenza e recupero dei disabili,in finanziamenti per la formazione e l’occupazione di lavoratori svantaggiati o,come per ogni altra impresa agricola, in contributi pubblici previsti per l’ade-sione a misure di politica agricola o per la realizzazione di interventi strutturali.

Inoltre, vi è un ulteriore ruolo che il settore pubblico può svolgere a favoredelle imprese sociali agricole ed è quello di supportare la produzione dei benie servizi che esse offrono. Fra i soggetti pubblici capaci di svolgere una tale

144 STUDI & RICERCHE INEA

Page 144: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

funzione vanno sicuramente menzionate le amministrazioni comunali. Questepossono sostenere l’attività produttiva agricola in diverse forme, ad esempio at-tivando un canale di fornitura privilegiato dei prodotti agricoli per le mense sco-lastiche, le strutture sanitarie e le case di riposo o cedendo temporaneamentealle organizzazioni terre pubbliche inutilizzate per lo sviluppo o l’incrementodelle attività riabilitative.

8.5. Conclusioni

L’importanza attribuita al settore non profit porta, o dovrebbe portare, a ri-pensare le politiche di welfare su una base pluralistica, valorizzando le interdi-pendenze esistenti. I vantaggi offerti dal coinvolgimento del terzo settore sonomolteplici. Le organizzazioni non profit possono contribuire a un miglioramentodell’efficacia dei servizi grazie alle loro piccole dimensioni e al fatto di non su-bire i vincoli e gli obblighi di un servizio rivolto istituzionalmente a tutta la cit-tadinanza; inoltre il vincolo della non distribuzione degli utili costituisce per iconsumatori la necessaria garanzia in un mercato, quale quello dei servizi allapersona, caratterizzato da una asimmetria informativa circa la qualità del servi-zio fornito, persistendo un rapporto fiduciario assai complesso tra fornitore econsumatore.

La trattazione condotta ha evidenziato un quadro di riferimento che, seppurframmentato nella sua eterogeneità, appare suscettibile di sviluppi positivi perl’agricoltura. Ciò soprattutto se saranno identificati e implementati adeguati stru-menti normativi per il terzo settore in linea con le politiche portate avanti da al-tri Stati dell’Unione europea.

Il bisogno ”spontaneistico” di sociale espresso dalla Comunità nei vari set-tori ha infatti necessità di essere canalizzato e ciò è particolarmente evidente perla componente agricolo –rurale portatrice delle maggiori novità in tal senso.

STUDI & RICERCHE INEA 145

Page 145: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto
Page 146: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

PARTE QUARTA

POLITICHE PUBBLICHE E PRIVATE A SOSTEGNO

DELLA RESPONSABILITÀ SOCIALE DI IMPRESA

NEL SISTEMA AGRICOLO E AGROALIMENTARE

Page 147: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto
Page 148: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

9.1. Premessa

Il tema della responsabilità sociale delle imprese ha assunto negli ultimi 15anni una crescente importanza sia a livello mondiale che europeo intrecciandosisaldamente nel dibattito internazionale su globalizzazione, competitività e so-stenibilità ambientale.

Nell’Unione europea, la promozione della RSI riflette, da un lato, la neces-sità di difendere i valori comuni aumentando il senso di solidarietà e di coe-sione sociale tra i Paesi membri, dall’altro, l’esigenza di sostenere la competi-tività dell’economia europea nel quadro della strategia per la crescita e l’occu-pazione lanciata a Lisbona nel marzo 2000.

Impegnandosi attivamente nella diffusione della nozione e delle pratiche diRSI, la Commissione ha adottato – a partire dal 2001 – un approccio “globale”o multisettoriale invitando le imprese europee a manifestare il loro impegno afavore dello sviluppo sostenibile, della crescita economica e di un miglioramentoqualitativo e quantitativo dell’occupazione. Considerando la RSI come un com-portamento esclusivamente volontario da parte delle imprese, la Commissioneeuropea non ha imposto nuovi obblighi giuridici e amministrativi, bensì ha cer-cato di garantire una maggiore visibilità istituzionale alla RSI sfruttando le espe-rienze delle imprese già attive in questo campo.

Dal marzo 2000 quando il Consiglio di Lisbona ha ufficialmente rivolto unappello a sostegno della responsabilità sociale delle imprese, numerosi sono statii progressi compiuti in tema di RSI. Un Libro Verde nel 2001, numerose riso-luzioni del Parlamento europeo e del Comitato delle Regioni e l’istituzione nel2004 di un forum europeo multilaterale sulla RSI, hanno segnato le tappe prin-cipali di questo processo. Infine, nel marzo 2006, la Commissione europea hasostenuto il lancio di un’Alleanza europea1 in materia di RSI aperta alle impreseeuropee appartenenti a tutti i settori produttivi (indipendentemente dalle loro di-mensioni) e volta a individuare con precisione l’insieme delle iniziative già esi-

1 Questa Comunicazione della Commissione trae ispirazione da vari anni di dibattiti e consultazioni pub-bliche con le parti interessate, in particolare nell’ambito del forum europeo multilaterale sulla RSI, la cuirelazione finale è stata presentata nel 2004.

STUDI & RICERCHE INEA 149

CAPITOLO IXLA STRATEGIA EUROPEA PER LA RESPONSABILITÀ SOCIALE DI IMPRESA:RICONCILIARE L’AGENDA DI LISBONA E LA POLITICA AGRICOLA COMUNE

Page 149: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

stenti o che si intendono intraprendere in materia di RSI. Il fattivo supporto atale alleanza deve essere pertanto interpretato come una componente fonda-mentale per creare un partenariato più ampio in grado di coinvolgere attivamenteattraverso incontri periodici tutte le parti interessate alla RSI.

Alla luce di tale linea d’intervento, l’agricoltura nel suo complesso ha as-sunto, nell’ottica europea, una posizione strategica nell’applicazione dei principiispiratori della RSI. In particolare, l’implementazione di pratiche socialmenteresponsabili nel sistema agricolo e agroalimentare diviene uno strumento estre-mamente efficace nel tentativo di migliorare la coerenza degli obiettivi di svi-luppo, competitività e sostenibilità perseguiti dalla strategia di Lisbona conquelli della politica agricola comunitaria (PAC).

9.1.1. Le tappe europee della responsabilità sociale di impresa

Nell’ambito della strategia dello sviluppo sostenibile, approvata dalla Cartadei diritti fondamentali dell’UE2 nel 2000 e confermata l’anno successivo dalvertice europeo di Göteborg3, l’Unione europea ha incluso per la prima volta4

le pratiche socialmente responsabili tra gli strumenti strategici in grado di per-seguire e realizzare gli obiettivi prefissati dalle politiche europee.

Nel marzo 2000 il Consiglio europeo di Lisbona ponendo per l’Europa l’o-biettivo di “diventare l’economia della conoscenza più competitiva e più dina-mica del mondo, capace di una crescita economica sostenibile accompagnata daun miglioramento quantitativo e qualitativo dell’occupazione e da una maggiorecoesione sociale”5, ha sottolineato il senso di responsabilità sociale delle im-prese con particolare riguardo allo sviluppo di buone pratiche, il life-long lear-ning, l’organizzazione del lavoro, le pari opportunità, l’inclusione sociale e losviluppo sostenibile.

2 Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione europea, GUCE n. 364 C del 18/12/2000, pp. 1-22.3 Conclusioni del Consiglio europeo di Goteborg del 15-16 giugno 2001, Bollettino UE, n. 2, 2002,

pp. 58-59.4 È interessante sottolineare che qualche aspetto direttamente riconducibile alla RSI può essere individuato

in nuce già nel Trattato di Roma del 1957, istitutivo della Comunità europea. Successivamente un postodi rilievo in tema di politiche comunitarie in materia di responsabilità sociale delle imprese è stato oc-cupato dal Libro Bianco di Delors sul tema della crescita, competitività ed occupazione del 1993. Difronte alla crisi occupazionale dei primi anni novanta, il presidente della Commissione Delors proponevaai Paesi membri di costruire una nuova economia più aperta, decentrata, competitiva e solidale. In que-sto modo la Commissione Europea individuava il suo punto di forza per il potenziamento dell’occupa-zione, non solo nella crescita del capitale umano, ma anche nello sviluppo del senso di responsabilità col-lettiva di ognuno.

5 Conclusioni del Consiglio europeo straordinario di Lisbona del 23-24 marzo 2000, Bollettino UE, n. 3,2000, p. 1.

150 STUDI & RICERCHE INEA

Page 150: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

Nel giugno 2000, l’Agenda sociale europea6 ha evidenziato l’importanzadella responsabilità sociale misurandone il peso in termini di conseguenze so-ciali e occupazionali dell’integrazione economica e di adattamento delle condi-zioni di lavoro alla new economy.

Un anno più tardi, nel luglio 2001, la pubblicazione da parte della Commis-sione europea del Libro Verde “Promuovere un quadro europeo per la respon-sabilità sociale delle imprese”7 ha segnato l’avvio ufficiale del dibattito sullaRSI in Europa.

Il documento definisce in modo puntuale la responsabilità sociale8 indivi-duando contemporaneamente il campo di applicazione della RSI tanto dal puntodi vista della dimensione interna – gestione delle risorse umane, tutela di salute,sicurezza e ambiente – quanto di quella esterna – rapporti con le comunità lo-cali, costruzione di partnership commerciali, rapporti con fornitori e consuma-tori, rispetto dei diritti umani nella catena di fornitura. La finalità della Com-missione europea è pertanto duplice: (a) attivare un dibattito sulla nozione diresponsabilità sociale delle imprese; (b) costituire un partenariato inteso a fa-vorire lo sviluppo di una struttura europea di promozione della RSI.

Si intuisce, quindi, che la RSI è considerata un strumento indispensabile perrafforzare la strategia europea per uno sviluppo sostenibile. La Commissione pro-pone perciò di basare la strategia di promozione della RSI su alcune caratteristi-che fondamentali: un comportamento socialmente responsabile assunto su basevolontaria che vada al di là delle prescrizioni legali e ritenuto dalle imprese pro-fittevole nel medio-lungo periodo; una garanzia di uno sviluppo eco-compatibiledelle imprese che tenga conto delle ripercussioni sociali e ambientali.

A seguito della pubblicazione del Libro Verde anche tutti gli altri organismieuropei hanno inviato il proprio contributo sul tema della responsabilità sociale.Nel dicembre 2001, il Consiglio dell’Unione europea ha dato mandato allaCommissione di valorizzare le conclusioni raggiunte nelle discussioni interve-nute negli Stati membri sul tema e di avviare una serie di consultazioni sia a li-vello nazionale che europeo al fine di raccogliere il maggior numero di contri-

6 Agenda sociale europea approvata dal Consiglio europeo di Nizza del 7, 8 e 9 dicembre 2000, GUCEn. 157 C del 30/05/2001, pp. 4-12.

7 Commissione europea, 2001a.8 “Per “responsabilità sociale delle imprese” s’intende l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali

ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate.Le imprese hanno un comportamento socialmente responsabile se decidono di andare oltre le prescrizioniminime e gli obblighi giuridici derivanti dai contratti collettivi per rispondere alle esigenze della società.Scegliendo la via della responsabilità sociale, le imprese di ogni dimensione possono contribuire, in coo-perazione con i loro partner, a conciliare meglio ambizioni economiche, sociali ed ecologiche”. (Com-missione europea, Libro Verde Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese,(COM) 366 del 18 luglio 2001, Bruxelles).

STUDI & RICERCHE INEA 151

Page 151: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

buti possibili fra i partner sociali9. Il Parlamento europeo ha redatto la propo-sta di risoluzione sul Libro Verde10, proponendo una regolamentazione della re-sponsabilità sociale delle imprese con la sua integrazione in tutte le politicheeuropee. Tra gli strumenti proposti dal Parlamento è significativa la creazionedi un organismo di consultazione, il Foro europeo per la RSI, un luogo di dia-logo tra le parti interessate (stakeholder) e strumento per la standardizzazionedelle pratiche esistenti (codici di condotta, bilanci sociali). A seguito di tali ini-ziative, il Comitato delle Regioni11 ha raccomandato di adottare politiche di so-stegno finanziario alle imprese per accelerare il processo di adozione della RSI.

In linea con le proposte del Parlamento europeo, nell’ottobre 2002, la Com-missione ha aperto il Multistakeholder Forum con la finalità di “accrescere il li-vello di conoscenza della RSI e facilitare il dialogo tra business-community, sin-dacati e organizzazioni della società civile”. Obiettivi del Multistakeholder Fo-rum sono: migliorare la conoscenza delle relazioni tra responsabilità sociale, svi-luppo sostenibile e conseguente impatto su competitività, coesione sociale e pro-tezione dell’ambiente, con particolare riguardo alle piccole-medie imprese; va-lutare l’opportunità di un approccio comunitario al tema della responsabilità so-ciale delle imprese, tenendo presente le esperienze già realizzate sia in Europasia a livello internazionale.

Nel giugno 2004 il Forum ha ultimato i suoi lavori e pubblicato un Reportfinale12 in cui sono stati indicati alcuni elementi comuni a tutti gli strumenti diresponsabilità sociale: l’attenzione alla catena di fornitura, l’inserimento dellaresponsabilità sociale nel core business, il coinvolgimento degli imprenditori euna comunicazione chiara e trasparente sui benefici delle pratiche socialmenteresponsabili. Inoltre, il documento evidenzia il ruolo delle autorità locali che,coerentemente al principio di sussidiarietà, sono tenute ad assicurare le condi-zioni per lo sviluppo della RSI e il successo delle imprese che le praticano, ga-rantendo la trasparenza e l’uso efficace dei fondi rispetto agli obiettivi di naturasociale e ambientale.

Nonostante i miglioramenti intervenuti nell’adozione, applicazione e inte-grazione strategica della RSI da parte delle imprese, la Commissione nel marzo2006 ha promosso l’istituzione di un’alleanza europea per la responsabilità so-ciale (cfr. box 10) con l’obiettivo di coinvolgere grandi, medie e piccole im-

9 Consiglio dell’Unione europea, 2002.10 Parlamento europeo, Risoluzione del Parlamento europeo sul Libro verde della Commissione Promuo-

vere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese (COM(2001) 366 – C5-0161/2002 –2002/2069(COS)), GUUE n. 187 E del 07/08/2003 pp. 180-188.

11 Comitato delle Regioni, 2002, pp. 1-5 e 44-55.12 European Multistakeholder Forum, Social Responsibility Final results & recommendations. Final report,

2004 Multistakeholder Forum 2002.

152 STUDI & RICERCHE INEA

Page 152: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

prese di ciascun settore produttivo (nonché le altri parti interessate) nell’espo-sizione delle azioni già intraprese e da intraprendersi in questo ambito. Pur noncomportando alcun nuovo obbligo finanziario per il bilancio comunitario, laCommissione ritiene che tale alleanza avrà un impatto significativo sul com-portamento delle imprese europee nei confronti della RSI e sul loro impegnopositivo a favore delle questioni sociali e ambientali.

STUDI & RICERCHE INEA 153

Box 10 - L’ alleanza europea per la RSI

L’alleanza europea per la RSI mira a fare dell’Europa un polo di eccellenza in materia di RSI per sostenere

un’economia di mercato che si preoccupi delle tematiche sociali e ambientali. L’obiettivo è di costituire un

partenariato, basato sulla convinzione che le priorità della strategia europea per la crescita e l’occupazione

sono pienamente coerenti con le sfide della crescente concorrenza mondiale, dell’evoluzione demografica e

di un futuro ecologicamente sostenibile. Pertanto, la RSI diviene per le imprese e i consumatori un’opportu-

nità economica destinata alla promozione dello sviluppo sostenibile, in grado di rafforzare, il potenziale in-

novativo e la competitività dell’Europa e favorire l’occupabilità e la creazione di posti di lavoro.

Tale alleanza si basa su incontri e su dibattiti svolti con le imprese e le parti interessate. In particolare, essa

prende le mosse dai buoni risultati ottenuti dal Forum europeo multilaterale sulla RSI nel 2004, che ha of-

ferto una piattaforma ai rappresentanti europei delle imprese, ai datori di lavoro, ai sindacati e alle organiz-

zazioni della società civile per discutere, interagire e apprendere le pratiche della RSI.

L’alleanza individua due linee d’intervento per favorire la diffusione delle best practices nel prossimo futuro.

In primo luogo, sensibilizzare tutte le parti interessate verso la RSI. L’alleanza intende individuare metodi ef-

ficaci per lo scambio e la diffusione delle pratiche migliori, iniziative e strumenti di RSI al fine di suscitare in

Europa l’interesse dei policy-makers, degli operatori commerciali, dei consumatori, dei lavoratori. L’alleanza

riafferma la necessità di incentivare ulteriormente, basandosi sulle iniziative esistenti, la ricerca multidiscipli-

nare sulla RSI a livello europeo: una collaborazione più stretta tra imprese università e istituti di ricerca pri-

vata e la continuazione del dialogo e della cooperazione con la società civile giocano un ruolo cruciale.

Oltre a ciò, si aggiunge l’importante contributo dell’istruzione (investimento in capitale umano): l’inserimento

di temi legati alla RSI nei corsi universitari tradizionali, nei programmi di formazione del personale e nei pro-

grammi post-laurea fornirebbe un adeguato know-how, per affrontare in modo più incisivo le tematiche di RSI.

In secondo luogo, contribuire a integrare efficacemente la RSI nelle strategie operative delle imprese. In par-

ticolare, data la natura dinamica della RSI e la diversità del mondo imprenditoriale europeo e internazionale,

i partner dell’alleanza hanno individuato alcuni campi d’azione prioritari:

(a) incoraggiare l’innovazione tecnologica, i prodotti e i servizi sostenibili che rispondono a bisogni della so-

cietà, con particolare riferimento alle PMI; (b) aiutare le imprese a integrare considerazioni sociali e ambientali

nella loro attività economica, in particolare in quella che riguarda la catena di approvvigionamento; (c) svi-

luppare adeguate competenze per l’occupabilità; (d) migliorare le condizioni di lavoro rispondendo in maniera

appropriata alla diversità e alla sfida della parità di opportunità; (e) innovare in campo ecologico concen-

trandosi in particolare sull’integrazione dell’eco-efficienza e del risparmio energetico nel processo produttivo;

(f) aumentare il grado di trasparenza e di comunicazione delle scelte aziendali venendo incontro ai bisogni

dei consumatori sempre più interessati all’aspetto qualitativo e di salute pubblica del prodotto commercializ-

zato; (e) infine, con riferimento alla dimensione sovranazionale della RSI, le imprese europee dovranno ope-

rare al di fuori dei confini dell’Unione europea in modo socialmente ed ecologicamente responsabile.

Page 153: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

L’alleanza si propone di istituire nuovi partenariati tra le parti interessate edè quindi un fattore di mobilitazione di risorse e capacità delle aziende europeee dei loro partner. I risultati dell’alleanza andranno intesi come un contributovolontario delle imprese alla realizzazione degli obiettivi della rinnovata strate-gia di Lisbona.

9.1.2. Gli obiettivi della responsabilità sociale di impresa nell’Unione europea

Seguendo le linee guida della Commissione europea, le pratiche socialmenteresponsabili non intendono sostituire l’azione dei policy makers, piuttosto svol-gono una funzione complementare di primario rilievo, contribuendo alla realiz-zazione di una serie di obiettivi quali: (a) assicurare mercati del lavoro più in-tegrati e livelli più elevati di inclusione sociale; (b) favorire gli investimenti incapitale umano attraverso l’acquisizione di nuove competenze, l’apprendimentopermanente e l’occupabilità; (c) migliorare i livelli della salute pubblica graziea iniziative volontarie delle imprese in settori come la commercializzazione el’etichettatura dei prodotti alimentari e chimici non tossici; (d) incentivare l’in-novazione di processo e di prodotto; (e) garantire uno sfruttamento più razio-nale delle risorse naturali e una diminuzione dei livelli di inquinamento, attra-verso investimenti nell’eco-innovazione e l’adozione volontaria di sistemi di ge-stione ambientale e di etichettatura; (f) garantire un maggiore rispetto dei dirittiumani, della tutela dell’ambiente e delle norme fondamentali del lavoro.

Alla luce degli obiettivi individuati dalla Commissione l’applicazione deiprincipi e delle pratiche di RSI dovrebbe interessare le politiche europee nel lorocomplesso interagendo sia a livello macro sia microeconomico. Il primo casoriguarda le politiche dell’occupazione e degli affari sociali (educazione, forma-zione permanente, pari opportunità); la politica dell’ambiente (valutazione co-stante dei rischi e dei risultati ambientali e il contributo allo sviluppo dell’eco-tecnologia); le amministrazioni pubbliche (integrazione dei principi della RSInell’offerta dei servizi pubblici). Il livello microeconomico interessa diretta-mente le strategie della singola impresa e le scelte e i diritti dei consumatori,cercando di proporre un approccio equilibrato che massimizzi le sinergie tra lecomponenti prettamente economiche (la massimizzazione del profitto) e gliaspetti socio-ambientali.

9.1.3. Le azioni europee per la promozione dell’adozione di pratiche di re-sponsabilità sociale di impresa

La strategia comunitaria al fine di incentivare l’adozione di pratiche social-

154 STUDI & RICERCHE INEA

Page 154: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

mente responsabili si fonda su un insieme di azioni che indipendentemente dalsettore di appartenenza dell’impresa si articolano lungo cinque direttrici fonda-mentali.

In primo luogo, si intende favorire la sensibilizzazione e lo scambio delle ri-spettive esperienze e delle migliori prassi tra imprese e Stati membri attraversoun maggior grado di coordinamento dei forum esistenti e la creazioni di nuovinetwork informativi. All’interno delle best practices la Commissione ha conti-nuato a incoraggiare gli strumenti ecologici volontari, come i sistemi di gestioneambientale (EMAS)13 e il programma Ecolabel14 nonché altre iniziative di sen-sibilizzazione dei cittadini ai problemi sociali e ambientali e all’impatto sui con-sumi e sulle scelte di investimento.

In secondo luogo, si punta a sostenere le capacità di gestione della RSI, ga-rantendo un’adeguata formazione alle imprese interessate. In tal senso, i Fondistrutturali e in particolare il Fondo sociale europeo dovrebbero essere destinatialla promozione della RSI nella formazione destinata al personale e alla ricercainterdisciplinare sulla RSI che interessa numerosi aspetti tra loro interdipendentiquali competitività e sviluppo sostenibile nonché i settori come l’innovazione, lerelazioni industriali e la catena di approvvigionamento. Basandosi sui quattro pro-getti di ricerca sulla RSI finanziati a titolo del sesto programma quadro di ri-cerca, la Commissione punta a sostenere altri progetti sulla RSI nell’ambito delprossimo (settimo) programma quadro. Inoltre, poiché la dinamicità del concettodi RSI presuppone un apprendimento permanente nel tempo, è necessario fornirele conoscenze e qualifiche adeguate attraverso una strategia di life-long learning.

In terzo luogo, è necessario incoraggiare le piccole e medie imprese (PMI)ad adottare strategie di RSI. Le PMI rappresentano, infatti, in seno all’UE unarealtà di assoluta importanza, costituendo soprattutto in alcuni Paesi e in deter-

13 Il sistema EMAS, acronimo di Eco-Management and Audit Scheme) è stato introdotto dal regolamento(CE) n. 761 del 2001. Il sistema EMAS si propone l’obiettivo di favorire, su base volontaria, una razio-nalizzazione delle capacità gestionali dal punto di vista ambientale delle imprese, basata non solo sul ri-spetto dei limiti imposti dalle leggi, che rimane comunque un obbligo dovuto, ma sul miglioramento con-tinuo delle proprie prestazioni ambientali, sulla creazione di un rapporto nuovo e di fiducia con le isti-tuzioni e con il pubblico e sulla partecipazione attiva dei dipendenti. L’impresa che intende aderire al si-stema EMAS è tenuta a: effettuare l’analisi ambientale iniziale; stabilire la propria politica ambientale;elaborare il programma ambientale; attuare il sistema di gestione ambientale – ovvero struttura, pianifi-cazione, responsabilità, pratiche, procedure, processi e risorse; effettuare l’auditing, cioè svolgere una va-lutazione sistematica, periodica, documentata e obiettiva delle prestazioni dell’organizzazione, del sistemadi gestione ambientale e dei processi destinati a proteggere l’ambiente; redigere la dichiarazione am-bientale, rivolta al pubblico.

14 Ecolabel è il marchio europeo di certificazione ambientale per i prodotti e i servizi. È stato adottato nel1992 con l’approvazione del regolamento (CEE) n. 880/92 e in seguito aggiornato con il nuovo regola-mento (CE) n. 1980 del 17 luglio 2000. È uno strumento ad adesione volontaria concesso a quei prodottie servizi che rispettano criteri ecologici stabiliti dalla normativa comunitaria.

STUDI & RICERCHE INEA 155

Page 155: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

minati settori (ad esempio, agricoltura) l’ossatura del tessuto produttivo. Tutta-via, a fronte di tale rilevanza, numerosi sono gli ostacoli che le imprese di pic-cole e medie dimensioni sono tenute ad affrontare nel tentativo di avviare unpercorso di RSI, quali ad esempio, la scarsa sensibilizzazione e/o informazionesul tema, la forte limitazione delle risorse umane (insufficiente preparazione cul-turale sia degli imprenditori che dei lavoratori), finanziarie (difficoltà di accessoal credito) e numerosi impedimenti amministrativi. L’impatto macroeconomicodell’adozione di pratiche socialmente responsabili da parte delle PMI diviene,quindi, determinante per sfruttare pienamente la capacità della RSI di contri-buire alla crescita, all’occupazione e allo sviluppo sostenibile in Europa.

In quarto luogo, si ritiene necessario rafforzare la trasparenza delle pratichee degli strumenti di RSI. La trasparenza facilita lo scambio e il miglioramentodelle buone pratiche, consentendo alle imprese di valutare i risultati ottenuti.L’obiettivo è di un aumentare la trasparenza dei codici di condotta (diritti deilavoratori, diritti dell’uomo, tutela dell’ambiente), delle norme di gestione (in-tegrare gli aspetti sociali e ambientali nelle attività quotidiane delle imprese),della misurazione delle prestazioni, dei marchi (diritto dei consumatori al-l’informazione sui prodotti tramite l’etichettatura) e dell’investimento social-mente responsabile. In tale direzione risulta fondamentale garantire un’infor-mazione adeguata ai consumatori non solo in termini di qualità del prodottoma anche su questioni di salute pubblica. Potrebbero essere, infatti, gli stessiconsumatori con le proprie decisioni di spesa a veicolare le scelte produttivedelle imprese verso un comportamento e una produzione socialmente respon-sabili.

Infine, occorre migliorare il funzionamento dell’alleanza europea della RSI.L’istituzione di tale forum plurilaterale a livello comunitario, come accennato inprecedenza, si pone l’obiettivo dello scambio d’esperienze, dell’omogeneizzazionedelle azioni esistenti all’interno dell’Unione europea e dell’individuazione di set-tori in cui un’azione a livello comunitario può essere appropriata nel rispetto delprincipio di sussidiarietà. La Commissione anche sulla base dei buoni risultati ot-tenuti dalla Piattaforma europea sull’alimentazione, punta a organizzare periodi-che riunioni di revisione del forum multilaterale al fine promuovere una maggioresensibilizzazione alla RSI e aumentarne ulteriormente la credibilità.

9.2. La responsabilità sociale di impresa come strumento per conciliarela strategia di Lisbona e la politica agricola comunitaria

La crescita sostenibile e un migliore livello occupazionale costituiscono duedelle maggiori sfide che l’UE si è prefissata di affrontare fin dal 2000, al fine

156 STUDI & RICERCHE INEA

Page 156: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

di salvaguardare il modello sociale europeo. In presenza di una forte concor-renza mondiale e di un invecchiamento della popolazione sempre più marcato,il Consiglio europeo di primavera del marzo del 2005 ha rilanciato la strategiadi Lisbona istituendo un partenariato per la crescita, l’occupazione e la compe-titività e rinnovando nel dicembre dello stesso anno la sua strategia per lo svi-luppo sostenibile15.

La risoluzione del Consiglio europeo si rivolge, in primo luogo, al mondoimprenditoriale poiché è matura la convinzione che l’Unione europea ha biso-gno non solo di imprese competitive su scala globale ma anche di imprese so-cialmente responsabili in grado di coniugare gli aspetti dell’efficienza produt-tiva con quelli della tutela sociale e ambientale.

Seguendo l’orientamento del Consiglio di primavera del marzo 200516, laCommissione ha riconosciuto che la RSI può «fornire un contributo essenzialeallo sviluppo sostenibile rafforzando al tempo stesso il potenziale innovativo ela competitività dell’Europa” invitando “gli imprenditori e gli altri principalioperatori d’Europa ad avviare con urgenza una riflessione con gli esponenti po-litici sulle misure a medio e lungo termine necessarie per la sostenibilità e adavanzare proposte imprenditoriali ambiziose che vadano oltre i requisiti legaliminimi vigenti»17.

Tale approccio deve essere applicato a tutti i settori produttivi e in partico-lare a quelli in cui le esternalità statiche – che intervengono all’interno del-l’impresa – e dinamiche – che si manifestano al di fuori dell’impresa stessa –sono oramai divenute sempre più forti e le interazioni tra tutte le parti interes-sate (produttori, fornitori, consumatori, autorità pubbliche nei loro differenti li-velli) di fatto permanenti.

In tale senso l’agricoltura, data la sua importanza economica e sociale al-l’interno dell’Unione europea18, costituisce un settore chiave all’interno delquale l’adozione di azioni socialmente responsabili si propone di migliorare lacoerenza tra le finalità meramente utilitaristiche e l’attenzione verso questioni

15 La rinnovata strategia di Lisbona promuove la crescita e l’occupazione in modo pienamente coerente conlo sviluppo sostenibile, che rimane un obiettivo primario dell’Unione europea, sottolineando il ruolo delleimprese quale motore della crescita economica, della creazione di occupazione e dell’innovazione.

16 Negli orientamenti integrati per la crescita e l’occupazione (2005-8) il Consiglio ha raccomandato agliStati membri di “incoraggiare le imprese a sviluppare la loro responsabilità sociale.”

17 Comunicazione della Commissione europea al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato econo-mico e sociale europeo – “Il partenariato per la crescita e l’occupazione: fare dell’Europa un polo di ec-cellenza in materia di responsabilità sociale delle imprese” – COM (2006) 136 def.

18 Basti pensare che ancora oggi la metà della superficie dell’Unione europea è adibita all’agricoltura. Inparticolare, fin dalla nascita della Comunità europea, il settore agricolo è ritenuto fondamentale per lacrescita economica.

STUDI & RICERCHE INEA 157

Page 157: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

quali la sicurezza alimentare, lo sviluppo rurale, la gestione del territorio, l’ac-cesso alla terra o l’uso sostenibile delle risorse naturali.

Alla luce della profonda interazione fra agricoltura, natura e società, a par-tire dalla fine degli anni novanta, rilevanti sono stati i passi in avanti fatti inseno alla politica agricola comune. La PAC ha infatti attivato un processo di in-tegrazione di misure di tutela dell’ambiente al fine di ottenere un corretto equi-librio tra una produzione agricola competitiva e il rispetto dell’ambiente. In al-tre parole, la PAC si è posta l’obiettivo di perseguire un rapporto equilibrato trala politica agricola e quella ambientale, integrando pienamente le problematicheecologiche e di salute pubblica nella normativa comunitaria e nello sviluppo dipratiche agricole.

A tale riguardo, il Consiglio europeo di Cardiff (1998) e successivamentequello di Vienna (1999) hanno chiesto a tutti i servizi competenti del Consigliodi delineare le loro strategie per integrare la problematica ambientale e giungereallo sviluppo sostenibile nei rispettivi settori di pertinenza. Ciò ha dato il via alcosiddetto processo di Cardiff e i Consigli europei successivi hanno riaffermatol’impegno a integrare le problematiche attinenti all’ambiente in tutte le politi-che comunitarie e a mettere a punto indicatori adeguati per monitorare tale pro-cesso. La Commissione, a sua volta, ha pubblicato numerose comunicazioni re-lative all’integrazioni di tali problematiche nella politica agricola e alla defini-zione di indicatori agroambientali.

Tra queste, nel gennaio 1999 la Commissione ha pubblicato la comunica-zione “Orientamenti per un’agricoltura sostenibile”, che costituisce una impor-tante base di partenza per il settore agricolo. Il Consiglio europeo di Helsinki(dicembre 1999) ha adottato quindi la strategia per integrare la dimensione am-bientale nella PAC fissando obiettivi specifici come la qualità e l’uso equilibratodell’acqua, la riduzione dei rischi dei prodotti agro-chimici, la riduzione del de-grado del suolo, il cambiamento climatico e qualità dell’aria, tutela della biodi-versità e del paesaggio.

Infine, il Consiglio europeo di Göteborg (giugno 2001), come già accennato,ha approvato la Strategia dell’Unione europea per lo sviluppo sostenibile, af-fiancando la dimensione ambientale a quelle sociale ed economica (triple bot-tom line). Tale strategia è stata successivamente approvata anche dalle conclu-sioni del Consiglio agricoltura per l’integrazione della tutela ambientale e dellosviluppo sostenibile nella politica agricola comune.

Alla luce di tali nuovi orientamenti la politica agricola comune ha affiancatoai suoi tradizionali obiettivi19 quelli volti a prevenire i rischi di degrado am-

19 Tali obiettivi – parte dei quali già ampiamente raggiunti- erano stati fissati dal Trattato istitutivo della

158 STUDI & RICERCHE INEA

Page 158: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

bientale, incoraggiando al tempo stesso gli agricoltori a continuare a svolgereun ruolo positivo nella salvaguardia del paesaggio e dell’ambiente grazie a mi-sure mirate di sviluppo rurale senza minare la redditività dell’agricoltura nellediverse regioni dell’UE.

Tenendo in considerazione queste nuove esigenze, si è quindi proceduto aintrodurre all’interno delle riforme della PAC, una serie di misure di sostenibi-lità ambientale. In particolare, mentre l’agenda 2000 aveva stabilito che la po-litica agricola comune doveva fondarsi su due pilastri, l’orientamento al mer-cato e ai redditi (“primo pilastro”) e lo sviluppo sostenibile delle zone rurali(“secondo pilastro”), la riforma del 2003 ha effettivamente integrato in ambe-due i pilastri le questioni ambientali mediante l’adozione di misure nuove o mo-dificate proprio per promuovere la tutela dell’ambiente agricolo.

In primo luogo, è stato introdotto il principio della condizionalità quale stru-mento principale della politica di mercato e dei redditi e quello del disaccop-piamento della maggior parte degli aiuti diretti alla produzione. In particolare,a partire dal 2005 (termine non prorogabile oltre il 2007), è stato adottato unregime di pagamento unico basato sugli importi storici di riferimento. Con talemeccanismo si mira a ridurre al massimo le distorsioni degli scambi dovute allemisure di sostegno al settore agricolo, a facilitare l’espansione del settore agri-colo nei Paesi in via di sviluppo, ad aumentare la produttività agricola promo-vendo il progresso tecnologico senza trascurare l’impatto socio-ambientale. Ciòsi è tradotto nella riduzione di molti degli incentivi accordati alla produzioneintensiva, ritenuti all’origine dell’aumento dei rischi ambientali.

Per quanto riguarda la politica dello sviluppo rurale, il rispetto di requisitiambientali minimi costituisce una delle condizioni essenziali per poter accedereai benefici economici e finanziari nell’ambito delle diverse misure di svilupporurale, come gli investimenti nelle aziende agricole, l’insediamento di giovaniagricoltori, la trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli. Inol-tre, solo un impegno in senso ambientale al di sopra del livello di riferimentodelle buone pratiche agricole20 (BPA) consente di poter usufruire dei pagamentiagro-ambientali e ottenere il sostegno alle zone svantaggiate.

La nuova strategia agroambientale della PAC è, dunque, mirata in larga parte

Comunità europea di Roma: (a) assicurare condizioni di vita dignitose alle comunità agricole aumentandoi guadagni individuali degli addetti del settore; (b) stabilizzare i mercati agricoli; (c) raggiungere l’auto-sufficienza alimentare; assicurare prezzi ragionevoli dei prodotti alimentari.

20 Le buone pratiche agricole sono definite come l’insieme dei metodi colturali che un agricoltore diligenteimpiegherebbe nella regione interessata. Ciò implica quantomeno il rispetto della legislazione comunita-ria e nazionale in materia di ambiente. Le BPA prevedono, infatti, il rispetto delle disposizioni della di-rettiva sui nitrati e l’uso di prodotti fitosanitari.

STUDI & RICERCHE INEA 159

Page 159: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

a migliorare la sostenibilità degli ecosistemi agricoli. Le misure adottate per in-tegrare nella PAC le problematiche ambientali comprendono requisiti di tipo am-bientale (condizionalità) e incentivi (ad esempio, ritiro di superfici dalla produ-zione) inseriti nella politica di mercato e dei redditi, come pure misure am-bientali mirate nel quadro dei programmi di sviluppo rurale (ad esempio, regimiagro-ambientali).

In tale contesto, le azioni socialmente responsabili sono destinate a giocareun ruolo decisivo, in quanto tendono a superare l’approccio tipicamente setto-riale della PAC per cogliere appieno l’aspetto multifunzionale che l’agricolturaricopre sempre più nella società. In altre parole, l’implementazione di pratichesocialmente responsabili non solo garantisce alla società la produzione di ali-menti sicuri e sani assicurando uno sviluppo eco-compatibile e rafforzando bio-diversità dell’ambiente agricolo, ma coinvolge attivamente anche tutte le partiinteressate soddisfacendo i loro bisogni nel caso (per la verità sempre più fre-quente) in cui la società chieda agli imprenditori agricoli di conseguire obiettividi protezione dell’ambiente e di salute pubblica più elevati del livello minimodelle buone pratiche agricole.

L’adozione su base volontaria di azioni di RSI da parte delle imprese agri-cole e agroalimentari, da un lato, le vincolerebbe ad adottare standard lavora-tivi, ambientali e di sicurezza alimentare più elevati delle BPA, dall’altro, am-plierebbe gli orizzonti della politica agricola comune aumentandone la redditi-vità e rendendola più coerente con gli orizzonti di crescita e occupazione di Li-sbona.

Infatti, nonostante i costi iniziali (spesso non trascurabili), l’adozione di com-portamenti socialmente responsabili attiva all’interno dell’impresa dei processivirtuosi che si concretizzano generalmente con un prodotto di più elevata qua-lità ottenuto grazie a una continua opera di innovazione (di processo e/o di pro-dotto), a una più elevata produttività dei lavoratori (che possono usufruire dicondizioni di lavoro più favorevoli), a un rapporto stabile e di fiducia con i for-nitori, a una valorizzazione delle tradizioni agroalimentari del territorio in cuil’impresa opera e, infine, a una maggiore attenzione alle esigenze di salute pub-blica dei consumatori.

La RSI in agricoltura, quindi, si pone potenzialmente come il naturale traitd’union tra le accresciute richieste di sicurezza alimentare, difesa dell’ambiente,valorizzazione del territorio, tutela dei diritti dei lavoratori, qualità del prodottoe le attese di un sostenuto sviluppo economico e occupazionale riducendo alcontempo le distorsioni derivanti dagli aiuti finanziari della politica comunita-ria e migliorando i risultati aziendali sia in termini di produttività del lavoro chedi innovazione tecnologica.

L’obiettivo dell’azione comunitaria in tema di RSI in agricoltura dovrebbe

160 STUDI & RICERCHE INEA

Page 160: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

essere quello di abbattere le iniziali barriere (informative, economiche, finan-ziarie e amministrative) che impediscono alle imprese agricole e agroalimentaridi intraprendere tale percorso di RSI. Le imprese, infatti, prevalentemente ca-ratterizzate da una piccola e media dimensione se non addirittura a conduzionefamiliare, e che spesso inconsapevolmente già adottano azioni socialmente re-sponsabili attraverso un approccio informale e intuitivo, dovrebbero poter con-tare su un constante flusso informativo, su un appropriato supporto finanziario(non solo in termini di contributi a fondo perduto, ma anche su una serie di in-centivi fiscali e di accesso al credito) e infine, su efficiente collegamento conle università e/o gli istituti di ricerca pubblici e privati in grado di formare oaggiornare costantemente il capitale umano (know how) presente all’interno del-l’impresa.

9.3. Conclusioni

La RSI costituisce a pieno titolo un aspetto peculiare del modello sociale eu-ropeo poiché riflette i valori fondamentali dell’UE. Intraprendendo un percorsodi questo tipo si risponde concretamente alle sfide ambientali, rafforzando con-temporaneamente il potenziale innovativo e la competitività dell’Europa. Per es-sere un modello di successo l’economia di mercato europea deve basarsi su al-cuni presupposti essenziali: da un lato su disposizioni legislative e regolamen-tari efficaci e coerenti e dall’altro sull’auto-limitazione e sull’autocontrollo, non-ché su un clima pro-attivo di innovazione, imprenditorialità e fiducia reciproca.

Ciò è particolarmente vero in agricoltura, dove le tematiche dell’efficienzaproduttiva si incontrano con le questioni sociali (difesa dei diritti dei lavoratorie della salute pubblica) e ambientali (tutela del patrimonio naturale e valoriz-zazione del territorio).

In agricoltura infatti i comportamenti socialmente responsabili riguardanouna molteplicità di soggetti tra loro interdipendenti: – le singole imprese, grandi o piccole, che possono migliorare le loro presta-

zioni economiche, ambientali e sociali a breve e lungo termine grazie a pro-dotti e servizi innovativi e nuove competenze;

– coloro che lavorano per (fornitori) o nelle imprese (dipendenti), che possonousufruire di un ambiente di lavoro più gratificante e stimolante;

– i consumatori, che danno un’importanza crescente alle credenziali sociali eambientali dei prodotti e servizi che acquistano; le comunità locali in cuioperano le imprese, che aspirano alla valorizzazione del territorio e alla pro-mozione delle loro tradizioni agroalimentari;

– le autorità pubbliche che beneficiano di una riduzione del livello d’inquina-

STUDI & RICERCHE INEA 161

Page 161: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

mento e della relativa pace sociale nelle relazioni tra le organizzazioni degliimprenditori e i sindacati;

– la comunità internazionale, che si aspetta che le imprese europee abbiano uncomportamento eticamente corretto ed ecologicamente rigoroso;

– le generazioni future a cui vengono preservate le risorse naturali necessarieal loro fabbisogno.

162 STUDI & RICERCHE INEA

Page 162: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

10.1. Premessa

Il seguente capitolo presenta un quadro delle politiche e delle azioni con-cernenti la promozione della responsabilità sociale d’impresa con riferimento alsistema agroalimentare nazionale e regionale.

Il tema della responsabilità sociale d’impresa, da tempo argomento di di-scussione in Europa, da qualche anno si sta diffondendo anche in Italia comenuovo approccio alla gestione d’impresa. Sono diverse le ricerche italiane edeuropee che dimostrano come i consumatori, attraverso atteggiamenti e com-portamenti, premino le aziende socialmente responsabili L’argomento si inseri-sce nel più vasto ambito del concetto di sviluppo sostenibile, venuto ormai allaribalta anche tra l’opinione pubblica. L’impegno dei decisori pubblici sui temidella responsabilità sociale nasce da considerazioni che attengono sinteticamentea un rafforzamento del sistema produttivo che abbia come cardine la sostenibi-lità in tutte le sue declinazioni: sociale, ambientale ed economica1. L’attivitàagricola racchiude molte delle questioni attinenti la responsabilità sociale, laquale rappresenta per il settore primario una vocazione innata e naturale. Per ilsuo forte impatto ambientale, per lo stretto legame con il territorio che caratte-rizza la sua produzione e per i risvolti sociali e occupazionali che presenta av-viare e approfondire la discussione sui temi legati alla responsabilità sociale inagricoltura diventa elemento centrale e strategico di ogni politica di sviluppoche voglia accogliere le istanze presenti nella società. Il sistema agroalimentareè oggi fattore di sviluppo economico e sociale e efficace strumento di salva-guardia ambientale e per questo è chiamato a dare risposta ad alcune grandi que-stioni: il bisogno di sicurezza alimentare, la richiesta di prodotti di qualità, la

* Il lavoro è frutto dell’impegno comune di L. Briamonte, M.A. D’Oronzio e di R. Pergamo. Tuttavia, lesingole parti vanno così attribuite: Lucia Briamonte, paragrafi 10.1 e 10.4; Raffaella Pergamo, paragrafo10.2; Maria Assunta D’Oronzio, paragrafo 10.3.

1 In tal senso vanno le conclusioni raggiunte a Dresda nel vertice 8 maggio 2007 dei Ministri del lavoroe delle politiche sociali del G8, i quali, parlando di responsabilità sociale dell’impresa, affermano che lacapacità delle imprese di agire in modo economicamente, socialmente e ambientalmente responsabile neiPaesi in cui operano non costituisce un onere, bensì un valore aggiunto per la qualità dell’attività eco-nomica e per i benefici derivanti alla collettività e al territorio in cui essa ha sede.

STUDI & RICERCHE INEA 163

CAPITOLO XLE POLITICHE NAZIONALI IN TEMA DI RESPONSABILITÀ SOCIALEDI IMPRESA: STRUMENTI E FINALITÀ*

Page 163: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

sostenibilità ambientale, lo sviluppo degli spazi rurali e la valorizzazione del ter-ritorio. Le imprese agricole si fondono strettamente con il territorio in cui ope-rano, andando ad incidere sul tessuto locale. Diventa, quindi, sempre più im-portante, da un lato, promuovere il dibattito sul concetto di responsabilità so-ciale delle imprese anche in agricoltura e, dall’altro, definire le modalità di co-stituzione di un partenariato pubblico-privato inteso a favorire la creazione diuna struttura di sviluppo e diffusione di tale concetto. Le Istituzioni possonocreare un contesto di norme, standard volontari, sistemi e incentivi che risultafondamentale per orientare e contestualizzare l’operato delle imprese2. Tali stru-menti hanno la capacità di incoraggiare l’attivazione di comportamenti azien-dali responsabili, nonché costituire un giusto freno alle pratiche più spregiudi-cate sotto il profilo sociale e ambientale (Molteni 2008). A fronte di una cre-scente attenzione dell’opinione pubblica verso le tematiche concernenti la tuteladell’ambiente, la sicurezza dei prodotti, il rispetto dei diritti umani e dei lavo-ratori, anche i soggetti pubblici si sono attivati in diverse forme per promuoveretra le imprese comportamenti socialmente responsabili, in primo luogo attra-verso l’attività normativa e regolamentare che costituisce senza dubbio un forteimpulso nell’indirizzare l’operato dell’azienda verso pratiche socialmente re-sponsabili. Infatti, se le legislazioni sociali, del lavoro e ambientali non possonodisciplinare ogni dettaglio delle decisioni di impresa, possono comunque defi-nire un quadro di contorno e stabilire condizioni minime obbligatorie. Allostesso tempo, i miglioramenti nelle relazioni interne all’azienda contribuisconoalle finalità che le singole normative si pongono3. Il rapporto fra le azioni di re-sponsabilità sociale e la normativa dovrebbe essere quindi guidato dall’obiettivodi sistematizzare le prime all’interno delle politiche di sviluppo. Le pratiche che

2 L’UNI – Ente Nazionale di Unificazione è riconosciuto come Ente Italiano per la normazione; svolge at-tività normativa in tutti i settori industriali, commerciali e del terziario ed è presente a livello interna-zionale come membro italiano dell’ISO-Organizzazione internazionale sulla Standardizzazione. In ambitoUNI è stato costituito un apposito gruppo di lavoro dal nome “Responsabilità sociale delle organizza-zioni”, con la partecipazione bilanciata di tutte le parti interessate, coinvolgendo i Ministeri competenti(Ambiente, Sviluppo economico, Lavoro e Welfare).Il gruppo si interfaccia con l’ISO, che sta svilup-pando una guida alla responsabilità sociale, che avrà come nome ISO 26000. La norma non sarà prontaprima del 2010 e sarà uno standard internazionale per le linee guida di responsabilità sociale; non saràuno standard di certificazione, non costituirà cioè un sistema di gestione e non sarà certificabile, ma siporrà piuttosto come strumento di adesione volontaria e conterrà le linee guida su concetti, definizioni emetodi di valutazione.

3 Nel Libro Verde della Commissione europea del 18 Luglio 2001 si legge “Affermando la loro responsa-bilità sociale e assumendo di propria iniziativa impegni che vanno al di là delle esigenze regolamentarie convenzionali, cui devono comunque uniformarsi, le imprese si sforzano di elevare le norme collegateallo sviluppo sociale, alla tutela dell’ambiente e al rispetto dei diritti fondamentali, adottando un sistemadi governo aperto in grado di conciliare gli interessi delle varie parti interessate nell’ambito di un ap-proccio globale della qualità e dello sviluppo sostenibile

164 STUDI & RICERCHE INEA

Page 164: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

si ispirano al concetto di RSI, infatti, possono contribuire ad una serie di obiet-tivi perseguiti dai poteri pubblici. Un utile esempio è costituito dalla politica na-zionale in materia di sicurezza alimentare, la quale ha operato per armonizzaree rafforzare i sistemi di controllo e per favorire il processo di estensione del si-stema di rintracciabilità nelle produzioni agroalimentari, privilegiando nella con-cessione dei contributi nazionali, le imprese che hanno adottato un sistema vo-lontario di rintracciabilità, opportunamente certificata. Tale politica, che ha con-tribuito a declinare il concetto di produzione in una dimensione più ampia di fi-liera e territorio è stata affiancata dalla promozione di marchi identificativi e dietichettature per l’origine e la rintracciabilità delle produzioni e da forme di co-municazione istituzionale volte a valorizzare e a dare riconoscibilità alla qualitàdei prodotti agroalimentari italiani, a creare la consapevolezza dell’evoluzionedell’agricoltura tra tradizione e innovazione e a valorizzare il “made in Italy”quale stile di vita e di consumo. Anche sul fronte sociale l’adozione di percorsidi responsabilità sociale si rivela efficace strumento di tutela. I mutamenti chehanno interessato il modello occupazionale italiano portano infatti a rifletteresulla questione della qualità del lavoro, non solo come insieme delle garanzierelative alla condizione lavorativa ma anche come sicurezza e salute sul luogodi lavoro e come crescita professionale. Il tema delle risorse umane assume nelsistema agroalimentare particolare importanza per alcune peculiarità che carat-terizzano l’organizzazione del lavoro in agricoltura: basso livello di sicurezza,elevata stagionalità, ampio utilizzo di manodopera immigrata, lavoro irregolare.Le pratiche che si ispirano al concetto di RSI possono contribuire a una seriedi obiettivi già perseguiti dai poteri pubblici4 quali mercati del lavoro più inte-grati e livelli più elevati di inclusione sociale, investimenti destinati a favorirelo sviluppo delle competenze, l’apprendimento permanente e l’occupabilità.

Se le politiche pubbliche devono assumere come obiettivo il tema della re-sponsabilità sociale è necessaria un’attività preliminare di programmazione, chein Italia si svolge a più livelli. Le molte competenze del Governo nazionale sonoinfatti decentrate a livello regionale e per alcuni aspetti anche a livello locale.I piani nazionali in cui le tematiche della responsabilità sociale trovano acco-glienza vanno dal risparmio energetico allo sviluppo di tecnologie per la difesadei beni ambientali, fino a istanze di inclusione sociale. L’individuazione dei

4 Il governo italiano ha ratificato le linee guida dell’OCSE del giugno 2000, dettate per le imprese multi-nazionali ma che sono adattabili senza dubbio anche alle piccole e medie imprese. Le linee guida del-l’OCSE sono raccomandazioni indirizzate dai governi alle imprese multinazionali. Esse enunciano prin-cipi e norme per il comportamento responsabile delle imprese, il cui rispetto è volontario e non obbliga-torio. Le Linee guida mirano ad assicurare che le operazioni di queste imprese siano in armonia con lepolitiche dei governi per rafforzare la fiducia reciproca tra le imprese e le società in cui esercitano la loroattività e aumentare il contributo delle imprese multinazionali allo sviluppo sostenibile.

STUDI & RICERCHE INEA 165

Page 165: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

temi ritenuti prioritari da parte del Governo favorisce un’affermazione deglistessi nell’intero territorio nazionale. Le amministrazioni centrali hanno la pos-sibilità di promuovere l’impegno da parte delle Istituzioni e delle Associazioniattorno ai temi della responsabilità sociale, favorendo lo sviluppo di politichelocali autonome, nel rispetto dei principi di sussidiarietà e sostenibilità5. Sonoauspicabili a riguardo norme nazionali che assistano le Istituzioni pubbliche lo-cali fornendo loro il supporto necessario all’attivazione di tali politiche. Tutta-via, a livello territoriale, si registrano spesso difficoltà nel disporre delle risorsenecessarie per realizzare quanto indicato a livello nazionale. Può risultare op-portuno colmare tali lacune attraverso il ricorso alle opportunità offerte dall’U-nione europea: il Fondo Sociale europeo (FSE), il Fondo europeo di SviluppoRegionale (FESR), il Fondo europeo per lo Sviluppo Rurale (FEASR) e i Pianidi Sviluppo Rurale (PSR).

Ci si chiede dunque quali possano essere i migliori strumenti a disposizionedelle Istituzioni pubbliche per promuovere la responsabilità sociale d’impresa.L’efficacia delle iniziative di promozione della responsabilità sociale d’impresaè ravvisabile in tre distinti modelli tra loro complementari: integrazione fra di-versi soggetti di uno stesso territorio (orizzontale), integrazione fra i diversi li-velli territoriali di Istituzioni e Associazioni (verticale); integrazione tra i diffe-renti soggetti operanti in differenti ambiti territoriali (di rete) (Quaderni Osser-vatorio Operandi, 2008).

Un percorso interessante riguarda la prima dimensione di integrazione fragli attori e dà luogo all’evoluzione del concetto di responsabilità sociale d’im-presa in quello di responsabilità sociale coniugata a livello di territorio6. Laforza della responsabilità sociale sta anche nella sua estensione applicativa dallesingole imprese a tutto il territorio, avendo la RSI come obiettivo il migliora-mento della qualità della vita della comunità e quindi il suo sviluppo. Tale svi-luppo è particolarmente significativo perché si avvicina al modello reticolareche caratterizza lo sviluppo in distretti e perché si dimostra direttamente indi-

5 Nella relazione “Howitt” sulla responsabilità sociale delle imprese: un nuovo partenariato si legge: “IlParlamento europeo (…) chiede alla Commissione di invitare i rappresentanti di un certo numero di Go-verni nazionali, regionali e locali che si sono impegnati ad utilizzare gli strumenti per la RSI, a costituireveri e propri laboratori e integrare le loro conclusioni all’interno della sua futura attività (…) e rileva cheoccorre adottare delle misure idonee a convincere le varie parti che avrà luogo un dialogo reale che in-ciderà effettivamente sulle politiche dell’Unione europea, volte ad incentivare e applicare la RSI nelleimprese.

6 Il Comitato europeo economico e sociale nell’Opinione dell’8 giugno 2005, in tema di “Strumenti di mi-sura e di informazione sulla responsabilità sociale delle imprese in un’economia globalizzata”, ha pre-cisato che gli indicatori devono rispettare la diversità, tenendo conto della situazione socio-economica,legale e culturale così come del tipo e della dimensione dell’impresa in aree geografiche diverse e in di-versi territori.

166 STUDI & RICERCHE INEA

Page 166: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

rizzato a realizzare un obiettivo ritenuto strategico: la competitività responsa-bile di territorio. Un territorio è competitivo quando è in grado di fare sistemaa livello locale con le Istituzioni pubbliche, le associazioni agricole, le aziendee le industrie di trasformazione, nel rispetto della sostenibilità economica, am-bientale, sociale e culturale. Questo porta a muoversi in una dimensione di-versa di RSI, in cui al centro non si trova più solo la singola impresa, che sirelaziona con i suoi stakeholder, fra cui la comunità locale: l’impresa da cen-tro della strategia diventa a sua volta uno stakeholder e condivide la responsa-bilità con la propria comunità territoriale di riferimento. Gli attori di un terri-torio, imprese, lavoratori, Istituzioni pubbliche, associazionismo, scuola, uni-versità, sono fortemente legati l’uno all’altro, in quanto “costretti” a stare in-sieme. Allo stesso tempo, sono inevitabili i limiti di ogni singolo attore (leaziende, lo Stato, la società civile) nel fornire riposte adeguate ai problemi po-sti dalla collettività. Si riscopre allora indispensabile stabilire valori condivisi,che costituiscano il collante che tiene uniti diversi soggetti, che si sentono perquesto comunità territoriale. In questa ottica, un importante ruolo è ricopertodalle Istituzioni pubbliche in quanto, rappresentando l’intera comunità territo-riale, sono portatrici dei valori collettivi del corpo sociale. La stretta relazioneche lega il sistema agroalimentare al suo territorio di riferimento può produrreuna catena di valore che va al di là della semplice realtà aziendale ed esten-dere i suoi benefici sulla globalità del contesto economico-sociale. I vantaggiche derivano dall’adozione di una strategia di RSI nell’ambito del territoriosono molteplici. In primo luogo, l’impresa agricola e agroalimentare valorizzai suo beni primari (le materie prime) ma allo stesso tempo esalta anche beni eservizi secondari di vario genere. L’impresa, infatti, assolve compiti di tuteladel paesaggio, praticando un uso corretto della terra, limitando l’utilizzo di pe-sticidi e elementi inquinanti, valorizzando gli spazi rurali. Inoltre, il territorioacquista un valore competitivo e diventa per l’opinione pubblica una sorta didenominazione d’origine che assicura un valore aggiunto ai prodotti. Data laparticolarità del nostro sistema produttivo, costituito in gran parte da piccole emedie imprese, la produzione di prodotti tipici diventa per queste un elementostrategico di competitività, simboleggiando il valore del territorio di prove-nienza ed esprimendo l’insieme di conoscenze, tradizioni e cultura che rendonoil prodotto “unico”nel suo genere. Si tratta quindi di saper coniugare nellescelte di pianificazione dello sviluppo di un territorio la dimensione economicacon quella sociale e ambientale. A livello territoriale risulta, infatti, più age-vole includere attori pubblici e privati nella promozione di politiche di sviluppoterritoriale.

STUDI & RICERCHE INEA 167

Page 167: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

10.2. Esperienze e iniziative a livello nazionale

Nel presente paragrafo si intende analizzare le esperienze e le iniziative rea-lizzate a livello nazionale, considerando la possibilità che le Istituzioni pubbli-che hanno di incentivare comportamenti socialmente responsabili al di là del-l’osservanza delle norme e a prescindere dalla aspettativa relativa di un qualcheincentivo economico. Poco è stato fatto in ambito nazionale e ancora meno nelsettore agricolo e agroalimentare. Quanto realizzato in questi anni costituisce,però, un importante passo verso l’introduzione dei principi di responsabilità so-ciale nella nostra cultura economica e sociale e rappresenta un punto da cui con-tinuare la riflessione sul tema.

Fra gli strumenti di promozione della RSI vi è la capacità che gli enti pubblicihanno di fornire maggiori informazioni riguardo gli effetti positivi della responsa-bilità sociale, sulle imprese e sulla società. Le Istituzioni possono instaurare un qua-dro di riferimento omogeneo, destinato a favorire la qualità e la convergenza delleprocedure osservate, grazie all’individuazione e diffusione di principi, approcci estrumenti e alla promozione di nuove prassi e idee innovative. L’affermazione dellebuone prassi assicura una valutazione efficiente in termini di costi e una verificaindipendente delle procedure di responsabilità sociale delle imprese, garantendo inquesto modo la loro efficacia e la loro credibilità. Compito delle Istituzioni è atti-vare e favorire la costituzione di una rete di attori per implementare il sistema erafforzare lo scambio di esperienze e buone pratiche, dando così, da un lato, im-pulso allo sviluppo di capacità di gestione della RSI e permettendo, dall’altro, laformazione delle politiche pubbliche anche attraverso l’apporto delle imprese.

10.2.1. La proposta di legge di Legambiente

Un primo tentativo volto alla maggiore affermazione della responsabilità so-ciale delle imprese è il contributo posto in essere con la proposta di legge “Di-sposizioni per la promozione e lo sviluppo della responsabilità sociale delle im-prese” presentata dall’On. Realacci nel Marzo 2004. Il disegno di legge siuniforma agli obiettivi delineati in sede europea per la RSI, riconoscendo a que-sta un ruolo come elemento di crescita economica e come contributo per unamaggiore coesione sociale. Nel contenuto della proposta è fatto esplicito riferi-mento ai principi costituzionali, in particolare quelli contenuti nell’articolo 41,il quale afferma che l’iniziativa economica “non può svolgersi in contrasto conl’utilità sociale, anzi deve essere indirizzata e coordinata a fini sociali”7. Il te-

7 Definizione mutuata dal Libro Verde della Commissione europea del 18 Luglio 2001 “Promuovere unquadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese”.

168 STUDI & RICERCHE INEA

Page 168: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

sto definisce la responsabilità sociale delle imprese come l’integrazione volon-taria da parte delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporticon le parti interessate di finalità di tutela degli interessi sociali e ecologici. Laproposta di legge prevedeva l’istituzione di un’Autorità per la responsabilità so-ciale delle imprese a cui affidare, tra l’altro, l’individuazione di indicatori o stan-dard per la definizione dei comportamenti socialmente responsabili e per valu-tare l’effettività di tali comportamenti e i risultati raggiunti e la costituzione diun Forum consultivo con lo scopo di coadiuvare l’Autorità nell’adempimentodei suoi compiti e di assicurare la più ampia partecipazione delle parti interes-sate alla definizione degli indicatori. Il disegno di legge si preoccupava di assi-curare alle imprese socialmente responsabili strumenti di visibilità e di divul-gazione delle loro iniziative, anche attraverso la facilitazione all’accesso ai pro-grammi televisivi e radiofonici del servizio pubblico. Era, inoltre, prevista la de-lega al Governo per l’emanazione di norme recanti agevolazioni fiscali per leimprese socialmente responsabili. Si tratta di una proposta che, al di là del va-lore del suo contenuto, non ha avuto seguito parlamentare.

10.2.2. Il progetto CSR-SC del Ministero del Welfare

Nel corso del 2002 il Ministero del Welfare ha istituito un gruppo di lavorointeramente dedicato allo sviluppo del tema della responsabilità sociale delle im-prese.

Condividendo le indicazioni della Commissione europea, il Ministero ha rav-visato che l’attuazione di pratiche di CSR da parte di un’impresa debba avve-nire esclusivamente su base volontaria e ha riconosciuto come principi fonda-mentali il bisogno di credibilità e trasparenza delle pratiche di CSR e l’atten-zione alle caratteristiche e ai bisogni delle piccole e medie imprese.

Al fine di promuovere la cultura della CSR e le buone pratiche tra le im-prese e le organizzazioni italiane il Ministero ha, all’interno del progetto, intra-preso alcune iniziative. Degna di nota è l’istituzione del Forum Italiano Multi-Stakeholder per la CSR, la prima piattaforma di dialogo nazionale sulla CSR.L’organismo è costituito da 50 organizzazioni nazionali a rappresentanza dif-fusa, equamente suddivisi in quattro macrocategorie: datori di lavoro, sindacati,istituzioni e società civile. Il Forum si riuniva in Assemblea Generale e TavoliTecnici. L’Assemblea generale ha valutato e discusso obiettivi strategici, iden-tificato eventuali temi da sviluppare e analizzato i risultati conseguiti. Per pro-seguire con la sensibilizzazione di tutti gli stakeholder nel corso del biennio2004-2005 sono stati siglati dei Protocolli d’Intesa con alcune associazioni dicategoria: con Confapi, che associa 50 mila PMI, con Assolombarda che riuni-sce più di 5.700 imprese dell’area milanese, e con Federambiente: con tutte le

STUDI & RICERCHE INEA 169

Page 169: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

associazioni è stata prevista la diffusione della cultura della RSI e la realizza-zione di numerose iniziative per il coinvolgimento e la formazione degli asso-ciati. In attuazione del protocollo di intesa con Unioncamere, firmato nel no-vembre 2003, il Ministero ha collaborato all’apertura degli Sportelli CSR-SC,punti informativi a tutt’oggi esistenti e operanti su tutto il territorio nazionale.Elemento centrale del Progetto CSR-SC era il Social Statement, uno strumentonuovo, semplice e innovativo di autovalutazione delle prestazioni di responsa-bilità sociale, che è stato proposto alle imprese per intraprendere il percorso dellaCSR. Il Ministero ha fornito una griglia di lettura che permette a tutte le aziende(con una particolare attenzione alle PMI) di avere una guida per valutare la pro-pria performance in ambito di RSI e di comunicarla a tutti gli stakeholder di ri-ferimento in maniera completa e consapevole, favorendo forme di confronto deirisultati ottenuti. Le attività del progetto si sono concluse nel 2006 con la finedella XIV legislatura.

10.2.3. Il progetto Q-RES del CELE

Il CELE8 ha sempre sostenuto la fondamentale funzione delle norme morali,giuridiche e sociali nel promuovere la razionalità e l’efficienza economica e laloro indispensabilità nel dare al sistema delle imprese la necessaria legittimitàmorale e sociale.

Nel 1999 su iniziativa del CELE è stato concepito un Tavolo per definire glistrumenti per la promozione della RSI, per garantire alle imprese un operato ri-spondente alle direttive suggerite e, ancora, dei criteri di eccellenza, utilizzandoun modello di gestione dell’impresa di fatto mutuato dal contratto sociale congli stakeholder. Si è così definito un nuovo standard di qualità della responsa-bilità etico-sociale d’impresa, che ne tuteli la reputazione, l’affidabilità, la qua-lità e l’immagine. In sostanza, l’attenzione non è più solo rivolta al risultato eco-nomico, ma anche alle modalità operative con cui lo si è perseguito tenendoconto della qualità dei prodotti, dei servizi e della trasparenza e correttezza nel-l’operare.

Il progetto ha posto la reputazione fra le risorse più importanti per il suc-cesso dell’impresa. La reputazione, come riconoscimento della “licenza di ope-rare” nasce, in primis, dall’interazione ripetuta e dal rapporto di fiducia che sicrea necessariamente tra l’impresa e i suoi stakeholders, sia interni (i collabo-ratori e il gruppo manageriale) che esterni (fornitori, investitori, clienti, le co-munità locali, la pubblica amministrazione, ecc.). Le attività del progetto hanno

8 CELE, Centre for Ethics Law & Economics dell’Università Cattaneo (LIUC) di Castellanza.

170 STUDI & RICERCHE INEA

Page 170: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

evidenziato come il comportamento dell’impresa viene osservato dallo stakehol-der, per poi dare luogo ad un aggiornamento delle sue credenze circa i com-portamenti futuri dell’impresa; è stato analizzato in questo modo il fattore cherende credibile il commitment, cioè l’impegno, dell’impresa in tale direzione.

Gli strumenti indicati dal gruppo di lavoro del CELE per comunicare un com-mitment credibile e verificabile sono l’adozione di un codice etico aziendale, lasua attuazione tramite la formazione e il controllo (auditing interno), le attivitàdi reporting periodico e la certificazione indipendente. La formazione etica mettetutti i collaboratori in condizione di far fronte a potenziali conflitti tra autono-mia individuale e punto di vista organizzativo.

Altri strumenti definiti dallo studio efficaci nell’attuazione della responsabi-lità etico-sociale dell’impresa sono i sistemi organizzativi di attuazione e di con-trollo: a priori, introducendo strutture organizzative di supporto e integrando lestrategie, le politiche e gli obiettivi del business con i principi del codice etico;a posteriori, valutando il grado di raggiungimento degli obbiettivi e monitorandole conformità di pratica, comportamenti e procedure operative, svolgendo inda-gini e, se del caso, suggerendo adeguate azioni correttive.

La conoscenza da parte degli stakeholder del soddisfacimento effettivo delleloro legittime aspettative avviene tramite la rendicontazione etico-sociale, gra-zie alla quale, il management dell’impresa, conosce i giudizi, le reazioni e leaspettative e viene messo in condizione di migliorare le strategie per gestire almeglio gli effetti che si ripercuotono sulla reputazione. Viene predisposto un si-stema di misurazione e di raccolta sistematica, organizzazione e comunicazionedei dati rilevanti relativi all’impatto delle attività dell’impresa sul benessere deivari stakeholder e viene valutata la coerenza tra i risultati conseguiti e gli obiet-tivi derivanti dalla missione, dai valori e dal codice etico.

10.2.4. Il progetto INEA-MIPAAF sulla responsabilità sociale per le imprese delsistema agroalimentare

Nel sistema agroalimentare la crescente sensibilità per la salute e la sicurezzaalimentare, l’ambiente e il territorio pone un forte accento sui temi della RSI,con particolare riferimento al valore e alla qualità delle produzioni, al loro le-game con il territorio, ai processi produttivi che ne stanno alla base, agli assettidi governo, alla definizione delle strategie aziendali e, non ultimo, alla capacitàdell’impresa di veicolare un’immagine compatibile con i propri valori e prin-cipi. Ciò si inserisce in una prospettiva che tende a promuovere sempre più unalogica di rete, tra imprese, settori e territori, al fine di aggiungere valore alleproduzioni, rafforzare le economie locali e nazionali e affermare il ruolo che leimprese rivestono come motore di sviluppo.

STUDI & RICERCHE INEA 171

Page 171: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

In questo contesto è auspicabile che aumenti l’attenzione delle imprese versoquei comportamenti e quegli strumenti che promuovono il rispetto dei diritti edella sicurezza dei lavoratori, dell’ambiente, della salute e della sicurezza delleproduzioni, oltre alla cooperazione con le comunità locali.

È in questo ambito che l’INEA sta realizzando il progetto “Responsabilitàsociale: implicazioni e applicazioni per le imprese agricole e agroalimentari”,finanziato dal MIPAAF e, finalizzato all’approfondimento, alla promozione e al-l’applicazione dei temi e delle metodologie di RSI. Questi obiettivi, uniti allespecificità del settore, hanno spinto l’INEA a sviluppare un insieme articolatodi strumenti a favore delle imprese e degli operatori del settore. L’elaborazionedelle Linee guida “Promuovere la responsabilità sociale delle imprese agricolee agroalimentari” che, costituiscono il principale supporto operativo, volto a fa-vorire l’adozione di percorsi socialmente responsabili per le imprese del settore,ha tenuto conto della complessità del sistema agroalimentare e, in particolare,della pluralità degli ambiti di intervento (aree protette, aree urbane e periurbane,aree rurali, aree a forte specializzazione, distretti produttivi, ecc.), della tipolo-gia produttiva, delle differenti classi dimensionali delle imprese (micro, piccola,media e grande) e dei diversi gradi di concentrazione (cooperative, consorzi, as-sociazioni, ecc.). A tal fine, è stata adottata una logica di “gradualità” che con-sente a ciascuno di utilizzare i concetti e gli strumenti proposti in base alle pro-prie specificità.

Ciò allo scopo di promuovere un percorso individuale ma coerente con ilmodello di orientamento alla RSI proposto. Le Linee guida, dunque, costitui-scono uno strumento finalizzato a fornire proposte operative, concrete e flessi-bili, che lascino a ciascuna impresa l’autonomia di scegliere il percorso di RSIritenuto più adatto alla propria realtà aziendale, all’interno di un quadro di ri-ferimento unitario capace di cogliere le principali peculiarità del sistema agroa-limentare (approccio modulare).

Alle Linee guida sono stati affiancati altri strumenti come elementi comple-mentari9 per consentire ai diversi attori del sistema agroalimentare un agevoleavvicinamento alla responsabilità sociale in base al proprio grado di maturazionesul tema10.

L’approccio che l’INEA propone per intraprendere un percorso di responsa-bilità sociale può essere schematizzato in due linee di azione:

9 Si fa riferimento a un glossario e un’appendice sugli strumenti di RSI, al sito www.agres.inea.it, a un vo-lume su casi studio di aziende di settore che consente di individuare i percorsi attuati dalle stesse e alpresente volume di approfondimento.

10 Per un approfondimento sul lavoro svolto dall’INEA si vedano le linee guida, i casi studio e il sito in-ternet citati.

172 STUDI & RICERCHE INEA

Page 172: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

– i comportamenti di responsabilità sociale, ovvero il complesso delle motiva-zioni, delle azioni e degli strumenti che sostanziano l’impegno dell’impresaad essere socialmente responsabile;

– il sistema, ovvero la capacità di fare “rete” con i diversi attori che compon-gono o si relazionano con il sistema agroalimentare.Tali elementi sono stati utilizzati per realizzare una “griglia di auto-diagnosi”

che permetta a ogni singola impresa di costruire una propria strategia di orien-tamento alla responsabilità sociale.

10.3. Le Regioni italiane e le politiche per la responsabilità sociale diimpresa

Di seguito vengono riportate le iniziative più significative svolte a livello lo-cale, in particolare in ambito regionale. Non si tratta di esperienze specificherealizzate in campo agricolo e agroalimentare, ma i risultati delle loro attivitàpossono avere importanza e influenza per il settore.

10.3.1. Regione Toscana

Una delle Regioni che più ha dato rilievo ai temi della responsabilità socialed’impresa e cercato di dare impulso a una loro affermazione sul territorio è laRegione Toscana. L’Amministrazione regionale ha, infatti, ritenuto la responsa-bilità sociale un valore strategico e ha scelto di acquisirne gli indirizzi nelle pro-prie scelte e strategie di politica economica e industriale.

La regione Toscana, nell’ambito del Completamento di programmazioneObiettivo 2, 2000-2006 e relativamente agli investimenti per i servizi di consu-lenza, ha previsto finanziamenti alle PMI che si sono orientate e che si orien-teranno verso la certificazione SA 800011. Dal giugno 2002, ha attivato il pro-getto “Fabrica Ethica per la diffusione, soprattutto tra le PMI, della certifica-zione SA 8000, che prevede l’attivazione di servizi formativi e informativi disupporto e l’erogazione di fondi alle imprese.

La Toscana ha, successivamente, elaborato la legge regionale 8 maggio 2006

11 SA 8000 è uno standard internazionale di certificazione sociale e etica delle organizzazioni (pubbliche eprivate) sviluppato dall’ente americano SAI-Social accountability International nel 1997; è il primo stan-dard volontario che intende, attraverso le relative procedure di accreditamento e certificazione, garantireil rispetto dei diritti fondamentali dei lavoratori, la tutela contro lo sfruttamento dei minori, le garanziedi sicurezza e salubrità sul posto di lavoro. Stabilisce, in sintesi, una serie di prescrizioni cui una aziendasocialmente responsabile deve attenersi.

STUDI & RICERCHE INEA 173

Page 173: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

n. 17 che prevede interventi e agevolazioni a favore delle imprese di tutti set-tori economici che adottano volontariamente standard relativi a modelli di ren-dicontazione e sistemi di gestione aziendale certificabili delle pratiche di re-sponsabilità sociale.

La Regione Toscana ha favorito uno sviluppo fondato sulla non discrimina-zione, la promozione delle pari opportunità, la valorizzazione delle persone, lacoesione sociale e territoriale e ne promuove l’attuazione e il rispetto attraversola diffusione di una cultura della responsabilità sociale. La Regione riconoscela responsabilità sociale come un processo che, attraverso il miglioramento con-tinuo, assicura all’interno delle organizzazioni il perseguimento dei diritti umani,economici, del lavoro e sociali. Inoltre, ha sostenuto l’attuazione e la diffusionedelle pratiche e della cultura di responsabilità sociale nelle organizzazioni e trai cittadini riconoscendone il ruolo dei soggetti coinvolti e favorendone, sia lafunzione di portatori di interessi sia il coinvolgimento nella definizione dellebuone pratiche di responsabilità sociale.

La Toscana nel rispetto della normativa comunitaria in materia di aiuti distato a favore di piccole e medie imprese:– promuove le imprese che adottano volontariamente gli standard internazio-

nali, europei o nazionali, relativi all’introduzione e allo sviluppo di modellidi rendicontazione nonché sistemi di certificazione di prodotto o di servizioche assicurino la trasparenza e la credibilità delle pratiche in materia di re-sponsabilità sociale; tra gli strumenti di promozione potranno anche esserepreviste semplificazioni amministrative e agevolazioni fiscali;

– prevede, nell’ambito delle politiche e delle azioni a sostegno dei servizi realialle piccole e medie imprese, misure di agevolazioni che orientano le im-prese all’adozione di sistemi di gestione aziendale certificabili, anche inte-grati tra loro, della qualità ambientale, della responsabilità sociale e della si-curezza nei luoghi di lavoro.Il sostegno alle organizzazioni orientate alla RSI si concretizza in un sistema

di aiuto diretto alle PMI nella misura del 50% della spesa complessiva previ-sta. In questo modo si tende a premiare le aziende certificate rispetto alla qua-lità ambientale (EMAS o ISO 14001) e alla responsabilità sociale (SA 8000).

Inoltre, è stata istituita una Commissione Etica Regionale (CER) nominatadal Presidente della Giunta regionale con decreto proprio, con le seguenti fun-zioni:– formulare pareri e proposte alla Giunta regionale in materia di progetti per

la diffusione, l’incoraggiamento e lo studio delle pratiche di responsabilitàsociale delle imprese;

– analizzare la realtà imprenditoriale toscana anche attraverso studi e indagini;– proporre strumenti per garantire la trasparenza e la funzionalità del processo

174 STUDI & RICERCHE INEA

Page 174: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

di miglioramento graduale e di coinvolgimento della catena di fornitura cheaccompagna le imprese all’introduzione di sistemi di gestione certificabili,anche attraverso accordi con organismi terzi;

– operare per la trasparenza e la qualità dei processi di certificazione e di ren-dicontazione delle imprese anche attraverso la piena acquisizione della rela-tiva documentazione.La CER, quale organo consultivo della Giunta regionale, collabora con la

struttura regionale competente in materia di responsabilità sociale delle impreseper presenziare, monitorare, svolgere attività di tutoraggio e verificare il pro-cesso graduale tramite cui le imprese e le organizzazione attivano azioni di mi-glioramento continuo volte all’introduzione di sistemi di gestione della certifi-cazione di responsabilità sociale. La Commissione ha attivato tre gruppi di la-voro:– certificazione di distretti e di filiera;– etica in economia e finanza;– strumenti della RSI e adattabilità alle PMI.

La Commissione entro il 31 dicembre di ogni anno presenta alla Giunta e alConsiglio una relazione sulla propria attività. Resta in carica tre anni ed è pre-sieduta dall’Assessore regionale alle Attività produttive.

10.3.2. Regione Veneto

L’impegno della regione Veneto sulle questioni legate alla responsabilità so-ciale nasce da considerazioni attinenti il rafforzamento del sistema produttivo ele modalità con cui affrontare la crescente sfida del mercato globale, nel rispettodi uno sviluppo economico e sociale sostenibile. In questa ottica, la Regione siè attivata su numerosi fronti, fra i quali il più significativo è costituito dall’ini-ziativa “Veneto Responsabile”. “Veneto Responsabile – Rete regionale per la re-sponsabilità sociale d’impresa” è un’associazione senza scopo di lucro, costi-tuita nel 2003 per promuovere una cultura d’impresa orientata a un maggiorcoinvolgimento e attenzione alle problematiche del sociale12. L’associazione Ve-neto responsabile “vuole essere rete tra diversi soggetti, luogo di confronto tragli attori del un territorio, tavolo multi-stakeholder” (Peraro, 2007). Il tavolo ter-ritoriale multi-stakeholder si propone di rappresentare un luogo di costruzionedi relazioni effettive in cui si cerca di individuare un bene comune, il giustoequilibrio e la cooperazione tra i diversi attori economici, sociali e istituzionali

12 Veneto Responsabile «…si propone di promuovere una cultura d’impresa orientata alla responsabilità so-ciale e quindi facilitare la diffusione di buone pratiche attraverso la costruzione di una RETE tra i sog-getti del contesto economico-sociale e istituzionale» (art 2 dello Statuto di “Veneto Responsabile”).

STUDI & RICERCHE INEA 175

Page 175: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

del territorio. Ciò al fine di stimolare l’adesione, da parte delle imprese, aglistrumenti di responsabilità sociale attraverso un percorso che coinvolga tutti gliattori socio-economici del Veneto. Per raggiungere tale obiettivo Veneto Re-sponsabile ha adottato un vero e proprio piano strategico pluriennale, articolatoin due fasi: una prima fase di sensibilizzazione e comunicazione, una succes-siva di definizione e adozione di linee guida

10.3.3. Regione Marche

Significativa è anche l’esperienza della Regione Marche che ha emanato lalegge regionale n. 11 del 23 febbraio 2005 recante “Interventi per la promozionedi prassi socialmente responsabili, per la certificazione dei sistemi di qualità, delrispetto dell’ambiente, della sicurezza e dell’etica di amministrazioni pubblichelocali e loro enti e consorzi, di organizzazione non lucrative d’utilità sociale(ONLUS) e delle piccole e medie imprese marchigiane”. La legge introduce unaserie di interventi per la promozione di prassi socialmente responsabili. In par-ticolare, all’articolo 3, tra i soggetti potenzialmente beneficiari degli interventidi finanziamento include anche le imprese operanti in agricoltura.

Per realizzare tali azioni, la Regione ha istituito l’albo regionale per le pic-cole e medie imprese, per le imprese agricole, per le ONLUS e per le pubbli-che amministrazioni che promuovono e adottano prassi socialmente responsa-bili così come indicato dal Libro Verde della Commmissione europea.

L’iscrizione all’albo regionale (articolo 4 della legge citata), costituisce titolodi priorità per la concessione di incentivi finanziari, contributi e agevolazioniprevisti dalla normativa regionale. La Regione, infatti, concede aiuti finanziarial fine di sostenere i soggetti responsabili socialmente iscritti all’albo che in-tendono aderire e attuare processi di certificazione di carattere internazionale,comunitario e nazionale attinenti la qualità, la parità di trattamento e non di-scriminazione, il rispetto ambientale, la sicurezza, la responsabilità sociale e cor-retta gestione delle risorse umane, il bilancio etico e la responsabilità socialed’impresa.

La Giunta regionale entro novanta giorni dall’approvazione della legge fi-nanziaria annuale determina, sentita la competente commissione consiliare, lemodalità e i criteri per l’erogazione dei contributi. Inoltre, il Consiglio regio-nale promuove a favore dei giovani e dei cittadini marchigiani una capillareinformazione per la diffusione della cultura della qualità, della parità di tratta-mento e non discriminazione, del rispetto ambientale, della sicurezza, di com-portamenti socialmente responsabili e dell’etica d’impresa. Infine, il Consigliodetermina le modalità di attuazione degli interventi menzionati entro sessantagiorni dall’approvazione della legge finanziaria annuale.

176 STUDI & RICERCHE INEA

Page 176: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

10.3.4. Regione Umbria

Un’altra esperienza da segnalare è quella della regione Umbria, che con lalegge regionale n. 20 del 2002 ha istituito l’albo delle imprese certificate SA8000 al fine di favorire lo sviluppo tra i cittadini umbri di una maggiore sensi-bilità nei confronti delle problematiche relative alla responsabilità sociale deglioperatori economici e di promuovere le attività delle imprese di produzione edi commercializzazione che rispettano detti principi.

Da sottolineare che l’iscrizione all’albo costituisce titolo di priorità per:– la concessione di incentivi finanziari, contributi e agevolazioni previste dalla

normativa regionale;– il rilascio delle autorizzazioni amministrative previste dalla normativa regionale;– la selezione dei soggetti da invitare alle gare di appalto per lavori pubblici

o forniture di beni e servizi, fermi restando i requisiti richiesti dalla vigentenormativa in materia.Inoltre, la Regione ha emanato la legge n. 21 del 2001 “Interventi per la cer-

tificazione di sistemi della qualità, del rispetto ambientale, della sicurezza e del-l’etica nelle imprese umbre”, con la quale ha previsto contributi a fondo per-duto pari al 50% delle spese di consulenza e certificazione per quelle impreseche implementano sistemi di gestione aziendali certificabili.

10.3.5. Regione Emilia Romagna

Nel 2001, ben 45 Comuni della provincia di Reggio Emilia hanno dato vitaad AGAC- Servizi energetici e ambientali, ora Enìa, società di servizi energe-tici e ambientali, il cui azionariato è distribuito tra tutti i partecipanti, che hagestito all’interno del territorio provinciale il ciclo integrato dell’acqua, la di-stribuzione di gas naturale, il servizio di teleriscaldamento e i servizi di igieneambientale. Oltre alla redazione ogni anno del Bilancio di Sostenibilità, AGACha costituito nel corso degli anni un rapporto molto radicato con il territoriodella provincia di Reggio Emilia, attivando una serie di partnership con gli at-tori istituzionali (Provincia, ARPA, Osservatorio Provinciale dei Rifiuti, scuoledi ogni ordine e grado) e con i soggetti facenti parte del terzo settore (enti divolontariato, cooperative sociali, associazioni ambientaliste, ecc.). AGAC/Enìapartecipa ad attività di partenariato con la Pubblica Amministrazione.

10.4. Conclusioni

L’impresa agricola si colloca oggi in un complesso sistema di relazioni convari portatori di interesse (stakeholder) ognuno dei quali esercita specifiche pres-

STUDI & RICERCHE INEA 177

Page 177: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

sioni. Un sistema in cui si aprono per le imprese nuove minacce e opportunitàche non possono essere ignorate. La sfida consiste nel saper coniugare compe-titività e responsabilità sociale. L’importanza della responsabilità sociale perun’impresa nasce dalla consapevolezza che l’ambiente economico e sociale incui essa opera ha un ruolo fondamentale per definire i “parametri reali” entro iquali potersi muovere. Il tema della responsabilità sociale si impone come stra-tegia innovativa per il recupero e il rafforzamento di alcuni elementi di coesionecentrati sulla sostenibilità economica, sociale e ambientale nel contesto territo-riale di riferimento attraverso un percorso che garantisca un’alta qualità socialee stimoli le imprese a introdurre “modelli sostenibili” nelle loro strategie e po-litiche.

Inoltre, di fronte a consumatori sempre più attenti e critici, le imprese sonochiamate a rendere conto dei propri comportamenti e ad adottare iniziative chene migliorino l’immagine complessiva presso i clienti, i fornitori, le Istituzioni,ecc.

Se l’adozione di una politica di RSI è una decisione che spetta alle imprese(principio di volontarietà), visto che essa contribuisce al beneficio della societàrafforzando uno sviluppo sostenibile è indispensabile che le Istituzioni pubbli-che incoraggino l’adozione di pratiche responsabili da parte delle stesse. In taleottica, una strategia nazionale, in linea con quanto portato avanti a livello eu-ropeo, potrebbe completare le misure esistenti su scala locale e contribuire cosìallo sviluppo della RSI. Il ruolo delle Istituzioni pubbliche nazionali e locali nelcostruire un quadro favorevole alla sensibilizzazione e promozione di principiresponsabili13 si può concretizzare attraverso assistenza alle imprese, da un lato,e integrazione degli stessi principi nelle attività dei poteri pubblici, dall’altro.

Trovare il giusto mezzo tra incentivazione verso percorsi/pratiche di RSI nel-l’ambito di un quadro omogeneo, condiviso ma non obbligatorio che consentaalle imprese di risolvere il problema di autoreferenzialità e la messa a punto dispecifiche politiche di coinvolgimento dell’impresa e di ottimizzazione delle ini-ziative nate spontaneamente in tema di RSI contribuirebbero sicuramente a mi-gliorare il clima e la diffusione di tale approccio.

Un altro contributo può venire da un effettivo coinvolgimento dei varistakeholder con la creazione di un luogo di confronto (es. forum multi-stakehol-der). L’obiettivo è quello di influenzare il sistema produttivo, i consumatori, lepubbliche amministrazioni, ecc. e creare un positivo “effetto domino”.

13 Il Comitato Economico e Sociale europeo ha specificato che i principi di azione volontaria e di svilupposostenibile in campo ambientale, economico e sociale, associati agli orientamenti degli accordi esistentitra le organizzazioni internazionali possono costituire un quadro di riferimento per nuove azioni tese asostenere lo sforzo delle imprese europee nel campo della RSI.

178 STUDI & RICERCHE INEA

Page 178: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

Tutto ciò deve mirare a stimolare/promuovere la cultura della responsabilitàsociale dei diversi soggetti privilegiando approcci omogenei al fine di garantirela qualità e l’efficacia degli interventi stessi; ciò implica che, partendo da taliindicazioni, ogni “soggetto” possa intraprendere un proprio percorso di RSI, di-ventando altresì promotore di un modello di condotta virtuoso nei confronti deipropri stakeholder.

In sintesi, viste le iniziative sopra presentate, spesso nate dalla volontà di sin-goli attori, le Istituzioni possono promuovere i principi della responsabilità so-ciale attraverso una serie di azioni:– la definizione di un quadro di riferimento generale (non obbligatorio);– la promozione del dialogo con e fra i diversi stakeholder;– l’utilizzazione di incentivi economici e/o premi per le imprese socialmente

responsabili;– la predisposizione di linee guida per il comportamento etico delle imprese e

dei temi che esse devono affrontare per essere socialmente responsabili;– un’attività di promozione finalizzata alla diffusione dei principi di responsa-

bilità sociale e delle buone prassi, alla predisposizione di campagne di infor-mazione e formazione per le imprese e per i funzionari pubblici, alla predi-sposizione di campagne di informazione per i consumatori in modo da crearedomanda verso prodotti, servizi e investimenti socialmente responsabili.In questa prospettiva, le Istituzioni, le associazioni di categoria e i diversi

esperti in materia sono senz’altro chiamati a giocare un ruolo fondamentale e,a questo proposito, appare di fondamentale importanza il dibattito sulla loro ca-pacità di learning attraverso la quale i problemi delle politiche passate devonoaiutare a rettificare le strategie del futuro.

Il suggerimento di policy del lavoro è dunque un’azione congiunta al fine difavorire e accompagnare le iniziative che nascono dal basso, coinvolgendo lecomunità locali, attraverso un miglioramento del contesto istituzionale e un in-vestimento in capitale umano. Tutto ciò anche grazie al contributo diretto dellacomunità locale.

STUDI & RICERCHE INEA 179

Page 179: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto
Page 180: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

11.1. Premessa

Il sistema agroalimentare italiano ha vissuto negli ultimi anni una congiunturaeconomica non particolarmente favorevole1. Una quota crescente di imprese agri-cole sta attraversando un momento di difficoltà e incertezza, in cui si registra uncalo della redditività – secondo un trend consolidato negli ultimi anni – associatoa un progressivo e generalizzato calo di prezzi nel settore agricolo. Molte impreseagricole hanno sperimentato difficoltà crescenti dovute alla maggiore complessitàdi collocamento dei propri prodotti sul mercato e in situazioni di ridotta redditi-vità hanno registrato fenomeni di aumento del proprio livello di indebitamento,associati al contempo a una ridotta capacità di finanziare gli investimenti innova-tivi necessari al rafforzamento della competitività aziendale. Il settore agricolo haaccresciuto la propria produttività attraverso una razionalizzazione delle struttureproduttive, l’espulsione dal sistema delle imprese marginali aventi redditività ne-gativa o contenuta e una consistente riduzione dell’occupazione, da ricondursiprincipalmente a fenomeni di invecchiamento e pensionamento degli addetti, conuna maggiore concentrazione sulle unità di lavoro non dipendente.

L’analisi della situazione strutturale e dell’andamento congiunturale del set-tore agricolo a livello nazionale consente, quindi, di porre in evidenza con suf-ficiente chiarezza gli aspetti che costituiscono un ostacolo e determinano un ri-tardo nelle scelte imprenditoriali, rappresentando elementi di criticità per lo svi-luppo del settore. Tale analisi descrive la situazione dell’intero sistema agroali-mentare nazionale sia per quanto concerne le aree più marginali sia per quellepiù ricche; descrive inoltre le difficoltà incontrate all’interno delle filiere pro-duttive sia dalle imprese di produzione che da quelle di distribuzione, nonchédalle imprese agroalimentari.

11.2. Il rapporto banca-impresa nel settore agricolo e agroalimentare

Una delle principali criticità che le imprese nel sistema agroalimentare de-

1 Per un’analisi dettagliata si veda il Rapporto sullo Stato dell’Agricoltura Italiana, novembre 2006, INEA.

STUDI & RICERCHE INEA 181

CAPITOLO XILA FINANZA PRIVATA NEL SISTEMA AGRICOLO E AGROALIMENTAREE LA RESPONSABILITÀ SOCIALE DI IMPRESA

Page 181: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

vono affrontare è di carattere economico-finanziario: l’impresa agricola vive consempre maggiore urgenza la necessità di effettuare investimenti idonei per am-modernare le strutture e adeguare e diversificare i processi produttivi. Secondoi dati del 20052, gli investimenti fissi lordi in agricoltura – pari a 11,8 miliardidi euro – si sono ridotti rispetto all’anno precedente, in termini reali, in misurapari al 5,7%, mentre si è registrata una sostanziale stabilità degli stessi a livellonazionale per il complesso dell’economia italiana (per cui si è registrato un calodello 0,6%). Gli investimenti sono destinati per la maggior parte all’acquisto dimacchine e attrezzature, alle costruzioni e solo in misura minore all’acquisto diservizi e mezzi di trasporto. Lo stato prolungato di crisi che ha investito in que-sti ultimi anni il settore agricolo, determinando serie difficoltà finanziarie e unaconsistente riduzione del reddito prodotto, è stato acuito da un insieme di causedi natura congiunturale che hanno colpito l’economia italiana ed europea su va-sta scala nell’ultimo triennio. Ciò ha determinato un’ulteriore contrazione dellacapacità delle imprese agricole di effettuare i necessari investimenti, tanto cheper la prima volta dal 2001 gli investimenti a livello nazionale sono calati invalore assoluto e il settore primario ha ridotto la propria incidenza sul totale de-gli investimenti produttivi nazionali al 4,2%.

Negli ultimi anni le condizioni di accesso al credito delle aziende agricolehanno visto la presenza di importanti novità che derivano da cambiamenti sianella normativa comunitaria per gli aiuti al settore agricolo3 sia nella normativanazionale sulle agevolazioni creditizie4. A livello comunitario, la Riforma Fi-schler del 2003 che ha introdotto la pratica del disaccoppiamento, ha avviato unprogressivo smantellamento delle protezioni al settore rendendo sempre più ur-gente la necessità delle imprese di orientare le produzioni verso quelle a mag-giore valore aggiunto e profittabilità, mediante un ridimensionamento progres-sivo di quelle più dipendenti da contributi finanziari pubblici. La normativa co-munitaria accresce quindi ulteriormente la necessità di rendere sempre più con-correnziale e vitale l’azienda agricola attraverso l’introduzione di nuove tecno-logie, l’adozione di strategie di qualificazione delle produzioni e il persegui-mento di strategie di filiera volte a favorire l’integrazione sia tra imprese ope-ranti in fasi diverse della filiera sia tra imprese operanti nella stessa fase. Le im-prese agricole, quindi, non possono più limitarsi alla richiesta dell’aiuto nellaconsueta forma del fondo perduto ma devono sviluppare la capacità di accedere

2 Dati tratti dal capitolo VIII dell’Annuario dell’Agricoltura Italiana, anno 2005, volume LIX, INEA.3 Si vedano i capitoli IX e X del presente volume per un’approfondimento delle politiche pubbliche nel

settore agricolo a livello comunitario e nazionale e delle relative riforme.4 La riforma della normativa nazionale sulle agevolazioni creditizie sarà oggetto di analisi approfondita nel

secondo paragrafo del presente capitolo.

182 STUDI & RICERCHE INEA

Page 182: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

al credito a condizioni sostenibili e fare fronte autonomamente con il propriopatrimonio alle garanzie richieste dalle banche.

Pertanto, uno dei fattori chiave per la crescita e lo sviluppo futuro del set-tore agricolo risulta essere l’accesso a risorse e strumenti finanziari che garan-tiscano agli operatori del settore la possibilità di indirizzare la propria attivitàproduttiva, in modo da mantenere e accrescere il proprio livello di competiti-vità alla luce delle crescenti sfide nazionali e internazionali poste dalla globa-lizzazione dei mercati e dal processo di revisione della normativa comunitaria.I profondi mutamenti sociali, economici e politici che il settore agricolo e agroa-limentare ha attraversato hanno progressivamente spinto le imprese a una mag-giore razionalizzazione delle proprie attività e strutture produttive, che ha de-terminato la tendenza a concentrarsi nelle produzioni con maggiore valore ag-giunto, migliori possibilità di collocamento sul mercato e migliori prospettivedi crescita. Nel quadro delineato le Regioni hanno operato per orientare le im-prese verso produzioni agricole coerenti con gli obiettivi strategici regionali,nella forma di erogazioni in conto capitale per il co-finanziamento a progetti diinvestimento presentati da aziende agricole, forestali e agroalimentari.

Per l’azienda agricola e agroalimentare è quindi di fondamentale importanzaavere la possibilità di accedere al credito agrario in tempi rapidi, seguendo pro-cedure con un grado di complessità ridotto, e avere a disposizione strumentifinanziari innovativi in grado di soddisfare le nuove necessità gestionali e fi-nanziarie dettate dai cambiamenti di scenario economico e di politica agrarianazionale e comunitaria. A tal fine le imprese del sistema agroalimentare de-vono sviluppare con il sistema bancario un rapporto proattivo, all’interno delquale presentare i propri progetti di investimento in modo strutturato e profes-sionale e comunicare le proprie esigenze finanziarie con strumenti organizza-tivi e di rendicontazione non più elementari ma trasparenti e progressivamentepiù avanzati.

La situazione del mercato del credito in Italia non risulta, tuttavia, partico-larmente positiva alla luce dei meccanismi che ne regolano il funzionamento. Ilsettore agricolo viene ritenuto dal mondo bancario e finanziario di scarsa rile-vanza strategica, in quanto caratterizzato da un basso livello di redditività e damaggiori tassi di insolvenza rispetto alla media nazionale e per settore produt-tivo. Le imprese agricole, inoltre, si trovano in una oggettiva situazione di svan-taggio rispetto a quelle degli altri comparti produttivi per una serie di ragioni.Le imprese agricole sono, anzitutto, meno organizzate sotto il profilo ammini-strativo, non dispongono di strumenti contabili e di rendicontazione, quali il bi-lancio di esercizio e il budget di pianificazione intrannuale, utilizzati come prassinegli altri settori produttivi e tali da garantire il controllo e la pianificazionestrategica dei flussi di cassa aziendali. La mancanza di strumenti organizzativi

STUDI & RICERCHE INEA 183

Page 183: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

e amministrativi rende le imprese del settore agricolo meno capaci di dimostrarein modo attendibile nei confronti del mondo bancario i propri livelli di redditi-vità su base annuale, le disponibilità finanziarie e le esigenze di finanziamentonel momento della richiesta di credito. È opportuno osservare come l’applica-zione della riforma dell’Accordo sul Capitale, noto come Basilea 2 – che saràoggetto di analisi specifica nel paragrafo 4 del presente capitolo – costituiscauno stimolo ulteriore per le imprese agricole a dotarsi di strumenti amministra-tivi e contabili, indispensabili al fine del soddisfacimento dei requisiti minimiimposti per l’accesso al credito bancario, e per l’attestazione della propria sol-vibilità.

Il settore agricolo, inoltre, è caratterizzato da una strutturale carenza di ca-pacità manageriale: molto spesso le imprese sono gestite allo scopo di acquisireun reddito destinato al mantenimento della famiglia e l’attività produttiva èorientata in modo prevalente all’ottenimento di sovvenzioni pubbliche, nella mo-dalità del finanziamento a fondo perduto. Alla luce del trend decrescente attesoper i finanziamenti pubblici, quale effetto della riforma della politica agraria eu-ropea, risulta ancora più urgente per gli imprenditori agrari sviluppare una men-talità più orientata al mercato, volta all’acquisizione di strumenti di analisi perindividuare i possibili mercati di sbocco e i punti di forza e debolezza della con-correnza nazionale ed estera, secondo una logica di marketing. Le imprese agri-cole presentano una dimensione economica più ridotta, il che comporta un mi-nor peso contrattuale nei confronti delle banche e un conseguente maggior co-sto nella provvista del denaro. Le obiettive difficoltà di accesso al credito inci-dono, pertanto, negativamente sulla stabilità economico-finanziaria delle im-prese agricole, condizionando gravemente lo sviluppo dell’intero comparto agri-colo.

11.3. Gli strumenti finanziari nel mondo agricolo

Nell’ultimo quinquennio il settore agricolo e agroalimentare ha conosciutoun processo complessivo di riorganizzazione del credito iniziato con il decretolegislativo n. 102 del 29 marzo 2004. Tale processo ha previsto, in primo luogo,l’introduzione del Piano assicurativo agricolo basato su informazioni e dati dinatura assicurativa e statistica rilevati dalla Banca dati sui rischi agricoli e lacostituzione della Sezione speciale del Fondo Interbancario di Garanzia (FIG).

Con il D.Lgs. n. 102/2004 le imprese agricole possono ricorrere all’uso dipolizze pluririschio e multirischio, che consentono alle stesse di prevenire i ri-schi di possibili calamità metereologiche. La polizza pluririschio consente al-l’imprenditore agricolo di disporre di una copertura assicurativa su una plura-

184 STUDI & RICERCHE INEA

Page 184: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

lità di fattori meteorologici con effetti negativi e dannosi sulla produzione ed èstrutturata con caratteri modulabili, che consentono di ottenere garanzie ag-giuntive a partire da un rischio iniziale. La polizza multirischio prevede l’assi-curazione di una resa media (quintali a ettaro prodotti mediamente dalla coltura)a fronte del verificarsi di qualsiasi evento climatico avverso; ai fini dell’even-tuale risarcimento occorre confrontare la resa effettiva post evento climatico ne-gativo con quella media assicurata ex ante.

L’ISMEA svolge un ruolo di primaria importanza nel campo dell’assicura-zione nel settore agricolo e agroalimentare: il Fondo per la Riassicurazione deirischi in agricoltura è stato istituito dal D.Lgs. n. 419/99 presso l’ISMEA ed èstato consolidato e rafforzato dalla Finanziaria 2001 (art. 127 della legge388/2000), attribuendo all’Istituto un ruolo operativo nella sperimentazione dinuovi strumenti assicurativi. Tale Fondo provvede alla compensazione dei rischiagricoli coperti da polizze assicurative agevolate da un contributo pubblico sullaspesa per il pagamento dei premi; in tale modo il Fondo opera allo scopo di so-stenere la maggiore competitività delle imprese agricole e ridurre eventuali con-seguenze negative derivanti dai rischi atmosferici. Attraverso lo strumento dellariassicurazione dei rischi agricoli agevolati contrattati dalle imprese di assicura-zione, il Fondo introduce una collaborazione tra settore pubblico e settore pri-vato e favorisce una crescente diffusione dei prodotti assicurativi tra gli im-prenditori agricoli, come evidenziato dalla figura 8. Nell’ultimo triennio allamaggiore partecipazione degli operatori agricoli sul mercato assicurativo si è ac-compagnata una consistente riduzione del Loss Ratio5, con conseguenti beneficiin termini di minore incidenza economica dei premi assicurativi.

Il processo di riorganizzazione del credito ha riguardato, in secondo luogo,la creazione di strumenti volti a favorire la capitalizzazione delle imprese agri-cole attraverso la concessione di garanzie. A tale scopo, il D.Lgs. n. 182/2004– in conformità alla comunicazione della Commissione europea 2001/C 235 03del 23 maggio 2001 – ha previsto l’istituzione del Fondo di investimento nelcapitale di rischio, affidato all’ISMEA, con la finalità di promuovere programmidi investimento di piccole e medie imprese agricole e agroalimentare che favo-riscano la nascita, lo sviluppo e la creazione di nuova occupazione nel settore.Secondo le disposizioni del D.Lgs. n. 58/1998 è stata costituita la Società Ge-stione Fondi per l’Agroalimentare” (SGFA) – società a responsabilità limitataper la gestione del risparmio al 100% di proprietà dell’ISMEA – che gestisce:– il Fondo per la riassicurazione dei rischi;

5 Il Loss Ratio è definito come il rapporto tra i reclami annuali delle compagnie assicurative e i premi pa-gati dagli assicurati.

STUDI & RICERCHE INEA 185

Page 185: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

– il Fondo Interbancario di Garanzia e la sezione speciale del Fondo Interban-cario di Garanzia;

– il Fondo di Investimento nel capitale di rischio.Alla SGFA sono state conferite, con decorrenza 1 gennaio 2005, le attività

di garanzia sul credito agrario attribuite all’ISMEA dal D.Lgs. 102/2004, che haprevisto l’incorporazione della Sezione Speciale del Fondo Interbancario di Ga-ranzia e dalla legge n. 311/2004, che stabilisce il subentro dell’ISMEA nei di-ritti e negli obblighi del Fondo.

L’ISMEA può quindi operare per migliorare la gestione finanziaria delle im-prese agricole e favorirne un più facile accesso al credito agrario attraverso laconcessione di garanzie dirette (decreto del 14 febbraio 2006 del Ministero dellePolitiche Agricole e Forestali di concerto con il Ministro dell’Economia e delleFinanze) e di garanzie sussidiarie (regolate dall’articolo 43 del decreto legisla-tivo 1 settembre 1993, n. 385).

L’ISMEA può concedere garanzia diretta nel processo di erogazione del cre-dito agrario in tre forme: fideiussione, controgaranzia6 e cogaranzia7 alle micro,piccole e medie imprese, che soddisfano i requisiti contenuti nella definizione

6 La controgaranzia di ISMEA è sancita dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35 (articolo 10, comma 7), convertitoin Legge 14 maggio 2005, n. 80 ed il suo funzionamento è disciplinato dal Decreto del Ministero del-l’Economia e delle Finanze 24 marzo 2006.

7 I criteri e le modalità applicative per la prestazione di garanzie da parte dell’ISMEA sono stabiliti nelD.M. 14 febbraio 2006 in base a quanto disposto dal comma 5 dell’art. 17.

186 STUDI & RICERCHE INEA

Figura 8 - Risultati del Fondo di Riassicurazione (periodo 2004-2006)

Fonte: www.ismea.it

Page 186: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

di imprenditore agricolo in conformità con la normativa comunitaria in materiache rientrino tra i soggetti di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 18 mag-gio 2001, n. 228. La garanzia può essere rilasciata nei limiti del 70% dell’im-porto del finanziamento, ma può essere elevata all’80% nel caso in cui il sog-getto beneficiario sia un giovane agricoltore, secondo la definizione del regola-mento (CE) 1257/1999 e degli articoli 1 e 2 della legge 15 dicembre 1998,n. 441. In ogni caso, la garanzia rilasciata dalla SGFA per conto dell’ISMEAnon può superare il limite di 1 milione di euro nel caso di micro o piccole im-prese e di 2 milioni di Euro nel caso di medie imprese.

I finanziamenti destinati alle attività agricole o ad attività connesse pos-sono essere assistiti dalla garanzia diretta della SGFA nel caso in cui si tratti diinterventi finalizzati a: – opere di miglioramento fondiario;– attività di ricerca, sperimentazione, innovazione tecnologica e valorizzazione

commerciale dei prodotti;– costruzione, acquisizione o miglioramento di beni immobili per lo svolgi-

mento delle attività agricole o di quelle connesse;– acquisto di nuove macchine e attrezzature per lo svolgimento delle attività

agricole o di quelle connesse;– operazioni di ristrutturazione delle passività aziendali, con la trasformazione

in debito a lungo termine di esposizioni debitorie precedentemente contrat-tate a breve e a medio termine.Per quanto attiene le modalità tecniche di concessione delle garanzie dirette,

ISMEA rilascia la propria fideiussione a fronte di finanziamenti bancari a me-dio e lungo termine in favore delle imprese del settore agricolo nel caso in cuiil beneficiario non disponga di garanzie tali da assistere integralmente il finan-ziamento richiesto. La fideiussione emessa dall’ISMEA – come qualsiasi fi-deiussione di natura bancaria – serve a integrare la capacità dei soggetti bene-ficiari di offrire garanzie alle banche finanziatrici.

L’ISMEA interviene attraverso il rilascio di controgaranzia e cogaranzia incollaborazione con confidi agricoli e altri fondi di garanzia pubblici e privati,aventi anche carattere regionale. Mentre la cogaranzia serve ad ampliare la ca-pacità dei confidi agricoli di sostenere gli imprenditori agricoli nell’accesso alcredito, la controgaranzia protegge la banca dal rischio di inadempimento deiconfidi in qualità di garante principale, in quanto qualifica, per la quota con-trogarantita, la garanzia prestata dal confidi agricolo come garanzia dello Stato.

Ad oggi alcune Regioni hanno sottoscritto la convenzione con l’ISMEA percofinanziare il Fondo attivato a livello nazionale: Sardegna, Lombardia e Cala-bria. In questo caso sarà la SGFA a prestare garanzie e controgaranzie ai Con-sorzi fidi nelle suddette regioni.

STUDI & RICERCHE INEA 187

Page 187: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

L’ISMEA può concedere una garanzia sussidiaria, che è rilasciata in modoautomatico dalla SGFA a fronte di operazioni di credito agrario nei confrontisia di persone fisiche che giuridiche, ai sensi dell’art. 43 del TUB, in cui il fi-nanziamento è finalizzato alle attività agricole e zootecniche nonché a quelleconnesse e collaterali. La garanzia sussidiaria può essere rilasciata unicamentein presenza di una valida e congrua garanzia primaria acquisita dalla banca fi-nanziatrice a fronte del finanziamento erogato. La garanzia sussidiaria ha carat-tere obbligatorio per le banche che eroghino i finanziamenti con caratteristichedi garantibilità previste dalla normativa di riferimento. In particolare, sono as-sistiti da garanzia sussidiaria della SGFA i finanziamenti posti in essere dallebanche di durata superiore a diciotto mesi per una percentuale di perdita rim-borsabile pari al 75%, quelli di durata superiore a sessanta mesi destinate al-l’investimento per una percentuale di perdita rimborsabile pari al 75, e quelli didurata fino a diciotto mesi in caso di un contributo pubblico in qualsiasi formaper una percentuale di perdita rimborsabile pari al 55%. Specifiche deroghe al-l’obbligatorietà di segnalazione di finanziamenti ai fini dell’operatività della ga-ranzia sussidiaria si segnalano in presenza di inesistenza o incapienza dei ce-spiti patrimoniali ipotecabili per finanziamenti di durata superiore ai cinque anni,di sofferenze bancarie, o per i soggetti aventi a bilancio un rapporto debiti abreve/ricavi lordi superiore al 60% o l’iscrizione a bilancio di perdite per untriennio consecutivo.

Le imprese agricole che possono usufruire di una o entrambe le forme di ga-ranzia sussidiaria e diretta possono godere di un miglioramento delle condizionisul prestito erogato dagli istituti di credito, con un conseguente abbassamentodel tasso d’interesse. In particolare, le garanzie sussidiarie – di tipo mutualistico– servono a ripianare le perdite subite dalle banche finanziatrici al termine delleprocedure esecutive nei confronti dell’imprenditore mutuatario. Le garanzie di-rette – costituite da fideiussioni, cogaranzie e controgaranzie – servono a inte-grare la capacità dei soggetti beneficiari di offrire garanzie alle banche finan-ziatrici e assolvono a un ruolo di protezione diretta della banca erogatrice il cre-dito dal rischio di insolvenza bancaria (default) per la quota del finanziamentogarantita.

Tra le iniziative finalizzate al miglioramento dell’accesso al credito delle im-prese agricole si nota quella proposta da Agripart, in collaborazione con Parte-cipare all’Agricoltura S.p.A e AGEA, che offre la possibilità agli agricoltori diottenere una anticipazione dei contributi PAC a un tasso del 3,7% su tutto il ter-ritorio nazionale. In seguito all’avvio della nuova politica comunitaria, con que-sta iniziativa si intende facilitare l’attuazione di politiche di riconversione delleproduzioni e i necessari investimenti a tale scopo.

188 STUDI & RICERCHE INEA

Page 188: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

11.4. La responsabilità sociale di impresa nel mondo bancario: una du-plice prospettiva

Il tema della responsabilità sociale d’impresa è oggetto di un crescente inte-resse nel settore bancario, come attestano le numerose iniziative di sensibiliz-zazione a opera dell’Associazione Bancaria Italiana, il moltiplicarsi di attività acarattere etico-sociale, nonché di quelle volte ad aumentare la trasparenza infor-mativa sui prodotti e servizi bancari, come ad esempio l’iniziativa di “PattiChiari”8. Il settore bancario sta attraversando negli ultimi anni una fase parti-colarmente delicata, segnata da un sostanziale cambiamento del rapporto che in-tercorre tra i comportamenti delle banche e l’atteggiamento dell’opinione pub-blica. Il rapporto di natura fiduciaria tra banca e cliente si è progressivamenteincrinato: gli istituti di credito non hanno mai potuto vantarsi di una buona re-putazione, in quanto percepiti dalla collettività in una qualche misura come unsoggetto con un forte potere economico e una elevata influenza nei settori stra-tegici della società. Il verificarsi di alcuni scandali finanziari eclatanti, come icasi Parmalat e Cirio, ha prodotto un’ulteriore frattura nella fiducia dei clientiverso le banche e ha aumentato il livello di attenzione verso i comportamentidegli istituti di credito. Data la centralità del ruolo dell’intermediazione crediti-zia nella società contemporanea e sul piano economico, i clienti delle banche e,in generale, la collettività hanno iniziato a domandarsi non solo “quanto buoni”siano i risultati economici realizzati da ciascun istituto bancario, ma anche comequesti sono ottenuti. Hanno cominciato a valutare il livello di trasparenza nellaconoscenza e nell’informazione sui prodotti e servizi bancari, in termini di co-sto, rischio e rendimento. La globalizzazione economico-finanziaria, che ha ac-cresciuto in modo esponenziale l’interdipendenza dei mercati nazionali, imponealle imprese anche del settore bancario di rispondere a giudizi di eticità dellapropria condotta aziendale non solo a livello nazionale, ma anche a livello in-ternazionale, come dimostrano i casi di Ennron o Parmalat. Nel contesto deli-neato, la RSI è stata progressivamente percepita come sempre più attraente dalmondo bancario: si tratta di un orientamento strategico aziendale che pone alcentro i propri stakeholder, ovvero quei portatori di interesse, tra cui rientranoclienti e dipendenti, al cui giudizio di valore ogni impresa, bancaria e non, èsoggetta. L’impresa socialmente responsabile genera valore con i propristakeholder, attraverso la relazione e l’apertura all’ascolto strutturato delle loroesigenze, seguendo una condotta ispirata alla massima trasparenza. Nel medio

8 Patti chiari è un consorzio di 167 banche sul territorio italiano con l’obiettivo di fornire strumenti cheaccrescano la comprensione e la comparabilità dei prodotti bancari, ampliando la libertà di scelta delcliente nella piena trasparenza informativa.

STUDI & RICERCHE INEA 189

Page 189: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

lungo periodo, tra i principali effetti positivi di strategie aziendali socialmenteresponsabili si registra un aumento della fiducia, della credibilità e della repu-tazione dell’azienda che pratica RSI.

Come mette in luce Maurizio Sella, già Presidente dell’Associazione Banca-ria Italiana (ABI), “il tema della responsabilità sociale di impresa costituisce unaforte leva di innovazione e un’opportunità per le banche e i loro diversi stakehol-der, per le altre imprese, per il Paese, di condividere un progetto di “essere im-presa” capace di promuovere uno sviluppo economico e sociale competitivo esostenibile”9. Il settore bancario ha già dimostrato la propria sensibilità verso itemi socialmente responsabili: presso l’ABI è stato costituito un gruppo di la-voro interbancario dedicato alla RSI, attivo già da diversi anni, che ha portatoalla pubblicazione, nel 2005, di Linee Guida operative sulla responsabilità so-ciale d’impresa in banca. L’approccio alla RSI proposto da ABI richiede agliistituti bancari il ripensamento delle proprie strategie aziendali per accogliere laRSI come orientamento strategico di fondo e rimodulare gradualmente le poli-tiche aziendali e le proprie decisioni secondo un approccio multistakeholder, alfine di implementare in maniera graduale la propria strategia socialmente re-sponsabile10.

L’Istituto per i Valori d’Impresa (ISVI) realizza a cadenza annuale un’ana-lisi sulla diffusione della RSI in Italia, condotta secondo la modalità di intervi-ste dirette a imprese che abbiano intrapreso percorsi di RSI e dedica una se-zione intera del rapporto al sistema bancario. Nel Primo Rapporto sulla re-sponsabilità sociale d’impresa in Italia (Molteni, 2006), otto banche, tra quelleche dimostrano maggiore sensibilità alle tematiche socialmente responsabili,sono state intervistate e la documentazione interna prodotta sulla RSI è stata stu-diata con attenzione. L’analisi – condotta a un anno dalla pubblicazione delleLinee Guida sulla RSI nel settore bancario – pone in luce che l’adesione a unorientamento strategico di RSI, espresso in termini di sensibilità per i temi so-cio-ambientali, viene esplicitato dalle banche principalmente attraverso stru-

9 Citazione tratta dall’introduzione alle Linee guida operative sulla responsabilità sociale di impresa per ilsettore bancario (2005).

10 Le tappe principali del percorso di RSI di una banca individuate nelle Linee Guida ABI possono esseresinteticamente indicate nel modo seguente:– gestione strategica della banca orientata in senso multistakeholder;– identificazione dei propri stakeholder chiave e delle loro aspettative legittime;– identificazioni di soluzioni aziendali di bilanciamento degli interessi coinvolti dall’attività bancaria;– analisi dei rischi e delle opportunità connesse al proprio caso aziendale;– rivisitazione delle singole strategie e politiche in base alla propria mappa delle criticità e alle aree

sensibili nelle relazioni con gli stakeholder;– elaborazione di indicatori specifici da abbinare agli indicatori di performance finanziaria più classica.

190 STUDI & RICERCHE INEA

Page 190: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

menti quali lo statuto, la definizione della missione aziendale e il codice di com-portamento, il bilancio sociale e l’adesione a dichiarazioni programmatiche diorganismi sopranazionali (quali, ad esempio, il Global Compact dell’ONU, ilWorld Business Council of Sustainable Development, o il Programma Green Li-ght della Commissione europea). Gli strumenti socialmente responsabili mag-giormente diffusi tra le banche intervistate sono il codice di comportamento eil bilancio sociale; fondamentale è risultato il ruolo dell’ABI nello stimolare l’a-dozione di tali strumenti, con l’elaborazione di modelli di riferimento adottatidall’80% delle banche intervistate e in generale a favore della diffusione di com-portamenti socialmente responsabili presso gli istituti bancari. In termini di strut-tura organizzativa, non emerge un modello unico di banca socialmente respon-sabile: alcune non hanno ancora trovato un referente per i temi della RSI, altreinvece distinguono il livello di vertice nella gestione dell’orientamento strate-gico alla RSI con la nomina di un comitato etico e il livello operativo, a cui lagestione della RSI è affidata; in questi casi si tratta di solito di un soggetto cheopera nelle funzioni più vicine alla RSI, come ad esempio le Risorse Umane,l’ufficio Marketing o a quello di Audit.

Sul fronte della collocazione del risparmio aumenta il numero di banche conun’offerta di fondi etici; aumentano, inoltre, le banche che scelgono di intra-prendere il percorso della certificazione: tra quelle più diffuse si annoverano laISO 9000 per la qualità dei processi e dei prodotti, la EB Trust che attesta ilpossesso dei requisiti che garantiscono credibilità, affidabilità e professionalitàper servizi di e-business, la ISO 14001 e la EMAS per quanto concerne le te-matiche ambientali. I servizi di social banking e attività a favore del territoriodi riferimento costituiscono una fetta significativa delle azioni socialmente re-sponsabili adottate dagli istituti di credito; si tratta di attività poste in essere afavore di soggetti che di solito non avrebbero accesso ai servizi bancari perchénon in grado di offrire garanzie reali, personali proprie o di terzi o perché ap-partenenti a categorie svantaggiate e socialmente deboli. Tipicamente si tratta dipacchetti di servizi bancari per immigrati per favorirne l’inclusione nel sistemabancario ed economico oppure di attività di microcredito, di progetti per lo svi-luppo del Mezzogiorno (ad esempio, nella forma del project financing, patti ter-ritoriali, contratti d’area, ecc.) o ancora linee di credito agevolate per coloro chesono stati colpiti da calamità naturali.

Occorre sottolineare un aspetto di fondamentale importanza: la banca èun’impresa che svolge una funzione economica, quella di intermediazione cre-ditizia, che ha un ruolo cruciale nella società al fine di garantire lo sviluppo eco-nomico. Per questo si può affermare che la banca ha una “responsabilità socialeal quadrato” come impresa e come impresa che svolge una specifica funzionecon grande impatto sulla società, che è riconosciuta e regolamentata dagli ordi-

STUDI & RICERCHE INEA 191

Page 191: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

namenti giuridici in tutto il mondo per la tutela del risparmio. La RSI nel set-tore bancario può quindi essere letta in una duplice prospettiva: come RSI del-l’impresa banca (oggetto di analisi sino ad ora) e come RSI di un’impresa chefinanzia altre imprese e come tale assolve un ruolo per la sostenibilità e lo svi-luppo del sistema economico nazionale.

Orientare l’attività bancaria a comportamenti socialmente responsabili deter-mina cambiamenti a molteplici livelli nella gestione della banca: la tipologia ele modalità di gestione degli impieghi, dal portafoglio di finanziamenti alle im-prese al risparmio gestito, possono mutare in modo profondo. Tra le politichesocialmente responsabili in termini di risparmio gestito, le banche possono muo-versi nella direzione di convogliare flussi di risparmio verso il risparmio gestitoambientale, ossia in quelle imprese che hanno adottato in modo strutturato po-litiche di gestione dell’impatto ambientale e verso i fondi etici11; questi ultimihanno offerto performance non inferiori al rendimento medio di lungo periododei mercati finanziari, attestando che investimenti che rispettano criteri eticiquali la scelta di non finanziare produttori di armi non penalizzano il rendi-mento. Si osservi che i fondi etici – che si erano diffusi inizialmente solo tra ri-sparmiatori con una sensibilità etica – sono attualmente presenti anche nei por-tafogli degli investitori istituzionali, quali i fondi pensione, caratterizzati da unabassa propensione speculativa e orientati a un orizzonte di medio lungo termine.

Gli intermediari finanziari assolvono al ruolo di convogliare i flussi di rispar-mio verso gli impieghi: è allora fondamentale che le banche – in un’ottica di re-sponsabilità sociale – scelgano di incanalare direttamente o indirettamente i flussidi risparmio verso impieghi più compatibili con la sostenibilità dello sviluppo.Una delle dimensioni di maggiore importanza in cui la banca esercita il suo de-licato ruolo di intermediazione creditizia consiste nelle scelte di finanziamento alleimprese. La scelta di quali imprese finanziare, a quale costo e in quali modalità,incide sulla capacità del tessuto economico di innovare e rispondere ai cambia-menti economici in modo efficace; influenza, inoltre, a livello di sistema il gradocomplessivo di sviluppo che l’economia nazionale raggiunge, e conseguente-mente, la sostenibilità economica nel suo complesso. Dalle banche e dal modo incui esercitano la propria attività di intermediazione creditizia dipende in modo cru-ciale la sostenibilità delle altre imprese e dello stesso sistema economico.

Una banca socialmente responsabile deve muoversi nella direzione di defi-nire con trasparenza i criteri di selezione dei progetti da finanziare; ad esempiodovrebbe scegliere di non finanziare progetti ad alto rischio ambientale12, ossia

11 Si veda Del Maso (2005) per un approfondimento sulla finanza etica e, in particolare, sui fondi etici.12 Si osservi che una recente giurisprudenza statunitense e in alcuni Paesi dell’Europa del Nord riconosce la

responsabilità indiretta del finanziatore di progetti che hanno determinato un elevato danno ambientale.

192 STUDI & RICERCHE INEA

Page 192: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

associati alla potenziale realizzazione di un elevato impatto ambientale nega-tivo. Le banche socialmente responsabili possono arrivare a introdurre il crite-rio di sostenibilità nella selezione delle imprese da finanziare. Un’impresa cheadotta la responsabilità sociale come orientamento strategico di fondo è “in-trinsecamente” sostenibile, ossia è un’impresa che adotta nelle sue proceduredecisionali un orizzonte di lungo periodo e prende le decisioni più opportunetenendo conto degli interessi di tutti gli stakeholder aziendali. L’implementa-zione di strategie socialmente responsabili garantisce insieme alla sua sosteni-bilità quella dell’intera economia, se diffusa in modo sufficientemente ampio tragli attori del sistema economico-produttivo. Come auspica Sen (1991), le infor-mazioni dei rapporti di RSI devono diventare criterio di scelta dei prodotti e ser-vizi, degli investimenti, delle opportunità di lavoro di un’azienda piuttosto chedi un’altra, condizionando così in modo molto concreto la performance, anchereddituale, dell’azienda.

Tuttavia, l’adozione su base sistematica del criterio di sostenibilità e del-l’orientamento socialmente responsabile come parametri di valutazione dellascelta di finanziare i progetti di investimento di un’impresa – o, più in gene-rale, come criterio di selezione degli impieghi – può essere decisa in modo cre-dibile e fondato solo a condizione che la banca scelga di valutare la propriacondotta con eguale rigore. Significa, cioè, che la banca implementa politichesocialmente responsabili, a seguito di una seria valutazione delle conseguenzeambientali e sociali da esse derivanti. Significa, inoltre, che la banca provvedeall’autovalutazione tramite la redazione di un rapporto di sostenibilità che con-senta al management aziendale di prendere coscienza delle proprie politiche edei loro effetti. La banca socialmente responsabile deve divenire una “casa divetro” (cfr. Vercelli, 2005): deve cioè dotarsi di un reporting strutturato di RSI,in un dialogo continuo con gli stakeholder, ispirandosi alla massima trasparenzainformativa.

Avendo chiaro il quadro generale in cui una banca si orienta alla responsa-bilità sociale, è interessante investigare quali nuovi scenari possono aprirsi nelrapporto banca-impresa agricola a seguito di un orientamento alla RSI. Se è veroin generale che le banche assolvono al ruolo cruciale nel garantire la sostenibi-lità dello sviluppo, questa affermazione risulta essere ancora più fondata nel casodel sistema agroalimentare, che vive una situazione di maggiore difficoltà nel-l’accesso alle risorse finanziarie necessarie ad alimentare la crescita e l’innova-zione (come messo in luce nel paragrafo 1 del presente capitolo).

Il sistema agroalimentare riveste da sempre un ruolo centrale per la colletti-vità in quanto risponde ai bisogni primari dell’individuo ed è decisivo per losviluppo socio-economico di un territorio. Le imprese del sistema agroalimen-tare non solo devono fare i conti con le riforme delle politiche pubbliche a li-

STUDI & RICERCHE INEA 193

Page 193: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

vello comunitario e nazionale, volte ad accrescere la competitività del sistemanel suo complesso, ma sono chiamate a rispondere all’accresciuta consapevo-lezza dei consumatori, i quali hanno sviluppato negli ultimi anni una sempremaggiore sensibilità verso tematiche quali la sicurezza alimentare, l’ambiente,il benessere animale, la biodiversità e i valori etici del consumo. In un contestoeconomico in cui, da un lato, le imprese agricole sono chiamate sempre più adinterfacciarsi in modo positivo con le banche e, dall’altro, a reagire alle sfideposte dal mercato, il tema della RSI può costituire un orientamento strategicovincente nel sistema agroalimentare italiano, che consenta di fare un salto diqualità decisivo per accrescerne la competitività e la capacità di innovazione.

Le imprese del settore si collocano come attori di vitale importanza per l’im-plementazione di politiche di sviluppo sostenibile, attraverso la realizzazione diprocessi produttivi sostenibili sia dal punto di vista ambientale sia in termini diqualità e sicurezza sia di sostenibilità sociale, attraverso la valorizzazione dellaterritorialità di cui i prodotti alimentari sono espressione in quanto prodotti lo-cali, frutto delle tradizioni e dei saperi a esso legati. Le imprese agricole, inol-tre, assolvono in modo determinante alla funzione di salvaguardia dell’ambientee di valorizzazione degli spazi rurali, attraverso le modalità della pluriattività edella multifunzionalità che da sempre contraddistinguono l’operare degli agri-coltori nello spazio economico e rurale. La RSI offre anche agli operatori delsistema agricolo e agroalimentare la possibilità di “fare impresa” in modo dif-ferente, nel rispetto della vocazionalità della singola impresa e delle specificitàdei propri stakeholder, del particolare contesto economico-produttivo e periodostorico in cui la singola impresa opera.

Una banca orientata alla responsabilità sociale può allora iniziare a prenderein considerazione tali aspetti per “ripensare” il rapporto tra banca e impresa agri-cola; una delle direzioni in cui muoversi è ad esempio la valorizzazione di quelleimprese che dimostrano una consapevolezza socio-ambientale e si fanno inter-preti in modo strutturato di tale ruolo attraverso l’implementazione di politichesostenibili sotto il profilo socio-ambientale. Un’impresa agricola dotata di unacertificazione ambientale, operante nel biologico, orientata a soddisfare le nuoveesigenze di una clientela sensibile alle tematiche di tutela dell’ambiente e dellanaturalità delle produzioni è in grado di presentare progetti a ridotto impattoambientale e una banca socialmente responsabile può valorizzare tali iniziativegarantendo l’accesso al credito necessario alla loro realizzazione.

Le banche socialmente responsabili dovrebbero tendere a realizzare una po-litica di investimenti proattivi, volti ad aprire nuovi mercati nati come rispostaai nuovi bisogni di consumatori consapevoli o come nuove risposte a problemiambientali e sociali oppure consolidare i mercati tradizionali, operando alloscopo di conferire un vantaggio competitivo a quelle imprese più sensibili a te-

194 STUDI & RICERCHE INEA

Page 194: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

matiche etico-ambientali attraverso facilitazioni nell’accesso al credito, ad esem-pio in termini di migliori condizioni economiche.

Risulta quindi evidente che le banche hanno un grande impatto a livello ma-croeconomico in termini di sostenibilità dello sviluppo, sia a livello finanziarioche strutturale: in tutti i settori si ravvisa l’esigenza di finanziare investimentiambientali di valore enorme. L’implementazione di politiche sostenibili sotto ilprofilo ambientale, sociale e di sistema richiede un massiccio e contestuale in-vestimento nel capitale umano della forza lavoro, con il potenziamento dellecompetenze e lo sviluppo di know how specialistici. Nel sistema agroalimen-tare investire sia in capitale umano che in tecnologia è divenuto centrale per lasopravvivenza del sistema stesso di fronte alle spinte della competitività inter-nazionale e alla progressiva trasformazione del sistema di aiuti pubblici rio-rientato ad offrire risorse secondo schemi di incentivazione premianti l’effi-cienza e l’innovazione in agricoltura. Un altro ambito di applicazione è rappre-sentato dalla tutela della territorialità dei prodotti agroalimentari: finanziare pro-getti di investimento di imprese agricole volte a potenziare il valore aggiuntoche ha l’essere espressione di una terra, dei saperi tradizionali consente di avereeffetti positivi in termini di stabilità occupazionale, di tutela degli spazi rurali,con il contemporaneo accrescimento del valore turistico ed eno-gastronomicodella regione di riferimento.

Il sistema bancario può fare molto per aiutare le imprese del sistema agroa-limentare a muoversi in questa direzione. Man mano che le stesse banche siorientano alla RSI e introducono criteri di selezione dei progetti di investimentobasati sulla sostenibilità e sull’orientamento socialmente responsabile, possonooperare per promuovere percorsi di RSI per le imprese agricole e agroalimen-tari. Le possibili applicazioni sono molte e variegate.

Il sistema bancario, che si orienta alla RSI, non deve tuttavia dimenticarsiche le imprese italiane sono in maggioranza di media e piccola dimensione eche, quindi, non sono in grado di implementare politiche di responsabilità so-ciale con livelli di sofisticazione elevata, avvalendosi di strumenti di reportingcomplessi e articolati che le mettano in grado di offrire stime precise ad esem-pio del rischio ambientale e in generale dell’impatto economico e sociale delleproprie attività. La banca quindi, se vuole davvero muoversi in un’ottica di RSI,deve compiere uno sforzo ulteriore: sviluppare modelli di scoring delle politi-che aziendali che tengano in debito conto la piccola e media dimensione delleaziende che presentano domanda di finanziamento attraverso il ricorso a mo-delli oggettivi (di natura territoriale, settoriale, organizzativa) al fine di valutarein modo consono il reale orientamento alla RSI e la sostenibilità dei processiproduttivi di cui l’impresa chiede il finanziamento. In modo circolare, le pic-cole e medie imprese agricole devono strutturarsi al fine di accrescere la pro-

STUDI & RICERCHE INEA 195

Page 195: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

pria capacità di utilizzo di strumenti contabili, amministrativi e organizzativi,investendo in modo adeguato in capitale umano, per riuscire a fornire alle ban-che informazioni sempre più articolate e credibili, senza nascondersi dietro l’a-libi della piccola e media dimensione.

11.5. Basilea II e il mondo agricolo

Le imprese agricole devono affrontare un’ulteriore sfida nel prossimo futuronel rapporto con gli istituti di credito: a partire dal primo gennaio 2007 il NuovoAccordo sul Capitale di Basilea, noto come Basilea II, è entrato in vigore in Ita-lia, in conformità alla circolare della Banca d’Italia n. 263 del 27 dicembre200613. Il nuovo Accordo, che sostituisce quello di Basilea I in vigore dal 1988,introduce regole in merito ai requisiti patrimoniali delle banche, che dipendonoin misura crescente dal grado di rischiosità dei portafogli di esposizione credi-tizia e dai rischi operativi.

Uno dei punti principali dell’Accordo di Basilea II consiste nella valutazionedella rischiosità dei portafogli di impieghi bancari e, per quanto concerne i por-tafogli di esposizioni creditizie, nel diverso trattamento riconosciuto a impresedi dimensione diversa, a cui sono associati requisiti patrimoniali differenti pertipologia di impresa affidata. Il Nuovo Accordo sul capitale richiede di definireclassi di rating per le imprese di piccole dimensioni, che non sono quotate nelmercato azionario. L’assegnazione a una classe di rating – che costituisce unesercizio standard per imprese di dimensione elevata, con accesso libero al mer-cato dei capitali – rappresenta una novità per le piccole e medie imprese. GliAccordi di Basilea II distinguono, all’interno della classe di piccole e medie im-prese, quelle corporate da quelle retail; in particolare un’impresa viene classi-ficata come piccola e media impresa corporate nel caso di un livello annuale difatturato compreso tra 5 e 50 milioni di euro e un’esposizione bancaria supe-riore a 1 milione di euro. Un’impresa viene classificata come piccola e mediaimpresa retail in caso di un livello annuale di fatturato inferiore a 5 milioni dieuro e un’esposizione bancaria inferiore ad 1 milione di euro.

Basilea II impone requisiti patrimoniali più morbidi per portafogli di piccolee medie imprese, tali per cui per ciascuna classe di rating i livelli di patrimo-nio di vigilanza da accantonare a protezione del rischio operativo sono inferiori

13 Secondo la circolare della Banca d’Italia n. 263, le banche possono optare per il rinvio di un ulterioreanno, sino al 1° gennaio 2008, dell’applicazione della normativa di Basilea II, rimandando l’effettivo uti-lizzo di un modello interno di rating per le imprese nel processo di erogazione del credito.

196 STUDI & RICERCHE INEA

Page 196: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

rispetto ad imprese corporate. Tale aspetto della normativa14 è di fondamentaleimportanza per quelle economie, come quella italiana, in cui le imprese di pic-cola e media dimensione costituiscono, in ogni settore produttivo, l’ossaturaprincipale del tessuto produttivo e innovativo dell’economia nazionale, con con-tributi importanti al Prodotto Nazionale Lordo e alla sostenibilità dei livelli diimpiego. La maggior parte delle imprese italiane, e non solo nel settore agri-colo, sono a conduzione familiare e di piccola dimensione, con un turnover in-feriore ai 5 milioni di euro. La valutazione dell’impatto dell’accordo di BasileaII per le piccole e medie imprese è stato di fondamentale importanza negli anniprecedenti l’approvazione e l’entrata in vigore dell’Accordo a causa del rischiodi razionamento del credito e quindi di rallentamento nei processi produttivi edi innovazione, da ricondurre alla generale percezione che le piccole e medieimprese sono caratterizzate da un livello di rischio più elevato15.

L’assegnazione di ciascuna impresa a classi di rating costituisce una valuta-zione della bontà del richiedente il prestito sulla base di criteri meno inclini acaratteristiche idiosincratiche o soggettive rispetto a parametri non economici.

Tra le principali novità nelle procedure operative bancarie introdotte dal-l’accordo di Basilea II rientra l’obbligo di valutazione del merito creditiziosulla base di criteri oggettivi, quantitativi e standardizzati, attraverso l’uso disistemi di rating interni, volti alla stima di parametri di rischiosità delle espo-sizioni creditizie, tra i quali la probabilità di default bancario e la perdita at-tesa in caso di insolvenza. Nelle pratiche di fido bancario, le imprese sono chia-mate a presentare progetti di investimento che contengano informazioni tra-sparenti sulla profittabilità corrente e passata, sulla redditività attesa e sui co-sti dell’investimento per il quale si chiede il finanziamento bancario. Duranteil procedimento di concessione del credito, all’impresa viene conferito un ra-ting, ossia una valutazione sulla bontà del suo merito creditizio, dal quale di-pendono sia l’esito dell’istruttoria creditizia sia le condizioni economiche delfinanziamento, in caso di esito positivo. A seguito dell’entrata in vigore degliAccordi di Basilea II diventa fondamentale per l’impresa – e quindi anche perl’impresa agricola – sapersi interfacciare in modo nuovo con le banche, sa-pendo comunicare con trasparenza e chiarezza informazioni di natura patrimo-

14 Gli studi di valutazione dell’impatto di Basilea II (di cui l’ultimo è il QIS 3, Third Quantitative ImpactStudy pubblicato il 5 maggio 2003) sono stati mirati alla calibrazione di eventuali problemi connessi coni requisiti patrimoniali ed hanno portato a revisioni successive dell’Accordo, sino alla versione finale oggiin vigore, che hanno teso ad ammorbire tali requisiti per le piccole e medie imprese.

15 Gli studi di valutazione preparatori alla versione finale dell’Accordo hanno teso ad accertare che i re-quisiti patrimoniali per portafogli di esposizioni creditizie di piccole e medie imprese non eccedano ri-spetto a quelli di Basilea I, allo scopo di evitare fenomeni diffusi di razionamento del credito.

STUDI & RICERCHE INEA 197

Page 197: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

niale, reddituale e organizzative, nonché le valutazioni prospettiche sulle futureopportunità di investimento.

La valutazione dell’impatto di Basilea II è particolarmente importante per ilmondo agricolo, in cui la piccola e media dimensione costituisce un tratto ca-ratterizzante della struttura produttivo-economica. Inoltre, la carenza di mana-gerialità, il fenomeno diffuso della conduzione familiare e l’assenza di obblighilegislativi sulla tenuta della contabilità per le piccole e medie imprese nel si-stema agroalimentare costituiscono fattori di ostacolo ulteriore che le impresesono chiamate ad affrontare nel rapporto banca-impresa in seguito all’applica-zione di Basilea II. Il nuovo rapporto banca-impresa improntato sulla valuta-zione della rischiosità attraverso il conferimento di un rating rischia, quindi, dicondizionare in misura elevata l’accesso al credito da parte di quegli imprendi-tori agricoli che non saranno in grado di acquisire in tempi rapidi una culturad’impresa diversa, passando da una conduzione a base familiare, poco orientataall’utilizzo di strumenti contabili-amministrativi a una logica di programmazionee trasparenza nella gestione, volta a difendere e accrescere la competitivitàaziendale sui mercati nazionali e internazionali in una dimensione di reale affi-dabilità rispetto al mercato in generale. Diviene, quindi, sempre più urgente pro-muovere, sia a livello nazionale che su base regionale e locale, un’azione di sen-sibilizzazione e di informazione tra gli operatori del sistema agroalimentare daparte di istituzioni e associazioni in modo da creare le condizioni più idonee persupportare le imprese nel percorso della modernizzazione e della competitivitàoltre che della qualità e dell’eccellenza.

Nel quadro delineato, ISMEA, assolve al ruolo fondamentale di supportarele imprese agroalimentari attraverso l’erogazione di finanziamenti e la presta-zione di garanzie fideiussorie, offre servizi finanziari a favore delle imprese delsettore attraverso una gamma di strumenti innovativi e conformi alla normativadi Basilea II. Tali strumenti consentono di valutare la struttura finanziaria, il ri-schio di credito e la solvibilità, a partire dalla gestione economica dell’impresae di identificare le leve operative principali per accrescere la competitività delleaziende agricole e agroalimentari. ISMEA ha sviluppato in partnership conMoody’s KMV un sistema di rating specifico per il sistema agricolo e agroali-mentare italiano, avente quale obiettivo la valutazione dell’affidabilità e dellasolidità patrimoniale ed economica delle aziende del sistema. Tale sistema rap-presenta anche un punto di riferimento per rafforzare il rapporto del sistemaagroalimentare con il mondo creditizio, allo scopo di aiutare le imprese del set-tore ad affrontare le novità introdotte da Basilea II, facilitandone l’accesso alcredito e, al contempo, il superamento delle difficoltà indotte dalla despecializ-zazione del credito bancario, che si è verificata a seguito della scomparsa dellebanche un tempo specializzate nell’assistere le imprese del settore agricolo. At-

198 STUDI & RICERCHE INEA

Page 198: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

traverso il modello di rating ISMEA-Moody’s KMV si vuole, inoltre, offrire unvalido strumento agli istituti finanziari nei processi interni di valutazione del ri-schio alla luce del Nuovo Accordo di Basilea.

Tale modello di rating, costruito sulla base delle tecnologie moderne di stimadella probabilità di insolvenza e basato sui dati settoriali del patrimonio infor-mativo dell’ISMEA, è stato elaborato per valutare l’affidabilità bancaria delleaziende del settore tenendo conto della loro specificità all’interno del sistemaeconomico. In quest’ottica, sono stati sviluppati tre modelli di rating per la va-lutazione della probabilità di insolvenza delle aziende agricole, distinti per le se-guenti tipologie aziendali: – azienda di capitale con obbligo di bilancio; – piccola e media azienda agricola senza obbligo di bilancio;– cooperativa agricola.

Il modello di rating – basato su modelli statistici che usano dati sia qualita-tivi che quantitativi – è in grado di fornire una stima della probabilità di insol-venza, offrendo la possibilità di determinare la rischiosità delle imprese su basemensile. Le principali informazioni utilizzate consistono in dati di natura finan-ziaria disponibili pubblicamente, il patrimonio informativo dell’ISMEA e varia-bili economiche volte a quantificare il grado di competitività, le caratteristicheorganizzativo-gestionali e di solidità strutturale dell’azienda. Accanto al modellodi rating, Moody’s KMV offre a ISMEA un insieme articolato di servizi volti aconsentire l’utilizzo del modello secondo ogni sua potenzialità in risposta alleesigenze specifiche di ISMEA, tra cui uno strumento per la raccolta, l’analisi ela conservazione dei dati finanziari, economici e di trend, per realizzare ratingaziendali specifici e un’attività di formazione volta a consentire un uso ottimaledella piattaforma tecnologica realizzata da Moody’s KMV.

Il modello di rating di ISMEA-Moody’s KMV non si rivolge in via esclu-siva al mondo bancario e alle singole imprese agricole ma vede quali interlo-cutori sia le Regioni che gli Agrifidi, ossia i Consorzi di garanzia collettiva deifidi (Confidi) in agricoltura. Regioni molto attive, come la Sardegna e la Lom-bardia, stanno lavorando alla stima di un modello su base regionale, in grado dicogliere le specificità dell’economia regionale.

L’introduzione dell’Accordo di Basilea II non deve tuttavia essere letto uni-camente in chiave negativa, come possibile fonte di razionamento del creditoe/o di peggioramento delle condizioni economiche di finanziamento per le im-prese piccole e medie nel mondo agricolo. Basilea II offre, al contrario, nel com-plesso quadro di mutamenti normativi ed economico-politici, una spinta ulte-riore alla crescita delle imprese agricole sia in termini di professionalità mana-geriale sia di dimensione patrimoniale. Attraverso il monitoraggio del rischio didefault esercitato dal sistema bancario, le imprese sono chiamate ad autovalu-

STUDI & RICERCHE INEA 199

Page 199: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

tarsi e a prestare molta attenzione al loro rating anche del sistema agroalimen-tare. Questo costituisce un nuovo incentivo, che potrà fungere da stimolo posi-tivo per la crescita dell’intero sistema agroalimentare italiano: a seconda del-l’esito del processo di valutazione, l’impresa può essere indotta ad avvertire l’e-sigenza di patrimonializzarsi per ottenere rating più favorevoli e accedere a con-dizioni migliori nel credito. In modo analogo, l’impresa agricola può essere sti-molata a una maggiore trasparenza nella comunicazione dei propri risultati con-tabili, a una maggiore professionalità nella conduzione manageriale o a mag-giori livelli di innovazione produttiva.

Il profondo mutamento in atto nello scenario finanziario e normativo ha ef-fetti che si ripercuotono anche sui Confidi e sul loro ruolo nel prossimo futuro– e non solo sulle singole imprese del sistema agroalimentare. La legge quadronazionale sui Confidi (n. 326/2003), assieme all’accordo di Basilea II e alcomma 881 della legge finanziaria 2007 rendono il ruolo degli Agrifidi ancorapiù attivo e centrale, ma al tempo stesso richiedono di raggiungere livelli di ef-ficienza operativa per questi organismi tali da comportare l’avvio di processi difusione e aggregazione. Molte Regioni cercano di favorire processi di aggrega-zione e di fusione tra i Confidi agricoli e, nel contempo, aumentare la loro ca-pacità di garantire finanziamenti, allargare il campo delle attività al credito abreve e a lungo termine e sviluppare servizi di assistenza e di consulenza eco-nomico- finanziaria verso le aziende socie. La necessità di rafforzare la rete digaranzie a favore delle imprese agricole, favorendone l’accesso al mercato fi-nanziario è stata avvertita da tutte le Regioni italiane che attraverso l’istituzionedi aiuti di stato ad hoc o la definizione dei piani operativi regionali e dei pianidi sviluppo regionale hanno individuato nei Confidi agricoli strumenti di sup-porto che si muovono in questa direzione. Attraverso gli Agrifidi le singole Re-gioni potranno attuare, con risorse aggiuntive proprie, azioni complementari ointegrative a quelle del PSR per migliorare il contesto economico agendo sulledue leve strategiche:“garanzia” e “credito agevolato”.

11.6. Conclusioni

Il miglioramento delle condizioni di accesso al credito agrario, con il supe-ramento di eventuali fenomeni di razionamento, costituisce la condizione ne-cessaria per realizzare a livello di singola impresa e di sistema agroalimentaregli investimenti necessari a tutelare e rafforzare i livelli di competitività e in-novatività. Nel processo di istruttoria creditizia le banche possono richiedere alleimprese agricole il rilascio di garanzie reali o personali, al fine di ridurre even-tuali perdite in caso di insolvenza. La rimozione di barriere all’accesso al cre-

200 STUDI & RICERCHE INEA

Page 200: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

dito agrario può essere realizzato attraverso il rafforzamento del ruolo dei Con-sorzi di garanzia collettiva dei fidi, ossia dei Confidi in agricoltura (chiamatianche Agrifidi), che sono chiamati ad essere – se già non lo sono – i principaliinterlocutori del sistema finanziario regionale. In Italia i Confidi hanno qualefunzione principale l’eliminazione degli impedimenti incontrati dalle impresenell’accesso al finanziamento bancario utilizzando come strumento il propriofondo rischi a garanzia delle imprese richiedenti il finanziamento. Alla luce dellariforma della politica agricola comunitaria, è infatti sempre più importante perle imprese accedere al credito a condizioni sostenibili e far fronte autonoma-mente, con il proprio patrimonio, alle garanzie richieste dalle banche.

Il mondo bancario sta mostrando segnali di apertura verso le imprese agri-cole italiane, attraverso l’introduzione di strumenti finanziari in linea con l’Ac-cordo di Basilea II; in particolare, alle imprese agricole a cui sono riconosciutigli aiuti della PAC in regime di pagamento unico sono concessi anticipi plu-riennali fino a 5 anni di utili. Tali strumenti consentono agli agricoltori di otte-nere i fondi liquidi necessari per lo svolgimento dell’attività produttiva e il rias-sesto di quella economico-finanziaria. Alternativamente, le imprese agricole pos-sono chiedere mutui a copertura dei finanziamenti dei PSR, previo il rilascio digaranzie, da parte del Fondo di Garanzia, per la concessione del credito.

STUDI & RICERCHE INEA 201

Page 201: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto
Page 202: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

PARTE QUINTA

GLI SVILUPPI FUTURI DELLA RESPONSABILITÀ SOCIALE

DI IMPRESA IN AGRICOLTURA LEGATI ALL’EVOLUZIONE

DEL SISTEMA ECONOMICO INTERNAZIONALE

Page 203: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto
Page 204: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

12.1. Premessa

Globalizzazione rappresenta uno dei termini più usati e abusati nel linguaggiopolitico ed economico odierno, utilizzato sempre più spesso per indicare fenomenidi varia natura (economici, sociali, politici, ecc.) che hanno in comune la caratte-ristica di una crescita progressiva e apparentemente inarrestabile delle relazioni alivello planetario, resa possibile dall’incremento dei contatti e degli scambi tra lediverse aree del pianeta e soprattutto dallo sviluppo di tecnologie che riducono,fino ad annullarle, le distanze fisiche tra economie, società e culture.

Nel contesto internazionale l’impresa rappresenta ormai un attore la cui in-fluenza è innegabile: in questo scenario caratterizzato da un panorama di op-portunità e rischi a livello mondiale e da nuove tecnologie e maggiori possibi-lità di rapporti di scambio con l’estero, le imprese sono portate ad adottare sceltedi varia natura, che solitamente vengono identificate come attività di interna-zionalizzazione. In tal modo esse contribuiscono a loro volta ad alimentare ul-teriormente i processi di globalizzazione. Il dato relativo ai fondi investiti dalleimprese a livello internazionale è del resto largamente superiore a quello rela-tivo ai fondi governativi destinati agli aiuti ai PVS.

12.2. La crescita della competizione e la globalizzazione

Sebbene il fenomeno non sia del tutto nuovo, è soprattutto a partire dallafine del XX secolo che, in particolare nel settore economico, si iniziano a spie-gare i nuovi rapporti ed equilibri internazionali facendo ricorso alle teorie dellaglobalizzazione, riferendosi in particolare alla grande espansione subita dal mer-cato, inteso quale “spazio sociale dei rapporti di scambio”, che lo ha portato acoincidere con i confini demografici e territoriali del mondo1.

1 La definizione del mercato quale “spazio sociale dei rapporti di scambio” fornita da Gallino (2000) loidentifica sulla base di quattro dimensioni: quantità di individui coinvolti, ampiezza del territorio occu-pato, quantità di merci scambiate, tipologia delle merci. L’espansione avvenuta nel corso del Novecento,e in particolare negli ultimi decenni, ha coinvolto tutte le quattro dimensioni e oggi è possibile affermareche non esistono aree del pianeta che non subiscano l’influenza del mercato mondiale.

STUDI & RICERCHE INEA 205

CAPITOLO XIIRESPONSABILITÀ SOCIALE DI IMPRESA E GLOBALIZZAZIONE:UN’OPPORTUNITÀ DA SFRUTTARE?

Page 205: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

In generale, la globalizzazione – intesa come il risultato del superamento dibarriere materiali e immateriali, dell’uniformarsi al modello economico chetende ad affermare su scala planetaria l’organizzazione capitalistica, dell’appli-cazione della rivoluzione telematica a tutti gli aspetti della vita economica e so-ciale – ha comportato un rapido cambiamento nella struttura dei rapporti tra isistemi economici, tanto che può essere identificata come un fenomeno di inte-grazione e interdipendenza economica mondiale.

Tutto questo ha dato origine a un forte incremento delle opportunità econo-miche (maggiori investimenti, produzione, consumi, ecc.) ma allo stesso tempoha generato anche un inasprimento della concorrenza, maggiori ripercussioni deifenomeni più rilevanti a livello mondiale sui singoli sistemi economici, favo-rendo la concentrazione del potere nelle mani di poche lobby economiche. Que-sti effetti positivi e negativi vengono sottolineati, a seconda dei casi, dai soste-nitori della globalizzazione o dai movimenti che l’avversano, i cosiddetti movi-menti no-global e new-global2. In particolare, questi ultimi tendono a sottoli-neare gli effetti negativi che la globalizzazione ha generato sulle economie deiPaesi in via di sviluppo (PVS), per i quali la globalizzazione si traduce soprat-tutto nella ricezione passiva della volontà delle economie del mondo ricco in-dustrializzato e delle imprese multinazionali che ne rappresentano uno dei fe-nomeni più rilevanti.

Ma quali elementi hanno portato al decollo dell’Occidente come lo vediamooggi e hanno decretato la nascita della nuova società globalizzata? A partire dallafine del Settecento si è assistito a fenomeni qualitativamente diversi rispetto alleprecedenti fasi di crescita: mentre queste ultime presentavano un carattere spessopiù congiunturale che strutturale, essendo confinate in aree ristrette, nell’età con-temporanea si assiste a un aumento della produttività che mette in moto un mec-canismo di sviluppo autosostenuto che permette una più rapida accumulazionedel capitale. Il forte incremento della produttività durante la cosiddetta “rivolu-zione industriale”, dovuto all’introduzione di innovazioni tecnologiche, di unanuova organizzazione del lavoro, di novità nel sistema che regola i mercati, lafinanza, ecc., ha portato a una discontinuità che ha dato avvio a un processo ir-

2 I movimenti no-global o new-global sono costituiti da diverse sigle e organizzazioni che hanno in co-mune la critica mossa nei confronti dell’attuale assetto economico mondiale, in particolare riguardo agliaspetti considerati più dannosi per i lavoratori in generale e per le popolazioni dei Paesi poveri in parti-colare. Tali movimenti (e lo stesso termine no-global con cui vengono etichettati) sono nati a partire dallaseconda metà degli anni novanta del secolo scorso e hanno mosso i primi passi sviluppando le loro atti-vità di protesta soprattutto nei confronti dei processi di globalizzazione dell’economia e dei fenomeniconnessi, nonché nei confronti dei Paesi più ricchi e delle più potenti istituzioni internazionali conside-rate come i tutori dell’attuale ordine mondiale.

206 STUDI & RICERCHE INEA

Page 206: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

reversibile con una forte crescita della produzione industriale in tutti i Paesi svi-luppati (Macry, 1992).

Successivamente, nel corso del Novecento, la fine degli anni ottanta ha vi-sto il trionfo dell’economia capitalistica di mercato, considerata capace di assi-curare benessere e libertà alle popolazioni e indicata come modello tendenzialedi sviluppo anche ai PVS. Malgrado ciò i Paesi sviluppati hanno spesso con-servato sistemi di protezione sociale che, se da un lato possono essere conside-rati come ostacoli al libero funzionamento del mercato, dall’altro sono gli stru-menti concepiti per ovviare ai problemi generati da quelli che Keynes conside-rava i due vizi del mondo economico in cui viveva, ovvero il fatto che il pienoimpiego non è assicurato e che la distribuzione della ricchezza non si realizzain modo equo (Fitoussi, 1997). Invece, i PVS, che sono spinti ad adottare l’or-ganizzazione capitalistica dell’economia3, non sono dotati degli stessi sistemi diprotezione sociale, fattore che aggrava i problemi causati dalle sperequazionigenerate dalla distribuzione diseguale della crescita economica.

Tale modello di sviluppo economico si è presto trasformato in un modelloculturale, una proposta di società con un insieme di valori, anche essa caratte-rizzata da forti capacità espansionistiche4. Tale trasformazione ha poi portato aun ulteriore mutamento nello stesso capitalismo, passato da un sistema basatosulla produzione di merci a uno basato sulla produzione di valori immateriali,la cui ricchezza si concentra nelle aree ricche del pianeta5.

Da quanto detto fino a ora si potrebbe desumere soprattutto un aspetto diineluttabilità del processo di globalizzazione, che poi influenzerebbe l’attualeconformazione dell’intera società contemporanea. A ben guardare, invece, l’e-spansione dei confini dei mercati rivela anche una partecipazione attiva delleimprese, mosse dalla necessità di competere per sopravvivere in un sistema eco-nomico internazionale completamente differente dal passato.

Pertanto, una volta assodato cosa si intende per globalizzazione e come si ègiunti alla forma attuale del fenomeno, bisogna chiedersi cosa si intende per im-

3 Dopo il secondo conflitto mondiale l’adozione del capitalismo è stata indicata ai Paesi del terzo mondocome la via per superare l’arretratezza economica e la povertà. Nello stesso tempo, proprio agli interessidei Paesi capitalisti e al mantenimento del loro alto tenore di vita e di consumi, viene imputata l’esistenzae l’aggravarsi di questi fenomeni di povertà.

4 Del resto, tra le principali critiche mosse al capitalismo a partire già da Marx, c’era proprio la tendenzadegli Stati capitalisti ad espandersi nel resto del mondo con nuove forme di colonialismo o imperialismo.

5 Un’accurata analisi del fenomeno del “branding” (ovvero dell’importanza dei valori immateriali dell’im-presa) e delle sue ripercussioni sulle dinamiche del lavoro è stata condotta da Naomi Klein (2001), cheafferma che negli ultimi anni lo sforzo crescente delle imprese concentrato sul marchio e sulla propostadi valori immateriali a esso collegati ha dato un nuovo volto al capitalismo, ben peggiore del precedente,in quanto le risorse monetarie richieste per sviluppare il branding verrebbero recuperate dislocando laproduzione nei Paesi poveri con manodopera sottopagata.

STUDI & RICERCHE INEA 207

Page 207: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

presa globalizzata e quali sono le attività nell’ambito delle quali essa si trovanella condizione di scegliere se comportarsi in maniera responsabile o no.

Un’impresa globalizzata è quella sensibile alle dinamiche internazionali, siadal punto di vista dei fattori produttivi che da quello dei mercati di sbocco deibeni e servizi offerti. Ma quale tipo di attività imprenditoriale comporta questacaratteristica per un’impresa? In realtà esistono numerose fattispecie che, per li-velli crescenti di coinvolgimento nelle dinamiche internazionali, possono essereconsiderate come identificative dell’impresa globalizzata.

Sicuramente un primo e più immediato esempio è quello che riguarda le im-prese multinazionali, ovvero le imprese con impianti di produzione in diversiPaesi, operative su più mercati e che si confrontano per loro stessa natura conambienti a volte molto differenti tra loro da un punto di vista economico, socialee culturale. Strettamente collegato a questo ambito è quello delle imprese che ef-fettuano investimenti diretti esteri (IDE), ovvero quella forma di investimentoche assicura all’impresa investitrice un certo livello di controllo sulle attività og-getto dell’investimento. Ci sono poi le classiche attività di import-export, non-ché gli accordi stipulati con altre imprese. Sempre più spesso si parla poi di de-localizzazione, intesa come l’insediamento della capacità produttiva all’estero,che può limitarsi anche a singole fasi del processo di produzione, fenomeno cheva intensificandosi e consolidandosi. Infine, l’impresa che opera in un compartoche dipende dal commercio internazionale di materie prime è anch’essa soggettaa rischi e opportunità legati a dinamiche che travalicano i confini nazionali.

Dal momento che in numerosi casi le imprese sono spinte verso queste formedi internazionalizzazione proprio per motivi legati all’abbattimento dei costi diproduzione6, è facile intuire come tutto ciò sia strettamente legato al tema dellaresponsabilità sociale. Una corsa senza regole verso bassi costi di produzionenon può che portare a una globalizzazione che produce danni maggiori rispettoai benefici auspicati.

12.3. L’internazionalizzazione tra principi etici universali e culturelocali

Il rispetto di standard etici internazionali nell’ambito dei processi di interna-zionalizzazione va considerato in relazione al dualismo esistente tra principi uni-

6 Sono molte le evidenze empiriche e le ricerche che attestano come le imprese delocalizzano prevalente-mente nei Paesi con un basso livello di reddito, confermando un modello di decentramento produttivobasato più sulla riduzione dei costi di produzione che su altri fattori, quali la volontà di presidiare i mer-cati di sbocco, ovviare alla presenza di barriere materiali o immateriali alle attività di import-export, ecc.

208 STUDI & RICERCHE INEA

Page 208: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

versalmente applicabili e cultura e legislazione locale, nonché alla necessità perl’azienda di gestire responsabilmente tutte le attività correlate al proprio busi-ness. Quest’ultimo tema viene identificato soprattutto nel controllo non solo deivantaggi ma anche dei rischi sociali e ambientali connessi alle attività della co-siddetta catena di fornitura che, soprattutto nel sistema agroalimentare, si carat-terizza per una stretta interdipendenza tra le singole fasi della filiera di produ-zione (Valentini, 2004)7.

Esaminando le diverse forme che può assumere il processo di internaziona-lizzazione o di globalizzazione dell’attività imprenditoriale, partiamo innanzi-tutto dai fenomeni di delocalizzazione della produzione, come si diceva, sem-pre più diffusi anche tra le aziende italiane, che cercano di risolvere i problemilegati alla competitività nel mercato mondiale dirigendosi verso Paesi nei qualiè possibile ridurre i costi di produzione dei prodotti finali o dei beni intermedi.

Il principale rischio che si corre in questi casi è quello di spostare i problemilegati alla gestione dell’ambiente, dei diritti dei lavoratori, ecc., in luoghi di-versi da quello di provenienza dell’impresa e in cui spesso le autorità pubbli-che preferiscono perseguire la crescita economica anche a discapito della tuteladi aspetti ambientali e sociali. Infatti, solitamente tale movimento avviene in di-rezione dei PVS, nei quali sempre più spesso vengono delocalizzate le fasi dellaproduzione caratterizzate da una maggiore necessità di manodopera o a mag-giore impatto ambientale.

Se questa scelta di spostare parte dell’attività di impresa all’estero è legataai differenti comportamenti che le imprese adottano nel loro Paese di origine ea quelli richiesti dalle diverse condizioni che l’impresa trova all’estero, i danniarrecati al sistema mondiale nel suo complesso possono avere un impatto an-cora più negativo per la collettività in genere.

Nella maggioranza dei casi limitarsi al rispetto della normativa vigente nelPVS che “ospita” l’attività delocalizzata non è di per sé sufficiente ad assicu-rare il rispetto di quei comportamenti che l’impresa adotterebbe sicuramente nelsuo Paese di provenienza perché obbligata per legge8 o perché si tratta di prin-

7 Come fa notare l’autore, il settore agroalimentare più di altri si caratterizza per un forte legame tra le va-rie fasi della filiera, dato che anche una sola falla nel sistema può portare alla compromissione dell’in-tero processo produttivo. Per approfondimenti sulla filiera agroalimentare si veda il capitolo II del pre-sente lavoro.

8 Recentemente approvata nel Regno Unito, la nuova legge sulle imprese, il Companies Act 2006, ha datovita a un’ampia riforma del settore, comprendendo, tra le principali novità introdotte, molte fattispecieche riguardano ruolo e compiti dell’alta dirigenza, tra i quali figura l’obbligo di redigere il rapporto an-nuale sulla responsabilità sociale. In particolare, l’articolo 417 stabilisce che, nel caso di aziende quotate,il rapporto, al fine di rendere comprensibili sviluppo, performance e situazione degli affari dell’azienda,deve contenere l’indicazione delle principali tendenze e dei fattori che ne influenzeranno gli sviluppi

STUDI & RICERCHE INEA 209

Page 209: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

cipi etici ormai considerati imprescindibili. Si parla infatti spesso di pratiche didumping sociale o ambientale, proprio per identificare comportamenti scorrettiche puntano a rendere più competitiva una determinata area abbattendo i costidi produzione attraverso il ricorso a normative che potremmo definire “moltoelastiche” riguardo al trattamento dei lavoratori, al rispetto dell’ambiente, ecc.9.In questa corsa per accaparrarsi i migliori investitori, un PVS rischia non solodi smantellare le poche tutele sociali e ambientali a salvaguardia delle proprierisorse ma anche di peggiorare la situazione delle imprese locali, che possonovedersi depauperate delle migliori risorse, attratte dalle imprese entranti, e difette di mercato domestico.

L’impresa che delocalizza all’estero si trova pertanto ad agire in un contestolegale a volte totalmente nuovo, nel quale gli interessi degli stakeholder do-vrebbero essere tutelati dall’ordinamento giuridico del Paese di approdo, spessonon sufficiente, o da accordi e normative internazionali, spesso inesistenti o nonefficaci. Per sopperire a tale carenza istituzionale, dovrebbe subentrare la sceltaeticamente consapevole dell’azienda di orientare alla qualità sociale e ambien-tale il sistema di gestione dell’attività propria e dei suoi fornitori. A volte in-vece è proprio l’imprenditore che decide coscientemente di sfruttare la situa-zione e ricorrere a pratiche che nel suo Paese di origine sarebbero vietate dallalegge o aggirando le stesse leggi del Paese ospitante. È proprio in queste situa-zioni che il quadro competitivo internazionale sempre più complesso e dinamicoe caratterizzato da queste forme di dumping, può permettere all’impresa re-sponsabile di differenziarsi attraverso elementi qualificanti del suo comporta-mento10, senza trascurare anche i benefici che l’impresa stessa può ottenere la-vorando in un contesto con più regole e tutele per tutti, maggiore coesione so-ciale e perciò minore rischio di instabilità.

futuri, nonché le informazioni sugli aspetti ambientali (incluso l’impatto del business sull’ambiente), suilavoratori impiegati nell’azienda e su aspetti sociali e legati alla comunità in cui essa opera. È stato inol-tre inserito l’obbligo di includere le informazioni sugli aspetti che riguardano la catena di fornitura e ilrapporto dovrà inoltre indicare quali delle informazioni richieste non sono state incluse perché conside-rate sensibili dall’azienda. Infine, per far sì che i rapporti siano accurati e significativi, essi dovranno con-tenere analisi effettuate attraverso l’uso di indicatori che permettano la misurabilità delle performance fi-nanziarie e, quando opportuno, di quelle legate ad aspetti ambientali e del lavoro.

9 Tali pratiche sono note anche nell’ambito della teoria economica come “race to bottom”, ovvero il pro-gressivo smantellamento del sistema di standard e regole (nell’ambito delle politiche del welfare, dellebarriere al commercio, della tassazione, ecc.) finalizzato ad ottenere posizioni di vantaggio nella compe-tizione tra Stati (ad esempio tra quelli che si contendono le scelte di insediamento dei gruppi multina-zionali) e che porta a un incremento della povertà forzando anche gli altri concorrenti a eliminare i lorosistemi di protezione al fine di sopravvivere.

10 Secondo Valentini (2004) le pratiche considerate dumping vanno rapportate alle condizioni prevalenti siaa livello locale che internazionale e solo il contesto dell’impresa può relativizzare al suo interno le dif-ferenze tra comportamenti assunti in Paesi diversi.

210 STUDI & RICERCHE INEA

Page 210: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

In altri casi le attività dell’impresa in campo internazionale sono tali da con-figurarla come impresa multinazionale con un suo maggiore coinvolgimento nel-l’ambiente in cui si trova a operare.

Tra le multinazionali è ormai prassi consolidata quella di dedicare uno spa-zio sempre più rilevante alla diffusione delle loro attività etiche11. Attaccate dapiù parti e sempre più spesso coinvolte in scandali internazionali legati soprat-tutto allo sfruttamento del lavoro minorile o alle cattive condizioni di lavoro de-gli operai, le multinazionali si sono infatti avvicinate alla cultura della respon-sabilità sociale d’impresa molto prima rispetto alla sua diffusione in molti Paesi:“lo zucchero delle Indie orientali non è il prodotto dello sfruttamento di schiavi”era lo slogan utilizzato già nel XVIII secolo dalla Compagnia britannica delleIndie orientali per battere la concorrenza nel commercio mondiale dello zuc-chero (Dufty, 2005)12. L’esigenza di coniugare spirito imprenditoriale, etica e so-stenibilità ambientale è stata per alcune multinazionali quasi una scelta obbli-gata, in quanto alla globalizzazione e alle maggiori opportunità di profitto rea-lizzabili si è associata una maggiore circolazione delle informazioni sui com-portamenti tenuti dalle aziende anche in luoghi remoti. Ne consegue che per al-cune di esse è stato forte il sospetto che le pratiche socialmente responsabili,molto spesso consistenti piuttosto in attività filantropiche13 propagandate attra-verso campagne pubblicitarie sui principali mezzi di comunicazione, fosserosolo un comportamento di facciata a beneficio dei consumatori e dei media,mentre in realtà l’attività imprenditoriale non avesse assunto i connotati di re-sponsabilità sociale che si contraddistinguono per le buone pratiche da adottarenell’esercizio delle operazioni aziendali, a cominciare dal trattamento dei lavo-ratori e dalla trasparenza della catena produttiva, fino alla tutela dell’ambientee alla rintracciabilità del prodotto.

In questo ambito risulta impossibile non riferirsi anche ai problemi legati allagestione della catena di fornitura (o supply chain management), ovvero l’insieme

11 Un recente comunicato stampa di una delle maggiori multinazionali del settore alimentare, “The Coca-Cola Company”, informa gli stakeholder e il pubblico in generale delle attività ambientali intraprese dal-l’azienda al fine di proteggere le risorse del pianeta e, in particolare, per limitare lo spreco di acqua ri-ducendone il consumo, riciclando l’acqua utilizzata e ricostituendo le risorse per le comunità interessate.

12 L’autore cita inoltre la dicitura riportata sulle zuccheriere in vendita nei magazzini di porcellane Hen-derson: «Utilizzando per 21 mesi lo zucchero delle Indie orientali invece di quello delle Indie occiden-tali, una famiglia che consumi 2 chili di zucchero la settimana salverà la vita a una creatura umana. Ottodi queste famiglie, in 19 anni e mezzo, eviteranno la schiavitù e l’uccisione di cento esseri» (cit., p. 34).

13 Un recente volume (Benioff, Adler, 2007) spiega come, in particolare negli USA, il volontariato sia or-mai diventato parte integrante dell’attività di alcune aziende e propone un modello per altre imprese chevogliano integrare la filantropia nell’esercizio della loro attività economica anche attraverso lo scambiodei propri “segreti” di filantropia aziendale e per spiegare come un’azienda possa avviare un proprio pro-getto in questo ambito e ottenere risultati positivi.

STUDI & RICERCHE INEA 211

Page 211: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

dei processi di gestione finalizzati a ottimizzare le varie fasi dell’attività azien-dale che coinvolge un numero man mano crescente di fornitori e subfornitorilocalizzati in aree diverse del pianeta. Sempre di più negli ultimi anni tale ten-tativo di ottimizzazione è coinciso con uno snellimento delle strutture produt-tive e con una crescita dell’outsourcing, in modo da concentrare l’impegno dellasede centrale sulle attività a maggiore valore aggiunto. In tal modo, si esterna-lizzano le fasi che hanno un minore valore aggiunto e che vedono nei PVS unacorsa al ribasso dei costi perseguita attraverso una minore tutela dei lavoratorie dell’ambiente.

Si tratta di una questione di primaria importanza, dal momento che l’impresanon può dirsi estranea ai comportamenti dei propri fornitori, quanto meno su unpiano etico, e sempre più spesso le imprese vengono considerate corresponsa-bili di eventuali violazioni e abusi compiuti in una delle fasi della catena di for-nitura e sono oggetto di campagne di boicottaggio, ovvero l’interruzione orga-nizzata e temporanea dell’acquisto di uno o più prodotti legati al marchio del-l’impresa.

Esistono nel settore agricolo dei PVS dei comparti caratteristici che rappre-sentano il primo anello della filiera di produzione che poi giunge fino al pro-dotto finito venduto e consumato quasi esclusivamente nei Paesi ricchi. Bastapensare alla produzione del cacao, tipica di Paesi tropicali, che è alla base del-l’industria dolciaria del mondo occidentale. Sono numerosi i rapporti che rac-contano di sfruttamento del lavoro, di lavoro minorile, di lavoratori tenuti al li-mite della schiavitù. In questi casi ci si domanda se l’impresa non sia obbligataa chiedersi quali condizioni di lavoro debbano essere applicate dai propri for-nitori di materie prime. E inoltre, anche da parte dei consumatori occidentali,come è possibile ignorare che in un Paese africano il commercio del cacao èalla base di traffici che alimentano la guerra?14.

In numerosi casi, inoltre, è la stessa impresa committente che assume com-portamenti che inducono le violazioni e gli abusi, ad esempio imponendo con-dizioni contrattuali che prevedono clausole troppo stringenti su costi, tempi diconsegna, ordini di acquisto, ecc., e ciò porta i fornitori a ribassare ulteriormentele tutele per i lavoratori.

Per rispondere a questi problemi è stato sviluppato un modello di conformità(o compliance model) finalizzato a verificare la conformità dei fornitori e deisubfornitori rispetto agli ordinamenti nazionali in tema di relazioni di lavoro eal codice di condotta delle imprese. Il modello di conformità implica la defini-zione di un codice di condotta che espliciti gli standard minimi in materia di di-

14 Si veda in proposito il rapporto 2007 dell’ONG Global Witness dedicato alla Costa d’Avorio.

212 STUDI & RICERCHE INEA

Page 212: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

ritti dei lavoratori che l’impresa si impegna a implementare all’interno della pro-pria catena di fornitura, la predisposizione di programmi di risk assessment voltia identificare i fornitori connotati da un più alto profilo di rischio, il monito-raggio del rispetto del codice da parte dei fornitori, la definizione di remedia-tion plan e di azioni correttive che definiscono anche le sanzioni somministratein caso di mancato adeguamento e, infine, le attività di comunicazione e di re-porting (Guidotti, 2006).

È interessante notare come proprio l’attività di comunicazione e reportingnata dalla necessità di proteggere la reputazione e l’immagine dell’azienda haassunto un valore e una rilevanza crescente e ha spinto all’introduzione di cri-teri etici nella gestione della catena di fornitura15. Sono sempre più numerose leaziende che pubblicano all’interno del sito istituzionale la propria politica intema di responsabilità sociale, di gestione dei rapporti con i fornitori, oltre cheil codice di condotta e le pratiche adottate16.

Sempre riguardo alle imprese multinazionali, un aspetto essenziale è il rap-porto dell’impresa con il contesto che la ospita: se, da un lato, comportamentietici da parte dell’impresa possono avere effetti positivi anche sulle istituzionidei Paesi dove essa opera, dall’altro, l’incontro tra sistemi culturali differentipuò costituire un momento di arricchimento per la stessa impresa, un momentoper cercare punti di contatto e non di contrapposizione. Anche in tal modo sipuò dare vita a quella che è stata definita “internazionalizzazione sostenibile”17.

Passando, infine, ad analizzare una delle forme più classiche di produzionedi reddito, ossia il commercio internazionale, da più parti è stato sottolineato illegame positivo esistente tra l’apertura di un Paese al commercio internazionalee la sua performance economica. Allo stesso tempo si pone però il tema dell’a-dozione di politiche che salvaguardino il Paese stesso dai possibili danni che

15 In tal senso al fine di aumentare la trasparenza delle comunicazioni aziendali verso gli stakeholder, Gui-dotti (2006) sottolinea come il punto di maggiore rilievo sia quello denominato “Supply Chain Disclo-sure”, ovvero la pubblicazione della lista completa dei propri fornitori, che permetterebbe anche una con-divisione dell’attività di monitoraggio su tali fornitori da parte delle imprese di un medesimo settore in-dustriale.

16 A titolo di esempio si può citare il caso di una delle principali aziende a livello mondiale per la produ-zione e commercializzazione di frutta e verdura, la Dole Food Company Inc., che ha ultimamente messoon line una nuova sezione del sito aziendale finalizzato a porre in risalto gli sforzi compiuti dall’aziendaper garantire un alto livello di conformità alle normative e agli standard internazionali, in uno dei settoriinteressato spesso da feroci critiche e contestazioni riguardo al trattamento degli operai che coltivano lepiantagioni nei PVS in cui nascono le produzioni che poi raggiungono i mercati dei Paesi sviluppati(http://www.dole.com/corporateresponsibility).

17 Valentini (cit., p. 86) definisce il concetto di “internazionalizzazione sostenibile” come quello che «si tra-duce nella volontà di considerare le azioni di impegno sociale e ambientale d’impresa anche e soprattuttoquando si opera su mercati esteri, poiché gli stessi processi di internazionalizzazione sono fenomeni mul-tidimensionali e complessi che coinvolgono e hanno impatti rilevanti su imprese e comunità».

STUDI & RICERCHE INEA 213

Page 213: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

una liberalizzazione incontrollata dei flussi commerciali potrebbe provocare,nonché il problema del controllo etico della catena di fornitura anche nelle at-tività di import-export.

I movimenti internazionali di merci sono in continua crescita, motivati da ra-gioni che spaziano dall’apertura di nuovi mercati di sbocco all’incremento dellepossibilità di trasporto delle merci stesse. L’attenzione alle pratiche socialmenteresponsabili nell’ambito dei negoziati internazionali si muove su molteplici bi-nari: da un lato, la necessità di salvaguardare la salubrità dei prodotti (in parti-colare quelli agroalimentari) quale interesse dei Paesi sviluppati, dall’altro, lariduzione del divario esistente in termini di condizioni di lavoro e di legisla-zione ambientale e sociale tra il Nord e il Sud del pianeta quale interesse dellecomunità dei PVS ma anche degli stakeholder del mondo ricco e delle impresedei Paesi sviluppati che vogliono contrastare pratiche di dumping sociale e am-bientale.

In tale ambito, in sede di Organizzazione Mondiale per il Commercio (WTO)è stato proposto più volte l’inserimento obbligatorio della “clausola sociale” ne-gli accordi internazionali, ovvero la possibilità di esportare beni solo se prodottinel rispetto dei diritti umani e delle normative dell’International Labour Orga-nization.

Anche l’UE ha cercato più volte di inserire negli accordi del WTO disposi-zioni a difesa dei diritti fondamentali del lavoro quali il divieto dello sfrutta-mento del lavoro minorile. Risale a circa un decennio fa l’approvazione da partedel Parlamento europeo di una “Risoluzione sulle delocalizzazioni e gli inve-stimenti esteri diretti nei Paesi terzi” (Parlamento europeo, 1998) mentre è statarecentemente approvata una nuova “Proposta di risoluzione sull’interesse euro-peo: riuscire nell’epoca della globalizzazione”18.

I PVS sono stati tra i principali oppositori della “clausola sociale”, temendol’applicazione di meccanismi sanzionatori in caso di mancato rispetto degli im-pegni assunti e ritenendo, invece, di aver diritto a poter utilizzare “vantaggi” intermini di costi sociali e ambientali sfruttati in passato anche dai Paesi indu-strializzati.

18 La “Proposta di risoluzione sull’interesse europeo: riuscire nell’epoca della globalizzazione” presentata aseguito di dichiarazioni del Consiglio e della Commissione a norma dell’articolo 103, paragrafo 2, delregolamento 7.11.2007 – B6-0435/2007, sottolineando l’importanza crescente delle questioni normativenel commercio internazionale, auspica una maggiore coerenza tra le norme e le pratiche dell’Unione eu-ropea e quelle dei principali partner commerciali, sottolineando che ciò non dovrebbe determinare un’ar-monizzazione al ribasso delle norme e dei regolamenti e che occorrerebbe aumentare gli sforzi per ga-rantire il riconoscimento e l’attuazione di tali norme e pratiche da parte dei principali partner commer-ciali dell’UE, per non minare la fiducia dei cittadini per quanto riguarda la salute, la sicurezza e l’am-biente.

214 STUDI & RICERCHE INEA

Page 214: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

Una risposta, seppure spesso considerata quasi di “nicchia”, è rappresen-tata dal commercio equo e solidale (o fair trade), una forma di attività com-merciale nella quale l’obiettivo primario non è la massimizzazione del pro-fitto, bensì la lotta allo sfruttamento e alla povertà legate a cause economiche,politiche o sociali. Si tratta di una forma di commercio internazionale nellaquale si cerca di garantire ai produttori e ai lavoratori dei PVS un trattamentoeconomico e sociale equo e rispettoso, instaurando relazioni dirette con orga-nizzazioni di piccoli produttori e sostenendo progetti di sviluppo locale da essistessi gestiti. Il commercio equo e solidale si sostanzia nell’acquisto direttopresso piccoli produttori e nella vendita diretta ai consumatori soprattutto diprodotti agroalimentari e artigianali, con l’obiettivo di eliminare svantaggi perproduttori e consumatori causati dall’organizzazione del commercio mon-diale19. Nei mercati agroalimentari mondiali sono infatti presenti monopolistie cartelli di imprese multinazionali, che operano come intermediari tra i pro-duttori dei PVS e i distributori nei Paesi di arrivo e che rappresentano l’anelloforte della catena che impone agli altri le proprie regole. Con il commercioequo e solidale, invece, ai produttori viene garantito un reddito migliore e ilreinvestimento di parte degli utili in programmi di auto-sviluppo, mentre latrasparenza che accompagna questa forma di organizzazione commerciale rap-presenta la garanzia per il consumatore riguardo a tutta la catena di produ-zione, descrivendo anche la composizione delle varie voci che vanno a costi-tuire il prezzo finale. Non va infine dimenticato che spesso al commercio equoe solidale si accompagnano metodi di coltivazione biologici, che garantisconoal consumatore finale l’acquisto di prodotti alimentari provenienti da agricol-tura biologica a prezzi inferiori rispetto a quelli praticati nel commercio tra-dizionale.

Naturalmente al comportamento dell’impresa deve corrispondere la rispostapositiva da parte del consumatore. In questo senso di parla di consumo critico,inteso come l’atteggiamento che consiste nel comprare un prodotto sulla basenon solo del prezzo e della qualità, ma anche di una serie di altri criteri, legatialla storia del prodotto (dal consumo energetico della tecnologia impiegata allecondizioni del lavoro nella catena produttiva, dalla possibilità di smaltimentodel prodotto e delle materie prime utilizzate per la sua produzione alla percen-

19 Sono oltre 20 le organizzazioni che garantiscono e certificano le pratiche di commercio equo e solidalea livello mondiale e che fanno parte del coordinamento internazionale dei marchi di garanzia FLO (Fair-trade Labelling Organization International), il quale stabilisce i criteri del commercio equo e solidale ene controlla il rispetto da parte dei produttori e degli importatori. Secondo il rapporto 2007 di FairtradeItalia sono quasi 70 le aziende licenziatarie in Italia che acquistano materie provenienti da produttori cer-tificati dal sistema FLO – Fairtrade (erano 2 nel 1994, anno di fondazione del marchio).

STUDI & RICERCHE INEA 215

Page 215: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

tuale del prezzo che andrà al produttore). A ciò si aggiunge la valutazione dellacondotta della casa produttrice in campo politico, economico e sociale: ad esem-pio, una multinazionale che controlla la casa di produzione che cos’altro pro-duce? Sostiene governi repressivi? Gestisce i suoi interessi nel terzo mondo conmetodi speculativi? È coinvolta nell’industria degli armamenti o in scandali?(Boscaro, 2002).

Va sottolineato tuttavia che alla base del consumo critico c’è la trasparenzadelle informazioni, mentre di solito si registra un’asimmetria informativa tra of-ferenti e consumatori, con l’offerta che esita a fornire molte informazioni poi-ché potrebbero alterare la disponibilità a pagare da parte della domanda.

Però, soprattutto nei confronti dei prodotti immessi sul mercato da grandi im-prese multinazionali, sono in molti a chiedersi se in presenza di una correttainformazione il consumatore si comporterebbe da “consumatore socialmente re-sponsabile”20.

Uno studio della Stanford University21 ha esaminato i comportamenti di ac-quisto dei consumatori e la discrepanza degli stessi con i risultati di numeroseindagini, nelle quali i consumatori esprimono il desiderio di poter essere so-cialmente responsabili nei loro acquisti. Non sono pochi, infatti, i casi di cam-pagne di vendita di prodotti socialmente responsabili che hanno visto un livellodi acquisti poco significativo, a fronte di numerose inchieste che descrivevanouna larga presenza di “consumismo etico”. Per fare in modo che il consumatoresi comporti in maniera responsabile, gli autori dello studio suggeriscono che sidebbano comprendere le motivazioni che sottostanno alle scelte di consumo esi debba trasmettere ai consumatori la convinzione che la componente sociale èfunzionale allo stesso modo di tutti gli altri aspetti che essi valutano nel mo-mento in cui compiono una scelta di acquisto.

20 Basta citare in tal senso il caso della multinazionale Nestlé, oggetto di boicottaggio a livello internazio-nale a causa delle campagne promozionali ingannevoli a favore del latte in polvere, in particolare neiPaesi del Sud del Mondo.

21 Pubblicato in Stanford Social Innovation Review (2006, p. 32), lo studio, basandosi su esperimenti ed in-dagini condotte in diversi Paesi del mondo, parte proprio da alcune domande fondamentali quali: «esisteil consumatore responsabile?» e se esiste: «perché non lo è anche nel momento dell’acquisto?»; al con-trario, se non esiste: «perché i risultati delle indagini sono così diverse dai comportamenti di acquisto?».Nel rispondere a tali domande, le aziende possono basarsi su quella che viene chiamata “L’Altra CSR”,ovvero la CnSR (Consumer Social Responsibility), definibile come «la scelta consapevole e deliberata dieffettuare determinate scelte di consumo basate su convinzioni personali e morali». In tal modo sarebbepossibile creare prodotti e servizi che anticipano la domanda, dato che nei comportamenti di acquisto ri-sultano più rilevanti le conoscenze dei consumatori rispetto alle caratteristiche dei prodotti anziché quellesugli “attributi sociali” degli stessi.

216 STUDI & RICERCHE INEA

Page 216: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

12.4. Una globalizzazione responsabile e sostenibile

Nel World Economic Outlook 2007 del Fondo Monetario Internazionale(FMI, 2007, p. 31) si legge che «l’integrazione dell’economia mondiale attra-verso la progressiva globalizzazione del commercio e della finanza ha raggiuntolivelli senza precedenti, sorpassando il picco registrato prima del primo conflittomondiale. Questa nuova ondata di globalizzazione sta avendo implicazioni diampia portata per il benessere economico dei cittadini in tutte le regioni e tratutte le classi di reddito ed è il tema di un attivo dibattito pubblico». Il FMI harilevato come nell’ultimo ventennio la globalizzazione dell’economia abbiacomportato un incremento del reddito pro-capite per la maggior parte dei Paesimondiali, anche per le fasce più povere della popolazione.

Ma, a fronte di questo incremento di reddito generalizzato, a livello mon-diale cresce anche la sperequazione tra ricchi e poveri. Allora, in presenza di uneffetto positivo della globalizzazione sui redditi, quale fattore ha contribuito afar aumentare le disuguaglianze? Secondo il FMI i redditi dei ricchi crescono aun tasso di crescita più rapido grazie al progresso tecnologico e all’incrementodella globalizzazione finanziaria. Infatti, distinguendo tra globalizzazione com-merciale (intesa come incremento del commercio mondiale) e globalizzazionefinanziaria22, i dati dimostrano come la seconda, in particolare nella forma de-gli investimenti diretti esteri, insieme al progresso tecnologico, siano le causedell’aumento dei divari di reddito. Per compensare questo gap i governi do-vrebbero impegnarsi in politiche che favoriscano l’innovazione e il progressotecnologico, nonché il miglioramento del cosiddetto capitale umano attraversol’incremento della formazione tra le fasce di reddito più basse.

Gli effetti asimmetrici della globalizzazione sui diversi Paesi, in genere av-versi ai PVS, sono spiegati anche da altri (Romano, 2007) con la diversità nelladotazione infrastrutturale e istituzionale, con la composizione del commercio in-ternazionale in cui pesano sempre di più beni immateriali e ad alto valore ag-giunto e con la liberalizzazione dei mercati dei capitali in presenza di valuteforti e deboli.

In particolare per il sistema agroalimentare dei PVS, gli effetti benefici dellaglobalizzazione sulla sicurezza alimentare e sulla redditività della produzioneagricola sarebbero limitati proprio dalla carenza di infrastrutture, dall’incre-mento degli scambi internazionali di beni dotati di un alto valore in termini direputazione e dal diverso ruolo assunto dall’agricoltura a livello mondiale, sem-

22 Il commercio mondiale è cresciuto di cinque volte in termini reali dal 1980 e il suo peso sul PIL mon-diale è passato dal 36 al 55%. Le attività finanziarie hanno a loro volta più che raddoppiato il volume,passando dal 58% del PIL mondiale del 1991 al 131% del 2004.

STUDI & RICERCHE INEA 217

Page 217: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

pre più basata sullo sviluppo di nuovi prodotti, sull’uso di nuove tecnologie esulle produzioni di qualità. Non si può inoltre dimenticare il fatto che il settoreagricolo di molti Paesi poveri è ulteriormente danneggiato dall’arrivo di “scarti”delle produzioni agricole provenienti dall’estero, che risultano molto più com-petitivi rispetto ai prodotti offerti dai contadini locali.

Altro aspetto che riguarda in particolare il settore agricolo e la tutela am-bientale è legato al fatto che dal momento che alcuni PVS che aprono i loromercati possono essere disposti a incrementare a dismisura le loro produzioniagricole per esportare maggiori quantità di prodotto, possono causare un degradoirreversibile al loro territorio.

Ma le preoccupazioni per l’evoluzione del sistema economico mondiale nonsono limitate ai PVS. Da un sondaggio condotto in sei Paesi industrializzatiemerge l’insicurezza manifestata anche dai cittadini dei Paesi ricchi nei con-fronti di una globalizzazione non regolamentata, che possa acuire le disugua-glianze a discapito delle fasce più deboli23.

In questo contesto si inserisce il dibattito sulla global governance, ovvero lanecessità espressa da più parti di delineare un ordinamento costituito da un in-sieme di regole e introdotto in seguito ad accordi stipulati a livello internazio-nale, che agisca per regolamentare e indirizzare le questioni sempre più com-plesse che animano il mondo globalizzato, controllando in qualche misura iflussi dell’economia mondiale. Ciò significa che la globalizzazione, a frontedella spontaneità e della ineluttabilità delle sue conseguenze, dovrebbe esseremeglio orientata attraverso l’adozione di interventi correttivi che permettano diindirizzare i vantaggi dello sviluppo economico in maniera equilibrata ed equaverso tutte le aree del pianeta e tutte le fasce di reddito, in modo da evitare chealla divisione dei benefici da essa apportati, e che possono essere individuati inun’estensione dei diritti fondamentali e non solo (diritti civili, diritto alla salute,alla difesa dell’ambiente, eliminazione della povertà, ecc.), partecipino sola-mente in pochi.

Se infatti l’economia corre spesso molto più velocemente rispetto alle ne-cessarie risposte politiche e se, come si è detto, gli aspetti negativi sono quelliche vengono più facilmente “esternalizzati” verso le economie più deboli, lanuova governance dovrebbe ricercare nuovi obiettivi che al profitto e alla cre-scita economica associno la ricerca del bene comune attraverso un comporta-mento aziendale etico.

A questa sorta di governance di sistema si associa poi la governance azien-

23 Il sondaggio è stato realizzato dal Financial Times/Harris su un campione di 1.000 persone per ognunodei seguenti Paesi: USA, Regno Unito, Spagna, Francia, Germania e Italia. I dati sono stati pubblicati nelluglio 2007.

218 STUDI & RICERCHE INEA

Page 218: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

dale, che dovrebbe improntare eticamente tutte le azioni compiute nell’attivitàd’impresa, a partire da quelle che sono sotto la responsabilità degli alti verticiaziendali.

Nonostante l’interesse suscitato dal tema, stenta però a decollare la costru-zione di un vero e proprio sistema di governance globale, anche a causa delladifficoltà di individuare e poi di condividere obiettivi concreti. Pertanto, nel-l’auspicio di arrivare a una global governance nell’ottica del rispetto degli stan-dard internazionali sui diritti umani e sullo sviluppo sostenibile e della lotta allapovertà e alla disuguaglianza, si assiste a una continua ricerca di un “grado ac-cettabile” di disuguaglianza, che può essere regolamentata anche grazie allacomplessità e ricchezza istituzionale che caratterizza il sistema mondiale: di-venta essenziale, in un mondo in cui non possono essere verificate tutte le con-dizioni di equilibrio dei mercati, che intervengano istituzioni e politiche capacidi assicurare un grado minimo di coesione sociale.

In questa ottica si spiegano anche i continui tentativi di definire degli stan-dard condivisi, da offrire alle imprese come quadro di riferimento per assumerecomportamenti responsabili e agli stakeholder come prova oggettiva delle pra-tiche responsabili adottate dall’impresa. Ma malgrado sia riconosciuta da moltil’importanza di un sistema globale di valutazione dei comportamenti, l’indivi-duazione di tali standard risulta essere un compito arduo dal momento che tuttigli attori coinvolti, imprese e stakeholder, partono da culture e tradizioni spessomolto distanti tra loro, il che rende difficile parlare di valori comuni24.

Tra le numerose iniziative a sostegno della ricerca di un quadro condivisoper la dimensione internazionale della RSI, si possono citare inoltre la dichia-razione di principi tripartita dell’ILO concernente le imprese multinazionali e lapolitica sociale, il contributo che le imprese possono dare al raggiungimento de-gli obiettivi di sviluppo del millennio delle Nazioni Unite, l’elaborazione daparte dell’ISO di una norma di orientamento sulla responsabilità socialeISO2600025, gli orientamenti dell’OCSE per le multinazionali, l’Alleanza euro-pea per la RSI proposta in seno all’Unione europea e il patto mondiale delle

24 Heidi Von Weltzien Hoivik (2005) sottolinea questo aspetto partendo dalla differente evoluzione subitadai diversi sistemi politici ed economici e dalle filosofie sociali e dai valori di fondo che vi corrispon-dono, per affermare che oggi una regola che in un sistema potrebbe essere considerata un’ingiusta im-posizione in termini sociali e ambientali, in un altro sistema potrebbe essere già un obbligo di legge.

25 L’Organizzazione Internazionale sulla Standardizzazione (ISO) sta lavorando alla stesura delle linee guidaper il futuro standard ISO26000 sulla responsabilità sociale. Il lavoro di preparazione è portato avanti dagruppi di lavoro di cui fanno parte tutti gli stakeholder: industria, autorità, consumatori, lavoratori, ONG,ecc.; la leadership dei gruppi è suddivisa tra Paesi in via di sviluppo e Paesi sviluppati. La nuova norma,che non conterrà requisiti che permettano il suo utilizzo a scopi certificativi, dovrebbe essere pronta peril 2010.

STUDI & RICERCHE INEA 219

Page 219: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

imprese (UN Global Compact), oltre che le numerose iniziative settoriali, cheoffrono anche criteri di riferimento internazionali per il comportamento respon-sabile delle imprese26.

Sempre nell’ambito dell’Unione europea si cerca di elaborare una soluzioneche recepisca i principali strumenti internazionali sulla tutela dei diritti umani,attivando nel contempo un meccanismo di controllo della loro applicazione an-che nelle fasi di produzione e fornitura che le imprese europee attivano nei Paesiterzi27.

Uno dei tentativi più autorevoli di dotare le imprese multinazionali di un ri-ferimento in relazione alla salvaguardia dei diritti umani è sicuramente quelloelaborato in sede ONU con le “Norme delle Nazioni Unite sulla responsabilitàdelle imprese transnazionali e altre imprese riguardo ai diritti umani”28, nateproprio in considerazione della natura e delle dimensioni assunte dal fenomenodella globalizzazione economica, dell’esplosione del commercio internazionalee delle relazioni finanziarie, del crescente potere delle grandi imprese multina-zionali e delle istituzioni finanziarie. Pur trattandosi di un documento giuridiconon vincolante per le imprese multinazionali, le norme sono chiaramente più au-torevoli di singoli codici di condotta aziendali e costituiscono un passo in avantiper la collettività mondiale, riunendo in un unico documento una lista di obbli-ghi in materia di diritti umani unanimemente riconosciuti dalla comunità inter-nazionale e contenuti in accordi, convenzioni, principi e dichiarazioni interna-zionali, regionali e multilaterali. Lo sforzo compiuto con l’elaborazione di que-ste Norme consiste proprio nel fatto che gli standard contenuti in questi docu-menti (a partire dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948) sonostati messi in relazione con precise responsabilità delle imprese nel campo deidiritti umani.

Peraltro, sono numerosi anche i sostenitori della necessità di non compro-mettere l’aspetto libero e volontaristico della RSI imponendo approcci, pro-cedure e regole standardizzate, in quanto nel contesto globale le imprese si

26 Per un’analisi degli strumenti di RSI si veda nel testo il capitolo III, mentre per le iniziative in ambitoUE si veda il capitolo IX.

27 La Relazione del Parlamento europeo sulla responsabilità sociale delle imprese: un nuovo partenariato(2006/2133(INI)) del 19 dicembre 2006 è stata elaborata dalla Commissione per l’occupazione e gli af-fari sociali del Parlamento europeo con relatore Richard Howitt in seguito alla decisione della Commis-sione europea di istituire un’alleanza europea in materia di responsabilità sociale delle imprese in colla-borazione con diverse reti imprenditoriali. La relazione sulla responsabilità sociale delle imprese è stataadottata in occasione della sessione plenaria del Parlamento europeo del marzo 2007.

28 Le norme sulle responsabilità delle società multinazionali e di altre imprese in relazione ai diritti umani(UN Doc. E/CN.4/Sub.2/2003/38/Rev.2) sono state approvate il 13 agosto 2003 dalla Sotto-Commissionedelle Nazioni Unite sulla Promozione e Protezione dei Diritti Umani.

220 STUDI & RICERCHE INEA

Page 220: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

trovano ad affrontare sfide che richiedono soluzioni pratiche e innovative einoltre non si può prescindere dal considerare gli aspetti di carattere locale:governare la globalizzazione deve comportare politiche di sviluppo e politi-che di impresa specifiche per il contesto in cui esse sono applicate e suffi-cientemente flessibili da evolvere con il cambiamento del contesto sociale edeconomico.

Ma oltre al livello istituzionale e politico, sono le stesse imprese privateche operano nel contesto internazionale che possono contribuire a dare unnuovo volto alla globalizzazione. In particolare, imprese di ogni dimensionepossono contribuire a diffondere comportamenti che conciliano esigenze eti-che in campo economico, sociale e ambientale, in cooperazione con i propripartner. Anche la Commissione europea in diverse occasioni ha ribadito il suoimpegno nell’incoraggiare la soluzione delle questioni riguardanti la RSI nel-l’ambito di un dialogo bilaterale tra le parti (Commissione europea, 2006).Inoltre, la cooperazione sta conquistando terreno come importante strategia dibusiness per affrontare i temi sociali e ambientali e le imprese uniscono leloro forze non solo con i loro competitor ma anche con attivisti dei dirittiumani e della difesa dell’ambiente, prima considerati quasi come nemici, coninvestitori socialmente responsabili, mondo accademico e organizzazioni go-vernative29.

Anche nell’ambito del controllo etico delle catene di fornitura, a cui si è giàfatto cenno in precedenza, è la soluzione multistakeholder quella considerata piùefficace, dal momento che riunisce competenze e interessi differenti e a volteapparentemente contrapposti – imprese, ONG, associazioni di categoria, rap-presentanti dei lavoratori, autorità governative e locali, ecc. – e ciò rende anchepiù credibile l’azione di controllo30.

Ad esempio, la World Cocoa Foundation, istituita nel 2000 per rafforzarela partnership tra l’industria e i produttori di cacao, che ha posto in esserenumerose iniziative e interventi che mirano a educare i produttori di cacaosu pratiche di lavoro sicure e responsabili, formarli attraverso istruzioni sul

29 Sono numerose e riguardano sempre più settori queste “coalizioni”, basta citare, per il settore della GrandeDistribuzione Organizzata (GDO), il Programma Globale per il Rispetto Sociale sottoscritto all’inizio del2007 tra i quattro maggiori rivenditori della GDO a livello mondiale e che, sebbene oggetto di criticheper l’esclusione degli stakeholder dall’iniziativa, vuole sviluppare standard di lavoro basati su principi didifesa della salute, divieto di lavoro minorile e discriminazioni sessuali e razziali, garanzia di giuste re-munerazioni (GreenBiz.com).

30 Guidotti (2007) elenca le caratteristiche che rendono più efficace l’azione multistakeholder rispetto a unastand alone adottata dall’impresa singola, che comprendono lo sviluppo di codici di condotta condivisi edi linee guida per l’implementazione, la condivisione di best practices, programmi di formazione rivoltiai fornitori, monitoraggio indipendente, progetti sperimentali, sistemi di reporting trasparenti e credibili.

STUDI & RICERCHE INEA 221

Page 221: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

miglioramento delle tecniche agricole per coltivare responsabilmente il ca-cao, il tutto partendo dall’ascolto e dalla comprensione delle sfide che i pro-duttori si trovano a dover affrontare. Inoltre per eliminare lo sfruttamento dellavoro minorile la WCF nel 2001 ha siglato un protocollo con l’Associazionedei Produttori di Cioccolato USA, che si basa sulle norme della ConvenzioneILO 18231.

12.5. Conclusioni

Muovendosi in un contesto internazionale in continuo mutamento, tra vo-lontarietà della scelta di assumere un comportamento etico e norme cogenti cheobbligano al rispetto di determinati standard, l’impresa che sceglie la via del-l’internazionalizzazione si trova davanti alla duplice necessità di adottare unacondotta che assicuri il mantenimento della sua competitività, fattore principaleche l’ha spinta ad allargare all’estero la sfera dei suoi interessi e di assumereallo stesso tempo un comportamento che assicuri lo sviluppo e il mantenimentodi un giusto livello di salute e sicurezza sul luogo di lavoro e di tutela del-l’ambiente, nonché il coinvolgimento delle comunità locali ospitanti, attraversola costruzione di un dialogo che le renda parte attiva nell’incremento del pro-prio benessere e sviluppo sociale.

La soluzione collaborativa per dare un “volto responsabile” alla globalizza-zione sembra essere preferibile rispetto all’imposizione di una rigida regola-mentazione anche riguardo all’autorità che dovrebbe imporre il rispetto di de-terminati standard a livello internazionale: è davvero possibile pensare a unaforma di regolazione sovranazionale diversa dall’auto-regolamentazione? Chiavrebbe l’autorità di imporre tale regolazione e punire i comportamenti devianti,in particolare quando tali azioni si compiono anche in aree remote del pianeta?

Non va peraltro dimenticato l’effetto reputazionale dell’adozione di praticheresponsabili o comunque di comportamenti paragonabili a quelli adottati nelPaese di provenienza con regole più stringenti e controlli più efficaci: tale fat-tore da un lato può influire positivamente sulla competitività dell’impresa mi-gliorando i suoi rapporti con tutti gli stakeholder, dall’altro potrebbe risultarepiù efficace rispetto all’imposizione di regole viste come un limite alla libertàdi impresa. Del resto un’azienda consapevole dell’influenza non solo economicama anche sociale, ambientale e culturale del suo operato non dovrebbe atten-

31 La Convenzione ILO 182 sulle peggiori forme di lavoro minorile è stata adottata il 17 giugno 1999 edè entrata in vigore il 19 novembre 2000.

222 STUDI & RICERCHE INEA

Page 222: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

dere imposizioni legislative per adottare un comportamento etico ma dovrebbeutilizzare un criterio di sostenibilità come linea guida per tutte le attività azien-dali. In questo modo si può dar vita a un nuovo tipo di concorrenza basata suivalori, che arricchisce il marketing mix dell’impresa di nuove variabili32 e fa sìche tutti gli stakeholder privilegino le aziende che creano valore duraturo anchenel lungo periodo.

32 Tra le nuove variabili del marketing mix (ovvero la combinazione di variabili controllabili che le impreseimpiegano per raggiungere i propri obiettivi) Valentini (cit., 2004) indica la salubrità per i prodotti ali-mentari, la provenienza da fonti rinnovabili per il comparto del legno, il comportamento futuro dei pro-dotti e dei loro componenti dal punto di vista del rilascio di sostanze nocive.

STUDI & RICERCHE INEA 223

Page 223: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto
Page 224: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

ABI: Associazione bancaria italianaAGEA: Agenzia per le erogazioni in agricolturaAPAT: Agenzia per l’ambiente e per i servizi tecnici ARPA: Agenzia regionale protezione ambienteBPA: Buona pratica agricolaBRC: British retail consortiumBSE: Bovine Spongiform Encephalopathy (Encefalopatia spongiforme bovina)CE: Comunità europea CEE: Comunità economica europeaCEFS: Comitato europeo dei produttori di zuccheroCELE: Centre for ethics law & economicsCENSIS: Centro studi investimenti socialiCEP: Council of economical prioritiesCEPAA: Council of economical priorities accreditation agencyCER: Commissione etica regionaleCERES: Coalition for environmentally responsible economics CnSR: Consumer social responsibilityCSR: Corporate social responsibilityCSR-SC: Corporate social responsibility – Social CommitmentDOC: Denominazione di origine controllataDOCG: Denominazione di origine controllata e garantitaDOP: Denominazione di origine protettaECRA: Ethical consumer research associationEEA: Agenzia europea per l’ambienteEFFAT: Federazione europea dei sindacati del settore alimentare, agricolo e turistico EFSA: Autorità europea per la sicurezza alimentareEMAS: Eco-management and audit schemeEPD: Dichiarazione ambientale di prodottoFAO: Food and agriculture organizationFEASR: Fondo europeo per lo sviluppo rurale FESR: Fondo europeo di sviluppo regionaleFIG: Fondo interbancario di garanziaFLO: Fairtrade labelling organization FMI: Fondo monetario internazionaleFSC: Forest stewardship councilFSE: Fondo sociale europeo

STUDI & RICERCHE INEA 225

ACRONIMI

Page 225: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

GAS: Gruppo di acquisto solidaleGBS: Gruppo di studio per la statuizione dei principi di redazione del Bilancio SocialeGDO: Grande distribuzione organizzataGHG: Gas effetto serraGRI: Global reporting iniziativeGUCE: Gazzetta ufficiale delle comunità europeeHACCP: Hazard analysis critical control pointIDE: Investimenti diretti esteriIFS: International food standardIGP: Indicazione geografica protettaILO: International labour organizationINEA: Istituto nazionale di economia agrariaISEA: Institute of social and ethical accountabilityISMEA: Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentareISO: International standard organizationISTAT: Istituto nazionale di statisticaISVI: Istituto per i valori d’impresa KPI: Key performance indicators MIPAAF: Ministero delle politiche agricole alimentari e forestaliOCM: Organizzazione comune di mercato OCSE: Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economicoOECD: Organization for economic co-operation and developmentOGM: Organismo geneticamente modificatoOHSA: Occupational health and safety actOIL: Organizzazione internazionale del lavoroOMC: Organizzazione mondiale del commercioONG: Organizzazione non governativaONLUS: Organizzazione non lucrativa di utilità socialeONU: Organizzazione delle nazioni unitePAA: Politica agroambientale PAC: Politica agricola comunePEFC: Programme for the endorsement of forest certificationPIL: Prodotto interno lordoPMI: Piccole e medie impresePOR: Programma operativo regionalePSR: Piano di sviluppo rurale PVS: Paesi in via di sviluppo RSI: Responsabilità sociale di impresaSA: Social accountabilitySAI: Social accountability internationalSGA: Sistema di gestione ambientale SGFA: Società gestione fondi per l’agroalimentareSGQ: Sistema per la gestione della qualitàSTG: Specialità tradizionali garantite

226 STUDI & RICERCHE INEA

Page 226: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

UE: Unione europeaUNEP: United nations environment programmeUNI: Ente nazionale di unificazioneWCF: World cocoa foundation WTO: World trade organization

STUDI & RICERCHE INEA 227

Page 227: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto
Page 228: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

Aa.Vv. (2002), Nuove tipologie di impresa nell’agricoltura italiana, Atti del XXXIXConvegno di studi SIDEA, Centro stampa 2P, Firenze.

Aa.Vv. (2006), Il capitale sociale tra economia e sociologia, Franco Angeli, Milano.Aa.Vv. (2006), Rapporto sullo Stato dell’Agricoltura Italiana, INEA, Roma.Aa.Vv. (2007), Economia delle regioni italiane, Banca d’Italia, Roma.Aa.Vv. (2007), Finanziamenti & Credito. Guida pratica per le imprese, Il Sole 24 Ore,

Milano.Accornero A. (2000), Era il secolo del lavoro, Il Mulino, Bologna.Accornero A. (2004), La società dei lavori, in «Sociologia del lavoro», n. 80, pp. 57-

68.ACI (1995), Atti del XXXI Congresso, in «Rivista della cooperazione», n. 22.Aimone S., Bigini D. (1999), Le esternalità dell’agricoltura: un primo approccio alle

problematiche della valutazione a scala locale, Working paper n. 128, IRES, Torino.Amnesty International (2004), Le Norme delle Nazioni Unite per le imprese: verso

una responsabilità legale, Amnesty International Publications, London.Archibugi D., Lundvall B.A. (2001), The globalizing Learning Economy, Oxford

University press, Oxford.Ascoli U., Ranci C. (2003), Il welfare mix in Europa, Carocci, Roma.Bagnasco A. (1999), Teoria dei capitale sociale e political economy comparata, in

«Stato e mercato», n. 3.Bagnasco A. (2003), Società fuori squadra. Come cambia l’organizzazione sociale, Il

Mulino, Bologna.Banca d’Italia (2007), Bollettino Economico, n. 48, aprile.Banca d’Italia (2007), Bollettino Statistico, I trimestre.Benioff M., Adler C. (2007), The business of changing the world, McGraw-Hill, New

York.Beck U. (2000), I rischi della libertà: l’individuo nell’epoca della globalizzazione, Il

Mulino, Bologna.Bellia F. (2001),. Riflessioni sui servizi in agricoltura: fondamenti teorici, problemi

metodologici e proposta di classificazione, Atti del XXXVIII Convegno di studi Ser-vizi in agricoltura, SIDEA.

Bhagwati J. (2005), Ma i Paesi più poveri adesso l’apprezzano (la globalizzazione),in «Il Sole 24 Ore», 19 gennaio.

Biondi V., Ferrero V., Pelizari S. (2004), Qualità, ambiente, sicurezza ed etica. Li-nee guida per la gestione integrata, Franco Angeli, Milano.

Bonomi A. (2007), Il territorio come protagonista attivo, in «Il Sole 24 Ore», 25 luglio.

STUDI & RICERCHE INEA 229

BIBLIOGRAFIA

Page 229: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

Boscaro A. (a cura di) (2002), Dizionario della globalizzazione, Zelig, Milano.Bougherara, D. Grolleau, G. (2001), Can Consumers Protect the Environment by

their Purchases? An Analysis Applied to Agro-Food Products, Document de travail,UMR INRA-ENESAD.

Bowen H. (1953), Social Responsibility of the businessman, Harper & Row, New York.Brasili C. (2006), L’industria alimentare italiana: struttura e differenze territoriali, in

«Economia & Diritto Agroalimentare», anno XI, nn. 1-2/2006, Firenze UniversityPress, Firenze.

Briamonte L. (a cura di) (2007), Casi studio - Le esperienze italiane sulla responsa-bilità sociale nel settore agricolo e agroalimentare, INEA, Roma.

Brusaporci M., Farolfi S., Vindigni G. (2002), Valutazione della gestione dell’in-quinamento idrico nelle industrie agroalimentari: supporto decisionale e riduzionedell’incertezza. Agroindustria, ambiente e territorio, Franco Angeli, Milano.

Cacace D., Quaranta G., Pergamo R. (2005), La filiera zootecnica e lattiero-casea-ria, in Cacace D., Falessi A., Marotta G. (a cura di), I sistemi agroalimentari erurali in Campania. Filiere e territori, Franco Angeli, Milano.

Campiglio L. (2004), Rischio sociale e responsabilità sociale d’impresa, in «Notizie diPoliteia», n. 74.

Castel R. (2004), L’insicurezza sociale. Che significa essere protetti?, Enaudi, Torino.Carolo M.G. (2003), Il marketing territoriale, Franco Angeli, Milano.Cary J.W., Wilkinson R.L. (1997), Perceived Profitability and Farmers’ Conservation

Behaviour, in «Journal of Agricultural Economics», 48, pp. 13-21.Censis, Ministero del Lavoro (2004), Capire il sommerso. Supporto conoscitivo ai

servizi per l’impiego, Franco Angeli, Milano. Chiesi A., Martinelli A., Pellegatta M. (2000), Il Bilancio Sociale, Il Sole 24 Ore,

Milano Chirieleison C. (2002), Le strategie sociali nel governo dell’azienda, Giuffrè, Milano.CCIAA (1998), Analisi e prospettive dell’organizzazione della filiera del pomodoro,

Consorzio Promos Ricerche, Napoli.Cicia G., De Stefano F. (a cura di) (2007), Prospettive dell’agricoltura biologica in

Italia, ESI, Napoli.CNEL (2005), La responsabilità sociale delle imprese in Italia, Atti del Convegno, 31

marzo, Roma.Coda V. (1988), L’orientamento strategico dell’impresa, Utet, Torino.Coda V. (2002), Prefazione, in Hinna L. Il bilancio sociale, Il Sole 24 Ore, Milano.COGECA (1998), Lo sviluppo delle cooperative agricole nell’Unione europea, Clua

Edizioni, Ancona.Comitato delle Regioni (2002), Parere in merito al Libro Verde Promuovere un qua-

dro europeo per la responsabilità sociale delle imprese, GUCE n. 192 C, 12 agosto2002, pp. 1-5.

Comitato delle Regioni (2001), Parere del Comitato economico e sociale sul temaLibro Verde Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle im-prese, COM 2001, 366 def.

Commissione europea (2001a), Libro Verde Promuovere un quadro europeo per la re-

230 STUDI & RICERCHE INEA

Page 230: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

sponsabilità sociale delle imprese, COM 2001, 366 def, GUCE n. 125 C del 27/10/02pp. 44 ss.

Commissione europea (2001b), Sviluppo sostenibile in Europa per un mondo migliore:strategia dell’Unione europea per lo sviluppo sostenibile, COM 2001, 264 def.

Commissione europea (2002), Responsabilità sociale delle imprese: un contributo delleimprese allo sviluppo sostenibile, COM 2002, 347 def.

Commissione europea (2003), L’agricoltura e l’ambiente, Editore Eugène Cucuzza G.,De Salvo.

Commissione europea (2005), Sul riesame della strategia per lo sviluppo sostenibile.Una piattaforma d’azione, COM 2005, 658 def.

Commissione europea (2006), Il parternariato per la crescita e l’occupazione; faredell’Europa un polo di eccellenza in materia di responsabilità sociale delle imprese,COM 2006, 136 def.

Commissione europea (2007), Improving quality and productivity at work. Communitystrategy 2007-2012 on health and safety at work, COM 2007, 62 def.

Consiglio dell’Unione europea (2002), Risoluzione del Consiglio sul seguito da dareal Libro Verde sulla responsabilità sociale delle imprese, GUCE n. 86 C, 10 aprile2002, pp. 3-4.

Consiglio dell’Unione europea (2006), Riesame della strategia dell’UE in materiadi sviluppo sostenibile. Nuova strategia, DOC 10917/06.

Cucculelli M., Mazzoni R. (2002), Risorse e competitività, Franco Angeli, Milano.Cuomo G. (1984), Funzioni, strutture, strategie delle imprese commerciali complesse,

CEDAM, Padova.Darby M.R., Karni E. (1973), Free Competition and the Optimal Amount of Fraud,

in «Journal of Law and Economics», 16, pp. 67-88.Del Maso D. (2005), La CSR nell’attività di gestione finanziaria: il caso degli inve-

stimenti socialmente responsabili, in Sacconi L. (a cura di), Guida critica alla re-sponsabilità sociale e al governo d’impresa. Problemi, teorie e applicazioni dellaCSR, Bancaria Editrice, Roma.

Del Punta R. (2006), CSR, organizzazione e qualità del lavoro, in Montuschi L.,Rullini P., Lavoro e responsabilità sociale dell’impresa, Zanichelli, Bologna.

Devinney T., Auger P., Eckhardt G., Birtchnell T. (2006), The Other CSR, in«Stanford Social Innovation Review», autunno.

Di Iacovo F. (2007), La responsabilità sociale dell’impresa agricola, in «Agriregio-nieuropa», anno 3, n. 8.

Di Iacovo F., Senni S. (2005), I servizi sociali nelle aree rurali, Biemmegraf, Macerata. D’Orazio E. (a cura di) (2003), La responsabilità sociale d’impresa: teorie, strumenti,

casi, in «Politeia», n. 2.D’Orazio E. (a cura di) (2004), Business Ethics and Corporate Social Responsibility

in a Global Economy, in «Politeia», n. 74.Dore R. (2005), Il lavoro nel mondo che cambia, Il Mulino, Bologna.Dufty W. (2005), Sugarblues, Macro Edizioni, Cesena. Dupuis J.-C. (2005), La responsabilité sociale des entreprises comme institution: L’ap-

port de l’approche institutionnaliste, Working Paper ESDES, Recherche n. 4.

STUDI & RICERCHE INEA 231

Page 231: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

EEA (2006), Integration of environment into EU agriculture policy-the IRENA indica-tors based assessment report, documento on-line, http://www.eea.eu.int

Elkington J. (1980), The Ecology of Tomorrow’s World: Industry’s Environments- En-vironments’s Industry, Associated Business Press, London.

Erlicher L. (2006), Innovazione organizzativa, in «Sviluppo & Organizzazione», 213,ESTE Srl, Milano.

Esping Andersen G. (2000), I fondamenti sociali delle economie postindustriali, Il Mu-lino, Bologna.

European Agency for Safety and Health at Work (2004), Quality of the workingenvironment and productivity,Working Paper.

European Commission (2002), Ewon-New form of work organization. The obstacles towider diffusion, DG for Employment and Social Affair.

European Commission (2004), ABC of the main instruments of Corporate Social Re-sponsibility, DG for Employment and Social Affair.

European Multistakeholder Forum (2004), Social Responsibility Final results &recommendations, Final report.

Evan W., Freeman E. (1988) Ethical theory and business, Prentice hall, Englewood cliffs. FAO (2007), La situation mondiale de l’alimentation et de l’agriculture, Roma.Ferretti A., Anelli V. (2006), Investire all’estero, i nuovi standard sociali e ambien-

tali, in «Finanziamenti & Credito», Il Sole 24 Ore, Milano.Fitoussi J.P. (1997), Il dibattito proibito. Moneta, Europa, povertà, Il Mulino, Bologna.Fondo Monetario Internazionale (2007), World Economic Outlook, Washington,

ottobre.Formica C. (1996), Geografia dell’agricoltura, La Nuova Italia Scientifica, Roma.Franci C. (2007), Filiera corta e gruppi di acquisto, in Gli scenari futuri per i piccoli

produttori agricoli dell’Europa a 27; esperienze e valutazioni a confronto, Atti delseminario, febbraio, Roma.

Freeman R.E. (1984), Strategic Management. A Stakeholder Approach, Pitman, Boston.Frey M. (2002), Il bilancio socio-ambientale e di sostenibilità, in Hinna L. (a cura di),

Il Bilancio Sociale, Il Sole 24 Ore, Milano.Frey M., Masciandaro D., Vercelli A. (2003), Banca e finanza sostenibile, in Ma-

sciandaro D., Vercelli A. (a cura di), Banca e finanza sostenibile, in «Studi e Notedi Economia», n. 8, pp. 7-54.

Gallino L. (2000), Globalizzazione e disuguaglianza, Laterza, Roma-Bari.Gallino L. (2001), Il costo umano della flessibilità, Laterza, Roma-Bari.Gallino L. (2005), L’impresa irresponsabile, Einaudi, Torino.GBS-Gruppo di Studio per il Bilancio Sociale (2001), Principi di redazione del

Bilancio Sociale, Milano.Giacomini C., Petriccione G. (1993), Sviluppo e crisi della cooperazione agroali-

mentare negli anni ottanta, in Pacciani A., Petriccione G. (a cura di), La coope-razione agroalimentare in Italia, Il Mulino, Bologna.

Giuca S. (2001), Le politiche comunitarie e nazionali per la qualità, in Aa.Vv., La co-struzione di percorsi per la valorizzazione delle produzioni agroalimentari locali,Working Paper, INEA, Roma.

232 STUDI & RICERCHE INEA

Page 232: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

Givord D. (2001), Il modello rurale europeo, «LEADER Magazine», n. 25, Bruxelles.Global Witness (2007), Hot Chocolate: how cocoa fuelled the conflict in Cote d’I-

voire, giugno.GRI-Global Reporting Iniziative (2002), Sustainability Reporting Guidelines.Guidotti S. (2006), Il controllo etico delle catene di fornitura, I quaderni dell’Osser-

vatorio Operandi, Roma.Guthrie J.E., Parker L.D. (1989), Corporate social reporting: a rebuttal of legitimacy

theory, in «Accounting and Business Research», n. 9 (76), pp. 343-352.Hansmann H. (1996), The Ownership of Enterprise, Belknap Press, Cambridge, Mass.,

trad. it. La proprietà dell’impresa, Il Mulino, Bologna 2005.Hinna L. (2000), Il bilancio di missione. La rendicontazione contabile e sociale nelle

strutture non profit, in «Rivista Italiana di Economia Aziendale», luglio-agosto.Hinna L. (a cura di) (2002), Il bilancio sociale, Il Sole 24 Ore, Milano.Hinna L., Monteduro F. (2003), Trust in Local Authorities: the role of social repor-

ting to citizens, Atti del Convegno dell’European Group of Public Administration,Oeiras, Portogallo, 3-6 settembre.

Hinna L. (2003), Normare l’etica?, in M.P. Salani (a cura di), L’impresa giusta, «IlPonte», nn. 10-11.

Hinna L. (2004), Il bilancio sociale: da documento a processo, in Aa.Vv., La RSI e ilbilancio sociale nelle banche e nelle imprese, Bancaria Editrice, Roma.

Hinna L. (2005), Come gestire la responsabilità sociale di impresa, Il Sole 24 Ore, Mi-lano.

Hinna L. (2005), Principi di revisione dei bilanci sociali, in Sacconi L. (a cura di),Guida critica alla Responsabilità sociale e al governo d’impresa, Bancaria Editrice,Roma.

Hinna L., Monteduro F. (2005), Nuovi profili di accountability nelle PA: teoria e stru-menti, Formez, Roma.

Iacoponi L. (1995), Modelli di adozione delle innovazioni e sistemi agricoli locali, inIacoponi L., Irti N. (2004), Nichilismo giuridico, Laterza, Roma-Bari.

Iasevoli G. (2001), Competitività e posizione dominante dell’impresa nella filiera pro-duttiva, Franco Angeli, Milano.

Idda L., Pulina P., Benedetto G., Madau F.A. (2007), Sviluppo rurale, capitale so-ciale e vitivinicoltura multifunzionale, Franco Angeli, Milano.

INEA (2006), Annuario dell’Agricoltura Italiana, vol. LIX, 2005, Roma.INEA (2007), Promuovere la responsabilità sociale delle imprese agricole e agroali-

mentari, Roma.ISFOL (2004), Appunti sull’impresa sociale, Rubbettino, Soveria Mannelli.ISMEA (2006, 2007), Panel monografici - comparti vari.ISTAT (2001), Istituzioni non profit in Italia. I risultati della prima rilevazione cen-

suaria. Anno 1999, in «Informazioni», n. 50, Roma.ISTAT (2003), Le cooperative sociali in Italia. Anno 2001, Statistiche in breve, Roma.ISVI (2006), Primo Rapporto sulla responsabilità sociale in Italia, Milano.Klein N. (2001), No logo, Baldini & Castoldi, Milano. Kotler P. (1999), Marketing management, ISEDI, Torino.

STUDI & RICERCHE INEA 233

Page 233: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

Macry P. (1992), La società contemporanea. Una introduzione storica, Il Mulino, Bo-logna.

Montuschi L., Tullini P. (2007), Lavoro e responsabilità sociale dell’impresa, Zani-chelli, Bologna.

Maino F. (2002), Bilancio sociale e carte dei servizi: quali connessioni possibili?, in«Prospettive sociali e sanitarie», vol. XXXII, nn.19-20.

Manni F. (1998), Responsabilità sociale e Informazione esterna d’impresa, Giappi-chelli, Torino.

Margiocco M. (2005), Quelle paure chiamate globalizzazione, in «Il Sole 24 Ore», 19gennaio, p. 9.

Marra A. (2002), L’etica aziendale come motore di progresso e di successo, FrancoAngeli, Milano.

Marotta G., Iacoponi L. (a cura di) (1995), Nuovi modelli di sviluppo dell’agricol-tura e innovazione tecnologica, INEA, Roma.

Matacena A. (1982), Analisi dei bilanci delle cooperative agricole, CLUEB, Bologna.Matacena A. (1984), Impresa e ambiente: il bilancio sociale, CLUEB, Bologna.Matacena A. (2003), Responsabilità sociale e accountability nell’impresa cooperativa,

in M.P. Salani (a cura di), L’impresa giusta, in «Il Ponte», nn. 10-11.Mazzoleni M. (2003), Responsabilità sociale d’impresa: funzionamento dell’impresa

cooperativa, in M.P. Salani (a cura di), L’impresa giusta, in «Il Ponte», nn. 10-11.Mei Gabrovec O. (2004), Valore aggiunto e bilancio sociale: l’esperienza dello stan-

dard GBS, in Rusconi G., Dorigatti M. (a cura di), Teoria Generale del BilancioSociale ed applicazioni pratiche, Franco Angeli, Milano.

Meznar M., Chrisman J., Carroll A.B. (1990), Social responsibility and strategicmanagement. Toward an enterprise strategy classification, Academy of ManagementBest Papers Proceedings, 332-336.

Molteni M, Lucchini M. (2004), I modelli di responsabilità sociale nelle imprese ita-liane, Franco Angeli, Milano.

Molteni M. (2004), Responsabilità sociale e performance di impresa. Per una sintesisocio-competitiva, V&P Università, Milano.

Molteni M., Devigli D. (2004), Il cause related marketing nella strategia d’impresa,Franco Angeli, Milano.

Montuschi L., Rullini P. (2006), Lavoro e responsabilità sociale dell’impresa, Zani-chelli, Bologna.

Mori (2000), European attitudes towards corporate social responsibilities, Research forCSR Europe, London.

Muzzarini D. (2007), Brand e responsabilità sociale, documento on-line, www.bilan-ciosociale.it

Napoli M. (a cura di) (2005), La responsabilità sociale delle imprese, Vita e pensiero,Milano.

OCSE (2006), Agriculture et environnement: enseignements tirés de dix ans de travauxde l’OCDE, Rapporto, Paris.

Osservatorio permanente sulla responsabilità d’impresa (2006), Quaderni del-l’Osservatorio Operandi, vol. II.

234 STUDI & RICERCHE INEA

Page 234: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

Pacciani A. (2000), La cooperazione agricola, in Aa.Vv., Libertà e Cooperazione, «IlPonte», nn. 11-12.

Paci M. (2005), Nuovi lavori, nuovo welfare, Il Mulino, Bologna.Parlamento europeo (1998), Risoluzione sulle delocalizzazioni e gli investimenti

esteri diretti nei Paesi terzi, GU C 34, l 2 febbraio 1998.Parlamento europeo (2003), Risoluzione del Parlamento europeo sul Libro Verde

della Commissione Promuovere un quadro europeo per la responsabilità socialedelle imprese, COM (2001) 366, C5-0161/2002, 2002/2069(COS), GUUE n. 187 E,07/08/2003 pp. 180-188.

Pastore R., Piantoni G. (1984), Strategia sociale dell’impresa, Etas Libri, Milano.Pelliccelli G. (2002), Strategie di impresa, Università Bocconi Editore, EGEA, Mi-

lano.Perez R. (2003), La prise en compte du développement durable dans le systèmes de go-

vernance, Journée d’étude sur Gouvernance et développement durable, IAE, Paris.Persio M. (1999), Etica e impresa - l’intelligenza morale come forza dinamica, Franco

Angeli, Milano.Petit P. (2003), Responsabiltié et trasparence dans les economies fondées sur le sa-

voir: une vision régultionniste des changements institutionnels contemporains, in«Economie appliqué», tome LVI, n. 3, pp. 229-253.

Petit M., Peri I. (2005), La multifonctionnalité de l’agriculture: base d’un nouveaucontrat social européen? Quelle légitimité internationale?, in The integration of eu-ropean agricultures and the reform of common market organizations: European Mo-dule. Jean Monnet Project 2003/2004, Atti vol. 3, pp. 31-39.

Putnam R. (2005), Capitale sociale e individualismo, Il Mulino, Bologna.Regione Toscana (2006), Opportunità di sviluppo della filiera legno-energia nel ter-

ritorio del Mugello, Agenda 21, Ecosoluzioni 2006.Reyneri E. (2000), Sociologia del lavoro, Il Mulino, Bologna.Reyneri E. (2004), Verso una nuova società del lavoro, in «Il Mulino», 416, 6.Riccardi G. (2004), Approcci teorici allo sviluppo sostenibile, Working paper n. 2,

CIHEAM.IAM.M, Montpellier.Romano D. (1998), Agricoltura e ambiente: vincoli, opportunità e strumenti per la po-

litica agraria del 2000, in Atti Convegno XXXV SIDEA.Romano D. (2007), L’impatto della globalizzazione asimmetrica sull’agricoltura dei

PVS, in «Agriregionieuropa», anno 3, n. 8, marzo.Rosci S. (2005), Il grande salto sociale. Percorsi di responsabilità sociale delle im-

prese, Controcorrente, Napoli.Rusconi G, Dorigatti M. (2004), La responsabilità sociale di impresa, Franco Angeli,

Milano.Saccomandi V. (1986), Cooperazione e cooperativismo in agricoltura. Un’analisi eco-

nomica, REDA, Roma.Sacconi L. (2003), Standard, autoregolazione e vantaggio comparato dell’impresa coo-

perativa, in M.P. Salani (a cura di), L’impresa giusta, in «Il Ponte», nn. 10-11. Sacconi L. (a cura di) (2005), Guida critica alla responsabilità sociale e al governo

d’impresa, Bancaria Editrice, Roma.

STUDI & RICERCHE INEA 235

Page 235: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

Sacconi M, Reboani P., Tiraboschi M. (2004), La società attiva. Manifesto per lenuove sicurezze, Marsilio, Venezia.

Salani M.P. (2003), Responsabilità, mutualità, rendicontazione sociale nelle coopera-tive, in Id. (a cura di), L’impresa giusta, in «Il Ponte», nn. 10-11.

Salani M.P. (2004a), La dimensione sociale della forma cooperativa: responsabilitàsociale cooperativa, in Id. (a cura di), Responsabilità sociale cooperativa, Il PonteEditore, Firenze.

Salani M.P. (2004b), Analisi delle motivazioni, dei processi e degli orientamenti dellecooperative su Bs e su Rsc, in Id. (a cura di), Responsabilità sociale cooperativa, IlPonte Editore, Firenze.

Salani M.P. (2005), Le basi istituzionali della forma cooperativa, in Mazzoli E., Za-magni S. (a cura di), Verso una nuova teoria economica della cooperazione, Il Mu-lino, Bologna.

Sardone R. (2008), Il comparto del tabacco in Italia alla luce della nuova OCM, INEA,Roma.

Sen A. (1991), Denaro e valore: etica ed economia della finanza, Edizioni dell’Ele-fante, Roma.

Sen A. (2004), Etica ed economia, Laterza, Roma-Bari.Sennet R. (2001), L’uomo flessibile, Feltrinelli, Milano.Sestito P. (2002), Il mercato del lavoro in Italia. Com’è. Come sta cambiando, Laterza,

Roma-Bari.Sheldon O. (1923), The Philosophy of Management, Sir Issac Pitman & Sons, London.Signorello G., Pappalardo G. (2003), Farm Animal Biodiversity Conservation Ac-

titvities in Europe Under the Framework of Agenda 2000, in «Ecological Econo-mics», vol. 45.

Signorello G., Cucuzza G., Pappalardo G. (2004), La tutela della biodiversità zoo-tecnica italiana nei piani regionali di sviluppo rurale, in «Rivista di economia agra-ria», n. 1.

Signorello G. (2007), Il valore della funzione paesaggistica del pistacchio sull’Etna,Atti del XXXVI Incontro di Studio del CeSET.

Strassoldo R. (1996), Sociologia dell’agricoltura, NIS, Roma.Thiébaut L. (1996), Les fonctions environnementales de l’agriculture périurbaine, in

«Cahiers Agricultures», n. 5(3), pp. 171-77.Thiébaut L. (1999), Protection et altération de l’air par l’agriculture, in «Courrier de

l’environnement», n. 36, pp. 89-90.Turner K.R., Peace D.W. (1996), Economia ambientale, Il Mulino, Bologna.Trentin B. (2004), La libertà viene prima, Editori Riuniti, Roma.Trisorio A. (a cura di) (2004), Misurare la sostenibilità. Indicatori per l’agricoltura

italiana, INEA, Roma.Unioncamere (2004), I modelli di responsabilità sociale delle imprese italiane, Roma.Unioncamere (2006), La responsabilità sociale delle imprese e gli orientamenti dei

consumatori, Franco Angeli, Milano.Unioncamere, Ministero del Lavoro (2004), I modelli di responsabilità sociale nelle

imprese italiane, Roma.

236 STUDI & RICERCHE INEA

Page 236: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

Valentini S. (2004), Responsabilità sociale d’impresa e globalizzazione. Verso un’in-ternazionalizzazione sostenibile, Franco Angeli, Milano.

Vercelli A. (2005), Intermediari Finanziari e Sostenibilità dello Sviluppo, in SacconiL. (a cura di), Guida critica alla responsabilità sociale e al governo d’impresa. Pro-blemi, teorie e applicazioni della CSR, Bancaria Editrice, Roma.

Vieri S., Prestamburgo M., Marotta M. (2006), L’agricoltura Italiana, sfide e pro-spettive di un settore vitale per l’economia della Nazione, INEA, Roma.

Vindigni G., Travisi C., Nijkamp P. (2006), Pesticide risk valuation in empirical eco-nomics: a comparative approach, in «Ecological Economics, Elsevier», vol. 56, pp.455-474.

Vitale M. (2003), Impresa, responsabilità sociale, cooperazione, in M.P. Salani (acura di), L’impresa giusta, in «Il Ponte», nn. 10-11.

Von Weltzien Hoivik H. (2005), Le sfide per l’affermazione di standard universaliper l’integrità dell’impresa, in Dorigatti M., Rusconi G. (a cura di), Modelli direndicontazione etico-sociale e applicazioni pratiche, Franco Angeli, Milano.

Wilson F. (2004), Lavoro e organizzazioni, Il Mulino, Bologna.Zamagni S. (2003a), Una lettura socio-economica della globalizzazione, Collegio Bor-

romeo, Pavia.Zamagni S. (2003b), L’impresa socialmente responsabile nell’epoca della globalizza-

zione, in «Notizie di Politeia», anno XIX, n. 72.Zamagni S. (2003c), La responsabilità sociale dell’impresa: presupposti etici e ragioni

economiche, in M.P. Salani (a cura di), L’impresa giusta, in «Il Ponte», nn. 10-11. Zamagni S., Bruni L. (2004), Economia civile. Efficienza, equità, felicità pubblica, Il

Mulino, Bologna.Zappi G. (a cura di) (2005), Linee guida operative sulla responsabilità sociale d’im-

presa, Bancaria Editrice, Roma.Zuppiroli M., Vecchio G. (2006), L’utilità distintiva misurata, Il Mulino, Bologna.

Riferimenti Internet

BusinessWire, commercial news, http://www.businesswire.comChocolate Manufacturers Association, http://www.nca-cma.orgCSRwire, Corporate social responsibility (CSR) news and press releases; reports and event

listings; business and organization profiles; books and other http://www.csrwire.comESDES Recherche, http://www.esdes-recherche.netGreenBiz.com, Daily News and Resources on Green Business, Sustainable Practices,

Environmental Innovation, http://www.greenbiz.com Il Sole 24 Ore, http://www.ilsole24ore.com La voce, http://www.lavoce.info Wikipedia, L’enciclopedia libera, http://it.wikipedia.orgWorld Cocoa Foundation, http://www.worldcocoafoundation.org

STUDI & RICERCHE INEA 237

Page 237: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

Finito di stampare nel mese di dicembre 2008 per conto dell’INEA - Romae delle Edizioni Scientifiche Italiane s.p.a. - Napolida Legatoria Industriale Mediterranea s.r.l. - Salerno

Page 238: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto
Page 239: la responsabilità sociale per le imprese del settore agricolo e …dspace.crea.gov.it › bitstream › inea › 518 › 1 › Resp_soc_impr... · 2013-11-12 · 11.2. Il rapporto

Recommended