+ All Categories
Home > Documents > La rete sociale per le persone con disabilità: il caso della città di …€¦ ·  ·...

La rete sociale per le persone con disabilità: il caso della città di …€¦ ·  ·...

Date post: 22-May-2018
Category:
Upload: buimien
View: 215 times
Download: 1 times
Share this document with a friend
12
© Nuova Secondaria - n. 6, febbraio 2016 - Anno XXXIII 31 Sistema e rete: breve introduzione teorica La presente ricerca pone il suo focus sull’importanza della costruzione di una rete sociale per le persone con di- sabilità, con particolare riferimento all’esperienza del ter- ritorio bergamasco. Nel linguaggio comune, i concetti di sistema e di rete ven- gono spesso utilizzati come sinonimi; in realtà, pur fa- cendo riferimento entrambi ad insieme di relazioni al plurale, vi sono delle differenze. Un sistema è formato da un insieme di relazioni che si in- trecciano a seguito di ripetuti processi di adattamento delle parti, risultando risucchiate dalla loro componente creativa (o ideativa), cosicché alla fine ne rimane in netta evidenza una forma determinata. In sostanza, quindi, esso è un insieme di persone le cui relazioni si definiscono in virtù di un loro funzionamento intrinseco e di una loro struttura di azione, che da un punto in avanti diviene ri- gida. Una rete, invece, dà l’idea di un insieme di persone che interagiscono entro una struttura leggera, e quindi in maniera relativamente libera. Come sintetizzato da Fol- gheraiter (1998): Tre o più persone (o istituzioni) che hanno relazioni o legami tra loro costituiscono una rete sociale a questa condizione: non è importante (soggettivamente o agli occhi di un osservatore) in modo in cui questa sociazione si è strutturata per funzionare, bensì il fatto puro e semplice che tra loro ci sono possibilità aperte di interazione (Folgheraiter, 1998: 244). In una rete le varie persone interagiscono alla pari dato che, come afferma Morin, la struttura di una rete non è ge- rarchica e nessun livello è più fondamentale di altri (Mo- rin, 1986:30). Tra le persone, però, esistono delle diffe- renze di potere, di ruolo, di competenze, ma queste caratteristiche non determinano l’azione. Ciò che sembra essere determinante, invece, è la pura possibilità astratta di relazione che, all’interno della rete, appare fluida. Al- cune reti poi, con il passare del tempo, possono diventare sistemi se si assiste ad una “condensazione” delle rela- La rete sociale per le persone con disabilità: il caso della città di Bergamo Emanuela Zappella La più recente letteratura enfatizza l’importanza della costruzione di un progetto di vita nelle persone con disabilità che metta al cen- tro la famiglia del soggetto stesso e che sia fondato su una rete sociale in grado di unire le diverse figure che possono contribuire alla sua realizzazione. Il presente lavoro, costruito in sinergia con il Servizio Interventi che opera all’interno del Comune della città di Ber- gamo, al fine di individuare come la costruzione di un progetto di vita nella disabilità possa aver luogo, ha previsto due diverse fasi. In- nanzitutto, mediante interviste non strutturate ad alcuni interlocutori privilegiati, ha ricostruito la rete sociale entro cui sono inserite le persone con disabilità grave e gravissima che vivono nel suddetto comune. Successivamente, grazie alla collaborazione con il Servizio di Neuropsichiatria Infantile, è stata realizzata la mappatura degli studenti con disabilità grave o gravissima che lasceranno gli istituti scolastici nei prossimi tre anni. I risultati mostrano la centralità del soggetto con disabilità e della sua famiglia all’interno delle attività proposte dal Servizio Interventi e la presenza di una rete sociale attivata con diversi enti del territorio che favorisce l’autonomia delle persone disabili e la loro partecipazione alla vita della comunità. Inoltre, dai dati raccolti emerge che, nei prossimi 3 anni, saranno 35 i ragazzi che termineranno il loro percorso scolastico (12 con una disabilità grave e 23 con una disabilità gravissima) su cui sarà neces- sario improntare un progetto di vita. The most recent literature emphasizes the importance of building a life plan for people with disabilities that focuses on the family of the subject and which is based on a social network that combines the different shapes and contributes to his realization. This work, built in collaboration with the Service Operations of the City of Bergamo, provided for two different phases in order to identify how a project of life in disability can take place. First, through unstructured interviews it has reconstructed the social network within which people with severe and very severe disabilities who live in the town are involved. Subsequently, in collaboration with the Service of Child Psychiatry, it was carried out the mapping of students with severe or very serious disabilities who are going to leave schools in the next three years. The results show the central role of the subject with disabilities and his family within the activities proposed by the Service Operations and the presence of a social network that promotes the autonomy of people with disabilities and their participation in community life. In addition, data shows that, in the next three years, 35 students are going to finish their studies (12 with a severe disability and 23 with a serious disability) and on them you will need to impress a life project.
Transcript
Page 1: La rete sociale per le persone con disabilità: il caso della città di …€¦ ·  · 2016-02-02cendo riferimento entrambi ad insieme di relazioni al plurale, ... enti, risorse)

© Nuova Secondaria - n. 6, febbraio 2016 - Anno XXXIII 31

Sistema e rete: breve introduzione teoricaLa presente ricerca pone il suo focus sull’importanzadella costruzione di una rete sociale per le persone con di-sabilità, con particolare riferimento all’esperienza del ter-ritorio bergamasco.Nel linguaggio comune, i concetti di sistema e di rete ven-gono spesso utilizzati come sinonimi; in realtà, pur fa-cendo riferimento entrambi ad insieme di relazioni alplurale, vi sono delle differenze. Un sistema è formato da un insieme di relazioni che si in-trecciano a seguito di ripetuti processi di adattamentodelle parti, risultando risucchiate dalla loro componentecreativa (o ideativa), cosicché alla fine ne rimane in nettaevidenza una forma determinata. In sostanza, quindi, essoè un insieme di persone le cui relazioni si definiscono invirtù di un loro funzionamento intrinseco e di una lorostruttura di azione, che da un punto in avanti diviene ri-gida. Una rete, invece, dà l’idea di un insieme di personeche interagiscono entro una struttura leggera, e quindi in

maniera relativamente libera. Come sintetizzato da Fol-gheraiter (1998):

Tre o più persone (o istituzioni) che hanno relazioni o legami traloro costituiscono una rete sociale a questa condizione: non èimportante (soggettivamente o agli occhi di un osservatore) inmodo in cui questa sociazione si è strutturata per funzionare,bensì il fatto puro e semplice che tra loro ci sono possibilitàaperte di interazione (Folgheraiter, 1998: 244).

In una rete le varie persone interagiscono alla pari datoche, come afferma Morin, la struttura di una rete non è ge-rarchica e nessun livello è più fondamentale di altri (Mo-rin, 1986:30). Tra le persone, però, esistono delle diffe-renze di potere, di ruolo, di competenze, ma questecaratteristiche non determinano l’azione. Ciò che sembraessere determinante, invece, è la pura possibilità astrattadi relazione che, all’interno della rete, appare fluida. Al-cune reti poi, con il passare del tempo, possono diventaresistemi se si assiste ad una “condensazione” delle rela-

La rete sociale per le persone con disabilità: il caso della città di BergamoEmanuela Zappella

La più recente letteratura enfatizza l’importanza della costruzione di un progetto di vita nelle persone con disabilità che metta al cen-tro la famiglia del soggetto stesso e che sia fondato su una rete sociale in grado di unire le diverse figure che possono contribuire allasua realizzazione. Il presente lavoro, costruito in sinergia con il Servizio Interventi che opera all’interno del Comune della città di Ber-gamo, al fine di individuare come la costruzione di un progetto di vita nella disabilità possa aver luogo, ha previsto due diverse fasi. In-nanzitutto, mediante interviste non strutturate ad alcuni interlocutori privilegiati, ha ricostruito la rete sociale entro cui sono inserite lepersone con disabilità grave e gravissima che vivono nel suddetto comune. Successivamente, grazie alla collaborazione con il Serviziodi Neuropsichiatria Infantile, è stata realizzata la mappatura degli studenti con disabilità grave o gravissima che lasceranno gli istitutiscolastici nei prossimi tre anni. I risultati mostrano la centralità del soggetto con disabilità e della sua famiglia all’interno delle attivitàproposte dal Servizio Interventi e la presenza di una rete sociale attivata con diversi enti del territorio che favorisce l’autonomia dellepersone disabili e la loro partecipazione alla vita della comunità. Inoltre, dai dati raccolti emerge che, nei prossimi 3 anni, saranno 35 iragazzi che termineranno il loro percorso scolastico (12 con una disabilità grave e 23 con una disabilità gravissima) su cui sarà neces-sario improntare un progetto di vita.

The most recent literature emphasizes the importance of building a life plan for people with disabilities that focuses on the family of thesubject and which is based on a social network that combines the different shapes and contributes to his realization. This work, built incollaboration with the Service Operations of the City of Bergamo, provided for two different phases in order to identify how a projectof life in disability can take place. First, through unstructured interviews it has reconstructed the social network within which peoplewith severe and very severe disabilities who live in the town are involved. Subsequently, in collaboration with the Service of ChildPsychiatry, it was carried out the mapping of students with severe or very serious disabilities who are going to leave schools in the nextthree years. The results show the central role of the subject with disabilities and his family within the activities proposed by the ServiceOperations and the presence of a social network that promotes the autonomy of people with disabilities and their participation incommunity life. In addition, data shows that, in the next three years, 35 students are going to finish their studies (12 with a severedisability and 23 with a serious disability) and on them you will need to impress a life project.

Page 2: La rete sociale per le persone con disabilità: il caso della città di …€¦ ·  · 2016-02-02cendo riferimento entrambi ad insieme di relazioni al plurale, ... enti, risorse)

© Nuova Secondaria - n. 6, febbraio 2016 - Anno XXXIII32

LA RETE SOCIALE PER LE PERSONE CON DISABILITÀ

zioni. Da ciò si deduce che l’idea di rete è più generale ri-spetto a quella di sistema che è arroccato rispetto al suoambiente. Continua Folgheraiter (1998):

Una rete fluidifica nell’ambiente e ramifica al suo interno. Unarete è una struttura debole oltreché, cosa che vale anche in mi-sura minore per i sistemi, immaginaria, cioè definita dall’os-servatore. E’ una trama o una traccia sottile entro cui ilsoggetto, pur rimanendone condizionato, si può muovere es-sendo parzialmente libero persino di fare o disfare questa strut-tura. Solo di quando in quando, in qualche punto qua e là mamai nella sua interezza, una rete si cristallizza nell’ omeostasidi un sistema (Folgheraiter, 1998: 245).

La rete sociale, invece, nella definizione più condivisa cheè quella proposta da Barnes, è definita come un insieme dipunti congiunti da linee; i punti rappresentano le personee anche i gruppi mentre le linee indicano quali persone en-trano in relazione con ogni altra (Barnes, 1972: 43).Ogni rete possiede una struttura peculiare che è oggettodi studio della network analysis; la vicinanza dei punti ela lunghezza delle linee di congiunzione possono essereusate per indicare il grado di attaccamento e la forza diciascun legame. Inoltre, le reti sociali possono essere im-maginate come realtà processuali solo se ci si sforza diguardare non al collegamento in sè, ma ciò che si può pro-durre quando le azioni concrete delle parti si incontranoe si entra in una dimensione percettiva diversa. Quandole singole azioni si incontrano, infatti, generano ordini direaltà nuovi e, quindi, la relazione che ne scaturisce nonpuò essere vista solo come la sommatoria delle azioni chel’hanno determinata, ma una realtà nuova. Ciò significache l’approccio di rete può essere definito anche, con unalocuzione equivalente ma più suggestiva, “approccio eco-logico” (Medeghini & Fornasa, 2011).

La rete sociale per le persone con disabilitàIl momento della costituzione della rete formale dei “ser-vizi sociali personali” coincide con il pieno sviluppo delwelfare state socio-assistenziale che ha caratterizzato so-prattutto gli anni Ottanta del secolo scorso. In questo pe-riodo, infatti, sono proliferate esperienze di: comunitàterapeutiche, comunità alloggio, comunità di accoglienza,centri socio-educativi, centri occupazionali, laboratoriprotetti, cooperative di lavoro, centri diurni e centri spe-cialistici (Folgheraiter, 2000: 18). In realtà, tuttavia, ac-canto a questa fabbrica di benessere sociale costituitadalla rete sociale formale, ne esiste un’altra che lavora alfianco di questi servizi e costituisce il lavoro sociale in-formale, base sommersa sempre più percepita e rivalutata:

Le reti informali possono essere sommariamente definite comepossibilità di comunicazione, ovvero come l’insieme delle re-

lazioni interpersonali che gravitano e che si intrecciano attornoale persone, all’interno delle quali si mobilitiamo le risorse(umane e materiali) che assicurano sostegno, protezione controgli stress nonché eventuale riparazione dei disagi o risoluzionedi problemi (Folgheraiter, 2000: 20).

Fare lavoro di rete significa operare per creare legami eopportunità di comunicazione tra entità) siano esserepersone, enti, risorse) distinte ma che possono conver-gere verso un’azione condivisa. Nel caso delle personecon disabilità questo aspetto assume un’importanza no-tevole ed è ormai ampiamente riconosciuta l’ottica delprogetto di vita, che può essere riassunta nel celebremotto coniato da Tortello: “Pensami adulto.” (Tortello,Striano, 2010). Il centro è il soggetto e la sua famiglia,ed il progetto di vita inizia presto, almeno in famiglia.Nei casi migliori si tratta di un progettare molto cauto,molto protettivo, per la paura delle illusioni/delusioni,dell’incontro del figlio con la consapevolezza del pro-prio limite, con le amare realtà che la vita gli riserverà(Franchini, 2007).La famiglia si pone come un micro-sistema sociale ed illuogo della primaria socializzazione, in costante evolu-zione e capace di adattarsi per reagire ad eventi stressanti,prevedibili e imprevedibili. Inoltre, è una struttura di coo-perazione fondata su alleanze ed interazioni ed avente ten-denzialmente come scopo quello di garantire ai suoi mem-bri sviluppo, protezione, stabilità, stima, reciprocità esupporto. L’obiettivo non è quello di creare un mito idil-liaco ed esente da sofferenza, ma si vuole affermare chela presenza di una persona con disabilità complessa, purrappresentando un fattore di vulnerabilità, non implica ne-cessariamente ed in prima istanza delle ristrutturazioni insenso patologico della famiglia. La vulnerabilità, al con-trario, può portare ad essere più attenti, più responsivi eresponsabili, flessibili, plastici e creativi, può sviluppareed essere coniugata ad adeguate forme di resilienza ed au-tocoscienza, stili relazionali ricchi, maturi, può generarealtruismo e sostenere le abilità prosociali, nonché moti-vare l’impegno sociale. (Piscaglia, 2011: 233-234). Eccoperché la famiglia va sostenuta e resa sempre più consa-pevole delle proprie potenzialità, delle proprie compe-tenze e del ruolo decisivo che assume all’interno della retesociale del proprio figlio. Secondo la letteratura, la scuola, in quanto istituzione cheaccompagna gran parte del primo arco di vita della per-sona, rappresenta il secondo pilastro della rete, poichéconsente l’ingresso nella società e l’acquisizione di unruolo sociale. La sua finalità, secondo Causin e De Peri(2006), è quella di promuovere lo sviluppo integrale de-gli allievi. A tal fine è importante la continuità educativatra scuola e famiglia. Se questo è vero per ogni allievo,

Page 3: La rete sociale per le persone con disabilità: il caso della città di …€¦ ·  · 2016-02-02cendo riferimento entrambi ad insieme di relazioni al plurale, ... enti, risorse)

© Nuova Secondaria - n. 6, febbraio 2016 - Anno XXXIII 33

NUOVA SECONDARIA RICERCA 6

tanto più è importante per un alunno con disabilità e lasua famiglia. In questi ultimi anni si stente spesso parlaredell’importanza di proporre ai ragazzi esperienze edu-cative personalizzate che partano dall’esame delle ca-ratteristiche e abilità, al fine di promuovere il massimosviluppo possibile. Ciò ha alimentato un dibattito, tutt’orain corso, attorno ai concetti di personalizzazione e indi-vidualizzazione che conducono a strategie educative dif-ferenti. Senza la pretesa di esaurire l’argomento che sipresenta come vasto ed articolato, ci limitiamo qui adare una definizione dei due termini. Secondo Baldacci(2002), l’individualizzazione fa riferimento a quella fa-miglia di strategie didattiche il cui scopo è quello di ga-rantire a tutti gli studenti il raggiungimento delle com-petenze fondamentali del curricolo, attraverso ladiversificazione dei percorsi di insegnamento. In questocaso, quindi, si prevede l’attivazione di percorsi di inse-gnamento differenziati per il raggiungimento di metecomuni. La personalizzazione, invece, riguarda la fami-glia di strategie la cui finalità è quella di assicurare adogni studente una propria forma di eccellenza cognitiva,attraverso possibilità elettive di coltivare le proprie po-tenzialità intellettive. Ai fini della nostra trattazione, as-sume particolare rilevanza il PEI (piano educativo per-sonalizzato) che può rappresentare uno sfondointegratore delle diverse epistemologie e configurarsiquindi come uno strumento vitale per la costruzione di unarmonioso progetto di vita. Il PEI è personalizzato sui bi-sogni dell’alunno con disabilità e, secondo Ianes e Cra-merotti (2008) il PEI diventa la base sulla quale co-struire un progetto di vita più ampio, che nella suaampiezza colga anche le occasioni fornite dall’ambientecircostante, dal quartiere, dalla realtà culturale e da quellaricreativa. Ogni Piano Personalizzato si propone lo svi-luppo di quattro grandi abilità: ● adattamento comportamentale: cioè la capacità di se-

guire norme sociali e comportamenti socialmente ac-cettabili;

● adattamento sociale: iniziare e mantenere relazioni so-ciali positive, amicizie e conoscenze;

● adattamento personale: gestione efficace della propriavita con il massimo grado di indipendenza;

● senso di soddisfazione: felicità e benessere in una rela-zione positiva con l’ambiente.

Oltre alla scuola, i servizi sanitari, sociali e la comunitàlocale possono sostenere le potenzialità progettuali dellafamiglia nei riguardi del figlio con disabilità sin dal suovenire al mondo. Dalla nascita, infatti, il minore può es-sere sostenuto sotto il profilo medico, psicologico e tec-nologico anche se, sovente, i diversi interventi possono

risultare differenziati e parcellizzati rimandando a una vi-sione frammentaria e non unitaria della persona (Pa-vone, 2009). La possibilità di essere parte della rete è correlata, infatti,all’immagine della disabilità che permea la cultura di ri-ferimento ed è per questo che è importante riconoscere ledifese percezioni che interessano la società rispetto altema della disabilità. Le persone disabili sono spessocoinvolte in una lotta per acquisire il potere di nominarela differenza stessa, ed il significato di emancipazionedella differenza è uno degli obiettivi che la giustizia so-ciale deve perseguire. Si tratta di contestare le definizioniche isolano ed emarginano, sostituendole con altre che ge-nerano solidarietà, dignità ed inclusione (Barton, 2011).Un rischio che spesso corre la società per difesa è quellodi approssimare a tal punto l’immagine dell’altro finoquasi a spogliarlo di ogni soggettivazione, aprendo lastrada a tutte le implicazioni etiche dell’etichetta sociale.Porre al di fuori degli universi consensuali la diversitàconsente alla società di non mettere in crisi una realtà co-struita e retta faticosamente. Tutto ciò, tuttavia, impedi-sce l’accettazione e la partecipazione del soggetto inmodo organico alla vita della società, puntando l’atten-zione non sulla riduzione, ma sulla valorizzazione delledifferenze dei soggetti, senza sforzarli ad adeguarsi ad unanorma rigida (Dovigo, 2007: 49).Per poter fare ciò, nota Franchini (2007), è necessario unproficuo interscambio tra le azioni dei familiari, quelleprofessionali degli operatori e quelle dei membri della co-munità locale, oltre che di una continuità di obiettivi e me-todi in mancanza dei quali si verifica quella che viene de-finita “sindrome di Penelope”: l’educatore tesse e lafamiglia disfa o viceversa. Il rapporto non si gioca tra unpolo esperto ed uno inesperto, ma tra diverse condizioniaperte: la prima, poggiata sul fondamento di definizioni,classificazioni e metodologie; la seconda costruita sulterreno fertile e vivo della conoscenza della persona nelsuo reale ambiente di vita (Franchini, 2007). Quandol’esperienza di essere “consegnati in mano d’altri” fa in-contrare affidabilità e presenze attente allora possono es-sere generati tessuti di relazione fraterna e responsabile,apertura al nuovo, mutualità, riconoscimento e reciprocarassicurazione (Lizzola, 2011: 182).Il presente articolo si pone l’obiettivo di indagare le pos-sibilità di sviluppo della rete sociale attorno alle personecon disabilità nel territorio di Bergamo, i nodi che lacompongono, i contesti che la attraversano e le personeche ne sono protagoniste. L’approfondita definizione ditale costituirà il fulcro sul quale verranno costruiti i sin-goli progetti di vita delle persone con disabilità seguite dalservizio sociale della città di Bergamo.

Page 4: La rete sociale per le persone con disabilità: il caso della città di …€¦ ·  · 2016-02-02cendo riferimento entrambi ad insieme di relazioni al plurale, ... enti, risorse)

© Nuova Secondaria - n. 6, febbraio 2016 - Anno XXXIII34

LA RETE SOCIALE PER LE PERSONE CON DISABILITÀ

La ricerca: contesti, obiettivi, metodi e strumentiIl progetto di ricerca è stato oggetto del programma “Ti-rocini di Eccellenza” del corso di Laurea in Scienze del-l’Educazione e realizzato nel primo semestre dell’anno2014 grazie alla collaborazione tra il Dipartimento diScienze Umane e sociali dell’Università degli Studi diBergamo ed i responsabili del Servizio Sociale del sud-detto comune. Il lavoro prevede tre fasi, due delle quali sono state rea-lizzate (e sono oggetto di questo articolo) mentre la terzaè tuttora in fase di svolgimento:

Fase 1: Analisi della rete entro cui sono inserite le personecon disabilità grave e gravissima che afferiscono al Ser-vizio Interventi in favore dei Disabili del comune di Ber-gamo attraverso una serie di interviste non strutturate aduna serie di interlocutori privilegiati. La scelta di con-centrarsi su questa tipologia di utenti deriva dal fatto chesono quelli considerati più fragili, e quindi più a rischiodi emarginazione ed esclusione sociale. Le intervistehanno riguardato i seguenti temi: a) individuazione deinodi della rete, b) delineazione dei punti nodali e c) de-terminazione dei ruoli assunti dalle diverse figure presenti.Le persone che lavorano all’interno del Servizio Interventiin favore delle persone disabili e che sono state coinvoltesono: La Dottoressa Paola Morandini (responsabile delServizio); Il Sig. Pierluigi Rota (Educatore professionalee coordinatore); i sig. Giuseppe Birolini e Angelo Gotti(Educatori professionali). L’intervista è sembrata esserelo strumento più idoneo per ricostruire la rete ed il con-testo entro il quale si trova inserita la persona con disa-bilità che afferisce al Servizio Interventi, indipendente-mente dalla tipologia di disabilità. L’intervista è frutto diuna collaborazione tra intervistatore ed intervistato e gliintervistatori sono partecipanti attivi. Non esiste il “modomigliore” per intervistare poiché non si può sfuggire dallanatura internazionale delle interviste che hanno successonel momento in cui nasce empatia nei confronti dell’in-terlocutore (Trinchero, 2004).

Fase 2: Mappatura degli utenti attualmente in carico allaNeuropsichiatria Infantile di Borgo Palazzo, residentinella cittadina, che termineranno la loro frequenza agliistituti superiori nei prossimi tre anni e saranno quindi ve-rosimilmente presi in carico dal Servizio Interventi. E’stata contattata l’assistente sociale, la Dottoressa PaolaCarrara, ed è stata consegnata una scheda di rilevazionedati appositamente predisposta. Nello specifico, lo stru-mento di rilevazione conteneva i seguenti punti: dati ana-grafici dei soggetti (età, residenza, patologia, istituto sco-lastico frequentato).

Fase 3: Dopo aver identificato gli istituti scolastici con ilmaggior numero di ragazzi con disabilità iscritti, si staprocedendo allo studio dei progetti relativi alla disabilitàsia mediante l’analisi della documentazione prodotta dallescuole (Piano dell’Offerta Formativa, Materiali relativialla Commissione per l’Inclusione) che attraverso inter-viste agli attori privilegiati (dirigente scolastico, inse-gnanti curricolari e di sostegno, assistenti educatori e ra-gazzi con disabilità).

Analisi dei datiSecondo Gobo (1999) esistono almeno due strategie periniziare l’analisi: la stesura di una griglia concettuale per“interrogare” i dati oppure la loro classificazione. Laprima strategia, suggerita da Atkinson (2oo1) e Silverman(1993: 39-41) consiste nell’uso di una griglia con un nu-mero relativamente limitato di items a cui rispondere conle informazioni estratte dai dati. Tale strategia, però, ha unvantaggio ed un limite. Ha il pregio di semplificare l’ana-lisi, riducendo la complessità delle informazioni, e diidentificare subito dei modelli di comportamento attra-verso l’incrocio delle informazioni riportate negli items.Il limite, invece, è quello di perdere le informazioni nondirettamente collocabili nella griglia. Per ovviare a questo limite si è deciso inizialmente diutilizzare il meticciamento tra metodo fenomenologicoe Grounded Theory proposto da Mortari (2007). Questascelta è derivata dal fatto che l’approccio fenomenolo-gico sposta l’attenzione dalla mera descrizione del fe-nomeno alla comprensione del significato che assumeper i partecipanti e promuove le strategie emancipativeche possono contribuire al miglioramento delle loroesperienze. Il metodo della Grounded Theory, invece, èuno degli orientamenti che meglio interpreta la preoc-cupazione di cogliere il fenomeno nella sua unicità(Mortari, 2007; Trinchero, 2004). Le interviste sonostate lette più volte. Inizialmente si è proceduto intervi-sta per intervista, cercando di evidenziare le unità di te-sto più significative rispetto all’oggetto della ricerca, diattribuire loro delle etichette descrittive capaci di resti-tuirne il senso, di far emergere i temi e le categorie daitesti stessi aggregando etichette affini e attribuendo untitolo ai raggruppamenti di quel processo di progressivaconcettualizzazione che è l’analisi grounded oriented. Inaltre parole, non si è partiti da un sistema di categoriepredefinito, con cui andare a pescare poi nei dati, ma siè cercato di far emergere le categorie dai testi stessi, se-condo il principio fenomenologico della fedeltà al dato(Tacconi, 2011).Successivamente, le varie categorie emerse sono stateconfrontate con le indicazioni fornite dalla letteratura e,

Page 5: La rete sociale per le persone con disabilità: il caso della città di …€¦ ·  · 2016-02-02cendo riferimento entrambi ad insieme di relazioni al plurale, ... enti, risorse)

© Nuova Secondaria - n. 6, febbraio 2016 - Anno XXXIII 35

NUOVA SECONDARIA RICERCA 6

a titolo esemplificativo, sono stati riportati alcuni stralcidelle interviste ritenuti particolarmente significativi. Itemi principali emersi dall’analisi sono stati: la rete come“risposta sociale” alla presenza di persone con disabilitànella comunità, la centralità della famiglia, l’importanzadella relazione tra i diversi attori, il ruolo della comunitàe il protagonismo della persona con disabilità. I dati quantitativi rilevati nella Fase 2 sono stati oggettodi analisi statistica effettuata mediante pacchetto SPSS 20.Questo software si è dimostrato particolarmente utile perl’analisi delle variabili anche se il campione oggetto d’ in-dagine non può essere considerato significativo ai fini diun’indagine statistica. I dati della Fase 3 sono ancora oggetto di raccolta sul ter-ritorio, pertanto non analizzati per il presente contributo.

RisultatiIl primo obiettivo del presente lavoro è stato quello di ri-costruire i nodi della rete che include le persone con di-sabilità grave e gravissima all’interno del Comune diBergamo. Dalla Fase 1 il Servizio Interventi risultato essere com-posto da due strutture che sono collocate all’interno dellostesso servizio: il Centro Diurno Disabili ed il Centro So-cio Educativo per l’Autismo.

1. Contesti, risorse e progetti nel Servizio Interventi perle persone con disabilitàAll’interno del Centro Diurno una parte del personale èassunta direttamente dal Comune ed un’altra dipende dauna cooperativa sociale che ha ottenuto in appalto la ge-stione. Come spiegato dalla responsabile del Servizio:

Il Centro offre interventi educativi, socio-sanitari, riabilitativie socio- riabilitativi per le persone con disabilità grave e gra-vissima dai 18 ai 65 anni capaci di costruire progetti integratitra le differenti figure professionali al fine di realizzare percorsiindividuali efficaci ed efficienti. Le prestazioni sono garantitesulla base di un progetto personalizzato (PEI) che richiede ilcoinvolgimento delle famiglie ed è caratterizzato da un’aper-tura verso l’esterno, in un’ottica di integrazione con le oppor-tunità e le risorse esistenti nel territorio.

Un primo aspetto significativo fa riferimento al fatto chela rete nasce come una risposta “sociale” alla presenza dipersone con disabilità all’interno del territorio. In evi-denza c’è la responsabilità pubblica politica, nonché am-ministrativa, rispetto alle strategie di emancipazione diqueste persone e alla loro possibile partecipazione alla vitadella comunità. Si tratta quindi di porre le basi per fare inmodo che si attui un processo di presa in carico globalee continuativo che parte dall’assunzione dell’obiettivo

del pieno rispetto dei diritti umani e della creazione di pariopportunità. Per fare ciò il Centro, sottolinea il coordina-tore, si pone obiettivi molteplici:

Innanzitutto c’è la persona, con i suoi bisogni e la sua evolu-zione generale e l’obiettivo è quello di permetterle di raggiun-gere il benessere psico-fisico e, per quanto possibile, lamassima gestione di sè, tendendo conto dello sviluppo psico-motorio, relazionale affettivo e, ovviamente, del grado di auto-nomia. Inoltre il Centro promuove la qualità della vita dellapersona disabile mediante azioni apposite legate alla cura e al-l’igiene della persona, al mantenimento e allo sviluppo delleautonomie e favorendo l’integrazione con l’ambiente esterno. IlCentro poi supporta la famiglia nel suo impegno quotidiano dicura educativa facilitando la permanenza del familiare disa-bile nel proprio nucleo familiare. Insieme alle famiglie si pro-gettano poi interventi in collaborazione con le famiglie chesono considerate interlocutori privilegiati del percorso e, se ne-cessario, si cercano strutture di sollievo per la famiglia. Infine,rispetto al territorio, sensibilizza la cittadinanza attraverso di-verse iniziative e promuove una cultura di attenzione per la di-versità. Poi il centro prova a creare contatti e spazi diinserimento nel territorio.

Si profila quindi, un lavoro su più fronti, come messo inevidenza dagli educatori professionali:

Il Centro persegue la qualità della vita dei suoi utenti e quindisi basa sui bisogni, desideri, richieste e potenzialità degli ospitida un lato e sulle capacità dei servizi di operare tra loro inmodo integrato. Ciò richiede da un lato di attivare un’osserva-zione più completa, attenzione ai bisogni complessivi e dialogotra i diversi operatori per evitare di costruire progetti imper-sonali. D’altra parte, però, questa modalità progettuale fa siche siano attuate strategie basate sulla flessibilità e sull’aper-tura per valorizzare le differenze individuali e le opportunitàofferte dalla rete territoriale.

Il primo aspetto che emerge in modo significativo dai rac-conti è la presenza di figure professionali diverse e, diconseguenza, di competenze e prospettive differenti. Que-sta pluralità può essere garanzia dell’utilità di un percorsoche si basa su una buona anamnesi iniziale medica e psi-cologica e su una valutazione ponderata delle abilità (realie potenziali) da sviluppare. Proprio per il ruolo delicatoche questa valutazione ha, è necessario che sia accurataed il più possibile realistica e fondata su una conoscenzaapprofondita della persona e su un monitoraggio costantedel suo percorso e della dimensione quotidiana e perso-nale. Il rischio, altrimenti, è quello di limitare già in par-tenza le possibilità di sviluppo del soggetto, con riper-cussioni negative sia sull’individuo stesso che sulla suafamiglia. Il centro di tutto il progetto attivato nel Centro Diurno èla persona disabile con la sua famiglia:

Page 6: La rete sociale per le persone con disabilità: il caso della città di …€¦ ·  · 2016-02-02cendo riferimento entrambi ad insieme di relazioni al plurale, ... enti, risorse)

© Nuova Secondaria - n. 6, febbraio 2016 - Anno XXXIII36

LA RETE SOCIALE PER LE PERSONE CON DISABILITÀ

La famiglia ha un ruolo centrale nella costruzione del progettodi vita complessivo e quindi è imprescindibile la condivisione eil coinvolgimento della famiglia per favorire la crescita cogni-tiva, affettiva e comportamentale della persona disabile. E’ al-trettanto vero, però, che la famiglia deve essere sostenuta nelsuo impegno quotidiano di cura del famigliare da parte di unarete di servizi nelle diverse esigenze. L’interazione costante coni familiari, la professionalità degli operatori e la loro sensibi-lità devono portare i familiari a percepire il servizi come un im-portante punto di riferimento.

Un secondo nodo decisivo è legato al protagonismo daparte del soggetto e del suo nucleo familiare. Pensare lapersona con disabilità e la sua famiglia al centro significaattribuire loro i diritti di cittadinanza e fare in modo chenon assumano un atteggiamento passivo, in attesa di unparere altrui o di una scelta compiuta da altri. L’ambitofamiliare è, molto spesso, l’ecosistema fondamentale diriferimento e, proprio per questo, se le proposte non tro-vano un posto all’interno della famiglia rischiano di es-sere vanificate. Diviene fondamentale quindi il coinvol-gimento effettivo della famiglia in ogni scelta attraversoun dialogo ed un confronto costanti; ciò aumenta la con-sapevolezza di poter esercitare realmente il proprio di-ritto. Quando non si sente coinvolta o capita la famigliapuò perdere la fiducia negli attori della rete e mettere inatto atteggiamenti di chiusura che portano a vanificarequalsiasi progetto. L’organizzazione del Centro Diurno è caratterizzata dauna forte impronta relazionale e di progettazione condi-visa, come riportato da tutte le figure intervistate:

Proprio per l’importanza dell’intersezione tra le diverse com-petenze, nel servizio è fondamentale il lavoro di equipe che vedeimpegnate le diverse figure professionali che però operano conuna unità di intenti e attraverso una metodologia di rete che sifonda sulla capacità di ascolto e dialogo reciproco con tutti gliinterlocutori principali, in primis la persona disabile e la suafamiglia e in costante rapporto con i servizi che di volta in voltasono coinvolti, come i servizi sociali, quelli santuari e quelliassistenziali, oltre che quelli più ludici e creativi. La disabilitàdiventa un preoccupazione della società e può essere canaleper aprire relazioni. Grazie anche alla disabilità è possibile co-gliere fattori e condizioni che la caratterizzano andando oltreall’idea di una diversità che riguarda solo pochi individui ma,al contrario, di una condizione che riguarda ogni individuo eogni gruppo sociale.

Un terzo elemento decisivo sono le relazioni che si con-figurano come pilastri fondanti della rete; ogni relazioneha necessità di fondarsi sull’ascolto attivo, sulla fiducianelle possibilità dell’altro, sulla capacità da parte del sog-getto di determinare la propria progettualità. I nodi dellarete svolgono una funzione educativa intesa come azioni,

atteggiamenti e stile che appartiene a chi cerca di tra-smettere contenuti e valori che aiutino la persona a viveremeglio. In questo modo, si passa da una logica della puraassistenza a quella dello scambio e della reciprocità: dallavoro per l’utente, fino a quello con il partner in cuil’operatore lo aiuta a trovare risposte ai bisogni e a dive-nire risorsa per la sua comunità. Ciò è possibile solo at-traverso uno scambio continuo, la condivisione delle in-formazioni e la volontà di perseguire insieme i medesimiobiettivi.Infine, tutti gli intervistati mettono in risalto i pilastri checontraddistinguono il Centro e le azioni che vengonopromosse al suo interno:

La dinamicità è il primo pilastro del nostro lavoro. La vita èsempre una tensione tra equilibrio e squilibrio che sono sempreda ridefinire perché sempre temporanei, allora è necessarioadottare una prospettiva progettuale, non solo per le abilità chevanno acquisite, ma anche per quelle che vanno mantenute. Ciòè ancora più vero quando si ha a che fare con le persone disa-bili, è sempre necessario tradurre le abilità in un contestonuovo e di adattarle ai cambiamenti che arrivano (sia a livellopersonale che ambientale) e mai si vive nell’immobilismo. Ilsecondo elemento è la gravità. È sempre crescente il bisogno diattenzione alla dimensione della cura e del benessere della per-sona con azioni mirate a soddisfare dei bisogni reali ed orga-nizzate in modo da integrare le figure professionali che sioccupano dello sviluppo dello stesso progetto, da un punto divista educativo, da quello riabilitativo e dell’assistenza. La per-sona disabile ha una ridotta capacità di interagire con l’am-biente, può avere difficoltà di comunicazione e far fatica agovernare il proprio corpo. Queste privazioni determinano unrischio di frammentazione del sè e una difficoltà di contatto conil mondo. Il Centro si pone l’obiettivo di migliorare la qualitàdi vita delle persone verso traguardi possibili.

Il Centro Socio Educativo, invece, è un servizio specificoper le persone che hanno assolto l’obbligo formativo e chesono affette da disturbi che riguardano lo spettro dell’au-tismo. Anche in questo caso la responsabile del serviziosintetizza i principali obiettivi del Centro:

“Innanzitutto ci proponiamo il recupero ed il mantenimentodelle autonomie della persona disabile mediante percorsi miratiche puntano anche alla inclusione sociale nella realtà territo-riale. Altro obiettivo fondamentale è lo sviluppo e poi il mante-nimento di un adeguato livello culturale nel processo di crescitapersonale delle persone e lo sviluppo delle competenze neces-sarie all’integrazione della persona negli ambiti sociali. Anchein questo caso il centro si pone anche come supporto alla fa-miglia che, in questo modo, può mantenere la persona all’in-terno del nucleo familiare. In ultimo, nuovamente l’attenzionetorna alla sensibilizzazione del territorio attraverso le iniziativediversificate di carattere ricreativo, sportivo, culturale e ludico,in modo da favorire i processi di inclusione delle persone inse-rite nel loro territorio di appartenenza”.

Page 7: La rete sociale per le persone con disabilità: il caso della città di …€¦ ·  · 2016-02-02cendo riferimento entrambi ad insieme di relazioni al plurale, ... enti, risorse)

© Nuova Secondaria - n. 6, febbraio 2016 - Anno XXXIII 37

NUOVA SECONDARIA RICERCA 6

Questo stralcio mette in evidenza l’importanza del ter-ritorio che diventa davvero una risorsa fondamentale perla costruzione e la realizzazione del progetto di vitadelle persone disabili. Da un lato il tentativo è quello diusufruire delle risorse che essa offre e, dall’altro, dicreare le condizioni per fare in modo che possano essereaccolte positivamente le capacità acquisite nei processiabilitativi e educativi, nel rispetto delle diversità e dellespecificità dei cittadini che sono portatori di diritti e didoveri. Si tratta quindi di un rapporto di reciprocoscambio: la comunità che accoglie ma, al tempo stesso,che entra nei luoghi educativi frequentati dalle personecon disabilità. Solo così è possibile far capire ai cittadiniche queste strutture non sono luoghi tristi e freddi, maluoghi aperti e pieni di relazioni positive e significativeche possono essere condivise. La comunità è stimolataa conoscere, sperimentarsi, vivere esperienze che con-feriscano una dignità autonoma a coloro che portano unaricchezza umana diversa. Tutti insieme quindi possonocostruire reti, connessioni, scambi di risorse e abilità inmodo da diventare elementi costitutivi di un contesto checonosce e affronta le proprie difficoltà e valorizza le po-tenzialità al suo interno. Questo, però, è possibile solose la comunità è adeguatamente preparata ad accoglierele persone con disabilità. Il rischio, altrimenti, è quellodi creare occasioni in cui questi cittadini sono solo ap-parentemente parte della comunità, parcheggiati senzauna reale possibilità di sperimentarsi e di partecipare at-tivamente.

2. I nodi della rete all’interno del Servizio Interventi perle persone con disabilità Gli obiettivi che il Servizio Interventi si pone sonoquindi legati sia al benessere della persona con disabi-lità e della sua famiglia, ma anche alla sensibilizza-zione e alla crescita della comunità locale. La sinergia trai diversi attori, oltre che tra le differenti competenze, di-venta quindi uno degli elementi chiave per favorireesperienze di successo. Le persone intervistate descrivono la composizione dellarete attraverso la strutturazione di aree di riferimento:

La prima area è quella relativa all’orientamento e al manteni-mento del benessere che si concretizza in laboratori di autono-mia che sono sia interni alla struttura del centro che in altriquartieri di Bergamo. Questi servizi servono a stimolare e svi-luppare le abilità delle persone con disabilità di livello medionelle aree delle autonomie personali, della comunicazione, del-l’espressività, della manualità e della relazione sociale. Le at-tività vengono programmate a seconda degli interessi deisingoli, delle loro capacità e dei bisogni. Si tratta di attivitàprogrammate per quadrimestri in modo da consentire alle per-

sone di poter scegliere in relazione alle proposte che il territo-rio attiva nei diversi periodi dell’anno. Significativa è l’attiva-zione delle collaborazione con il Museo Civico di Bergamo, ilCentro Culturale della Grazie di Bergamo per la realizzazionedi un elaborato artistico da esporre in occasione di una mostrae la partecipazione ad un concorso artistico organizzato dallaGuardia di Finanza di Bergamo. Rispetto ai lavoratori, invece,è previsto lo sviluppo di collaborazioni con il Laboratorio au-tonomia del Consorzio Solco Città Aperta. Questo è un esem-pio di co-progettazione tra il Comune ed un Consorzio dicooperative. Oltre a questo servizio che si basa più sull’esterno,è attivata anche l’assistenza domiciliare educativa per coloroche ne hanno necessità.

Oltre all’area benessere, un secondo elemento chiave èquella relativa allo sviluppo delle autonomie personali:

Le autonomie vengono sviluppate principalmente all’internodi due strutture che sono il Servizio Formazione Autonomie eil Servizio Socio Occupazionale. I progetti formativi del Ser-vizio Formazione Autonomie consistono nell’elaborazionecondivisa con la persona disabile che ha assolto l’obbligo sco-lastico e la sua famiglia di un percorso educativo atto a veri-ficare la possibile acquisizione di un ruolo lavorativo adultoin contesti pubblici, privati e di laboratorio protetto. Oltre aciò i progetti vogliono sviluppare le autonomie, le competenzetrasversali e relazionali utili alla vita del singolo, della suafamiglia e della comunità, favorendo uno scambio di recipro-cità attraverso l’assunzione di un ruolo attivo. I progetti sociooccupazionali delle persone disabili coinvolte sono invece at-tivati sul territorio del cittadino in strutture pubbliche e pri-vate, oppure all’interno di un laboratorio protetto. Lapartecipazione ai progetti prevede la costruzione di un pro-gramma di lavoro personalizzato, strutturato su un arco tem-porale annuale, con orari, tempi, mansioni e responsabilitàconcordate con i responsabili degli ambiti lavorativi che ac-colgono le persone disabili. Il servizio è rivolto a persone condisabilità di livello medio che abbiano assolto l’obbligo sco-lastico e che siano stati in carico al Servizio Formazione Au-tonomie. Le collaborazioni attivate sino ad ora sono con lasede della U.I.L.D.M. (Unione Italiana Lotta alla DistrofiaMuscolare) - di Bergamo, l’Oratorio di Colognola e l’aziendaagrituristica “La Merletta di Almè.

Il terzo settore, invece, è legato allo sviluppo di un’areadi lavoro che coinvolge la comunità:

Oltre al benessere e alle autonomie vengono costruiti deigruppi di lavoro territoriali sulla disabilità, che sono ancora infase di sviluppo, e che sono dislocati all’interno dei diversiquartieri della cittadina. I due principali progetti sono: il pro-getto Senzacca e i progetti estivi attuati per i minori con disa-bilità. Il progetto Senzacca vuole favorire la partecipazionedelle persone disabili agli ambiti ricreativi, sportivi, culturalia livello cittadino, promuovendo esperienze concrete che mi-gliorino la qualità della vita delle persone disabili e, al tempostesso, accrescano la capacità di accoglienza da parte della

Page 8: La rete sociale per le persone con disabilità: il caso della città di …€¦ ·  · 2016-02-02cendo riferimento entrambi ad insieme di relazioni al plurale, ... enti, risorse)

© Nuova Secondaria - n. 6, febbraio 2016 - Anno XXXIII38

LA RETE SOCIALE PER LE PERSONE CON DISABILITÀ

comunità. Una seconda forma di collaborazione è invece quellarelativa al consolidamento della collaborazione con le sedi for-mative del territorio, soprattutto con gli istituti scolastici at-traverso i tirocini ed esperienze di volontariato. Sono previstepoi attività in collaborazione con il C.A.I sia con incontri allaloro sede, che per l’organizzazione di uscite in collina apertaalle persone disabili e alle loro famiglie. Sono attive poi espe-rienze di collaborazione con il Centro Equestre che con le pi-scine comunali.

Infine, l’ultimo aspetto significativo che si evince rispettoalla rete, è il ruolo attivo che le persone disabili hanno nelloro progetto di vita: non solo bisognose di aiuto e cure,ma anche capaci di donare le proprie risorse alla comu-nità. Il soggetto partecipa, collabora e sceglie il processodi inclusione, anche nei casi di un quadro clinico com-promesso. È indispensabile valorizzare le potenzialitàdelle persone e fare in modo che siano a disposizione ditutti, stimolarne l’acquisizione di nuove, sollecitare ilsoggetto ad acquisire il proprio diritto di cittadinanza e adessere protagonista della propria vita nonostante i limitiche ciascuno ha.

3. La mappatura dei ragazzi che potrebbero usufruiredel Servizio nei prossimi anniDopo aver ricostruito la rete attorno al quale è inserita unapersona con disabilità, è stato contattato il servizio diNeuropsichiatria Infantile che opera all’interno della cit-tadina lombarda. La referente ha compilato la schedapredisposta appositamente dalla quale è emerso che nelperiodo 2015-2017 dovrebbero lasciare gli istituti scola-stici 35 ragazzi e ragazze con una disabilità grave o gra-vissima che sono stati classificati nel modo seguente (fi-gura 1):

Figura 1. Suddivisione dei ragazzi e delle ragazze in caricoalla Neuropsichiatria Infantile.

Dai dati raccolti emerge che i ragazzi vengono classificatiutilizzando delle macro-categorie di riferimento che fun-gono da contenitori che “incasellano” le patologie e de-terminano le similitudini tra i diversi casi. Le principalisono: disabilità prevalentemente cognitiva; disabilità pre-valentemente motoria; disabilità cognitivo-motoria; di-sturbo della sfera relazionale e altro (disturbi generalizzatidello sviluppo, disfasia, Sindrome di Down).

I 12 ragazzi con disabilità grave sono così classificati (fi-gura 2):

Figura 2. Classificazione dei ragazzi con una disabilità grave.

La composizione del campione può essere rappresentatagraficamente nel modo seguente (grafico 1):

Grafico 1. Composizione del campione dei ragazzi e ragazzecon disabilità grave.

Più della metà dei ragazzi hanno una disabilità prevalen-temente cognitiva (58%) mentre un secondo dato signi-ficativo è relativo alle disabilità relazionali (33%); è as-sente invece il riferimento alla disabilità motoria. I 23ragazzi e ragazze con disabilità gravissima, a loro volta,sono così rappresentati (figura 3):

Numero di ragazzi in uscita dagli Istituti Superiori

gravi 12

gravissimi 23

Totale 35

Patologia Numero di ragazzi e ragazze con disabilità grave

disabilitàprevalentementecognitiva

7

disturbi dellasfera relazionale 4

altro 1

Totale 12

ALTRO, 1

DISTURBISFERARELAZIONALE, 4 DIS. PREV.COGNITIVA, 7

DIS. COGNITIVO‐MOTORIA, 0 DIS. PREV.MOTORIA, 0

Page 9: La rete sociale per le persone con disabilità: il caso della città di …€¦ ·  · 2016-02-02cendo riferimento entrambi ad insieme di relazioni al plurale, ... enti, risorse)

© Nuova Secondaria - n. 6, febbraio 2016 - Anno XXXIII 39

NUOVA SECONDARIA RICERCA 6

Figura 3. Classificazione dei ragazzi e delle ragazze con unadisabilità gravissima.

Anche in questo caso i dati possono essere sintetizzate nelmodo seguente (grafico 2):

Grafico 2. Composizione del campione dei ragazzi e ragazzecon disabilità gravissima.

Il dato più significativo è nuovamente quello relativo alladisabilità cognitiva (30%), seguito da quello che associaanche una difficoltà motoria (26%). Molto meno signifi-

Istituto Scolastico Numero di ragazzi

Liceo Artistico 1

Istituto professionale 4

Centro di Formazione professionale 7

Totale 12

Patologia Numero di ragazzi e ragazze con disabilitàgravissima

disabilitàprevalentementecognitiva

7

disabilitàprevalentementemotoria

2

disabilitàcognitivo-motoria

6

disturbi dellasfera relazionale 2

altro 6

Totale 23

ALTRO, 6DISTURBISFERARELAZIONALE, 2

DIS. PREV.COGNITIVA, 7

DIS. COGNITIVO‐MOTORIA, 6 LICEO, 1ISTITUTO TECNICO, 4 CENTROFORMAZIONEPROFESSIONALE, 7

DIS. PREV.MOTORIA, 2

cative, invece, sono le percentuali relative alle difficoltàrelazionali e quelle che riguardano esclusivamente lasfera motoria (9% in entrambi i casi). Il 26% che rappre-senta la categoria altro contiene le disabilità che non pos-sono essere chiaramente attribuite alle categorie prece-denti (come la Sindrome di Down ed i disturbigeneralizzati dello sviluppo).

4. I percorsi scolastici dei ragazzi che lasceranno gli isti-tuiti superiori nei prossimi tre anniDopo aver definito il numero di ragazzi e la tipologia di di-sabilità, l’ultimo passaggio della ricerca è stato quello diindividuare gli istituti scolastici che frequentano. Ciò haconsentito di comprendere quali sono le istituzioni scola-stiche che accolgono il maggior numero di studenti con di-sabilità all’interno del territorio cittadino. I 12 studenti condisabilità grave frequentano le seguenti scuole (figura 4):

Figura 4. Istituti superiori frequentati dai ragazzi e dalleragazze con disabilità grave.

I dati raccolti testimoniano che la maggior parte degli stu-denti con disabilità frequenta i Centri di Formazione Pro-fessionale: 4 sono iscritti ai corsi speciali promossi da ABF(Azienda Bergamasca Formazione), 1 la scuola professio-nale ENGIM, 1 il Centro Enaip e 1 il Centro di FormazioneProfessionale di Comonte. Ci sono poi 4 ragazzi che fre-quentano gli istituti professionali (2 l’indirizzo per il servi-zio sociale e altri due, invece, quello turistico-aziendale). In-fine, solo uno studente è iscritto ad un liceo artistico.Graficamente la situazione si presenta così (grafico 3):

Grafico 3. Frequenza dei ragazzi e delle ragazze condisabilità grave agli istituti superiori

Page 10: La rete sociale per le persone con disabilità: il caso della città di …€¦ ·  · 2016-02-02cendo riferimento entrambi ad insieme di relazioni al plurale, ... enti, risorse)

Discussione e conclusioniLa letteratura evidenzia l’importanza della costruzione diun progetto di vita per le persone con disabilità che mettaal centro il soggetto e la sua famiglia, che coinvolga an-che la comunità locale e che sia basato sulla costruzionedi una rete di cui fanno parte tutti coloro che possonoavere un ruolo attivo all’interno dei progetti stessi. Perquesto il primo obiettivo del lavoro è stato quello di de-scrivere la rete nella quale sono inserite le persone con di-sabilità all’interno del Servizio Interventi attivato dal Co-mune di Bergamo. Le due strutture, Centro DiurnoDisabili e Centro Socio Educativo per l’Autismo sonostrutturate attorno a delle aree che favoriscono il rag-giungimento degli obiettivi stabiliti nel PEI (progetto in-dividuale) di ciascun utente: area mantenimento del be-nessere e gravità, dello sviluppo delle autonomie e dellavoro di comunità. Non si intende affermare che quella proposta sia la rea-lizzazione perfetta di una rete che deve essere ripropostatout court in tutti i contesti al fine di accompagnare la per-sona con disabilità. Questa è una proposta tra le tante, ilcui modo di dirsi è significativo per questo territorio e perquesto contesto e che, sicuramente, avrà modo di tra-sformarsi e ristrutturarsi nel corso del tempo. Sembranoperò emergere alcuni aspetti significativi, che è interes-sante sottolineare. Innanzi tutto, le persone con disabilità, ed i loro familiari,sono al centro del progetto educativo, sia per quanto ri-guarda le scelte e gli obiettivi che per il coinvolgimentodiretto nella realizzazione delle attività. In secondo luogo, pare emergere una duplice tensione,verso l’interno e quindi nella costruzione di percorsi mi-rati per ciascuna persona e verso l’esterno, nell’intento direndere la comunità sempre più sensibile e protagonistaattiva. Sono proprio queste collaborazioni attivate conl’esterno a consentire la partecipazione delle persone condisabilità alla vita della società e, allo stesso tempo, of-frono l’opportunità di scalfire lo stereotipo secondo ilquale la disabilità è un problema che riguarda poche per-sone sfortunate che si trovano a vivere un destino già se-gnato. Al contrario, invece, è possibile costruire occasioniche rendano tutti i protagonisti più responsabili e attentiai bisogni dei cittadini e, soprattutto, diventa evidente chela disabilità non è un mondo da relegare in pochi (echiusi) spazi, ma attraversa la vita delle comunità e ne èparte integrante. Il terzo elemento chiave è la compresenza di differenti fi-gure che, di fatto, offre una pluralità di punti di vista e dicompetenze che possono arricchire sia la progettazioneche la realizzazione dei differenti percorsi. La rete racconta i nodi che la compongono, i legami che

© Nuova Secondaria - n. 6, febbraio 2016 - Anno XXXIII40

LA RETE SOCIALE PER LE PERSONE CON DISABILITÀ

I 23 ragazzi e ragazze classificati invece con una disabi-lità gravissima che lasceranno la scuola nei prossimi treanni frequentano le seguenti scuole (figura 5):

Figura 5. Istituti frequentati dai ragazzi e dalle ragazze conuna disabilità gravissima.

In contraddizione con quanto emerso in precedenza, ilmaggior numero di studenti è iscritto ad un liceo (9 aquello delle scienze umane e 1 il classico). Altri sei ra-gazzi, poi, frequentano i Centri di Formazione Profes-sionale e 5 gli istituti tecnici (2 l’indirizzo agrario e 3quello per i servizi sociali). Infine, due studenti sono ri-masti all’interno delle Scuole Secondarie di Primo Grado,comunemente definite scuole medie. Anche in questocaso è possibile sintetizzare i dati raccolti in un grafico(grafico 4):

Grafico 4. Frequenza dei ragazzi e delle ragazze condisabilità gravissima agli istituti scolastici.

Con la raccolta di questi dati si è chiusa la prima parte delprogetto, quella relativa alla mappatura dei ragazzi con di-sabilità che lasceranno gli istituti scolastici nei prossimidue anni. Attualmente è in corso la seconda fase del la-voro, ovvero l’analisi dei progetti relativi alla disabilitàche gli istituti scolastici hanno attuato.

Istituto Scolastico Numero di ragazzi

Liceo 10

Istituto Tecnico 5

Centro di Formazione Professionale 6

Scuola Secondaria di Primo Grado 2

Totale 23

ISTITUTOTECNICO, 5

LICEO, 10

CENTROFORMAZIONEPROFESSIONALE, 6SCUOLASECONDARIA, 2

Page 11: La rete sociale per le persone con disabilità: il caso della città di …€¦ ·  · 2016-02-02cendo riferimento entrambi ad insieme di relazioni al plurale, ... enti, risorse)

© Nuova Secondaria - n. 6, febbraio 2016 - Anno XXXIII 41

NUOVA SECONDARIA RICERCA 6

la costituiscono e la relativa intensità; inoltre, parla di unastoria che si è detta, e che si sta ancora dicendo, e di cuila persona con disabilità è protagonista. Questo tipo di ap-proccio evita sovrapposizioni inutili da una parte (le ma-glie infatti devono essere larghe) e vuoti mai colmati dal-l’altra. Permette, inoltre, che ogni attore abbia un suoruolo ben definito e, quindi, che la vita della persona condisabilità sia raccolta il più possibile in ogni suo tratto. Perquesto è auspicabile un sempre maggiore radicamento deiprogetti all’interno delle realtà locali che diventano pre-ziose risorse sia per i ragazzi con disabilità che per le lorofamiglie. In questo modo, poi, diventa più facile scoprireche anche i ragazzi stessi possono essere risorse per il ter-ritorio, e non solo fruitori di servizi oppure costi socialida sostenere.La rete si fa via via più fitta e riguarderà tutto il corso dellavita della persona: alcuni nodi verranno eliminati, altri sene aggiungeranno ma la questione di fondo, che devesempre rimanere presente, è che tutti questi attori de-vono concorrere sinergicamente alla realizzazione effet-tiva di una rete tesa alla costruzione di un progetto di vitail più armonioso e bene-detto possibile. Questo approccio,in sostanza, permette che la fragilità venga raccolta in unadimensione di cura costante. Solo in una dinamica eco-logica la disabilità non è un “fatto privato” e così neppurela sofferenza della persona stessa e della sua famiglia.Vengono evitati in questo modo sentimenti di abbandonoe di marginalizzazione, sia auto che eterodiretta.Per raggiungere questo scopo è importante che i referentidel Servizio Interventi conoscano anche il numero diutenti potenzialmente in ingresso nel servizio, i progettiche già sono stati attivati e le persone che sono coinvolte.Ecco che si giunge quindi alla seconda parte dello studioche intendeva rispondere alla domanda circa il numero diragazzi che lasceranno la scuola nei prossimi tre anni e,

verosimilmente, saranno presi in carico proprio da questoservizio: si tratta di 35 ragazzi, 12 con una disabilità con-siderata grave e 23 con una disabilità gravissima. Attual-mente questi studenti frequentano i seguenti istituti: 11 illiceo, 9 un istituto tecnico, 13 un centro di formazioneprofessionale e 2, infine, sono rimasti iscritti alla scuolasecondaria di primo grado. Questo dato è di per sé abba-stanza sorprendente perchè, se da un lato si conferma latendenza a considerare le scuole professionali più adatteper i ragazzi con disabilità (perchè giudicate meno impe-gnative), è anche presente un alto numero di personeiscritte al liceo. Questo dato può essere in parte spiegatocon la maggiore sensibilità e attenzione che i licei, in par-ticolare quello delle scienze umane, potrebbero avere.Proprio per approfondire ulteriormente questa questioneè stata attivata l’analisi dei progetti dei singoli istituti.

RingraziamentiAl termine di questo lavoro si ringraziano coloro chehanno accompagnato e reso possibile la riuscita di questopercorso di ricerca. A riguardo, si ringrazia per la gentilecollaborazione la dott.ssa Paola Morandini, responsabiledel Servizio Interventi a favore di Disabili, e i suoi fidaticollaboratori tra cui Pierluigi Rota, Giuseppe Birolini eAngelo Gotti. Infine, si ringrazia per la disponibilità e lacollaborazione l’assistente sociale Paola Carrara del-l’Unità di Neuropsichiatria infantile di Borgo Palazzo. Siringraziano poi la professoressa Francesca Morganti, re-sponsabile scientifica e coordinatrice del percorso di ri-cerca e dottoressa Alessandra De Stefani che si è occupatadella raccolta dei dati.

Emanuela ZappellaUniversità di Bergamo

Page 12: La rete sociale per le persone con disabilità: il caso della città di …€¦ ·  · 2016-02-02cendo riferimento entrambi ad insieme di relazioni al plurale, ... enti, risorse)

© Nuova Secondaria - n. 6, febbraio 2016 - Anno XXXIII42

LA RETE SOCIALE PER LE PERSONE CON DISABILITÀ

BIBLIOGRAFIA

Atkinson P. - Coffey A. - Delamont S. (2001), A debate about our canon. Qualitative Research, 1(1), 5-21.Baldacci M. (2002), Una scuola a misura d’alunno. Qualità dell’istruzione e successo formativo, Utet, Torino.Barnes J.A. (1972), Social Networks, Reading, Addison Wesley.Barton L. (2011), Disabilità, identità e la lotta per l’inclusione, in Medeghini R. - Fornasa W., L’educazione inclusiva. Culture e pratichenei contesti educativi e scolastici: una prospettiva pedagogica, FrancoAngeli, Milano.Causin P. - De Peri S. (2006), Disabili e rete sociale: modelli e buone pratiche di integrazione, FrancoAngeli, Milano.Dovigo F. (2007), Fare differenze. Indicatori per l’inclusione scolastica degli alunni con Bisogni Educativi Speciali, Erickson, Trento.Folgheraiter F. (1998), Teoria e metodologia del servizio sociale. La prospettiva di rete, FrancoAngeli, Milano.Folgheraiter F. (2000), L’utente che non c’è. Lavoro di rete e empowerment nei servizi alla persona, Erickson, Trento.Franchini R. (2007), Disabilità, cura educativa e progetto di vita. Tra pedagogia e didattica speciale, Erickson, Trento.Glaser B.G. - Strauss A.L. - Strutzel E. (1968), The discovery of grounded theory; strategies for qualitative research. Nursing Research,17(4), 364.Gobo G. (1999). Le note etnografiche. Raccolta e analisi. Quaderni di Sociologia, 43(21), 144-167. Ianes D. - Cramerotti S. (2009), Il piano educativo individualizzato. Progetto di vita, Volume 1, Erickson, Trento.Lizzola I. (2011), Costruire identità nella fragilità, in Medeghini R. - Fornasa W., L’educazione inclusiva. Culture e pratiche nei contestieducativi e scolastici: una prospettiva pedagogica, Angeli, Milano.Medeghini R. - Fornasa W. (2011), L’educazione inclusiva. Culture e pratiche nei contesti educative e scolastici: una prospettivapsicopedagogica, FrancoAngeli, Milano.Morin E. (1986), La conoscenza della conoscenza, Feltrinelli, Milano.Mortari L. (2007), Cultura della ricerca e pedagogia, Carocci Editore, Roma.Pavone M. (a cura di) (2009), Famiglia e progetto di vita. Crescere un figlio disabile dalla nascita alla vita adulta, Erickson, Trento.Piscaglia M. (2011), Disabilità adulte: dentro e attorno alla famiglia. La consensualità nelle relazioni di cura, dall’individuo alla società,passando per la famiglia, in A. Goussot (a cura di), Le disabilità complesse. Sofferenza psichica, presa in carico e relazione di cura,Maggioli, Rimini.Sandrone G. (2012), Pedagogia speciale e personalizzazione. Tra prospettive per un’educazione che «integra», Editrice LaScuola,Brescia.Silverman D. (1993), Beginning Research. Interpreting Qualitative Data. Methods for Analysing Talk, Text and Interaction. Londres:Sage Publications.Silverman D. (2008), Manuale di ricerca sociale e qualitativa, Carrocci, Roma.Striano M. (2010), Pratiche educative per l’inclusione sociale, FrancoAngeli, Milano.Tacconi G. (2011), La didattica al lavoro: analisi delle pratiche educative nell’istruzione e formazione professionale, FrancoAngeli,Milano.Trinchero R. (2004), I metodi della ricerca educativa, Laterza, Roma-Bari.


Recommended