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LA REVISIONE DEL D.M. 509/99 E LE INNOVAZIONI … d.m...Il diploma supplement 5. La consultazione...

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LA REVISIONE DEL D.M. 509/99 E LE INNOVAZIONI DEL D.M. 270/2004 1. L’architettura degli studi universitari introdotta dal D.M. 509/99 2. Le innovazioni alla didattica universitaria previste dal D.M. 270/2004 3. L’operatività del D.M. 270/2004 e gli adempimenti richiesti alle Università 4. Il diploma supplement 5. La consultazione con le “parti sociali” 6. Il corso di laurea magistrale in Giurisprudenza 7. La programmazione didattica per l’anno accademico 2006/2007 1. L’architettura degli studi universitari introdotta dal D.M. 509/99 Il Decreto Ministeriale 3 novembre 1999, n. 509 (Regolamento recante norme in materia di autonomia didattica degli Atenei) ha introdotto una radicale riorganizzazione dell’ordinamento dei corsi di studio prevedendo, in sintesi, il passaggio dal preesistente ordinamento “tabellare” ad un sistema radicalmente differente basato su pochi vincoli (durata, numero minimo di annualità, contenuti minimi qualificanti), specificamente preordinato a consentire alle singole sedi universitarie una più ampia autonomia propositiva in ordine alla progettazione dei contenuti dei corsi di studio. In sostanza, si è passati da un sistema di tipo “centralistico”, in cui lo stesso percorso formativo veniva indistintamente offerto da una pluralità di Atenei, ad un sistema nel quale sono gli Atenei stessi a progettare i propri percorsi formativi nel rispetto delle proprie specificità e caratteristiche. In particolare, l’architettura degli studi universitari delineata dal D.M. 509/99 risulta caratterizzata da: a) introduzione del sistema dei crediti formativi, come strumento sia per misurare la quantità di lavoro effettivo di apprendimento richiesto allo studente in ciascun corso di studio, sia per assicurare la mobilità degli studenti fra i diversi percorsi formativi all’interno dell’Ateneo e dell’intero sistema universitario italiano ed europeo; b) articolazione dei corsi di studio universitari su due livelli (laurea e laurea specialistica: il cd. “3+2”) 1 , e precisamente: - un primo livello di durata triennale (equivalente ad un carico didattico di 180 crediti) diretto a fornire allo studente “un’adeguata padronanza di metodi e contenuti scientifici generali, nonché l’acquisizione di specifiche conoscenze professionali” (art. 3, comma 4, del D.M. 509/99); - un secondo livello di durata biennale (equivalente ad un carico didattico di complessivi 300 crediti, comprensivi dei 180 crediti già acquisiti con il titolo di studio di primo livello) diretto a fornire allo studente “una formazione di livello avanzato per l’esercizio di attività di elevato qualificazione in ambito scientifico” (art. 3, comma 5, del D.M.). Gli obiettivi perseguiti dalla riforma didattica risultavano (o meglio, risultano tuttora) diretti al raggiungimento delle sotto indicate finalità 2 : 1 Costituiscono un’eccezione al sistema del cd. “3+2” specifici percorsi formativi dell’area sanitaria, farmaceutica e dell’architettura, tuttora caratterizzati da un ordinamento didattico cd. “a ciclo unico” in quanto regolamentati da apposite direttive comunitarie. Università di Pavia - Ufficio Programmazione e Sviluppo 1
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LA REVISIONE DEL D.M. 509/99 E LE INNOVAZIONI DEL D.M. 270/2004

1. L’architettura degli studi universitari introdotta dal D.M. 509/99 2. Le innovazioni alla didattica universitaria previste dal D.M. 270/2004 3. L’operatività del D.M. 270/2004 e gli adempimenti richiesti alle Università 4. Il diploma supplement 5. La consultazione con le “parti sociali” 6. Il corso di laurea magistrale in Giurisprudenza 7. La programmazione didattica per l’anno accademico 2006/2007

1. L’architettura degli studi universitari introdotta dal D.M. 509/99

Il Decreto Ministeriale 3 novembre 1999, n. 509 (Regolamento recante norme in materia di autonomia didattica degli Atenei) ha introdotto una radicale riorganizzazione dell’ordinamento dei corsi di studio prevedendo, in sintesi, il passaggio dal preesistente ordinamento “tabellare” ad un sistema radicalmente differente basato su pochi vincoli (durata, numero minimo di annualità, contenuti minimi qualificanti), specificamente preordinato a consentire alle singole sedi universitarie una più ampia autonomia propositiva in ordine alla progettazione dei contenuti dei corsi di studio.

In sostanza, si è passati da un sistema di tipo “centralistico”, in cui lo stesso percorso formativo veniva indistintamente offerto da una pluralità di Atenei, ad un sistema nel quale sono gli Atenei stessi a progettare i propri percorsi formativi nel rispetto delle proprie specificità e caratteristiche.

In particolare, l’architettura degli studi universitari delineata dal D.M. 509/99 risulta caratterizzata da:

a) introduzione del sistema dei crediti formativi, come strumento sia per misurare la quantità di lavoro effettivo di apprendimento richiesto allo studente in ciascun corso di studio, sia per assicurare la mobilità degli studenti fra i diversi percorsi formativi all’interno dell’Ateneo e dell’intero sistema universitario italiano ed europeo;

b) articolazione dei corsi di studio universitari su due livelli (laurea e laurea specialistica: il cd. “3+2”)1, e precisamente:

- un primo livello di durata triennale (equivalente ad un carico didattico di 180 crediti) diretto a fornire allo studente “un’adeguata padronanza di metodi e contenuti scientifici generali, nonché l’acquisizione di specifiche conoscenze professionali” (art. 3, comma 4, del D.M. 509/99);

- un secondo livello di durata biennale (equivalente ad un carico didattico di complessivi 300 crediti, comprensivi dei 180 crediti già acquisiti con il titolo di studio di primo livello) diretto a fornire allo studente “una formazione di livello avanzato per l’esercizio di attività di elevato qualificazione in ambito scientifico” (art. 3, comma 5, del D.M.). Gli obiettivi perseguiti dalla riforma didattica risultavano (o meglio, risultano tuttora) diretti

al raggiungimento delle sotto indicate finalità2:

1 Costituiscono un’eccezione al sistema del cd. “3+2” specifici percorsi formativi dell’area sanitaria, farmaceutica e dell’architettura, tuttora caratterizzati da un ordinamento didattico cd. “a ciclo unico” in quanto regolamentati da apposite direttive comunitarie.

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a) diversificazione dell’offerta formativa attraverso la qualificazione dei corsi di studio ed il miglioramento della didattica;

b) riduzione della durata reale dei corsi e del numero degli abbandoni, anche attraverso il sostegno e potenziamento delle attività di orientamento e tutorato;

c) adeguamento dei corsi di studio all’evoluzione della domanda sociale di formazione ed ai mutamenti del sistema produttivo e del mercato del lavoro;

d) internazionalizzazione dei corsi di studio con conseguente armonizzazione nel contesto europeo3. A distanza di un triennio dall’attuazione della riforma didattica4, la principale critica rivolta

al sistema cd. “3+2” è stata quella di aver reso obbligatorio un percorso triennale “indifferenziato” sia per chi volesse concludere subito gli studi universitari ed entrare nel mondo del lavoro, sia per chi intendesse proseguire nel biennio specialistico. Tale soluzione, di fatto, andava o a svilire la connotazione professionalizzante dei corsi di primo livello o ad attenuare l’attenzione verso gli aspetti metodologici di carattere generale che devono, al contrario, risultare propedeutici alla prosecuzione nel successivo biennio specialistico (in sostanza, “l’accusa” è rappresentata dall’impossibilità di progettare un percorso formativo di primo livello che possa essere al contempo professionalizzante e metodologico).

Ulteriori criticità, peraltro, sono state rappresentate con specifico riferimento ad alcuni profili professionali per i quali è richiesta l’iscrizione in appositi albi professionali e che esigono il possesso della laurea specialistica (si pensi, a titolo esemplificativo, alle tradizionali professioni del settore giuridico: avvocato, notaio e magistrato5).

2. Le innovazioni alla didattica universitaria previste dal D.M. 270/2004

Con il D.M. 270/2004 nasce il percorso universitario cd. “a ipsilon” (sistema cd. “1+2+2”, modificativo del sistema “3+2”), diretto ad istituire – dopo un primo anno di attività didattiche comuni – una divaricazione che prevede la scelta tra un percorso professionalizzante finalizzato alla laurea di primo livello ed un percorso metodologico propedeutico alla prosecuzione nel biennio specialistico.

In particolare, i corsi di laurea afferenti alla medesima classe o gruppi affini di essi (individuati dai singoli ordinamenti di Ateneo) devono prevedere un primo anno comune (pari al conseguimento di almeno 60 crediti formativi universitari riferiti alle attività di base e

2 Si richiamano, in tal senso, la prima e la seconda nota di indirizzo sull’autonomia didattica rispettivamente del 16 giugno e 16 ottobre 1998. 3 Si veda, in tal senso, la dichiarazione congiunta su “L’armonizzazione dell’architettura dei sistemi di istruzione superiore in Europa” sottoscritta dai Ministri per l’Università di Francia, Germania, Gran Bretagna ed Italia a Parigi il 25 maggio 1998 e la dichiarazione congiunta su “Lo spazio europeo dell’istruzione superiore” sottoscritta dai Ministri dell’Istruzione Superiore intervenuti al Convegno di Bologna il 19 giugno 1999. 4 I percorsi didattici triennali sono stati attivati a decorrere dall’anno accademico 2001/2002. 5 Al riguardo, si rileva che il D.M. 4 agosto 2000 recante “Determinazione delle classi delle lauree universitarie” individua nel settore giuridico due classi:

a) la classe 2 (Scienze dei servizi giuridici) i cui laureati potranno svolgere “attività professionali, presso amministrazioni ed imprese pubbliche e private nel terzo settore, per le quali sia necessaria una specifica preparazione giuridica, con profili di – esemplificativamente – operatore giudiziario, operatore giuridico di impresa, nonché di consulenza del lavoro”;

b) la classe 31 (Scienze giuridiche) il cui profilo professionale risulta estremamente generico (“attività professionali in ambito giuridico-amministrativo, pubblico e privato, nelle imprese e in altri settori del sistema sociale, istituzionale e libero-professionali”) soprattutto in considerazione del fatto che i tradizionali sbocchi professionali del campo giuridico (nonché l’accesso ad impieghi presso le p.a. con qualifica funzionale D) richiedono il possesso della laurea specialistica in Giurisprudenza.

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caratterizzanti)6. Al termine del predetto anno, lo studente, sulla base delle proprie attitudini e capacità, potrà proseguire per altri due anni (per un numero complessivo di 180 crediti) optando tra:

a) un percorso professionalizzante, vale a dire un percorso triennale “razionalizzato” che porterà al conseguimento di una laurea specificamente finalizzata all’inserimento del laureato nel mercato del lavoro;

b) un percorso metodologico-formativo, specificamente preordinato al conseguimento di una solida preparazione metodologica di base in vista della prosecuzione degli studi in un successivo ed ulteriore biennio (per un numero complessivo di 120 crediti) al termine del quale si conseguirà la laurea magistrale (nuova denominazione delle attuali lauree specialistiche). Con l’introduzione del sistema cd. “a ipsilon”, è specificamente prevista una maggiore

flessibilità e quindi autonomia propositiva degli Atenei per ciò che riguarda la determinazione dei crediti formativi.

L’art. 10 (Obiettivi e attività formative qualificanti delle classi) del D.M. 509/99 prevedeva, infatti, l’emanazione di appositi decreti ministeriali7 che individuavano preliminarmente, “per ciascuna classe di corsi di studio, gli obiettivi formativi qualificanti e le attività formative indispensabili per conseguirli”.

Nello specifico, tali attività formative venivano “raggruppate” in sei differenti tipologie, e precisamente:

a) attività formative in uno o più ambiti disciplinari relativi alla formazione di base; b) attività formative in uno o più ambiti disciplinari caratterizzanti la classe; c) attività formative in uno o più ambiti disciplinari affini o integrativi a quelli di base e

caratterizzanti, anche con riguardo alle culture di contesto e alla formazione interdisciplinare;

d) attività formative autonomamente scelte dallo studente; e) attività formative relative alla preparazione della prova finale per il conseguimento del

titolo di studio e, con riferimento alla laurea, alla verifica della conoscenza di almeno una lingua straniera oltre l’italiano:

f) attività formative, non previste dalle lettere precedenti, volte ad acquisire ulteriori conoscenze linguistiche, nonché abilità informatiche e telematiche, relazioni, o comunque utili per l’inserimento nel mondo del lavoro, nonché attività formative volte ad agevolare le scelte professionali, mediante la conoscenza diretta del settore lavorativo cui il titolo di studio può dare accesso, tra cui, in particolare, i tirocini formativi e di orientamento. Il comma 2 dell’art. 10 del D.M. 509/99, nel rinviare ai decreti ministeriali che definiscono

“per ciascuna classe il numero minimo di crediti che gli ordinamenti didattici riservano ad ogni attività formativa ed ogni ambito disciplinare”, individuava altresì una serie di vincoli percentuali sul totale dei crediti necessari per il conseguimento del titolo di studio, prevedendo, in particolare, che:

a) la somma totale dei crediti riservati non potesse essere superiore al 66%; b) la somma dei crediti riservati relativi alle attività di base, caratterizzanti, affini e integrativi

non potesse essere superiore al 50%; c) la somma dei crediti riservati relativi alle attività autonomamente scelte dallo studente, a

quelle relative alla preparazione della prova finale per il conseguimento del titolo di studio

6 Si veda, in particolare, quanto combinatamente disposto dall’art. 3, comma 4 e 5, e dall’art. 11, comma 7, lett. a), secondo periodo del D.M. in esame. 7 Si tratta del D.M. 4 agosto 2000 (Determinazione delle classi delle lauree universitarie); del D.M. 28 novembre 2000 (Determinazione delle classi delle lauree specialistiche universitarie); del D.M. 2 aprile 2001 (Determinazione delle classi delle lauree e delle lauree specialistiche delle professioni sanitarie) e del D.M. 12 aprile 2001 (Determinazione delle classi delle lauree e delle lauree specialistiche nelle scienze della difesa e della sicurezza).

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e, con riferimento alla verifica della conoscenza della lingua straniera nonché altre attività formative non potesse essere superiore al 20%;

d) i crediti riservati relativi alle attività di base, caratterizzanti, affini ed integrative non potessero essere inferiori al 10%;

e) i crediti riservati relativi alle attività autonomamente scelte dallo studente, a quelle relative alla preparazione della prova finale per il conseguimento del titolo di studio e, con riferimento alla laurea, alla verifica della conoscenza della lingua straniera nonché altre attività formative non potesse essere inferiore al 5%. L’art. 10 del D.M. 270/2004, invece, vincola unicamente le attività formative di base e

quelle caratterizzanti la classe: i crediti vincolati a livello nazionale, inoltre, scendono al 50% per i corsi di primo livello ed al 40% per i corsi di secondo livello (in ambedue i casi sono fatti salvi i corsi preordinati all’accesso alle attività professionali).

Le ulteriori attività formative (affini ed integrative; per la prova finale; a scelta dello studente8 ovvero altre) non risultano preliminarmente individuate dai decreti ministeriali di revisione delle classi, ma vengono demandate all’autonomia propositiva delle singole sedi, che risulterà pertanto sensibilmente incrementata.

A tali attività formative, il D.M. 270/2004 aggiunge espressamente “nel caso di corso di laurea orientato all’acquisizione di specifiche competenze professionali, attività formative relative agli stages e ai tirocini formativi presso imprese, amministrazioni pubbliche, enti pubblici o privati, ivi compresi quelli del terzo settore, ordini e collegi professionali, sulla base di apposite convenzioni”.

In linea con le disposizioni già previste dal D.M. 509/99, l’art. 4 (Classi di corsi di studio) del D.M. in esame stabilisce che i titoli conseguiti al termine dei corsi di studio dello stesso livello abbiano identico valore legale, aggiungendo altresì che il diploma di qualsivoglia titolo di studio debba essere corredato (già a decorrere dall’anno accademico 2004/2005) da un certificato che riporti, “secondo modelli conformi a quelli adottati dai Paesi Europei, le principali indicazioni relative al curriculum seguito dallo studente per conseguire il titolo” (cd. supplement9).

In deroga a quanto sopra, potranno essere definite (con decreto del Ministro dell’Università e della ricerca scientifica e tecnologica, di concerto con il Ministro della Funzione Pubblica), con esclusivo riferimento all’accesso a specifiche posizioni funzionali del pubblico impiego, le equipollenze tra titoli accademici dello stesso livello afferenti a più classi. Ulteriori elementi innovativi del D.M. in esame rispetto al previgente Regolamento sono specificamente riferiti a:

a) requisiti di ammissione ai corsi di studio e conseguimento del titolo; b) istituzione e attivazione di corsi di studio

Con riferimento al punto di cui alla lettera a), si evidenzia – anche se la distinzione ha più carattere formale che sostanziale – che il D.M. 509/99 richiedeva per l’accesso ai corsi di laurea specialistica “il possesso di requisiti curriculari e l’adeguatezza della personale preparazione verificata dagli Atenei”. La nuova formulazione introdotta dal D.M. 270/2004 fa riferimento – utilizzando una dizione più ampia – a “specifici requisiti di acceso” che, in ogni caso, presuppongono “il possesso dei requisiti curriculari e l’adeguatezza della personale preparazione verificata dagli Atenei, con modalità definite nei Regolamenti didattici”, consentendo altresì l’accesso ai corsi di laurea magistrale anche ai possessori dei diplomi universitari10. 8 Ai sensi dell’art. 10 (Obiettivi e attività formative qualificanti le classi), comma 3, del D.M. 270/2004, le attività formative a scelta dello studente devono risultare coerenti con il progetto formativo. 9 Si rinvia al D.M. 30 maggio 2001 (Decreto di individuazione dei dati essenziali sulle carriere degli studenti e per il rilascio del certificato di supplemento al diploma), poi sostituito con il D.M. 30 aprile 2004, n. 9 (Anagrafe Nazionale degli Studenti e dei Laureati). 10 Al riguardo, va peraltro rilevato che con ministeriale n. 529 del 3 febbraio 2005 il MIUR ha comunicato che la norma in questione, sia pure nelle more della pubblicazione dei provvedimenti di revisione delle classi dei corsi di studio, possa trovare diretta applicazione. Pertanto non vi sono ragione ostative che precludono ai possessori di diploma

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E’ inoltre espressamente prevista la possibilità per gli Atenei di consentire l’iscrizione ai corsi di laurea magistrale anche ad anno accademico iniziato, “purché in tempo utile per la partecipazione ai corsi nel rispetto delle norme stabilite nei regolamenti stessi”.

Il comma 3 dell’art. 6 (Requisiti di ammissione ai corsi di studio) del D.M. prefigura una differente articolazione dei corsi di studio finalizzati all’accesso alle professioni legali che saranno caratterizzati da un percorso unico di durata quinquennale (in sostanza, da un sistema cd. “1+4”, con il primo anno in comune con la laurea triennale della classe in Scienze giuridiche)11.

In materia di conseguimento dei titoli di studio, è molto importante la disposizione di cui al comma 2 dell’art. 7 (Conseguimento dei titoli di studio) che esige per il conseguimento della laurea magistrale l’acquisizione di 120 crediti, laddove la precedente formulazione del D.M. 509/99 prevedeva, invece, l’acquisizione di “300 crediti, ivi compresi quelli già acquisiti dallo studente e riconosciuti validi per il relativo corso di laurea specialistica”. Peraltro, l’art. 9 (Istituzione e attivazione dei corsi di studio) del D.M. 509/99 individuava, al comma 3, come condizione imprescindibile per l’istituzione dei corsi di laurea specialistica, l’”aver attivato un corso di laurea comprendente almeno un curriculum i cui crediti formativi universitari siano integralmente riconosciuti per il corso di laurea specialistica”.

L’interpretazione letterale del combinato disposto di cui all’art.7, comma 2 ed all’art. 9 del D.M. 270/2004 implica pertanto che non è più richiesta, ai fini dell’istituzione di un corso di laurea magistrale, l’attivazione di un curriculum di corso di laurea che garantisca l’accesso senza debiti formativi al biennio specialistico. Tale disposizione è da valutare positivamente con particolare riferimento agli Atenei che intendano caratterizzarsi soprattutto per l’offerta didattica di secondo livello, e può costituire un concreto stimolo per la progettazione di percorsi interateneo di secondo livello.

Per quanto riguarda l’istituzione e attivazione dei corsi di studio, l’art. 9 del D.M. in esame rinvia, per l’istituzione, alle procedure di cui all’art. 11, comma 1, della Legge 19 novembre 1990, n. 341 ed alle vigenti disposizioni in materia di programmazione del sistema universitario; il comma 2, invece, introduce ulteriori adempimenti con specifico riferimento all’attivazione.

In particolare, ai sensi del sistema previgente, l’attivazione veniva disposta dalle Università sulla base di autonome deliberazioni, successivamente comunicate al Ministero per il tramite dell’inserimento dei corsi da attivare in un’apposita Banca Dati dell’Offerta Formativa da aggiornare, a scadenze prestabilite, di anno in anno.

I commi 2 e 3 dell’art. 9 del D.M. 270/2004, oltre a richiedere l’inserimento dei corsi da attivare nella Banca Dati OFF.F, prevedono che tale inserimento sia preceduto da apposite deliberazioni da assumere “nel rispetto dei requisiti strutturali, organizzativi e di qualificazione dei docenti dei corsi determinati con decreto del Ministro nell’osservanza degli obiettivi e dei criteri della programmazione del sistema universitario12, previa relazione favorevole del Nucleo di Valutazione dell’Università”.

L’elemento innovativo è pertanto rappresentato dalla previsione dell’acquisizione di uno specifico parere del Nucleo di Valutazione che deve intervenire, non più soltanto nella fase di

universitario l’iscrizione ai corsi di laurea specialistica; la ministeriale rileva infatti che “la vecchia denominazione di laurea specialistica, ancorché non trasformata in Laurea Magistrale, non osta alla possibilità di iscrizione dei possessori di diploma universitario di durata triennale, previa verifica da parte degli Atenei del possesso dei requisiti curriculari e dell’adeguatezza della personale preparazione, anche alla luce dell’art.13, comma 7 del citato decreto che prevede sin da ora che a coloro che hanno conseguito o stanno conseguendo allo stato attuale una laurea specialistica compete la qualifica di “dottore magistrale”. 11 Si rinvia, nel dettaglio, al paragrafo successivo. 12 Si rinvia specificamente alle disposizione di cui agli artt. 4, 5 e 6 del D.M. 5 agosto 2004, n. 262 recante “Programmazione del sistema universitario per il triennio 2004-2006”.

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istituzione del corso, bensì anche all’atto dell’attivazione, certificando il possesso dei requisiti di cui sopra13.

Tale disposizione risulterà operativa già a decorrere dall’anno accademico 2004/200514. Va tuttavia rilevato che per l’anno accademico 2005/2006 la relazione del NuV concernente

la disponibilità delle risorse di docenza di ruolo non è stata richiesta, in quanto le valutazioni qualitative e quantitative sulla docenza sono state ricavate dagli esiti della verifica condotta sui requisiti minimi; con riferimento, invece, alla disponibilità delle strutture è stato unicamente richiesto agli Atenei, in fase di inserimento dei corsi di studio nella Banca Dati OFF.F, di indicare la data della relazione favorevole del NuV attestante la compatibilità fra le esigenze di funzionamento del corso e le caratteristiche e la quantità delle strutture messe a disposizione dello stesso per la durata normale degli studi.

Non si hanno tuttavia puntuali indicazioni per l’anno accademico 2006/2007. Il D.M. in esame introduce, poi, due modifiche in ordine ai contenuti del Regolamento

didattico di Ateneo, prevedendo in particolare che: - la consultazione con le cd. “parti sociali” debba essere espressamente riferita “alla

valutazione dei fabbisogni formativi e degli sbocchi professionali”, di fatto non risolvendo i dubbi e le criticità già riscontrate in merito a contenuti, criteri e modalità della predetta consultazione15;

- i Regolamenti didattici di Ateneo debbano stabilire “che tutti gli iscritti ai corsi di laurea, afferenti alla stessa classi o gruppi affini di essi così come definiti dai singoli ordinamenti di Ateneo condividano le stesse attività formative di base e caratterizzanti comuni per un minimo di 60 crediti prima della differenziazione dei percorsi formativi prevista dall’art. 3, comma 4, secondo criteri stabiliti autonomamente e definiscano i criteri per la prosecuzione degli studi nei diversi percorsi” (il cd. percorso ad ipsilon)16. Ulteriori elementi di innovazione del D.M. 270/2004, rispetto al D.M. 509/99, sono da

ultimo previsti all’art. 4 (Classi di corsi di studio) ed all’art. 5 (Crediti formativi universitari). In particolare, il comma 2 dell’art. 4 incide sul potere di iniziativa delle Università con particolare riguardo all’istituzione e/o modificazione delle classi di corsi di studio: la precedente formulazione, infatti, prevedeva che dopo un triennio dall’emanazione dei cd. “decreti delle classi”, le modificazioni o istituzioni di singole classi potessero essere proposte dalle Università e determinate con decreto del MIUR, previa acquisizione del parere del CUN. Con la nuova formulazione, invece, le modifiche o istituzioni di singole classi potranno essere adottate con decreto del Ministro, sentito il CUN, unitamente alle connesse disposizioni in materia di obiettivi qualificanti e di conseguenti attività formative, anche su proposta delle Università. La nuova formulazione dell’art. 5 prevede, utilizzando una formula più appropriata, la corrispondenza del credito formativo a “25 ore di impegno complessivo per studente”, mentre nel D.M. 509/99 si parlava di “25 ore di lavoro per studente”.

La frazione dell’impegno orario complessivo che deve essere riservata allo studio individuale o ad altre attività formative di tipo individuale, inoltre, non risulta più determinata dai

13 In realtà, già l’art. 3, comma 3 (Corsi di laurea e di laurea specialistica) del D.M. 8 maggio 2001, n. 105 recante “Programmazione del sistema universitario per il triennio 2001-2003” subordinava l’attivazione dei corsi di studio “alla previa positiva valutazione del Ministero, sentito il Comitato, in ordine alla disponibilità di dotazioni necessarie” (i cd. “requisiti minimi”). Tale verifica dovrà effettuarsi non più successivamente all’attivazione, ma dovrà precedere l’attivazione stessa. 14 L’art. 9 del D.M. 270/2004 deve essere raccordato con le disposizioni dettate in materia di “requisiti minimi” dal D.M. 262/2004 (Programmazione del sistema universitario per il triennio 2004-2006) che limitano la possibilità di attivare corsi non in possesso dei requisiti minimi (tuttavia esclusi da qualsivoglia finanziamento ministeriale) solo per l’a.a. 2004/2005. 15 Si veda l’art. 11, comma 4, del D.M. 270/2004. 16 Si veda l’art. 11, comma 7, lett. a) del D.M. 270/2004.

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decreti ministeriali per ciascuna classe di corso di studio bensì, in un’ottica preordinata ad attribuire maggiore autonomia alle sedi, dai regolamenti didattici di Ateneo, e viene riferita a ciascun corso di studio. Viene, infine, cassato l’ultimo periodo di cui all’art. 5, comma 3, che prevedeva che tale frazione non potesse essere comunque inferiore a metà, fatti salvi i casi in cui siano previste attività formative ad elevato contenuto sperimentale e pratico. 3. L’operatività del D.M. 270/2004 e gli adempimenti richiesti alle Università

L’operatività delle disposizioni del D.M. in esame (che sostituisce integralmente il D.M. 509/99) risulta subordinata all’emanazione dei decreti ministeriali di revisione delle classi delle lauree. Al riguardo, si segnala che sono stati costituiti per la revisione delle classi di lauree specifici tavoli tecnici relativi a sei macro-aree, e precisamente:

1) Area delle Scienze matematiche, fisiche e naturali; 2) Area delle Scienze delle salute, a sua volta articolata in più settori:

- area di Medicina (Lauree Magistrali a ciclo unico); - area delle Professioni Sanitarie (Lauree e Lauree Magistrali); - area di Medicina Veterinaria; - area di Farmacia; - area delle Scienze motorie; - aree delle Biotecnologie

3) Area delle Scienze della Vita; 4) Area Tecnica; 5) Area Umanistica; 6) Area delle Scienze sociali e gestionali.

Peraltro, il comma 3 dell’art. 13 (Disposizioni transitorie e finali) del D.M. 270/2004, con una formulazione poco chiara, ha previsto la possibilità per gli Atenei di introdurre, già a decorrere dall’anno accademico 2004-2005, in via sperimentale, il cd. percorso “ad ipsilon”, provvedendo alla corrispondente revisione degli ordinamenti didattici dei corsi già istituiti ed attivati (fatta eccezione per i corsi di studio finalizzati all’accesso alle professioni legali con riferimento ai quali tale sperimentazione è espressamente vietata).

L’Università di Pavia non ha tuttavia proceduto a tale sperimentazione. La sperimentazione in esame avrebbe, infatti, comportato il rischio di dover arrivare a

gestire contemporaneamente, una volta che il sistema delineato dal D.M. in esame andrà “a regime”, tre differenti ordinamenti didattici:

a) ordinamenti didattici disciplinati dal D.M. 509/99; b) ordinamenti didattici ad ipsilon “sperimentali” c) ordinamenti didattici ad ipsilon determinati sulla base dell’avvenuta ridefinizione delle

classi dei corsi di laurea. Quanto sopra avrebbe prodotto evidenti difficoltà per l’Ateneo, sia sotto il profilo della

gestione delle carriere degli studenti (per espressa disposizione di legge agli studenti già iscritti deve essere infatti garantita la conclusione dei corsi di studio ed il rilascio dei relativi titoli secondo gli ordinamenti didattici previgenti) sia per quanto riguarda l’organizzazione e la gestione delle attività di informazione e di orientamento rivolte agli studenti medesimi.

A ciò si aggiunga la difficoltà di progettare percorsi effettivamente professionalizzanti che, in quanto tali, dovrebbero essere contraddistinti da una più marcata attenzione verso gli aspetti pratico-applicativi (cioè caratterizzarsi per le presenza di attività di tirocinio ovvero di stage formativi) cui il D.M. 8 agosto 2000 relativo alla “Determinazione delle classi delle lauree universitarie” attribuisce, in linea generale, un limitato numero di crediti formativi. Di fatto, si sarebbe corso il rischio di dar vita ad una sperimentazione limitata all’introduzione di corsi di laurea

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della stessa classe o di classi affini con 60 crediti “in comune” (peraltro, va rilevato che alcuni corsi di laurea delle Facoltà di Economia, Ingegneria e Scienze politiche già presentavano al primo anno attività didattiche comuni ). Sulla base delle considerazioni sopra esposte, le Università a breve-medio termine risulteranno impegnate nei sotto indicati adempimenti:

- revisione del Regolamento didattico di Ateneo (parte generale); - ridefinizione degli ordinamenti didattici dei corsi di studi e conseguente riformulazione dei

Regolamenti didattici dei corsi di studio; - riorganizzazione della didattica con specifico riferimento alla previsione dei 60 CFU

comuni, alla definizione di specifici criteri di differenziazione dei percorsi triennali dopo l’anno comune ed alla individuazione di criteri per orientare la scelta dello studente tra il percorso professionalizzante e quello metodologico-formativo.

In attesa dell’emanazione dei decreti di revisione delle classi di laurea (previsto indicativamente per gli inizi del 2006) sono stati emanati alcuni provvedimenti in attuazione del D.M. 270, e precisamente:

• le linee guida per il rilascio del certificato di supplemento al diploma; • le linee guida elaborate dal Tavolo Tecnico MIUR-Confindustria per la consultazione con le

“parti sociali” propedeutica alla progettazione dei nuovi ordinamenti didattici; • il Decreto Ministeriale 25 novembre 2005 relativo alla “Definizione della classe del corso di

laurea magistrale a ciclo unico in Giurisprudenza”. 4. Il diploma supplement Il supplemento al diploma (o diploma supplement) è la certificazione integrativa del titolo conseguito al termine di un corso di studi in una università ovvero istituto di istruzione superiore: è, cioè, un certificato che fornisce la descrizione, secondo un modello condiviso, della natura, del livello, del contesto, del contenuto e dello status degli studi effettuati e completati da ciascun studente. Il diploma supplement è stato sviluppato per iniziativa della Commissione Europea, del Consiglio d’Europa e dell’Unesco/Cepes e risulta finalizzato a rimuovere gli ostacoli che non permettono l’adeguata spendibilità ed il riconoscimento dei titoli di studio. Con D.M. n. 49 del 26 ottobre 2005 è stato elaborato il nuovo modello di diploma supplement in sostituzione del preesistente, approvato con D.M. 30 aprile 200417. In particolare, il diploma supplement contiene i dati ufficiali sulla carriera dello studente, con esclusione di valutazioni discrezionali, dichiarazioni di equivalenza o suggerimenti relativi al riconoscimento accademico e professionale dei titoli italiani all’estero e la libera circolazione internazionale die nostri laureati. Il diploma supplement è redatto in lingua italiana ed in lingua inglese e risulta articolato in otto sezioni;

1) dati anagrafici: • cognome /nome • data di nascita (giorno, mese, anno), città e paese di nascita; • codice di identificazione personale (codice fiscale);

2) informazioni sul titolo di studio:

17 La nuova stesura scaturisce dalla necessità di adeguamento alle indicazioni fornite dalla Conferenza Ministeriale di Berlino del 2003, nonché alle nuove disposizioni emanate con il D.M. 270/2004, e rappresenta il frutto della collaborazione ministeriale con un gruppo di lavoro integrato CRUI/CODAU che ha altresì elaborato apposite linee guida per facilitare ed omogeneizzare le attività che gli Atenei devono porre in essere per il certificato di cui trattasi.

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• titolo di studio rilasciato • qualifica accademica • classe o area disciplinare; • nome dell’istituzione che rilascia il titolo di studio (con indicazione della

tipologia; statali / non statali legalmente riconosciute / telematiche) • nome dell’istituzione che gestisce gli studi se diversa dalla precedente (non

applicabile salvo casi particolari) • lingua ufficiali di insegnamento e di accertamento della preparazione;

3) informazioni sul livello del titolo di studio: • livello del titolo di studio • durata normale del corso • requisiti di ammissione

4) informazione sul curriculum e sui risultati conseguiti: • modalità di frequenza e di didattica utilizzata; • requisiti per il conseguimento del titolo18; • curriculum, crediti, valutazioni e voti conseguiti19; • sistema di votazione, distribuzione dei voti ottenuti20; • votazione finale conseguita e data di conseguimento;

5) informazioni sull’ambito di utilizzazione del titolo di studio: • accesso ad ulteriori studi • status professionale conferito dal titolo

6) informazioni aggiuntive: • informazioni aggiuntive • altre fonti di informazione

7) certificazione: • data del rilascio • firma • carica • timbro ufficiale

8) informazioni sul sistema nazionale di istruzione superiore. Il diploma supplement deve essere rilasciato dalla Segreteria Studenti automaticamente e

senza spese aggiuntive a carico degli studenti a decorrere dall’anno accademico 2004/2005. 5. La consultazione con le “parti sociali” Tra gli obiettivi della riforma didattica viene ricompresa la realizzazione di un miglior coordinamento tra gli Atenei ed il mondo del lavoro, al fine di costruire percorsi formativi 18 Si richiede di indicare gli obiettivi formativi specifici del corso di studio ed una sintesi delle attività formative (compresi stage e tirocini) previste dall’ordinamento didattico con i crediti ad essi corrispondenti. Nel caso di laurea e laurea specialistica/magistrale si richiede di riportare i requisiti previsti dall’ordinamento didattico indicando i crediti per tipologia di attività formativa e ambiti disciplinari, relativi al curriculum e all’anno accademico di immatricolazione dello studente. Tali requisiti debbono essere conformi e coerenti con quelli pubblicati nella banca dati dell’Offerta formativa (OFF.F). 19 Viene richiesto di riportare il certificato degli esami effettivamente sostenuti e delle altre attività formative certificate con il relativo ammontare in crediti, il voto o la valutazione ottenuti (laddove possibile anche la corrispondente valutazione ECTS), la data, il settore scientifico-disciplinare e l’eventuale indicazione (flag) di convalida. Per la prova finale, laddove si tratti della discussione di un lavoro di tesi di ricerca, occorre riportare almeno il titolo della tesi. 20 E’ richiesta la descrizione del sistema di votazione e la distribuzione statistica dei voti per il corso di studio considerato.

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rispondenti all’evoluzione della domanda sociale di formazione ed ai mutamenti del sistema produttivo e del mercato del lavoro, onde facilitare il passaggio dei giovani dall’Università al lavoro. Per raggiungere tale obiettivo il D.M. 509/99, prima, ed il D.M. 270/2004, dopo, hanno espressamente previsto che le determinazioni delle Università relative alla definizione e/o revisione degli ordinamenti didattici devono essere precedute dalla consultazione con le cd. “parti sociali”, vale a dire con le organizzazione rappresentative a livello locale del mondo della produzione, dei servizi e delle professioni. Tale consultazione risulta essere ora espressamente riferita alla “valutazione dei fabbisogni formativi e degli sbocchi professionali”. La ratio di tale disposizione va ricercata nell’obiettivo di garantire, da un lato, la spendibilità dei titoli accademici e, dall’altro, il soddisfacimento delle particolari esigenze di formazione espresse dal sistema economico, produttivo e dei servizi del Paese. Alla luce di tali particolari esigenze e delle criticità emerse in sede di avvio della riforma, è stato costituito un apposito Tavolo Tecnico MIUR-Confindustria che ha elaborato un apposito “Modello di consultazione”. Tale modello, trasmesso alle Università con ministeriale n. 416 del 1° dicembre 2005, auspica che il sistema delle consultazioni venga articolato su un duplice livello.

In particolare, a livello di Ateneo, dovrebbe essere costituita una “Consulta Università – Sistema socio-economico” (o altro analogo organo previsto nello Statuto dell’Università) cui è demandato il compito di definire gli orientamenti generali del processo di consultazione, recepire il feedback delle valutazioni che emergono dai livelli di consultazione più specifici e portare a sintesi i risultati dell’intera operazione.

A livello delle singole strutture didattiche (Facoltà, Scuole, Corsi) si potrebbero ipotizzare due differenti tipologie di consultazione, e precisamente:

- “Comitati di consultazione settoriali o locali” con lo scopo di cogliere, nelle differenti specificità disciplinari e territoriali, l’obiettivo di integrazione della formazione nell’evoluzione del mercato del lavoro;

- “Comitati di indirizzo”, sul modello in precedenza realizzato negli Atenei con il progetto CampusOne. La consultazione dovrebbe, poi, realizzarsi in ciascuna delle tradizionali fasi che

compongono il processo formativo, così identificabili: 1) analisi dei fabbisogni di competenze; 2) progettazione curriculare; 3) erogazione dei corsi; 4) valutazione dei risultati.

L’analisi dei fabbisogni di competenze è la fase di raccolta, selezione ed interpretazione di dati che, oltre ad arricchire ed orientare la progettazione dei curricula, costituiscono un quadro affidabile e concreto di riferimento che elevino la possibilità occupazionale dei giovani.

La consultazione nella fase progettuale risulta finalizzata a verificare con gli esperti di settore gli obiettivi ed i contenuti specifici, da inserire o con cui aggiornare il programma curriculare.

La fase organizzativa ha fra i punti qualificanti la progettazione di stage formativi e l’elaborazione di tesi finalizzate e l’inserimento di testimoni provenienti dal mondo del lavoro. La fase valutativa, infine, è volta a creare, attraverso appositi meccanismi di verifica e consultazione, un circolo virtuoso tra progettazione e risultati del percorso formativo.

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6. Il corso di laurea magistrale in Giurisprudenza Con il D.M. 25 novembre 2005, emanato in attuazione del D.M. 270/2004, si è provveduto alla “Definizione della classe del corso di laurea magistrale in Giurisprudenza”. Tale provvedimento impone alle Università di adeguare gli attuali ordinamenti didattici dei corsi di laurea specialistica in Giurisprudenza alle disposizioni in esame a decorrere dall’anno accademico 2006/2007. Al posto del percorso “seriale” del 3+2, è stata introdotta una netta separazione tra il percorso che conduce alla laurea triennale (1+2) ed il percorso che conduce alla laurea magistrale (1+4). Tale differenziazione avviene dopo un primo anno (pari a 60 crediti) dove si frequenteranno attività didattiche comuni, anche per consentire allo studente di scegliere consapevolmente il proprio percorso formativo per completare gli studi. Pertanto, dopo tale anno, lo studente potrà alternativamente:

a) concludere il proprio percorso di studi in altri due anni con una laurea triennale (1+2) che consentirà l’accesso alle carriere direttive dell’impiego pubblico e privato e a professioni ed attività quali il consulente del lavoro ed il giurista di impresa21;

b) continuare gli studi scegliendo un percorso di quattro anni, che conduce al conseguimento della nuova laurea magistrale (1+4). In quest’ultimo caso, lo studente svolgerà complessivamente un ciclo di studi quinquennale,

come già avviene per i corsi di studio regolati da normative dell’Unione Europea, diretto ad ottenere una preparazione più qualificata rispetto all’attuale.

Per elaborare la nuova classe delle lauree magistrali in Giurisprudenza con percorso unitario quadriennale successivo al primo anno di base, la Commissione ministeriale allo scopo costituita è partita da una rivisitazione della vigente classe delle lauree specialistiche, strutturata secondo le previsione del D.M. 509/99 (3+2).

Questa classe presentava una serie di criticità riferite a: a) mancanza di un chiaro riferimento, negli obiettivi formativi, all’acquisizione delle

competenze per le professioni legali; b) eccessiva frammentazione dei moduli formativi, che ha portato al conseguente aumento del

numero degli esami, non sempre idonei per la formazione legale; c) accorpamento di troppi settori in un ambito disciplinare, nella struttura della vecchia classe

di laurea specialistica. Il nuovo percorso delineato dal D.M. 17 dicembre 2005 risulta essere più coerente con le

esigenze espresse dal mondo professionale: è stato, infatti, previsto il potenziamento delle procedure civili e penali, dei diritti, delle materie economico-finanziarie e dell’informatica giuridica e soprattutto della dimensione europea della formazione. In particolare, in coerenza con la loro crescente rilevanza quantitativa e qualitativa per l’attività professionale del giurista, è stato dato maggior risalto ai settori dei diritti penale, amministrativo, commerciale, tributario e comunitario.

E’ infine prevista l’introduzione di alcuni nuovi insegnamenti “caratterizzanti” e “professionalizzanti”, richiesti dalle categorie professionali quali l’ordinamento giudiziario, la deontologia professionale, l’argomentazione giuridica e la logica forense, la sociologia giuridica e la conoscenza di almeno una lingua straniera per gli aspetti legati all’area giuridica.

Resta all’autonomia universitaria la definizione di specifici indirizzi, la scelta delle attività affini ed integrative e l’individuazione delle modalità di svolgimento della prova finale.

In ogni caso, in base ai nuovi obiettivi formativi qualificanti previsti nella classe delle lauree magistrali in Giurisprudenza, i nuovi corsi di studio quinquennali formeranno laureati che, “oltre ad indirizzarsi alle professioni legali ed alla magistratura, potranno svolgere attività ed essere impiegati, in riferimento a funzioni caratterizzate da elevata responsabilità, nei vari campi di

21 La bozza del nuovo percorso triennale in Scienze giuridiche è attualmente all’esame del CUN.

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attività sociale, socio-economica e politica ovvero nelle istituzioni, nelle pubbliche amministrazioni, nelle imprese private, nei sindacati, nel settore del diritto dell’informatica, nel settore del diritto comparato, internazionale e comunitario (giurista europeo), oltre che nelle organizzazioni internazionali in cui le capacità di analisi, di valutazione e di decisione del giurista si rivelano feconde anche al di fuori delle conoscenze contenutistiche settoriali”.

In attuazione del disposto del comma 2 dell’art. 10 del D.M. 270/2004, secondo cui per i corsi preordinati all’accesso alle attività professionali, il numero minimo di crediti determinati dal Decreto Ministeriale può superare la soglia del 50% di quelli necessari per il conseguenti del titoli, il D.M. relativo alla definizione della classe della laurea magistrale a ciclo unico in Giurisprudenza vincola complessivamente 216 crediti sui 300 complessivamente richiesti per il conseguimento del titolo (vale a dire un valore di poco superiore ai due terzi del totale), dei quali 86 riferiti alle attività di base e 130 riferiti alle attività caratterizzanti.

Il D.M. in ogni caso lascia ampio spazio all’autonomia delle singole sedi, consentendo l’elaborazione da parte delle stesse di specifici curricula corrispondenti alle tradizioni culturali delle singole Facoltà ed alle eventuali esigenze del territorio. Con circolare ministeriale n. 7 del 10 gennaio 2006, il MIUR ha richiesto alle Università di trasmettere al CUN gli ordinamenti didattici della laurea magistrale in Giurisprudenza entro e non oltre il 24 febbraio p.v., utilizzando un’apposita procedura informatizzata; per poter attivare il corso nel 2006/2007, peraltro, il CUN deve esprimere parere favorevole entro e non oltre il successivo 11 aprile. Pertanto entro il 24 febbraio p.v. dovrà espletarsi l’iter “interno” propedeutico alla trasmissione dell’ordinamento didattico al MIUR. In linea generale, tale iter si articola nelle sotto indicate fasi:

- approvazione dell’ordinamento didattico da parte del Consiglio di Facoltà22; - acquisizione del parere del Nucleo di Valutazione dell’Ateneo23; - approvazione dell’ordinamento didattico da parte del Senato Accademico; - acquisizione del parere favorevole da parte del Comitato Regionale di coordinamento.

A tale riguardo si rilevano forti criticità riferite, in primo luogo, ai tempi estremamente ridotti imposti dal Ministero. In secondo luogo, il primo anno del corso di laurea magistrale in Giurisprudenza deve risultare comune con il primo anno del corso di laurea della classe in Scienze giuridiche. Anche tale classe, tuttavia, subirà una revisione alla luce delle disposizioni contenute nel D.M. 270/2004. Sarebbe stato pertanto più opportuno attendere anche la revisione della classe di laurea in Scienze giuridiche per poter progettare percorsi formativi organici e meglio rispondenti alle esigenze professionali dello specifico settore: si profila, infatti, il rischio di dover, a breve, nuovamente intervenire sull’ordinamento didattico della laurea magistrale in Giurisprudenza per coordinarla con la revisione della classe delle Scienze giuridiche.

22 La delibera del Consiglio di Facoltà presuppone l’acquisizione obbligatoria del parere della Commissione paritetica di Facoltà in ordine alla compatibilità tra i crediti assegnati alle varie attività formative e gli obiettivi formativi programmati dalle strutture didattiche. 23 Si evidenzia, al riguardo, che il MIUR, con ministeriale n. 7 del 10 gennaio scorso, ha precisato che, “attesa la ristrettezza dei tempi, per motivi di correntezza operativa, si ritiene che, in questa fase, possa essere omessa la relazione del Nucleo di Valutazione ai fini dell’inserimento delle proposte di istituzione di nuovi corsi di studio, dal momento che in tale ambito viene definita unicamente un’offerta formativa potenziale (insieme dei corsi previsti dai regolamenti didattici di Ateneo), nell’ambito della quale, poi, ogni Ateneo individua annualmente i corsi da attivare; resta ferma invece l’esigenza della relazione del Nucleo ai fini dell’attivazione di tutti i corsi di studio, secondo quanto previsto dall’art. 9, comma 2, del D.M. n. 270/2004”.

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7. La programmazione didattica relativa all’anno accademico 2006/2007 In attesa dell’emanazione dei decreti di revisione delle classi di laurea ai sensi delle disposizioni di cui al D.M. 270/2004 e ferme restando le indicazioni di carattere operativo sopra riportate per la revisione dell’ordinamento didattico del corso di laurea magistrale in Giurisprudenza, il MIUR ha fornito indicazioni sulla programmazione didattica relativa all’anno accademico 2006/2007, rinviando alle precedenti disposizioni in materia previste dagli artt.424, 525 e 626 del D.M. 5 agosto 2004, n. 262 (Programmazione del sistema universitario per il triennio 2004-

24 L’art. 4 (Offerta formativa) prevede che “ 1. Nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 11 del D.M. 3 novembre 1999, n. 509 e dall’articolo 2, comma 4, del D.P.R. n. 25/1998 possono essere istituiti corsi di laurea e di laurea specialistica; le Facoltà (o le competenti strutture didattiche) possono essere istituite ed attivate nella stessa sede amministrativa dove siano già legittimamente funzionanti altre Facoltà dell’Università. 2. L’istituzione di nuove Facoltà di medicina e chirurgia è approvata con decreto del Ministro, sentito il Comitato, previo parere favorevole del Ministero della Salute (ai sensi dell’articolo 2, comma 3, lettera b) del D.P.R. n. 25/1998), sulla base di apposito accordo di programma (ai sensi dell’articolo 5, comma 6, della legge 24 dicembre 1993 n. 537) tra il Ministero, l’Università, la Regione ed enti pubblici e privati, nel quale vengono individuate le disponibilità di strutture, di personale e le risorse finanziarie occorrenti, relativamente ai corsi da istituire e attivare. 3. L’attivazione dei corsi di laurea e di laurea specialistica può essere attuata, con apposite deliberazioni dell’Università: a-1) nella stessa sede didattica ove gli stessi sono stati legittimamente attivati nell’a.a. precedente; a-2) ovvero - in caso di prima attivazione o di cambiamento della sede didattica - nelle sedi amministrative delle Facoltà dell’Ateneo legittimamente istituite; a-3) ovvero - per i corsi relativi alle professioni sanitarie - presso le aziende ospedaliero-universitarie, le altre strutture del servizio sanitario-nazionale, e le istituzioni private accreditate, sulla base di protocolli di intesa fra Università e Regione, secondo quanto previsto dal D.P.C.M. 24 maggio 2001, ai sensi dell’articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 21 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni e integrazioni; a-4) ovvero, se in altra sede, dopo l’acquisizione dell’autorizzazione ministeriale, sulla base della relazione tecnica favorevole del Comitato, e previo parere favorevole del Comitato regionale (ovvero provinciale) di coordinamento e relazione tecnica favorevole del Nucleo di valutazione. Per tali corsi almeno le strutture edilizie e strumentali devono essere assicurate, anche mediante convenzione, da enti pubblici e privati per un numero di anni non inferiore a 20. b) subordinatamente alla verifica annuale del rispetto dei requisiti di disponibilità delle dotazioni (di personale e di strutture) necessarie, determinati annualmente con decreto del Ministro, sentito il Comitato. Relativamente all’a.a. 2004-2005 tale verifica è effettuata dal Comitato; negli a.a. successivi dal Nucleo di valutazione. Limitatamente all’a.a. 2004-2005 possono essere attivati corsi anche senza il possesso dei predetti requisiti. Tali corsi non sono tenuti in considerazione ai fini della ripartizione, per le Università statali, dei fondi per il finanziamento ordinario, per la programmazione e per l’edilizia e, per le Università non statali, dei fondi previsti dalla legge 29 luglio 1991, n. 243 e per la programmazione. 4. Fermo restando quanto previsto al comma 3 in materia di requisiti di disponibilità di personale docente, le Università, in sede di attivazione dei corsi di studio, si avvalgono di docenti a contratto che, con particolare riferimento a insegnamenti che necessitino di apertura verso il mondo culturale, professionale o imprenditoriale non universitario, possano contribuire all’arricchimento, alla diversificazione e al pluralismo dell’insegnamento”. 25 L’art. 5 (Banca dati dell’offerta formativa) prevede che “1. L’attivazione dei corsi di studio di cui all’articolo 4 è subordinata all’inserimento degli stessi, ogni anno, nella banca dati dell’offerta formativa del Ministero; dall’a.a. 2005-2006 i criteri relativi a tale inserimento sono stabiliti con decreto ministeriale. 2. Il decreto di cui al comma 1 determina altresì i termini perentori entro i quali le proposte delle Università, unitamente alle deliberazioni dei competenti organi accademici, preordinate alle modifiche dei Regolamenti Didattici di Ateneo, devono pervenire al Ministero per il prescritto parere del Consiglio Universitario Nazionale. 3. Il mancato inserimento dei corsi di cui al comma 1, nei termini, nella banca dati dell’offerta formativa comporta: la non considerazione degli stessi ai fini di quanto previsto dal comma 3, lettera b), ultimo periodo, dell’articolo 4; la riduzione, nella misura non superiore al 5 %, delle quote di finanziamento da attribuire in applicazione del nuovo modello predisposto dal Comitato, relativamente all’anno 2004; per i successivi anni l’entità di tale riduzione è determinata con decreto del Ministro”.

26 L’art. 6 (Riassetto dell’offerta formativa) dispone: “1. Entro un anno dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale i corsi di laurea e di laurea specialistica eventualmente attivati in sedi didattiche diverse da quelle indicate all’articolo 4, comma 3, lettere a-1), a-2), a-3), sono oggetto di valutazione tecnica da parte

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2006) e di cui al D.M. 27 gennaio 2005, n. 15 (Banca Dati dell’Offerta Formativa e verifica del possesso dei requisiti minimi). In particolare, con circolare ministeriale n. 7 del 10 gennaio scorso, vengono prorogate le disposizioni relative alla programmazione del sistema universitario per il triennio 2004-200627 e viene procrastinata al triennio 2007-2009 l’attuazione delle disposizioni contenute nell’art. 1-ter (Programmazione e valutazione delle Università) del Decreto Legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito nella Legge 31 marzo 2005, n. 43,28 ai sensi del quale le Università a decorrere dal 30 giugno 2006 devono adottare specifici programmi triennale di sviluppo che devono contenere anche l’indicazione dei “corsi di studio da istituire e attivare nel rispetto dei requisiti minimi essenziali in termini di risorse strumentali ed umane, nonché quelli da sopprimere”. La circolare pertanto conferma l’applicabilità delle disposizioni contenute nel D.M. 15/200529 ed i termini dallo stesso previsti. In particolare, per l’anno accademico 2006/2007 sono indicate le seguenti scadenze:

- 31 gennaio 2006, per la trasmissione da parte delle Università al MIUR, attraverso l’apposita procedura informatizzata, delle proposte di istituzione di nuovi corsi di studio ovvero di modificazione degli ordinamenti didattici dei corsi di studio da istituire (chiaramente da predisporre sulla base delle classi attualmente esistenti);

- 15 marzo 2006 per l’approvazione della proposta da parte del CUN; - 21 aprile 200630, per la verifica da parte delle Università del possesso dei requisiti minimi;

del Comitato (previa acquisizione al riguardo del parere del competente Comitato regionale – ovvero provinciale – di coordinamento e della relazione del Nucleo di valutazione) in ordine alle motivazioni della loro ubicazione ed al possesso dei requisiti di cui all’articolo 4, comma 3, lettera b); sulla base di tale valutazione il Ministro dispone, con proprio decreto, la formalizzazione dei corsi, anche con eventuali prescrizioni in ordine all’offerta potenziale sostenibile dagli stessi, ovvero la disattivazione dei medesimi, fermo restando il completamento dei corsi per gli studenti già iscritti. 27 Per un maggior approfondimento si veda l’analisi del D.M. 262/2004 elaborata dall’Ufficio Programmazione e Sviluppo, consultabile al sito http://www.unipv.it/pomici73/mioweb3/ups/analisi%20piano%2004-06.pdf. 28 L’art. 1-ter stabilisce che “1. A decorrere dall'anno 2006 le università, anche al fine di perseguire obiettivi di efficacia e qualità dei servizi offerti, entro il 30 giugno di ogni anno, adottano programmi triennali coerenti con le linee generali di indirizzo definite con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentiti la Conferenza dei rettori delle università italiane, il Consiglio universitario nazionale e il Consiglio nazionale degli studenti universitari, tenuto altresì conto delle risorse acquisibili autonomamente. I predetti programmi delle università individuano in particolare: a) i corsi di studio da istituire e attivare nel rispetto dei requisiti minimi essenziali in termini di risorse strutturali ed umane, nonchè quelli da sopprimere; b) il programma di sviluppo della ricerca scientifica; c) le azioni per il sostegno ed il potenziamento dei servizi e degli interventi a favore degli studenti; d) i programmi di internazionalizzazione; e) il fabbisogno di personale docente e non docente a tempo sia determinato che indeterminato, ivi compreso il ricorso alla mobilità. 2. I programmi delle università di cui al comma 1, fatta salva l'autonoma determinazione degli atenei per quanto riguarda il fabbisogno di personale in ordine ai settori scientifico-disciplinari, sono valutati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e periodicamente monitorati sulla base di parametri e criteri individuati dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, avvalendosi del Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario, sentita la Conferenza dei rettori delle università italiane. Sui risultati della valutazione il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca riferisce al termine di ciascun triennio, con apposita relazione, al Parlamento. Dei programmi delle università si tiene conto nella ripartizione del fondo di finanziamento ordinario delle università. 3. Sono abrogate le disposizioni del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 gennaio 1998, n. 25, ad eccezione dell'articolo 2, commi 5, lettere a), b), c), e d), 6 e 7, nonché dell'articolo 3 e dell'articolo 4“. 29 Si veda l’analisi del D.M. in esame elaborata dall’Ufficio Programmazione e Sviluppo, consultabile al link http://www.unipv.it/pomici73/mioweb3/ups/analisi%20decreto%20requisiti%20minimi.pdf

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Page 15: LA REVISIONE DEL D.M. 509/99 E LE INNOVAZIONI … d.m...Il diploma supplement 5. La consultazione con le “parti sociali” 6. Il corso di laurea magistrale in Giurisprudenza 7. La

- 31 maggio 2006, per il completamento, a cura dell’Amministrazione universitaria, dell’inserimento delle informazioni integrative richieste ai fini dell’aggiornamento della Banca Dati dell’Offerta Formativa annuale. Resta sempre inteso che, laddove il CUN non esprimesse parere nel termine di cui

sopra o dovesse formulare osservazioni o richiedere la riformulazione dell’ordinamento didattico, il corso di studio non potrà essere attivato.

In ogni caso, il parere favorevole del CUN costituisce condizione necessaria ma non sufficiente per l’attivazione dei corsi di studi: tutti i corsi di studio che l’Università intende, di anno in anno, attivare (l’offerta didattica di Ateneo è riferita a ciascun anno accademico), sono sottoposti ad una verifica preventiva circa il soddisfacimento dei requisiti minimi: se tale verifica non ha esito positivo, il corso di studio non potrà essere attivato dall’Università31.

30 In realtà, il D.M. 15/2005 fissa al 15 aprile di ogni anno antecedente l’inizio dell’anno accademico il termine entro il quale le Università devono procedere alla verifica dei requisiti minimi: in considerazione del fatto che per l’anno 2006 tale termine coincide con le festività pasquali, la ministeriale n. 7 ha concesso una proroga al 21 aprile. 31 In particolare, ai sensi del disposto di cui all’art. 2, comma 6, del D.M. in esame, l’eventuale iscrizione di studenti in corsi di studio non in possesso dei requisiti minimi comporterà le sotto indicate sanzioni:

a) la revoca dell’autorizzazione ministeriale al rilascio del relativo titolo di studio, e la conseguente impossibilità dell’inserimento degli studenti illegittimamente iscritti nell’Anagrafe Nazionale degli studenti e dei laureati, fatto salvo il riconoscimento dei crediti già acquisiti dagli studenti stessi per il proseguimento degli studi in altro corso;

b) la non considerazione dei relativi studenti ai fini dell’erogazione dei fondi ministeriali, nonché la riduzione delle quote di finanziamento da attribuire in applicazione del nuovo modello del Comitato, nella misura del 5% a partire dal 2005.

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