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La ricetta fra scienza, tradizione e folklore - Ars Vitae fileun ingrediente sono combinati con...

Date post: 08-Oct-2019
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RICERCA 84 GIOVANNI APPENDINO_ UNIVERSITÀ DEL PIEMONTE ORIENTALE Medicina e nutrizione sono state a lungo due facce di una stessa medaglia, e non è un caso che il primo trial clinico della storia sia stato fatto utilizzando legumi e non piante medicinali, almeno in base alla descrizione che ne fa la Bibbia (Daniele, 1: 11-13). In questo contesto, nessuna parola meglio di ricetta esemplifica la stretta relazione esi- stente fra medicina e nutrizione. Usiamo lo stesso termine per indicare le istruzioni date dal medico per preparare un farmaco e da un cuoco per preparare un piatto, validando dal punto di vista semantico l’osservazione che il divorzio fra medicina e nutrizione è essenzialmente un artefatto moderno. La ricetta medica è povera di informazioni. Il medico si limitava ad elencare i compo- nenti di un farmaco, delegandone la prepa- razione al farmacista e usando una serie di abbreviazioni (essenzialmente non infor- mative tipo: fà secondo arte) che sovente mettevano a dura prova l’abilità del prepa- ratore. Oggi le medicine sono raramente preparate dal farmacista, e l’arte dello spe- ziale è stata sostituita dalla tecnologia del- l’industria. Il medico elenca nella ricetta una serie di farmaci industriali, la cui dispensazione e relative istruzioni d’impie- go sono delegate al farmacista. In questo senso, la ricetta culinaria non ha più alcun legame con la ricetta medica. Che cuoco si sognerebbe mai di includere fra gli ingre- dienti di una sua ricetta i bastoncini Findus, i biscotti del Mulino Bianco o il ragù Star? D’altro canto, cucinare è in ultima analisi un esperimento scientifico, in cui i costituenti di un ingrediente sono combinati con quelli di un altro, e modificati da agenti fisici (calore) o microbiologici (fermentazione). È naturale quindi che esistano delle strette analogie fra le ricette dei chimici e quelle dei cuochi; più che di relazioni fra ricette culinarie e farma- ceutiche, parleremo dunque del rapporto fra le ricette culinarie e quelle chimiche, un con- fronto che esemplifica, per certi versi, il con- trasto fra l’anima innovativa e quella conser- vatrice della moderna gastronomia. Che la gastronomia, soprattutto quella di alto livel- lo, si stia “chimicizzando” è infatti sotto gli occhi di tutti: un recente annuncio del famo- so ristorante inglese The Fat Duck chiedeva ai suoi aspiranti cuochi come titolo preferen- ziale una certa conoscenza della chimica (1). Apparecchiature chimiche come l’evaporato- re rotante (Figura 1) stanno iniziando a fare bella mostra nelle cucine di ristoranti alla moda (2), e c’è chi suggerisce che la moderna cucina dovrebbe equipaggiarsi con l’intero corredo di vetreria di base di un laboratorio chimico (This, 2002; p. 83-88). Nessuna parola meglio di ricetta esemplifica la stretta relazione esistente fra medicina e nutrizione La ricetta fra scienza, tradizione e folklore Figura 1. Un’istantanea dalla cucina di Joan Roca (Ristorante El Celler de Can Roca in Catalogna). L’evaporatore rotante serve a distillare i composti volatili di una miscela di fango e acqua per la famosa e molto chiacchierata distillazione della terra. L’acqua distillata contenente i composti odorosi è poi lavorata a schiuma e servita con un piatto di ostriche.
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R I C E R C A84 G I O V A N N I A P P E N D I N O _ U N I V E R S I T À D E L P I E M O N T E O R I E N T A L E

Medicina e nutrizione sono state a lungodue facce di una stessa medaglia, e non è uncaso che il primo trial clinico della storia siastato fatto utilizzando legumi e non piantemedicinali, almeno in base alla descrizioneche ne fa la Bibbia (Daniele, 1: 11-13). In

questo contesto, nessuna parola meglio diricetta esemplifica la stretta relazione esi-stente fra medicina e nutrizione. Usiamo lostesso termine per indicare le istruzioni datedal medico per preparare un farmaco e daun cuoco per preparare un piatto, validandodal punto di vista semantico l’osservazioneche il divorzio fra medicina e nutrizione èessenzialmente un artefatto moderno.La ricetta medica è povera di informazioni.Il medico si limitava ad elencare i compo-nenti di un farmaco, delegandone la prepa-razione al farmacista e usando una serie diabbreviazioni (essenzialmente non infor-mative tipo: fà secondo arte) che soventemettevano a dura prova l’abilità del prepa-ratore. Oggi le medicine sono raramentepreparate dal farmacista, e l’arte dello spe-ziale è stata sostituita dalla tecnologia del-l’industria. Il medico elenca nella ricettauna serie di farmaci industriali, la cuidispensazione e relative istruzioni d’impie-go sono delegate al farmacista. In questosenso, la ricetta culinaria non ha più alcunlegame con la ricetta medica. Che cuoco sisognerebbe mai di includere fra gli ingre-dienti di una sua ricetta i bastoncini Findus,i biscotti del Mulino Bianco o il ragù Star?

D’altro canto, cucinare è in ultima analisi unesperimento scientifico, in cui i costituenti diun ingrediente sono combinati con quelli diun altro, e modificati da agenti fisici (calore)o microbiologici (fermentazione). È naturalequindi che esistano delle strette analogie frale ricette dei chimici e quelle dei cuochi; piùche di relazioni fra ricette culinarie e farma-ceutiche, parleremo dunque del rapporto frale ricette culinarie e quelle chimiche, un con-fronto che esemplifica, per certi versi, il con-trasto fra l’anima innovativa e quella conser-vatrice della mo derna gastronomia. Che lagastronomia, soprattutto quella di alto livel-lo, si stia “chimicizzando” è infatti sotto gliocchi di tutti: un recente annuncio del famo-so ristorante inglese The Fat Duck chiedevaai suoi aspiranti cuochi come titolo preferen-ziale una certa conoscenza della chimica (1).Apparec chiature chimiche come l’evaporato-re rotante (Figura 1) stanno iniziando a fare

bella mostra nelle cucine di ristoranti allamoda (2), e c’è chi suggerisce che la modernacucina dovrebbe equipaggiarsi con l’interocorredo di vetreria di base di un laboratoriochimico (This, 2002; p. 83-88).

Nessuna parola meglio di ricetta

esemplifica la stretta relazione esistente

fra medicina e nutrizione

La ricetta fra scienza,

tradizione e folklore

Figura 1. Un’istantanea dalla cucina di Joan Roca

(Ristorante El Celler de Can Roca in Catalogna).

L’evaporatore rotante serve a distillare i composti

volatili di una miscela di fango e acqua per la

famosa e molto chiacchierata distillazione dellaterra. L’acqua distillata contenente i composti

odorosi è poi lavorata a schiuma e servita con un

piatto di ostriche.

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Parallelamente, l’uso delle microonde hacontagiato la chimica organica preparativa e,prima dell’avvento di apparecchiature speci-fiche, sono a lungo stati usati - non senzarischio - dei fornetti a microonde domesticianche nei laboratori chimici. Parados -salmente, l’utilizzo di additivi, così depreca-to dai media quando applicato a prodottiindustriali, furoreggia invece nella cucinad’autore. L’espansione degli ingredienti chi-mici in cucina è impressionante. Sale (cloru-ro di sodio) e zucchero (saccarosio) sonodiventati così comuni che quasi ci si dimen-tica che sono composti chimici puri, natura-li come origine, ma frutto di una tecnologiadi isolamento e purificazione umana e quin-di artificiale. Nella Tabella 1 è presentatauna serie di ingredienti tutti usati nella cuci-na “molecolare” (3), che po tranno far storce-re il naso a molti lettori. In fin dei conti, sitratta però dello stesso processo che ha por-tato alla sostituzione del miele con lo zuc-chero, o delle stecche di vaniglia con la vanil-lina (in questo caso prodotta per sintesi inquanto meno costosa di quella di isolamen-to). Se si accetta questo, non vi è alcunaragione per rifiutare glicerolo, maltolo oagar. Senza questi nuovi ingredienti, i vir-tuosismi gastronomici di Ferran Adrià e dei

suoi seguaci non potrebbero materializzarsi,e persino estratti di piante, come i polifeno-li dei semi d’uva, cominciano a entrare nellacomposizione di ricette (4). Non è chiaro, in questo caso, se l’intento siasalutistico o gustativo, perché il sapore deitannini è aspro e allappante anche se, op -portunamente combinato, potrebbe sen zadubbio dare una nota sensoriale particolarea un piatto. L’innocuità relativa di questiingredienti alla moda è fuori discussione,essendo tutti regolarmente autorizzati peruso alimentare, ma la loro naturalezza è inalcuni casi quantomeno dubbia. La cucinastessa del resto è fondamentalmente artifi-ciosa, e naturali possono essere, al massimo,i suoi ingredienti: la chimica sta entrandonella gastronomia in modo deciso, al puntoche ormai si parla di “gastronomia moleco-lare”, un eufemismo per indicare un tipo dicucina meglio definibile come “gastronomiachimico-fisica”, pur se si preferisce evitaretale definizione per non insospettire il con-sumatore con un termine preciso ma impo-polare. Un’analisi fra le diversità della ricet-ta chimica e quella culinaria ci porterà afare alcune interessanti osservazioni sullapratica culinaria e sulla razionalità delle sueindicazioni.

E322 Lecitina di soia

E327 Lattato di calcio

E331 Citrato di sodio

E400 Acido alginico

E401 Alginato di sodio

E402 Alginato di potassio

E403 Alginato d’ammonio

E404 Alginato di calcio

E406 Agar-agar

E407 Carragenina

E407a Alga eucheuma

E410 Farina di carrube

E412 Gomma guar

E413 Gomma tragacanta

E414 Gomma acacia

E415 Xantano

E416 Gomma karaya

E417 Gomma tara

E418 Gomma gellano

E422 Glicerolo

E425 Gomma konjac

E440 Pectina

E441 Gelatina

E461 Metilcellulosa

E463 Idrossipropilcellulose

E464 Idrossipropilmetilcellosa

E466 Carbossimetilcellulosa

E473 Esteri del saccarosio

con acidi grassi

E474 Gliceridi del saccarosio

E621 Glutammato sodico

E631 Inosinato disodico

E636 Maltolo

E953 Isomaltolo

E1103 Invertasi

E1400 Destrina

Tabella 1. Additivi alimentari usati nella gastronomia molecolare.

Secondo i chimici

Proprio come in cucina esistono raccolte diricette di riferimento (si pensi ad esempioall’Artusi nel contesto gastronomico italia-no), così in chimica esiste l’Organic

Synthesis, la madre di tutte le raccolte diricette chimiche (5). Le ricette dell’Organic

Synthesis - disponibili in rete gratuitamenteanche attraverso Wikipedia - descrivono inmodo minuzioso come una serie di reagen-ti, ossia ingredienti nel lessico gastronomi-co, devono essere combinati fra di loro perpreparare un nuovo composto. Le condizio-ni (temperatura, agitazione, ordine diaggiunta dei reagenti) sono descritte neiminimi dettagli, e il testo è accompagnatoda note esplicative che mettono in guardialo sperimentatore da possibili errori edescrivono i requisiti di purezza richiestiper ogni reagente, qualcosa di paragonabilea qualità e tracciabilità per gli ingredientidella cucina. Un commento finale spiegapoi le basi razionali della preparazione.Notiamo come, analogamente alla cucina, laqualità degli ingredienti sia di importanzafondamentale: ogni ricetta inviata alla rivi-sta è valutata innanzitutto per la sua impor-tanza e originalità ed è quindi controllataper l’esattezza dei dettagli sperimentali dadue ricercatori diversi, i cui commenti sonoincorporati, quando necessario, nelle notedel testo. Così come nessun musicista sisognerebbe di ritoccare una fuga di Bach,nessun chimico preparatore oserebbe cam-biare i dettagli sperimentali di una ricettadell’Organic Synthesis. Tutto è codificato erazionale. Se la preparazione non riesce, lacolpa può solo essere dello sperimentatore,o della qualità non ottimale dei reagentiimpiegati. L’esecuzione di molte preparazio-ni richiede una perizia non indifferente, ein questo contesto l’Organic Synthesis appa-re un po’ come il Gradus ad Parnassum diClementi per chi studia il pianoforte.

In cucina

La maggior differenza fra la ricetta culinariae quella chimica sta non tanto nella forma(visto che in entrambi i casi si tratta fonda-mentalmente di istruzioni) quanto nel fattoche la ricetta culinaria, almeno quella classi-ca, lascia una maggiore libertà nel rapportofra gli ingredienti, che vengono sovente otti-mizzati nel corso della preparazione. In unaricetta vengono in genere definiti in modopreciso solo gli ingredienti che potremmodefinire strutturali, responsabili cioè diforma e texture di un piatto. Esistono infat-ti delle precise basi chimico-fisiche cheregolano, ad esempio, il rapporto fra acquae collagene per fare la gelatina, o fra olio,rosso d’uovo e acqua per fare la maionese.La fisicità di un piatto è il risultato di un’in-terazione chimico-fisica fra certi ingredien-ti e l’ottimizzazione del loro rapporto (ste-chiometria nel lessico chimico) è soventepuntiforme, cioè presenta un valore idealeda cui ci si può discostare molto poco, penala perdita di qualità. Per quanto riguardainvece gli ingredienti sapidi, la loro ottimiz-zazione presenta un grafico “à plateau”, incui il valore massimo di apprezzamento

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gustativo non cambia per cambiamenti dicomposizione. Gli aromi si possono infatticombinare fra di loro in più rapporti diver-si, generando una tavolozza di sensazionidiverse ma ugualmente piacevoli. In conclu-sione, se la fisicità di una preparazione culi-naria è modulabile entro una gammaristretta di valori (un soufflé non può mon-tare o compattarsi più di tanto), il suo profi-lo gustativo può variare invece entro limitimolto ampi. I gusti fondamentali sono solocinque, ma interagiscono fra di loro. Unanota amara può essere attenuata dall’ag-giunta di sale (provare con una Schweppesper credere) e l’aggiunta di spezie chemeste-tiche, come peperoncino e zenzero, intensi-fica in generale la percezione dei saporiattraverso un meccanismo trigeminale.Ognuno di noi vive inoltre in un propriouniverso sensoriale, sotto controllo geneti-co ed epigenetico. La soglia di percezionedi un profumo o di un gusto varia enorme-mente da persona a persona. Ad esempio,alcune persone sono incapaci per ragionigenetiche, legate al fatto che non produco-no l’antenna-recettore specifico, di percepi-re l’amaro di certi composti (feniltiocar-bammide) o l’odore dell’androstenone, ti -pico della carne dei suini non castrati.Questa variabilità esiste anche per la com-ponente chemestetica dell’aroma, e in alcu-ni casi le sue basi fisiologiche sono cono-sciute in dettaglio. In una popolazione scel-ta a caso, la sensibilità agli effetti rinfrescan-ti del mentolo (e quindi della menta che locontiene) varia di oltre 50 volte, mentrequella alla capsaicina del peperoncinodipende dal sesso (le donne fertili sono piùsensibili perché gli ormoni femminili ren-dono più attivo il recettore della capsaicinao TRPV1) e dall’età (Appendino, 2007). Ilpiccante è percepito in modo maggiore conl’aumento dell’età, perché il DHEA, il mag-giore steroide circolante, una specie di mar-catore della giovinezza, antagonizza l’azio-ne della capsaicina, e il suo declino con l’etàporta quindi a una maggiore sensibilità per

il pungente. Non è un caso che i vincitoridelle competizioni di assaggiatori di pepe-roncino siano generalmente persone giova-ni e di sesso maschile: sono meno sensibilial piccante e quindi riescono a tolleraremeglio le note infernali dell’habanero. Inalcuni casi poi, la differenza di sensibilità acerti gusti è il risultato di un vero e proprioprocesso di evoluzione gustativa. Siamomolto più quello che i nostri antenati hannomangiato che quello che noi stessi mangia-mo, e la genomica sta fornendo le basi razio-nali per spiegare le nostre preferenze gusta-tive. Studiando la distribuzione del generesponsabile per il recettore del saporeamaro dei glucosidi cianogenici, presenti adesempio nella tapioca o nelle mandorleamare, si è scoperto che la distribuzione diun mutante del gene che porta a un recetto-re poco sensibile si sovrappone a quella dellamalaria (Soranzo e altri, 2005; p. 1257-1265).L’acido cianidrico liberato dai glucosidi cia-nogenici ha infatti azione antimalarica, euna bassa sensibilità all’amaro dei glucosidi

cianogenici permette di mangiare quantitàmaggiore di piante che li contengono senzasentirne l’amaro. Chia ramente, questo si tra-duce in una maggiore resistenza alla mala-ria, e quindi in un vantaggio salutistico(Nabhan, 2004).

Verso una gastronomia

“fondata sull’evidenza”

La ricetta culinaria tradizionale è povera didettagli sulle basi razionali delle istruzionidate (ordine di aggiunta degli ingredienti,modalità di riscaldamento, tempi di cottura)ed è possibile che, accanto a osservazioniprecise e importanti per la riuscita di unpiatto, siano anche forniti consigli di valore

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Siamo molto più quello che i nostri antenati hanno mangiato

che quello che noi stessi mangiamo

dubbio. Secondo una corrente di pensieroche fa capo al gastronomo molecolareHervé This, sarebbe necessario “separare ilgrano dalla pula”, valutando alla luce dellenostre conoscenze chimico-fisiche quantodi fantasioso e quanto di razionale esiste inuna ricetta. Questa revisione critica si tra-

durrebbe in un loro deciso miglioramento eriproducibilità. Secondo altri, invece, unaricetta sarebbe il punto di arrivo di un com-plesso processo di stratificazione culturale edi osservazioni che sostanzialmente eludo-no le nostre conoscenze sulle basi chimico-fisiche della gastronomia. Molte ricettesono vecchie di secoli e sarebbero state otti-mizzate dal loro uso continuato, in unasorta di processo di ottimizzazione evoluti-va che presenta una certa analogia conquanto succede con Wikipedia: ognuno èlibero di fare cambiamenti, ma la saggezzacollettiva corregge poi il risultato e ottimiz-za il risultato finale.Oggi, la carne viene grigliata ponendoladirettamente sopra la fiamma: questo portaad un processo di cottura rapido, che gene-ra però quantità elevate (dal punto di vistatossicologico) di idrocarburi aromatici poli-ciclici (PAH), i primi cancerogeni a esserestati scoperti. È stato dimostrato che unabistecca grigliata secondo le metodiche oggiin uso contiene una concentrazione di PAHdieci volte superiore a quella ammessa perlegge nei prodotti alimentari. D’altro canto,i trattati classici di cucina consigliano inve-ce la grigliatura verticale della carne, ponen-dola di fronte al fuoco e non sopra di esso.La carne grigliata in questo modo contieneuna quantità di PAH ampiamente al di sottodi quella considerata come dannosa per lasalute. In questo caso, la saggia lentezza

della tradizione vince sulla frenesia cineticadella cucina moderna. La cottura alla grigliae la doratura delle cipolle esemplificano inmodo mirabile come razionale e irrazionalepossano coesistere in una ricetta. Comeesempio di pratica culinaria irrazionalepotremmo citare l’abitudine di soffriggerela cipolla e lo scalogno nel vino, il qualefunge solo da fonte di zuccheri caramelliz-zabili che reagiscono, secondo Maillard, conle proteine della cipolla portando a unadoratura pregevole e a un sapore tipico. Ivini, tuttavia, contengono quantità moltovariabili di zuccheri, e il processo è fonda-mentalmente difficile da ottimizzare, senzatener conto dello spreco dell’aroma del vinodurante la doratura. Sono stati fatti esperi-menti di doratura dello scalogno usandovini più o meno pregiati, ma nessuno di essiha eguagliato il risultato e la riproducibilitàottenute usando semplicemente una solu-zione di acqua e zucchero. In questo caso, ilfolklore sembra prevalere sulla razionalitàgastronomica. Analizzando la letteraturaculinaria francese, Hervé This ha raccoltooltre 25.000 di queste idiosincrasie gastrono-miche (précisions) degne di essere studiateed eventualmente corrette o razionalizzate.Cosa dire invece delle ricette moderne?Analizziamo un esempio famoso, quello del -la carne cotta sottovuoto (6): la cottura ot ti -male della carne è problematica e difficileda controllare in un sistema culinario tradi-zionale. La superficie deve essere scaldata auna temperatura di almeno 120 °C perché siinneschi la reazione di Maillard che provo-ca l’imbrunimento della superficie e ge neral’aroma caratteristico della carne ab bru -stolita. Allo stesso tempo, l’interno dellacar ne non deve essere scaldato a temperatu-re superiori ai 40-65°C, per non compromet-terne la succulenza. Questa differenza ditemperatura di cottura è difficile da ottene-re in una pentola convenzionale. Una solu-zione moderna al problema è rappresentatadalla cottura sottovuoto, appunto: la carne èimpacchettata in una busta di plastica, si

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La gastronomia “fondata sull’evidenza”

è la vera anima della gastronomia molecolare

e delle sue ricette

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Figura 2. L’alchimista: il pre-

cursore del chimico e del ga -

stro nomo molecolare.

aggiungono gli aromi, e il tutto è sigillatosottovuoto. Si mette poi il pacchetto in unbagnomaria termostatizzato a circa 60°C peruna trentina di minuti e, pochi minutiprima dello scadere del tempo prestabilito,si porta a frittura un grasso a scelta nellapentola. A questo punto, si toglie la carnedal sacchetto di plastica e la si cuoce inpadella per alcuni secondi da entrambi ilati. Dato che la carne è già stata pre-riscal-data, l’imbrunimento e la formazione del-l’aroma sono molto rapidi, e la parte internadella bistecca non fa in tempo a scaldarsitroppo, mantenendosi tenera (7). Questa pra -tica “razionale” di cuocere la carne è popo-lare fra gli amanti della cucina molecolare ela ricetta esemplifica alcune caratteristichedella moderna gastronomia, cioè l’esistenzadi basi razionali, l’utilizzo di materiali e tec-nologie moderne, e la riproducibilità. Ilrisultato è garantito e il fattore umano èminimizzato. L’eccellenza gastronomica èas sicurata anche a chi non ha avuto iltempo, la pazienza e la costanza di speri-mentare.

Conclusioni

Cucinare è sempre stato popolare fra i chi-mici. L’acronimo JOC (Journal of Organic

Chemistry, la rivista di bandiera della comu-nità dei chimici organici) è stato soventeletto come Joy of Cooking, ed è persino statapubblicata una raccolta di ricette dei chimi-ci più famosi (mai commentata da gastrono-mi veri) (Bell, 2003). Del resto, i grandi chi-mici del passato si sono sempre interessatidi cucina a cominciare da Lavoisier, il fon-datore della chimica moderna, che pubblicòun trattato sul brodo (Lavoisier, 1783). La novità è che l’amore per la chimica è oracorrisposto dai gastronomi, che hannomutuato metodiche e apparecchiature daichimici, creando quella che si potrebbe defi-nire come la gastronomia “fondata sull’evi-denza”. Al di là di ogni sofisma, questa èinfatti la vera anima della gastronomia

molecolare e delle sue ricette. Se l’utilizzo dicerti ingredienti o attrezzature può sembra-re futuristico e far storcere il naso, pensia-mo per un attimo ai materiali che usiamo incucina. La mezzaluna per tritare è statasostituita dai robot, le pentole sono diventa-te anti-aderenti con il loro rivestimento diTeflon, e gli stampi da soufflé di siliconepermettono a chiunque di esibire soufflédalla forma perfetta (Montanari, 2004; p.81-84). La ricetta, che a lungo è stata unaspecie di basso continuo per sostenere lemelodie del preparatore, si va evolvendo insenso tecnologico, diventando precisa erazionale, con una globalizzazione di esecu-zione contrastata soltanto dalla nostradiversità genetica. I progressi spettacolarinelle scienze biomediche rendono futuribileuno scenario in cui a ogni individuo saràassociato un corredo genomico sensoriale,con la possibilità di ottimizzare in modorazionale le sue preferenze gustative. A que-sto punto la ricetta morirebbe davvero, ilcuoco potrebbe essere sostituito da unamacchina e potremmo anche nutrirci di pil-lole aromatizzate ad hoc e perfette dal pun -to di vista gustativo, come ipotizzato giànell’Ottocento dal grande chimico franceseBerthelot. Il gusto sarebbe probabilmenteperfetto ma noi perderemmo di umanità,dato che la perfezione diafana e la riprodu-cibilità appartengono più alla tecnologia chealla nostra natura. Chiaramente la distinzio-ne classica fra cucina, intesa come tecnica dipreparazione di un piatto, e gastronomia,intesa come conoscenza di tutto quantoriguarda la nutrizione umana, va semprepiù sfumando, con l’emergenza della figuraibrida del cuoco-gastronomo molecolare. Lericette di questa nuova cucina basata sul-l’evidenza sono concepite in modo raziona-le e la loro esecuzione richiede tecnologienon convenzionali per far risuonare cordeancora inesplorate della nostra sensibilitàgustativa. Così si materializzerebbe quantoCassiodoro scriveva già nel VI secolo: “Latavola del principe deve offrire di tutto e

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suscitare meraviglia solo a vederla”. La con-troparte è la perdita delle radici culturalidella cucina, sostituite da conoscenza e tec-nologia, e l’ingresso nella cucina nel regnodell’Empfindsamkeit. Il contrasto fra le ricet-te dei cuochi spagnoli Santi Santamaria eFerran Adrià, gli archetipi di tradizione einnovazione nella cucina moderna, è infondo quello fra la cucina del q.b. (quantobasta) e quella del termostato e del contase-condi, fra una cucina che privilegia l’esecu-tore di una ricetta e una che ne esalta inve-ce il creatore. Senza voler apparire blasfe-mo, si potrebbe pensare che è in fondo ilcontrasto fra Liebniz e Platone, fra contrap-punto e melodia, fra i gusti musicali di J. S.Bach e quelli di Federico il Grande, ed è unfremito che attraversa tutta la storiadell’Occidente. A quando un Musikalisches

Opfer gastronomico (8)?

Note

1) Nel 2005, il ristorante The Fat Duck di HestonBlumenthal è stato giudicato dall’autorevolerivista Restaurant Magazine il migliore risto-rante d’Europa. L’anno successivo questo ambì-to titolo è andato a El Bulli di Ferran Adrià.

2) http://offthebroiler.wordpress.com/2006/10/15/saturday-with-spains-10/

3) http://blog.khymos.org/2007/01/14/ingre-dients-for-molecular-gastronomy/#comments

4) http://www.pierre-gagnaire.com/francais/modernite/complicites/janvier2006.htm

5) http://www.orgsyn.org6) http://blog.khymos.org/2007/01/21/perfect-

steak-with-diy-sous-vide-cooking/#comments7) La cottura sottovuoto pone alcuni interrogati-

vi sanitari. La bassa temperatura raggiuntanella parte interna della carne ne rende infat-ti imperativo il consumo immediato, in quan-to batteri eventualmente presenti non vengo-no inattivati dalla bassa temperatura di cottu-ra. Inoltre, plastiche di bassa qualità possonocedere ftalati alla carne, soprattutto nel casodi carni grasse.

8) Per un’interessante discussione su innovazionee tradizione nella cultura occidentale, esem-plificata dall’incontro musicale fra J. S. Bach eFederico il Grande nella reggia di Sans-Souci enella genesi del Musikalisches Opfer, vedasi:Gaines.

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