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LA RICOSTRUZIONE DOPO LA DISTRUZIONE - Mattei · battaglie più lunghe e sanguinose della prima...

Date post: 16-Feb-2019
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Una storia lunga come il Piave LA RICOSTRUZIONE DOPO LA DISTRUZIONE Ripercorriamo la storia del Veneto Orientale da Nervesa della Battaglia a San Donà di Piave CLASSE 5°A
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Una storia lunga come il Piave

LA RICOSTRUZIONE

DOPO LA

DISTRUZIONE Ripercorriamo la storia del Veneto Orientale

da Nervesa della Battaglia a San Donà di Piave

CLASSE 5°A

Canever Giovanni e Pasqual Giuseppe sono solo due nomi dei milioni di caduti

durante la Prima Guerra Mondiale nel territorio del Veneto Orientale.

In questo centenario, noi ragazzi della 5°A dell’Istituto Scarpa-Mattei di San Donà di

Piave, vogliamo ripercorrere la storia e le atrocità della Grande Guerra vissute sulla

pelle e sul territorio dei nostri concittadini.

Con un percorso lungo come il Piave intendiamo ricostruire questi eventi che hanno

segnato il nostro territorio.

Tutte queste Battaglie, oltre che alla morte di milioni di soldati, portarono alla

distruzione delle attività principali e dei luoghi fondamentali della vita cittadina quali:

chiese, piazze e ponti.

La ricostruzione di tutto quello che era stato raso al suolo non fu facile.

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MEOLO IN CONFLITTO PRELUDIO ALLA GUERRA

La guerra a Meolo arriva nel 1917,

successivamente all’invasione della

pianura padana per mano austriaca.

Nell’inverno ‘17, Villa Dreina (oggi

residenza per gli anziani) ospitò il

Comando Supremo dell’Esercito

Italiano, che coordinava tutte le

operazioni militari dei soldati al

fronte. Fu il teatro del passaggio di

consegne, il 9 novembre 1917, tra il

comandante Luigi Cadorna, incapace

di risollevare le sorti della guerra dopo

il disastro di Caporetto, e il generale

Armando Diaz, che guiderà l’Italia ad

un’insperata vittoria finale sugli

austriaci.

ARMANDO DIAZ LUIGI CADORNA

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Nel 1918, Losson della Battaglia, frazione di

Meolo, era stata trasformata in un impenetrabile e

imprendibile caposaldo, fortificato con tre ordini di

trincee campali, protette da chilometri di filo

spinato e numerosi cavalli di Frisia, e una trincea in

profondità, intervallata da ricoveri blindati e da

strutture difensive, che avrebbero contrastato

l’avanzare del nemico con il fuoco incrociato di

numerose mitragliatrici, di lanciafiamme e di

bombarde. A proteggerla vi era stata inviata la 33°

Divisione, la cosiddetta «Brigata Sassari», che aveva

il compito di bloccare l’offensiva nemica e di

ricongiungersi con la 152° Divisione a

Millepertiche. I sardi, decisi e motivati, balzavano

come felini e impegnavano selvagge colluttazioni

all’arma bianca. Più che un attacco era una

furibonda caccia all’uomo.

LOSSON DELLA BATTAGLIA

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BRIGATA SASSARI La guerra cominciò il 16 giugno, e forse sarebbe da

considerare la giornata più sanguinosa di tutta il conflitto per

la Brigata Sassari. Cinque volte gli austriaci vennero all’assalto,

ogni giorno fino al 20 giugno, fecero qualche progresso, si

avvicinarono a Losson, cinque volte furono ricacciati dai

piccoli sardi indomabili della Brigata gloriosa. In quelle

ondate le perdite nemiche furono spaventose. Quando al

tramonto i soldati sardi, frantumato l’ultimo assalto, partirono

urlando al contrattacco, fiancheggiati dalle furie dei battaglioni

della Bisagno e dal 9° bersaglieri ciclisti, il terreno tra Case

Gradenigo e lo Scolo Correggio era infoltito di cadaveri.

Indubbiamente la fiera resistenza dei fanti italiani a Losson, in

quell’indimenticabile giovedì 20 giugno 1918, portò gli

austriaci a riflettere sull’inutilità dei loro sforzi e a convincerli

che tutte le loro residue speranze di vittoria si erano ormai

definitivamente infrante contro quell’ imprendibile

caposaldo. Losson, un pugno di case coloniche, era balzata di

colpo dalla semplicità della vita rurale alla gloria della Storia

d’Italia.

BRIGATA SASSARI

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Losson, dopo gli anni del conflitto, venne

chiamata “della Battaglia” perché fu il paese

simbolo della storica difesa italiana.

Attualmente, ogni anno viene svolto un evento

di celebrazione, da parte dell’Esercito Italiano ,

in memoria dei valorosi caduti della Brigata

Sassari.

DOPO GUERRA

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LOSSON OGGI

Oggi la frazione di Losson

della Battaglia è un

importante centro culturale e

ricreativo del paese.

Subito dopo le guerre sono

state avviate opere di

ricostruzione e di

mantenimento (dal 1970),

con la creazione di parchi e

centri d’interesse. Sono

inoltre presenti monumenti e

manifestazioni per onorare i

caduti sia della prima che

della seconda guerra

mondiale.

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Ponte della Priula è una frazione di Susegana,

in provincia di Treviso. L'appellativo "della

Priula" si riferisce ai patrizi veneziani Priuli.

Sin dall'epoca romana questa zona ha

rappresentato un punto nevralgico nei

collegamenti stradali. Si ritiene che il ponte

della Priula abbia quindi origini antichissime e

vide il passaggio di numerosi eserciti invasori.

Inizialmente costruito in legno, fu

successivamente distrutto e ricostruito più

volte, solo ai primi del Novecento fu rifatto in

pietra e cemento. Gli ultimi gravi

danneggiamenti risalgono proprio alla Grande

Guerra.

PONTE DELLA PRIULA

IL PASSAGGIO SUL PIAVE

CENNI STORICI

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STORIA DEL TERRITORIO Il ponte che attualmente collega, superando il Piave, il territorio di Nervesa della Battaglia a

quello di Susegana è da secoli noto con il nome di Ponte della Priula.

La natura del terreno collinoso, i boschi, le fertili campagne in pianura percorse e alimentate

dal Piave hanno favorito insediamenti umani in riva sinistra ed in riva destra del fiume,

divenendo un luogo conteso, attraverso i secoli, con conflitti armati e scorribande di

soldatesche appunto per l’importanza economica e militare dovuta alla sua locazione

152° REGGIMENTO, BRIGATA SASSARI

Durante le battaglie della guerra, gli austriaci avanzavano e non avevano il coraggio di attaccare

frontalmente l’esercito italiano.

Nonostante ciò, l’Italia, aveva paura che gli austriaci potessero passare il Piave, proprio su quel

punto, e li sarebbe stata la disfatta e la perdita della guerra. Si decise così di far saltare il ponte.

L'ultimo reparto a passare il fiume a Ponte della Priula fu un battaglione del 152º reggimento

della Brigata Sassari.

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A capo del battaglione c’era un piccolo ufficiale

della provincia di Sassari, Thiesi, il capitano

Giuseppe Musinu, futuro generale di corpo

d'armata.

Giuseppe Musinu fu, con Emilio Lussu, uno

degli ufficiali più amati dai fanti della

Sassari, composta interamente da sardi;

ferito cinque volte, fu protagonista in decine

di azioni che gli crearono la fama di eroe.

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MONUMENTI IL TEMPIO VOLTIVO ALLA FERTILITÀ

EUROPEA:

Dedicato ai caduti di tutte le guerre fu progettato

a partire dal 1934; sul suo campanile troneggia la

famosa campana denominata Ave Plavis, donata per

l'occasione dai Ragazzi del '99 (combattenti della

Prima Guerra Mondiale). L'edificio ha una cripta,

nella quale sono custodite le spoglie dei soldati di

ognuna delle nazioni che combatterono nella Grande

Guerra.

CASTELLO DI SAN SALVATORE:

Costruito nel 1323 andò quasi interamente

distrutto tra il 1917 e il 1918.

In seguito alla rotta di Caporetto, furono

Bombardati i castelli di San Salvatore e Collalto

causando la distruzione di molte delle

opere d'arte qui custodite.

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Nelle vicinanze di Ponte della Priula, precisamente a

Nervesa della Battaglia, dove si è combattuta una delle

battaglie più lunghe e sanguinose della prima guerra

mondiale, oltre al monumento «La Barca sul Ponte»

recuperata dagli stessi abitanti di Nervesa finita la

guerra, possiamo trovare il Sacrario del Montello, uno

dei principali ossari che raccolgono le spoglie dei caduti

italiani durante la prima guerra mondiale.

SACRARIO DEL MONTELLO:

Fu progettato e ultimato nel 1935. E’ una struttura cubica

con un ampio piazzale in cemento, vuota al centro, attorno

alla quale girano le scale. Il complesso si divide in due parti:

quella inferiore, di tre piani, custodisce le salme; quella

superiore è un ampio torrione da cui si può ammirare il

paesaggio che fu al centro dei combattimenti.

All'interno del mausoleo, nella parte cava, c’è una piccola

cappella. Vi è anche una parte adibita a museo che raccoglie

reperti e notizie riguardanti la Battaglia del Solstizio. Nei

dintorni sorge il monumento a Francesco Baracca.

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MONUMENTO A FRANCESCO BARACCA:

Il sacello dedicato all'Asso dell'aviazione Francesco

Baracca sorge poco distante dal Sacrario di Nervesa

della Battaglia, protetto da alti cipressi e immerso

nel verde della parte meridionale del Montello.

Questo piccolo tempio vuole ricordare il luogo dove

l'aviatore romagnolo, uno dei personaggi più famosi

della Grande Guerra, venne abbattuto durante la

Battaglia del Solstizio il 19 giugno 1918.

Si tratta di un'opera composta da otto colonne

doriche, contornate da dei fregi metallici intrecciati

tra loro, che sostengono la cupola sormontata da

una piccola croce. Alla base invece, su una lastra di

marmo di Verona, si possono vedere i simboli a cui

era legato Francesco, ovvero l'ippogrifo e il cavallino

rampante, oltre alle firme dei genitori

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La pima guerra mondiale fu il primo vero scontro che interessò tutti i paesi del globo. Fu violentissima e interessò numerosissimi paesi italiani, anche i più piccoli, come Cessalto.

Molti partirono da queste zone fra caporali e comandanti, purtroppo gran parte di essi non fecero mai più ritorno

UOMINI CONTRO UOMINI

L’INTERVENTO ITALIANO

Il 24 Maggio 1915 l’Italia entra in guerra a fianco

dell’Intesa (Francia - Inghilterra - Russia) con lo

scopo di completare l’unificazione.

La guerra lampo si era trasformata in guerra di

trincea.

CESSALTO E LA GRANDE GUERRA

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LE PERDITE INIZIANO AD

ACCOMULARSI Giugno: viene affondato il piroscafo principe

Umberto I, perisce quasi tutto il 55° reggimento

fanteria tra cui 11 cessaltini.

L’Italia riesce a tenere il fronte compatto avanzando

lentamente, subendo però gravi perdite.

L’unica consolazione per le famiglie sono le parole

espresse dai superiori nei confronti di chi ha

sacrificato la vita per la propria nazione.

L’aggravarsi della situazione Russa consentì agli austriaci il trasferimento

delle truppe dal fronte orientale a quello italiano.

Il 15 ottobre 1917, con la disfatta di Caporetto gli italiani sono costretti a

retrocedere prima fino al Tagliamento, poi fino al Piave. Al generale

Cadorna subentra Diaz, che riorganizza l’esercito.

Gli italiani del nord-est migrano in massa nei comuni a sud del Piave.

Il 7 Novembre la resistenza cede sul fiume Livenza, viene distrutto il ponte

ferroviario di San Anastasio, una frazione cessaltina. Cessalto viene evacuata,

le famiglie sono costrette a barricarsi in case di campagna.

LA SITUAZIONE SI AGGRAVA

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L’OCCUPAZIONE CESSALTINA

Cessalto viene occupata dagli austriaci l’8

settembre 1917, diventa un punto strategico data

la sua vicinanza con il Piave.

In 11 mesi Cessalto viene saccheggiata e

bombardata da parte dell’aviazione austriaca.

Per mesi ci sono lente perdite e riconquiste di terreno, fino a che la

controffensiva italiana respinge il nemico la sera del 22 giugno.

24 ottobre1918 vengono espugnate Conegliano e Vittorio Veneto e nel giro

di pochi giorni tutti i territori italiani vengono liberati dalla sottomissione

austriaca.

04 novenbre1918 il generale Diaz dichiarò la fine della guerra, l’Italia aveva

vinto.

Il bilancio complessivo della guerra sono 154 cessaltini caduti su un totale

di 650.000 italiani.

LA VITTORIA ITALIANA

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La grave situazione sociale dovuta alla guerra è ulteriormente aggravata

dall’assottigliarsi delle sovvenzioni statali, causate dal deficit finanziario dovuto alle

spese militari.

La guerra costò 148 miliardi di lire, cifra aggravata dall’inflazione successiva e il

rialzo dei prezzi.

Lo stato è costretto ad introdurre delle nuove tasse sui beni di prima necessità.

CRISI ECONOMICA

SITUAZIONE CESSALTINA

A causa dell’inflazione, gli abitanti di Cessalto sono costretti ad acquistare ad alto

prezzo beni di scarsa qualità dall’estero.

Tra il ’20 e il ‘21 a soccorrere i bisognosi, pervengono al comune da parte del

Ministero delle Terre Liberate cospicue quantità di indumenti da distribuire ai poveri

gratuitamente.

A partire dal 1923 la Giunta Municipale è costretta ad applicare il calmiere sul pane e

le carni.

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In questo quadro di crisi economica si aggiunse anche il restauro e la

ricostruzione delle strutture pubbliche e private, delle infrastrutture ma anche

dei beni mobili distrutti.

Il ritardo dei finanziamenti governativi e la difficoltà dell’ottenere anticipazioni

da parte dagli Istituti di Credito, costringono molti cessaltini a chiedere prestiti

a privati con tassi di interesse altissimi.

La ricostruzione degli immobili comunali di Cessalto viene affidata alla

Cooperativa Giuseppe Garibaldi.

Questa situazione di degrado, povertà e malessere sarà la causa dell’adesione di

molti al Partito Nazionale Fascista creato nel novembre 1921.

LA RICOSTRUZIONE

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IL PIAVE:

LO SPARTIACQUE PER LA SALVEZZA

DI SAN DONA’

Dopo l’abbandono della città il 4 novembre 1917 la sede comunale fu trasferita a Firenze. Nei

giorni seguenti, prima che giungessero le truppe austro-ungariche, furono demoliti tutti gli

edifici alti, in modo da privare il nemico di possibili punti di osservazione e valutazione per

l’attraversamento del fiume.

Durante i primi mesi di occupazione le truppe austro-ungariche posero il proprio comando

nell'allora Villa Ronchi di Palazzetto, per poi insediarsi a Villa Ancillotto.

Gli opposti eserciti si affrontavano sulle rive del Piave, della Piave Vecchia e del Canale Cavetta.

Entrambe le armate erano stremate però dedicarono l’inverno del ’17 e la primavera del ‘18 a

prepararsi allo scontro finale. E l’ultimo disperato tentativo ebbe inizio nella giornata del 15

giugno 1918 (Battaglia del Solstizio). La fortuna dapprima fu in mano agli austro-ungarici, i

quali riuscirono ad attraversare il Piave in più’ punti, nonostante la resistenza opposta.

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I problemi maggiori da risolvere negli argini del fiume furono le voragini prodotte dalle

esplosioni delle artiglierie, le vaste e profonde spaccature nel terreno prodotte dai rifugi e

dalle trincee, proiettili inesplosi, e del gran numero di reticolati spinati.

Immediatamente dopo i lavori di risanamento degli argini, partirono le operazioni per il

“tombamento” del fronte, cioè del riempimento delle trincee presenti nel terreno e la

livellazione delle depressioni del terreno. Successivamente al lavoro di tombamento, furono

demoliti, nei tratti di argine, i ricoveri di cemento armato o di calcestruzzo esistenti.

I luoghi più coinvolti dalle azioni belliche furono la zona di Chiesanuova, presso il corso

della Piave Vecchia e il tratto rettilineo della Piave Nuova dove si trovavano anche la maggior

parte dei manufatti militari.

Lungo la golena del fiume si concentrava una fitta rete di trincee e camminamenti.

Una parte del viale Corso S Trentin

Dopo la fine della Guerra, le condizioni in cui si

trovavano gli argini del Piave erano molto gravi e si

dovette lavorare per evitare che il fiume potesse

esondare e riversarsi nelle zone circostanti, già

devastate dalla guerra.

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IL PONTE SUL PIAVE

Il primo ponte venne ultimato nell’agosto del 1876, si trattava di un manufatto in legno

costruito dalla ditta Lazzaris e Wiel. Questo ponte ebbe brevissima durata, la grande

alluvione del 1882 lo travolse e se lo portò via.

Si iniziò l’opera di ricostruzione nel 1884 ed il collaudo ufficiale del nuovo ponte fu

eseguito nel marzo del 1886. Questa volta viene costruito in ferro ed è sorretto da quattro

enormi pile in muratura che distanziavano l’una dall’ altra 37 metri, la lunghezza totale era

di 210 metri e la carreggiata era di 5,35 metri di larghezza.

La vita di questo manufatto fu ben più lunga del precedente, ma il primo conflitto

mondiale e la disfatta di Caporetto decretarono la sua fine.

Il Piave diventò fronte di guerra e ultimo baluardo della resistenza italiana. Appena

ultimato il ripiegamento del nostro esercito si rese necessario farlo saltare.

Il giorno 9 novembre 1917 alle ore 11.00 la ventesima compagnia minatori provvide al

brillamento.

San Donà divenne avamposto di guerra e fu letteralmente distrutta dai bombardamenti.

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Alla fine della battaglia, poi detta del Solstizio, il fronte correva lungo il Piave Nuovo e tutto

l’estuario era sotto controllo della 3º Armata. Nell’autunno di quell’anno venne lanciata

l’offensiva italiana contro l’ormai fatiscente esercito austro-ungarico.

Il 31 ottobre San Dona’ era in mani italiane.

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Subito dopo la vittoria fu necessario costruire un ponte provvisorio. Questo ponte di barche

servì subito alle truppe italiane per far transitare i rifornimenti e in seguito alla gente delle due

sponde in attesa di un ponte di legno che verrà aperto al traffico nel 1919.

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Ponte provvisorio di legno costruito in temporanea sostituzione di quello di barche ed aperto

al traffico nel 1919.

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Ma il triste destino del ponte non era ancora terminato, con il secondo conflitto

mondiale nell’ ottobre del 1944 venne distrutto da un bombardamento aereo anglo-

americano. In quell’occasione andò completamente distrutto anche l’ospedale civile e il

Teatro Verdi e altre zone del centro. A guerra finita gli alleati costruirono un ponte

provvisorio in legno. Nel 1946 iniziarono i lavori di ricostruzione del ponte che furono

ultimati nel giugno del 1950. Fu ribattezzato “Ponte della Vittoria”, nome ancor

utilizzato.

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ERACLEA

DOVE FINISCE IL MARE

LA BONIFICA Tra il 1700 e il 1800 l'attuale città di Eraclea,

allora chiamata Grisolera (perché ancora

circondata da canne palustri chiamate grisòle),

era, insieme a Cava Zuccherina (Jesolo) uno

dei pochi luoghi abitati anche se imperava la

malaria. Il territorio necessitava quindi di

essere bonificato per favorire lo sviluppo

produttivo, partendo dalla costruzione di

canali di scolo delle acque fino

all'organizzazione delle reti stradali.

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TESTIMONIANZA Quando io sono tornato dalla guerra, a Eraclea ho visto tutti buchi di granate, e basta. Non c'era

altro; con le case i tedeschi avevano fatto trincee. A Eraclea non c'era pietra su pietra in piedi.

Dove ora c'è il ponte di Eraclea c'era un passo a barca. I forestieri che venivano qua dopo tre

giorni se ne dovevano andare a causa della malaria, noi invece che eravamo nati qua non la

prendevamo. Prima della grande guerra da Torre di Fine fino al Revedoli l'aveva fatta il barone

Treves; oltre il Revedoli l'aveva fatta Pasti, Marco Pasti e suo fratello. Con la guerra hanno perso

tutto.

Le operazioni di bonifica dovettero interrompersi, e fu necessario attendere la fine del

conflitto del 15-18.

Bisognava ripristinare ciò che la guerra aveva distrutto, vennero quindi costruiti impianti

idrovori, arginature, strade e ponti. Questi ripristini consentirono anche opportuni

ammodernamenti e alcune maggiorazioni.

Entro il 1919 l'essenziale era già ripristinato.

DOPO LA DISTRUZIONE

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IL RESTAURO

A Eraclea prima della guerra c'era la

chiesa, con parroco e cappellano, anche se

il centro del paese era costituito da una

trentina di case. Il comune era grande, ed

era composto da Stretti, Cittanova, Torre di

Fine e Brian oltre al centro di Grisolera.

Nel gennaio del 1920 fu posta la prima

pietra della nuova chiesa dell'Immacolata di

Eraclea, una delle più importanti opere di

restauro. Progettata dall'architetto

Giuseppe Berti, la chiesa, di stile basicale,

venne consacrata dal Patriarca Pietro La

Fontaine il 10 Maggio 1930.

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JESOLO: LA RINASCITA DOPO LA MORTE

Dalla Prima Guerra Mondiale alla Bonifica

L'avanzata austro-ungarica fu arrestata lungo il corso della Piave sulla cui sponda destra

s'arroccarono le truppe italiane. L'unica eccezione fu proprio questa area dove gli austriaci

il 13 novembre 1917 riuscirono a varcare il fiume a Eraclea, le truppe italiane arretrarono

attestandosi sul versante destro di tre corsi d'acqua:

• Piave Vecchio (da Musile a Caposile),

• Sile (da Caposile a Cava Zuccherina),

• Cavetta (da Cava Zuccherina a Cortellazzo).

Così Cava Zuccherina fu perciò distrutta dalle

artiglierie che battevano le opposte posizioni.

Furono ben 184 i caduti civili.

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I lavori della bonifica ripresero nello stesso 1918. L'esperienza acquisita dalle precedenti

operazioni di bonifica permise un'attuazione più razionale. Non si ebbero più imprese

private legate a interessi di parte, ma una pianificazione generale predisposta dai consorzi di

bonifica del Basso Piave.

Il decennio compreso tra il '20 e il '30 resta il periodo della "Grande Bonifica", articolatasi

in tre momenti: il prosciugamento di gran parte del territorio comunale, l’escavo di canali e

la messa a nuova coltura dei terreni.

Attorno al lavoro agricolo crebbero e si organizzarono lavori artigianali diversi e la malaria

poco a poco venne isolata e vinta grazie all'opera sanitaria dei medici.

Nell'anno 1930 ritornò il nome di Jesolo: Cava Zuccherina era ormai sinonimo di paludi

lontane, malaria e lavoro gramo.

A poco a poco la gente scoprì il suo mare, apprezzandone i suoi benefici curativi, attratta

sempre più da un nuovo e irresistibile fascino.

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Nel censimento demografico del 1936, le località della spiaggia e della Marina Bassa,

assunsero ufficialmente il nome di Lido di Jesolo. Sono circa 1500 etteri di terreno in

prevalenza sabbioso ma di buona produttività agricola, a monte di un incantevole

arenile lungo 15 chilometri compreso tra il faro e Cortellazzo: è un arenile tutto

rivolto a sud e fino al 1946 ebbe un'ampiezza di circa 400 metri, delimitato da un

bagnasciuga e una catena ininterrotta di motte. Oggi l'ampiezza dell'arenile è

dimezzata e le dune sono state livellate dall'avanzare delle costruzioni. Seguirono molti

interventi edificanti: furono costruite colonie e l'istituto marino, ora trasformato in

ospedale di zona. La Croce Rossa Italiana vi eresse un importante centro operativo,

tutt'oggi in piena efficienza. Non si fecero attendere i primi stabilimenti balneari.

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Bardella Alberto

Boccato Dario

Brunello Giovanni

Cadamuro Veronica

Calliman Christopher

Carrer Ilaria

Celeghin Giacomo

Dus Mattia

Fasan Nicolò

Feltrin Manuel

Fiorindo Massimo

Marinello Federica

Muhaj Loris

Pelloia Filippo

Ponticello Sara

Roiter Michele

Rossetto Kevin

Salgarella Marco

Scodro Andrea

Surian Benedetta

Tonetto Clarissa

Veronelli Sebastiano

Volpe Gian Marco

Prof.ssa Goldini F. Manuela

Istituto Scarpa-Mattei

Classe 5°A

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