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LA STRADA DELLA PACE
LA FINE DEL SOGNO OCCIDENTALE
2
Non insegnate ai bambini (Giorgio Gaber)
Non insegnate ai bambini
non insegnate la vostra morale
è così stanca e malata
potrebbe far male
forse una grave imprudenza
è lasciarli in balia di una falsa coscienza.
Non elogiate il pensiero
che è sempre più raro
non indicate per loro
una via conosciuta
ma se proprio volete
insegnate soltanto la magia della vita.
Giro giro tondo cambia il mondo.
Non insegnate ai bambini
non divulgate illusioni sociali
non gli riempite il futuro di vecchi ideali
l'unica cosa sicura è tenerli lontano
dalla nostra cultura.
Non esaltate il talento
che è sempre più spento
non li avviate al bel canto, al teatro alla danza
ma se proprio volete
raccontategli il sogno di un'antica speranza.
Non insegnate ai bambini
ma coltivate voi stessi il cuore e la mente
stategli sempre vicini
date fiducia all'amore il resto è niente.
Giro giro tondo cambia il mondo.
Giro giro tondo cambia il mondo.
3
1.
Irriducibile a un unico territorio, l’Occidente non è soltanto un’entità religiosa, etica, razziale o
anche economica. In quanto unità sintetica di questi diversi elementi, l’Occidente è una entità
“culturale”, un fenomeno di civiltà. La pertinenza di questa idea di Occidente, come unità
fondamentale soggiacente a tutta una serie di fenomeni che si sono dispiegati nella storia, si
può’ cogliere solo seguendone l’andamento. Inseparabile dall’originario ceppo geografico, la
sua estensione e le sue derivazioni tendono a ridurlo a una entità immaginaria.
Geograficamente e ideologicamente, è un poligono a tre dimensioni principali: è giudeo-
ellenico-cristiano. I contorni del suo spazio geografico sono più o meno precisi a seconda delle
epoche. Le sue frontiere diventano sempre più ideologiche.
Terra dell’ellenismo, poi della cristianità nascente, dell’impero romano trionfante, addirittura
dell’arabo-islamismo, la sua forma assume i tratti più caratteristici spostandosi dal bacino del
Mediterraneo alle coste dell’Atlantico. Lungo un processo di piccole mutazioni, il poligono
occidentale è tributario per la sua espansione di altre influenze culturali meno visibili, perché
senza tracce “intellettuali”. E’ degno di nota il fatto che l’ambito del dinamismo cristiano
comprenda l’area occupata dai Celti, di cui risulta ancora possibile individuare i numerosi
apporti pur se di minore importanza. E non è meno inquietante notare come questo stesso
spazio sia pressappoco quello delle invasioni germanica e dei posteriori Vichinghi. C’è una certa
prefigurazione della libera concorrenza e, allo stesso tempo, della libertà civile e delle
avventure coloniali nella libertà germanica, di cui si vedono le tracce nella feudalità, e ancor
più nelle saghe vichinghe e normanne.
Chi potrà mai dire qual è stata la circostanza che ha svolto il ruolo di catalizzatore in questo
incrocio culturale, tale da fare dell’Occidente questa formidabile macchina in grado di
sconvolgere il pianeta?
Regni marittimi da cui partono le caravelle, repubbliche mercantili e manifatturiere di Italia e di
Fiandra, terre del carbone e del ferro, dell’industrializzazione, l’Occidente mette radici nel
continente europeo, con la sua eccezionale posizione geopolitica di istmo all’incrocio degli assi
commerciali e culturali e la sua storia plurale, prima di partire alla conquista e alla riconquista
del mondo in offensive in cui la violenza rivaleggia con la seduzione; esso si prolunga e
rinasce sull’altra sponda dell’oceano, e forse nell’impero del Sol Levante. Dove sarà domani?
Sulle coste del Pacifico, il Rim, come predicono certi strateghi da caffè?
Esso si è identificato quasi totalmente con il paradigma deterritorializzato cui ha dato i natali.1
1 Serge Latouche, La fine del sogno occidentale, Elèutera, Nuova edizione 2015
4
Com'è bella La Città
Giorgio Gaber
Vieni, vieni in città
che stai a fare in campagna?
Se tu vuoi farti una vita
devi venire in città.
Com'è bella la città
com'è grande la città
com'è viva la città
com'è allegra la città.
Piena di strade e di negozi
e di vetrine piene di luce
con tanta gente che lavora
con tanta gente che produce.
Con le réclames sempre più grandi
coi magazzini le scale mobili
coi grattacieli sempre più alti
e tante macchine sempre di più.
Com'è bella la città
com'è grande la città
com'è viva la città
com'è allegra la città.
Vieni, vieni in città
che stai a fare in campagna?
Se tu vuoi farti una vita
devi venire in città.
Com'è bella la città
com'è grande la città
com'è viva la città
com'è allegra la città.
Piena di strade e di negozi
e di vetrine piene di luce
con tanta gente che lavora
con tanta gente che produce.
Con le réclames sempre più grandi
coi magazzini le scale mobili
coi grattacieli sempre più alti
e tante macchine sempre di più.
Com'è bella la città
com'è grande la città
com'è viva la città
com'è...
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Vieni, vieni in città
che stai a fare in campagna
se tu vuoi farti una vita
devi venire in città.
Com'è bella la città
com'è grande la città
com'è viva la città
com'è allegra la città.
Piena di strade e di negozi
e di vetrine piene di luce
con tanta gente che lavora
con tanta gente che produce.
Con le réclames sempre più grandi
coi magazzini le scale mobili
coi grattacieli sempre più alti
e tante macchine sempre di più.
Com'è bella la città
com'è grande la città
com'è viva la città
com'è allegra la città.
Com'è bella la città
comvè grande la città
com'è viva la città
com'è allegra la città.
Piena di strade e di negozi
e di vetrine piene di luce
con tanta gente che lavora
con tanta gente che produce.
Con le réclames sempre più grandi
coi magazzini le scale mobili
coi grattacieli sempre più alti
e tante macchine sempre di più
sempre di più, sempre di più, sempre di più!
6
2.
Questo progetto occidentale si è caratterizzato come un’anticultura. L’Occidente è culturofago
o culturicida. E’ anticulturale, prima di tutto, perché è puramente negativo e uniformante. Per
poter parlare di una cultura, bisogna che ce ne siano almeno due. Non esiste una cultura di
tutte le culture. Soprattutto, questa civiltà non dà una risposta al problema dell’esistenza
sociale dei perdenti. Integrando astrattamente il mondo intero, elimina concretamente i deboli
e dà diritto di vita e di cittadinanza solo ai più efficienti. Da questo punto di vista, è il contrario
di una cultura, la quale implica una dimensione olistica ed è concepita per offrire una soluzione
alla sfida dell’esistenza a tutti i suoi membri.
In certe regioni della Cina e dell’Indocina, la consuetudine esige che siano dati ai bambini nomi
spesso ripugnanti per allontanare la sfortuna. Prima di dare ai propri figli il nome definitivo,
bisogna attendere che si formi il carattere, al fine di controbilanciare le loro tendenze asociali.
All’ambizioso si darà un nome che implichi la mediocrità; alla ragazza troppo bella un nome
che evochi la bruttezza… Ogni superiorità è considerata un pericolo per l’equilibrio sociale e
deve essere scongiurata attraverso strategie simboliche.
In Nuova Guinea, i papuani Gahuku-Kama avevano adottato con entusiasmo il football, ma
l’avevano adattato ai loro valori culturali. Era escluso che ci fosse un vincitore e un perdente.
La partita continuava, veniva sospesa o riprendeva finchè i risultati non si fossero equilibrati.
Ciò non escludeva assolutamente l’eccitazione per ogni goal e l’esaltazione degli eroi del gioco.
Ogni partita rinforzava la gloria e la soddisfazione dei due campi, ma l’aggressività era
facilmente scongiurata.
Per non aver adottato questa forma di saggezza, i Baluba e i Lulua del Kasai si sono
impietosamente massacrati tra il 1959 e il 1962 in seguito a un match fra etnie a Luluabourg….
Ma il Terzo mondo non ha l’esclusiva dei match sanguinosi. Il Belgio ne ha ospitato un tragico
esempio allo stadio Heysel nel 1985, grazie ai tifosi d’oltremanica… Le minime differenze
possono dare luogo ad uno scatenarsi inaudito di aggressività. Un partito di automobilisti
svizzeri ha inserito nel suo programma il progetto di passare al lanciafiamme i verdi e gli
ecologisti! Esiste una metasocietà mondiale la quale più che essere favorevole all’egemonia
britannica o americana, per non dire di quella dell’ONU, è favorevole al dominio di un
meccanismo (non solo economico) di scambi che metta in relazione tutte le parti del pianeta.
Le più grandi civiltà non possono resistere alla forza corrosiva di questo meccanismo che
conduce almeno una parte delle loro élite a fare carriera in questa società-mondo. Qui,
indubbiamente, si tocca con mano ciò che costituisce la specificità dell’Occidente e la sua
natura di anticultura. Unica società fondata sull’individuo, essa non ha vere e proprie frontiere.
Il progetto civilizzatore della modernità non ha né soggetto proprio né basi territoriali definite
rigorosamente. E tuttavia, la cultura occidentale in questo non è molto diversa da “movimenti”
universalistici come l’Islam. Ciò che è proprio dell’universalismo occidentale è che il suo motore
è la concorrenza tra gli individui e la ricerca della performance. Tutti possono parteciparvi e
misurarsi, e anche se le possibilità sono straordinariamente disuguali, non è impossibile
vincere. La totalità sociale è in grado di funzionare come un mercato. Il “selvaggio” della zona
più remota del pianeta può diventare un number one dei media vincendo la maratona ai giochi
olimpici, o come vedette del cinema per essersi fatto scoprire da un regista; ci sono mille modi
di prendere posto nella società-mondo e, con un po’ di fortuna di issarsi in prima fila.
L’Occidente è emancipatore perché affranca dalle costrizioni della società tradizionale e apre
infinite possibilità; tuttavia, questo affrancamento e queste possibilità si realizzeranno solo per
una infima minoranza. In compensa, la solidarietà e la sicurezza saranno distrutte per tutti.2
2 Serge Latouche, La fine del sogno occidentale, Elèutera, Nuova edizione 2015
7
Uno su mille
Gianni Morandi
Se sei a terra non strisciare mai
se ti diranno sei finito
non ci credere
devi contare solo su di te
uno su mille ce la fa
ma quanto è dura la salita
in gioco c'è la vita
il passato non potrà
tornare uguale mai
forse meglio perché no tu che ne sai
non hai mai creduto in me
ma dovrai cambiare idea
la vita è come la marea
ti porta in secca o in alto mare
com'è la luna va.
Non ho barato né bleffato mai
e questa sera ho messo a nudo la mia anima
ho perso tutto ma ho ritrovato me
uno su mille ce la fa
ma com’ è dura la salita
in gioco c'è la vita
tu non sai che peso ha
questa musica leggera
ti ci innamori e vivi
ma ci puoi morire quand'è sera
io di voce ce ne avrei
ma non per gridare aiuto
nemmeno tu mi hai mai sentito
mi son tenuto il mio segreto
tu sorda e io ero muto.
Se sei a terra non strisciare mai
se ti diranno
sei finito non ci credere
finché non suona la campana vai.
8
3.
Il messianesimo cristiano ha rappresentato una importante componente dell’Occidente.
L’occidentalizzazione del mondo è stata a lungo, e lo è ancora in parte, un processo di
cristianizzazione. Ancora nel 1930, il congresso eucaristico di Cartagine vedeva sfilare nelle vie
di Tunisi i bambini delle scuole cristiane vestiti da crociati, con grande scandalo del Destur, il
nascente partito nazionalista di Habib Burghiba. La cristianità è però un insieme eterogeneo, e
questo fin dalle origini. Le comunità cristiane d’Oriente (copte, melkite), dell’Africa (Etiopia), o
dell’Europa dell’Est (ortodosse), benché indubbiamente più vicine al cristianesimo originario,
non hanno manifestato un dinamismo interno ed esterno significativo. Ripiegate su se stesse,
sulla difensiva, sono più tentate dal ritiro eremitico (e non soltanto dal monachesimo dei
conventi) che dal progetto secolare di dominio dell’universo. Significativamente, gli ortodossi
hanno rifiutato gli orologi sui campanili e l’organo nelle navate. La religiosità non si è volta
verso i valori laici della scienza e della tecnica, e i lumi del cielo non hanno rischiarato il secolo.
E’ noto che lo scisma d’Oriente si è verificato essenzialmente in seguito al rifiuto di riconoscere
nel credo che lo Spirito Santo procede dal Figlio come dal Padre. Il rifiuto del filioque è
echeggiato fortemente fino ad oggi. Nella Russia Sovietica, il conflitto tra i due poteri, civile e
religioso, non si presenterà come in Polonia. Lo scontro tra papato e imperatore, decisivo per
l’emancipazione delle città commerciali, e i molteplici conflitti fra le due spade (temporale e
spirituale) non avranno motivo di esistere. La società civile resterà sempre inibita e atrofizzata,
e l’individualismo conserverà la sua forma marginale, come nelle società olistiche (quelle che
definiscono lo status del singolo come parte del tutto); sarà l’ambito degli asceti, degli erranti,
dei Rasputin…. La religione del padre, dove il principe è santificato e gli uomini di Chiesa dotati
di benefici temporali, è imperiale piuttosto che imperialista. Al di là delle ambizioni immediate
di potere, nessuna forza, nessun fermento, agisce al fine di proiettare durevolmente la società
fuori di sé. L’originario proselitismo dei cristiani orientali, che porta i nestoriani in Cina, non è
stato che un fuoco di paglia. Al contrario, la cristianità cattolica occidentale, relativamente
autonoma, ha sostenuto l’espansionismo delle crociate e, in una certa misura, quello della
prima e perfino della seconda colonizzazione. La vocazione missionaria dell’occidente di molto
anteriore alla prima crociata, si manifesta già nelle ondate di autocristianizzazione.3
3 Serge Latouche, La fine del sogno occidentale, Elèutera, Nuova edizione 2015
9
Si chiamava Gesù
Fabrizio De Andre
Venuto da molto lontano
a convertire bestie e gente
non si può dire non sia servito a niente
perché prese la terra per mano
vestito di sabbia e di bianco
alcuni lo dissero santo
per altri ebbe meno virtù
si faceva chiamare Gesù.
Non intendo cantare la gloria
né invocare la grazia o il perdono
di chi penso non fu altri che un uomo
come Dio passato alla storia
ma inumano è pur sempre l'amore
di chi rantola senza rancore
perdonando con l'ultima voce
chi lo uccide fra le braccia di una croce.
E per quelli che l'ebbero odiato
nel getzemani pianse l'addio
come per chi l'adorò come Dio
che gli disse sia sempre lodato,
per chi gli portò in dono alla fine
una lacrima o una treccia di spine,
accettando ad estremo saluto
la preghiera l'insulto e lo sputo.
E morì come tutti si muore
come tutti cambiando colore
non si può dire che sia servito a molto
perché il male dalla terra non fu tolto
Ebbe forse un po’ troppe virtù,
ebbe un volto e un nome: Gesù.
Di Maria dicono fosse il figlio
sulla croce sbiancò come un giglio.
10
4.
Si credeva che la grande piramide di Città del Messico fosse andata completamente distrutta.
Le fondamenta erano invece soltanto sprofondate nel suolo spugnoso di Tenochtitlan, il nome
azteco della città; scavando dei parcheggi, si è avuta la sorpresa di riscoprirle così come quelle
delle piramide sottostanti che l’hanno preceduta. La stessa cosa accade per numerose culture.
Il rullo compressore occidentale uniforma in apparenza tutto, ma i resti delle culture
schiacciate non vengono ridotti in polvere: sono soltanto sprofondati in un suolo friabile.
Nell’Africa nera, in particolare, l’adesione al sistema dei bianchi spesso non è stata che
apparente. Quando era indispensabile (conoscere le carte), secondo l’azzeccata espressione
locale, e recitare la parte, acquisire la magia dei bianchi per compiacerli e tenere loro testa, ciò
è stato fatto, ma parallelamente alla conservazione dei valori culturali tradizionali. A Saint
Louis, in Senegal, si può ancora vedere l’edificio di una scuola per i figli dei capi
soprannominata “scuola degli ostaggi”. Ma per molto tempo questi stessi capi si sono ben
guardati dal mandarvi i propri figli, spedendovi piuttosto i figli dei loro subordinati. Queste
strategie fondate sul doppio gioco e sull’astuzia si sono sviluppate durante il periodo coloniale e
si prolungano oggi a livello di villaggio con le istanze internazionali, le ONG o le istituzioni
ufficiali. Ovviamente, non lasciano intatta la cultura di origine. Il potere coloniale e la logica
tecnoeconomica esigevano ed esigono un impegno sempre maggiore. Molti vi hanno perduto
l’anima, ma molto più numerosi sono quelli che hanno resistito e che resistono, non in maniera
esplicita e cosciente, ma proprio con la vita stessa alla quale sono condannati. La modernità è
accettata e in parte integrata in un pensiero e in una pratica che le rimangono estranei.
L’Occidente non può proporre una “cultura” della tecnica e dell’industrializzazione che incanti di
nuovo il mondo e gli dia un senso. Non può più mantenere le sue promesse di abbondanza.
Questo doppio insuccesso nutre la resistenza “culturale” nei suoi confronti.
Esistono uomini che non sono affatto persuasi che il “progresso”, come lo chiamiamo noi con
bella sicurezza, corrisponda a qualcosa di meglio per l’uomo; e questi uomini vivono, non si
accontentano di sopravvivere: sviluppano la propria umanità, amano, pensano, lavorano, si
assumono responsabilità, fanno scambi, si conoscono, guardano in faccia la morte. Il che è
davvero impressionante, no?4
4 Serge Latouche, La fine del sogno occidentale, Elèutera, Nuova edizione 2015
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Eppure Soffia
Pierangelo Bertoli
E l'acqua si riempie di schiuma il cielo di fumi
la chimica lebbra distrugge la vita nei fiumi
uccelli che volano a stento malati di morte
il freddo interesse alla vita ha sbarrato le porte
un'isola intera ha trovato nel mare una tomba
il falso progresso ha voluto provare una bomba
poi pioggia che toglie la sete alla terra che è vita
invece le porta la morte perché è radioattiva
Eppure il vento soffia ancora
spruzza l'acqua alle navi sulla prora
e sussurra canzoni tra le foglie
bacia i fiori li bacia e non li coglie
Un giorno il denaro ha scoperto la guerra mondiale
ha dato il suo putrido segno all'istinto bestiale
ha ucciso, bruciato, distrutto in un triste rosario
e tutta la terra si è avvolta di un nero sudario
e presto la chiave nascosta di nuovi segreti
così copriranno di fango persino i pianeti
vorranno inquinare le stelle la guerra tra i soli
i crimini contro la vita li chiamano errori
Eppure il vento soffia ancora
spruzza l'acqua alle navi sulla prora
e sussurra canzoni tra le foglie
bacia i fiori li bacia e non li coglie
eppure sfiora le campagne
accarezza sui fianchi le montagne
e scompiglia le donne fra i capelli
corre a gara in volo con gli uccelli
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5.
Paradossalmente, la deculturazione generata dall’Occidente (industrializzazione,
urbanizzazione, nazionalitarismo) offre le condizioni insperate per un rinnovamento religioso.
L’individualismo, scatenato come non mai, dà un senso al progetto di ricomposizione del corpo
sociale sulla base del legame religioso astratto, cancellando ogni altro carattere di
appartenenza territoriale. La religione diventa la base di un progetto di ricostruzione della
comunità. Essa si vede attribuire il ruolo di rappresentare la totalità del patto sociale. I
movimenti integralisti islamici hanno toccato prima di tutto le città e le bidonvilles dei paesi in
cui la tradizione ha sofferto maggiormente i progetti di industrializzazione: l’Iran della
rivoluzione bianca, l’Egitto postnasseriano, l’Algeria “socialista”. La religione, che canalizza le
frustrazioni degli esclusi dalla modernità e dei delusi dai progetti di modernizzazione del
nasserismo, del Baas o del socialismo arabo, è una credenza astratta, rigorosa, universalista.
L’universalismo occidentale si trova così a confronto con un universalismo altrettanto forte e
reattivo. Eppure, non si tratta di una via veramente diversa; l’antioccidentalismo di questa
corrente è più ostentato che profondo. Il funzionamento teocratico dello stato è una
perversione della modernità più che un progetto radicalmente diverso. Certamente, implica un
rifiuto della metafisica materialista dell’Occidente, ma ha bisogno di conservare la base
materiale e, in particolare la tecnica. Il più delle volte questi movimenti antioccidentali si
adattano alla tecnica e all’economia di mercato (alla modernizzazione senza la modernità,
appunto). Il contenuto specifico di ciò che si chiama «economia islamica”, senza essere
totalmente assente, resta molto limitato: le banche islamiche e un volontarismo etico
abbastanza sfumato. E non esclude un liberismo quasi totale. La minaccia di una deriva
totalitaria di questi movimenti demagogici e teocratici non è trascurabile. Nondimeno questa
formidabile deviazione esercita un azione corrosiva sull’occidentalizzazione e può sbocciare in
movimenti sorprendenti comprese alcune forme molto inquietanti dal punto di vista dei valori
dell’universalismo occidentale.
Il mondo islamico non ha comunque il monopolio di questi fenomeni, che si ritrovano in una
forma rigorosa nell’induismo radicale o nell’integralismo cristiano in particolare di certe sette, a
Nord come a Sud. Tutti i fondamentalismi islamici ma anche i loro equivalenti induisti e, fino
a un certo punto, gli integralismi cristiani, si iscrivono nella direzione di un neopopulismo
religioso portatore di imprecisi progetti sociali. Il discorso è ugualitario e ripropone ad nauseam
la denuncia della “corruzione” dei dirigenti. L’utilizzo politico della religione è evidente.
Inoltre il fondamentalismo va a inserirsi in una etnicità “feticizzata”, generando un vero e
proprio integralismo civile. Laddove l’apparato statuale portatore del progetto modernista
appare estraneo alle popolazioni locali le reazioni di fronte all’insuccesso dello sviluppo e
all’uniformazione planetaria prendono la forma di rivendicazioni «nazionaliste» più tradizionali.
Il particolarismo etnico, linguistico, storico, in breve culturale, costituisce la base del progetto
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di autonomia. Sono di questo tipo le rivendicazioni dei curdi e dei tamil, ma anche quelle dei
berberi di Algeria, dei baschi di Spagna o dei corsi.
La fine dell’imperialismo sovietico è all’origine di un formidabile risveglio delle nazionalità che
ricorda tanto il periodo 1848-1919 quanto quello della decolonizzazione. Si assiste a un
apparente ritorno in forze dello stato-nazione. Il fascino del modello sull’immaginario è sempre
forte, anche quando i vecchi Stati-nazione conoscono una decisiva crisi di cittadinanza e una
disaffezione politica. Ma il contesto è profondamente differente: ceceni, bosniaci, ingusci,
aarahoui sono presi nelle maglie di un sistema mondializzato.
In mancanza di altre forme di organizzazione politica, lo Stato-nazione appare come il solo
modo di espressione dell’esistenza rispetto agli altri e rispetto a se stessi. Ciò non toglie che
questo nazionalismo si riduca alle dimensioni di comunità omogenee, o sedicenti tali. Esso
canalizza provvisoriamente sia le aspirazioni identitarie sia quelle comunitarie. Il mito
mobilitante della nazione, tuttavia, è nella specie tanto illusorio quanto quello della religione.
L’identità che si afferma nella rivendicazione non ha più contenuto di quanto ne abbia il ricordo
della sua scomparsa. Spesso la violenza dei conflitti con i vicini esterni e con le popolazioni
allogene (ebrei, gitani, minoranze diverse) è proporzionale all’indifferenziazione crescente fra
gli individui. L’uniformazione planetaria favorisce lo scatenarsi delle “crisi mimetiche”. Più ci si
assomiglia, più ci si sente minacciati nella propria identità e più l’esistenza dell’altro così vicino,
ci diventa insopportabile. L’ex impero sovietico è un fantastico terreno sperimentale per
fenomeni di questo genere, come lo sono stati e lo sono sempre, ma a livelli inferiori, gli ex
imperi ottomano e austro-ungarico. E’ il trionfo dell’etnicità con il suo sinistro corollario, la
purificazione. La ex Jugoslavia è l’esempio clinico di questo processo che erode anche l’Africa
nera, sotto il nome più esotico di “tribalismo”. Il Ruanda, la Somalia, la Liberia sono gli esempi
più recenti di questo fenomeno, ma si cercherebbe invano un solo paese del sub continente in
cui le tensioni, spesso alimentate dai cosiddetti processi di democratizzazione, non minaccino
di degenerare in aperti conflitti etnici.5
5 Serge Latouche, La fine del sogno occidentale, Elèutera, Nuova edizione 2015
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La Storia siamo noi Francesco de Gregori
La storia siamo noi, nessuno si senta offeso,
siamo noi questo prato di aghi sotto il cielo.
La storia siamo noi, attenzione,
nessuno si senta escluso.
La storia siamo noi,
siamo noi queste onde nel mare,
questo rumore che rompe il silenzio,
questo silenzio così duro da masticare.
E poi ti dicono "Tutti sono uguali,
tutti rubano alla stessa maniera".
Ma è solo un modo per convincerti
a restare chiuso dentro casa quando viene la sera.
Però la storia non si ferma davvero davanti a un portone,
la storia entra dentro le stanze, le brucia,
la storia dà torto e dà ragione.
La storia siamo noi,
siamo noi che scriviamo le lettere,
siamo noi che abbiamo tutto da vincere,
tutto da perdere.
E poi la gente,
perché è la gente che fa la storia,
quando si tratta di scegliere e di andare,
te la ritrovi tutta con gli occhi aperti,
che sanno benissimo cosa fare.
Quelli che hanno letto milioni di libri
e quelli che non sanno nemmeno parlare,
ed è per questo che la storia dà i brividi,
perché nessuno la può cambiare.
La storia siamo noi,
siamo noi padri e figli,
siamo noi, bella ciao, che partiamo.
La storia non ha nascondigli,
la storia non passa la mano.
La storia siamo noi,
siamo noi questo piatto di grano.
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6.
Colpite al cuore, le società non occidentali possono solo girare a vuoto. La perdita di senso che
le colpisce e le corrode come un cancro, progressivamente non è un’acculturazione. Il semplice
fatto che l’occidente è lì, presenza che non può essere eliminata ne assimilata, non comporta
che le sue molle e i suoi segreti vengano integrati. Questa presenza, senza alcuna violenza
fisica, senza alcun tentativo di spoliazione e di sfruttamento, è di per sé disastrosa. La favolosa
società di Bali? E’ stata più destrutturata da trent’anni di turismo internazionale che da
duecento anni di colonizzazione olandese, seppure considerata dura. Il verme è nel frutto.
Il vuoto creato dalla perdita senso insidiosa e progressiva, generata dall’esistenza
dell’Occidente, è colmato, in certo qual modo, dallo pseudo-senso occidentale, ossia dal fascino
del modello. Questa sostituzione non è un’acculturazione, perché non si tratta dei miti
dell’Occidente e dell’integrazione dei suoi valori. Più semplicemente: non avendo più occhi per
vedersi, parole per dirsi, braccia per agire, la società ferita adotta lo sguardo dell’altro, si dice
con le parole dell’altro, agisce con le braccia dell’altro. Il suo mondo è proprio disincantato. I
questo caso la parola disincanto va presa alla lettera. Che cosa le resta quando i suoi dei sono
morti, i suoi miti sono dichiarati favole, le sue imprese appaiono impotenti e inutili? La società
non occidentale può solo scoprirsi in una nudità insensata, così come l’Occidente ha decretato:
essa è miserabile. Destinata alla mortalità infantile, a una derisoria speranza di vita, divorata
da parassitosi di ogni genere, non possiede che tecniche arcaiche e ridicole che le danno un
bassissimo PIL procapite. Nei suoi miti vede solo mostruose proliferazioni (cannibalismo,
sacrifici umani …) generate dal delirio della miseria e dall’oscurantismo. Stretta nella morsa
delle norme dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), essa è vinta. Ammette di essere
vinta. Chiede perfino con insistenza di essere classificata tra le meno progredite. E’ ormai
buona soltanto per la mendicizzazione internazionale.6
6 Serge Latouche, La fine del sogno occidentale, Elèutera, Nuova edizione 2015
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Ballata Degli Impiccati
Fabrizio De Andre
Tutti morimmo a stento
ingoiando l'ultima voce
tirando calci al vento
vedemmo sfumare la luce
L'urlo travolse il sole
l'aria divenne stretta
cristalli di parole
l'ultima bestemmia detta
Prima che fosse finita
ricordammo a chi vive ancora
che il prezzo fu la vita
per il male fatto in un ora
Poi scivolammo nel gelo
di una morte senza abbandono
recitando l'antico credo
di chi muore senza perdono
Chi derise la nostra sconfitta
e l'estrema vergogna ed il modo
soffocato da identica stretta
impari a conoscere il nodo
Chi la terra ci sparse sull'ossa
e riprese tranquillo il cammino
giunga anch'egli stravolto alla fossa
con la nebbia del primo mattino
La donna che celò in un sorriso
il disagio di darci memoria
ritrovi ogni notte sul viso
un insulto del tempo e una scoria
Coltiviamo per tutti un rancore
che ha l'odore del sangue rappreso
ciò che allora chiamammo dolore
è soltanto un discorso sospeso
17
7.
Riducendo lo scopo della vita alla felicità terrena, riducendo la felicità al benessere materiale e
il benessere al PIL, l’economia universale trasforma la ricchezza plurale della vita in una lotta
per l’accaparramento di prodotti standard. La realtà della sfida economica che doveva
assicurare a tutti la ricchezza non è altro che la guerra economica generalizzata. Come tutte le
guerre, essa ha vincitori e vinti; i vincitori chiassosi e superbi, appaiono risplendere di gloria e
di luce; nell’ombra, la folla dei vinti, gli esclusi, i naufraghi dello sviluppo, costituiscono masse
sempre più fitte. Le crisi politiche, i fallimenti economici e i limiti tecnici del progetto della
modernità si rafforzano vicendevolmente e trasformano il sogno dell’Occidente in un incubo.
Soltanto un reinnesto dell’economia e della tecnica nel sociale potrebbe consentire di sfuggire
a queste cupe prospettive. Bisogna decolonizzare il nostro immaginario per cambiare
veramente il mondo, prima che il cambiamento del mondo ci condanni a tutto questo, e nella
sofferenza. 7
7 Serge Latouche, La fine del sogno occidentale, Elèutera, Nuova edizione 2015
18
Gesù raccontò anche questa parabola: 'Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane disse a
suo padre: 'Padre, dammi la mia parte d'eredità'. Allora il padre divise il patrimonio tra i
due figli.
13'Pochi giorni dopo, il figlio più giovane vendette tutti i suoi beni e con i soldi ricavati se
ne andò in un paese lontano. Là, si abbandonò a una vita disordinata e così spese tutti i
suoi soldi.
14'Ci fu poi in quella regione una grande carestia, e quel giovane non avendo più nulla si
trovò in grave difficoltà. 15Andò da uno degli abitanti di quel paese e si mise alle sue
dipendenze. Costui lo mandò nei campi a fare il guardiano dei maiali. 16Era talmente
affamato che avrebbe voluto sfamarsi con le ghiande che si davano ai maiali, ma nessuno
gliene dava.
17'Allora si mise a riflettere sulla sua condizione e disse: 'Tutti i dipendenti di mio padre
hanno cibo in abbondanza. Io, invece, sto qui a morire di fame. 18Ritornerò da mio padre
e gli dirò: Padre ho peccato contro Dio e contro di te. 19Non sono più degno di essere
considerato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi dipendenti'.
20'Si mise subito in cammino e ritornò da suo padre.
'Era ancora lontano dalla casa paterna, quando suo padre lo vide e, commosso, gli corse
incontro. Lo abbracciò e lo baciò. 21Ma il figlio gli disse: 'Padre, ho peccato contro Dio e
contro di te. Non sono più degno di essere considerato tuo figlio'.
22'Ma il padre ordinò subito ai suoi servi: 'Presto, andate a prendere il vestito più bello e
fateglielo indossare. Mettetegli l'anello al dito e dategli un paio di sandali. 23Poi prendete
il vitello, quello che abbiamo ingrassato, e ammazzatelo. Dobbiamo festeggiare con un
banchetto il suo ritorno, 24perché questo mio figlio era per me come morto e ora è tornato
in vita, era perduto e ora l'ho ritrovato'. E cominciarono a far festa.
25'Il figlio maggiore, intanto, si trovava nei campi. Al suo ritorno, quando fu vicino alla
casa, sentì un suono di musiche e di danze. 26Chiamò uno dei servi e gli domandò che
cosa stava succedendo. 27Il servo gli rispose: 'È ritornato tuo fratello, e tuo padre ha fatto
ammazzare il vitello, quello che abbiamo ingrassato, perché ha potuto riavere suo figlio
sano e salvo'.
28'Allora il fratello maggiore si sentì offeso e non voleva neppure entrare in casa. Suo
padre usci e cercò di convincerlo a entrare.
29'Ma il figlio maggiore gli disse: 'Da tanti anni io lavoro con te e non ho mai disubbidito a
un tuo comando. Eppure tu non mi hai dato neppure un capretto per far festa con i miei
amici. 30Adesso, invece, torna a casa questo tuo figlio che ha sprecato i tuoi beni con le
prostitute, e per lui tu fai ammazzare il vitello grasso.
31'Il padre gli rispose: 'Figlio mio, tu stai sempre con me e tutto ciò che è mio è anche tuo.
32Non potevo non essere contento e non far festa, perché questo tuo fratello era per me
come morto e ora è tornato in vita, era perduto e ora l'ho ritrovato''. (Lc 15,11-32)
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La storia di Serafino
Adriano Celentano
Perché continuano a costruire le case
e non lasciano l'erba, non lasciano
l'erba, non lasciano l'erba, non lasciano l'erba.
Eh no! se andiamo avanti
così, chissà come si farà! chissà!
E così la seconda storia
che vi voglio raccontare,
è quella del pastore Serafino!
al mondo antico, chiuso nel suo cuore,
la gente del duemila ormai non crede più!
Con le pecore e un cane fedele,
tre amici sempre pronti,
nei pascoli sui monti,
a una spanna dal "regno dei cieli"
viveva felice così!
coro:
oh Serafino... difendi,
difendi la tua libertà! la libertà!
voce:
quel giovane pastore piaceva alle ragazze
perché negli occhi aveva l’avventura!
E quando prese in pugno la fortuna
e un gruzzolo di soldi per caso ereditò.
coro:
si fece una grande festa da fare girar la testa!
scoppiarono i mortaretti, si fecero dei banchetti!
Per tutti ci fu un sorriso, che giorni
di paradiso per il pastore ricco Serafino!
voce:
regalò qualche cosa agli amici,
che gioia nel paese per quelle pazze spese.
Uno scialle, una radio, un coltello e una macchina rossa per se!
coro:
oh Serafino... le donne, le donne ti dicono di sì.
Beato te! "tiero, tiero, tiero, tiero, tierà, tierà, tierà".
Lui spinge la macchina che in un burrone va e scoppierà!
voce:
dopo i giorni dell'allegria amaro resta il vino...
si trova in tribunale Serafino!
I suoi nemici per prendere i suoi soldi
lo fan passar per matto e lui che fa!
Si riprende le pecore e il cane,
gli amici sempre pronti
e torna là sui monti,
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nella casa più grande del mondo
che soffitto e pareti non ha!
coro:
oh Serafino... difendi,
difendi la tua libertà! la libertà!
voce:
ti voglio bene pastore Serafino!
Un uomo con il cuore da bambino!
coro:
e libero come aria purissima
del mattino per vivere là sui monti,
ritorna Serafino!
21
“Questo vi dico, fratelli. Il tempo ormai si è fatto breve. D’ora innanzi quelli che hanno moglie
vivano come se non l’avessero, coloro che piangono come se non piangessero e quelli che
godono come se non godessero, quelli che comprano come se non possedessero, quelli che
usano del mondo come se non l’usassero, perché si sta ammainando la vela di questo mondo.”
Paolo di Tarso8
Thomas Merton (1915-1968) ritiratosi nel silenzio della “trappa” nel Kentucky,
contempla da lontano la città di New York, nella quale aveva vissuto prima di entrare in
monastero, e ce la presenta così in questo testo poetico del 1947.
La luna e più pallida di un’attrice, e ti piange, New York;
cercando di vederti attraverso i ponti a brandelli,
e si china per sentire il timbro falso
della tua voce troppo raffinata
i cui canti non si odono più!
…Come sono state distrutte, come sono crollate,
quelle grandi e possenti torri di ghiaccio e d’acciaio,
fuse da quale terrore e da quale miracolo?
Quali fuochi, quali luci hanno smembrato,
nella collera bianca della loro accusa,
quelle torri d’argento e d’acciaio?
...Le ceneri delle torri distrutte si mescolano ancora alle volute del fumo,
velando le tue esequie nella loro bruma;
e scrivono il tuo epitaffio di braci:
“Questa fu una città
che si vestiva di biglietti di banca...
...Era senza cuore come un taxi,
aveva gli occhi altocoturnati talvolta blu come il gin,
e li inchiodava, ogni giorno della sua vita
sul cuore dei suoi sei milioni di poveri.
Ora e morta nel terrore d’una improvvisa contemplazione,
annegata nelle acque del proprio pozzo avvelenato”.
8 1 Cor 7, 29-31
22
Testimonianza di Mariàm detta Maddalena
Mi chiamo Mariàm, sono di Magdala, lassù, sulle rive del Mar di Galilea. Le acque
azzurre, nelle giornate d’inverno, sfumano contro il bianco delle montagne del Golan.
Ho portato per tutta la vita quei colori dentro di me e con questi le tradizioni della
mia gente semplice e povera. Tutto questo, però, io l’ho rinnegato, era la Giudea che
mi attraeva, la sua città principe, Gerusalemme, con i suoi simboli del potere; ho
vissuto così soddisfacendo sempre e soltanto i miei egoismi; se facevo qualcosa di
bene era solo per mostrarmi agli altri, ero prigioniera del mio io come un
un’ossessa, tremendamente infelice, anche se cercavo di non darlo a vedere. Quello
che facevo lo facevo tutto di fretta, dovevo essere sempre la prima. Un giorno che
ero scesa in Giudea l’ho incontrato; fu a Betania, non lontano da Gerusalemme. Ho
incrociato il suo sguardo e ho capito che potevo essere salva, ho baciato l’orlo della
sua veste, ma lui, guardandomi in volto , m’ha sollevato: in quell’istante ho deciso di
seguirlo anche se mi aveva detto che non aveva nemmeno una pietra per posare il
capo, anche se mi aveva fatto intendere che la sua vita era a rischio e che anch’io
potevo esserne coinvolta.
Poco tempo dopo quell’incontro, infatti, accadde che all’imbrunire del giorno14 del
mese primaverile di Nisan, di quello stesso anno, antivigilia della festività di Pesach,
un reparto della polizia del Tempio lo ha arrestato. L’arresto è avvenuto in un orto
situato sulla collina detta degli ulivi, al di là del fiume Cedron; favoriti dall’oscurità
Pietro, Andrea, Giacomo e tutti gli altri si sono rapidamente dileguati lasciandolo
solo. Da fonti vicine alla presidenza del Tempio sappiamo che è stato interrogato nel
corso della notte. Alle ore 15 del 15 Nisan 3793 è stato condannato a morte secondo
la procedura romana della crocefissione: ancora oggi non si conoscono le motivazioni
della condanna.
23
Dio è morto Francesco Guccini
Ho visto la gente della mia età andare via
lungo le strade che non portano mai a niente,
cercare il sogno che conduce alla pazzia
nella ricerca di qualcosa che non trovano
nel mondo che hanno già, dentro alle notti che dal vino son bagnate,
dentro alle stanze da pastiglie trasformate,
lungo alle nuvole di fumo del mondo fatto di città,
essere contro ad ingoiare la nostra stanca civiltà
e un dio che è morto,
ai bordi delle strade dio è morto,
nelle auto prese a rate dio è morto,
nei miti dell' estate dio è morto...
Mi han detto che questa mia generazione ormai non crede
in ciò che spesso han mascherato con la fede,
nei miti eterni della patria o dell' eroe
perché è venuto ormai il momento di negare
tutto ciò che è falsità, le fedi fatte di abitudine e paura,
una politica che è solo far carriera,
il perbenismo interessato, la dignità fatta di vuoto,
l' ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto
e un dio che è morto,
nei campi di sterminio dio è morto,
coi miti della razza dio è morto
con gli odi di partito dio è morto...
Ma penso che questa mia generazione è preparata
a un mondo nuovo e a una speranza appena nata,
ad un futuro che ha già in mano,
a una rivolta senza armi,
perché noi tutti ormai sappiamo
che se dio muore è per tre giorni e poi risorge,
in ciò che noi crediamo dio è risorto,
in ciò che noi vogliamo dio è risorto,
nel mondo che faremo dio è risorto...
24
1. Credo che chi guadagna quanto mangia non ruba il pane di nessuno, ma chi
guadagna più di quel che mangia sempre ruba il pane di qualcuno.
2. Credo che nel nostro sistema sociale e culturale il denaro sia la radice di ogni
male, di ogni ingiustizia.
3. Credo che i valori delle monete siano falsi valori; come i pesi delle monete sono
falsi pesi.
4. Credo che quella che viene chiamata “economia di mercato” sia un sistema
costruito ad arte per arricchire i già ricchi e impoverire i già poveri.
5. Credo che la produzione di massa in agricoltura non sia frutto dell’amore per
l’altro, per il fratello, ma dettata dalla bramosia di denaro.
6. Credo che la coltivazione di un unico prodotto, la monocultura, impoverisca la
campagna rendendola serva della città, quando invece è la città che dovrebbe
convertirsi alla campagna.
7. Credo che il futuro dell’umanità sia garantito soprattutto dal lavoro della terra, dal
suo “coltivarla”, e non dal suo sfruttamento ad uso commerciale.
8. Credo che in ogni angolo di questo nostro mondo si debba produrre per i bisogni
delle persone e non a fini consumistici, per fare profitto o affari, ingannando il
proprio fratello: anche questo è rubare.
9. Credo che l’unico salario giusto sia quello che tiene conto dei bisogni della
famiglia, e l’unica struttura di impresa giusta sia quella gestita dall’ente pubblico,
dalla comunità, o quella cooperativistica o famigliare.
10. Credo che la competizione, adottata come schema culturale di ogni relazione, sia
stata, molte volte, in modo più o meno conscio, la causa di tante guerre e di molta
violenza, e questo ancora oggi.
25
DIO, CHE A NOI TUTTI CI SEI PADRE,
GIUSTIZIA SIA FATTA OGNI DOVE;
LIBERACI DALLE CATENE DEI NOSTRI EGOISMI;
FA’ CHE MAI RIMANIAMO AMMALIATI
DAGLI IDOLI
DELLA RICCHEZZA, DEL DENARO, DEL SUCCESSO, DEL NON VERO,
DEL POTERE, DELLA VIOLENZA;
RENDICI CAPACI DI RICONCILIARCI
OGNI VOLTA CHE INFRANGIAMO I LEGAMI DI FRATERNITA’
CHE UMANIZZANO IL NOSTRO VIVERE.
COSI’ SIA!
26
E' la pioggia che va
(Shel Shapiro:1967)
Sotto una montagna di paure e di ambizioni
c'è nascosto qualche cosa che non muore
Se cercate in ogni sguardo, dietro un muro di cartone troverete tanta luce e tanto amore
Il mondo ormai sta cambiando
e cambierà di più
Ma non vedete nel cielo
quelle macchie di azzurro e di blu
È la pioggia che va, e ritorna il sereno
È la pioggia che va, e ritorna il sereno
Quante volte ci hanno detto sorridendo tristemente
le speranze dei ragazzi sono fumo
Sono stanchi di lottare e non credono più a niente proprio adesso che la meta è qui vicino
Ma noi che stiamo correndo
avanzeremo molto di più
Ma non vedete che il cielo
ogni giorno diventa più blu
È la pioggia che va, e ritorna il sereno
È la pioggia che va, e ritorna il sereno
Non importa se qualcuno sul cammino della vita
sarà preda dei fantasmi del passato
Il denaro ed il potere sono trappole mortali
che per tanto e tanto tempo han funzionato
Noi non vogliamo cadere
non possiamo cadere più giù
Ma non vedete nel cielo
quelle macchie di azzurro e di blu
È la pioggia che va, e ritorna il sereno È la pioggia che va, e ritorna il sereno