La telecompetizione nell’era del web 2.0
Il nuovo millennio ha segnato un punto di svolta per il settore delle telecomunicazioni.
Dominata dall’ingresso degli smart device e delle applicazioni, l’era del web 2.0 ha visto una
crescita esponenziale del traffico dati e l’affermazione sul mercato delle nuove grandi
internet company. La progressiva convergenza tra piattaforme ha stimolato la
contaminazione tra i diversi attori delle telecomunicazioni, rendendo sempre più indefiniti i
confini tra fornitori di servizi, detentori delle infrastrutture e produttori di contenuti. Da una
posizione di leadership sul piano dell’innovazione tecnologica nelle comunicazioni (si ricorda
in particolare il ruolo nello sviluppo delle tecnologie GSM e EMPG) l’Italia è oggi decaduta a
pecora nera nell’Europa della banda larga e nell’ICT. Le ragioni sono in parte da rintracciarsi
nella crisi dell’industria nazionale e nel modello di privatizzazione dell’operatore monopolista
(Telecom), ma soprattutto in una strutturale difficoltà del mercato di inserirsi nel nuovo
ecosistema digitale.
L’Italia non è un’economia caratterizzata da una diffusa cultura web, sia dal lato della
domanda che dell’offerta, che resta limitata per l’utilizzo di servizi online a elevata capacità
attivati dalla rete fissa. Una domanda poco sviluppata che rappresenta un elemento di
incertezza sul ritorno degli investimenti per lo sviluppo delle reti a banda ultra-larga,
caratterizzati da elevati sunk costs, in un’Europa che già vede una progressiva riduzione di
ricavi e margini nell’industria TLC. L’assenza di un significativo stimolo economico giustifica
un attivo sostegno pubblico nel mercato per lo sviluppo dell’infrastruttura di nuova
generazione, una linea adottata anche dal Piano del Governo Italiano per la banda ultra-larga.
Il presente elaborato fornisce una panoramica dei trend in atto nel settore delle
telecomunicazioni e ne esamina l’impatto sull’evoluzione economico-finanziaria e
indirettamente sullo sviluppo delle reti di terza generazione, le cui esternalità al sistema
economico sono irrinunciabili nell’era dell’internet economy.
1. La comunicazione nell’era di Internet e i rapporti tra gli operatori nella catena del valore
Il processo di convergenza dell’era digitale coinvolge gli operatori del mondo della rete in
senso integrale e multidirezionale. Le società di telecomunicazioni entrano nella filiera di
internet in parte come produttori di contenuti, ma soprattutto come fornitori dei servizi di rete,
con una struttura dei rendimenti che, al progressivo declinare dei ricavi della telefonia, si lega
in misura crescente alla gestione dei punti di accesso del traffico dati. La convergenza
comporta un’integrazione verticale degli operatori di telecomunicazioni retail con le
infrastrutture, ma li vede anche diversificarsi in senso orizzontale verso un’offerta di servizi
multipiattaforma quadruple play (pacchettI di telefonia fissa e mobile integrati con i servizi di
accesso internet e pay-tv).
La
progressiva affermazione degli over the top, i grandi produttori di contenuti e applicazioni
come Google e Apple, si sta traducendo sempre di più una loro estensione sulla catena del
valore della comunicazione, con una verticalizzazione anche a monte della filiera.
E’ il caso di Google, la cui presenza spazia non solo in tutti i servizi a valle, inclusi i dispositivi,
ma ricopre anche una crescente rilevanza nella fornitura di servizi di connettività. In un
mondo della comunicazione che ha nel suo centro la rete, la sovrapposizione tra produttori di
contenuti e provider dei servizi di connettività è sempre più intensa, con effetti rilevanti sul
contesto competitivo.
Il dualismo connettività-contenuti innesca a livello teorico una serie di esternalità positive tra
gestori dei punti di accesso e gli altri operatori della rete. I produttori di contenuti, editori,
internet company e gli stessi utenti, competono sul mercato della rete nella fornitura di servizi
e applicazioni sempre più affamate di banda larga, la cui diffusione stimola la realizzazione di
reti di nuova generazione. Viceversa, la maggiore disponibilità di banda in fibra ottica e la
copertura ADSL e della banda larga mobile (HSPA/LTE) moltiplicano le occasioni di fruizione
multimediali.
I grandi over the top e i gestori delle content delivery networks1 occupano oggi una
percentuale superiore al 50% della banda, ricavando un’ampia fetta di fatturato dalla
massimizzazione dei volumi di traffico immessi nella rete. Pur beneficiando di un incremento
dei ricavi derivanti dall’ampliamento del perimetro delle attività permesso dagli over the top,
gli operatori di telecomunicazioni registrano una sostenuta crescita dei volumi di traffico nelle
reti, da cui derivano elevati costi per la manutenzione e l’upgrade delle infrastrutture. Allo
stato attuale, il principio della net neutrality (clausola che obbliga i provider a consentire
l’accesso ai contenuti a tutti gli utenti in maniera egualitaria) investe anche i top player di
internet, che accedono alle reti in peering gratuito, occupando gran parte della banda con la
loro attività trasmissiva, senza riconoscere ritorni economici alle società di telecomunicazioni
che finanziano la manutenzione e la realizzazione delle reti.
Il conflitto distributivo tra costi e proventi nella filiera di internet espone il sistema al rischio di
investimenti in infrastrutture e contenuti inferiori al livello socialmente ottimale. Un tema
scottante in un momento in cui lo switch alle reti di nuova generazione è una condizione non
più sufficiente, ma necessaria per il mercato italiano, quanto in generale per quello europeo.
Una possibile soluzione al conflitto distributivo è offerta dagli strumenti di traffic
management, che permettono ai gestori dei servizi di reti di differenziare gli accessi per
diversi livelli di qualità e costi, ma misure di questo genere intaccano il principio della net
neutrality, proponendosi come oggetto di discussione da entrambe le sponde dell’Atlantico,
Gli operatori di telecomunicazioni sostengono che l’utilizzo di questo strumento non
cmprometterebbe la funzionalità dei servizi di base trasmessi in modalità garantita,
costituendo però una fonte di reddito addizionale per rafforzare le capacità di investimento
delle imprese e di adeguamento della capacità di rete. Le internet company per converso
segnalano che le attuali tendenze all’integrazione verticale e orizzontale delle attività della
1 Le CDN sono le “Rete per la consegna di contenuti" da Content Delivery Network, termine coniato sul finire degli anni
novanta per descrivere un sistema di computer collegati in rete attraverso Internet, che collaborano in maniera trasparente,
sotto forma di sistema distribuito, per distribuire contenuti (specialmente contenuti multimediali di grandi dimensioni in
termini di banda, come l'IPTV) agli utenti finali ed erogare servizi di streaming audio e video.
catena del valore, nonché la rapida evoluzione dei rapporti commerciali nella realtà
dell’ecosistema digitale, rischiano di intensificare gli effetti anticoncorrenziali potenzialmente
connessi alle pratiche di traffic management, soprattutto nel contesto delle offerte quadruple
play.
Da un punto di vista commerciale, la maggiore problematicità è legata all’assenza di un
rapporto diretto tra operatori di rete e grandi internet company, dal momento che entrambi
sono direttamente remunerati dall’utente finale, gli l’OTT dal consumatore oppure
l’inserzionista pubblicitario, gli operatori di telecomunicazioni dall’utente di rete attraverso
canoni flat. Un’evoluzione degli accordi di interconnessione potrebbe prevedere negoziazioni
dirette i detentori delle reti e OTT produttori di contenuti veicolati sulle reti, risolvendo sul
piano del mercato il problema distributivo.
Un’alternativa di policy è invece rappresentata dall’opportunità di coinvolgere le grandi over
the top all’interno del quadro regolamentare previsto dalle legislazioni nazionali o
sovranazionali, a cui si associa la possibilità di sottoporre la relazione tra i nuovi giganti della
rete e i tradizionali operatori delle telecomunicazioni ai tradizionali schemi di diritto della
concorrenza. A livello comunitario è attualmente assente una previsione legislativa, fatta
eccezione una mozione pro concorrenziale della Commissione che esamina l’ipotesi di
dividere Google dalla funzione di motore di ricerca e targetizzarlo in funzione delle rendite
commerciali. A livello nazionale l’Agcom aveva proposto di includere le over the top (Google in
particolare) nel Sistema Integrato delle Comunicazioni, in modo da rendere la società
passibile della disciplina regolamentare nazionale e operare un intervento di ripristino
concorrenziale2. L’intervento è stato accusato a suo tempo di avvantaggiare Mediaset in
ragione del forte incremento del plafond pubblicitario generato dall’inclusione di Google
nell’elenco di operatori, ma di fatto, l’effetto di bilanciamento derivato dalla ricomprensione
nel quadro regolamentare avrebbe probabilmente controbilanciato gli effetti negativi di
diluizione dell’impatto degli altri operatori (Mediaset).
2. I diversi contesti competitivi
Il segmento mobile rappresenta la
maggior fetta del fatturato in tutte le
aree mondiali, confermando la
tendenziale riduzione del contributo
del fisso e un incremento del peso
della telefonia mobile, in particolare
del segmento dati. L’incidenza è più
rilevante per i mercati emergenti,
caratterizzati da una limitata
2 Inizialmente sembrava possibile definire un inquadramento di Google nel SIC attraverso un’interpretazione in via non
legislativa della legge Gasparri (articoli 43 e seguenti), ipotesi poi decaduta. l’Agcom chiesto che Google fosse tenuto al
deposito dell’informativa al Registro Operatori delle Comunicazioni, un accorgimento che, seppur non in via sostanziale,
avrebbe almeno dato l’indirizzo di un incremento della trasparenza e dell’informativa pubblicata dalla società. Google ha
impugnato il ricorso al TAR, tuttora pendente. In ogni caso la necessità di una previsione legislativa per riuscire a includere
Google nel quadro regolamentare, senza la quale è del tutto impossibile applicarvi il diritto della concorrenza nazionale ed
europeo.
dotazione di infrastruttura fissa, dove il superamento del digital divide è stato guidato
dall’estensivo sviluppo delle reti wireless. L’Italia3 costituisce un’eccezione a questa tendenza,
presentando un livello dei ricavi da rete fissa pari a quello del mobile (17 miliardi nel 2013) a
causa della riduzione molto più spiccata che ha interessato questo segmento nell’ultimo anno
storico.
A un maggior peso della telefonia mobile corrisponde anche una pressione al ribasso dei
ricavi ad essa associati, soprattutto in Europa.
L’attuale schema regolamentare asimmetrico in Europa riflette le priorità di liberalizzazione
degli anni ’90, in cui l’accesso dei nuovi entranti era favorito attraverso due leve: condizioni di
accesso favorevoli e il riconoscimento di rendite da parte dell’operatore incumbent per il
traffico su rete fissa e mobile veicolato dagli entranti mediante il sistema delle tariffe di
interconnessione.
Uno schema che, in conseguenza al progressivo ingresso dei nuovi operatori nel segmento del
mobile, ha portato a una forte pressione al ribasso dei prezzi del comparto, che si collocano
su livelli in generale molto inferiori alle principali economie mondiali. Questo meccanismo,
invariato nel tempo, presenta una serie di contraddizioni nel nuovo scenario, dove al contesto
di iper-regolamentazione della concorrenza fa da contraltare l’esclusione regolamentare degli
over the top. Dal 2005, i prezzi delle telecomunicazioni in Europa sono diminuiti
drasticamente, con l’unica rilevante eccezione del Regno Unito. L’Italia segnala una forte
diminuzione dell’ARPU (average revenue per user) sostanzialmente in tutti i segmenti. Tra le
principali economie mondiali essa presenta il livello minimo di ricavi per utilizzatori, sia per
quanto concerne in generale i servizi di telefonia, sia per quanto riguarda il segmento dati.
3 I dati relativi alle telecomunicazioni su rete fissa e mobile di fonte Agcom comprendono informazioni di dettaglio fornite
dalle seguenti imprese: Brennercom, BT Italia, Cable & Wireless, CloudItalia, Colt, Fastweb, Green ICN, H3G, Infracom Italia,
Orange Business Italy, Retelit, Telecom Italia, Tiscali, Verizon Italia, Vodafone NV, Welcome Italia e Wind, nonché, tra gli
MVNO “puri” A-Mobile, Carrefour Italia Mobile, Coop Italia, Daily Telecom, ErgMobile, Noverca, Poste Mobile.
Oltre agli effetti sui prezzi e sui ricavi per utilizzatore, molte differenze interessano il mercato
delle telecomunicazioni europeo e quello americano in relazione alla frammentarietà dei
mercati e del quadro regolamentare, cui si lega una diversa possibilità per i maggiori
operatori di sfruttare le economie di scala e di ricercare una massimizzazione dei costi fissi.
Nel mercato americano attualmente 4 operatori controllano circa il 93% del mercato. Anche
in Europa la maggioranza dei sottoscrittori è servita dai quattro principali operatori,
Telefonica, Vodafone, Deutsche Telekom e Orange, ma il mercato è altamente frammentato,
con oltre 100 operatori tra telefonia fissa e mobile che controllano a loro volta dozzine di
compagnie più piccole. L’assenza di network paneuropei, una regolamentazione antitrust
stringente che ha scoraggiato in passato importanti aggregazioni, una gestione delle licenze
per l’utilizzo degli spettri che continua a essere decentrata a livello nazionale, nonché la
minore dotazione di copertura del cavo, rappresentano le principali differenze tra i due
mercati.
Europa Stati Uniti
Dimensione del mercato28 mercati nazionali distinti, totale della
popolazione di quasi 600 milioni di individuiuna nazione, totale popolazione 314 milioni
Player nel mercato delle reti
mobili
differenti operatori in ogni paese (alcuni
gruppi operano in più paesi ma non ci sono
network paneuropei
operatori su larga scala che operano su
tutto il territorio, insieme a un gruppo di
diversi operatori più piccoli, ma di
dimensioni comunque rilevanti
Player basati sul mercato delle
reti fisse in rame
eredità dei monopoli nazionali pubblici, definiti
all'interno dei confini statali. Ci sono alcuni
casi di cross ownership delle infrastrutture, ma
senza network intra peasi
eredità dei Baby Bells (storicamente a
capitale privato), ora per lo più consolidati,
con i più importanti player che gestiscono il
mercato in regime di oligopolio
Player via cavola copertura è sul 24-55% della popolazione
(in Italia è assente)
la copertura del cavo copre il 96% della
popolazione
Licenze per l'utilizzo dello
spettro
gestione decentralizzata, autorizzata a livello
di stato membromandato unico dell'autorità FCC
Le principali differenze del mercato delle telecomunicazioni
La concentrazione del mercato americano è legata alla maggiore intensità delle operazioni di
fusione e acquisizione che lo ha caratterizzato nel corso dei primi anni duemila. Tra il 2001 e
il 2006 il nucleo centrale delle transazioni in Nord America ha interessato il processo di
consolidamento interno, mentre gli operatori europei hanno incrementato la loro esposizione
verso i mercati emergenti, soprattutto asiatici.
Negli ultimi due anni si è registrato un nuovo intensificarsi delle operazioni di fusione e
acquisizione nel mercato americano. Tra queste si segnala il recente riacquisto da parte di
Verizon del 45% della quota Vodafone in Verizon Wireless per 130 miliardi di dollari, nella più
grande operazione che ha interessato il settore a livello globale negli ultimi 3 anni, e
l’acquisizione da parte di AT&T di Leap Wireless e di Metro PCS da parte di T-Mobile
Mentre il mercato americano ultima al consolidamento, aumenta anche la sua attrattività per
i grandi operatori globali. Nel 2013 la giapponese Softbank è entrata nel mercato
statunitense acquistando Sprint Nextel per 21.6 miliardi di dollari, con la promessa di
innovazioni nel pricing dei servizi di telefonia mobile. Softbank sta pianificando l’acquisto di T-
Mobile US per 32 miliardi di dollari per rendersi competitiva rispetto agli altri due principali
leader, AT&T e Verizon.
In parallelo ai processi di consolidamento in atto tra imprese di telecomunicazioni e tra
media company, si stanno sviluppando nel mercato iniziative volte a innescare le sinergie tra
telco e broadcasters, oppure tra grandi colossi di internet e storiche imprese ICT. Nel settore
dei media statunitense è stata annunciata la fusione per un importo di circa 45 miliardi di
dollari dei più grandi gruppi di tv via cavo, Comcast e Time Warner Cable, che ove autorizzata
dall’antitrust federale vedrà la costituzione di un gigante nel campo della televisione e dei
sistemi di trasmissione televisiva e internet.
Il settore dei media sta costituendo anche il principale motore per le acquisizioni da parte
degli operatori americani in territorio europeo. Un’operazione di rilievo in questo senso è
rappresentata dall’acquisizione di Virgin Media, operatore via cavo britannico, da parte della
società di diritto statunitense Liberty Global, che ha giù effettuato operazioni simili in
Germania e Belgio. Un’altra transazione di rilievo ha visto l’ingresso di Time Warner nel
portafoglio della Central European Media, impresa attiva nei paesi del centro Europa
(Bulgaria, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Ungheria) e specializzata nella
vendita e nella distribuzione di programmi, contenuti e canali tv.
Infine, nel gennaio 2014, il gruppo globale Discovery Communication ha acquisito Eurosport,
fornitore di canali specializzati in diversi paesi europei.
Negli ultimi anni, le attività di concentrazione e di fusione si sono diffuse sempre di più anche
all’interno del mercato europeo, allo scopo di inglobare concorrenti attivi nei mercati
nazionali o vicini, nell’ottica di sfruttare le economie derivanti dall’innalzamento dei livelli
produttivi in presenza di costi fissi associati alla manutenzione delle reti trasmissive e alle
campagne promozionali. Oltre alle ragioni cost saving, ci sono altri fattori che stanno
alimentando i processi di consolidamento, in primis la possibilità di riportare per le società di
ottenere debito a minori tassi di interesse (diminuendo l’attuale costo del servizio), che per
converso alimenti anche la volontà degli istituti bancari di finanziare il costo delle fusioni allo
scopo di assicurare il loro investimento.
Un ulteriore spinta alle M&A è stata data dai nuovi orientamenti della Commissione Europea
verso la creazione di un mercato unico continentale. La tendenza al consolidamento è
stimolata dai driver settoriali di integrazione verticale e dalla necessità di sfruttare sinergie di
scala, l’illusione di mercati fatti di piccoli operatori è definitivamente tramontata nell’egida
della nuova era digitale, rimanendo una prerogativa dei piccoli territori. Una scala di mercato
con 600 milioni consumatori potrebbe incentivare l’investimento degli operatori comportando
vantaggi di costo significativi, permettendo agli operatori di offrire servizi diversificati e ai
consumatori di poter fruire del servizio digitale ovunque si trovino all’interno dello spazio di
comunicazione europea.
La tendenza europea a rifocalizzarsi sui mercati di leadership, dopo la tendenza che ne aveva
visto nella metà degli anni duemila una maggiore proiezione internazionale, è già ravvisabile
da alcuni anni. Il punto di svolta è arrivato nell’ottobre 2007 con la vendita da parte di Orange
delle operazioni mobili in Olanda a Deutsche Telekom (T-Mobile) per 1.3 miliardi di euro, che
ha consolidato il mercato olandese intorno a 3 operatori. Nel 2009, la costituzione di
Everything Eveywhere nel Regno Unito, come risultato della fusione delle controllate di
Orange e Deutsche Telekom nell’area, ha ridotto al mercato inglese a 4 operatori. Queste
operazioni sono state accompagnate da un significativo numero di simili transazioni in
Europa: per esempio, Vodafone ha venduto la sua quota non di controllo in SFR a Vivendi e ha
disinvestito la sua partecipazione del 24% in Polkomtel in Polonia. Similarmente, Deutsche
Telekom ha acquistato la rimanente quota del 39% in T-Mobile Czech.
Nel settore mobile si registrano due operazioni attualmente all’esame della Commissione
europea che, qualora approvate, determinerebbero una riduzione degli operatori di rete
mobile attivi nei mercati delle comunicazioni irlandese e tedesco: Hutchison 3G UK ha
notificato l’acquisto di O2 Ireland dalla società Telefonica Ireland di Telefonica, che a sua
volta ha acquisito in Germania (con Telefónica Deutschland) l’operatore E-Plus.
Queste operazioni sono ora al vaglio delle autorità antitrust: il tema oggetto di
approfondimento è la possibile riduzione del grado di concorrenza sui mercati nazionali sia
retail delle comunicazioni mobili sia wholesale nell’accesso e dell’originazione delle chiamate
su rete mobile. In entrambi i casi, la nuova impresa combinerebbe due dei quattro operatori
mobili presenti nel mercato e fronteggerebbe due concorrenti consolidati quali Deutsche
Telekom e Vodafone nel mercato tedesco e Eircom e Vodafone in quello irlandese. Operazioni
che rispecchiano, peraltro, la fusione che ha avuto luogo nel 2012 in Austria, dove il maggior
operatore mobile del mercato, Orange Austria, ha acquisito Hutchison 3G Austria, con
l’effetto di ridurre il numero totale di operatori di reti mobili da quattro a tre.
Ulteriori attività di merger and acquisition hanno interessato, in Europa, alcuni operatori
storici delle telecomunicazioni nei mercati vicini. Deutsche Telekom ha comprato la società
GTS Central Europe che fornisce servizi di telecomunicazione nei mercati degli utenti
residenziali in Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia e Ungheria. La norvegese
Telenor, già presente nei mercati scandinavi della Norvegia, Svezia e Danimarca, nonché in
Ungheria, ha ampliato la copertura fino a includere la Bulgaria grazie all’acquisizione di
Cosmo Bulgaria Mobile, che commercializza servizi di comunicazione mobile con il brand
Globul, e Germanos Telecom Bulgaria. Nel Regno Unito, peraltro, Telefónica è stata
protagonista di un’importante operazione, che ha coinvolto Vodafone UK ed Everything
Everywhere allo scopo di creare una piattaforma di mobile marketing and wallet platform,
che comprende inter alia, la fornitura all’ingrosso di servizi di pagamento online, e-banking ed
e-commerce, fornitura al dettaglio di bulk sms e altri servizi internet specializzati.
Alcune delle recenti operazioni M&A nel mercato europeo vanno in direzione dell’offerta di
servizi maggiormente diversificati. L’acquisto dell’operatore via cavo tedesco Kabel
Deutschland per 10 miliardi di euro, a cui ha seguito l’acquisizione di Ono in Spagna,
rinforzeranno ulteriormente gli asset in rete fissa di Vodafone, permettendo di offrire
sottoscrizioni mobili, rete fissa e banda larga e sottoscrizioni in pay-tv in un pacchetto quad
play.
Appesantiti da una competizione dei prezzi che abbassa il fatturato e da una regolazione che
minaccia di erodere i margini in maniera ancora più sostanziale, gli operatori europei offrono
tra i migliori valori di acquisizione (secondo le informazioni di Bloomberg il trading delle telco
europee con valore di mercato superiore al miliardo di dollari è pari a circa il 36% di quello
delle rivali americane, con una mediana di 12.9x i rendimenti, contro un moltiplicatore di 20
per le USA). Nonostante il relativo vantaggio comparato di acquisire partecipazioni in Europa,
le transazioni tra le due sponde dell’Atlantico sono state però limitate, ad eccezione di quanto
riguarda il segmento media e tv. L’unico ingresso di rilievo nel mercato americano si è
registrato con l’acquisizione da parte di America Movil del 27% della quota dell’operatore
olandese KPN e del 21% in Telecom Austria. AT&T da tempo sembra però mostrare interesse
in un’operazione nel mercato europeo, e secondo recenti rumors sarebbe interessato a
un’operazione di acquisizione di Vodafone.
TARGET COMPRATOREvalore
transazionerendimenti EBITDA
multiplo
r icavi
multiplo
EBITDA
02/21/2014 Verizon Wireless Verizon Communications 130036 75868 29682 3.9x 9.9x
07/10/2013 Sprint Corporation SoftBank 37297 35438 5305 1.1x 8.9x
06/16/2010 Carso Global Telecom American Movil 35309 16043 5921 2.0x 5.4x
02/28/2012Tele Norte Leste
Participacoes Oi SA
31509 17810 6614 1.3x 3.5x
04/01/2011 Qwest Communications International CenturyLink 24003 12104 4267 1.8x 5.2x
04/15/2011 Wind Telecom VimpelCom 22993 - - - -
02/27/2012 Coari Participações Oi SA 22401 6160 1893 3.3x 10.7x
06/09/2011 Vivo Participacoes Telefonica Brasil 17328 10905 3222 1.5x 5.0x
01/02/2013 China Telecommunications
CDMA Network China Telecom
13788 - - - -
06/16/2011 SFR Vivendi Société Anonyme 11273 17833 5634 1.4x 4.6x
06/08/2010 Bharti Airtel Africa B.V. Bharti Airtel 10668 - - - -
09/27/2010 Brasilcel Telefónica 9757 - - - -
10/13/2011 Skype Global Microsoft 9325 860 193 10.7x 47.6x
07/01/2010 New Communications
Holdings Frontier Communications
8470 - - - -
04/01/2010 Orange Everything Everywhere 8398 115 - 64.4x -
09/10/2010 China Mobile - 6674 69128 35136 2.4x 4.8x
11/09/2011 Polkomtel - 5882 2740 1025 2.0x 5.5x
04/21/2010 Kyivstar VimpelCom 5602 1444 791 3.8x 6.9x
06/10/2010 Telmex Internacional America Movil 5402 7811 2137 2.5x 8.9x
04/27/2010 Global Village Telecom Vivendi Société Anonyme 4921 893 318 5.0x 14.0x
03/13/2014 Leap Wireless International AT&T 4914 3051 467 1.3x 8.6x
10/01/2013 Global Tower American Tower 4800 - - - -
12/26/2012 eAccess SoftBank 4790 2647 606 1.6x 7.2x
11/11/2011 Telefonos de Mexico America Movil 4635 8041 3193 2.3x 5.9x
05/28/2012Egyptian Company for Mobile
ServiceFrance Télécom
4499 1701 536 2.7x 8.4x
07/09/2013 Clearwire Sprint 3830 1260 -403 9.5x -
08/24/2012 SpectrumCo Cellco Partnership 3600 - - - -
07/30/2012 VimpelCom Alimo 3600 23350 9506 2.1x 5.3x
01/28/2014 Telefonica Czech Republic PPF Group 3482 - - 1.8x 4.6x
06/26/2012 KPN America Movil 3446 17310 6011 1.8x 5.2x
07/01/2011 Vodafone India Vodafone Group 3320 - - - -
10/28/2010 Sunrise Communications CVC Capital Partners 3269 - - - -
10/02/2013 OAO Svazyinvest Rostelecom 3029 - - - -
10/04/2011 Globsl Crossing Level 3 Communicaions 2915 2622 403 1.0x 6.6x
04/01/2011 Uralsvazyinform Rostelecom 2897 1342 533 2.0x 5.1x
01/13/2011 Syniverse Holding The Carlyle Group 2722 619 224 4.2x 11.5x
04/04/2013 Tele 2 Russia Telecom VTB Bank 2400 - - - -
06/22/2010 Cellco Partnership, Wireless AT&T Mobility 2372 - - - -
11/30/2011 PAETEC Holding Windstream 2357 1840 313 1.2x 7.2x
07/02/2012 AboveNet Zayo Group 2333 473 192 4.7x 11.6x
02/29/2012 Orange Communications Apax Partners 2131 1385 - 1.5x 6.5x
07/27/2012 Cable and Wirelss Worldwide Vodafone Europe 2127 3437 585 0.6x 3.3x
06/08/2011 Hughes Communications EchoStar Satellite Services 2124 1043 209 1.9x 9.3x
01/01/2010 LG Powercom LG Uplus Corp 2106 1205 320 1.6x 6.2x
04/01/2011 Volgatelecom Rostelecom 2094 1088 474 1.8x 4.2x
04/01/2011 Sibirtelecom Rostelecom 2090 1263 481 1.6x 4.2x
12/27/2011QUALCOMM Inc (Spectrum
Licence)AT&T
1925 - - - -
10/01/2012 TowerCo Holdings SBA Communicaions 1850 146 61 12.7x 30.2x
10/04/2012 National Mobile Tcom Qatar Telecom 1849 2659 984 1.9x 5.1x
04/14/2010 Bezeq- Istrael B Communicaion 1765 3357 1285 1.9x 4.9x
10/02/2013 Scartel MegaFon 1746 - - - -
01/03/2013 Orange Austria Tcom Hutchison 3G Austria 1712 - - - -
05/11/2011 Ukrtelecom ESU 1711 867 138 2.1x 12.9x
04/01/2011 Comstar Mobile Telesystems 1649 1558 645 5.6x 13.5x
04/11/2014 Vodafone India Vodafone International Holdings1641 - - - -
04/24/2012 MegaFon AF Telecom Holding 1610 8522 3488 1.6x 3.8x
01/18/2012 Rostelecom - 1607 2395 539 11.4x 50.7x
top M&A del settore delle telecomunicazioni a livello globale dal 2010
2. L’evoluzione dei principali gruppi di telecomunicazione
Il fatturato dei principali 28 gruppi mondiali di telecomunicazioni individuati da Mediobanca è
pari a 937 miliardi di euro nel 2013, circa i 3/4 dei ricavi globali del settore, stimati in un
triliardo e mezzo di euro, incluso il segmento del broadcasting. Dopo la frenata nel 2009, i
ricavi dei leader globali hanno ripreso una crescita, seppur lontana dai tassi degli anni
centrali del decennio, cha ha incontrato un lieve rallentamento nel 2013. Con un fatturato
pari a 23.4 miliardi di euro nel 2013, Telecom Italia si classifica al quindicesimo posto tra i
top player globali, alle spalle non solo dei principali operatori avanzati, ma anche delle prime
3 società di telecomunicazioni cinesi.
TARGET COMPRATOREvalore
transazionerendimenti EBITDA
multiplo
r icavi
multiplo
EBITDA
04/01/2011 North-West Telecom Rostelecom 1550 919 409 1.7x 3.9x
03/29/2010 LightSquared Harbinger Capital Partners 1534 35 -87 43.4x -
02/02/2012 Kcell TeliaSonera 1519 - - - -
02/04/2013 Asia-Cell Tcom Ooredoo Q.S.C 1470 - - 3.0x 10.5x
04/24/2012 Telecominvest AF Telecom Holding 1455 - - - -
04/09/2014 Orange Dominicana Alice VII Sarl 1435 581 - 2.5x -
07/30/2013 Opimus SGPS Zon Opimus SGPS 1420 - - - -
03/09/2012 DBSD North America Dish Network 1400 - - - -
01/31/2011 Intel Mobile Communicaions Intel 1400 1314 - 1.1x -
07/30/2012 China Unicom (Hong Kong) China United Network 1387 36095 10604 1.2x 4.2x
03/09/2012 Terrestar Networks Dish Network 1382 - - - -
02/16/2010 HanseNet Telekommunikaion Telefonica Deutschland1334 1764 - 0.8x 3.7x
01/04/2011 Orascom Telecom Tunisia Naional Mobile Telecommunicaions1200 - - - 6.7x
02/26/2014 T-Mobile Czech Republic Deutsche Telekom 1161 617 170 2.3x 8.2x
06/20/2013Companhia de
Telecomunicacoes de MacauCITIC Telecom Internaional Holdings
1140 253 123 4.5x 9.2x
06/01/2010Windstream Iowa
CommunicaionsWindstream
1130 1364 - 2.1x -
08/02/2011 Versatel Kohlberg Kravis Roberts & Co 1116 1006 222 0.9x 4.2x
02/04/2011OJSC Naional
Telecommunicaions
Rostelecom; Uralsvyazinform; North-
West Telecom 1061 - - - -
03/18/2011 Vivo Paricipacoes SP Telecomunicações Paricipações1034 10905 3222 1.0x 3.2x
12/15/2011 Global Tel*Link American Securiies 1000 - - - -
12/19/2011 Vizada SAS Astrium 960 - - - -
07/31/2013
Cosmo Bulgaria Mobile EAD
and GERMANOS Telecom
Bulgaria SA
TeleNor
934 - - 1.9x 5.3x
11/02/2012 Space Systems/Loral Macdonald Detwiler & Associates875 1100 - 0.8x -
03/19/2014 PT AXIS Telekom Indonesia PT XL Axiata 865 - - - -
04/01/2011OJSC Far East
TelecommunicaionsRostelecom
852 571 201 1.4x 4.1x
12/02/2010 MediTelecom France Télécom 840 623 - 4.3x -
12/26/2010 Telmex Colombia Comunicacion Celular 821 - - - -
03/28/2013 Ziggo Liberty Global 811 2006 1104 5.2x 9.5x
09/20/2013Allied Wireless
CommunicaionsAT&T Mobility
780 - - 1.7x 7.9x
12/02/2010 Q-Comm Windstream 780 - - - -
08/13/2013Brasil Telecom Cabos
Submarinos BTG Pactual Gestora de Recursos
776 - - - -
11/12/2012 Bulgarian TelecommunicaionCorporate Commercial Bank; CJSC;VTB
Capital 766 585 137 1.2x 4.9x
01/14/2011 Ceske RadiokomunikaceMacquarie Infrastructure and Real
Assets (Europe) 762 - - - -
06/02/2010 CJSC Synterra MegaFon 745 - - - -
top M&A del settore delle telecomunicazioni a livello globale dal 2010
L’andamento del settore delle telecomunicazioni* in serie storica – principali voci di conto
economico (in % dei ricavi) e ricavi in termini assoluti
A fronte del progressivo declino della telefonia fissa e della crescente competizione che
interessa il mercato del mobile, nonché dei maggiori costi del venduto legati all’offerta di
servizi sempre più integrati, l’impossibilità di estrarre rendite aggiuntive dal traffico dati ha
esercitato una forte pressione al ribasso sui margini delle telco. La ripresa della marginalità
nel 2013 dopo due anni di forte compressione è legata a un deciso sforzo di contenimento
della spesa operativa. La sostenibilità nel tempo delle attività aziendali è quindi legata alla
capacità di conseguire guadagni di efficienza, riducendo i costi di produzione, e di proporre
nuove soluzioni di processo e di prodotto, allo scopo di ampliare la gamma di servizi offerti.
La buona
performance
dell’utile di
esercizio è invece
riconducibile al
risultato della
gestione
straordinaria (che
ha visto nel 2013 il
buyout della quota
in Vodafone di
Verizon, esclusa
dal campione
analizzato), nonché
a una gestione
ordinaria più
oculata, con una riduzione del peso degli avviamenti e delle spese per partite straordinarie. In
termini patrimoniali, dopo un periodo di ascesa dell’investimento in intangibili, il 2007 ha
visto una ripresa degli investimenti in asset fissi e un aumento di quelli correnti.
Per contrastare la saturazione dei mercati domestici, i principali gruppi europei hanno cercato
la diversificazione geografica verso i mercati emergenti in catching up, aumentando il peso
dell’investimento in concessioni e licenze, una scelta che ha in parte sostenuto i ricavi del
settore in un periodo di forte compressione dei mercati domestici.
La necessità di un potenziamento infrastrutturale per i nuovi servizi affamati di banda e di
diversificazione di prodotto per mantenere la clientela domestica in un regime di forte
competizione, unitamente alla minore attrattività dei mercati emergenti con una crescente
maturità dell’offerta4 e incertezza regolatoria ha però di recente portato gli operatori a
rifocalizzarsi sui mercati core. Un’inversione di tendenza che ha portato il peso degli
intangibili a essere solo lievemente superiore rispetto a inizio decennio, con un’incidenza
percentuale pari al 32% sul totale. Non è il caso di Telecom Italia, che presenta il livello di
avviamenti più elevato tra i principali gruppi esaminati nell’analisi di dettaglio.
Il cluster dei leader globali
delle telecomunicazioni mostra
un’importante incidenza della
proprietà statale rispetto ai
principali gruppi industriali,
particolarmente rilevante sul
numero di dipendenti e gli
asset investiti. A quasi
vent’anni dall’ondata di
liberalizzazione che ha investito
il comparto, l’analisi a livello
paese dimostra come nelle
economie Ocse permanga una
rilevante partecipazione
statale, segnalando il carattere
strategico dell’investimento nel settore delle telecomunicazioni (si veda l’allegato 1 per il
dettaglio a livello di singolo paese).
La dinamica complessiva delle vendite dei gruppi nasconde profili differenziati tra aree
geografiche in relazione alle condizioni economiche e ai driver di mercato che governano il
settore. Le economie emergenti, in particolare asiatiche, continuano a guidare l’espansione
mondiale del comparto, in relazione all’intensità del fattore demografico, alle soglie di
sviluppo della domanda a valle e alla crescente dotazione infrastrutturale, mentre la
situazione è tesa nelle economie occidentali a maggiore maturità e saturazione del mercato.
4 Si segnala come alcuni operatori asiatici, tra cui l’indiana Bharti Airtel, abbiano iniziato a loro volta ad
aggredire nuovi mercati, nel caso specifico quello sudafricano.
Il mercato delle telecomunicazioni ha visto una crescita in Giappone dal 2008, arrivando a
coprire nel 2013 oltre il 16% della domanda mondiale, con un’ampiezza prossima ad aree di
espansione geografica e popolazione molto diverse. La peculiarità del mercato giapponese è
da ricondursi al ruolo di leadership mondiale dell’industria delle telecomunicazioni mobile,
unitamente a una politica industriale per il settore che ha portato a un’infrastruttura a banda
larga prima al mondo per estensione dello spettro. In Europa si registrano rilevanti perdite
(con una contrazione delle vendite che ha superato gli 8 punti percentuali), mentre gli Stati
Uniti mostrano un profilo di maggiore stabilità.
La diversa dinamica dei ricavi si riflette in un
profilo differenziato delle spesa in capitale dei
gruppi in relazione ai principali mercati di
riferimento. Particolarmente problematica è la
situazione degli operatori europei, dove la
maggiore pressione dei costi a fronte di un
fatturato in compressione ha ridotto la
capacità di investimento, incrementando
l’indebitamento di lungo periodo e
indebolendo la struttura finanziaria dei gruppi,
già caratterizzata da forti squilibri.
3. Le reti
L’Italia si posiziona tra gli ultimi paesi per penetrazione della banda larga fissa tra le
economie OECD, Nel mercato della banda larga fissa, la quota di Telecom Italia ha continuato
a decrescere dal 53% del gennaio 2012 al 50% del gennaio 2014. Nel mercato della
telefonia fissa, Telecom Italia rimane l’operatore primario, ma il volume di traffico voce
veicolato è diminuito dal 55,4% del 2012 al 50.7% del 2012. La principale tecnologia
utilizzata dagli entranti è la local loop unbundling, ossia il meccanismo delle tariffe di
interconnessione, che interessa circa 5.3 milioni di linee.
Al contrario l’Italia riporta un buon risultato, superiore alla media europea (pari al 59%), nella
diffusione della banda larga mobile
Nel corso degli ultimi due anni, la banda larga mobile ha continuato la sua espansione,
raggiungendo un tasso di penetrazione doppio rispetto al 2011 e più elevato di quello
riportato dalla media europea, segnalando l’elevata maturità del mercato. In parallelo, lo
sviluppo e la disponibilità commerciale dei network LTE (Long Term Evolution, 4G) ha
registrato importanti progressi (più che triplicando da luglio 2013), sia nelle principali città
che nelle aree in
digital divide. La
quota di mercato
dei due principali
operatori, che
detengono circa
1/3 del mercato a
testa, è diminuita
leggermente in
favore degli altri
operatori
principali, mentre il 5% della base della clientela si suddivide tra i restanti 16 operatori senza
infrastrutture di rete (MVNO).
Nonostante abbia evidenziato nel corso degli ultimi due anni alcuni progressi nel target di
base della Digital Agenda, che prevedeva il raggiungimento dell’accesso universale della
copertura a 2Mbps, l’Italia rappresenta una delle economie europee dove l’obiettivo non è
stato ancora centrato, con una copertura che ha raggiunto il 98.5% nel 2013.
Il potenziamento della rete a 30Mbps chiesto dall’Europa entro il 2020 procede in modo
disomogeneo e vede l’Italia tra i fanalini di coda, con solo il 20% degli accessi adeguati al
nuovo standard. Una condizione che conferma la scarsa lungimiranza italiana nella creazione
dell’infrastruttura, a fronte di una media europea che nel 2013 offriva già la banda ultra larga
a oltre il 60% dei nuclei familiari.
Il problema italiano si aggrava esaminando le condizioni dell’offerta, che la identificano come
la nazione con la più estesa diffusione di aree a fallimento di mercato per lo sviluppo delle
reti di nuova generazione (aree
bianche Next Generation
Access, di seguito NGA)
d’Europa. La conseguenza è
che appena il 21% della
popolazione ha la disponibilità
di accedere a Internet a più di
30 Mbps, rispetto a una media
europea che ha già raggiunto il
64% della popolazione. La
penetrazione delle tecnologie
NGA è ancora più ridotta,
interessando a inizio 2014 solo
il 2.6% degli accessi alla banda
fissa, contro il 27% della media europea.
Se la scarsa penetrazione della banda larga a 30 Mbps è in parte relazionata ai bassi livelli di
alfabetizzazione informatica (sono il 34% gli italiani che non hanno mai utilizzato internet nel
2013, contro il 13% in Germania e il 21% della media Ue), anche la qualità della banda larga
esistente in termini di velocità appare ridotta rispetto alla media europea (solo il 18.4% degli
abbonamenti provvede una rete con velocità superiore ai 10 Mbps contro il 66% dell’Unione).
Il confronto per velocità medie di navigazione è ancora più schiacciante rispetto a una
selezione di economie mondiali (dati Communications Monitoring 2014).
In Italia gli investimenti in reti a banda ultra-larga risentono di alcune condizioni iniziali, tra
cui l’assenza della concorrenza dinamica tra operatori di reti di telecomunicazioni e quelli di
reti via cavo che, in altri paesi, hanno affiancato all’originale fornitura di servizi televisivi
anche i servizi a banda
ultra-larga. L’assenza delle
reti via cavo esercita un
impatto diretto in quanto gli
obiettivi di copertura e di
penetrazione della banda
ultra-larga possono essere
raggiunti esclusivamente, e
in tempi più lunghi,
attraverso gli investimenti
degli operatori di
telecomunicazione, e
indiretto in quanto gli operatori di telecomunicazione definiscono i propri piani di
investimento senza la pressione concorrenziale degli operatori via cavo.
Ad oggi, la
connessione in
banda larga è
prevista per circa il
95% attraverso le
linee DSL,
condizione che
porta l’offerta in
termini di velocità
a un massimo di
30 Mbps e
naturalmente
porta il numero di
sottoscrittori di abbonamenti a banda ultralarga (con una velocità di connessione minima di
100 Mbps) a zero, contro una media europea che si colloca comunque al solo 5.3% dei nuclei
familiari, in vista dell’obiettivo del 50% al 2020.
Per quanto concerne le connessioni in fibra, l’Italia si colloca a margine della classifica OECD,
con una percentuale del 2.4%, mentre il Giappone cavalca la classifica con soglie del 70%. Il
confronto regionale vede in generale Stati Uniti ed Europa situarsi su livelli molto contenuti e
inferiori al 10%, contro l’incidenza sei volte superiore delle economie asiatiche leader.
A livello mondiale, la
maggiore velocità di
connessione è nei mercati
asiatici: la prima offerta
commerciale per connessioni
da 1 Giga per secondo è stata
lanciata a Hong Kong. In
America l’offerta di servizi di
connessione ultra veloce è
effettuata su network fibra
ottica, con una velocità che in
generale si colloca però tra i
50 e i 200 Mbps. In Europa la
maggioranza degli operatori a
banda larga ultra veloce
offrono servizi più
segmentati, anche se nella
maggioranza dei casi, la
velocità massima proposta
Fiber to the home and
fiber to the building
fonte: OECD, 2014
non eccede i 100 Mbps. Si segnala come nel quarto trimestre del 2013 sei telco europee
abbiano lanciato offerte da 1 Gbps (Lattelecom, Free, PT Luxembourg, RCS&RDS, Swisscom).
La diversa disponibilità di infrastruttura in fibra si riverbera sul numero di abbonati alla banda
ultraveloce per singoli gruppi. Un elemento di interesse è rappresentato dal fatto che i
competitori mostrano in generale una maggiore penetrazione della banda larga tra gli
abbonamenti offerti rispetto agli incumbent, segnale che l’offerta dei servizi in fibra
rappresenta un’importante strategia di vantaggio competitivo.
In un contesto che vede l’assenza di network via cavo e una contenuta lunghezza delle sotto-
reti in rame, i principali progetti di investimento dell’incumbent in Italia e alcuni altri operatori
nel corso del biennio 2012-’13 si sono concentrati principalmente sullo sviluppo delle reti in
fibra FTTC nei principali centri urbani, mentre un operatore di fibra ha sviluppato collegamenti
FTTH (to the home) in collaborazione con le municipalità locali in alcune zone cittadine del
Nord. La strategia di realizzare prima le reti FTTC (fiber to the cabinet) e successivamente
quelle FTTB/H (to the building, to the home), riflette un approccio “wait and see”, allo scopo di
sviluppare i tratti finali solo quando l’evoluzione e la maggior dimensione della domanda lo
imponga. I rischi dell’incertezza della domanda sono particolarmente significativi per gli
investimenti in reti FTTH, dal momento che è più ridotto l’insieme di servizi al dettaglio per i
quali è indispensabile la capacità di trasmissione assicurabile esclusivamente queste reti.
Negli ultimi anni l’Italia ha implementato una strategia per l’estensione della banda larga
fissa base alle aree rurali e più isolate. La strategia prevedeva 1.1 miliardi di investimenti, per
lo più finanziati da fondi nazionali o da fondi strutturali delle regioni o dal Fondo Europeo
Agricolo per lo sviluppo rurale disponibili per il periodo 2007-2013, dirottati sullo sviluppo
della banda larga. Nel gennaio del 2013, il 46% di questi progetti era concluso, coinvolgendo
circa 3.4 milioni di abitanti. Nel 2012 il Ministero dello Sviluppo Economico ha adottato un
piano strategico per la garanzia dei fondi pubblici alle autorità locali e delle regioni per la
banda larga in connessione con gli obiettivi della Digital Agenda.
Questo piano targetizzava in particolare lo sviluppo del network delle Next Generation Access,
attraverso 3 strategie di investimento
1) sostegno pubblico diretto nelle zone passive
2) partnership pubblico--privata
3) garanzie complementari agli investimenti privati.
Il piano strategico non era vincolante, anche se molte regioni hanno stretto accordi diretti con
il MISE e la sua compagnia esecutiva, Infratel, per il coordinamento e l’implementazione degli
interventi finanziati con i loro fondi. Nel 2013 Infratel ha registrato 126 milioni di fondi
pubblici a sostegno dell’investimento privato, per un complessivo di 181 milioni in aree
bianche in Campania e 5 in Molise. Nel primo trimestre del 2014, Infratel ha annunciato
bandi per l’assegnazione di 127.6 milioni di investimenti pubblici in aree bianche NGA in
Calabria, Puglia e alcune città lombarde (Monza e Varese).
La consultazione pubblica svolta da Infratel per conto del Ministero dello Sviluppo Economico
(MISE) e conclusa nel luglio 2014, anche se ha potuto registrare una significativa ripresa degli
investimenti programmati da parte degli operatori privati nell’arco del triennio 2014-16, ha
messo in evidenza che il mercato da solo non è in grado di mettere l’Italia in condizione
l’Italia di raggiungere pienamente gli obiettivi fissati dall’Agenda Digitale Europea.
Dall’ultimo Piano del Governo per la banda ultra-larga emerge che saranno 482 i comuni
collegati alla banda larga a 30 Mbps dagli operatori privati entro il 2016, con un investimento
complessivo inferiore a 2 miliardi di euro nel triennio. A questo dato devono essere aggiunti i
657 comuni che saranno raggiunti da reti NGA grazie al Piano Strategico in corso, già
finanziato da molte regioni italiane, portando complessivamente la copertura a 30 Mbps alla
fine del 2016 ad un totale di 1.139 comuni. Pur triplicando i comuni coperti rispetto alla
situazione attuale, gli investimenti programmati non saranno sufficienti ad allineare l’Italia
alla media europea. Secondo gli impegni attuali, l’Italia raggiungerà solo fra tre anni l’attuale
media europea, quando l’Europa avrà spostato ancora più in là il suo livello di copertura.
Per la prima volta con il piano europeo 2014-2020 è stato permesso un utilizzo dei fondi
strutturali europei che non sia esclusivamente rivolto alla digitalizzazione delle cosiddette
“zone bianche”, ma che possa essere orientato anche ai territori caratterizzati da elevata
competitività, sia attraverso incentivi fiscali che contribuzione diretta (a fondo perduto, su
risorse comunitarie (FESR e FEASR) nazionali (FSC) e regionali, o garanzia del debito).
A livello di potenziamento dei canali di distribuzione i target sono sia le infrastrutture “medie”
(ampiezza banda 30 Mbps) in cui l’Italia presenta già un forte livello di ritardo, sia a quelle
“avanzate”, che dovrebbero permettere entro il 2020 l’accesso a oltre il 50% della
popolazione della banda a 100 Mbps. Analogamente alla proposta francese dei così detti
Réseaux d’Initiative Publique (RIP), l’Italia, avvalendosi anche del modello d’intervento
“partnership pubblico-privata”, prevede l’impiego di risorse pubbliche per circa 6 mld di euro,
con un fattore di leva 2, rispetto alle risorse dei privati, nello scenario più ottimista.
Il piano del governo prevede distinti schemi di finanziamento, suddividendo i territori
interessati per 4 principali cluster5
5 Cluster A. È il cluster con il migliore rapporto costi-benefici, dove è più probabile l’interesse degli operatori
privati. Include le principali 15 città nere (dove è presente – o lo sarà – più di un operatore di rete) per quanto
riguarda le reti a più di 30 Mbps (Roma, Milano12, Napoli, Torino, Palermo, Genova, Bologna, Firenze, Bari,
Catania, Venezia, Verona, Messina, Padova e Trieste) e le principali aree industriali del Paese;
• Costituisce il 15% della popolazione nazionale (circa 9,4 milioni di persone);
• In questo cluster è possibile il “salto di qualità” richiesto dalla normativa UE portando la velocità di
collegamento da 30 a 100 Mbps entro il 2020 con l’utilizzo di strumenti finanziari per l’accesso a debito (a
condizioni agevolate e a basso rischio) e/o mediante misure di defiscalizzazione degli investimenti.
Cluster B .È formato dalle aree in cui gli operatori hanno realizzato o realizzeranno reti con collegamenti ad
almeno 30 Mbps, ma le condizioni di mercato non sono sufficienti a garantire ritorni accettabili a condizioni di
solo mercato per investire in reti a 100 Mbps: Include 1.120 comuni, alcuni in aree nere e altri in aree grigie (è
presente un solo operatore di rete e non vi sono piani per un secondo) per le reti a più di 30 Mbps e vi ris iede il
45% della popolazione (circa 28,2 milioni di persone).Cluster C. Si tratta di aree marginali attualmente a
fallimento di mercato, incluse aree rurali, per le quali si stima che gli operatori possano maturare l’interesse a
investire in reti con più di 100 Mbps soltanto grazie a un sostegno statale. Include circa 2.650 comuni e alcune
aree rurali non coperte da reti a più di 30 Mbps, vi risiedono circa 15,7 milioni di persone (il 25% della
popolazione). In queste aree è necessario prevedere non solo soluzioni per l’accesso al credito agevolato e
incentivi fiscali, ma anche una parte di contributi a fondo perduto limitata, ma proporzionalmente maggiore
rispetto a quella del cluster B. Cluster D. Sono aree tipicamente a fallimento di mercato per le quali solo
l’intervento pubblico può garantire alla popolazione residente un servizio di connettività a più di 30 Mbps.
Ingloba i restanti 4.300 comuni circa, soprattutto al Sud, incluse alcune aree rurali; vi risiedono circa 9,4 milioni
di persone (il 15% della popolazione); In questo cluster, soprattutto al Sud, si ritiene che l’incentivo pubblico
possa essere concesso in misura maggiore a fondo perduto, considerando le infrastrutture a banda ultralarga
strategiche ai fini delle politiche di coesione per lo sviluppo dei territori particolarmente disagiati, con un PIL pro
capite inferiore al 75% della media UE-27 (17 mila euro). Tale intervento pubblico è già in corso in circa 300
Comuni.
Il piano vincola la cessione degli aiuti alla realizzazione di connessioni di tipo FTTH e FTTB
(fiber to the home, to the building), di fatto realizzate in Italia unicamente da Metroweb (gli
altri operatori infrastrutturali sono tutti FTTC). Il fatto che Metroweb sia partecipata
direttamente per il 46% e indirettamente attraverso F2I (che detiene un 16%) dalla Cassa
Depositi e Prestiti, può collocare il finanziamento nella fattispecie degli aiuti di stato,
rendendolo passibile della procedura ostativa della Commissione Europea.
Allo stato attuale l’infrastruttura italiana non appare così carente, soprattutto per quanto
riguarda la rete fissa tradizionale, che presenta la totalità delle dorsali in fibra. Il fatto che le
centrali siano localizzate a elevata prossimità con l’utenza oggi permette un costo di posa
della fibra al cabinet più contenuto. il decreto Sblocca Italia, identificando la posa
dell’infrastruttura come un’operazione di urbanizzazione primaria, legata quindi
all’approvazione a maggioranza degli enti locali, permette di bypassare molte delle rigidità a
livello di amministrazioni condominiali che si presentavano nella posa del tratto finale.
Un secondo punto importante del Piano del Governo è l’incentivo della domanda di banda
larga, che si lega direttamente con la necessità di sviluppare una maggiore segmentazione
verso servizi online, non solo da parte della Pubblica Amministrazione (ad esempio nella
materia del sostegno alle imprese), ma soprattutto legata alla fruizione dei nuovi servizi
entertainment ad alta fruizione di banda, come lo streaming, i nuovi giochi online, il voip e le
applicazioni.
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Allegato 1- partecipazione pubblica nelle principali telco europee