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LA TERZA CAMPAGNA DI SCAVI SULLtACROPOLI DI ÀMMÀN fileÀMMÀN - CIPPO IN BASALTO, CON IMMAGINE...

Date post: 18-Feb-2019
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L LA TERZA CAMPAGNA DI SCAVI SULLtACROPOLI DI ÀMMÀN Dal gennaio all'aprile 1933 si è condotta sull'acro- poli di Àmmàn la terza campagna di scavo. Era con me, come assistente, il sig. Pasquale Finelli, cedutomi per l'occasione dagli Scavi di Leptis Magna, grazie all' interessamento di S. E. Pari beni Direttore delle Missioni Scientifiche Ita- liane in Levante, e alla cortesia del Ministero delle Colonie. Per la manovalanza si è avuta larga facoltà di scelta, data la crisi che imperver- tata a braccia dal magazzino situato nella città, sotto- stante di duecento metri all'acropoli, e vi correvano i primi carrelli: i vecchi operai, spronati dall' esempio dell'assistente Finelli, tennero a mostrare che nulla avevano dimenticato degli insegnamenti loro impartiti nelle campagne precedenti. Non potevo desiderare mi- glior compenso ai disagi allora sopportati per adde- strare una manovalanza ignara dei più elementari principi di lavoro metodico e del nostro attrezzamento tecnico, di tipo completa- mente europeo. Gli obbiettivi della terza campagna erano stati da me co sì fissa t i: - Seguitare l'esplo- razione della grande cister- na a valle dell' agorà (così ormai chiamerò quello che prima definivo "cosiddetto quadriporto '" per seguire la nomenclatura di chi ave- va descritto il luogo prima di me). 2 ° - Approfondire ed estendere i saggi intorno alle mura ellenistico-romane. - Proseguire l'inda- gine nella prima terrazza, entro la cerchia delle mura dell' età del bronzo. sa anche in Transgiordania nel campo del lavoro. L'at- teggiamento corretto, ma altrettanto fermo, dei diri- genti ha im pedi to che si veri- ficassero casi di indisciplina nell'amalgama eterogeneo degli operai, evidentemente eccitato dal disagio econo- mico e da un latente fer- mento politico. In questa campagna, come mai in ad- dietro, tutto il mondo mu- sulmano era rappresentato sull' acropoli di Àmmàn: gia- vanesi, zanzibarini, somali, eritrei, iemeniti, irakiani, drusi, siriani, circassi, tripo- lini, tunisini, egiziani, una piccola torre di Babele, complicata da indigeni già immigrati nell'America del Sud, i quali tenevano, da- vanti ai compagni, di far credere d'essere quasi ... 'italiani, perchè ci parlavano ÀMMÀN - SCAVO DELLA PORTA OCC. (ESTERNO) 4° - Estendere lo sgom- bero dell'agorà, puntando sull' edificio arabo, che vi sa- rebbe stato eretto, secondo spagnolo o portoghese! Squisite, al solito, le acco- glienze di S. A. l'Emiro Abdallah e del col. Cox, residente inglese, improntate a buon cameratismo quelle dei colleghi Horsfield ed Head del locale servizio archeo- logico. Grande il piacere di trovare al posto di nostro Console generale a Gerusalemme il comm. Mariano De Angelis, al quale già da alcuni anni sono legato da stima deferente e cordiale e che è stato sempre largo di appoggio e di ospitalità per la nostra Missione; ormai fraterna l'affettuosa accoglienza del dotto Fausto Tesio, Direttore dell'Ospedale Italiano di Àmmàn, e della sua famiglia. Molte le visite di studiosi, componenti delle Missioni scientifiche sparse per la valle del Giordano ed in Pa- lestina, che ho ricambiato con grande vantaggio delle mie personali cognizioni in fatto di archeologia biblica. Dato l'ordine di iniziare i lavori, dopo sole sette ore era montata la linea principale di decauville, traspor- la dizione più comune, dai sassanidi, per sterrarlo, restaurarlo e studiarlo a fondo. La prima ricerca ha avuto una sollecita ed inattesa soluzione. Il sotterraneo che conduce nella grande cisterna ha la sua imboccatura fuori dell'attuale cinta di mura; deve quindi presumersi che questa sia stata eretta quando quella più non funzionava o che, per un errore di calcolo, il condotto di comunicazione con la fortezza avesse affiorato troppo presto e ne fosse stata quindi abbandonata l'ulteriore perforazione. Da un attento esame del piede della collina mi sem- bra però che si possa per lo meno sospettare la proba- bilità di una terza ipotesi: che, cioè, esistesse una cinta di mura più avanzata, coeva di quella della prima ter- razza, da datarsi cioè all' epoca del bronzo, e che la cisterna fosse stata scavata mentre ancora questa linea di difesa era in efficienza, e forse doppiata da :m'altra • 275 ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte
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LA TERZA CAMPAGNA DI SCAVI SULLtACROPOLI DI ÀMMÀN

Dal gennaio all'aprile 1933 si è condotta sull'acro­poli di Àmmàn la terza campagna di scavo. Era con me, come assistente, il sig. Pasquale Finelli, cedutomi per l'occasione dagli Scavi di Leptis Magna, grazie all' interessamento di S. E. Pari beni Direttore delle Missioni Scientifiche Ita-liane in Levante, e alla cortesia del Ministero delle Colonie.

Per la manovalanza si è avuta larga facoltà di scelta, data la crisi che imperver-

tata a braccia dal magazzino situato nella città, sotto­stante di duecento metri all'acropoli, e vi correvano i primi carrelli: i vecchi operai, spronati dall' esempio dell'assistente Finelli, tennero a mostrare che nulla avevano dimenticato degli insegnamenti loro impartiti

nelle campagne precedenti. Non potevo desiderare mi­glior compenso ai disagi allora sopportati per adde­strare una manovalanza ignara dei più elementari principi di lavoro metodico e del nostro attrezzamento tecnico, di tipo completa­mente europeo.

Gli obbiettivi della terza campagna erano stati da me così fissa ti:

l ° - Seguitare l'esplo­razione della grande cister­na a valle dell' agorà (così ormai chiamerò quello che prima definivo "cosiddetto quadriporto '" per seguire la nomenclatura di chi ave­va descritto il luogo prima di me).

2 ° - Approfondire ed estendere i saggi intorno alle mura ellenistico-romane.

3° - Proseguire l'inda­gine nella prima terrazza, entro la cerchia delle mura dell' età del bronzo.

sa anche in Transgiordania nel campo del lavoro. L'at­teggiamento corretto, ma altrettanto fermo, dei diri­genti ha im pedi to che si veri­ficassero casi di indisciplina nell'amalgama eterogeneo degli operai, evidentemente eccitato dal disagio econo­mico e da un latente fer­mento politico. In questa campagna, come mai in ad­dietro, tutto il mondo mu­sulmano era rappresentato sull' acropoli di Àmmàn: gia­vanesi, zanzibarini, somali, eritrei, iemeniti, irakiani, drusi, siriani, circassi, tripo­lini, tunisini, egiziani, una piccola torre di Babele, complicata da indigeni già immigrati nell'America del Sud, i quali tenevano, da­vanti ai compagni, di far credere d'essere quasi ... 'italiani, perchè ci parlavano

ÀMMÀN - SCAVO DELLA PORTA OCC. (ESTERNO)

4° - Estendere lo sgom­bero dell'agorà, puntando sull' edificio arabo, che vi sa­rebbe stato eretto, secondo

spagnolo o portoghese! Squisite, al solito, le acco­glienze di S. A. l'Emiro Abdallah e del col. Cox, residente inglese, improntate a buon cameratismo quelle dei colleghi Horsfield ed Head del locale servizio archeo­logico. Grande il piacere di trovare al posto di nostro Console generale a Gerusalemme il comm. Mariano De Angelis, al quale già da alcuni anni sono legato da stima deferente e cordiale e che è stato sempre largo di appoggio e di ospitalità per la nostra Missione; ormai fraterna l'affettuosa accoglienza del dotto Fausto Tesio, Direttore dell'Ospedale Italiano di Àmmàn, e della sua famiglia.

Molte le visite di studiosi, componenti delle Missioni scientifiche sparse per la valle del Giordano ed in Pa­lestina, che ho ricambiato con grande vantaggio delle mie personali cognizioni in fatto di archeologia biblica.

Dato l'ordine di iniziare i lavori, dopo sole sette ore era montata la linea principale di decauville, traspor-

la dizione più comune, dai sassanidi, per sterrarlo, restaurarlo e studiarlo a fondo.

La prima ricerca ha avuto una sollecita ed inattesa soluzione. Il sotterraneo che conduce nella grande cisterna ha la sua imboccatura fuori dell'attuale cinta di mura; deve quindi presumersi che questa sia stata eretta quando quella più non funzionava o che, per un errore di calcolo, il condotto di comunicazione con la fortezza avesse affiorato troppo presto e ne fosse stata quindi abbandonata l'ulteriore perforazione.

Da un attento esame del piede della collina mi sem­bra però che si possa per lo meno sospettare la proba­bilità di una terza ipotesi: che, cioè, esistesse una cinta di mura più avanzata, coeva di quella della prima ter­razza, da datarsi cioè all' epoca del bronzo, e che la cisterna fosse stata scavata mentre ancora questa linea di difesa era in efficienza, e forse doppiata da :m'altra •

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ÀMMÀN - CIPPO IN BASALTO, CON IMMAGINE

DIOSIRIDE

più arretrata, dato che in quel punto il pendio della collina non è molto sensibile, a simiglianza di casi simili riscon­trati in scavi di monumenti coevi. Durante la prossima campagna conto appunto di condurre nuove ricerche sul posto, in base all'ipotesi ora emessa, e che, se confermata, contribuirebbe con importanti elementi di fatto ad una più esatta datazione delle muraglie oggi dominanti in quel punto. Ognuno ben comprende quanto sia importante e necessaria un'indagine simile. Il largo saggio nelle mura che già aprii due anni fa e che ho fatto adesso approfon­dire maggiormente, in direzione dell' edificio arabo, verso occidente, ha rivelato molteplici frequenti rifa­cimenti delle difese erette intorno alla terza terrazza, la più alta dell' acropoli; materiali e tecniche differenti, variazioni di allineamento e di livello tra filari di blocchi sovrapposti o consecutivi, sono tutti segni della lunga e laboriosa carriera di questi baluardi più volte scossi da assalti nemici o da movimenti tellurici, frequenti nella regione eminentemente vulcanica.

Problema aperto, quindi, e nel quale ritengo oppor­tuno procedere con prudenza, fino a quando le prove ed i confronti che andrò raccogliendo non mi daranno in mano elementi tali da poter stabilire una cronologia meno incerta dell' attuale per le fortificazioni dell' acropoli.

ÀMMÀN - CEPPO IN BASALTO, CON IMMAGINE

DELLA DEA BASTIT

Coll'approfondirsi degli scavi sull'agorà si può spe­rare che anch' essi contribuiranno a risolvere molti dei dubbi che ancora sussistono sulla questione che ho esposta or ora, ma occorrerà del tempo per giungervi. Le modifiche e i rimaneggiamenti di cui è stata oggetto dopo la conquista araba, hanno accumulato sull'antica platea tante di quelle macerie, che il solo sgombero di esse costituisce una impresa non semplice nè facile.

Si tratta, come già dissi nella passata relazione, di costruzioni modeste, in gran parte messe su con sassi legati appena con terra; ma, qua e là, si affacciano nei muri blocchi sottratti ad edifici più antichi ed allora bisogna procedere con cautela, perchè i manovali non portino via qualche cosa di utile per le nostre indagini. Si può dire che non parte un sasso verso lo scarico, se non è stato prima visto e controllato da me o dall'assi­stente. Questo, bene inteso, per le parti cadute, giacchè quanto resta in piedi di siffatte costruzioni si è voluto invece per ora conservare in situ; ciò rende più penoso lo scavo, ma tengo a farmi un'idea precisa dell'esatto loro rapporto topografico e cronologico con il grande monumento arabo. Quando mi avranno detto tutto ciò che mi serve le farò demolire, ma non prima, anche se in qualche momento mi assilla la quasi certezza che in

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ÀMMÀN - L'INGRESSO PRINCIPALE ALL' AGORÀ ÀMMÀN - LO SCAVO DEL LATO ORIENTALE DELL'AGORÀ

ÀMMÀN - LO SCAVO DEL MONUMENTO ARABO ÀMMÀN - LO SCARICO DELL'AGORÀ

ÀMMÀN - SCAVO DELLA PORTA OCCIDENTALE (INTERNO) ÀMMÀN - RIPRESA DELLO SCAVO NELL'AGORÀ

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ÀMMÀN - SCAVO SULLA I TERRAZZA, aVE SI PRESUME

FOSSE LA RABBATH ÀMMÀN PR,E-Di. VIDICA

quei muri informi sono celati documenti, che non ho fino a questo momento rinvenuti.

Per esempio mancano ancora le iscrizioni, per quanto annunciate da qualche piccolo frammento. In compenso si sono ricuperati (durante l'attuale campagna) due inte­ressanti cippi in basalto, anepigrafi, ciascuno con l'imma­gine di una divinità. Il primo di essi si rinvenne presso la porta sulle mura, nello scavo di cui ho già parlato, e il secondo disfacendo parte del grande muro tardo che dal monumento arabo va diritto all'ingresso dell'agorà, e del quale dirò fra poco. Una delle figure è foggiata a guisa di mummia con l'uraeus sul capo e tracce della frusta e dello scettro che stringeva nelle mani; l'altra, incedente di fianco, ha la testa di gatto adorna dell'uraeus, i seni scoperti al di sotto dell'egida che le cinge il sommo del torace ed il resto del corpo drappeggiato in una lunga veste aderente; con la mano sinistra impugna una spada e con l'altra agita un oggetto, che non si può bene identi­ficare. Innanzi al viso della dea, sul fondo, si eleva una insegna, sulla quale sembra che stia, accovacciata, una pic­cola figura umana, a meno che non si tratti di un cinocefalo.

Per lo stile e le anomalie intrinseche delle due scul­ture, vi si devono riconoscere due divinità del pantheon

ÀMMÀN - I MURI ARABI NELL'AGORÀ

ÀMMÀN - SCAVO SULLA I TERRAZZA, aVE SI PRESUME

FOSSE LA RABBATH ÀMMÀN PRE-DAVIDICA

siro-palestinese, influenzate da correnti artistiche egi­ziane; riterrei di poterle assegnare al IV-III sec. av. Cr.

Lo scavo dell'agorà, per ora fermato sempre al piano romano, giacchè intendo sgomberare questo prima di procedere a ricerche in profondità, ha dato anche questo anno interessanti risultati.

È adesso chiaro che tutta la sua area fu occupata, in epoca che cercherò poi di determinare, da un insieme di costruzioni private, cronologicamente posteriori alla conquista araba, e, topograficamente, al grande monumento finora attribuito ad un principe di stirpe sassanide. M entre questo, infatti, ha assunto con la sua fronte settentrionale lo stesso allineamento della parete che chiudeva l'agorà da quel lato, sostituendosi ad uno degli ingressi maggiori, e mostra di aver trovato ancora intatta la muraglia romana, e di averne imitata la strut­tura a grandi blocchi, sia pure qua e là prendendone a prestito da edifici anteriori, il resto delle costruzioni è di rozza fattura e già poggia sopra uno strato di terra e rottami che aveva coperto l'antico basolato. Vi è quindi un intervallo, che non può essere calcolato solo di pochi anni, tra l'erezione del monumento ed il resto. Questo, d'altra parte, dovè sembrare cosi antiestetico anche ai

ÀMMÀN - LO SCAVO DELL'AGORÀ

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ÀMMÀN - LO SCAVO SI SVOLGE ALLA P{lESENZA

DI FOLLE DI CURIOSI

signori del luogo, che sentirono il bisogno di occultarlo dietro due alti muri paralleli colleganti le estremità del monumento con la cinta romana, cui si appoggia­vano ad eguali distanze dagli stipiti del portale mag­giore. Il tutto fu poi abbellito con un doppio colonnato, del quale abbiamo rinvenuto la base continua e qualche spezzone di colonna calcarea che si è rialzato. Il monu­mento maggiore era infatti in intima relazione con un edificio coevo eretto fuori dell'agorà, quasi al limite della cinta fortificata dell'acropoli; dissi già, nella passata relazione, che avevo cominciato a scavarlo, ma questo anno ho voluto dedicarmi tutto al maggiore dei due edifici e quindi non vi ho fatto altre ricerche. È evi­dente però l'intenzione di collegarli e la successione di esse rispetto ai visitatori. Il grande costituiva quasi l'ingresso dell' insieme e a tal fine ai lati della porta di accesso vennero appoggiati due corti sedili per i custodi; un adattamento simile fu fatto presso il vecchio ingresso dell 'agorà e vedremo come. Il disli­vello tra la soglia del portale ed il basolato romano fu addolcito con una scalinata ad alzate minime, 'sovrapposta a quella più antica, che però non ho ancora veduta, data la ne­cessi tà di non creare, alla fine della campagna, uno stato di cose che avrebbe potuto nuocere alla conser­vazione dello scavo.

Ricapitolando e comple­tando le notizie che ho dato, così, in modo sommario, noi, nell'agorà, abbiamo ac­certato quanto segue:

ÀMMÀN - IL MURO DI REC INZIONE DELL'AGORÀ

AD ORIENTE

un'area di m. 38 per m. 53 di larghezza (da est ad ovest), racchiusa da un muro di recinzione sor­gente da una banchina più alta del piano di circa un metro. Esso era interrotto ed aggraziato da nic­chie e lesene con capitelli corinzi; soltanto a ridosso del portale maggiore, verso l'interno, si alzava un doppio stilobate su cui insistevano due colonne per lato, di un calcare verdastro segnato da venature e chiazze ra­migne, le quali, riunite forse sopra da un architrave od altro elemento architettonico simile, v'enivano a costi­tuire una specie di protiro.

Nessuna traccia di questo appariva prima e dopo lo scavo e solo quando decisi di demolire parte del muro seriore a ridosso dell'ingresso dell'agorà, sul lato destro, si rivelò quanto rimaneva dello stilobate, e precisamente la sua estremità esterna. Il resto, per una metà dell'altezza, era stato invece letteralmente asportato dagli arabi, i quali poi, per chiudere le falle prodottesi nel muro, le avevano richiuse con muratura in malta, e, con l'ag­giunta di una specie di fiancata, era stato convertito in un lungo sedile, ad uso degli uomini di guardia.

2° - L' agorà aveva un secondo colonnato esterno che, distando circa tre metri dal muro, doveva formare un portico vero e proprio. Esso fu poi in parte rifatto o rimaneggiato dagli arabi, per inquadrarvi il loro se­condo edificio.

l ° - L'agorà romana, probabilmente stabilita du­rante il regno di un impe­ratore della dinastia degli Antonini, comprendeva

ÀMMÀN - IL MONUMENTO ARABO VISTO DALL' INTERNO

3° - Almeno il lato orien­tale dell'agorà era occupato da magazzini, pavimentati in mosaico a grossi tasselli bianchi, cui si accedeva da larghe aperture. Per quanto ancora non si possa accer­tare con chiarezza la deco­razione del muro, essa, da DELL'AGORÀ

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ÀMMÀN - BASI IMMESSE NEI MURI ARABI

questo lato, differiva certo dal resto. Si è ricuperata una serie di mensole, che dovevano sostenere pezzi di scultura; ne conosciamo finora un grosso phallus alato.

4° - Alle spalle dell'agorà, cioè tra questa ed il tempio già scavato, sulla seconda terrazza, dovevano esservi altri edifici di mole cospicua. Da essi devono provenire alcune grandi basi, in parte quadrate e in parte ottagonali, incastrate nei due grandi muri limi­tanti la strada colonnata araba.

SO - Nell'area occupata dai fabbricati minori si è seguitato a raccogliere un'ampia messe di frammenti delle ceramiche descritte già nella passata relazione. Ma dovrò ritornare sulla datazione allora proposta, per i nuovi elementi acquistati nei confronti del grande monu­mento, che necessariamente devesi mettere in relazione cronologica con esse.

E vengo a questo interessante e misterioso edificio. Abbastanza ben conservato, dominante sull'alto del­l'acropoli, esso aveva sempre attirato l'attenzione dei visi­tatori e degli studiosi che si erano succeduti ad Àmmàn.

Una tradizione, riportata da el-Mukaddasi, asseriva che esso fosse una moschea, eretta sulla tomba di Uria. Lasciando stare la storiella della sepoltura del famoso capitano di David, va assolutamente escluso che

ÀMMÀN - LO SCAVO DEL MONUMENTO ARABO

nel monumento si possa riconoscere una moschea. Manca l'orientamento, mancano gli elementi rituali indispensabili (mihrab, ecc.), e la stessa sua pretesa funzione appare impossibile, quando si consideri che l'ambiente è obbligatoriamente di passaggio.

Se stanze vi fossero state, avrebbero dovuto essere al piano Isuperiore, cui si accedeva da due scale pra­ticate sull'a fronte settentrionale, aperte, cioè, verso l'agorà. Ma ne dubito, dato che la copertura dell'aula doveva occupare quasi tutta la superficie superiore, lasciando appena lo spazio per una terrazza o galleria all' intorno.

Tutto induce quindi a credere che si trattasse sem­plicemente di un padiglione, in cui il capo, che dimo­rava al di là della piazza, nell' edificio sulle mura, che ancora si deve finire di scavare, riceveva i postulanti: vale a dire un diwan.

I partiti decorativi, che adornano l'interno dell'e­dificio, dovevano ripetersi anche esternamente, nella parte più alta, giacchè quella inferiore era solo in­tonacata, e non sempre in pietra, poichè abbiamo rac­colto diversi frammenti in un grossolano . impasto di calce e gesso. Ho parlato di una galleria, forse anche aggettante dal corpo del monumento, giacchè nello scavo si sono ricuperati molti pezzi di colonne e di

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ÀMMÀN - LA BASE DEL PROTIRO TRASFORMATA IN SEDILE

mensoloni che dovevano sostenerle, ma avrebbe potuto trattarsi anche di una semplice archeggiatura cieca, non nuova già nelle costruzioni del tardo impero. Non mancano neppure tracce di ritocchi dei rilievi con colori, tra i quali predomina il rosso. . Per la datazione di questo padiglione non si devono citare opinioni troppo contrastanti. I più lo attribui­scono, come dicevo sopra, ad un principe di dinastia sassanide, più che altro considerando il carattere delle sculture, tutte di carattere geometrico o floreale, nelle quali si vorrebbe riconoscere un influsso persiano. Con ciò non si scenderebbe più giù del 632, data che segna la fine di quel dominio, ma, purtroppo, si tratta di un termine cronologico molto vago e perciò non persuade. Dal punto di vista artistico si è voluto riavvicinare il nostro monumento al celebre castello, o palazzo, di Mchatta, la cui fronte, adorna di interessantissime e vaste zone a rilievi, è stata in gran parte trasportata nel Kaiser Friedrich Museum di Berlino. Ma anche per questo edificio si sono emesse le ipotesi più varie. Lo Strzygowskì lo assegna al IV secolo, il Brunnov al V, il Diehl propende per il VI e non è mancato chi scende fino all'VIII. Sarebbe stato desiderabile che, prima di giungere a simili conclusioni, si fosse proceduto ad un

accurato studio comparativo di tutti i monumenti arabi della regione, in base a dati positivi e non a preconcetti teorici.

Si tratta infatti, a parer mio, di uno dei più ardui problemi stilistici che sia dato di affrontare ad uno stu­dioso di arte.

Non bisogna dimenticare che ci troviamo in uno degli ambienti più complessi dal punto di vista degli influssi artistici. Vi domina ancora la Grecia, per quanto modi­ficata dagli apporti delle officine dell'Asia Minore e potenziata dai vasti ed imponenti programmi edilizi romani; vi permane lo spirito fenicio ed egizio attra­verso le forme stati che palestinesi e vi si affacciano già le forme proprie di paesi più lontani, quali la Mesopotamia e la Persia. È una visione complessa, e non unilaterale, che bisogna quindi tenere pre­sente allorchè si tratta di un monumento che sorge in terre orientali in un periodo di transizione storiCa e culturale.

Per Mchatta, ad esempio, non ho difficoltà a consen­tire con lo Strzygowskì che si possa datare al IV secolo, ma per il padiglione di Àmmàn, ritengo si debba discen­dere alla seconda metà del VII secolo, in quanto, pur essendovi evidenti le reminiscenze di motivi bizantini

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confini dell' impero e quindi esp~sta a-tuiiti -ris~hi -delle frequenti incursioni delle genti nomadi confinanti, presenta spesso delle la­cune tali, che solo un ac­curato e necessariamente lungo studio archeologico potrà colmare con i suoi apporti positivi.

ÀMMÀN - RESTI DEL PROTIRO ALL ' INGRESSO PRINCIPALE DELL'AGORÀ

L'edificio arabo è stato da noi raggiunto dopo una rapida e intensa opera di scavo attraverso l'agorà. L ' ingresso principale da questo lato è stato trovato chiuso e tutto l'interno ap­parve rimaneggiato con di­visioni di epoca tardissima, opera evidente di povera gente annidatasi lassù quando era già caduta la volta dell'aula centrale, e che sfruttò gli ambienti periferici ed i vani laterali per i suoi limitati bisogni. Scarsissimi e di poco conto sono stati infatti i rinveni­menti di ceramica all'in­terno. I danni apportati da questi abitatori all' edificio erano notevoli. I muri co­struiti con due pareti pa­rallele di blocchi, riempite poi con scaglie di pietra e malta povera, erano stati in più punti svuotati di questo materiale cementizio e si reggevano più solo su de­boli punti di appoggio. Già prima che fosse data a noi la concessione di lavorare ad Àmmàn il servizio ar­cheologico locale si era

in alcuni dettagli di fasce divisorie, di scomparti e di cornici, ha una fisionomia complessiva che lo distacca dal vecchio mondo classico, riavvicinandolo ai prodotti tipici dei primordi dell'architettura araba.

È anzi, a questo proposito, l'edificio che più si avvi­cina a Qosr-el-Qarani, per quant,o io ritenga questo più tardo di almeno due secoli.

Concludendo, non attribuirei ai sassanidi questo nostro monumento, ma ad uno dei primi signori arabi della regione. E la ceramica rinvenuta all'intorno an­drebbe arretrata cronologicamente al IX-X secolo. Ma non esito a dire che non ritengo queste mie asser­zioni come definitive. La storia della regione, posta ai

preoccupato di questo stato di cose ed aveva fatto eseguire dei puntellamenti in mura tura, ma, affidati ad operai inesperti e condotti senza qualche assaggio preventivo, erano per lo più stra piombati o basati su terriccio o su pietre ormai sgretolate. Ne ho fatto così rifare alcuni, e altrove, invece, ho fatto eseguire delle murature solide e regolari per chiudere tutte le brecce più pericolose. Nei due ambienti meglio conservati ho sistemato il materiale recuperato, difendendolo con cancelli di legno.

Si tratta di frammenti architettonici e decorativi, dei quali dò qui anche qualche fotografia, in quanto ritengo che possono confermare quanto sopra ho esposto sulla loro datazione:

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a) elementi di cornice con dentelli e fuseruole, e doppia fila di foglie ricor­rentisi, contrapposte;

b) elemento angolare con palmette affrontate ai lati di un corpo fusiforme, dal cui piede sorgono;

c) modiglione con tri-plice ordine di elementi, ovoidi, terminanti a volute appena accennate, sul fian­co sporgente e proseguenti invece in unica serie con direzione perpendicolare alla prima sul lato del bloc­co che s'allineava col resto del muro;

d) mensola con cornice come in a, e cassettonatura con motivi principali a doppi esagoni inscritti, con fiorone centrale ed elementi floreali interposti;

e) frammenti di ar­chetto rientrante con de­corazione a quadruplici linee intersecantisi a rom­bi, con fiore quadrilobato al centro;

f) idem come sopra, con rosone quadrilobato;

g) idem come sopra, con intreccio ad elementi graniformi costituenti rom­bi nel cui centro è un glo­betto forato;

h) idem come sopra, con ramo a larghe foglie spa toliformi (simile ad lppocastano) disposte con senso naturalisti co ;

i) piano incassato fra due colonnette, decorato con un ramo di pianta

ÀMMÀN - LA FRONTE DELL' AGORÀ, AD ORIENTE

mista a palmette, foglie di ippocastano, melagrano, ecc. ; l) idem come sopra, ma senza le colonnette, con serie

sovrapposta di rombi, decorati ad anellini, intrecciati per gli angoli tangenti e con fioroni negli spazi liberi;

m) idem come sopra, con grandi rosette inscritte in doppi cerchi tangenti verticalmente;

n) idem come sopra, con doppie sinuose intrec­ciantisi in modo da delimitare spazi ovali occupati da pine (?) stilizzate; nel punto d'intersezione delle sinuose, fermaglio a testa quadra con castone;

o) idem come sopra, con serie sovrapposta vertical­mente di palmette affrontate, sorgenti da un fusto mediano;

p) idem come sopra, con tralcio di vite, saliente a sinuosa con grappoli e foglie disposti ai due lati;

q) idem come sopra, con scacchiera a filo dop­pio di tre spazi orizzontali, contenenti palmette tri­lobate.

È, come ben si vede, un complesso di grande inte­resse, anche se non tecnicamente perfetto, ispirato ai più vari ambienti artistici che, sia pure in una affret­tata rassegna, si possono così distribuire:

l° - Elementi classici romani e romano-ellenistici, specialmente in a, b, d, e, g e p.

2° - Di transizione (tarda romanità e bizantinismo) in h, l e o.

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anni di dura lotta, potè essere conquistata e di­strutta da David.

Già dissi nella mia secon­da relazione come pensassi che la sede del primo nu­cleo di Ammoniti dovesse trovarsi sulla prima terraz­za, quella più bassa. Vi sono in quel punto cospicui avanzi di mura, che si pos­sono assegnare circa al 15°0 avo Cr., e la mia attenzione fu attirata dalla particolarità che, in un tratto di esse, ap­pariva nettamente una divi­sione nei filari dei blocchi, come se in un secondo tem­po si fosse richiusa una porta ivi esistente. Di qui la decisione di fare di questa parti colarità il punto di partenza delle mie ricerche.

Iniziate due anni fa, ver­so la fine della campagna, le ho riprese questa volta fin dall' inizio, con una for­za aggirantesi intorno alle 60 persone, una per una istruite nello speciale la­voro dello scavo a strati, e continuamente sorvegliate.

I ritrovamenti vanno per ora così suddivisi:

l ° - Un alto strato di terra vegetale mista a fram­menti numerosi di cerami­ca, fra cui abbonda quella romana caratterizzata dalla presenza di aretini, dei quali diversi con: marca,:e anse di anfore rodie.

ÀMMÀN - LAVORI DI RAFFORZAMENTO NELL'EDIFICIO ARABO

2° - Murature tarde, bizantine, connesse con lo sfruttamento agricolo della

quindi in cisterne e canali per 3° - Più tipicamente arabi, in quanto desunti dal repertorio popolare e provinciale, e fatti propri dalla nuova corrente artistica creata dalla fortuna delle armi mussulmane, in I, h, i, m, n e q. Quest'ultimo, è già stato notato, appare soprattutto ispirato dalla scrit ­tura cufica, per cui costituirebbe un termine crono­logico di una certa importanza nel compito propostomi di datare, con la maggiore approssimazione possibile,

• il nostro monumento. Uno dei problemi più appassionanti, per la nostra

missione, è certo costituito dalla ricerca e dalla identifi­cazione sull'acropoli di Àmmàn del più antico centro di vita, di quella Rabbath Àmmàn, che, solo dopo lunghi

terrazza, e consistenti irrigazione.

3° - Sotto la cisterna più grande, ottimamente costruita con buona malta, così che si è dovuto molto faticare per demolirla, è affiorata la roccia, nel punto che deve segnare il culmine della collina. Essa de­grada infatti subito, almeno verso nord dove per ora si è esteso lo scavo, e sui suoi fianchi cominciano ad ap­parire delle costruzioni più profonde.

La roccia presenta sulla sommità i caratteristici fori artificiali che i semitisti chiamano, con termine fran­cese, coupoles. Ve ne sono di piccoli e di dimensioni rispettabili, più o meno profondi. Attentamente esplorati,

©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte

solo in uno si sono rinvenuti un frammento di cera­mica di rozzo impasto, che assegnerei all'epoca del bronzo, ed un residuo di mascella di animale, forse pecora. Sul fianco di questo banco roccioso è ricavata un'ampia cisterna a doppio ambiente, sostenuta da otto pilastri e da una colonnetta poligonale, che dimostra il lungo uso del serbatoio.

La presenza delle coupoles e della Cisterna riporta in discussione lo scopo e l'uso di tali fori; il loro fine rituale, affermato e sostenuto dai più noti studiosi di archeologia palestinese, è parso ad un certo mo­mento scosso dai risultati degli scavi americani di Megiddo, dove numerosissime coupoles sono state riscon­trate su ripiani di caverne, che servirono per abita­zione nel periodo neolitico e nella prima età del bronzo e con caratteri tali che le farebbero ritenere dei semplici e modesti focolari.

Si deve però notare che in quegli scavi è sempre evidente la connessione tra focolare e dimora, mentre nel caso nostro, e in molti altri segnalati nei vari campi di ricerche in Palestina, le coupoles appaiono disgiunte da qualunque traccia di abitazione o di costruzione in genere, così che, pur non ostando nulla al fatto di rico­noscervi dei focolari, si dovrebbe ammettere che essi sono stati creati per uno scopo che non è quello di una semplice necessità domestica. E quando si pensa quanto sia breve il passo., presso. gli antichi popoli, tra il focolare della famiglia e quello del clan nel rituale religioso, si arriverà ad ammettere che lo stesso mezzo po.tesse essere indifferentemente impiegato, in luoghi e con fini diversi, secondo che serviva per usi privati o per le cerimonie del culto alla divinità.

Ecco quindi anche qui un campo aperto alle indagini più ampie, i cui risultati possono arrecare alla giovane archeologia biblica non solo un contributo di esemplifi­cazione, ma, se attentamente condotti e, diciamolo pure, assecondati da quel tanto di fortuna che è indispensabile nel nostro speciale lavoro, anche una parola definitiva in questioni tuttora dibattute ed oscure.

E se si pensa alla pochezza dei nostri mezzi, in con-. fronto a quelli cospicui (e quanto!) delle altre Missioni che si dividono il campo nella Palestina, e che ten­dono ora a straripare nella Transgiordania, credo non si debba essere Il).a1contenti dei risultati ottenuti in que­ste tre brevi campagne, dalle quali sono ormai emersi

ÀMMÀN - LA STRADA COLONNATA

VISTA DALL' EDIFICIO ARABO

tutti gli elementi necessari per un maggiore ulteriore sviluppo di questa eletta manifestazione della cultura italiana. RENATO. BARTo.CCINI

RESTAURI A MONUMENTI DELLA SARDEGNA

Nel corso dell'esercizio finanziario I932-33 la Dire­zione dei Monumenti ed Opere d'Arte della Sardegna ha provveduto, coi mezzi limitati di cui disponeva, ai lavori più urgenti di tal uni edifici monumentali della Sardegna, dando la precedenza a quelli che, per effetto di un violento ciclone, che colpì la parte settentrionale e centrale dell' isola nell'ottobre del I932, richiedevano più immediati provvedimenti. Furono questi modesti

lavori alle coperture dei tetti, che però fu necessario riparare senza indugio, per consentire l'uso del culto ed impedire ulteriori danni alle antiche strutture degli edifici.

La chiesa di S. Maria del Regno di Ardara, pregevole opera del primo periodo romanico, ebbe in passato le cure della Direzione dei Monumenti, mercè l'opera indi­menticabile del chiaro ing. Dionigi Scano, benemerito

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