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© Educare.it (rivista on line - ISSN: 2039-943X) - Vol. 17, n. 1 – Gennaio 2017
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La tradizione di ricerca positivistica
Manuele De Conti
Dottore di Ricerca in Scienze Pedagogiche, dell'Educazione e della Formazione, è laureato in filosofia e cultore di Peda-gogia Generale all’Università di Ferrara. Dal 2004 si occupa dello studio e della promozione del dibattito regolamentato. Svolge inoltre attività di formazione al dibattito e di giudice, riconosciuto dal World Debate Institute, Università del Ver-mont (U.S.A). Tra le pubblicazioni, Dibattito regolamentato. Manuale per docenti e studenti, principianti e oratori (Giunti, 2015), Come difendersi dalle pseudoscienze. Le fallacie argomentative del discorso pseudoscientifico (Limina Mentis, 2014) e Didattica, dibattito, fallacie e altri campi dell'argomentazione (Loffredo, 2012).
Il secondo articolo della sezione di Educare.it dedicata alla presentazione
dei paradigmi conoscitivi utilizzati in ambito pedagogico illustra i principa-
li riferimenti della tradizione positivistica che vede gli albori nella seconda
metà dell’Ottocento.
Introduzione
L’Europa, da metà Ottocento ai primi del
Novecento, è interessata da una forte cresci-
ta demografica e da una riduzione del tasso
di mortalità. Giocano un ruolo incisivo in
questo fenomeno le grandi opere di miglio-
ramento igienico delle città unite ai progres-
si delle scienze mediche, nonché le impor-
tanti invenzioni da parte di scienziati e in-
ventori di professione che favoriscono la
produzione industriale agevolando il benes-
sere sociale.
In questo quadro, fortemente influenzato
dalla ricerca scientifica e dai risultati
dell’applicazione tecnologica, si consolida
una concezione di conoscenza “positiva”,
ossia fondata sui fatti, sulla sperimentazione
e sulla matematizzazione del reale: il positi-
vismo. Già in nuce almeno nel Seicento, co-
me dimostrano celebri passaggi del Novum
Organum di Francesco Bacone in cui alla co-
noscenza si perviene con l’osservazione e
non mediante la dialettica, il positivismo si
propone la conoscenza delle leggi che rego-
lano i fenomeni tramite l’uso del ragiona-
mento e dell’osservazione (Comte, trad.
1967). Mentre la visione teologica e quella
metafisica considerano lo studio dell’uomo
il fine principale della ricerca e lo studio del
mondo esterno un obiettivo secondario, la
filosofia positiva inverte gli elementi: la co-
noscenza delle leggi del mondo esterno è
primaria mentre quella dell’uomo seconda-
ria e spesso derivata dalla prima.
Il positivismo, a differenza di molte lettu-
re che lo interpretano come un orientamento
emotivamente arido, romanticizza la scienza
ossia la esalta al punto tale da ritenerla come
unica guida della vita dell’uomo, singola e
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associata, nonché unica conoscenza, morale
e religione possibile. La scienza è considera-
ta come l’unica forma valida di conoscenza
al punto da porla come guida dell’uomo in
ogni ambito di attività. Ad esempio, secon-
do l’Herbert Spencer di Educazione intellettu-
ale, morale e fisica (Op. orig. 1891), senza edu-
cazione scientifica, ossia senza una svilup-
pata capacità di conoscere e generalizzare le
leggi dei fenomeni a partire
dall’osservazione e nel rispetto delle regole
del ragionamento, né le arti in generale rag-
giungerebbero risultati sublimi, né
l’educazione artistica sarebbe efficace. Que-
sta idea conforma anche il pedagogista che
«può e deve [...] riunire quanto più coscien-
ziosamente possibile i dati che la scienza
mette a disposizione in ogni attimo di tem-
po per guidare l’azione» (Durkheim, trad.
1977, p. 30).
La tendenza a conoscere la realtà in modo
oggettivo, ossia, come dice Durkheim in Le
regole del metodo sociologico, ad esprimere i
fenomeni in funzione non già di un’idea del-
lo spirito ma in funzione di proprietà che
sono loro inerenti (1963), è un altro aspetto
fondamentale del positivismo. Per la socio-
logia, ad esempio, Durkheim suggerisce di
considerare i fatti sociali come cose, ossia in
sé stessi, distaccati dai soggetti coscienti che
li rappresentano. Gli oggetti della scienza
devono essere studiati dal di fuori come co-
se esterne dato che, secondo i positivisti, gli
oggetti si presentano a noi in questa veste. I
dati sensibili che rischiano d’essere troppo
personali devono essere quindi scartati per
considerare esclusivamente quelli che pre-
sentano un sufficiente grado di oggettività,
la cui condizione è l’esistenza di un punto di
riferimento stabile, costante e identico che
permetta di eliminare ciò che è variabile,
cioè soggettivo (Durkheim, trad. 1963, pp.
35-56).
A livello metodologico il Positivismo
prevede:
- la formulazione di una precisa definizio-
ne dell’oggetto o del fatto da studiare;
- l’osservazione e la raccolta dei dati in-
torno all’oggetto, al fatto o al fenomeno
da studiare;
- la formulazione di ipotesi e leggi per
spiegare il fatto studiato;
- la verifica sperimentale delle leggi deri-
vate dall’osservazione su ampi campioni
di soggetti;
- la confutazione delle ipotesi concorrenti.
Tutte le affermazioni che non sono il ri-
sultato di questa procedura vengono consi-
derate dai positivisti come legittime ma non
scientifiche, e cioè non sono da loro conside-
rate conoscenza.
La concezione della conoscenza
Secondo lo schema proposto dal filosofo e
storico polacco Laszek Kołakowski, il posi-
tivismo si può riassumere in quattro conce-
zioni della conoscenza: il fenomenismo, ossia
la concezione secondo la quale tra la realtà e
come essa ci appare non esiste differenza; il
nominalismo, ossia la concezione secondo la
quale i concetti astratti generali o universali
non esistono di per sé ma si risolvono negli
individui che compongono le classi da loro
indicati; la negazione di validità ai giudizi di
valore e agli enunciati normativi: “nobile” e “i-
gnobile” o “bene” e “male” non sono pro-
prietà reali degli oggetti o degli avvenimenti
così come le proibizioni e gli obblighi non
sono dati dell’esperienza; l’unità fondamenta-
le del metodo scientifico, ossia l’idea che il me-
todo scientifico è l’unico metodo per rag-
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giungere un sapere valido (Kołakowski,
1974).
La concezione di conoscenza positivista,
intesa principalmente come cognizione delle
leggi del mondo esterno, si riverberò anche
nella pedagogia dell’epoca. Roberto Ardigò,
filosofo, pedagogista e psicologo italiano
vissuto tra il 1828 e il 1920, intese la pedago-
gia, infatti, come scienza dell’educazione in
cui la conoscenza è la cognizione delle leggi
che regolano l’apprendimento (Ardigò,
1901b, 342-347) al fine di favorire
l’acquisizione di abilità e abitudini, ossia ar-
te e carattere. Uno dei metodi della pedago-
gia sarebbe proprio la matematica intesa
come schema universale vero ed esatto delle
forme e delle leggi dell’essere, e organo in-
dispensabile per l’intelligenza e per la ricer-
ca in qualunque disciplina scientifica (Ardi-
gò, 1901a, 330-331), impronta, questa, di pi-
tagorismo, ossia della tendenza a identifica-
re la realtà con l’armonia matematica.
Ad una analoga visione positivistica fu
improntata anche la pedagogia di Maria
Montessori, educatrice, medico e pedagogi-
sta che visse a cavallo tra 1800 e 1900 e che
come R. Ardigò riconobbe l’importanza in
pedagogia delle scienze psicologiche in
quanto potevano precisare le leggi di forma-
zione delle idee e le leggi della memoria. La
conoscenza pedagogica non si ridurrebbe
però alla conoscenza delle reazioni medie
dei gruppi o delle reazioni individuali, bensì
sarebbe la conoscenza sperimentale delle
leggi e dei mezzi di sviluppo dei discenti
applicabili tuttavia nel rispetto della loro li-
bertà interiore (Montessori, 1916).
Riferimenti bibliografici
Ardigò, R. (1901a). Opere filosofiche, Vol. 8, La filosofia all’università, 329-336.
Ardigò, R. (1901b). Opere filosofiche, Vol. 8, L’insegnamento secondario classico, 337-380.
Comte, A. (1967). Corso di filosofia positiva. Padova: R.A.D.A.R. (Op. orig. Cours de philosophie positive, 1830-1842).
Durkheim, É. (1963). Le regole del metodo sociologico. Sociologia e filosofia. Milano: Edizioni di comunità. (Op. orig. Les Rè-gles de la méthode sociologique, 1895).
Durkheim, É. (1977). Il suicidio. L’educazione morale. Torino: Unione tipografico-editrice torinese. (Op. orig. Le Suicide, 1897; op. orig. L'éducation morale, 1902-1903)
Kolakowski, L. (1974). La filosofia del Positivismo. Bari: Laterza.
Montessori, M. (1916). L’autoeducazione nelle scuole elementari. Roma: Ermanno Loescher.
Spencer, H. (1971). Educazione intellettuale, morale e fisica. Firenze: La Nuova Italia. (Op. orig. Education: Intellectual, Moral, and Physical, 1891).