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La valutazione di impatto sociale per il Terzo Settore: metodi e prospettive

Date post: 27-Jun-2015
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Intervento di Vincenzo Castelli alla Summer School 2010, Siena, 9/07/2010.
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LA VALUTAZIONE DI IMPATTO SOCIALE PER IL TERZO SETTORE: METODI E PROSPETTIVE Di Vincenzo Castelli
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Page 1: La valutazione di impatto sociale per il Terzo Settore: metodi e prospettive

LA VALUTAZIONE DI IMPATTO SOCIALE PER IL TERZO SETTORE: METODI E PROSPETTIVE

Di Vincenzo Castelli

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PREMESSA

Un momento importante questo qui per fare un ragionamento del genere.

Con una finanziaria che uccide la speranza. Una riflessione storica su un tempo congruo

che ci permetta di dire alcune cose su cosa abbia apportato (valutazione di impatto) il Terzo Settore.

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Il sistema lettore di chi parla: 30 anni di lavoro sul campo nelle politiche sociali; che si è coinvolto in tutte e 3 fasi storiche

dell’appartenenza al Terzo Settore: la fase della scelta di vita; la fase della progettazione complessa; la fase della professionalizzazione.

attraversato profondamente dunque da alcune parole-chiave che hanno marchiato in maniera indelebile la mia/le vite di molti della mia generazione: condivisione (immagina la tua vita condivisa); partecipazione (periodico della Comunità di Capodarco); Diritti (da vittime a cittadini); Mercato sociale.

appassionato, coinvolto, a volte travolto, dalle pratiche sociali

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LA VALUTAZIONE: SCIENZA DI MONDI ALTRI

la valutazione non abita il sociale; è difficile valutare la complessità sociale; la unilateralità del fare (insensatezza della

valutazione).

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LA VALUTAZIONE DI IMPATTO SOCIALE DEL TERZO SETTORE

Si tratta di valutare la capacità del Terzo Settore di aver prodotto cambiamento sociale, di sviluppare un Valore Sociale Aggiunto (VAS), di costruire l’infrastrutturazione sociale, di determinare innovazione sociale.

Operazione difficile, complessa ed articolata

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Difficile in quanto: i confini identitari del Terzo Settore vengono

costantemente ricollocati sia: a livello terminologico; a livello concettuale/di senso; a livello procedurale;

la valutazione del Terzo Settore (da parte degli Enti pubblici) viene unicamente effettuata sul livello formale e rendicontativi

Complesso in quanto: ci riferiamo ad ere che potremmo definire

geologiche (tra gli anni ’70 e 2000) sia a livello fenomenologico, culturale e politico;

siamo passati/attraversati da diversi modelli di Welfare: il Welfare State di tipo fordista; il Welfare Mix (tentativi, angosce, buone integrazioni); il Welfare market.

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Articolato in quanto: ci riferiamo alle diverse anime del Terzo Settore

strutturato: Volontariato (circa 25.00 unità); Cooperazione sociale (circa 7.000 unità); Promozione Sociale.

ci riferiamo ad un mondo variegato (questo si molto articolato, complesso e poco approfondito): gruppi informali; minoranze attive; cittadini organizzativi; reti virtuali di prossimità (Social Network); reti civiche.

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In definitiva si può dire che in Italia gli studi sull’impatto delle attività del Terzo Settore sono ancora molto lontani dallo sviluppo registrato nei Paesi Anglosassoni.

Il focus principale è la qualità e non tanto la valutazione di impatto delle attività svolte.

Lo strumento principale utilizzato per valutare il VAS è il Bilancio Sociale.

La valutazione di impatto deve essere focalizzata sulla valutazione degli esiti e quindi a partire dalle conseguenze dell’azione sia in termini oggettivi che di giudizio di parte dei beneficiari diretti ed indiretti.

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La forte connotazione tecnocratica di gran parte del dibattito sul VAS del Terzo Settore, concentrato ad individuare gli strumenti ed i criteri più appropriati a garantire efficienza e produttività rischia di porre in sottofondo un nodo cardine dell’attuale discussione sui possibili sviluppi del Terzo Settore.

L’evoluzione dell’approccio burocratico manageriale evidenzia tuttavia chiaramente come il problema principale di valutazione del VAS dei beni e servizi prodotti dal Terzo Settore in Italia non è in realtà solo tecnica.

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In Italia una discussione sul VAS del Terzo Settore nell’ambito delle politiche pubbliche non è mai decollata ed è rimasta limitata nell’ambito della discussione scientifica peraltro di cerchie ancora molto ristrette di studiosi.

Il recente Libro Verde del Welfare La vita buona della società attiva dimentica di menzionare quasi completamente il Terzo Settore come uno dei pilastri del futuro Welfare nazionale.

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ALCUNE CHIAVI DI LETTURA PER COGLIERE IL GRADO DI CONSISTENZA, L’APPORTO, IL VAS SULLA VALUTAZIONE DI IMPATTO DEL TERZO SETTORE

Pochi gli studi sul segmento e di valutazione ambivalente

A partire da indicatori di tipo quantitativo se ne deduce che il Terzo Settore abbia avuto un impatto di tipo positivo ed incisivo sulle politiche sociali

A partire da indicatori di tipo processuale sono state fatte valutazioni di tipo dissonanti: creatore di reti/autoreferenziale; costruttore di politiche/navigatore a vista; produttore di cultura sociale/mercante del sociale; portatore di gratuità/gestore di appalti; bottom up/top down; responsabilità diffuse/leadership carismatiche;

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Molti studi sul Terzo Settore (vedasi il grande apporto delle giornate di Bertinoro su identità del Terzo Settore, rappresentanza del Terzo Settore, economia civile) che hanno permesso di definire: linguaggi; parole-chiave; scenari possibili.

La centralità dell’esperienza soggettiva nella costruzione dei processi di valutazione di impatto sociale.

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LA VALUTAZIONE DI IMPATTO A PARTIRE DALLA PRATICHE SOCIALI

Degna qualche stupore che poche siano le analisi della valutazione di impatto del Terzo Settore a partire dalle pratiche sociali

Parafrasando il titolo di un testo interessante sul Terzo Settore (Marco Cerri, Le retoriche e le pratiche sociali) ci viene subito alla mente di quanto rischio di retorica ci sia se non ci si misura con le pratiche (anche se va tenuto in considerazione di non finire nelle praticonerie)

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Le pratiche sociali prodotte dal Terzo Settore in Italia (certamente nell’ambito delle politiche sociali) rappresentano il grande valore aggiunto determinando nella valutazione di impatto un modello sociale incentrato su: strutturazione di una comunità competente,

conviviale e di prossimità; ridefinizione dello statuto dei luoghi; valorizzazione e tutela delle persone vulnerabili

ed in difficoltà; costruzione di una società di diritto per tutti e

non per qualcuno; metissage sociale; cittadinanza partecipativa; etica civile;

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funzione anticipatrice del Terzo Settore nella implementazione di pratiche;

tali pratiche nascono a partire da una attenta analisi dei bisogni, sviluppano metodologie puntuali, promuovono politiche di innovazione sociale;

elaborazioni di un rating degli interventi sulla base del VAS effettivamente prodotto

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ESEMPLARITÀ DI PRATICHE SOCIALI (ALCUNI ESEMPI)

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PRATICHE DI SVILUPPO LOCALE, DI GOVERNANCE TERRITORIALE, DI WELFARE SPAZIALE E COMUNITARIO

Azioni: Interventi di prossimità e di vicinato sociale; interventi sui reticoli sociali; interventi di mediazione sociale; Interventi sugli opinion leaders; Interventi sulla sicurezza urbana; Interventi sulla riqualificazione urbana; Interventi sulle periferie; Interventi di democrazia partecipata; Interventi di progettazione partecipata; Interventi di auto-costruzione; Interventi di agricoltura sociale.

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Metodologie: di rete; di partecipazione; di mediazione; di comunità; empowerment; Coprogettazione.

  Politiche (esempi):

contratti di quartiere; programmazione “Bottom Up” (vedi Legge 285/97); piani di Zona (vedi Legge 328/2000); legge 180/78 (Legge sulla Psichiatria); legge 184/83 (Legge sull’affidamento familiare); Si veda tutta la stagione pioneristica della

progettazione sociale che è riuscita a plasmare fondi strutturali (FSE) ai reali bisogni di gruppi vulnerabili. La sconfitta con il FESR.

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PRATICHE SULL’EDUCAZIONE

Azioni: animazione di strada; educazione di strada; centri di educazione popolare; scuole di quartiere; progetti di educazione permanente; interventi di educazione degli adulti; interventi di co-educazione; fattorie sociali.

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Metodologie: educazione non repressiva; educazione integrale; gioco; dinamica di gruppo; spettacolo;

  Politiche:

scuola a tempo pieno; decreti delegati; extra-scuola; alternanza scuola-lavoro;

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PRATICHE DI CURA E DI INCLUSIONE SOCIALE

Azioni Interventi di strada Interventi di riduzione del danno Interventi di bassa soglia Interventi nelle aree di scorrimento e di flusso sportelli, drop in, help center Centri diurni Comunità di accoglienza Comunità terapeutiche Mediazione dei conflitti sociali Avvocati di strada Formazione professionale Inserimento lavorativo Impresa sociale

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Metodologie Ergo-terapia Relazione d’aiuto Peer education Terapia Presa in carico

  Politiche 

Legge 685/75, DPR n.309/90, Legge 45/99 (Tossicodipendenze)

Legge 285/97 (Minori ed adolescenti)Legge 180/78 (Psichiatria)Legge 286/98 (Immigrazione)Legge 228/2003 (Tratta e traffico)

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SINTESI DI PROSPETTIVA

C’è stata la costruzione di un grande capitale sociale in grado di orientare le politiche di cittadinanza sociale;

Manca tuttora una sistematizzazione strutturata ed organica che rilanci, valorizzi e trasferisca tale VAS;

Dissolvimento dei punti di riferimento: i partiti della sinistra (rimpianto di una certa DC) la chiesa una sorta di orfanato sociale in una fase di ritiro

privatistico della cittadinanza (Habermas)

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Fase ambivalente del Terzo Settore:Ricerca di rilancio e di adultità del Forum

del Terzo Settore ( vedi Le sfide dell’Italia che investe nel futuro);

Libro Verde del Terzo Settore, in cui: si cerca di definire le nuove strategie nell’Italia che

cambia; a 360° (sviluppo sostenibile, cultura ed educazione,

economia ed impresa, lavoro, advocacy, sicurezza, welfare, immigrazione, famiglia);

Una ri-frammentazione centripeta di molte organizzazioni del Terzo Settore;

Nuove forme di collateralismo per interessi (privilegiare le relazioni verticali con partiti e governo, piuttosto che impegnarsi a costruire reti orizzontali);

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Oggi abbiamo fermato le macchine. Dal 2000 (legge 328) non si legifera più sul sociale (forse qualcosa sull’antisociale (vedi pacchetto sicurezza, criminalizzazione della clandestinità…);

Il quadro della politica non aiuta, ma quali sono le responsabilità del Terzo Settore?

Per non morire di rabbia e di impotenza verso una nuova stagione di mobilitazione di ri-costruzione di politiche pubbliche sensate a partire dalla sistematizzazione e modellizzazione delle politiche sociali;

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In questo senso si può contribuire a rimettere in campo un welfare futuro come condizione di sviluppo;

Rimettere al centro delle strategie del Terzo Settore il mondo della “normalità” (che chi si occupa di un certo sociale ha “bypassato” senza riuscire a creare un’alleanza , anzi costruendo una distanza oggi incolmabile). Quando le politiche si fanno al bar… il comune sentire…

Un nuovo strategico, affascinante, estetico modello di comunicazione sociale…

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BREVE BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO

AA.VV, Sarete liberi davvero, Gruppo Abele, Torino 1983. AA.VV., Libro verde del Terzo Settore, Forum Nazionale del Terzo

Settore, Roma 2010. Ascoli U. (a cura di), Il Welfare futuro, Carocci, Roma 1999. Ascoli U., Ranci C. (a cura di), Il Welfare mix in Europa, Carocci,

Roma 2003. Barbetta G.P., Il settore del nonprofit italiano, il Mulino, Bologna

2000. Bassi A., Venturi P. (a cura di), Regolamentazione del Terzo Settore

e innovazione sociale, AICCON, Forlì 2007. Boccaccin L., Terzo settore e partnership sociali: buone pratiche di

welfare sussidiario, Vita e Pensiero, Milano 2009. Campedelli M., Carozza P. (a cura di), Innovazioni nel welfare e

nuovo patrocinio, il Mulino, Bologna 2009. Cerri M., Il terzo settore. Tra retoriche e pratiche sociali, Dedalo,

Bari 2003. Citarella P., Martello S., Vecchiato G., Zicari S., Come comunicare il

Terzo Settore, Franco Angeli, Milano 2010. De Leonardis O., In un diverso Welfare, Feltrinelli, Milano 1998.


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