CONTRIBUTI
La voce corre
sotto il mare
I cavi telegrafici sottomarini: il
successo di un’azienda italiana
passa attraverso i fondali di
Ustica
di Viviana Rocco
DOVETTE ESSERE UN
grande giorno, perUstica, quello del-
l’entrata in funzione del nuovotelegrafo, nel 1888.
«La voce che corre sotto ilmare» dovette destare grandemeraviglia tra gli isolani, forsemaggiore di quella suscitata cin-quant’anni prima dalla vista delprimo battello a vapore che fudetto «cavallo di ferro, che bevel’acqua e vomita fuoco», comeriferisce il Tranchina nella suaStoria di Ustica edita nel 1885.Certo è che sul finire dell’Otto-cento i collegamenti di Usticacon la “terraferma” fecero un belprogresso: la frequenza dei viaggidel piroscafo, da quindicinale eradiventata settimanale nel 1884 ebisettimanale nel 1893.
Ne era passato del tempo daquando la segnalazione aPalermo di navi corsare venivafatta con i fani (fuochi di segna-lazione) dalla cima della collinaGuardia Grande.
L'alba del telegrafo
La prima notizia sul Cordone
Telegrafico Sottomarino tra
Palermo–Ustica–Napoli eraapparsa nel dicembre 1879 su«Rivista Marittima». L’autore delprogetto, Salvatore Ranieri DiMatteo, nella premessa sottolinea-va come la Sicilia, «bell’isola get-tata nel lago Mediterraneo, senti-nella avanzata dell’Italia […]»fosse isolata per gli «scarsi colle-gamenti coi vari centri telegraficidel Continente» e come fosse
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improcrastinabile posare «unaGomena Sotto-marina fra Palermoe Napoli». Aggiungeva ancoraquanto sarebbe stato opportunosoddisfare le «suppliche degli abi-tanti dell’Iso-la Ustica» considera-ta la distanza dalla costa siciliana:«dall’Est di Capo Gallo, dove unlembo di spiaggia si nasconde inun piccolo seno, al portoncino diUstica non corrono che chilometri56,4». Aggiungeva ancora che iltelegrafo e la lanterna, già realiz-zata, avrebbero dotato l’isoletta di«un posto semaforico e telegrafi-co» che avrebbe giovato «allacolonia e alla marineria». Al pro-getto la stampa locale e nazionalededicò molto spazio occupandose-ne con enfasi. Il 1° gennaio 1880«Il Tempo» di Palermo scrive cheil progetto farà «entrare così purenella vita civile Ustica, questabella isoletta, che ora potrebbeessere paragonata alla NuovaCaledonia, né più nè meno» e pro-segue con enfasi: «Sapete voiquanto ci vuole per andare aUstica? Quindici giorni nei tempiordinari, e forse sedici, diciotto,venti nei tempi burrascosi, quandoil piroscafo non può partire daPalermo! ...Sissignori! e in quindi-ci giorni si va da Palermo a NewYork... Eppure Ustica è parted’Italia, e quegl’isolani paganoanch’essi come cittadini diMilano, Roma, Napoli ePalermo!... Noi appoggiamo ilprogetto di Ranieri... e ben venga
per Ustica il servizio telegrafico». Si sente il leitmotiv del discor-
so alla Camera con cui nel 1884l’On. Palizzolo sostenne lanecessità per Ustica di una mag-giore frequenza del postale edella linea del telegrafo.
Il 2 dicembre 1885 il Ministrodei lavori Pubblici, On. Fran-cesco Genala, presentò allaCamera un disegno di legge, diconcerto con i Ministri delleFinanze e della Marina e motivòla scelta con la «convenienza didotare del telegrafo elettrico leisole minori […] non solamenteper il pubblico, ma anche, e spe-cialmente, per lo Stato, di collega-re le isole alla terraferma. […]Oltre a ciò quelle isole possonoavere un’importanza somma incaso di guerra, trovandosi comesentinelle avanzate poste oltre ilmare». Il disegno di legge preve-deva il finanziamento della lineaNapoli–Ustica-Pa-lermo e diquelle che avrebbero collegatotutte le isole minori E La condi-zione autarchica che i cavi fosse-ro realizzati da industrie italiane.Una grande intuizione politica,questa, che determinò, comevedremo, il successo di un’impre-sa, la Pirelli, che divenne leadernel mondo con onore per l’Italia.
L'alba del telegrafo
Nell’epoca moderna, caratte-rizzata da internet, il telegrafonon appare che un antiquatostrumento ormai fuori uso e visi-
Il casotto bianco a valle del Villaggio dei Pescatori ospitava il terminale del
cavo telegrafico ora dismesso.
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bile solo nei musei di scienze.Eppure la sua invenzione hadeterminato, nell’Ottocento, unasvolta nelle relazioni fra i popo-li. Il poter affidare le comunica-zioni ad un filo anziché ai lenti etradizionali corrieri postali pro-mosse, infatti, una rivoluzionenelle relazioni interpersonali ecommerciali. Basti ricordare cheprima dell’avvento del telegrafooccorrevano settimane per reca-pitare un biglietto postale abreve distanza e mesi per per-corsi intercontinentali.
Inventato da Samuele Morsealla fine degli anni 30, il telegrafoelettrico -etimologicamente "scri-vere lontano"-, venne brevettatonegli Stati Uniti. Nel 1843 ilCongresso USA finanziò la primalinea telegrafica e il 24 maggio1844 Morse, che aveva inventatoanche uno speciale codice, ilCodice Morse, riuscì ad inviare ilprimo messaggio telegrafico daWashington a Baltimora.
Fu subito gara tra i paesi piùevoluti e presto l’Inghilterraconquistò il primato con sessan-tacinquemila chilometri di linea.In Italia il telegrafo elettrico fuintrodotto il 31 luglio 1852 nelRegno delle Due Sicilie.
L’apparecchio, basato sul
comando di organi meccanicimediante impulsi di corrente, eracostituito da un apparato trasmit-tente e da uno ricevente, regolatida uno strumento di sincroni-smo. Un metronomo indicavaall'operatore il momento precisoin cui abbassare i tasti del tra-smettitore, che disponeva diquattro tastiere con otto tasti,metà bianchi e metà neri.
I segnali venivano trasmessiattraverso cavi: quelli usati perle linee esterne erano costituitida fili metallici nudi sostenuti daisolatori di porcellana; quelliposti all’interno degli Ufficitelegrafici venivano isolati conmateriali tessili impregnati dicaucciù. Ovviamente prese l’av-vio una frenetica ricerca di solu-zioni nuove per migliorare laresa e la sicurezza dei cavi.
Fiorirono così nuove impresespecializzate e tra queste l’italia-na G. B. Pirelli & C. che nel1879 iniziò a produrre i suoiprimi conduttori elettrici isolati epresto diventò azienda leader sti-mata anche all’estero. Il «filo
telegrafico», novità prodottadalla Pirelli per il Genio MilitareItaliano, era costituito da unacordicella d’acciaio e rame, iso-lata con gomma vulcanizzata e
rivestita con una treccia di linocatramata. Una decina d'annidopo, in sostituzione dei fili aereinudi, la Pirelli mise in produzio-ne anche i cavi "tipo Patterson"isolati con carta e aria.
Si trattava di fili di rame avvolticon un nastrino di carta non ade-rente e poi attorti tra loro a elica.L'insieme era fasciato con nastridi carta, essiccato e poi copertocon una guaina di piombo.
Il cavo marino
La storia del cavo sottomarinoinizia con l’esperimento di posaeffettuato nel 1845 all'internodella baia di Portsmouth dalladitta S.W. Silver & Company. Ilcavo era lungo un miglio e isola-to con gomma naturale. Nel1850, ad opera della dittaSubmarine Telegraph Co venneposato il primo cavo, che attra-verso La Manica, collegò Dovera Calais, ma rimase operativo persoli tre giorni, essendo stato tran-ciato per errore da un pescatore.Qualche anno dopo con la guerradi Crimea (1952-59) venne posa-to un nuovo cavo sottomarinonel Mar Nero per i collegamentitra Londra, Parigi e la Crimea.
In Italia il primo cavo sotto-marino collegò la Calabria allaSicilia nel 1852 Nel 1854 ven-nero collegate la Corsica e laSardegna alla parte continentale.Il primo cavo sottomarino tral'Europa e l'America venne inve-ce steso nel 1858 ed entrò inregolare esercizio solo nel 1866.
Naturalmente le industrie spe-cializzate dovettero misurarsinella ricerca di un isolante effi-cace e resistente all’acqua.Risultò vincente l’impiego dellaguttaperca.
Giuseppe Dicorato nell’artico-lo La voce sotto il mare pubbli-cato sulla «Rivista Pirelli» delmarzo 1949, così riassume ledifficoltà: «Di tutti gli isolantiallora conosciuti, nessuno dimo-strò di avere i requisiti richiesti.Neanche la gomma […] perché,
Télégraphe de Morse (1837), collection historique de France Télécom, Cité
des télécommunications de Pleumeur-Bodou, France.
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Pirelli si aggiudicò la commessadell’Amministrazione deiTelegrafi: fornitura e posa in maredi ottocento chilometri di cavi eloro manutenzione per vent'anni,costruzione di una nave posacavi.«Era un programma tecnico,navale e finanziario di notevoleimpegno e rischio. La mancanzadi precedenti e le incertezze per ladeterminazione di molti elementidel costo e la valutazione deirischi, costrinsero a basarsi sulprezzo offerto dagli inglesi, accet-tandolo senz'altro». Presso lo sta-bilimento milanese a PonteSeveso fu sistemato il reparto perla fabbricazione delle anime inrame e guttaperca, mentre a LaSpezia veniva costruito apposita-mente lo stabilimento di SanBarto-lomeo per l'armatura confili di ferro. La nave posa cavivenne realizzata nei cantieri ingle-si di Sunderland. La nave, cheavrebbe dovuto essere «semprepronta per le operazioni sui cavitelegrafici sottomarini, quando diqueste si presenti il bisogno […]fu battezzata da mia madre colnome Città di Milano. Era unbastimento di circa 1000 tonnella-te, con attrezzature elettriche emeccaniche particolari e con gran-di vasche, capaci di contenere,immerse in acqua marina, le spire
del serpente di rame, guttaperca eacciai, fino a 400 chilometri dilunghezza». Così ricorda AlbertoPirelli la genesi della prima naveposacavi «continentale», lungasettanta metri e che poteva rag-giungere gli undici nodi di velo-cità.
«In base alle clausole dellaconvenzione col Governo Italia-no, la nave fu data in consegnaalla règia Marina, di cui diventa-va proprietà dopo i 20 anni dallaconvenzione stessa. Nel frattem-po la Marina doveva metterla adisposizione per il servizio deicavi sottomarini, con tutto l'e-quipaggio marinaro e sobbarcan-dosi le spese di navigazione,mentre la Pirelli forniva il perso-nale tecnico specializzato, siaelettrotecnico che marinaresco».
La scelta dei Ministri Genala eBrin consentiva di avvalersi dimaestranze tecnicamente adde-trate dalla Pirelli e, nel contem-po, di garantire il controllo pub-blico di una strumento così stra-tegico come era la nave posaca-vi. In contropartita il Governo,oltre che farsi carico degli oneriderivanti dalla manutenzione,avrebbe affidato, con spese acarico del bilancio statale, laconduzione della nave a equi-paggi della Marina Militare e sisarebbe fatto carico del loro spe-
pur essendo un buon isolante aterra e nell'aria, non lo è altret-tanto nell'acqua. Essa lasciainfatti filtrare una piccola per-centuale di umidità, sufficienteper provocare la dispersionedella carica elettrica nel liquidocircostante. Per fortuna dei tec-nici, intervenne a salvare lasituazione la guttaperca».
La guttaperca è una specie diresina ottenuta da grandi piantedella Malesia e introdotta inItalia da Pirelli. Essa oltre adessere perfettamente isolante èanche termoplastica: a 70°-80°diventa cioè malleabile come unapasta, da cui si ottiene unagomma flessibile, ma non elasti-ca. Questa proprietà consentival’applicazione diretta sul condut-tore di rame utilizzando appositetrafile con un procedimentoinventato da Werner vonSiemens. Il cilindretto che se neotteneva era la vera e propria"anima" del cavo.
Così anche per la Pirelli si apri-va la corsa ai cavi telegrafici sot-tomarini. «Risale agli anni 1884-1887 la preparazione ed attuazio-ne dell'iniziativa che diedeall'Italia, per prima sul continenteeuropeo, una industria per la fab-bricazione di cavi telegrafici sotto-marini e una organizzazione per laloro posa». Così ricorda A. Pirelli,nel suo La Pirelli. Vita di un'a-
zienda industriale pubblicato nel1946. L'Ing. G. B. Pirelli ricono-sceva all'industria inglese il pri-mato della produzione, nel 1886,del primo cavo il primo cavo tran-satlantico: «fu ad un tempo unadelle maggiori conquiste dell’elet-trotecnica ed uno dei capitoli piùinteressanti, e, sotto certi aspetti,più drammatici della storia delprogresso tecnico». E proseguericordando come in quello stessoanno fosse maturata «la necessitàdi costruire altri dodici cavi sotto-marini -oltre a quelli già posatidagli inglesi tra il continente e leisole maggiori- integranti la retetirrenica e adriatica». Nel 1886 la
Samuel Finley Breese
Morse (Charlestown 1791
– New York 1872) inven-
tore del telegrafo elettrico,
fu anche pittore e storico.
Nel codice Morse ciascuna
lettera dell’alfabeto era
indicata da una combi-
nazione di punti e linea:
a= punto linea; b= linea
tre punti, c= linea punto
linea punto. le lettere erano
separate da un intervallo
breve, le parole da un
intervallo medio, le frasi da
uno lungo.
cifico addestramento. «Maprima ancora che la nave posa-cavi fosse pronta l'emozionecausata nel Paese dalla tragediadi Dogali del 27 gennaio 1887aveva spinto il Governo a chie-dere alla Pirelli di organizzare inpochi mesi la fabbricazione epoi la posa a mezzo di naveinglese, di 700 km. di cavo nelMar Rosso per collegareMassaua con l'Isola di Perim equindi con la rete dei cavi sotto-marini britannici. L'impresa,diretta personalmente sul postodall'ing. Pirelli, fu compiuta conogni urgenza e soddisfazione delGoverno». La nave posacaviCittà di Milano, varata nel giu-gno del 1887, «era la primagrande vittoria, in questo campo,
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potenzialità «di imbarcare deci-ne e centinaia di chilometri dicavo, di diversi tipi, che sono“colti”, in strati orizzontali, intre vasche circolari, […] boedalle svariate forme e dimensio-ni che servono per fissare unpunto sul mare, ancorandole alfondo mediante cordami misti diacciaio e manilla, o assicurarvila cima del cavo telegraficodurante i lavori, […] e svariatigrappini di svariati dimensioniche, mandati in fondo almare,[…] servono per cercareun cavo posato e sollevarlo insuperficie. Al centro della navetroviamo la macchina di posacomposta da due tamburi indi-pendenti, azionati ciascuno dauna macchina a vapore muniti di
dell'industria italiana» -scriveGiuseppe Dicorato- «e i giovaniingegneri G.B. Pirelli, EmanueleJona e Leopoldo Emanueli, chene erano stati gli artefici, poteva-no andarne, giustamente, fieri.[...] Dolcemente cullata da leg-gera ondulazione, vediamo unanave di forme singolari; ha laprua molto slanciata, quasi comeun becco d’anatra, che portafuori tre massicce pulegge [...],altra grossa puleggia vediamosporgere dalla poppa; sul ponte,macchine ed ordigni svariati. Èla Città di Milano, che si appre-sta ad una spedizione per lavoriin cavi sottomari». Così ladescrive il tecnico Del Grande,in Ricordi di un vecchio cavista,e prosegue tratteggiandone le
Sopra: Legge 6 aprile 1890 n. 6775 ccon cui è stata
approvata la convenzione per la manutenzione della
linea Palermo-Napoli.
A lato: la nave posacavi Città di Milan; sospeso a
prua della della Città di Milano un tecnico controlla
la tenuta dei grappini (v. pagina seguente) che trat-
tengono i cavi.
Nella pagina seguente:macchinari e attrezzi sulla
Città di Roma.
freni potentissimi […] e allineaticon i tamburi due dinamometriche misurano la tensione mecca-nica a cui è sottoposto il cavodurante i lavori, unitamente alGabinetto elettronico ricco disvariati strumenti». La Città di
Milano iniziò così il suo lavorodi posare cavi tra la penisola e leisole minori. Per le operazionitecniche vennero imbarcati ope-rai e tecnici specificamente pre-parati dall’Azienda e guidati dal-l’ing. Emanuele Jona, ingegnereelettrico che venne riconosciutonel mondo come uno dei mag-giori esperti in cavi sottomarini."I primi cavi furono regolarmen-te fabbricati e posati. La stampadel tempo seguì con grande inte-resse i primi passi della giovaneindustria e, dalle isole, a mano amano collegate alla metropoli,giungevano alla Società tele-grammi inneggianti alla DittaPirelli promotrice di civiltà».
Alla fine del 1887 risultaronoposati i collegamenti Tremi-ti–Montemileto, Mazara-Pantel-leria, Lipari-Vulcano, Lipari-Panarea e Panarea-Stromboli,Livorno-Gorgona e Giglio-MonteArgentario. L'anno successivo è lavolta del cavo Napoli–Ustica-Palermo (410 km ad una profon-dità fino a 3700 metri) opera, chea detta dei protagonisti fu la piùardua sia per la distanza che per leprofondità da raggiungere, come
sottolineato da questo stralcio diuna lettera dell’ing. Jona datata 8gennaio 1888: «la fortuna ci haaccompagnato […] oltre i 1000metri, anche il tempo ci avevadiscretamente aiutati quantunqueper evitare certi pericoli fossimoobbligati di immergere il cavo congrande abbondanza in modo daimpiegare gran parte di quellodisponibile per il tratto Ustica–Palermo, lasciato per ultimo appo-sitamente» e il geom. Ernesto DelGrande racconta ancora che nellastesura del cavo alla profondità ditremilasettecento metri «siimpiegò un totale di 18 ore e ildinamometro arrivò a segnare unatensione di 20 tonnellate».
Nel 1889 si conclusero i lavoricon la stesura nei tratti Carloforte-Sardegna, Elba-Capraia, Elba-Pianosa, Ponza-Monte Circeo eVentotene-S.Stefano e Maddale-na-continente. In totale si sonoposati 1.806,821 chilometri dicavi marini.
L’attività della Pirelli in quelperiodo si estese anche inSpagna con grande soddisfazio-ne del governo italiano chevolle conferire all’Aziendamilanese un Diploma specialecon Medaglia d'Oro. La Città di
Milano fu anche impiegata, congravi rischi, in campi di guerraper la manutenzione di cavi eper guastare le linee nemiche.
I ‘gustatori’
La manutenzione dei cavi,confermata alla Pirelli con proro-ghe decennali del contratto, nonpresentò particolari difficoltà. Si
trattava di piccole riparazionirese necessarie per circostanzefortuite: corrosione dell’armatu-ra; danneggiamento del cavoMassaua-Assb-Perim ad opera diun morso di pescecane, rotturadel cavo Livorno-Gorgona cau-sata dall’ancora di un bastimen-to; danneggiamento del cavoPanarea-Stromboli per effetto diun’eruzione sottomarina.
Il problema più grave sorseper il cavo Ustica-Palermo. Neriferisce il quotidiano milanese«La Lega Lombarda» del 20agosto 1894: «i più terribilinemici dei cavi e della telegrafiasottomarina sono piccoli anima-letti marini che rodono e perfo-rano la guttaperca dei cavi, ovivono sui cavi stessi. Si trattadella teredo navalis, un piccolomollusco che rode e perfora laguttaperca» (vedi scheda).
Quindi la Città di Milano sitrovò ancora nelle azzurre acquedi Ustica per effettuare la manu-tenzione dei cavi danneggiati.
«Altro che calamaro gigante: èla teredo!» tuonano i giornali.
Una fine ingloriosa
L’attività intensa ed avventuro-sa della Città di Milano –settan-tatre campagne in mare e seimilachilometri di cavi posati terminòcontro uno scoglio del mare diSicilia, al largo dell'isola diFilicudi, il 16 giugno del 1919,mentre era in corso la riparazio-ne del cavo Alicudi-Filicudi.Nell'incidente morirono ventiseipersone. Racconta AlbertoPirelli: «Perì in quel tragico inci-
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Sopra: La nave posacavi Città di Milano nella Cala S. Maria effettua l’atter-
raggio del cavo telegrafico.
a lato: la complessa dotazione tecnica della nave posacavi.
dall’album dell’Ing. Emanuele Jona
Il nome Teredo navalis derivadal greco teredon «verme cherode il legno» che rimanda, asua volta, al verbo terein.
La Teredo navalis , nomescientifico Linneo 1758, è unpiccolo mollusco lamellibran-chio marino, simile a un lom-brico difeso da una conchigliadi pochi millimetri
È dotata (v. disegno) di unapiccola conchiglia con valvemunite di dentelli, atta a pro-teggere la zona cefalica dell'a-nimale che avanza scavando,mentre il resto del corpo siprolunga con andamento ver-miforme fino a due metri dilunghezza avvolto in un tubocalcareo secreto dal mantello,destinato a ospitare e protegge-re i lunghi sifoni che consento-no al mollusco di prelevareacqua puli ta dal l 'ambienteesterno e di scaricarvi i residuidel suo metabolismo, standose-ne comodamente riparato nellasua tana. Le cellule dell'intesti-
no della Teredo sono in gradodi produrre la cellulasi , unenzima che trasforma la cellu-losa in glucosio e consente aquesti molluschi di digerirefacilmente il legno
Si ciba di guttaperca ma inpart icolare di ogni t ipo dilegno che si trovi in acqua.Scavandovi lunghe gallerie, èin grado di indebolire la strut-tura di una imbarcazione fino afarla cedere oppure, nel caso direlitti, fino a distruggere com-pletamente il legno. Riesce avivere fino ad una profonditàdi circa 200 metri.
È con la piccola conchigliaanteriore che scava il legno el’erosione è talmente continuae interna che la superficieesterna del pezzo aggredito,benché interessata da alcuniforel l ini , i l più del le volteappare in buone condizionianche quando l’interno è soloun groviglio di cavità senzaconsistenza.
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dente l'ing. Emanuele Jona, esi-mio elettrotecnico, specializzato-si fin da principio nel ramo deicavi sottomarini e nella loro posae che del servizio relativo eradiventato il Capo. Perì l'ing.Pinelli, suo ottimo collaboratore,e l'ing. Vitali, e vari nostri operaispecializzati oltre ad ufficiali emarinai della Marina». Verràsostituita dalla nave tedescaGrossherzog von Oldenburg,
costruita nel 1905 presso i can-tieri Shichau & Co. di Danzicaper conto della Norddeutsche
Seekabelwerke, e assegnata nel1919 come preda di guerra allaRegia Marina Italiana in ripara-zione dei danni di guerra e chenel 1921 viene ribattezzata Città
di Milano II.La nave avrà il suo momento
di gloria, nel 1928, quando con-tribuì al soccorso dei naufraghidella Tenda Rossa, sopravvissutial disastro del dirigibile Italia diNobile nel suo viaggio artico.
Il 18 settembre del 1943 laCittà di Milano II fu autoaffon-data nel porto di Savona, perchénon cadesse preda dei tedeschidopo l'armistizio.
VIVIANA ROCCO
Viviana Rocco è responsabile dell’Ar-chivio Storico Pirelli.
Disegno delle varie parti della Teredo navalis e rappresentazione grafixca
del sitema di penetrazione all’interno del legno.
L’ing. Emanuele Jona, respon-
sabile del progetto, perì con la
‘sua’ Città di Milano nel naufra-
gio di Filicudi.