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La dea bendata Joe Fallisi "Che è la vita degli uomini? un'immagine della divinità." (F. Hölderlin) Nella conclusione di un mio testo pubblicato qualche anno fa si poteva leggere: "Che alcuni classici non si riferiscano esplicitamente all'impiego delle coordinate equatoriali per stabilire la Parte di Fortuna (o la Parte di Genio - e tutte le altre, nella
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La dea bendata

Joe Fallisi

"Che è la vita degli uomini? un'immagine della divinità." (F. Hölderlin)

Nella conclusione di un mio testo pubblicato qualche anno fa si poteva leggere: "Che alcuni classici non si riferiscano esplicitamente all'impiego delle coordinate equatoriali per stabilire la Parte di Fortuna (o la Parte di Genio - e tutte le altre, nella

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determinazione delle quali sempre intervengono una o più cuspidi), può derivare dal fatto che, trattandosi di un 'oroscopo', essi ne davano per scontato il procedimento tecnico, analogo a quello in uso per trarre l'Ascendente."(1). La verità è che non si tratta di "alcuni classici", ma della maggioranza degli autori. Lo stesso Giuseppe Bezza, fra i pochissimi ad aver ripreso il calcolo "mondano" spiegato da Placido(2), come predecessori di quest'ultimo fa i nomi solo di Albumasar e al-Nayrizi(3), citando anche "alcuni manoscritti medievali", nei quali, peraltro, il metodo si ritrova "accennato"(4). Di sicuro, i due manuali classici tradotti e curati sempre da Bezza, quello di Paolo d'Alessandria e L'arte dell'astrologia di al-Bîrûnî(5), non illustrano la tecnica basata sul moto diurno, bensì quella usuale, che consiste in addizioni e sottrazioni direttamente sull'eclittica(6) – come, del resto, il trattato medievale di Guido Bonatti, anch'esso disponibile in italiano(7). Affermare il contrario, cioè che in realtà, pur parlando di gradi dei segni, essi

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intendano gradi equatoriali, quasi si trattasse di un sottinteso, di una convenzione comunemente nota e impiegata, non mi sembra in questo caso verosimile(8). Ed entrambi i testi sono tipici (e insigni) esempi di una vastissima letteratura che li ha preceduti e seguiti. L'idea che mi sono fatto, non solo riguardo alle sorti, ma anche alle direzioni, alle profezioni, alla rettifica dell'ora di nascita e ad altre tecniche essenziali (compresa la stessa domificazione), è che durante l'intero arco della storia dell'astrologia siano coesistiti metodi semplificati e approssimativi con altri più complessi e corretti, e molto più rari. E che in definitiva, sebbene patrimonio comune e certissimo di ogni buon artista fosse la conoscenza teorica e l'osservazione dei moti celesti – innanzi tutto di quello diurno –, le fasi degli astri, la teoria degli elementi, umori, temperamenti, la filosofia della natura… sia sempre stata una minoranza di sapienti quella capace di trarre dai princìpi tutte le necessarie conseguenze operative. Il vero paradosso è che proprio oggi l'astrologia, ormai degradata a "superstizione

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di secondo grado" (Adorno), a chiacchiera vana e ignorante, potrebbe al contrario, in virtù delle attuali conquiste filologiche e scientifiche, conoscere un impiego superiore rispetto a qualunque epoca del passato e rivelare tutte le sue potenzialità.

L'"indifferentismo", a proposito del calcolo delle sorti, non è certo la soluzione più brillante. I due diversi metodi possono condurre a una distanza di molti gradi eclittici: o si sceglie l'uno, o si sceglie l'altro. E il criterio, naturalmente, non può essere la "popolarità" dell'uno o dell'altro, né la sua difficoltà. La Tetrabiblos è un eccezionale compendio – ineguagliato – della teoria astrologica classica, di cui l'autore fornisce, in forma estremamente concisa(9), il più puro ed efficace metodo d'applicazione. Scrive Tolemeo:

"La sorte di fortuna (…) deve essere computata in base alla quantità del numero che intercorre dal Sole alla

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Luna, riportando la distanza equivalente a partire dall’oroscopo secondo la sequenza dei segni, in modo tale che quel rapporto e configurazione propria del Sole rispetto all'oroscopo, sia anche della Luna rispetto alla sorte di fortuna, ond'essa quasi appare oroscopo lunare." (Tetrabiblos, III, 11)

Dove, se non in mundo, si attuano propriamente i rapporti e le configurazioni del Sole con l'oroscopo? E se la Parte di Fortuna deve considerarsi (quasi) come oroscopo lunare, in che altro modo Tolemeo può intendere il suo calcolo all'infuori di quanto avviene per l'Ascendente?(10) Certo, l'astrologo odierno, assuefatto a trarre il grado zodiacale che sorge consultando in maniera automatica le Tavole delle Case (o affidandosi, in modo ancora più inconsapevole, a qualche software), ha persino più difficoltà che in passato nel comprendere la ragione stessa di questo procedimento. Uno dei pregi de I moti del cielo di Marco Fumagalli(11) è proprio di consentire il calcolo "all'antica" dell'Ascendente, senza far più ricorso alle Tavole delle Case, sia per l'emisfero Nord(12),

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sia per l'emisfero Sud(13). È il metodo classico.(14) Moltiplicando per 15, per l'ora equinoziale(15), il tempo siderale locale (cui si devono aggiungere 12 ore nelle nascite che avvengono al di sotto del circolo massimo), si trova l’Ascensione Retta del Medio Cielo, cioè l'arco di Equatore celeste compreso tra il punto gamma e il piede del punto dell'eclittica che sta transitando sul meridiano superiore; aggiungendo 90° (ovvero 6 ore) all'Ascensione Retta del Medio Cielo, si ottiene l'Ascensione Obliqua dell'oroscopo, vale a dire l'arco di Equatore compreso tra il punto gamma e il punto Est nell'istante in cui sta sorgendo all'orizzonte orientale un determinato punto dell'eclittica, ovvero il grado di Equatore celeste che sorge insieme con questo stesso punto. Ai gradi di Equatore, tanto del Medio Cielo, quanto dell'oroscopo, corrisponderanno determinati gradi eclittici(16), che nel libro di Fumagalli si possono trovare nelle rispettive Tavole di Ascensione Retta(17) e di Ascensione Obliqua(18) – tenendo conto che il polo del Medio Cielo, cioè l’elevazione del polo celeste sul suo circolo orario, è pari a una latitudine

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terrestre di 0°, quello dell'oroscopo alla latitudine stessa del luogo considerato(19). Similmente, per giungere al grado di passaggio delle sorti (quel grado dell'eclittica che si trova alla medesima distanza oraria dal meridiano più vicino(20)), si dovrà prima stabilire l'Ascensione o la Discensione Obliqua(21) delle sorti al relativo polo di ognuna, e quindi il loro stesso polo. Il computo "orario" della Parte di Fortuna/Parte di Genio ha in realtà la stessa formula che la tradizione ci ha lasciato, con la sola, basilare, avvertenza che non si devono sottrarre/aggiungere gradi eclittici, ma gradi equatoriali(22):

* AM (Ascensione Mista, ossia Ascensione o Discensione Obliqua al proprio polo(23) – AOCH nell'emisfero ascendente, DOCH in quello discendente) Tychê in nascita diurna, ovv. AM Daimôn in nascita notturna = AM Luna - AM Sole + AO Hor

* AM Tychê in nascita notturna,

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ovv. AM Daimôn in nascita diurna = AM Sole - AM Luna + AO Hor

Sorte della Luna e Sorte del Sole sono circoli immateriali e virtuali della sfera, che esistono solo in conseguenza del moto diurno(24) e che esprimono dinamicamente il rapporto luminoso tra Sole e Luna all'interno di ogni singola genitura, rispetto, cioè, a un tempo determinato e a un orizzonte specifico(25). In quanto "quasi oroscopo lunare", la Parte di Fortuna si può vedere in effetti a sua volta come un orizzonte, una meta(26), un oroscopo, appunto, a cui il luminare notturno deve ascendere e una volta superato il quale per così dire "viene alla luce", "s'invera". E allo stesso modo, analogamente, la Parte di Genio per il Sole e le altre cinque sorti ermetiche per i pianeti, donde l'importanza fondamentale della congiunzione degli astri con le relative sorti (e l'oroscopo).

Queste le formule "mondane" delle sorti

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planetarie secondo l'ordinamento classico del Panaretos(27):

* AM Erôs in nascita diurna = AM Venere - AM Daimôn + AO HOR

* AM Erôs in nascita notturna = AM Daimôn - AM Venere + AO HOR

* AM Anankê in nascita diurna = AM Tychê - AM Mercurio + AO HOR

* AM Anankê in nascita notturna = AM Mercurio - AM Tychê + AO HOR

* AM Tolma in nascita diurna = AM Tychê - AM Marte + AO HOR

* AM Tolma in nascita notturna = AM Marte - AM Tychê + AO HOR

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* AM Nikê in nascita diurna = AM Giove - AM Daimôn + AO HOR

* AM Nikê in nascita notturna = AM Daimôn - AM Giove + AO HOR

* AM Nemesis in nascita diurna = AM Tychê - AM Saturno + AO HOR

* AM Nemesis in nascita notturna = AM Saturno - AM Tychê + AO HOR

Non c'è differenza qualitativa nel fatto che l'astro giunga alla propria sorte o all'Ascendente, è diverso il significato dell'unione. Impiegando una metafora, si potrebbe dire che in entrambi i casi il luminare o il pianeta fa intendere chiaramente la sua specifica, e inconfondibile, "voce": nel primo in nome di se stesso, nel secondo a nome di tutto il tema. Ecco le possibili congiunzioni (/opposizioni)

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della Luna, del Sole e dei pianeti con le relative parti o l'oroscopo dedotte dalle formule delle sorti ermetiche:

Tychê

a Luna cong. Tychê corrisponde Sole cong Hor(28) (e a Luna opp. Tychê corrisponde Sole cong Occ) (giorno)

a Luna cong. Hor corrisponde Sole cong. Tychê (e a Luna cong. Occ corrisponde Sole opp. Tychê) (notte)

Daimôn

a Sole cong. Daimôn corrisponde Luna cong. Hor (e a Sole opp. Daimôn corrisponde Luna cong. Occ) (g.)

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a Sole cong. Hor(28) corrisponde Luna cong. Daimôn (e a Sole cong. Occ corrisponde Luna opp. Daimôn) (n.)

Erôs

a Venere cong. Erôs corrisponde Daimôn cong. Hor (e a Venere opp. Erôs corrisponde Daimôn cong. Occ) (g.)

a Venere cong. Hor corrisponde Daimôn cong. Erôs (e a Venere cong. Occ corrisponde Daimôn opp. Erôs) (n.)

Anankê

a Mercurio cong. Anankê corrisponde Tychê cong. Hor (e a Mercurio opp. Anankê corrisponde Tychê cong. Occ) (n.)

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a Mercurio cong. Hor corrisponde Tychê cong. Anankê (e a Mercurio cong. Occ corrisponde Tychê opp. Anankê) (g.)

Tolma

a Marte cong. Tolma corrisponde Tychê cong. Hor (e a Marte opp. Tolma corrisponde Tychê cong. Occ) (n.)

a Marte cong. Hor corrisponde Tychê cong. Tolma (e a Marte cong. Occ corrisponde Tychê opp. Tolma) (g.)

Nikê

a Giove cong. Nikê corrisponde Daimôn cong. Hor (e a Giove opp. Nikê corrisponde Daimôn cong. Occ. ) (g.)

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a Giove cong. Hor corrisponde Daimôn cong. Nikê (e a Giove cong. Occ. corrisponde Daimôn opp. Nikê) (n.)

Nemesis

a Saturno cong. Nemesis corrisponde Tychê cong. Hor (e Saturno opp. Nemesis corrisponde a Tychê cong. Occ.) (n.)

a Saturno cong. Hor corrisponde Tychê cong. Nemesis (e a Saturno cong. Occ. Corrisponde Tychê opp. Nemesis ) (g.)

Così come nel giorno la congiunzione di Daimôn con l'Ascendente significa l'unione di Venere con Erôs e di Giove con Nikê, nella notte alla congiunzione di Tychê con l'oroscopo si accompagnano quelle di Mercurio con Anankê, di Marte con Tolma e di Saturno con Nemesis. Ciò mette in luce le analogie-"sincronie" e contrapposizioni (ogni

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tema come un meraviglioso orologio celeste) di Erôs e Nikê da una parte e di Tolma, Nemesis e Anankê dall'altra.

Scrive Bezza: "Quanto alle altre sorti ermetiche, quella di eros e di ananke presentano diversi modi di estrazione nella maggior parte degli astrologi. La testimonianza più antica è in Vettio Valente e l'astrologo antiocheno, la cui autorità fu grande in Persia e in Islam, è seguito dagli astrologi arabi e da quelli del Medioevo latino. Nel giorno, eros si computa da tyche a daimon, viceversa nella notte. Ananke si computa nel giorno da tyche, nella notte l'inverso."(29) Nondimeno, l'elenco delle sorti ermetiche del Panaretos che si può leggere in Paolo è, con ogni probabilità, ancora precedente e in tutte le sorti planetarie ivi contenute gli astri sono uno dei tre fattori costitutivi. Dopo queste parti, egli definisce l'oroscopo ("concausa della vita e del soffio", "che strappa dall'aere animato il soffio di vita in quel breve istante in cui l'ora stilla all'atto del parto stabilito", "indicativo

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di ogni cosa"), chiamandolo Basis, fondamento generale del tema(30); e, infine, descrive altre cinque sorti (quelle del padre, della madre, dei fratelli, dei figli, delle nozze), collegate alle Case, alla cui origine si ritrovano sempre due astri.(31) Ignora dunque – non concepisce neppure – parti che non siano formate almeno da un astro. In effetti, mentre le formule di Erôs e Anankê riportate da Paolo sono uniche nel vasto edificio delle sorti, quelle di Valente, riprese, per esempio, da Albumasar, ricorrono più volte, e in modo contraddittorio. Così, nel catalogo di quest'ultimo(32), Erôs risulta uguale alla sorte della durata (che Valente definisce, essa stessa, basis) – 2a della I Casa(33) –, a tre sorti dell'11a Casa (del successo – 1a –, dell'amicizia e dell'odio – 2a –, della bramosia – 5a) e, nella notte, alla sorte della sciagura – 3a della 12a Casa –; Anankê alla sorte della compravendita – 10a della X Casa – e, nel giorno, a quella della sciagura. A me sembra che Erôs e Anankê del Panaretos debbano essere considerate le originarie e autentiche sorti di

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Venere e di Mercurio.

Tolemeo, diversamente dagli altri autori classici, parla solo di Tychê e non fa differenza, nel suo calcolo, tra il giorno e la notte. Credo che ciò si spieghi soltanto con la radicale essenzialità del Quadripartito(34). Scrivevo nel 1996: "Per quel che concerne (...) la distinzione fra nascite diurne e notturne" in "un'astrologia che si fondava sull'osservazione diretta della volta celeste e dei suoi fenomeni luminosi, e sulla dialettica luce-ombra, era ovvio che se ne dovesse tener conto."(35) D'altronde, Parte di Fortuna e Parte di Genio, che si riferiscono entrambe a un’unità psico-fisica “vista” da due angolature diverse, sono l'una l'immagine speculare dell'altra, e, come per un principio superiore di compensazione ed equilibrio, Tychê prevale nel giorno, Daimôn nella notte.(36) Ma è sul significato di due sorti in particolare che credo valga la pena soffermarsi, quella del Sole e, ancor più, quella di Mercurio, se è vero che le sorti esprimono la natura "pura e assoluta" degli

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astri(37). "La sorte del Sole significa la threskeia, la pietas, ciò che Ibn Ezra traduce dei obsequium. Essa è comunemente chiamata dagli astrologi del Medioevo pars futurorum o pars legis. Essa è chiamata altresì pars absentiae o pars celati, in quanto significa ciò che è occulto e nascosto alla vista. Nella versione latina di Ermanno di Carinzia dell'Introduzione all'astrologia di Abumasar troviamo la definizione: 'Chiamano la pars celati amalgrab, che è la virtù interiore'. Amalgrab potrebbe richiamare al-maghrib, il tempo o luogo del tramonto del Sole, il tramontare e quindi l’assenza, il nascondersi. Ma il nome arabo della sorte del Sole, al-ghayb, significa in generale ciò che è segreto e nascosto."(38) A Daimôn, sorte del luminare diurno, compete dunque, paradossalmente, non quel che è manifesto, bensì l'ombra(39), il mistero. O, per meglio dire, il suo compito è di rendere chiaro e presente allo spirito ciò ch'è racchiuso nell'intimo, farlo risplendere nel buio. Ed è la luce stessa che, in alcuni casi, può accecare.(40)

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Anankê fu venerata come divinità dagli antichi greci con un santuario a Corinto. In quanto tale, il suo nome è sinonimo di Mòira, della stessa dea Tychê, ma è il medesimo che spetta alla sorte di Mercurio. Quest'ultima "produce", secondo Paolo, "i legami, la subordinazione, le lotte e i combattimenti, le inimicizie e l'odio e le accuse e ogni altro violento accidente che può sopraggiungere agli uomini nel corso della vita."(41) Contrariamente a quanto ci si potrebbe attendere, la parte del significatore dell'animo razionale non è posta in relazione con il piacere e il gioco dell'intelletto e delle facoltà di connessione e scambio inerenti al mobile, curioso, veloce e plastico Hermes, divino adolescente; ma piuttosto con l'attività specifica, il "lavoro" originario incessante della mente umana, alla base della "coscienza" (sin dall’origine infelice) insieme di se stessi e del mondo, che si accompagna alla perdita dell'ambito naturale, della spontaneità, degli istinti regolatori e alle catene inflessibili dei rapporti sociali che il mondo reggono.(42) In un suo brano grandioso e tragico Nietzche descrive questo

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processo dialettico fatale nel modo più efficace:

"A questo punto non posso più esimermi dal fornire alla mia particolare ipotesi sull’origine della 'cattiva coscienza' una prima provvisoria formulazione: tale ipotesi non si lascia facilmente ascoltare e vuole essere lungamente meditata, vigilata e ponderata. Considero la cattiva coscienza come quella grave malattia in balia della quale doveva cadere l'uomo sotto la pressione della più radicale tra tutte le metamorfosi che egli abbia mai vissuto - quella metamofosi in cui si venne a trovare definitivamente incapsulato nell'incantesimo della società e della pace. Non diversamente da quel che deve essere accaduto agli animali acquatici, allorché furono costretti a divenire animali terrestri oppure a perire, si compì la sorte di questi semianimali felicemente adattati allo stato selvaggio, alla guerra, al vagabondaggio, all'avventura - a un tratto tutti i loro istinti furono svalutati e 'divelti'. Dovettero ormai camminare sulle gambe e 'portare se stessi', laddove fino a quel momento venivano portati dall'acqua: una spaventosa pesantezza gravava su di loro. Si sentivano inabili alle funzioni più semplici, per questo nuovo mondo sconosciuto non avevano più le loro antiche guide, gli istinti regolativi, inconsciamente infallibili - erano ridotti, questi infelici, a pensare, dedurre, calcolare, combinare cause ed effetti, alla loro 'coscienza', al loro più miserevole organo, il più esposto a ogni errore! Credo che non ci sia mai stato sulla terra un tale senso di miseria, un tale plumbeo disagio - e intanto quegli antichi istinti non avevano cessato tutt'a

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un tratto di porre le loro esigenze! Solo che difficilmente e di rado era possibile dar loro soddisfacimento: in sostanza essi dovettero cercarsi nuovi e per così dire sotterranei appagamenti. Tutti gli istinti che non si scaricano all'esterno si rivolgono all'interno - questo è quella che io chiamo interiorizzazione dell'uomo: in tal modo soltanto si sviluppa nell'uomo quella che più tardi verrà chiamata la sua 'anima'. L'intero mondo interiore, originariamente sottile come se fosse teso tra due epidermidi, si è stemperato e dischiuso; ha acquistato profondità, latitudine, altezza a misura che è stato impedito lo sfogo dell'uomo all'esterno. Quei terribili bastioni con cui l'organizzazione statale si proteggeva contro gli antichi istinti della libertà - le pene appartengono soprattutto a questi bastioni - fecero sì che tutti codesti istinti dell'uomo selvaggio, libero, divagante si volgessero a ritroso, si rivolgessero contro l'uomo stesso. L'inimicizia, la crudeltà, il piacere della persecuzione, dell'aggressione, del mutamento, della distruzione - tutto quanto si volge contro i possessori di tali istinti: ecco l'origine della 'cattiva coscienza'. L'uomo che in mancanza di nemici esterni e di resistenze, rinserrato in una opprimente angustia e normalità di costumi, faceva impazientemente a brani se stesso, si perseguitava, si rodeva, si aizzava, si svillaneggiava, quest'animale che si vuole 'ammansire' e dà di cozzo alle sbarre della sua cella fino a coprirsi di piaghe, questo essere che manca di qualcosa, che si strugge nella nostalgia del deserto e che deve far di se stesso un'avventura, una camera di supplizi, una selva insicura e perigliosa - questo giullare, questo desioso e disperato prigioniero divenne l’inventore della 'cattiva coscienza'. Con essa fu però introdotta la più grande e la più sinistra

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delle malattie, di cui fino a oggi l’umanità non è guarita, la sofferenza che l'uomo ha dell'uomo, di sé: conseguenza di una violenta separazione dal suo passato d’animale, di un salto e di una caduta, per così dire, in nuove situazioni e condizioni esistenziali, di una dichiarazione di guerra contro gli antichi istinti, sui quali fino allora riposava la sua forza, il suo piacere e la sua terribilità. Aggiungiamo subito che, d'altro canto, col fatto di un'anima animale rivolta contro se stessa, intenta a prendere partito contro se stessa, si era presentato sulla terra qualcosa di nuovo, profondo, inaudito, enigmatico, colmo di contraddizioni e colmo di avvenire, che l'aspetto della terra ne fu sostanzialmente trasformato. In realtà ci sarebbero voluti spettatori divini per apprezzare lo spettacolo che in tal modo aveva avuto inizio e di cui non è ancora assolutamente prevedibile la fine - uno spettacolo troppo squisito, troppo meraviglioso, troppo paradossale perché potesse svolgersi assurdamente inosservato su un qualche ridicolo astro! Da allora l'uomo è annoverato tra le più inaspettate e stimolanti mosse azzeccate che gioca il 'grande fanciullo' eracliteo, si chiami Zeus o caso - desta per sé un interesse, una tensione, una speranza, quasi una certezza, come se con lui qualcosa si annunziasse, qualcosa si preparasse, come se l’uomo non fosse una meta, ma soltanto una via, un episodio, un ponte, una grande promessa…”(43)

La natura perigliosa di Anankê, piuttosto assimilabile a quella delle sorti di Marte e di Saturno, è confermata del resto dalla

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disposizione dei fattori che intervengono a formare le parti dei cinque pianeti, nella quale, evidentemente, non è il principio dell'hairesis a valere, bensì quello della differenza tra astri benefici e malefici. Di giorno, per esempio, il "II luogo" (al-Bîrûnî), o "fine" (Bonatti) è rappresentato dal pianeta stesso nel caso delle sorti dei benefici, dalla Parte di Fortuna quando invece si tratta delle sorti dei malefici e di quella di Mercurio; così come "I luogo" o "inizio" è la Parte di Genio per Erôs e Nikê, l'astro medesimo, per Tolma, Nemesis e Anankê.(44) Si noti che il Sole e i pianeti della fazione diurna sono tutti in gioia al di sopra dell'orizzonte, mentre la Luna e i pianeti della fazione notturna al di sotto, luminare contrapposto a luminare, grande benefico a piccolo benefico, grande malefico a piccolo malefico (Sole in 9a Casa/Luna in 3a, Giove in 11a/Venere in 5a, Saturno in 12a/Marte in 6a). Mercurio, che appartiene al giorno se orientale al Sole, alla notte se occidentale, ha la sua gioia in I Casa, che è sotto l'orizzonte ma in sé racchiude il grado che si leva a oriente, dall'oscurità al chiarore. Ed è questo il significato intimo, la

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funzione specifica di Mercurio, che la sua sorte rivela e fa giungere a compimento: il venire alla luce, nel travaglio, della conoscenza e della coscienza.

Tanto deve distare la Luna (il Sole) dalla sua sorte, quanto il Sole (la Luna) dall'Ascendente. Così, se in un tema (di Primo Quarto) il Sole è sulla cuspide dell’11a Casa e la Luna su quella della 2a, 10 Case (20 ore temporali, 300° equatoriali) separano, nel senso orario, il luminare diurno dall'oroscopo e 10 Case dovranno intercorrere tra il luminare notturno e la sorte lunare; a sua volta, se la Luna dista 1 Casa (2 ore temporali, 30° equatoriali) dall'Ascendente, 1 Casa dovrà percorrere il Sole per giungere alla sorte solare. Inoltre, lo stesso rapporto che esiste tra Luna e Sole e tra Sole e Luna (che in questo caso è, rispettivamente, di 6 e di 18 ore temporali) dovrà verificarsi tra Parte di Fortuna/Parte di Genio e oroscopo. E la sorte della Luna risulterà esattamente in controparallelo nel mondo rispetto alla sorte del Sole (regola che

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presenta un'unica eccezione, la sizigia: nel novilunio le due sorti si trovano entrambe congiunte con l'Ascendente, nel plenilunio col Discendente). Nell'esempio proposto, la Parte di Fortuna sarà all'Imo Cielo, quella di Genio al Medio Cielo.

La misurazione in gradi equatoriali (da 0° a 360°), equivalenti alle ore (da 0 a 24), è l'unica propria di tutti i fenomeni della sfera locale, quelli che l'astrologo moderno, con le sue effemeridi ultra-precise e le sue calcolatrici infallibili e super-veloci, trascura, non studia e, in genere, neppure conosce. L'estrema decadenza dell'astrologia ha la sua radice teorica anche e soprattutto in tale situazione. È come se dei tre periodi naturali del tempo, l'anno, il mese e il giorno, si tenesse conto solo dei primi due, ignorando l'ultimo, che li forma entrambi. In realtà la "via regia del Sole" non è una, ma duplice. La Terra compie la sua danza lenta attorno al luminare diurno ruotando insieme, velocissima, su se stessa. I due moti sono concatenati e imprescindibili l'uno

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dall'altro, non esiste l'uno senza l'altro. Ed è così per la "Lyla" di tutti gli altri corpi del sistema solare. Espressa in tempo terrestre la rivoluzione di Plutone avviene in 247,685 anni, la sua rotazione in 6 giorni 9h 17m; per Nettuno i valori sono, rispettivamente, 164,8 anni e 16h 6m; per Urano 84 anni e 17h 14m; per Saturno 29,46 anni e 10h 39m 22s; per Giove 11,86 anni e 9h 55m 3s; per Marte 1,881 anni e 24h 37m 22s; per Venere 224,7 e 243 giorni (la rotazione di Venere ha moto retrogrado); per Mercurio 88 e 58,64 giorni - quanto alla Luna, la sua rivoluzione siderale ha la stessa durata della sua rotazione: 27 giorni 7h 43m… Anche un astrologo marziano serio dovrebbe considerare entrambi i movimenti del suo pianeta con la stessa attenzione!…

Secondo Aristotele la sostanza degli esseri è originata da quattro cause: una causa materiale (la materia di cui le cose sono composte), una causa efficiente (il processo attraverso il quale si manifestano), una causa formale (la loro struttura e organizzazione

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interna) e una causa finale (lo scopo per cui esistono).(45) Impiegando queste categorie filosofiche, si potrebbe dire che le ultime due cause, quelle fondamentali, appartengono al cielo, al moto apparente del Sole da ovest verso est; le prime, accessorie, alla terra, al moto apparente del Sole da est verso ovest. Ogni nascita rinnova questo miracolo: le forme celesti si "incarnano" nella materia terrena che è loro propria, attualizzandone la potenza.

Si legge nel Vocabolario della lingua italiana della Treccani:

"fato (...) [dal lat. fatum, der. di fari 'dire, parlare'] (pl. -i, ant. le fata). – Originariamente, presso i Latini, la parola della divinità, e quindi il destino irrevocabile (che comprende anche la morte) fissato fin dal principio e a cui nessuno si può sottrarre; al plur., oltre a indicare i detti del veggente che profetava il futuro, fu nome collettivo delle personificazioni del destino. Nel mondo moderno, quando non è usato con riferimento alla concezione antica, significa più genericamente, al sing. o al plur., il destino: Che giova ne le fata dar di cozzo? (Dante); i Fati Non lasciano ad Atene altro che il

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nome (Foscolo) (...)" (Vol. II, p. 396) "fortuna (...) [lat. fortûna, der. di fors fortis "caso, sorte"]. – 1. Propriam., nome di un'antica divinità romana, personificazione della forza che guida e avvicenda i destini degli uomini, ai quali distribuisce ciecamente felicità, benessere, ricchezza, oppure infelicità e sventura: la dea Fortuna; il tempio della Fortuna. Concepita e rappresentata variamente nella letteratura e nell'arte (Dante, per es., nel c. VII dell’Inf., l'immaginò come un'intellegenza celeste ordinata da Dio quale 'general ministra e duce' dei beni mondani, beata nel cielo dove 'con l'altre prime creature lieta Volpe sua spera'; il Machiavelli invece la riportò sulla terra, sottomettendola, ma come potenza astratta, alla volontà dell'uomo: 'la fortuna è donna: ed è necessario, volendola tenere sotto, batterla e urtarla', cap. XXV del Principe), è rimasta anche nella fantasia popolare come un essere soprannaturale a cui si attribuisce il merito o la colpa di avvenimenti inaspettati e di improvvisi mutamenti di stato, raffigurata come una giovane donna bendata, con un piede su una ruota, simbolo della sua instabilità (...) 5. ant. Sorte cattiva, condizione disgraziata, disavventura: erano in f. e in gran bisogno (M. Villani); De le f. mie tante, e sì gravi (Petrarca). 6. Letter. Fortunale, burrasca, tempesta sul mare: ond'el piegò come nave in f. (Dante); Quando ingrossa ruggendo la f. (Manzoni) (...) 7. ant. Nei secoli 17° e 18°, si diceva soldato di fortuna (calco del franc. soldat de fortune) per indicare un uomo d'arme che dai gradi inferiori della milizia fosse salito, per proprî

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meriti, ai gradi più alti (con sign. affine alla frase odierna venuto dalla gavetta); più raram., uomo di f., uomo che si è fatto una posizione con le proprie capacità (anche questo per calco del fr. homme de fortune). (...)" (Ibid., pp. 501-502) "gènio (…) [dal lat. Genius, nome proprio della divinità tutelare, e fig. (come nome comune, genius) "inclinazione, disposizione"]. – 1. a. Nella mitologia pagana, lo spirito, buono o cattivo, che presiedeva al destino degli uomini dalla nascita alla morte, e anche lo spirito che aveva sotto la sua protezione una città, un popolo, una nazione: g. benefico; il g. di un luogo, il g. di Roma; il genio familiare di Socrate (analogam. il genio familiare del Tasso, spirito buono che nell'infermità della sua mente il poeta credeva gli apparisse di tanto in tanto per conversare con lui su problemi dottrinali). Con questo sign. originario (in cui genio si alterna spesso con l'espressione nume tutelare), è frequente l'uso delle forme latine genius loci, genius familiaris. b. fig. Essere immaginario o forza astratta a cui si attribuiscono certi eventi della nostra vita o l'ispirazione di risoluzioni prese (…)" (Ibid., p. 594) "parte (...) [lat. pars partis]. – (...) 2. a. (...) fare le p., dividere in parti e distribuire a ciascuno la sua (...) la p. mia, tua, sua, ciò che, in una divisione, spetta a me, a te, a lui (...) per estens., letter., proprietà: il Bisogno sospinse A por le rapitrici Mani nell'altrui p. (Parini) (...) 3. b. Lato, banda (...) mettersi da una p., in un

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canto, in un angolo (...) Dal sign. di lato si svolse anticamente anche il senso fig. di qualità d'una persona (...) c. (...) Con altro traslato la locuz. da p. mia (o sua, nostra, ecc.), a mio nome, per conto mio (o suo, nostro, ecc.) (...) anche, da p. mia, sua, ecc., per ciò che dipende da me, da lui, ecc. (...) 4. a. (...) A Venezia, parte fu anticam. sinon. di partito nel sign. di votazione, scrutinio, deliberazione di un'assemblea votante (...) nel gioco del golf, ciascun giocatore o anche due giocatori che siano compagni di gioco (...) 5. a. Dall'uso della parola con valore distributivo ('ciò che spetta o tocca a ciascuno'), nelle rappresentazioni teatrali (e, per analogia, anche in quelle cinematografiche), l'azione che svolge e l'insieme delle battute che dice ogni personaggio, e, per estens., il personaggio stesso che un attore interpreta (...) b. In senso fig., compito, ufficio assegnato a una persona, o anche la funzione che essa compie in un determinato momento (...) 6. Con usi analoghi in musica: a. Ruolo destinato a una voce o a uno strumento in una esecuzione di insieme (opera, concerto, ecc.) (...) b. Singola linea melodica in un brano a più voci scritto per vari esecutori o per un solo strumento (...) c. estens. Foglio o fascicolo su cui un singolo cantante o strumentista legge la musica che egli esegue in una composizione per più esecutori (...)" (Vol. III*, pp. 707-708) "sòrte (...) [lat. sors sortis]. – 1. Forza che regola o s'immagina regolare in modo imprevedibile le vicende umane, senza che la volontà degli uomini possa nulla contro di essa (...) 2. estens. Ciò che la sorte destina agli

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uomini; il complesso delle vicende, spec. personali, e delle condizioni materiali e morali riserbate a ciascuno dalla sorte, indipendentemente dalla sua volontà, dalle sue aspirazioni o decisioni (...) 3. a. Con sign. più generico, vicenda imprevista e casuale, occasione (...) talora, occasione fortunata (...) b. Evento fortuito, caso, nella locuz. per sorte, per caso: i portantini, vedendo la mala parata, ricoverarono il padrone in una casa d'amici, che per s. era vicina (Manzoni); ant. o region. a sorte, con lo stesso sign.: andandogli in quelli tumulti il popolo armato a casa per saccheggiarla, messere Francesco ... si trovava a sorte in casa (Machiavelli). Quest'ultima locuz. è peraltro com. nelle espressioni estrarre, tirare a s., sorteggiare, scegliere mediante sorteggio (...) 4. ant. a. Ciascuno degli oggetti di varia natura (pietre, astragali, dadi, tavolette scritte, ecc.) che, gettati o mescolati a caso oppure scelti a caso tra gli altri simili, erano usati in molte civiltà e religioni antiche per fini divinatorî, traendosi auspici dalla loro disposizione o dalla loro forma o dai segni che portavano (pratica detta cleromanzia): gettare le s.; profetare per sorti; divinazione per sorti; Fer la città sovra quell'ossa morte; E per colei che 'l loco prima elesse Mantüa l'appellar sanz'altra sorte (Dante, alludendo all'uso antico di scegliere il nome di una città gettando le sorti). b. Foglietto scritto che serviva per un sorteggio: gioco delle s., gioco di società, diffuso nel periodo rinascimentale, che consisteva nell'estrarre bigliettini nei quali figuravano motti e allusioni argute ricavate non di rado dalle poesie del Petrarca. c. Cosa che tocca in sorte; in partic., la parte che spetta di un'eredità, di un guadagno, e sim.: De' quali [nostri beni] a Palemon tutta mia sorte Ti priego doni appresso alla mia

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morte (Boccaccio). Anche, il capitale che si dà o si riceve a frutto. 2. Nel diritto romano di tarda età imperiale, era detto sorte (lat. sors) il terreno assegnato a un barbaro in seguito alla distribuzione di fondi per sorteggio." (Vol. IV, pp. 435-436) "sorteggiare (...). – 1. Estrarre a sorte, assegnare tirando a sorte; scegliere mediante un metodo fondato sulla sorte: s. i premî; s. i giurati; s. l'ordine di precedenza. 2. Assol., raro e ant., assegnare, distribuire le sorti: Ma l'alta carità, che ci fa serve pronte al consiglio che 'l mondo governa, Sorteggia qui sì come tu osserve (Dante). (...)" (Ibid., p. 436)

La divinità tremenda del destino fu chiamata dai greci Mòira, Tychê, Anankê, "necessità". E, al di là dell'arbitrio insondabile, essa era percepita come causa necessaria di tutti gli eventi, ragione che governa il mondo. Il suo dettame, all'apparenza cieco, rappresentava una giustizia superiore, libera da ogni passione: a ogni essere il suo destino. Ora, che cosa, se non l'oroscopo, rappresenta nel tema di nascita il sigillo individuale, la quintessenza del destino? Quel grado che sorge a oriente e che della genitura

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rappresenta il fondamento e il timone, il "significatore del corpo e degli inizi"(46), è anche la "base di partenza"(47) di ogni sorte.

NOTE

(1) J. Fallisi, "Noterella sulle parti", http://it.groups.yahoo.com/group/libertari/message/85148.

(2) Le parole di Placido, quando espone la teoria del suo amico Negusanzio (v. AA.VV., "Della sorte della Luna e delle altre sorti. 2. Il loro computo", "Schema" n. 9, 1988, pp. 490-496; oppure G. Bezza, Commento al primo libro della Tetrabiblos di Claudio Tolemeo, Nuovi Orizzonti, Milano 1992, pp. 412-416), sono un esempio di onestà intellettuale, di ingegno e di purezza d'animo. A comprendere la giusta modalità del calcolo furono tuttavia due allievi del monaco olivetano, Francesco Brunacci e Francesco Maria Onorati. Accortisi che anche il metodo di Placido era inadeguato, poiché risultava conforme al principio tolemaico solo al sorgere del Sole, essi ne proposero una versione "oraria", finalmente perfetta, nella ristampa della Coelestis Philosophia del 1675 (cfr. M. Fumagalli, "La sorte oraria: il

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vero oroscopo lunare", "Phôs" n. 2, 2001, pp. 10-12, http://www.cieloeterra.it/articoli.sorteoraria/sorteoraria.html – e il testo originale di F. Brunacci e F. M. Onorati, ibid., pp. 13-15).

(3) Cfr. F. I. Haddad, D. Pingree, E. S. Kennedy, "al-Bîrûnî’s Treatise on Astrological Lots", "Zeitschrift für Geschichte der arabish-islamischen Wissenshaften", n. 1, 1990, pp. 9-54. Si tratta in realtà di brani che non si prestano a un’interpretazione certa e univoca. L'Anonimo, viceversa, nel suo commento alla Tetrabiblos, si esprime con ogni probabilità in questo senso quando spiega che la Parte di Fortuna deve calcolarsi come l'oroscopo, prendendo i tempi ascensionali e le ore temporali, e che soltanto così essa può venir definita "oroscopo lunare" secondo il dettame tolemaico (cfr. Cl. Ptolemaei Quadripartitum enarrator ignoti nominis, quem tamen Proclum fuisse quidam existimant [edidit Hie. Wolf], Basileae ex officina Petriana 1559, pp. 111-112). (4) Cfr. G. Bezza in Paolo d'Alessandria, Introduzione all'astrologia. Lineamenti introduttivi alla previsione astronomica, Mimesis, Milano 2000, p. 96, nota n. 1. (5) Mimesis, Milano 1997. (6) Cfr. P. d'Alessandria, op. cit., p. 88; al-Bîrûnî, op. cit., p.

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93. (7) Cfr. R. Zoller, Le chiavi perdute della predizione. Le parti arabe in astrologia, Meb, 1990, pp. 125-215. (8) Quella dei segni – e gradi – "uguali", è una questione teorica di estremo interesse e importanza (cfr. A. Szabó, E. Maula, Les débuts de l'astronomie, de la géographie et de la trigonométrie chez les Grecs, Vrin, Paris 1986, pp. 144, 179-181; G. Bezza, "Una interpretazione della teoria degli aspetti II: genere e qualità dei raggi (parte seconda)", "Schema" n. 4, 1987, pp. 195-196; G. Bezza, Commento al primo libro della Tetrabiblos di Claudio Tolemeo, op. cit., pp. 356, 424, 428). L'ambiguità dell'espressione ha la sua base nella differenza-analogia tra i due moti, da oriente a occidente e da occidente a oriente, della sfera celeste (l'equatore sta al giorno come l'eclittica all'anno). Due sono le possibilità. O si tratta di formule didattico-iterative che indicano i segni tropici, così distinti, espressamente, da quelli stellati ("segni" è un'espressione che conviene tanto agli uni quanto agli altri, anzi soprattutto a questi ultimi, ma solo i primi sono tra loro "uguali"); oppure ci si riferisce al circolo delle ore e alle sue partizioni in gradi equatoriali (per quel che concerne Bonatti quest’ultima ipotesi non è sostenibile: "con le parti vengono usati i gradi uguali (…), dato che le parti si muovono secondo l'asse dell'eclittica, (…) e i gradi dell'eclittica [corsivo mio] sono uguali." – cfr. R. Zoller, op. cit., pp. 128-129). Il calcolo "dotto", peraltro, può venir eseguito in modo abbastanza veloce con l'ausilio di un astrolabio o di una sfera solida e nulla vieta di pensare che proprio questo fosse uno dei sistemi adottati nell'età

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classica. È quanto immagina, del resto, lo studioso di astronomia antica Salvo De Meis relativamente al computo dell’oroscopo e del Medio Cielo (cfr. P. d'Alessandria, op. cit., p. 127). (9) Tolemeo espone, in maniera sintetica, non tutto il corpus della dottrina, ma solo ciò che ritiene certo e fondamentale e, insieme, utile-indispensabile all’esposizione del suo proprio metodo interpretativo. In base a tale principio selettivo egli non si occupa, per esempio, né delle interrogazioni, né delle elezioni e delle stesse sorti considera soltanto quella lunare, neppure accennando a quella del Sole, né a nessun’altra. (10) Cfr., infra, nota n. 3. La sorte non ha alcuna esistenza nel cielo, ma solo nell'ambito della sfera locale (cfr., infra, note nn. 20 e 24), né più né meno dell'oroscopo. (11) M. Fumagalli, I moti del cielo. Tavole di ascensione retta, declinazione, semiarchi, ore temporali, differenza ascensionale, ascensione e discensione obliqua, poli delle case, archi crepuscolari, fasi e calendario delle stelle, a tutte le latitudini terrestri, Cielo e Terra, Milano 2000. (12) Ibid., pp. 61-62.

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(13) Ibid., pp. 71-73. Cfr. Joe Fallisi, "Maradona e l'emisfero australe", http://www.cieloeterra.it/articoli.maradona/maradona1.html. (14) Cfr. C. Tolemeo, Almagesto, Libro II, Cap. 9; A. Tihon, Le “Petit Commentaire” de Théon d’Alexandrie aux Tables Faciles de Ptolémée, Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 1978, pp. 310-312. (15) 360° : 24 = 15°, 15° = 1h, l’ora equinoziale. Cfr. M. Fumagalli, I moti del cielo, op. cit., p. 14. (16) La formula per la trasformazione delle coordinate equatoriali in coordinate eclittiche si trova a p. 7 de I moti del cielo. (17) Ibid., pp. 81-103. (18) Ibid., pp. 291-467. (19) Ibid., p. 23. (20) Ibid., pp. 24-25, 69. "Poiché la sorte, al pari delle stelle

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fisse, non ha un moto proprio nel cielo (…), noi non dobbiamo prendere il suo grado di longitudine eclittica (che è una coordinata della sfera celeste) ma il suo grado di passaggio nella sfera locale." (M. Fumagalli, "Il calcolo delle sorti", op. cit., pp. 82-83). Cfr., infra, nota n. 24. (21) Cfr. M. Fumagalli, I moti del cielo., op. cit., pp. 291-467. "Ascensione Obliqua di un punto P della sfera è l’arco di equatore compreso fra il punto gamma e il punto Est, nell’istante in cui P sorge. Si può anche definire come il grado di equatore che sorge insieme a P. (…) Discensione Obliqua di un punto P della sfera è l'arco di equatore compreso tra il punto gamma e il punto Ovest nell'istante in cui P tramonta. Si può anche definire come il grado di equatore che tramonta insieme a P." (ibid., p. 14). Le Ascensioni o Discensioni Oblique di un punto della sfera celeste calcolate per l'elevazione polare del punto medesimo, ovvero nel suo circolo orario (CH), sono anche dette Ascensioni Miste (cfr. ibid. pp. 24-25). (22) Per l'esplicazione e l'esemplificazione della tecnica v. gli scritti di F. Brunacci-F. M. Onorati e M. Fumagalli citati, infra, nella nota n. 2. A Fumagalli si deve la provvidenziale riscoperta del calcolo corretto delle sorti. (23) Cfr., infra, nota n. 21. (24) Per questa ragione gli unici aspetti che possono

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riguardare le sorti (così come l'Ascendente e il Medio Cielo) sono quelli nel mondo. "Il metodo 'orario' di Brunacci ed Onorati comporta una differenza nel modo di reperire il grado di passaggio della sorte, ovvero quel grado che passa alla medesima distanza oraria della sorte e che viene assunto come riferimento per l'attribuzione delle dignità planetarie. (…) Con il metodo di Placido si deve procedere attribuendo alla sorte la declinazione e la differenza ascensionale della Luna (…). Con il metodo orario non possiamo attribuire alla sorte la declinazione della Luna, anzi, non possiamo attribuire alla sorte alcuna declinazione. La sorte oraria infatti non è un punto della sfera (dotato di ascensione retta e declinazione), ma piuttosto un circolo orario, una distanza misurata secondo il moto delle ore. È in questo del tutto simile all'orizzonte e potremmo definirla un orizzonte relativo alla Luna, un oroscopo lunare appunto. Così come tutti i punti dell'orizzonte distano le medesime ore dal Sole, allo stesso modo tutti i punti dell'orizzonte relativo alla Luna, ovvero tutti i punti della sorte, distano le medesime ore dalla Luna." (M. Fumagalli, "La sorte oraria: il vero oroscopo lunare", op. cit., pp. 11-12, http://www.cieloeterra.it/articoli.sorteoraria/sorteoraria.html) (25) Si tratta, anche in questo caso, dell'importanza primordiale delle fasi della Luna (novilunio e plenilunio, le più significative, contengono in sé e "generano" ogni sviluppo successivo). Direttamente (con le sorti dei luminari) o indirettamente (con le sorti planetarie, tutte formate, anche, da Tychê e Daimôn) è al ciclo luminoso mensile del Sole e della Luna e alle sue passioni che le sorti ermetiche rimandano, ma ancorandolo sempre, in maniera dinamica, a un tempo e a un luogo determinati.

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(26) Cfr. P. d'Alessandria, op. cit., pp. 93, 187. Cfr., infra, nota n. 24. (27) Cfr. P. d'Alessandria, op. cit., pp. 87-88. (28) L’unione del Sole con l’oroscopo, che ha come contraltare quella della Luna con Daimôn/Tychê, è una congiunzione-limite: quando il Sole varca la soglia orientale, id est quando Daimôn si congiunge nel mondo con la Luna divenendo Tychê, termina la notte e si fa giorno. Ovviamente, nella formula, ci si riferisce al giorno come arco temporale che non tien conto della rifrazione. (29) G. Bezza, Arcana Mundi. Antologia del pensiero astrologico antico, vol. II, Rizzoli, Milano 1995, pp. 968-969. Queste le formule ("mondane") di Erôs e Anankê secondo Valente, analoghe, nella loro specularità, a quelle delle sorti dei luminari: * AM Erôs in nascita diurna, ovv. AM Anankê in nascita notturna = AM Daimôn - AM Tychê + AO HOR * AM Erôs in nascita notturna, ovv. AM Anankê in nascita diurna = AM Tychê - AM Daimôn + AO HOR

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(30) Cfr. P. d'Alessandria, op. cit., p. 88. (31) Ibid., pp. 88-89. Qui di seguito le formule "orarie" di queste sorti:* AM Padre in nascita diurna = AM Saturno - AM Sole + AO HOR * AM Padre in nascita notturna = AM Sole - AM Saturno + AO HOR * AM Padre in nascita diurna e notturna (se Saturno è combusto) = AM Giove - AM Marte + AO HOR * AM Madre in nascita diurna = AM Luna - AM Venere + AO HOR * AM Madre in nascita notturna = AM Venere - AM Luna + AO HOR * AM Fratelli in nascita diurna e notturna = AM Giove - AM Saturno + AO HOR * AM Figli in nascita diurna e notturna = AM Saturno - AM Giove + AO HOR

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* AM Nozze in nascita maschile diurna e notturna = AM Venere - AM Saturno + AO HOR * AM Nozze in nascita femminile diurna e notturna = AM Saturno - AM Venere + AO HOR (32) Cfr. Albumasar in G. Bezza, Arcana Mundi, op. cit., pp. 981-997. (33) "La seconda sorte è quella della durata. (…) Quando questa sorte si ritrova ben disposta, significa salute e benessere e avvenenza e durevolezza della prosperità e il ricevere benefici dai viaggi all'estero. Se è afflitta, significa deformità e malattie. E se vuoi sapere se una data questione è duratura o no, osserva la natività dell'uomo o la conversione del suo anno o la sua interrogazione e considera questa sorte: se è angolare o si unisce al signore dell'oroscopo, significa che quella questione è duratura e immutabile, ma se è cadente od afflitta, significa che rapidamente vien meno." (Albumasar, ibid., p. 982) "Se i signori si scambiano i luoghi, ad es. se il signore della sorte di fortuna è nel luogo di basis, basis nel luogo della sorte del Sole, quella del Sole nel luogo di quella della Luna, il nativo è prospero, regale, insigne. (…) Se i signori della sorte del Sole, di quella della Luna, di basis sono idiotopici [angolari rispetto alle sorti medesime], anche così il nativo è prospero. (…) Ugualmente quando Venere signoreggia la

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sorte di fortuna o del Sole o basis ed è orientale e idiotopica. Se il signore è nel luogo di basis e con esso è la Luna, il nativo è prospero e insigne. (…) Se i signori delle sorti dei luminari sono nel luogo di basis e vi è la compresenza del signore <di basis> la genitura è luminosa e gloriosa. Allo stesso modo se il signore di basis e della sorte di fortuna è nel luogo della sorte del Sole unitamente al suo signore. (…) Se il signore della sorte di fortuna è in un buon luogo, mentre il signore di basis o della sorte del Sole è mal posto ovvero mal posto è il luogo accomplitivo [l'11a Casa da Tychê], con il passar del tempo le sostanze scemano." (V. Valente, ibid., pp. 1003-1004) "La sorte del fondamento e dell'incremento e della nettezza è la radice dell'ascendente. (…) Questa sorte mostra la forma del nativo e la salute del suo corpo. Se è libera dalle malefiche ed in un buon luogo significa una forma conveniente, un corpo sano e non viziato ed avrà profitto nei viaggi. Se questa sorte aderisce al significatore del padre, il nativo prende la sembianza del padre, alla madre se aderisce al significatore materno. E quando vuoi sapere di una data questione, se è salda e durevole, osserva questa sorte nella natività o nella rivoluzione o nella figura per la quale stabilisti il grado levante, e se vedi che essa osserva il signore del suo domicilio o del suo confine o ancora è unita ai signori degli angoli o essa stessa è in un angolo o col signore dell'ascendente o da esso osservata, significa la costanza e la durata di quella cosa. Se al contrario fosse lontana dalle condizoni che abbiamo menzionato, significa la rimozione della cosa medesima. E quando significasse costanza e durata essendo fortunata, significa che quella cosa è costante e durevole con beneficio, ma se fosse infortunata, con affanno e pene e dubbi. Allo stesso modo, quando

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significasse la rimozione, giudica del beneficio e del danno nello stesso modo." (Abenragel, ibid., p. 1011) (34) Cfr., infra, nota n. 9. Il calcolo di Tychê nella notte è identico a quello di Daimôn nel giorno. Ritengo che la sorte notturna "tolemaica" della Luna sia, a tutti gli effetti, la sorte notturna del Sole (cfr., infra, nota n. 36). (35) J. Fallisi, op. cit. (36) "E nel giorno la forza più grande è della sorte di fortuna, nella notte della sorte del genio, sebbene non si possa dire che il vigore medesimo che la sorte di fortuna ha nel giorno, anche la sorte del genio ha nella notte, poiché invero quest'ultima è subordinata alla prima." (Albumasar in P. d'Alessandria, op. cit., p. 98) "E questa sorte [la sorte del Sole, ovvero sorte dell’occulto] e la sorte del benessere [ovvero sorte della Luna] sono più eccellenti di tutte le altre sorti e più evidente è il loro significato su ogni cosa, sia assente, sia presente e sul cominciamento delle azioni e dei propositi e nelle rivoluzioni degli anni del mondo e delle natività. E il significato della sorte del benessere è nel giorno più distinto, e ad esso segue quello della sorte dell’occulto, mentre nella notte la sorte dell’occulto ha significato più chiaro, e ad essa segue la sorte del benessere." (Albumasar, La grande introduzione alla scienza dei giudizi delle stelle, VIII, 3, http://www.cieloeterra.it/testi.albumasar.02/albumasar.html)

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(37) "(…) nell'astrologia legata alla tradizione di Ermete, ai sette pianeti corrispondono le sette sorti 'prime ed universali, quelle dei sette astri'. Prime ed universali, in quanto scaturiscono dalla natura prima e assoluta di ciascun astro" (G. Bezza, Arcana Mundi, op. cit., p. 965). "È manifesto invero che la sorte contiene in sé il significato puro e assoluto della natura dell'astro cui è riferita: 'La Luna diviene, per quanto è della sua natura, Tyche, il Sole Daimon…'. Per questo motivo Tolemeo pone la sorte della Luna tra il numero dei possibili afeti in una natività notturna e panselenica, ovvero perché essa contiene in sé una natura che proviene dal Sole e dalla Luna, dunque dai due princìpi vitali ancorché ad essi un terzo se ne aggiunge, l'oroscopo." (Ibid., p. 970) (38) Ibid., pp. 967-968. (39) "Tutto quello che è interessante accade nell'ombra", scrive Céline (Viaggio al termine della notte, Corbaccio, Milano 1992, p. 75). Ed è appunto nella notte, non nel giorno che Daimôn ha la sua forza più grande (cfr., infra, nota n. 36). (40) "Il Sole non va mai osservato direttamente. La visione diretta del Sole a occhio nudo può comportare danni permanenti alla vista, mentre la sua visione diretta con un binocolo o un telescopio porta alla cecità. Il modo migliore per osservare il Sole consiste nel proiettare su uno schermo la sua immagine passante attraverso un binocolo. (…) Il momento migliore per osservare il Sole è al tramonto o

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all'alba, quando la sua luminosità non è così intensa, e possono essere colti maggiori particolari della sua fotosfera." (Stelle e pianeti, a cura di U. Bellini, Giunti, Firenze 1999, p. 47) (41) P. d'Alessandria, op. cit., pp. 87-88. Scrive Paolo a proposito delle altre sei sorti: "(…) Tychê significa tutto ciò che concerne il corpo e le attività nel corso dell'esistenza; è altresì indicativa delle acquisizioni, della reputazione, della dignità. Daimon si trova ad esser signore dell'animo e del comportamento e della mente e di ogni fattibilità, sicché concorre a determinare l'agire. Eros significa i desideri e le brame che scaturiscono dall'impulso, sicché dispone dell'amicizia e del favore. (…) Tolma concorre a mostrare l'audacia e la macchinazione, la gagliardia ed ogni inganno. Nikê significa la fede e la buona speranza ed ogni assemblea e comunanza; concorre altresì a dar mano alle imprese e al buon successo. Nemesis viene dai geni sotterranei e da ogni cosa nascosta alla vista e dispone della <loro> manifestazione, dell'inoperosità, dell'esilio e della rovina e dell'affanno e della qualità della morte." (Ibid., p. 88) (42) Mercurio è associato, per analogia, a due Case agli antipodi in ordine gerarchico: la I e la 6a. La I Casa “(…) Mostra (…) il fondamento e il soffio di vita. In questo luogo la stella di Mercurio si rallegra quando è presente, giacché è pneumatica, in virtù del logos.” (Retorio, in G. Bezza, Arcana Mundi, vol. I, op. cit., p. 238). E, delle tre sorti che le appartengono, quella del raziocinio ed eloquenza, del senno, contempla Mercurio tra i suoi fattori (in nascita diurna = AM Marte - AM Mercurio + AO HOR, in

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nascita notturna = AM Mercurio - AM Marte + AO HOR). "Quanto alla Casa sesta, non si unisce alla prima ed è Casa maligna, in quanto è cadente e sotto l’orizzonte, onde denota le malattie. E poiché è opposta alla dodicesima, che significa i nemici occulti, designa inoltre i servi e le ancelle. (...) Mercurio [significa] i servi ed è come la Casa sesta." (Abraham ibn Ezra, ibid., pp. 213, 218). "Sesto è Mercurio che, per la piccolezza della sua orbita e per la sua prossimità al Sole, sovente retrograda e ancor più spesso è bruciato dalla luce solare e così ottenne il governo delle malattie e della debolezza e di ogni genere di molestie e disagi e inoltre, per il suo incessante andare e venire, svolge la funzione delle fatiche e della servitù." (Albumasar, ibid., pp. 209-210) A loro volta, delle quattro parti relative alla 6a Casa, due sono quelle che vedono la presenza di Mercurio: la sorte delle malattie secondo alcuni antichi, della durata delle malattie (in nascita diurna/notturna = AM Marte - AM Mercurio + AO HOR, formula peraltro identica a quella diurna della sorte del raziocinio di cui sopra) e la sorte dei servi (in nascita diurna/notturna = AM Luna - AM Mercurio + AO HOR). "Grande giovamento", scrive Paolo nel capitolo che precede quello sulle sorti, "apporta il dodecatemorio delle benefiche stelle quando incide nel medesimo segno in cui è il Sole o la Luna o l'astro di Mercurio o quando è presso uno dei quattro angoli o presso la sorte di fortuna o del demone o della necessità o presso la sizigia precedente, sia essa un novilunio o un plenilunio. Infatti, mediante questa osservazione, è possibile distinguere coloro che hanno successo, i longevi, i

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prosperi. Allo stesso modo, se il dodicesimo delle malefiche stelle cade nel segno in cui è il Sole o la Luna o l'astro di Mercurio o presso uno dei quattro angoli o presso la sorte di fortuna o del demone o della necessità o presso la sizigia precedente, sia essa un novilunio o un plenilunio, rivela gli indigenti, coloro che difficilmente acquisiscono, gli sciagurati e talora quelli che han vita breve o morte violenta o che sono schiavi delle passioni o che sono malaticci." (P. d'Alessandria, op. cit., p. 82) Ananke, la sorte della necessità, è dunque uno dei luoghi fondamentali di ogni genitura. Più che al Mercurio "pneumatico" in gioia nella I Casa, essa sembra rimandare al travagliato Mercurio cosignificante della 6a. (43) F. Nietzsche, Genealogia della morale. Uno scritto polemico, Adelphi, Milano 1992, pp. 73-75.

(44) Anankê è strettamente connessa a Nemesis come il concetto di necessità a quello di giustizia distributiva e compensativa, "punitrice di quanto, eccedendo la giusta misura, turba l'ordine dell'universo." (Vocabolario della lingua italiana, vol. III*, Treccani, Roma 1989, p. 385) Così Mercurio e Saturno, pianeti entrambi freddi e secchi (l'uno moderatamente freddo e secco e più secco che freddo, l'altro freddissimo e secchissimo), cui spetta l'umore della bile nera (cfr. al- Bîrûnî, op. cit., pp. 56, 63 – si noti anche l’armonia fra i segni dei rispettivi domicili: l’Acquario, domicilio lunare di Saturno, è in trigono coi Gemelli, domicilio lunare di Mercurio; la Vergine, domicilio solare di Mercurio, è in

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trigono con il Capricorno, domicilio solare di Saturno). Per quanto riguarda l’inversione del calcolo a seconda che la nascita sia diurna o notturna, ecco la limpida spiegazione di Albumasar, basata sulla "forza" che proprio l’hairesis conferisce agli astri: "Si deve sapere che una sorte non si estrae se non da due significatori che significano su una cosa sola per significazione naturale. Ora, quando vi sono due pianeti che sono concordi nel significare una cosa sola ed uguali nell’agire bene, e però uno di essi fosse in dati tempi più forte dell’altro quanto alla sua hairesis, noi cominceremo <il computo> in quel tempo da quello dei due pianeti che è più forte in quanto all’hairesis. Poniamo, a questo proposito, il Sole e Saturno, che sono per l’appunto concordi nel significare la condizione del padre, e uguali per la loro hairesis, poiché entrambi sono diurni. Nondimeno, il Sole è nel giorno più forte e pertanto, nell’estrazione della sorte del padre, dobbiamo cominciare, nel giorno, dal Sole. In seguito, posto che vi sia concordia nel significare la medesima cosa, come nell’esempio predetto, ma uno degli astri fosse diurno, l’altro notturno, cominceremo nel giorno dal diurno, nella notte dal notturno. Ad esempio, il Sole e la Luna concordano nel significare il benessere, e però uno di essi è diurno e l’altra notturna. E pertanto, nell’estrazione della sorte del benessere [ovvero sorte della Luna], cominceremo nel giorno dal Sole che è diurno e nella notte dalla Luna che è notturna.

Quando poi accade che l’uno di essi sia più forte dell’altro nel significare, inizieremo, sia nel giorno, sia nella notte, dal più forte. Se poi il significato fosse sia nella casa (burj) che nel suo signore in modo uguale, inizieremo per lo più dal signore della casa (burj) fino al grado della casa: la casa

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invero è confortata nel suo significare dal significato del pianeta e della cosa che gli è inerente; può nondimeno accadere che si inizi dalla casa quand’essa ha più forza nel significare. In seguito, entrano in compartecipazione con i <due> significatori l’ascendente o dati luoghi del circolo o dati pianeti secondo necessità. (…) Prima fra le parti è quella che si estrae dal Sole e dalla Luna (…). Ora, poiché il Sole è luminare del giorno e la Luna luminare della notte, <gli antichi> computarono questa sorte cominciando, nel giorno, dalla fortuna diurna, la quale è il Sole, fino alla fortuna notturna, che è la Luna (…); di notte dalla Luna notturna al Sole diurno". (Albumasar, La grande introduzione alla scienza dei giudizi delle stelle, op. cit., http://www.cieloeterra.it/testi.albumasar.02/albumasar.html)

(45) Cfr. Aristotele, Fisica, II, 3, 7; Aristotele, Metafisica, I, 3. (46) Albumasar, La grande introduzione alla scienza dei giudizi delle stelle, op. cit., http://www.cieloeterra.it/testi.albumasar.02/albumasar.html. (47) "Colui dal quale parte la proiezione per gradi", secondo la definizione di Bonatti (cfr. R. Zoller, op. cit., p. 128). "Quanto all'oroscopo, dirige, essendo rispetto a codeste sorti nel mezzo, costituito come ritmico movimento del cosmo intiero.” (P. d’Alessandria, op. cit., p. 87) “Nella divinazione

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mediante le sorti i kleroi, piccoli sassi o ramoscelli, venivano gettati a terra o su una tavola consacrata, o scossi entro un'urna, o posti in una coppa debordante o gettati in una fonte o in una bacinella d'acqua predisposta. Allo stesso modo l'astrologo getta la sorte a partire dal grado che sorge, fondamento, o meglio ritmico movimento (basis) della sfera stellata, giudice mediano, che significa la vita e l’origine delle cose. Ecco pertanto che tutti gli astrologi di lingua greca esprimono il gesto del cleromante, ovvero il lancio delle sorti, con la parola appropriata: ekbàllein, gettare, lanciare." (G. Bezza, Arcana Mundi, op. cit., pp. 969-970)

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Tychê e Daimôn allo

specchio “Il demone presiede ai nostri movimenti interni e la fortuna

fa sì che giungano a compimento, nei loro tempi, le conseguenze di questi movimenti.” (Proclo)

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Il dato di fatto storico, incontrovertibile (a meno che giungano nuove acquisizioni dalle biblioteche... dagli scavi), è che Tolemeo è l'unico tra i Maestri antichi ad esaurire il discorso sulle sorti occupandosi soltanto di quella di Fortuna e, insieme, indicandone espressamente un calcolo uguale così per il giorno, come per la notte. Di certo, egli non poteva non conoscere l'enorme edificio che si era andato (e si stava ancora) formando. Esso aveva come "basi" le sette sorti cosiddette ermetiche – essenzialissime quelle della Luna, del Sole, e poi di Mercurio e di Venere –, le ultime cinque "generate" dalle prime due in connubio con gli astri erranti. Attraverso una grande varietà di combinazioni (a volte, peraltro, identiche tra loro) ne germinavano innumerevoli, riferite ai dodici luoghi, ma non solo. Che di tutti gli argomenti fondamentali dell'astrologia la Tetrabiblos costituisca un compendio

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grandioso, e però assai stringato (a volte persino dolorosamente avaro: si pensi all'assenza completa di qualsivoglia riferimento alla domificazione - di cui tuttavia si parla nell’Almagesto - o al fatto che non siano minimamente trattate né le interrogazioni né le elezioni(1)), non v'è dubbio. Le congetture possibili sono tre. O Tolemeo ritenne fosse solo importante Tychê, la sorte della Luna e del corpo; o, pur scrivendo di questa sola parte, presuppose al contempo l'esistenza (e la rilevanza) anche di Daimôn, computato a sua volta senza inversione di calcolo; oppure quella che egli nominò come Tychê notturna significava, per lui stesso, il Daimôn nella notte della tradizione. Io opto in favore di quest’ultima ipotesi, che presenta il vantaggio di vedere anziché divisi uniti i grandi artisti, cosa più verosimile del suo contrario.

Egli sapeva bene che la parte della Luna "vive" con quella del Sole, di cui è l'opposto speculare; e la descrisse proprio in quanto rappresentante "fisico" di questa prima,

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indissolubile coppia, da cui procedono tutte le altre sorti. Ci si può chiedere perché sia stato privilegiato il lato lunare, cioè umido, manifesto, corporeo, materiale, rispetto a quello solare, secco, recondito, che attiene allo spirito, alla forma. La risposta è in una lunga tradizione di origine, prima ancora che aristotelica, misterica, che poi sarebbe stata ribadita dall'arte astrologica rinchiusa nella prigione giudaico-cristiana: del principio spirituale non conviene parlare né predire; delle fattezze, dei moti e del destino del corpo, sì. In realtà, anche allora era chiaro che si trattava di un complesso psico-fisico, che poteva sciogliersi e separarsi solo in momenti specialissimi (estasi, fasi specifiche dell'iniziazione, sogni particolari) e da ultimo, per sempre, con la morte. Le vicende quotidiane del corpo implicano, indissolubilmente, quelle dello spirito; scrivere della Luna e della sua quintessenza, Tychê, significa occuparsi anche del Sole e di Daimôn. Di quest'unicum, le sorti dei luminari forniscono due visioni differenti, proprio come di un'entità osservata e indagata da due punti di vista diversi (da

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due distanze diverse), ma sempre in quanto unità. Si pensi al calcolo e agli elementi che lo compongono. Esso è identico per entrambe, salvo l'inversione dei fattori, che tuttavia restano i medesimi.

Nella concezione antica Sole e Luna, Padre e Madre celesti, non sono entità aliene che si scontrano, bensì "cause" originarie che si rispecchiano e si amano. Ed è perciò che del ciclo della lunazione si focalizzano-cristallizzano i punti principiali, plenilunio e novilunio(2). Sappiamo come gli artisti abbiano costantemente avvertito (ricordo Albumasar)(3) non solo che il computo di ciascuna si rovescia ad ogni passaggio dalla luce alle tenebre, ma che l'importanza stessa delle due varia, se nel giorno o nella notte. E cioè come la sorte lunare sia più efficace, più "parlante", nella luce, mentre nel buio il primato appartenga a quella del Sole. Come dire: regno della Luna è la notte, ma è nel giorno che il corpo si mostra; regno del Sole è il giorno, ma è nella notte che le qualità più intime dell’animo si possono comprendere e

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manifestare. Di notte Tychê "non cambia" solo nel senso che diviene Daimôn, che dei misteri della notte (dell'animo, di tutto ciò che è interno, implicito, non manifesto) è espressione, così come, in perfetta simmetria, la Parte di Fortuna lo è dell’apparenza diurna (del corpo, di quanto è esterno, esplicito, evidente): entrambe sono le immagini rovesciate e complementari l'una dell'altra, pur mantenendo sempre la loro natura propria. Non ci può essere l'una senza l'altra (“il demone presiede ai nostri movimenti interni e la fortuna fa sì che giungano a compimento, nei loro tempi, le conseguenze di questi movimenti”, Proclo(4)) e, insieme, l'una si trasforma nell'altra non appena dall'emisfero illuminato si passa a quello notturno.

In questa metamorfosi perpetua consiste il motivo stesso, e la necessità, dell'inversione di calcolo. Tychê e Daimôn richiamano sempre il ciclo della lunazione, ma ancorandolo in modo dinamico a un orizzonte e a un tempo dato. Perciò sono esse

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stesse "quasi" come oroscopo, cioè soglia, limite specifico, meta (telos) cui Sole, Luna e pianeti ascendono. Attribuir loro, nell’arco diurno-notturno, le qualità di progressivo incremento/decremento del caldo, del freddo, del secco e dell'umido è un raddoppiare la caratterizzazione che già spetta durante il mese (e solo conviene) alle diverse fasi della Luna, così bene indagate dagli antichi. Esprimono, sì, il ciclo sinodico, ma "tradotto" nella lingua del moto orario, che è il loro unico ambito di esistenza e che è poi quello che invera (rende vivo, attuale e palpitante) ogni possibile(5). Ora, si dice che le due sorti racchiudano il "segreto" dei luminari ancor più della posizione nei segni e nelle Case di questi ultimi. Forse perché si intende che l'essenza vivente, il senso finale di entrambi risiede nel rapporto generativo. La Luna ha la sua verità più intima nell'unione (diversificata in ogni istante e per ogni orizzonte) con il Sole, e viceversa. E questo abbraccio celeste genera tutti i mondi. Perciò le altre cinque sorti ermetiche (e per Anankê ed Erôs intendo quelle del Panaretos) possono esistere e si

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"compongono", sempre, sulla base di questo medesimo rapporto.

Il luminare del giorno, o per meglio dire la sua fiamma intima, ardente e pura (Daimôn), riesce meglio a penetrare le attitudini segrete, i proponimenti, i misteri, quel che ancora è invisibile, ciò che l'individuo è realmente e sarà; il luminare della notte, ovvero, anche qui, la sua essenza, per antonomasia generativa (Tychê), ci fa soprattutto vedere lo sbocciare concreto, il maturare e il corrompersi del corpo e della salute, le sue vicende, le sue alterne fortune. Tolemeo decise di nominare una sola delle due parti, quella lunare. Ecco perché raccomandò di computarla sempre allo stesso modo. La "sua" Tychê, di notte, altro non è che il Genio notturno. E in effetti un’unica formula (AM Luna - AM Sole + AO Hor), ma in tempi diversi, dà sempre come risultato la sorte tra le due più efficace.

Parte di Fortuna nel giorno e Daimôn nella

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notte sono in grado di fornire indicazioni non solo relativamente al loro specifico dominio (il corpo, lo spirito), ma su tutto, risultando, luna e l’altra, "composte" esattamente degli stessi fattori e nell’identica sequenza. Paradossalmente, l'unicum psico-fisico può esser visto "meglio", in maniera più distinta, nel giorno dalla sorte del luminare della notte, nella notte dalla sorte del luminare del giorno(6). In questo secondo caso si avranno indicazioni sull'evolversi futuro anche del "corpo", del "fisico". Solo che tutto ciò sarà "sentito", "vissuto" in modo e per un tramite più "soggettivo", quasi come profezia, illuminazione, e riveleranno di certo, gli avvenimenti "esteriori", una relazione più chiara con quelli interiori. Due fiammelle virtuali parimenti dotate di caratteristiche afetiche e concorrenti a splendere in un unico fuoco sono le sorti dei luminari.

Come infine sia "naturale" che il calcolo s'inverta quando si passa, drammaticamente, dal regno della luce a quello delle tenebre, lo mostra, per analogia, l'hairesis degli astri

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della fazione lunare – il cui "capo" è luminare-signore dell’emisfero notturno –, che nella notte è rispettata solo se essi si trovano in quello... diurno; mentre gli astri del partito solare risultano meglio posti non sopra ma sotto l’orizzonte, secondo un rovesciamento di prospettiva e una regola di compensazione essenziale-inevitabile. Per induzione logica, che Tolemeo intendesse proprio quel che sostengo io a mio parere lo si evince considerando che: 1) egli è l'unico a dire che il calcolo non cambia e, insieme, a parlare di una sola delle due (e numerosissime altre) sorti; 2) nello stesso tempo non può non conoscere la costruzione antica, venerabile e da tutti i Maestri accettata (quanto meno) delle sette sorti planetarie (le ultime cinque a immagine e somiglianza delle prime due) e come, di ognuna di esse, l'unico possibile calcolo sia considerato quello che inverte i fattori quando dal giorno si passa alla notte.

Se si concorda su queste premesse, è naturale concludere ch'egli intenda, con la "sua"

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Tychê notturna (uguale a quella diurna), esattamente il Daimôn notturno (opposto a quello diurno) di tutti gli altri astrologi. Tolemeo decise di citare e di includere, nella sua sintesi-metodo, solo e unicamente, fra tutte le sorti, quella della Luna (che, essendo speculare e complementare a Daimôn, risulta così, proprio in quanto unica, "rappresentante" sempre di un binomio), ma proprio perciò, a mio giudizio, è altissimamente improbabile che la sua Tychê notturna non indichi il Genio notturno degli altri Maestri.

D'altronde, poiché non esiste Tychê senza Daimôn (allo stesso modo in cui non vi è la Luna senza il Sole o il corpo di un vivente senza il suo animo), se la prima, e di conseguenza Daimôn, nella notte non mutasse, lo stesso dovrebbero fare, sempre e necessariamente, le altre cinque e tutte quelle nel cui computo Tychê e/o Daimôn intervengono(7). Nessuno ha mai testimoniato in questo senso.

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NOTE (1) "E’ stato osservato che i vari aforismi che trattano delle interrogazioni ed elezioni o laddove appaiono i loci, tòpoi, della genitura, o i decani, sono estranei al quadripartitum tolemaico. Vi è da notare che questo fatto non è parso, ai lettori del Medioevo, una contraddizione. Pietro d’Abano, nel Lucidator dubitalium astronomiæ (Vescovini 117), osserva che se Tolemeo, nel quadripartitum, non ha trattato delle interrogazioni ed elezioni, è perché le ha considerate deboli, non già che le ha condannate o rifiutate. E questa è la medesima opinione di Ibn Ridwân nel suo commento. D’altra parte, non di tutti gli astrologi greci di cui conosciamo i nomi e le opere possiamo dire che abbiano scritto di elezioni od interrogazioni. È questo il caso di Vettio Valente, Retorio, Trasillo, eccetera. E non per questo possiamo dire che Valente, Retorio, Trasillo condannassero o rifiutassero questo ramo della previsione. Conviene qui ricordare un’osservazione di Germaine Aujac, ovvero che in Tolemeo il non detto non ha minor significato di ciò che è detto." (Giuseppe Bezza, "A proposito del Centiloquium pseudo tolemaico", "Phôs", n. 7, dicembre 2003, p. 2, http://www.cieloeterra.it/phos/phos07x.pdf) (2) Così, in ogni tema astrologico, quando si verifica la Luna Piena e la Luna Nuova, Tychê e Daimon si trovano congiunte (sono, anche visibilmente, quell'unicum) – nel primo caso all'angolo occidentale, nel secondo

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all'oroscopo. Un fenomeno analogo si registra in relazione al moto diurno. Scrivevo ne "La dea bendata" (nota n. 28) a proposito del sorgere solare: "L’unione del Sole con l’oroscopo, che ha come contraltare quella della Luna con Daimôn/Tychê, è una congiunzione-limite: quando il Sole varca la soglia orientale, id est quando Daimôn si congiunge nel mondo con la Luna divenendo Tychê, termina la notte e si fa giorno. Ovviamente, nella formula, ci si riferisce al giorno come arco temporale che non tien conto della rifrazione". Delle due "soglie teoriche", l'orizzonte orientale rappresenta, insieme, il termine della notte e l'inizio del giorno, l’orizzonte occidentale il concludersi del giorno e, insieme, l'avvicendarsi della notte. Dunque, come illustrazione della formula (semplice schema teorico esplicativo), si può anche dire che nell'istante in cui l’AOCH del Sole si identifica con l’AO dell'oroscopo la sorte (notturna) di Daimôn diviene quella (diurna) di Tychê, ed è in quel preciso momento che dalla notte si passa al giorno. Tychê e Daimôn (al contrario di Erôs e Anankê del Panaretos, così come di ogni altra coppia di sorti non immaginarie), in realtà, come ho detto, sono le due facce della medesima unità. "Privilegio" che può spettare a loro soltanto, poiché esprimono, nell’ambito del moto delle ore, la relazione che lega indissolubilmente la Madre e il Padre celesti. D'altra parte, se si rifiutasse (per Daimôn nella notte) "a Sole cong. a HOR corrisponde Luna cong. a Daimôn", altrettanto si dovrebbe fare (per Tychê nel giorno) con "a Luna cong. a Tychê corrisponde Sole cong. a HOR", perché anche in questo caso si dovrebbe dire che l’unione della Luna con Tychê avviene prima che il Sole oltrepassi la fatidica soglia dell'oroscopo. Ma così sarebbero invalidate tout court sia Tychê, sia Daimôn. In

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realtà, le due proposizioni esprimono, in modo efficace, questa situazione paradossale e unica: proprio quando (e solo quando) finisce la notte (e dunque inizia il giorno) la Luna risulta congiunta alla sorte del Sole, che però, in quel preciso istante, può essere denominata (diviene) sorte della Luna stessa. Appunto: Tychê e Daimôn rinviano ad un unicum. Perché il risultato sia conforme allo svolgimento delle formule, occorre attribuire valore zero all'altezza del Sole sull'orizzonte. Esempio (con, appunto, altezza del Sole sull'orizzonte = 0): 9 febbraio 2007, Milano (lat. geoc. 45°16', long. 9°12'), 6h39m9s: Sole, 20°7' Acquario, 337,97 AOCH Hor, 20°7' Acquario, 337,969 AO Luna, 7°39' Scorpione, 204,74 DOCH

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Tychê, 8°28' Cancro, 111,2005 AM Daimôn, 3°10' Scorpione, 204,7370 AM 9 febbraio 2007, Milano, (lat. Geoc. 45°16', long. 9°12'), 6h39m10s: Sole, 20°7' Acquario, 337,97 AOCH Hor, 20°08' Acquario, 337,973 AO Luna, 7°39' Scorpione, 204,74 DOCH Tychê, 3°10' Scorpione, 204,7410 AM Daimôn, 8°28' Cancro, 111,2048 AM Come si vede, al sorgere del Sole, i gradi equatoriali della Luna e di Tychê arrivano a coincidere. Quella che, fino a un secondo prima era la sorte del Genio, passa il testimone a, diviene, la sorte di Fortuna (e viceversa).

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L'osservazione dei fenomeni luminosi che presenta la volta celeste è senza dubbio imprescindibile. E' stata fin dai primordi, e dev'essere ancora, il fondamento dell’arte. Ma si tratta solo della base di partenza. Tutta l'elaborazione astronomica e il conseguente apparato interpretativo astrologico rappresentano il superamento del puro dato fenomenico, una sua rielaborazione astratta, una conquista intellettuale insieme matematica e filosofica, al di là delle apparenze. Non a caso, infatti, l'importantissimo fenomeno della rifrazione (sempre riscontrabile durante il giorno, quasi come perenne "Velo di Maya") era già conosciuto e studiato dagli antichi. Tolemeo, per esempio, ne tratta diffusamente nella sua opera sull'ottica e nello stesso Almagesto. Il Sole che vediamo sopra l'orizzonte prima che sia effettivamente sorto ha la stessa consistenza delle isole montagnose che possono comparire di fronte alle navi, facendo incautamente gridare "terra, terra!", per effetto del miraggio cui è stato dato il nome di "Fata Morgana" (in entrambi i crepuscoli, quando la luce del Sole deve attraversare uno strato d'aria più spesso, la rifrazione atmosferica comporta all'orizzonte due effetti illusori: il disco solare sembra più grande e leggermente schiacciato e, insieme, risulta visibile già poco tempo prima che sorga e ancora poco dopo che tramonti, fenomeno che rientra nei ‘miraggi superiori’ - cfr. A. Frova, Luce colore visione, Rizzoli, Milano 2000, pp. 243-244). L'adozione conseguente del criterio basato solo sulle apparenze luminose immediate, perfino illusorie, condurrebbe a risultati grotteschi, ad aporie micidiali. Qualche esempio. Poiché Mercurio non è visibile se non ai crepuscoli, assai basso sull'orizzonte, in quei pochi giorni dell'anno in cui non sta acquattato dietro al Sole, dovremmo quasi

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sempre dichiararlo "inesistente" ai fini dell'interpretazione astrologica, né più né meno di quanto già facciamo, sempre, per Urano, Nettuno, Plutone e gli asteroidi o le stelle fisse invisibili a un determinato orizzonte. Ancora. Venere, il pianeta più sfavillante, si può contemplare al massimo per due o tre ore prima del sorgere o dopo il tramonto del Sole. Negli altri momenti della giornata non se ne potrebbe tener conto. Anzi, di tutti gli altri astri in generale non si potrebbe tener conto di giorno, eccetto che del luminare diurno. Il quale, a sua volta, non ci "direbbe" nulla di notte. E l'oroscopo, in qualunque tema l'elemento fondamentale e più specifico, e, allo stesso modo, tutti gli altri fattori legati alla domificazione o comunque fittizi (cuspidi, sorti, nodi… gli stessi segni immateriali!), essendo invisibili, non avrebbero nessuna rilevanza – ricordo un'osservazione di Cavedon per niente malevola e del tutto comprensibile sulla sua bocca: "Un altro dubbio mi viene quando penso che l'ascendente è l'intersezione di un cerchio osservabile materialmente (quello dell'orizzonte) con un cerchio astratto (quello dell'eclittica); potrei magari accettare che qualche astro emani radiazioni capaci di influenzare la mia vita, ma non mi sembra molto verosimile che la mia salute o i miei sentimenti vengano influenzati da qualcosa che non esiste." (M. Cavedon, L'ABC dell'astronomia, Mondadori, Milano 1999, p. 92) In realtà, l'astrologo osserva e registra con ammirazione sconfinata, con venerazione, il tripudio di luci che gli offre il cielo, ma poi chiude gli occhi, pensa, cataloga, seleziona, distingue, deduce, calcola e prevede i cicli luminosi degli astri, nomina, crea.

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(3) Cfr. http://www.cieloeterra.it/testi.albumasar.02/albumasar.html. E' sempre bene tener presente in che considerazione avessero tutti quanti gli autori classici il divino Tolemeo (considerato "principe degli astrologi") e come la sua opera fosse, per secoli e secoli, intimamente studiata, conosciuta e commentata fin nei minimi particolari. (4) 291.20, ed. Diels. "Comme en effet le daimôn préside sur nos mouvements du dedans et que la fortune fait s'accomplir en leur temps les conséquences de ces mouvements (...) On dit que le daimôn est quelque chose qui appartient en propre à chaque individu, et que la fortune est le pilote qui gouverne la vie de chacun. Que le daimôn d'une part soit l'un de ceux qui chez le théologiens sont appelés démons angéliques je l'ai dit plus haut. C'est pourquoi le prophète l'a fait présider sur les âmes, ce prophète dont nous avons montré qu'il est un ange. Quant à cette fortune-ci, il n'est pas exact de la dire une déesse, puisqu'elle correspond au daimôn, mais de toute façon on doit dire qu'elle est démonique, et qu'elle se distingue du daimôn dans la mesure où l'un a tutelle sur les mouvements du dedans, l'autre sur ceux qui se portent vers le dehors. (...) Ce daimôn-là en revanche, que nous nommons notre daimôn particulier, et la fortune président tous deux à des types d'existence humains qui sont tantôt bien partagés tantôt le contraire, à des formes générales de vie tantôt meilleures, tantôt pires, et c'est en vertu de notre choix de vie qu'ils gouvernent tout ce qui appartient à ces vies. Sauf que le

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daimôn, en tant qu'ayant sous sa tutelle un type d'existence dont il est le surveillant, dirige l'individu qui a choisi ce type-là, par exemple une vie tyrannique ou royale, tandis que la fortune, présidant sur les circostances attribuées par le Tou, en tant qu'elle a affinité avec l'ordre universel qui fixe ces circostances-là pour le vies, est tantôt l'une, tantôt l'autre pour un même individu: quant à la multiplicité des sortes de fortune et à leurs différences, elle ne dépend pas des caractères de la vie choisie, mais des ascensons dans le Tout. Si, au lieu du Tou, tu veux qu'on t'indique une cause particulière, disons que ce qui détermine le daimôn c'est le soleil, ce qui détermine la fortune c'est la lune. C'est pourquoi les sorts du daimôn et de fortune se laissent découvrir dans nos génitures à partir de ces dieux, comme le savent clairement ceux qui sont versés dans l'astrologie." (Proclus, Commentaire sur la République, trad. Festugière, III, Paris 1970, pgg. 249, 256, 257) (5) Mentre il Sole e la Luna sono corpi astronomici, le sorti rappresentano circoli della sfera locale che si producono e scompaiono ad ogni istante e orizzonte. Il ciclo solilunare è reale, visibile, mensile e indifferente alle latitudini terrestri; Tychê è invece un'entità virtuale, invisibile, legata all'attimo delle 24 ore e riferita, sempre e solo, a un determinanto luogo. E così pure Daimôn e tutte le altre sorti. (6) Il paradosso primo è che la sorte lunare ci parli delle vicende manifeste (alla luce del Sole), la sorte solare di

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quelle intime e segrete (alla luce della Luna). (7) L’adozione del calcolo invariato nel giorno e nella notte di Tychê e di Daimôn – che ha come sua base la presunta esistenza di un Daimôn "tolemaico" – comporterebbe, nella notte, rispetto ai cataloghi tradizionali ribaditi con lievissime modifiche nel corso dei secoli, la discrasia-vanificazione delle seguenti 18 sorti: di Saturno di Giove di Marte di Venere (Erôs del Panaretos) di Erôs (ermetica) di Mercurio (Anankê del Panaretos)

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di Anankê (ermetica) del fondamento (I Casa) di chi viene promosso (X Casa) del comprare e del vendere (X Casa) della potenza (11° Casa) dell’amicizia e inimicizia (11° Casa) della notorietà (11° Casa) del successo (11° Casa) dei desideri (11° Casa) del trionfo

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degli uomini obesi e macilenti dell’astuzia, inganno e frode Fra di esse vi sono quelle planetarie, da tutti gli autori ritenute seconde, quanto ad importanza, solo alla sorte di Fortuna e alla sorte del Genio.

POST SCRIPTUM

Da: Marco Fumagalli Data: Fri, 08 Dec 2006 01:18:55 +0100 A: Joe Fallisi, (…) Oggetto: Noi ce ne saremmo accorti? Andate sul sito

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http://www.astrology-and-science.com/ alla voce Murder Che dite, ci guardiamo la figura di John Gacy, un serial killer che hanno presentato in forma anonima a cinque astrologi, i quali hanno confermato che di lui c’era da fidarsi? (…) Marco Da: giuseppe bezza Data: Fri, 8 Dec 2006 09:12:53 +0100 A: Marco Fumagalli Cc: Joe Fallisi, (…) Oggetto: Re: Noi ce ne saremmo accorti? Quando si vede una nascita al novilunio, con Tyche e Daîmon all'oroscopo e Marte (unito a tolma, e signore dell'applicazione della Luna) che li osserva dall'angolo del tramonto, non si può dire nulla di buono sulla fiducia. Proporremo la figura al prossimo incontro dell'Umanitaria, alla cieca. (…) Giuseppe

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Da: Joe Data: Fri, 08 Dec 2006 14:17:06 +0100 A: giuseppe bezza, Marco Fumagalli Cc: (…) Oggetto: Re: Noi ce ne saremmo accorti? Ma, scusate, com'è possibile, persino per degli astrologi moderni, dire le castronerie serafiche e così americanamente ottimiste (good, lucky guy) riportate nell’articolo (http://www.astrology-and-science.com/) relativo al serial killer John Gacy (nato il 17 marzo 1942 a Chicago – 41°52’N, 87°39’W – alle ore 05:49 GMT)? Il piccolo malefico, M° della 5° e della 12°, congiunto a Sirio e a Bellatrix, è sulla punta della VII Casa (“crea cattive unioni, fa soffrir di fremiti”, Arcana Mundi, I, p. 265, “crea cattive nozze o nozze con servi”, ibid. – tanto più che il M° della VII è “irradiato da astri malefici”, ibid.: Mercurio, signore dell’animo razionale, congiunto alla sua propria sorte, Ananke – che quindi ne condivide gli aspetti mondani(1) –, in esilio e in caduta e nella triplicità di Marte, è in quadrato applicante a Marte, che a sua volta si trova nel domicilio, nella triplicità e nei confini di Mercurio); ed è quadrato non solo da Mercurio nello zodiaco, ma

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anche, in mundo, dai due luminari, entrambi in IV Casa(2), nella triplicità di Marte e nei confini di Saturno (“Se Mercurio impone la decima a Marte, fa i duri e i violenti, i malfattori, i rapaci, gli insidiatori [!!!!!!!], i traditori, i calunniatori, che spogliano coloro in cui si imbattono [!!!!!!]”, ibid. p. 374; “Se il Sole impone la decima a Marte è funesto sia al padre, sia al nativo: porta infatti numerosi rovesci e priva delle proprietà. E a coloro cui arreca l’alienazione della mente, a costoro indebolisce anche la vista.”, ibid. p. 368; quanto allo sguardo quadrato della Luna, signore dell’animo irrazionale, verso Marte, Arcana Mundi non riporta interpretazioni, ma è facile immaginarsele). Il grande malefico, poi, situato nei propri confini, oltre a trovarsi nel sesto luogo, il che pure non è affatto entusiasmante (“in una natività notturna produce il venir meno del patrimono paterno e dà pericoli e insidie da parte dei servi. Alcuni hanno infermità.”, ibid., p. 262), è anch’esso quadrato come Marte da Mercurio, e non solo nello zodiaco, pure nel mondo (“figura assai ostile, recide i propositi, arreca difficoltà nelle azioni e chi nasce è sottoposto ad altri. Indica inoltre i maldicenti (...)”, ibid., p. 336 – la sovreminenza di Mercurio toglie a detta figura solo un po’ di “malizia”, ibid.).

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Il signore dell’animo irrazionale e quello dell’animo razionale, il primo in Casa cardinale (IV), il secondo in Casa declinante (3°), entrambi in Pesci – e dunque Mercurio nel proprio esilio e nella propria caduta –, condividono lo stesso domicilio (M° Giove), la stessa esaltazione (M° Venere) e la stessa triplicità (retta da Marte/Venere); quanto ai loro confini, quelli della Luna sono sotto la signoria di Saturno, quelli di Mercurio governati da Venere. Per ciò che concerne le figure, la Luna, che si separa dalla congiunzione col Sole e si applica, crescente di luce e discendente per latitudine, all’esagono con Marte(3), non ha aspetto ed è in renuntio con Mercurio, è congiunta nello zodiaco e nel mondo e parallela per declinazione al Sole, sestile nello zodiaco e quadrata nel mondo con Marte, quadrata nel mondo con Giove, sestile nello zodiaco e nel mondo con Saturno, quadrata nel mondo con l’oroscopo e con Daîmon; Mercurio, orientale al Sole, veloce e visibile, è in parallelo di declinazione e in receptio-remuneratio con Venere, quadrato nello zodiaco e in receptio-remuneratio con Marte, trigono nel mondo e in receptio mutua, largitio e remuneratio con Giove, quadrato nello zodiaco e nel mondo con Saturno. Entrambi i significatori dell’animo (tra i quali prevale la Luna, in quanto angolare,

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crescente e signore del giorno) e il loro comune dominatore (in esilio e occidentale, veloce e visibile e connesso col Sole – il luminare diurno si trova nel domicilio di Giove e con Giove è in quadrato nello zodiaco e nel mondo) sono in segni bicorporei. Parte di Fortuna e Parte del Genio, infine, l’una in Sagittario in 12° (ma da considerarsi, per distanza oraria, in I), l’altra sempre in Sagittario in I Casa, sono entrambe rette da Giove e opposte a Marte – e quadrate dal Sole (Daîmon anche dalla Luna e opposto a Giove e a Tolma). Il grande benefico, che è in VII, governando la I e la IV Casa, e si spartisce, in posizione nettamente primaria, la signoria dell’Almuten e del temperamento con Marte, è in parallelo di declinazione e congiunto, sì, a quest’ultimo (e tuttavia anche ad Algol); ma né quest’aspetto, né il trigono con Venere (e, nel mondo, quello con Mercurio) possono contrastare efficacemente le indicazioni sfavorevoli(4). Concedono una certa autorità e gagliardia, fanno l’uomo d’azione, perspicace, attivo, energico, con appoggi e protezioni, di “buon nome”, di bel viso e di bella apparenza... Ma dietro la quale può celarsi, appunto, John Gacy.

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NOTE (1) Quadrato con Saturno, trigono con Giove. (2) “I genitori muoiono di cattiva morte o divengon ciechi o precipitano", ibid., pp. 254-255 – possibilità, aggiungo io, a maggior ragione probabile essendo la Luna, signore del giorno e contro-hairesis, M° dell’8° in IV Casa. (3) “La Luna che si separa dal Sole porta bruciature al corpo e quanto accade per il fuoco. (…) Se i due luminari fossero afflitti dalla testimonianza di Marte e di Saturno fanno i furiosi e i folli [nel tema in questione sia il Sole sia Luna hanno rapporti con entrambi i malefici: la Luna è sestile, nello zodiaco e nel mondo, con Saturno e sestile nello zodiaco e quadrata nel mondo con Marte; il Sole è anch’esso sestile nello zodiaco con Saturno e sestile nello zodiaco e quadrato nel mondo con Marte]. (…) Quando la Luna, dopo l’unione al Sole (…) s’incontra con un malefico, è dannosa.” (Ibid., pp. 398-399, 402) (4) Per quanto riguarda l’animo di John Gacy è importante considerare, a mio parere, come dei due significatori quello che prevale sia la Luna. Le due parti dell’animo, pur se accomunate da Giove, che le domina entrambe, procedono in realtà separate e senza poter/voler (renuntio) comunicare tra loro; e se quella razionale sembra funzionar “meglio” in virtù dell’ottima relazione che la lega a Giove e pure a Venere (ci si può figurare un eloquio brillante e seduttore) – anche se con modalità e finalità malefiche (quadrato nei

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confronti di Marte e di Saturno) –, quella irrazionale, dove germinano le azioni insane, è viceversa in relazione disarmonica con Giove, e così pure con l’oroscopo e la pars celati (opposta, quest’ultima, a Giove stesso, cioè al suo signore, e a Tolma). Da: Joe Data: Sat, 09 Dec 2006 11:54:12 +0100 A: Marco Fumagalli Cc: (…) Oggetto: ENNESIMA Caro Marco, (…) non voglio suscitare/affrontare polemiche anche nel giorno del mio compleanno: ma il tema del serial killer americano è un'ENNESIMA conferma di come il calcolo invertito nella notte delle sorti (nonché il considerare Ananke quale vera sorte di Mercurio) sia l'unico giusto. Si ripetono con la genitura di costui le medesime osservazioni inevitabili presentatesi all'Umanitaria con quelle dei due assassini nostrani, Erika De Nardo e Donato Bilancia. Non volerlo riconoscere è possibile, naturalmente, ma poco limpido (uso un eufemismo) dal punto di vista intellettuale. Buon week end. Joe

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Da: Joe Data: Sat, 09 Dec 2006 12:07:25 +0100 A: Marco Fumagalli Cc: (…) Oggetto: ENNESIMA (P. S.) P. S.: tra l'altro, lo ribadisco, l'idea che la non inversione sia in maniera dogmatica da difendere perché corrisponderebbe all'ipse dixit di Tolemeo è, a mio parere, completamente sballata, dal momento che il Maestro alessandrino non tratta né di Daîmon né di alcun altra delle sorti (e figuriamoci se non ne conosceva l'immenso - già allora - e venerabile edificio). Su un presupposto che non esiste si vuol costruire un palazzo di nebbie - falsando e distruggendo quello vero. Non mi sembra la cosa più intelligente. Joe Da: Joe Data: Sat, 09 Dec 2006 12:49:17 +0100 A: Marco Fumagalli Cc: (…) Oggetto: Re: R:ENNESIMA

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Scusa Joe, continuo a non aver visto la figura, ma mi sembra di aver capito che Sole e Luna sono uniti e quindi entrambe le sorti cadono all’oroscopo, una sarà leggermente sopra e l’altra sotto, ma entrambe sono opposte a Marte. Non è così? Se è così non mi sembra l’esempio migliore per affermare la validità dell’inversione o della non inversione. Auguri. Marco ======= Caro Marco, vedi, PERSINO in questo caso, invece - sempre a mio immodestissimo parere -, si può comprendere la necessità dell'inversione del calcolo. Concentriamoci sulla pars celati, la sorte delle intenzioni recondite, dei segreti e dei recessi dell'animo (la cui analisi, ammetterai, non può non essere di grande importanza nella genitura di un omicida che lungamente premedita e ripete i suoi crimini, cercando di non farsi prendere e per molto tempo riuscendoci). Io, come Albumasar, la vedo drasticamente quadrata a entrambi i luminari (che ne sono la comune matrice) e opposta brutalmente non solo

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a Marte e alla sorte di quest'ultimo, ma anche a Giove, che è il suo proprio signore (trovandosi Daîmon in Sagittario) e che domina entrambi i significatori dell'animo, oltre poi ad essere, senza possibiltà di equivoci, l'astro più importante (per quel che concerne sia l'Almuten, sia il temperamento). Rosalba [Signorello] nota tale sorte, invece, amabilmente connessa per sestile a Venere e per parallelo a Giove (a entrambi i benefici!), quadrata unicamente al luminare diurno e opposta solo a Marte e a Tolma. Traine le conclusioni. Io l'ho fatto. Ciao e grazie per gli auguri. Joe Da: Joe Data: Sat, 09 Dec 2006 17:19:58 +0100 A: Marco Fumagalli, (…) Cc: (…) Oggetto: Re: R: Quale ora applicare? Allora, qui le questioni sono due. Se vogliamo lavorare sulla figura che hanno visto i cinque astrologi in questione, per vedere se noi avremmo fatto meglio di loro, allora

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probabilmente l’ora è 5:49 TU. Ma non ne siamo certissimi, perché il sito dice che alcuni ospedali dell’Illinois non tenevano conto dell’ora di guerra, e quindi potrebe anche essere 6:49 TU. Non sappiamo quale delle due è stata data agli astrologi ma c’è da supporre che sia la prima. Se vogliamo invece cercare l’ora vera dobbiamo usare le direzioni. La morte avviene il 10.5.1994 per iniezione letale. Allora abbiamo * 5:49:00 nessuna direzione; porta della Luna all’HOR. * 6:15:49 Saturno al Sole; Antares dh 5,90 in I; porta della Luna al MC. * 6:22:12 Saturno alla Luna, Antares dh 5,98 in I; porta della Luna al MC. * 6:29:10 Saturno al Fondo del Cielo; Antares dh 5,87 in XII; nessuna porta (immagino che questa sia la correzione che ha fatto Rosalba, è cosi?). * 6:35:39 Sole al parallelo di Saturno; nessuna porta. * 6:42:15 Luna al parallelo di Saturno; nessuna porta. * 6:42:45 Marte al Sole; nessuna porta, * 6:49:15 Marte alla Luna; nessuna porta.

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Avrete già capito che a me piace 6:22:12, quando sorge Antares e Saturno arriva alla Luna. Marco ======= Come ho già detto, proprio in conseguenza del "confronto" da te proposto, altro non si può fare (sempre, beninteso, che si sia in qualche modo interessati a tale dibattito) che lavorare sul tema di nascita (per le 5h49m) più universalmente preso in considerazione dagli astrologi americani sotto l'occhio del mirino. Sulla base di quella figura, secondo il mio giudizio, li si può AMPIAMENTE smentire. Dunque le conseguenze derisorie che i critici dell’astrologia hanno tratto dalla vicenda non riguardano l'arte-scienza delle stelle, ma qualcos'altro. Joe

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