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L’Italia è una e indivisibile ed è giusto conoscere bene la propria...

Date post: 02-Jun-2020
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Incontri al Fatebenefratelli - Benevento 12-13 Giugno 2013 131 Buona serata a tutti. Illustri Autorità civili e militari, cari consoci della Dante, care Colleghe e cari Colleghi, Io sono qui nella triplice veste di Socio della Dante, Medico degli Incontri e, questa volta, anche Relatore ed è per me un vero piacere essere presente, insieme a Voi, nella magnifica aula del Palazzo del Governo, grazie alla benevo- lenza che ci mostra S.E. il Sig Prefetto di Benevento, ospitandoci in questa sede prestigiosa già da molti anni. Questa serata per noi è diventata ormai una gra- devolissima tradizione ed un grazie di cuore anche alla D.ssa Di Fede che ci ha accolto così gentilmente. Nella introduzione al Seminario (v. pag. 13) riportavo le parole del Prof. Guido Baccelli, Clinico medico di Roma, nel primo numero della rivista “Il policlinico” del 1893: “I cultori della Medicina….erano presso che nella impossibilità di affratellarsi e riunire il capitale degli intelletti, se non avessero avuto feli- cemente origine quegli annui convegni …” tra cui ho l’ardire di include- re anche i nostri “Incon- tri”, sempre finalizzati a perfezionare le cure per i nostri Pazienti. Magnifica questo qua- dro del Prof. Cesare Fru- goni, altro Clinico Medico di Roma, intento alla sua visita e contor- nato da tutti i suoi allievi, a testimonianza della necessità di “riunire il capitale degli intelletti” nell’interesse della Malata al cen- tro della scena, insieme al Professore. (Fig. 1) Questa immagine richiama alla mente una bellissima frase di M.Teresa di Cal- cutta, letta qualche tempo fa, e che avevo messo da parte: “..esercitare il tatto.Tastavo polsi, sfioravo piaghe con le dita, bendavo, carezzavo volti, pettinavo capelli. Appresi a percepire l’energia che scorre fra noi e il prossimo e così capii quella corrente d’amore” Passando al tema della serata devo dire che a Gennaio mi hanno invitato a Cosenza al Teatro Rendano. Un caro collega amico, il Dr Mario Sprovieri, conoscendo il mio hobby per L’Italia è una e indivisibile ed è giusto conoscere bene la propria storia Dott. FRANCESCO SGAMBATO Primario Medico Internista - Ospedale Fatebenefratelli Presidente Associazione Scientifica “Incontri al Fatebenefratelli” Fig. 1
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Incontri al Fatebenefratelli - Benevento 12-13 Giugno 2013 131

Buona serata a tutti. Illustri Autorità civili e militari, cari

consoci della Dante, care Colleghe e cariColleghi,

Io sono qui nella triplice veste diSocio della Dante, Medico degli Incontrie, questa volta, anche Relatore ed è perme un vero piacere essere presente,insieme a Voi, nella magnifica aula delPalazzo del Governo, grazie alla benevo-lenza che ci mostra S.E. il Sig Prefetto diBenevento, ospitandoci in questa sedeprestigiosa già da molti anni. Questaserata per noi è diventata ormai una gra-devolissima tradizione ed un grazie dicuore anche alla D.ssa Di Fede che ci haaccolto così gentilmente.

Nella introduzione al Seminario (v.pag. 13) riportavo le parole del Prof.Guido Baccelli, Clinico medico di Roma,nel primo numero dellarivista “Il policlinico” del1893: “I cultori dellaMedicina….erano pressoche nella impossibilità diaffratellarsi e riunire ilcapitale degli intelletti, senon avessero avuto feli-cemente origine quegliannui convegni …” tracui ho l’ardire di include-re anche i nostri “Incon-tri”, sempre finalizzati aperfezionare le cure per inostri Pazienti.

Magnifica questo qua-dro del Prof. Cesare Fru-goni, altro Clinico Medico

di Roma, intento alla sua visita e contor-nato da tutti i suoi allievi, a testimonianzadella necessità di “riunire il capitale degliintelletti” nell’interesse della Malata al cen-tro della scena, insieme al Professore.(Fig. 1)

Questa immagine richiama alla menteuna bellissima frase di M.Teresa di Cal-cutta, letta qualche tempo fa, e cheavevo messo da parte: “..esercitare iltatto.Tastavo polsi, sfioravo piaghe con ledita, bendavo, carezzavo volti, pettinavocapelli. Appresi a percepire l’energia che

scorre fra noi e il prossimo e così capiiquella corrente d’amore”

Passando al tema della serata devodire che a Gennaio mi hanno invitato aCosenza al Teatro Rendano.

Un caro collega amico, il Dr MarioSprovieri, conoscendo il mio hobby per

L’Italia è una e indivisibileed è giusto conoscere bene la propria storia

Dott. FRANCESCO SGAMBATOPrimario Medico Internista - Ospedale Fatebenefratelli

Presidente Associazione Scientifica “Incontri al Fatebenefratelli”

Fig. 1

132 20° Seminario: Gli Equilibri in Medicina Interna. Alla ricerca de “I Fondamentali”

la storia patria, mi chiese di preparareuna conversazione per la serata umanisti-ca del suo congresso, sul tema “L’Italia èuna e indivisibile” che avevo già trattatonella Fortezza di Civitella del Tronto,molto importante nella storia d’Italia, inquanto ultimo baluardo dei Borbone adarrendersi, anche se molti italiani non laconoscono (e questa sarà l’occasionebuona per colmare un eventuale vuotonelle proprie conoscenze).

Insieme al Dr. Giuseppe De Mat-thaeis, organizzatore del congressoFADOI in Abruzzo, “conquistammo” lafortezza di Civitella ed ebbi il piacere diparlare nella Chiesa della Fortezza, nelpunto più alto, dove sono stati seppellitii soldati borbonici che resistettero all’at-tacco dei soldati Savoia prima della resadefinitiva dell’esercito del Regno delledue Sicilie (Fig. 2).

Visto il successo delle due precedentiedizioni, quest’anno, per la nostra serataumanistica, mi sono auto-invitato ripro-ponendo lo stesso tema, perché sonoconvinto che sia giusto ed utile conosce-re bene la propria Storia e far conoscerea tutti alcuni particolari che sono com-pletamente sfuggiti nella storiografia piùpopolare, “volutamente” o “non voluta-mente”.

Ricordare non fa malee, quindi, abbiamoimpostato questa seratacon il seguente titolo:“L’Italia è una e indivisi-bile ed è giusto conosce-re bene la propria Sto-ria”. Devo confessareche la prima stesura pre-sentava un altro titolocon due paroline “mali-ziose” che, poi, ho can-cellato. Il titolo originariodiceva: “L’Italia è una e

indivisibile, ma è giusto conoscere benela propria vera Storia”. Ho eliminato“ma” e “vera” innanzitutto per nonapparire in prima istanza già polemico(cosa ben lungi dai miei reali intendi-menti divulgativi) e poi perché ognunodi noi ha la presunzione di pensare chequello che lui sa è realmente “il vero”,ma ovviamente la ricerca della verità è incontinuo divenire ed ognuno, umilmen-te, deve mettersi nelle vesti di ricercato-re, innanzitutto ascoltando le tesi contra-rie alla propria, le quali potrebberoanche risultare le più veritiere, una voltache fossero ben documentate.

La locandina di presentazione di que-sta serata, che vedete sullo schermo (eriportata nelle pagine precedenti), mostraal centro l’Italia, frammentata nelle sueRegioni, ma ricomposta all’interno di uncerchio con la bandiera italiana che leaccomuna tutte. A lato, l’immagine dell’I-talia turrita con la mano alzata che indicachiaramente il messaggio della “unità”.

Proprio ieri sera, a conferma dellospirito “unitario” dei nostri “Incontri”, miè capitata una magnifica sorpresa adulteriore conferma (solo per chi ancoraavesse bisogno di queste conferme) che“il fare”, anche disinteressato, può rive-

Fig. 2

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larsi un ottimo investimentoproduttivo a distanza, con risul-tati inattesi e non programmati.Questo principio, per noi delFatebenefratelli, non è altro chel’attuazione del messaggio car-dine del nostro Fondatore S.Giovanni di Dio, i l quale,quando per strada chiedeva lacarità per i suoi assistiti poveri,ripeteva: “Fatebenefratelli, a voistessi, per amore di Dio”.

Fare bene, quindi, è uninvestimento, non solo per lavita ultraterrena, ma può diven-tarlo anche per quella terrena.

Ed infatti, come dicevo, ierisera una collega, palermitana,che lavora a Roma, sapendoche dovevo tenere questa rela-zione, mi ha portato questolibretto bellissimo che stanotteho letto con voracità “Storiadella ferita del Generale Gari-baldi in Aspromonte” (Fig. 3).

All’interno sono descrittetutte le vicissitudini che il Ge-nerale Garibaldi dovette sop-portare per togliere il bossolodal piede ferito in Aspromonteda parte di un militare dei Savoia. (Fig. 4).

E altrettanto graditissimo mi è giuntoun altro libro, che sempre la stessa colle-ga, D.ssa Annalisa Albanese, mi ha porta-to, edito nel 1882, anno della morte diGaribaldi, e conservato da un familiaredella stessa D.ssa (Fig. 5).

Sicuro il Suo è stato un segno di gran-dissima generosità di cui Le sarò sempregrato.

Nel 2011 già abbiamo festeggiato inquesta stessa sede il 150° anniversariodella Unità d’Italia, con un relazione-ricor-do di Carlo Pisacane, tenuta dal suo eredeDr. Ernesto Maria Pisacane, ed a questo

Fig. 3

Fig. 4

Fig. 5

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punto, prima di proseguire, devo farealcune premesse indispensabili per intro-durre bene la mia conversazione sul tema:

1) Io non sono uno storico. Sono solouno che legge con piacere questi argo-menti, mi interessano e li coltivo, ma nonho nessuna pretesa di essere uno storico.Qui in aula ho notato la presenza dialcuni storici e devo ammettere che hopure paura di parlare in loro presenza,ma essi perdoneranno il mio ardire, insegno di amicizia.

2) Non ho alcuna nostalgia dellemonarchie in genere, e, quindi, non hoalcuna nostalgia dei Borbone

3) Credo che, caratterialmente, sareistato probabilmente risorgimentale, sefossi vissuto in quell’epoca. Mi illudo diquesta posizione ideale ma parlare oggiè molto facile. All’epoca prendere posi-zioni politiche in contrasto con il poterevigente poteva anche mettere a repenta-glio la propria vita, mentre oggi si puòdire tutto ed il contrario di tutto (anchecambiare posizione politica in pochigiorni) senza correre alcun rischio.

4) Sono convinto che gli ideali risorgi-mentali, che sono anche nostri ed in cuimi rivedo, furono traditi dagli invasori(ed in questo sono confortato dai giudizidi persone molto più qualificate di me inquesto ambito culturale).

Anche Goffredo Mameli, che scrisse ilnostro inno nazionale, già all’epocaaveva disegnato perfettamente il nostrolimite maggiore. “Noi fummo da secolicalpesti, derisi, perché non siam popolo,perché siam divisi” (Il canto degli italianidi Goffredo Mameli, 1847, musica diMichele Novaro).

Quanto sono convinto che questo siasempre stato vero (e lo è ancora oggi)mentre l’importante è non essere divisibensì uniti.

Il Presidente Napolitano, a Dicembre

2011, pubblicò il suo interessante libro daltitolo significativo: “Una e indivisibile.Riflessioni sui 150 anni della nostra Italia” e,nel testo ricordava l’art. 5 della Costituzio-ne: “La Repubblica, una e indivisibile, rico-nosce e promuove le autonomie locali…”

Inoltre, il Presidente invitava testual-mente ad essere più attivi: “Occorrelumeggiare, nel rapporto con pubbliciqualificati e con più vaste comunità dicittadini, passaggi essenziali, e fonda-mentali figure di protagonisti, del proces-so unitario. Bisogna così rivalutarne efarne rivivere anche aspetti e momentiesaltanti e gloriosi, mortificati o irrisispesso per l’ossessivo timore di cederealla retorica degli ideali e dei sentimenti.”(Pres. Giorgio Napolitano).

In linea spontanea con questo messag-gio noi, già a Giugno 2011, prima ancoradella uscita del libro nelle librerie, aveva-mo organizzato la serata umanistica dedi-cata a Carlo Pisacane, uno degli esempipiù fulgidi del Risorgimento. Tutti questieroi risorgimentali avevano già la consa-pevolezza di poter andare incontro allamorte e Carlo Pisacane, già sapeva, primadi partire, che la sua impresa era impossi-bile. “L’ eroismo fine a se stesso apparivaa molti inutile spreco di vite, ma c’era chipensava che innescasse il fuoco delpatriottismo nell’animo della gente”.

In occasione della serata umanisticarealizzammo una bella medaglia dedicataa Carlo Pisacane, con la sua immagine cir-condata dalle parole della famosa poesiache lo ha reso così famoso “Eran trecento,eran giovani e forti e sono morti”, con sulretro il simbolo della nostra Associazione,contornata dalle scritte, in basso: 1861 -pro unità d’Italia - 2011 ed in alto: 1981 -Incontri al Fatebenefratelli – 2011.

Anche noi festeggiavamo in quellaoccasione il nostro trentennale ed abbia-mo la presunzione di affermare che

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anche i nostri “Incontri” hanno contribui-to, nel loro piccolo, ad affratellare piccolinuclei di Italiani.

Quando abbiamo mandato la meda-glia al nostro Presidente, dopo la letturadel Suo libro, gli abbiamo fatto notareche, già sei mesi prima avevamo antici-pato i suoi desiderata e il Presidente ciha fatto pervenire una bella lettera checonservo con grande piacere.

Il ricordo di questi grandi personaggicome Carlo Pisacane, i Fratelli Bandiera,etc.. che la cultura liceale ci ha inculcato,rimane sempre vivo in me perché sonoproprio queste figure che a me piaccionomolto. Persone disposte a rischiare anchela propria vita per realizzare i propriideali.

Di qualsiasi idea fossero, magarianche contrarissima alla mia, mi sonougualmente cari in memoria, per il solofatto che hanno il coraggio di perseguirlae di rischiare la vita per realizzarla.

In ogni caso, secondo il mio giudizio,meritano una stima incondizionata.

“Amo colui che desidera l’impossibile“(diceva Goethe nel Faust), ed un altrocontemporaneo“Ammiro quelle per-sone capaci di so-gnare e vivere omorire per realizzarei propri sogni” (Gam-

bizzato).“Chi per la Patria

muor vissuto è as-sai” (Fratelli Bandie-ra. Grido al mo-mento della con-danna a morte, 25Luglio 1844) oppure“Chi per la gloriamuor vissuto èassai” (Donna Cari-tea, atto I, sc. 9,

Musicata dal Mercadante). “Un bel moriretutta la vita onora” (F. Tetrarca, Canzoni).

Leggendario, poi, il discorso: “I have

a dream” di M. Luther King.Se si ascolta questo discorso, egli

ripete queste parole in continuazione, arimarcare ogni volta l’elenco dei suoisogni, lungo tutto il comizio, dinanzi aduna platea immensa. Anche solo ascoltar-lo, attraverso un filmato, fa venire lapelle d’oca, figuriamoci quale emozioneprovarono coloro che si trovarono pre-senti in quella piazza.

Noi, in Italia, abbiamo avuto personeche hanno sognato l’Unità da punti vistadiversi (Fig. 6)

Conosciamo bene, dai libri di Storia,che tra di loro non sempre correva moltasimpatia, ma, pur tenendo lo stesso idea-le finale, avevano modi diversi di volerlorealizzare. Emblematico ed illuminante iltitolo del libro di Denis Mack Smith“Cavour contro Garibaldi”, che consigliodi leggere.

Sappiamo bene che Camillo Benso diCavour fu il “grande tessitore”, ma ilRegno d’Italia fu il “grande tassatore”

Fig. 6

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E sappiamo che dallo scoglio diQuarto a Genova si imbarcarono i “Mille”capitanati da Garibaldi per la Sicilia, nellanotte del 5 Maggio 1860.

L’11 Maggio avvenne lo sbarco a Mar-sala e cominciò l’avanzata trionfale versoNapoli.

Tutti, dai libri di Storia, conoscono labattaglia di Calatafimi del 15 Maggio ed ilfamoso episodio in cui Nino Bixio,durante una fase critica dello scontrocampale in cui stava serpeggiando loscoraggiamento, enunciò la famosa frase:“Qui si fa l’Italia o si muore”, mentre po-chi conoscono altri episodi, meno esal-tanti, dello stesso Nino Bixio.

Il 1° Agosto 1860, però, la rivolta diBronte cominciò a guastare l’atmosfera dilieto fine e si videro i primi segnali diincrinamento dei rapporti idilliaci fraGaribaldi e le popolazioni meridionali, leprime contraddizioni fra le sue promessemirabolanti e le realizzazioni concrete.

Lo stesso Garibaldi, in prima persona,aveva promesso ai contadini le riformeagrarie e fiscali che non si realizzarono ela loro mancata attuazione scatenò l’iradelle masse contadine che cominciaronoad occupare i terreni promessi, comeavvenne nella cittadina di Bronte in pro-vincia di Catania.

Nell’Agosto 1860, i contadini di que-sto paese, che avevano sperato nellarivoluzione invocata dai Mille e si eranoillusi di entrare in possesso dei terreni incui lavoravano, si ribellarono contro illatifondo, ma l’esercito di Garibaldi sparòcontro di loro, per mano dello stessoloro eroe Nino Bixio.

Garibaldi, per sedare i tumulti, infatti,fu costretto ad inviare le sue camicerosse capitanate da Bixio, il quale dovet-te usare la mano forte intervenendo dipersona e facendo passare per le armialcuni giovani contadini del posto. (Gio-

vanni Verga, Libertà - Lucy Riall, La rivol-ta di Bronte del 1860).

In questo modo la rivolta fu pronta-mente sedata, tra lo sconcerto dellarestante popolazione locale, e lo stessoNino Bixio rimase turbato dal suo stessocomportamento che aveva dovuto adot-tare.

Quasi nessuno conosce le sue dichia-razioni al riguardo, messe nero su biancoin una lettera alla moglie del 17 Agosto1860: “Il Generale mi spedisce sul luogocon parte della brigata… missione male-detta, dove l’uomo della mia natura nondovrebbe mai essere destinato” (N.Bixio) ed in un’altra lettera al Governato-re di Catania del 10 Agosto scrive: “Si èeseguita or ora la sentenza… Triste mis-sione per noi venuti a combattere per lalibertà” (epistolario di N. Bixio).

Al riguardo anche i giornalisti S. Rizzoe G. A. Stella hanno scritto parole inequi-vocabili: “La repressione attuata a Brontesimboleggia la fine della grande illusionegaribaldina”. “Bronte non è solo il luogofisico dove si spezza un certo sogno uni-tario. È anche il luogo simbolo del tradi-mento delle plebi meridionali da parte ditroppi poteri: la Chiesa, i Borboni, i gari-baldini pressati dalla Gran Bretagna, iSavoia, lo Stato italiano”. (Rizzo, Stella –Corriere della Sera Luglio 2010).

’Nu padrone prepotente,

che schiaffava int’ ’a prigione,

pure pe’ ’na cosa ’e niente

se contraria d’ opinione.

E si facive ’o contadino,

dint’ ’e terre ’a parte ’e Bronte,

ce pensava Bixio Nino

a spararti…..proprio ’nfronte.

Garibaldi, frattanto, risalì tutta l’Italiameridionale senza grandi ostacoli, anchegrazie al tradimento di molti vertici del-

Incontri al Fatebenefratelli - Benevento 12-13 Giugno 2013 137

l’esercito napoletano, che inmolte occasioni furono contesta-ti dai propri sottoposti quandoessi intimavano loro di lasciarele postazioni indietreggiandoverso Napoli, ove, però, Garibal-di fu accolto trionfalmente il 7Settembre. (Fig. 7).

È molto istruttivo, per capiregli umori della gente, conoscereancora meglio quali furono alcu-ni metodi adottati per aumentarei consensi e le simpatie popolari,e, al riguardo, basti ascoltare ildiscorso che fra Giovanni Panta-leo, il cappellano di Garibaldi alseguito del suo esercito, pronun-ziò in Cattedrale a Benevento il27 Settembre 1860: “Intanto perdarvi un attestato del vostro libe-ratore Giuseppe Garibaldi, aven-do io già le sue facoltà, comefeci in Napoli, saranno condona-ti tutti i pegni, da quindici carliniin giù, che trovansi nel Monte di Bene-vento”.

Sfido che i proseliti, condonati deidebiti, passassero subitaneamente dallasua parte, tantoa pagare nonerano le taschedi Garibaldi maquelle del Mon-te di pegni.

Alla venutadi Garibaldi,Francesco II(Franceschiello)e la regina Ma-ria Sofia (fig, 8)lasciarono Na-poli per andarea Gaeta dove,all’interno dellafortezza, orga-

nizzarono l’ultima difesa del regno bor-bonico.

Fino ad 1 anno fa non avevo unagrande considerazione della figura di

Fig. 7

Fig. 8

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Francesco II, che appariva, effettivamen-te, un Re debole che aveva abbandonatoil suo Regno senza difendere Napoli, laCapitale del regno.

Ma dopo quello che è successo inSiria con Assad, dove gli eventi stannoormai producendo una carneficina daambo le parti in causa, mi sono detto cheforse Franceschiello aveva ragione quan-do decise di andarsene, perché non vole-va che Napoli ed i napoletani fossero an-nientati dai bombardamenti. Lui forseebbe una maturità superiore e lasciò ilRegno sapendo che, accettando lo scon-tro in Città, sarebbe scoppiata una guerracivile disastrosa per la popolazione e perla Città. La sua formazione culturale el’impostazione religiosa, derivanteglidalla tradizione materna, gli impedivanodi coltivare una tale logica di guerra.

[N.d R., post scriptum: La madre, cheera morta pochi giorni dopo la sua nasci-ta, era una santa donna, molto religiosa emolto caritatevole verso i poveri. A con-ferma di quanto riferito ed acclarato sto-ricamente, proprio pochi mesi fa, è statabeatificata dal Papa Bergoglio.]

Chi sa che cosa poteva accadere aNapoli se Francesco II avesse organizzatola resistenza in Città, per cui ho riconsi-derato il mio giudizio sulla sua figura,che la storiografia ufficiale ha continua-mente denigrato e che continua a deni-grarlo. Egli amava veramente Napoli e,forse per questo, fu disposto a sacrificarela propria regalità

In un suo famoso scritto del 1860 Eglicosì si rivolse al suo popolo: “Ho credutoin buona fede che il Re di Piemonte,dicentesi mio fratello, che protestava

contro il Garibaldi, che negoziava meco

un’alleanza, per veri interessi d’Italia,non avrebbe rotto tutti i patti, e violatotutte le leggi, per invadere i miei stati, in

piena pace, senza motivo, senza dichia-

razione di guerra. Se questi sono imiei falli, preferisco le mie sventure a’trionfi de’ i miei avversari” (Francesco IIdi Borbone, 1860).

In effetti Vittorio Emanuele II e Fran-cesco II erano figli di due cugini, ma perVittorio Emanuele gli interessi economicivennero prima della parentela.

Garibaldi fu accolto a Napoli come ungrande trionfatore per poi deludere pre-sto la popolazione napoletana. Così si èespresso nel 2000, al riguardo, il mioamico Gambizzato che molti di Voi giàconoscono bene per la sua arguzia:

Ce faciste li promesse:

“Libertà senza Borbone!”

e ci hai fatto tutti fess’

pe’ ce dà ’n’ ato padrone.

’Nu padrone prepotente,

che faceva ’a sanguisuga

e nun ce lassava niente,

fino a farci tentà ’a fuga,

(c’ ’o curaggio d’ ’e briganti

o c’ ’a primma emigrazione),

tartassava a tutti quanti

fino alla disperazione.

Dinanzi alla evidenza dei fatti, cosìconclude amaramente sempre il Gambiz-zato: “vuoi vedere che alla fine, dopotante critiche subite dal giovane e deboleRe di Napoli, forse siamo costretti adaffermare che:

Era meglio Franceschiello,

forse troppo delicato,

cu ’nu core tenneriello,

ma sicuro affezzionato

a ’stu Popolo sudista,

sempe pronto a fa’ casino,

ma ingenuo, ottimista,

rassegnato a llu destino.

Incontri al Fatebenefratelli - Benevento 12-13 Giugno 2013 139

Il 1° Ottobre ci fu la battaglia sul Vol-turno (fiume della Campania) dopo diche Francesco II e la eroica moglie MariaSofia decisero di resistere a Gaeta.

Il 12 Ottobre 1860 avvenne l’incontroa Teano fra Garibaldi e Vittorio Emanue-le II ed il 21 Ottobre ci fu il Plebiscitoper l’Unità d’Italia che risultò, a grandemaggioranza, favorevole all’annessione.

E subito cominciarono i problemi,perché, dopo di allora, iniziarono duefenomeni che segnarono a lungo le sortidella Italia meridionale: lo scioglimentodell’esercito borbonico ed il brigantaggio.

“Ancor prima della proclamazione delRegno d’ Italia, il Mezzogiorno subì unachiara penalizzazione col decreto delNovembre 1860 che sancì lo scioglimen-to dell’esercito meridionale e il licenzia-mento della maggior parte dei volontari”(Pres. G. Napolitano, 2011)

“L’unificazione economica che avreb-be dovuto seguire e non seguì all’uni-ficazione politica” fu una delle causedeterminanti che portarono alla “Divari-cazione ed allo squilibrio tra Nord eSud”.

Grazie anche a questi avvenimenti,proliferò il fenomeno del brigantaggio,che insanguinò per molti anni le regionimeridionali, anche dopo la caduta delRegno.

’Nu mistero è stu brigante,

annascuso vierno e ’state,

è ’n’ eroe o ’nu birbante?

fa tremma’ tutt’ ’e surdate.

Lo stato, per reprimere questi feno-meni di rivolta, dovette utilizzare l’eserci-to , che compì repressioni ed eccidi atro-ci, anche sulle popolazioni inermi.

T’ ’o ricuorde, po’, a Cialdini?

che cuscienza ’o Generale,

sterminava anche i bambini,

con l’avallo del Reale,

’nu padrone piemontese,

che conferma ’a tradizione,

“sempe falso, ma cortese”,

pe’ ce fa’ n’ ato bidone.

Anche qui, vicino a Benevento, siebbe l’eccidio di Pontelandolfo,dopo un atto di resistenza (“brigantag-gio”), ma in tutto il meridione stannoemergendo molti altri fatti che finalmentevengono alla luce.

Gli atti di resistenza contro l’invasionefurono trasformati, dalla macchina delfango del metodo Boffo di quell’epoca,in atti di brigantaggio.

Il lucido Storico Giacinto de Sivo diMaddaloni (CE) che fu costretto, poi, adandare in esilio, aveva chiaramente dettoe scritto al riguardo: “ Briganti noi com-battenti in casa nostra, difendendo i tettipaterni, e galantuomini voi venuti qui adepredar l’altrui?

Il padrone di casa è brigante, e nonvoi piuttosto venuti a saccheggiare lacasa? ” (Giacinto de’ Sivo) (Fig. 9)

Frattanto, nella magnifica e imponen-te fortezza di Gaeta, imprendibile per

Fig. 9 - Lo storico Giacinto de Sivo

140 20° Seminario: Gli Equilibri in Medicina Interna. Alla ricerca de “I Fondamentali”

molti mesi, si realizzòla difesa finale delRegno delle due Sici-lie. (Fig. 10)

In quella sedeFranceschiello, con lasua consorte e con isuoi fedelissimi, siriscattò, combattendoper mesi nel fortesotto i bombardamentiincessanti. I suoi can-noni avevano una gittata corta mentrequelli dei suoi avversari avevano una git-tata più lunga, per cui le navi stazionava-no fuori del tiro dei cannoni borbonici e,a loro volta, bombardavano con tuttatranquillità senza alcun pericolo per séstessi.

Il Re e la Regina continuarono a com-battere, pur sapendo che la sorte eraormai segnata ed, in particolare la ReginaMaria Sofia si distinse in maniera leggen-daria, prodigandosi per i soldati feriti emalati, al punto che a Gaeta nacque e siaffermò il suo vero e proprio mito.

Una commovente poesia di Ferdinan-do Russo -’O soldato ’e Gaeta - del 1919,descrive magnifi-camente i senti-menti dei soldatinapoletani versola loro ReginaMaria Sofia, cheadoravano e perla quale furonodisposti a morire.Un semplice “sol-dato”, così ricordacon affetto enostalgia la Suaregina dopo 50anni dalla resa diGaeta:

Fig. 10

Fig. 11 - Il Re e la Regina durante i bombardamenti di Gaeta

“E a’ Riggina! Signò!... Quant’ era bella!

E che core teneva! E che maniere!

Mo na bona parola ‘a sentinella,

mo na strignuta ‘e mana a l’artigliere...

Steva sempe cu nuie!... Muntava ‘nsella

currenno e ‘ncuraggianno juorne e sere,

mo cca’, mo lla’... V’ ‘o ggiuro nnanz’ ‘e sante!

Nu’ ‘eramo nnammurate tutte quante!

Cu’ chillo cappellino ‘a cacciatora,

vui qua’ Riggina! Chella era na’ Fata!

E t’era buonaùrio e t’era sora,

quanno cchiù scassiava ‘a cannunata!...

Era capace ‘e se fermà pe’ n’ora,

e dispensava buglie ‘e ciucculata...

Ire ferito? E t’asciuttava ‘a faccia...

Cadiva muorto? Te teneva ‘mbraccia...”

(Fig. 11)

Incontri al Fatebenefratelli - Benevento 12-13 Giugno 2013 141

Frattanto i colpi bor-bonici dalla fortezzacadevano in acqua, men-tre gli avversari, a distan-za di sicurezza, canno-neggiavano per mesifacendo centinaia dimorti, fino a colpire poila polveriera della fortez-za borbonica, i l chedeterminò una grandestrage. (Fig. 12)

A questo punto, nonper viltà, ma solo per evi-tare altre inutili morti, il Re decise diaccettare la resa di Gaeta e di lasciare lafortezza il 13 Febbraio 1861, per andarein esilio nello Stato Pontificio, ove fuaccolto benevolmente dal Papa.

Sulo a fine d’ ’o mandato,

‘ncopp’ ’e spalte d’ ’o castiello,

sulo llà s’ è riscattato

’nmiezo a tutto ’nu maciello.

Cu Sofia, a fianco a fianco,

sotto ’e bombe, ogni matina,

nun pareva mai stanco;

chella sì, ch’ era Reggina.

….che lottava con impegno

contro ’a forza ’e l’invasore,

nun fujeva ’a dint’ ’o Regno

dell’Italia… senza onore,

comme ’o Re e ’a Reggina

d’ ’a casata savoiarda,

che lassarono l’Italia,

sola e secca ….comm’ ’a sarda.

È molto amaro tutto ciò, però, è laverità. Eppure di tutto questo non se neparla quasi mai. Ci si vergogna a parlar-ne, come se queste affermazioni fosserosolo offensive senza fondamento. Pur-troppo è la Storia reale che andrebbericordata un pò di più.

Io sono più onorato di avere avuto unre come Franceschiello ed una Reginacome Maria Sofia, piuttosto che un Recome Vittorio Emanuele III e la consorte.

Negli ultimi tempi gli Storici hannocominciato ad essere più obiettivi e cosìabbiamo avuto il piacere di ascoltare daparte di Paolo Mieli, il Direttore del Cor-riere della sera, frasi, che non ci sarem-mo mai sognate, nei confronti della storiaborbonica. Il tempo è galantuomo e laverità poco alla volta emerge, mentre lenotizie false, artatamente messe in circo-lazione dai vincitori (che notoriamentefanno la storia) cominciano, però, a tro-vare chi ha il coraggio di smentirle condati di fatto.

Negli ultimi decenni sono venuti fuoritanti libri di “controstoria” che racconta-no il contrario di molte tesi ufficiali e,quindi, andrebbero letti con curiosità sto-rica e attenzione. Ne segnalo alcuni piùinteressanti:

Denis Mack Smith, Cavour controGaribaldi - Giovanni Verga, Libertà - LucyRiall, La rivolta di Bronte del 1860 –Giorgio Napolitano, Una e indivisibile -Lucio Villari,Bella e perduta - Gigi DiFiore, I vinti del Risorgimento - Giacintode Sivo, Tra politica e storia - Giacinto deSivo, Storia delle due Sicilie - Giuseppe

Fig. 12

142 20° Seminario: Gli Equilibri in Medicina Interna. Alla ricerca de “I Fondamentali”

Buttà, Un viaggio da Boccadifalco aGaeta - Ferdinando Melchiorre, Pontelan-dolfo, Agosto 1861, Giordano BrunoGuerri, Il sangue del Sud - Colacino,Ressa et al, La storia proibita - VincenzoGulì, Il saccheggio del Sud - AntonioCiano, I Savoia e il massacro del Sud –Lorenzo del Boca, Maledetti Savoia - Ful-vio Izzo, I lager dei Savoia - Pino Aprile,Terroni - Gianandrea de Antonellis, Nonmi arrendo - Brigantaggio merionale,Capone editore - Franco Molfese, Storiadel brigantaggio dopo l’unità - NicolinoCalzone, Briganti o partigiani ? - RenataDe Lorenzo, Borbonia felix -

Anche Scalfari, direttore di “Repubbli-ca”, ha scritto recentemente: “il Piemon-te invase il Sud che Garibaldi avevaliberato, così lo visse il Mezzogiornodurante la terribile guerra del brigantag-gio, alla quale però parteciparono borbo-nici e sanfedisti. Conclusione: gli italianinon hanno mai amato lo Stato, lo consi-derano un corpo estraneo se non addirit-tura un nemico. Perciò non voglionoregole”. (EugenioScalfari, 24 febbraio2013)

Abbiamo ricorda-

to che il 13 Febbraio

1861 ci fu la resa di

Gaeta, ma non tutto

il Regno era stato

conquistato. Resistet-

tero ancora, per oltre

30 giorni, le fortezze

di Messina al Sud e

quella di Civitella del

Tronto al confine

Nord del Regno.

Solo il 15 Marzo ci

fu la resa della fortez-

za di Messina ed il 17

Marzo 1861 avvenne

in Parlamento a Tori-

no la Proclamazione dell’ Unità di Italia.

(Fig. 13)

In effetti, c’è un “piccolo particolare”che in genere non viene mai ricordato.Non è esattamente il 17 Marzo 1861 cheè avvenuta realmente l’Unità d’Italia, per-ché in quella data la fortezza di Civitellanon era ancora caduta nelle mani deiSavoia e la bandiera borbonica ancorasventolava sul torrione.

Questa fortezza delimitava il confinenord-est del Regno delle due Sicilie dallato dell’adriatico e dominava tutto il cir-condario.

Dopo molti mesi di eroica resistenza,il 16 Marzo 1861 il Comandante di-chiarò la decisione di arrendersi e fuconcordato con il Comandante degliassedianti che il giorno dopo, 17 marzo,sarebbe stato effettuato il passaggio delleconsegne, ricevendone l’onore delle armiin segno di rispetto perché, dal punto divista militare, si erano difesi in manieraencomiabile.

Il 16 Marzo l’esercito Savoia assedian-

Fig. 13

Incontri al Fatebenefratelli - Benevento 12-13 Giugno 2013 143

te comunicò, per telegrafo a Torino(immagino al Re ed a Cavour) che Civi-tella si era arresa e che, quindi, l’Unità d’Italia poteva considerarsi finalmente fatta.

Conseguentemente Cavour convocò ilConsiglio dei Ministri per il pomeriggio edecise che il giorno dopo, il 17 Marzo1861, in Parlamento doveva avvenire ladichiarazione della avvenuta Unità d’Italia,come effettivamente fu dichiarata. Per que-sto motivo noi abbiamo festeggiato il 17Marzo 2011 il suo centocinquantenario.

A Torino però non sapevano che, nelcorso della notte tra il 16 ed il 17 marzo,cinque soldati borbonici si erano ammu-tinati, avevano sottratto il comando dellafortezza al loro Comandante e continua-rono a combattere senza ammainare labandiera per altri 4 giorni.

Il giorno 20 Marzo i cinque rivoltosifurono sopraffatti, arrestati e successiva-mente fucilati.

La data, quindi, effettiva dellaavvenuta unità deve essere fattarisalire al 20 Marzo e non a quellaufficiale del 17.

Questa fortezza di Civitella eraimprendibile, in una posizionestrategica, con alte mura a stra-piombo, come si può vederenella foto. (Fig. 14)

Essa, sicuro, merita di esserevisitata, non solo per i risvoltistorici “esclusivi”, ma anche perla sua bellezza architettonica eper la sua strutturazione all’in-terno. In particolare è moltosuggestiva la Chiesa di S. Gia-como, posizionata nel puntopiù alto del forte, dove grazie alDr Giuseppe De Matthais edagli amici della FADOI Abruzzo,ebbi il piacere di tenere la miaconversazione “storica” analogaa questa di questa sera.

Io mi onoro di essere socio da moltianni della FADOI Abruzzo, in quantoaccolto affettuosamente dall’allora Presi-dente Dr Filippo Salvati.

Immaginate il piacere di parlare, disera, con una illuminazione suggestiva,nel punto ove gli eroici militari borboniciresistettero e persero la vita solo per ladifesa di una bandiera, quando il loroRegno praticamente già non esisteva più,ma essi ancora non lo sapevano.

“Fenestrelle” e “Fenestella”

Un’altra fortezza è tragicamente pre-sente nella storia borbonica ed è quelladenominata “Fenestrelle” in Piemonte.

Tutti i soldati borbonici, che non vol-lero rinnegare il giuramento fatto al loroRe, non passarono all’esercito nemico,come era stato loro proposto e comemolti altri avevano accettato per soprav-vivere economicamente.

Fig. 14 - Fortezza di Civitella del Tronto

144 20° Seminario: Gli Equilibri in Medicina Interna. Alla ricerca de “I Fondamentali”

Coloro che erano rimasti fedeli al loroRe furono portati su una montagna tori-nese nella fortezza, denominata “Le fine-strelle”, perché, pur essendo a duemilametri di altezza, non era fornita di infissi. Praticamente nessuno dei soldati fuammazzato ufficialmente, ma molti mori-rono per malattie insorte nella prigione,avendo ancora essi i vestiti leggeri di cuierano portatori dal Sud, in quella fortez-za gelida.

Anche su questo il Gambizzato hatrovato come ricamarci sopra qualcosa:

Che vvuò fa’? Simme diversi!

Nuje tenimmo core ’mpietto,

llà nun scrivono mai versi

si nun trovano profitto:

nuje tenimmo ’a “Fenestella”,

pe fa’ Ammore a Marechiaro,

loro, invece, ’e “Fenestrelle”,

pe’ ce da’…..carcere amaro.

GLI SCONOSCIUTI PRIMATIDEI BORBONE

Nella figura 15 sono riportati i 5 Reborbonici a Napoli ed in Sicilia, e biso-gna ammettere che, durante i l loro

regno, non hanno lasciato solo cattiviricordi (come dice la storiografia diparte) ma anche tante opere memorabili,ideate in anticipo rispetto ai loro tempi.

Lunghissimo è l’elenco di quelli chevengono chiamati “i primati dei Borbo-ne” ed alcuni resistono ancora oggi, invi-diabili da parte di tanti governanti cosid-detti “moderni”. • Fondazione dell’ Accademia Militare

“Nunziatella”• Costruzione dell’Albergo dei Poveri• Scavi archeologici di Ercolano e Pom-

pei• Creazione della fabbrica di Capodi-

monte Ceramiche• Prima Illuminazione a Gas di una città

italiana (terza in Europa dopo Londra eParigi)

• Primo esperimento di IlluminazioneElettrica in Italia

• Esperimento “socialista” di San Leucio(CE)

• Prima assegnazione di Case Popolari inItalia a S. Leucio (CE)

• Prima istituzione di assistenza sanitariagratuita a S. Leucio (CE)

• Creazione Seteria di San Leucio

Fig. 15

Incontri al Fatebenefratelli - Benevento 12-13 Giugno 2013 145

• Prima Cattedra di Astronomia• Primo osservatorio astronomico in Ita-

lia a Capodimonte (NA)• Primo Osservatorio Meteorologico ita-

liano (Vesuvio)• Prima Cattedra di Economia al mondo• Accademia di Architettura, una delle

prime in Europa• Prima Ferrovia italiana Napoli-Portici• Prima Locomotiva a Vapore in Italia• Prima Fabbrica Metalmeccanica in Italia

per numero di operai (1050)Officine Meccaniche Pietrarsa (NA)

• Primo ponte sospeso, in ferro, nell’Eu-ropa continentale

• Primo Codice marittimo nel Mondo• Primo Atlante marittimo al Mondo• Prima nave a vapore nel Mediterraneo• Prima Nave da Guerra a vapore in Italia• Prima Compagnia di Navigazione a

Vapore del Mediterraneo• Prima Nave da crociera in Europa• Prima Flotta Mercantile in Italia• Prima Flotta Militare in Italia (seconda

al Mondo)• Prima Nave ad Elica in Italia• La più grande Industria Navale d’Italia

per numero di operai Castellammare di Stabia (2000 operai)

• Primo Bacino di Carenaggio in muratu-ra in Italia (Porto Napoli)

• Primo Sistema a fari lenticolari a lucecostante in Italia

• Primo Museo Mineralogico al mondo• Primo Orto Botanico in Italia• Primo Istituto Italiano per Sordomuti• Primo tra gli Stati Italiani per numero

di Orfanotrofi, Ospizi, Collegi, Strutturedi Assistenza e Formazione

• La più bassa percentuale di MortalitàInfantile in Italia

• La più alta percentuale di Medici perabitanti in Italia

• Primo Ospedale psichiatrico italiano(Aversa)

• Primo Periodico Psichiatrico italiano• Prima Scuola Positiva Penale per il

recupero dei malviventi• Primo intervento in Italia di profilassi

anti-TBC• Primo centro sismologico in Italia (al

Vesuvio) • Primo Sismografo Elettromagnetico nel

Mondo • Primo Telegrafo elettrico in Italia• Prima Città in Italia per numero di Tea-

tri• Prima Scuola di Ballo in Italia (al S.

Carlo)• Prima Città d’Italia per numero di Con-

servatori Musicali• Primo Premio Internazionale per la

Produzione di Pasta• Primo Premio Internazionale per la

Lavorazione di Coralli• Primo Stato Italiano in Europa per la

produzione di Guanti• Prima Città d’Italia per numero di Tipo-

grafie (113 a Napoli)• Prima Città d’Italia per numero di pub-

blicazioni Giornali e Riviste• Minor carico Tributario Erariale in

Europa• La più alta quotazione di rendita dei

Titoli di Stato• Miglior finanza pubblica in Italia nel

1860• Primo Piano Regolatore in Italia per

Napoli• Primo Cimitero italiano per poveri• Primo Cimitero in Europa ad uso di

tutte le classi sociali (a Palermo)Per ulteriori informazioni, su Google

cliccare su “Primati del Regno delle dueSicilie”.

Bisogna convenire che se i nostriattuali governanti ci lasciassero qualchecosa di analogo, o almeno il 10%, po-tremmo ben essere soddisfatti del lorooperato, fermo restando che tutte le

146 20° Seminario: Gli Equilibri in Medicina Interna. Alla ricerca de “I Fondamentali”

monarchie sono state totalitarie e che glioppositori venivano messi in galera.

Anche Piero Angela ha prodotto varietrasmissioni sul Regno delle due Sicilieed in particolare, è da segnalare unmagnifico compact disc di Storia pacata,serena ed equilibrata, riferita all’epoca“borbonica”.

S. LEUCIO DI CASERTAIn riferimento al complesso monu-

mentale di S. Leucio (Caserta) è da ricor-dare, in particolare, un’altra cosa chespesso viene nascosta (in buona o in cat-tiva fede).

A S. Leucio, il Re “borbonico”, tra iprimi in Europa, realizzò un esperimentosociale, mirante a verificare sul campodal vivo, le teorie che serpeggiavano inEuropa circa il modello socialista.

Egli raccolse in quel sito alcune deci-ne di coppie di giovani (sposati e non)che vivevano “in comune” senza pro-prietà privata, mettendo in comune gliaveri e regolamentati da un “statuto”,svincolato da quello del Regno ed auto-nomo nella gestione collettiva. (Fig. 16 )

Erano tutti artigiani che mettevano ibeni in una cassa comune che venivaamministrata in maniera pubblica.

Praticamente era un laboratorio persperimentare se questi uomini e donnefossero capaci di convivere con questonuovo criterio, che per l’epoca, dovevaapparire rivoluzionario. Essi furono antesi-gnani di un modello sociale di “stamposocialista” ed ancora oggi quel sito di S.Leucio conserva la tradizione artigiana,essendo poi diventato famoso per le sueseterie, che ancora oggi producono manu-fatti in seta pregiata, di alto livello, per lagioia delle signore e delle giovani spose.

Se questi erano gli “arretrati Borbone”allora il resto in Italia ed in Europa eranotrogloditi.

Dire tutto questo non significa cheabbiamo nostalgia dei Borbone e dellaMonarchia, ma che è necessario conosce-re bene la propria “vera” Storia.

Per molti anni giovanili abbiamo vis-suto sotto la cappa del senso di colpa diessere eredt del Regno “borbonico”, ter-mine sempre usato in maniera dispregia-tiva, e di avere avuto degli antenati di cuivergognarsi, mentre tutta la “Civiltà” ciera stata portata dall’alto del Nord Italia.

Sotto sotto le cose non sono come cele hanno raccontate e come ancora leinsegnano nelle scuole, anche con lacomplicità passiva dei nostri corregionaliprofessori di Storia meridionali.

Tutto questo non vuole essere unrevisionismo rivendicativo e divisorio,anche perché noi fermamente siamod’accordo con il giudizio conclusivoespresso da Giustino Fortunato: “Difen-diamo ad ogni costo l’unità, quali che

Fig. 16

Incontri al Fatebenefratelli - Benevento 12-13 Giugno 2013 147

siano i suoi torti, quali che siano i suoierrori” (Giustino Fortunato) e con quelloespresso recentemente (2011) dall’attualeCapo dello Stato: “Le ragioni storicheprofonde dell’unità risultarono più fortidei limiti e delle tare, pure innegabili,dell’unificazione compiutasi nel 1860-1861”.

L’IRA DI GARIBALDILo stesso Garibaldi mi ha sempre

affascinato, perché ben può essere consi-derato una figura eccezionale, anche se,pure Lui, fu liquidato come se nientefosse, dopo tutto quello che aveva fattoper l’unità dell’Italia.

Egli stesso si esprime in maniera ama-reggiata in vari documenti autografi eforse merita simpatia e rispetto, perché èstato il primo e forse l’unico ad ammette-re il mancato rispetto delle promessefatte, o meglio il tradimento degli idealirisorgimentali nell’applicazione praticapost-unitaria, dove prevalsero gli egoismidi sempre a scapito delle popolazionimeridionali.

Nel diario di Persano (ammiraglio dellamarina italiana) si legge l’amaro sfogo diGaribaldi in una lettera a lui indirizzata nel1860: “Ecco, Persano, degli uomini si facome degli aranci: spremutone il sugo finoall’ultima goccia, se ne getta la buccia inun canto” (G. Garibaldi)

Oppure possiamo ancora leggere inuna lettera di Garibaldi inviata ad Adelai-de Cairoli del 1868: “Gli oltraggi subitidalle popolazioni meridionali sonoincommensurabili. Sono convinto dinon aver fatto del male, nonostanteciò non rifarei oggi la via dell’Italiameridionale, temendo di essere presoa sassate, essendosi colà cagionatosolo squallore e suscitato solo odio.”(G. Garibaldi)

Questo stesso concetto, quasi identi-

co, fu ribadito da Garibaldi in una letteraall’attrice Matilde Ristori: “...non rifarei levie del Meridione, per timore di esserepreso a sassate per i danni colà causa-ti!”.(G. Garibaldi), dal che si intuisce chene era proprio convinto.

Immaginatevi oggi Garibaldi che, dal-l’altro mondo, senta le idee leghiste.

Si può facilmente immaginare la suaira (come l’ha interpretata, in pocherime, il Gambizzato):

Garibaldi puveriello

s’arrevota dint’ ’a tomba,

“Quasi faccio nu maciello”

-va dicenno- “addo’ stà ’a tromba?”

Ha deciso, vò parti’,

ma cagnann’ direzione:

”pecchè nun s’addà sagli’,

s’addà scenne’…. ’a Pordenone”.

“M’ è custata ’na fatica,”

- va dicenno scunsulato -

”pe’ te fa’ l’Italia unita

ce vulette ’na smazzata”

“Mò duje fessi ’e quatte sorde,

cu ’na smania ch’ è cecata,

so’ capaci ’e tira’ ’a corda

pe’ ce da’ ’sta pugnalata;

so’ capaci ’e fa’ squaglia’

tutta ’a colla ’e ’na Nazione

che putettemo ’nculla’

sulo c’ ’a rivoluzione;

so’ capaci ’e mena’ a mare

tutto nu Risorgimento,

pecchè pensano all’affare,

tutto ’o riesto conta niente.

I DATI INOPPUGNABILIDEL MINISTERO DELLE FINANZEDEL REGNO D’ITALIA

E veniamo alla parte più interessante,riferita ai dati numerici del Ministerodelle Finanze del regno d’Italia, che

148 20° Seminario: Gli Equilibri in Medicina Interna. Alla ricerca de “I Fondamentali”

sono, poi, quelli più convincenti e più“matematici”, dove, quindi, c’è ben pocoda discutere o da interpretare.

Le seguenti due tabelle sono troppoilluminanti e sono riportate in numerosilibri. Esse si riferiscono a documenti uffi-ciali del Ministero, pubblicati alla fine delsecolo XX, dove l’allora Ministro delleFinanze fece praticamente un inventariodi quella che era stata la evoluzione eco-nomica dal 1860 fino al 1900. Si riporta-no, quindi, le condizioni economichepre-unitarie e post-unitarie fino a 40 annidopo la proclamazione della unità 1861.(Fig. 17).

La tabella spiegache cosa i singoliStati portarono indote al momento delraggiungimento del-l ’unità, cioè conquale cifra contribui-rono ognuno di loro.

Ebbene, si evin-ce, chiaramente, cheil Regno delle due

Sicilie, al momento della annessione,aveva, in termini di denaro circolante,più del doppio della somma di tutti glialtri Stati messi insieme

In particolare il Piemonte contribuìappena con un ventesimo circa, rispettoal Regno delle due Sicilie.

Ma la sorpresa più grande, che facapire tante cose e che getta un farosulla reale situazione italiana (passata epresente), è quella che emerge dalla let-tura della seconda tabella (Fig. 18), dovesi evince chiaramente in quale manierafurono distribuiti i soldi in Italia, nellarealizzazione delle infrastrutture.

Fig. 17

Fig. 18

Incontri al Fatebenefratelli - Benevento 12-13 Giugno 2013 149

Figura 18 in maniera leggibile bene Praticamente avvenne che “il banco

vinse” (ossia le Regioni del Nord siappropriarono di tutto quanto era statotrovato nelle casse del Regno borbonico)e tutto fu ridistribuito solo al Nord-Est, ilche da allora ha determinato tutto ilgrande divario.

I Borboni non spendevano, accumu-lavano. I soldi che furono presi, se fosse-ro stati distribuiti equamente secondo gliideali risorgimentali, allora si poteva direche era stata realizzata una unità giusta,ma non fu così.

I “grandi idealisti” “portatori dellalibertà e della civiltà” tolsero i soldi ai“monarchi dittatori” ma non li distribuiro-no equamente al popolo italiano in tuttele Regioni, bensì solo ad una parte delpopolo italiano, affamando il resto dellaPenisola. Praticamente si trattò solo diuna invasione a sfondo squisitamente“egoistico”, secondo i canoni dellaappropriazione indebita.

“Gli ideali risorgimentali esistevanoveramente per pochi, ma rimasero “idea-li” (Gambizzato, 2002).

E Indro Montanelli così, lapidariamen-te, definì il periodo storico in esame: “IlRisorgimento come epopea dello spiritounitario e patriottico è un falso storico”(I. Montanelli).

Per lo storico Giacinto de Sivo, il pro-cesso che ha portato all’unità d’Italia èstato, più che una rivoluzione o unoscontro militare tra italiani, una aggres-sione contro due istituzioni legittime, ilRegno delle Due Sicilie e la Chiesa. Oltrealla violazione del diritto, de’ Sivo ravvisanel piano risorgimentale, anche una vio-lazione dei valori spirituali e civili dellanazione napoletana.

Ciò nonostante, per completezza,ugualmente presentiamo le opinioni delMinistro delle Finanze del Regno d’Italia,

Francesco Saverio Nitti , che furonoespresse per iscritto in due sue pubblica-zioni: “L‘ unità nazionale, non produssebenefici in maniera equa in tutto il paesee lo sviluppo dell’Italia settentrionale fudovuto in grande misura ai sacrifici delMezzogiorno. [(F. S. Nitti, da Nord e Sud(1900) - L’Italia all’alba del secolo XX(1901)].

“ É stato messo oramai fuori di ognidubbio, che la differenza fra il Nord e ilSud, minima intorno al 1860, si sia accen-tuata rapidamente dopo” (F. S. Nitti)

“Da tre secoli a questa parte mai

l’Italia è stata ciò che è ora: in qua-

rant’anni di unità, questa unità,

nonostante le sue ingiustizie, è sem-

pre il nostro più grande bene” (F.S.Nitti).

Come vedete, Nitti nonostante tutto,dopo 40 anni, continuava a difendere ilvalore ideale della unità e sulla sua posi-zione ci uniformiamo.

DIFFERENZA FORMALE E SOSTANZIALETRA FERDINANDO IV DI BORBONE, REDI NAPOLI E VITTORIO EMANUELE II,RE D’ITALIA

Altro elemento storico molto significa-tivo, che confermò il concetto, ormaicondiviso da molti, che si trattò di una“invasione” e non di un “affratellamento”(se non per uno sparuto numero di gio-vani veramente idealisti, dietro i quali sinascondevano i caimani della finanza) èquello riferito al nome di Vittorio Ema-nuele II Re d’Italia.

Al riguardo, per capire meglio il signi-ficato della questione, conviene ricordareche un Re “borbonico” Ferdinando IV diNapoli, quando diventò Re delle dueSicilie, preferì cambiare il suo nome tra-mutandolo in Francesco I Re delle dueSicilie, modificando la numerazione dina-stica da “IV” a “I”.

150 20° Seminario: Gli Equilibri in Medicina Interna. Alla ricerca de “I Fondamentali”

Certamente fu sua l’intenzione disignificare a tutti i siciliani che egli inten-deva essere Re di tutti allo stesso modo(napoletani e siciliani) inaugurando unanuova numerazione e cominciando dalnumero primo.

Al contrario, quando Vittorio Emanue-le II, Re Savoia, diventò Re d’Italia nel1861, tutti s’aspettavano che si facessechiamare Vittorio Emanuele I, Re d’Italia,ma egli non volle acconsentire ad inau-gurare la nuova numerazione, nonostan-te che gli venisse chiesto ufficialmente inParlamento da vari esponenti politici delsuo Regno.

Come, quindi, non essere d’accordocon il Cardinale Biffi, che recentementeha scritto nel suo libro nel 2011:

“Che cosa sarebbe costato a VittorioEmanuele II, Re sabaudo, assumere ilnome di Vittorio Emanuele I - Re d’ Italia-, in modo da rendere chiaro a tutti chesi trattava dell’inizio di un regno nuovo ediverso, e non di un ingrandimen-to del regno sardo?” (CardinaleGiacomo Biffi, 2011).

PADRE GIOVANNI MINOZZI EPADRE GIOVANNI SEMERIA

Altro elemento storico moltoimportante è quello che mi ritornain mente ogni volta che, nella miastanza in Ospedale, guardo unacartina dell’Italia che tengo appesaal muro, e che riusciva a fare daappagamento al mio narcisismofino ad 1 anno fa (e vi spiego per-ché non più).

La cartina mi serve per conce-dermi quel breve attimo di goduriapersonale, quando, tornando da unconvegno dove ho tenuto una rela-zione scientifica, entrando nella miastanza, vado subito ad apporre unafreccetta in corrispondenza della

Città ospitante il convegno. La cartina èquasi tutta piena e recentemente ho avutoil piacere di mettere la freccia anche incorrispondenza della Città di Udine, chemi mancava. Per completare è rimastaancora vuota solo Aosta (ma prima opoi…..). (Fig. 19)

Ebbene, fino a qualche tempo fa, eroorgoglioso dei miei presunti successi emi riguardavo la cartina con soddisfazio-ne, fino a che non sono andato a tenereuna relazione scientifica anche ad Ama-trice nel Lazio, dopo di che quasi mi ver-gogno di questa mia stupida vanagloriaper niente, al confronto di che cosahanno saputo fare altri personaggi “mae-stosi” che fino ad allora io non conosce-vo proprio e che adesso Vi presento.

Nell’istituto di Amatrice, in cui si eratenuto il convegno, trovai, appesa almuro nel corridoio, una altra cartina d’I-talia con numerosi piccoli segnapostidistribuiti alla mia stessa maniera in varie

Fig. 19

Incontri al Fatebenefratelli - Benevento 12-13 Giugno 2013 151

regioni. (Fig. 20)Incuriosito, mi rivol-

si al Direttore, che eraun Sacerdote, e chiesicosa rappresentassequella cartina con que-gli indicatori.

Con molta naturalez-za Egli mi disse: “Ah,quelle sono le sedi deinostri orfanotrofi, creatidal nostro FondatorePadre Giovanni Minoz-zi, grande organizzato-re, che voi sicuramenteconoscete ?”.

Dovetti confessareche non ne avevo maisentito parlare, al che, ilDirettore, quasi scanda-lizzato, aggiunse: “Allo-ra certamente conosce-rete Padre Giovanni Semeria, grandeconferenziere, che fu artefice, insieme aPadre Minozzi, della creazione di tuttiquesti orfanotrofi ?”. (fig. 21)

Vergognandomi, dovetti ammettereche nemmeno di Padre Semeria ne avevomai avuto conoscenza o finanche il ben-ché minimo sentore.

Ed allora il Direttore, un pò avvilito,mi raccontò la loro storia.Erano stati entrambi cap-pellani militari durante laguerra 1915/18 ed aveva-no operato in zone diver-se del fronte, dove aveva-no assistito molti giovanisoldati, morenti, nelle ulti-me ore di vita, prometten-do loro che si sarebberooccupati dei loro figli,destinati a breve, a diven-tare orfani, come poi eraavvenuto.

Finita la guerra, i duecappellani casualmen-te si incontrarono, e,ricordando le comunipromesse fatte, inmolti casi solo perconcedere un po’ diserenità finale almorente, ammisero diessere stati inganne-voli e che, quindi,dovevano rimediaremantenendo le pro-messe esplicitate inpunto di morte.E così nacque il primoorfanotrofio ad Ama-trice (perché PadreMinozzi era di quelleparti) ove egli riuscìad accogliere centi-naia e centinaia di

orfani di guerra (pare che solo nei primidue anni furono accolti circa 800 orfani).

Da allora fondarono decine e decinedi altri orfanotrofi grazie ai soldi che ilgrande conferenziere Padre Semeria riu-sci a raccogliere nei suoi giri per ilmondo, compreso l’America. Uno deisuoi slogan era: “ A far del bene non sisbaglia mai ” (G. Semeria).

Fig. 20

Fig. 21

152 20° Seminario: Gli Equilibri in Medicina Interna. Alla ricerca de “I Fondamentali”

Così il binomio Minozzi-Semeria (ilprimo, organizzatore e, potremmo dire,grande manager a fin di bene, e il secon-do, raccoglitore di fondi) riuscirono aprocurare un tetto ed il necessario per ilsostentamento e per gli studi a migliaiadi ragazzi orfani. Padre Semeria era l’i-deologo e Padre Minozzi era il praticorealizzatore concreto. Quando c’era dachiedere soldi nel periodo fascista, puressendo antifascista, si presentava alMinistero da Mussolini e quando ci ful’avvento della Democrazia Cristianaandava tranquillamente al Ministero daAndreotti, perché l’importante era portareavanti gli orfanotrofi.

Al confronto diquella cartina d’Italiacon la mia cartina, misentii piccolo-piccolo, emi vergognai molto, alpensiero che ogni miafreccetta corrispondevaad una banale relazio-ne scientifica, mentreogni freccetta del duoMinozzi-Semeria rap-presentava un orfanotrofio con centinaiadi ragazzi da sfamare, alloggiare e farstudiare.

Ed io che pensavo di aver fatto chi sache.

La cosa, poi, che mi irritava di più,era il pensiero che queste due nobilifigure, non fossero nell’orbita delle mieconoscenze e forse nemmeno dellevostre (mi fa piacere, questa sera, contri-buire a farli conoscere ad una platea cosìprestigiosa).

Ma, dopo il racconto molto interes-sante, la cosa che attirò la mia attenzionefu la particolare distribuzione delle frec-cette sulla cartina d’Italia: guardate purevoi dove erano gli orfanotrofi sulla carti-na. Quasi tutte le frecce sono presenti

dalla Toscana a venir giù verso il Sud d’I-talia. Moltissime sono nel Lazio (terra diPadre Minozzi) in Campania ed in Cala-bria. Gli orfanotrofi della guerra ’15/18erano distribuiti così, perché al fronte, aCaporetto o sul Piave, veniva mandata lacarne da macello dei giovani del Sud.

È duro sentire questo e, poi, vederenell’aula della Regione Lombardia i ban-chi vuoti della Lega, quando si festeggial’Unità d’Italia, con il rappresentantedella famiglia Bossi che dichiara: “andia-moci a prendere un cappuccino al bar”,mentre suonava l’inno di Mameli. È pro-prio dura! (Fig. 22)

Ce hann’ primm’ restituì

i tesori d’ ’e Borboni,

che facettero sparì

c’ ’a furbizia dei ladroni.

Nuje tenevemo nu Regno,

che valeva cchiù d’ ’o loro,

e avettemo da’ in pegno

tutt’ argiento e tutto l’oro.

Ce mannareno in miseria,

tralascianno sulo ’e pann’,

e ’nventarono po’ ’a storia

ch’eravamo muorte ’e famme.

Cu la scusa ’e l’Unità,

tanti baci e tanti abbracci,

ma era sulo falsità

pe’ lasciarci sulo i stracci.

Fig. 22

Incontri al Fatebenefratelli - Benevento 12-13 Giugno 2013 153

Ce hann’ primm’ restituì

’e guagliune a diciott’anni,

che mannarono a murì

senza armi e senza panni;

conquistarono ’o rispetto,

difendendo ’a terra loro,

’ncopp’ ’o fronte a Caporetto

o sul Piave, al posto loro.

Gambizzato, 2001

Ed ancora è istruttivo sapere che ilmetodo Boffo non è stato inventato ades-so. È una tecnica consolidata già dasecoli.

Avete mai visto quel documento checircola a proposito del Regolamentodella marina “borbonica”, dovesi legge “facite ammuina” ? Èdiventato così famoso, a talpunto da essere usato come slo-gan dispregiativo verso i Borbo-ne. Eppure è chiaramente unfalso storico, che viene perpe-tuato ogni volta. (Fig. 23)

La Marina dei Borbone, inve-ce, era la migliore del Mediterra-neo, in competizione con quellaInglese, e seconda solo rispettoad essa.

Gli Storici hanno ampiamentedocumentato che quel manifesti-no è un falso. Ce l’hanno propi-nato come simbolo della napole-tanità deteriore e noi l’abbiamoaccettato (anche qualcuno di noimeridionali lo usa in tono auto-dispregiativo e questa è unacosa molto grave,secondo me).

CONCLUSIONI A me piacciono le figure

nobili come i soldati di Civitella.Quelli sono come Carlo Pisacane

dall’altra parte del fronte e meritano ana-logo onore, in una memoria rispettosadelle loro idee e del loro eroismo finoalla morte, pur di difendere una bandie-ra. Quelli sì che sono stati veri uomini,che hanno avuto il coraggio di combatte-re per un loro ideale.

Questo la Storia ufficiale non lo dice,o non lo dice per tutte le fazioni incampo. Io non ho mai letto sui libri discuola la vicenda degli ultimi giorni diCivitella, eppure questa è storia vera chepotrebbe servire a generare ideali pulitinella testa delle nuove generazioni, comei trecento giovani e forti. Anche quelli diCivitella erano giovani e sono morti esolo per un ideale.

Fig. 23

154 20° Seminario: Gli Equilibri in Medicina Interna. Alla ricerca de “I Fondamentali”

Fig. 24

Nun avevano mai visto

manc’ ’a faccia ’e Franceschiello,

ma sapevano che chisto

era ’o Re dint’ ’o castiello

e teneva ’na mugliera,

cumannante e suldatessa,

curaggiosa, bella e fiera,

che pareva ’na leonessa.

E pe’ chella Reginella

e p’ ’a storia d’ ’e Borboni,

’ncopp’ ’e spalte ’e Civitella

se senteva ’a devozione,

Chesto ’a Storia nun ’o dice,

pecchè forse se vergogna,

ma ce stà chi ’a contraddice

quann’ ’a Storia nun è degna;

ma c’ ’o tiempo, che è sincero,

si te contano ’na palla,

quann’ è falsa e nun è overa,

tutto vene sempe a galla

e accussì, dopp’ tant’ anni,

esce fore ’a verità,

chi ha patito tant’ affanni

ccà riacquista ’a dignità;

e chi vene int’ ’a fortezza,

a onora’ chisti surdati,

assicura cu certezza:

“nun saranno mai scurdati

e si trase dint’ ’a Chiesa,

fosse pure ’nu mumento,

’na preghiera bona è spesa

pe’ chi è sotto ’o pavimento”.

Vi ringrazio per la intensa attenzione e spero di non avervi annoiato troppo.

Gambizzato, Settembre 2006

Incontri al Fatebenefratelli - Benevento 12-13 Giugno 2013 155

I partecipanti nella magnifica sala del Palazzo del Governoallietati dalla musica del Maestro di flauto traverso Carlo Mazzarella


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