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L’albergo “Santa Marta” - gruppocarige.it · sul far della sera e arrivammo poi di buon ......

Date post: 18-Feb-2019
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Osteria, locanda, albergo: così viene definito nel corso del tempo il più longevo

e autorevole ricetto genovese; ma esso fu, come vedremo più avanti, anche pal-

coscenico, ed è possibile sia stato anche «ospizio». L’osteria nasce infatti dal-

l’antico monastero degli Umiliati di Santa Marta del Prato, in piazza del Guastato: i qua-

li, trasferendosi nella sede di Pietraminuta, nel 1509 furono sostituiti dai Frati Minori Con-

ventuali, pur conservando diritti su case e terreni della zo-

na, quella allora chiamata del Roso. Gli Umiliati, che ge-

stivano l’antico ospedale della Maddalena, disponevano

d’un ricovero anche vicino alla chiesa e al convento di S.

Marta; è in alcuni degli antichi locali accanto al fabbrica-

to dell’edificio, dove ha inizialmente sede anche l’oratorio

dei Disciplinati di S. Tommaso, che apre la prima osteria.

L’esercizio si trovava «ove ora è la scalinata della Noncia-

ta», - ricordava nel 1689 un anonimo padre1 - ed era atti-

guo a un fienile, all’oratorio e alla chiesa stessa, alla quale

si aveva accesso da «un stretto corridore» fra questi locali.

Nel 1520, sul luogo dove sorgeva la chiesa di S. Marta, i Mi-

nori Conventuali iniziarono l’erezione della nuova chiesa

di S. Francesco; che presto soggetta a ulteriori trasforma-

zioni, divenne poi l’Annunziata del Guastato.

L’osteria doveva già essere attiva nel primo Cinquecento,

essendo in concorrenza con la locanda del Falcone, aperta

nel 1510. Dai libri del Cerimoniarum della Repubblica2 e da

altre fonti si hanno notizie su molti illustri ospiti che dalla

seconda metà di quel secolo presero ad alloggiarvi: circo-

stanza di non poco conto, in quanto con l’istituzione dei

Dogi biennali, nel 1528, veniva assegnato al soggiorno del-

le personalità politiche e nobiliari straniere che giungeva-

no in città un cospicuo numero di dimore gentilizie, at-

L’albergo “Santa Marta”:tre secoli di ospiti illustri

di Virgilio Zanolla

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«Ritornato il bel tempo, c’imbarcammo sul far della sera e arrivammo poi di buon mattino a Genova, città che non avevo mai vista.Scesi all’Albergo Santa Marta e, per decenza, presi due camere, ma attigue».

(Giacomo Casanova, Storia della mia vita, LXXIX)

A fronteLa zona dell’Annunziatadove fin dal XVI sec.era ubicata l’osteriaSanta Marta.

In questi ritrattiGiacomo Casanova uno degli insignifrequentatoridell’albergo genovese.

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trezzate per la bisogna; la destinazione era determinata previo sorteggio, col sistema della

«bussola»: e almeno fino alla prima metà del Seicento i personaggi più insigni erano ospi-

ti dei principi Doria a Fassolo o di altri alti esponenti del patriziato genovese. Ciò nondi-

meno, le osterie genovesi - oltre alla Santa Marta, segnatamente quelle del Falcone, del

Galeone e di S. Carlo - accolsero anch’esse nomi illustri: vuoi perché molti di loro giunge-

vano a Genova quasi di sorpresa, senza poter essere ancora stati contattati: e infatti, veni-

vano avvisati degli appartamenti a disposizione dal cintraco inviato dal Doge, il quale, con

un seguito d’onore composto - a seconda del rango - da alcuni gentiluomini e più militi,

faceva loro visita proprio nell’osteria dov’erano scesi; vuoi perché in incognito, e non de-

siderosi d’alcuna attenzione particolare; e vuoi infine perché, giunti con una nave o una fe-

luca e in sosta per una notte prima di rimbarcarsi, erano impossibilitati ad accogliere le

articolate cortesie previste dal cerimoniale.

Il primo riscontro riguardante l’osteria è del 1569: in quell’anno, in data imprecisata, vi al-

loggia il «Conte Cuantador francese venuto ambasciatore del Re», diretto a Roma via Leri-

ci. Nel marzo 1572 è la volta del duca di Nevers, governatore generale del Re di Francia in

Italia: vanno a visitarlo «quattro M.ci Procuratori» per i convenevoli di rito, «et essendo

egli all’hosteria di S.ta Marta, si fece preparare la casa del n. [obiluomo] Bar.lo [Bartolo] Lo-

mellino, et si mandorno Doi Gentilhuomini ad offerirli la casa per levarlo dell’hosteria, ma

[il duca] non volse accettarlo non volendo fermarsi più di un giorno come fece, essi doi gen-

tilhuomini hebbero cura di tener compagnia a esso Duca». Il 17 marzo 1589 l’osteria acco-

glie Geronimo Negri, ambasciatore del duca di Mantova presso il Re di Spagna; l’8 maggio

dello stesso anno vi alloggia «M[onsieur] di Sinencourt Franzese», ambasciatore del Re di

Francia a Venezia, il 13 giugno «Mons. Sanguai marchese di Pisani, cavaliere di S. Spirito e

ambasciatore del Re di Francia presso Sua Santità», e il 20 giugno il conte Scarampo, invia-

Piazzetta Santa Sabina– via delle Fontanedove, nei primi decennidel Seicento, futrasferito l’albergo.

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to del duca di Mantova. Il 17 aprile 1591 vi giunge Camillo

Guadagno, ambasciatore del duca di Ferrara presso la cor-

te spagnola; il 27 ottobre 1592 il conte Antonio d’Aress, am-

basciatore cesareo presso la Repubblica di Genova; e in que-

gli stessi giorni vi scendono anche il dottor Domenico Bel-

li, inviato in Spagna del duca di Savoia, e il marchese Sfor-

za Pellegrino, ambasciatore del duca di Parma. Il 26 mag-

gio 1595 a pernottarvi è un non menzionato «Conte nobi-

luomo ambasciatore dell’Imperatore di Spagna», mentre il

22 ottobre dello stesso anno vi alloggia il principe d’Oran-

ge, e il 13 dicembre il conte Carlo Malaspina, ambasciatore

in Spagna del duca di Mantova. Il 30 dicembre 1596 torna

a fermarvisi l’inviato del duca di Savoia Domenico Belli, e

il 5 gennaio 1599 vi giunge il barone Adam, «ambasciatore

dell’Impero alla Regina di Spagna in Milano»; il 30 maggio

di quell’anno tocca al «Marchese degli Edifici ambasciatore

di Parma», l’8 giugno agli ambasciatori lucchesi Cesare De

Nobili e Gio. Lorenzo Mompigli, e il 14 ottobre a Cesare

Scotto marchese di Carpineto, ambasciatore in Spagna del Ducato di Parma. L’11 marzo

1600 l’osteria accoglie monsignor Conti, vescovo d’Ancona e vicelegato in Avignone; nel

1601 vi alloggiano Angelo Gabrieli, ambasciatore lucchese (il 16 aprile), Carlo Hartrach,

inviato dell’imperatore «a tutti i principi d’Italia per domandar denari, et aiuto contra il tur-

co» (il 19 giugno) e l’ambasciatore del re di Persia «con 14 persone che menava seco» (il 22

giugno). Il 9 maggio 1603 scende al Santa Marta il principe Jean Vanville, fratello del duca

di Guisa, e il 12 ottobre il senatore del re d’Inghilterra Anthony Stirmans; il 23 giugno 1605

l’ambasciatore in Spagna Dario Castelletti; il 10 gennaio 1606 monsieur de Nemours «fran-

zese». Il 9 ottobre 1608 vi alloggia l’ambasciatore di Savoia, il 22 aprile 1610 il viceré di Sar-

degna, e l’8 gennaio 1615 il conte Gio. Batta Solerio «ambasciatore dell’Altezza di Savoia».

A quei tempi l’osteria di Santa Marta, pur non disponendo di un teatro come quello delle

Vigne o del Falcone, si prestava, come altre delle migliori in città, anche per allestimenti estem-

poranei di spettacoli teatrali: fin dall’ultimo decennio del Cinquecento l’oste Domenico Bru-

gnolo, poiché «vene occasione di far fare le Comedie pubblice», aveva fatto realizzare un pal-

co nella stanza del vecchio dormitorio del convento (comprendente la «scena con tutti i suoi

aparechi»), appigionandola a una compagnia d’attori3. L’opposizione dei frati del vicino

oratorio di S. Tommaso non ebbe buon esito: nel febbraio 1599, quando venne a Genova

Margherita d’Austria regina di Spagna, gli attori ebbero buon gioco nel proporre le loro rap-

presentazioni. Di questi «comedianti» nulla sappiamo: ma è facile immaginarli spagnoli; d’al-

tronde, si ha poi notizia che nel 1618 il Senato della Repubblica concedeva il permesso di rap-

presentazione in loco alla compagnia d’attori spagnoli di «Vincenzo Ossorio» (certo, Vicen-

te Osorio: probabile parente dell’attrice Elena Osorio amata da Lope de Vega)4.

All’inizio del Seicento l’osteria si trovava ancora a fianco dell’oratorio di S. Tommaso, sul

lato a monte e a levante della piazza; il suo proprietario, Orazio Cena (che col fratello

Gio. Batta l’avrebbe condotta almeno fino al 1630), «amorevole e benefattore» del vici-

no convento degli Umiliati ormai abbandonato dai frati, nel 1608 aveva risolto la que-

stione dei vecchi locali del convento, ottenendone l’utilizzo da loro5. Tra il ’18 e il ’27,

per i lavori d’ampliamento della chiesa della SS. Nunziata del Guastato (la cui nuova fac-

ciata venne avanzata verso la piazza, comportando l’abbattimento degli edifici che ospi-

tavano l’oratorio e l’osteria), l’esercizio fu trasferito nello «stabile de fornari» in piazzetta

S. Sabina, presso l’attuale via delle Fontane6. Poco o nulla si sa circa la sua struttura in-

terna, ma è indubbio che il cambio dovette essere vantaggioso, in conformità con le nuo-

ve esigenze dell’ospitalità che andavano manifestandosi: da alcune delle stringatissime

note dei Cerimoniarum, apprendiamo che i locali erano dotati d’un portico e di ampie

Margherita d’Austria,regina di Spagna, fu a Genova nel 1599.

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scale; questo o quell’illustre ospite - vien detto talvolta -

sono inoltre visitati nel loro «appartamento».

È un fatto che nei Cerimoniarum l’elenco dei visitatori ri-

prende nel 1637: il 21 settembre alloggia al nuovo Santa Mar-

ta l’ambasciatore dei Grigioni, seguìto, il 28 aprile 1638, dal

principe Casimiro, fratello del re di Polonia. All’albergo o

locanda viene inoltre, con ogni probabilità, fatto indiretto

riferimento per metonimia, nell’elenco degli osti cittadini

stilato l’11 maggio 16487: qui è infatti menzionato l’oste «Lo-

renzo di Negro da S. Fede»; perché il S. Marta, come si è det-

to, era situato nelle immediate vicinanze della chiesa.

Il 22 aprile 1661 l’ospite è il britannico conte di Bristol, e,

nel ’69, l’osteria accoglie prima l’inviato a Roma del prin-

cipe Pedro del Portogallo, Dom João de Roixas (il 17 mar-

zo), poi il figlio secondogenito del re di Danimarca, in

incognito (il 26 ottobre). Il 13 gennaio 1672 vi scendono

i figli del duca di Vendôme: che, frettolosi e con poca vo-

glia di cerimonie, «con dire a quell’oste che non dicesse

chi erano ivi riposati poche ore se ne partirono à cavallo

per andare à Torino»; il 20 aprile ’74 è la volta di monsieur

Goumonte, inviato del re di Francia ai principi d’Italia; il

1° giugno 1683 quella del conte Martinez, inviato cesareo;

il 15 aprile 1695 vi alloggia in incognito il figlio primo-

genito del principe langravio d’Assia.

Il 22 ottobre 1709, nell’elenco steso in occasione d’una tas-

sazione per i ceri destinati alle celebrazioni del Corpus Do-

mini e del giorno onomastico di S. Tecla, patrona dei lo-

candieri genovesi, è menzionato quale oste «Gaetano Clavarino à S. Marta»: abbiamo

una conferma dell’importanza dell’albergo dalle 3 lire di tassa che il Clavarino è chiama-

to a versare, il prezzo ponendolo nella fascia dei contributi più alta. Il Clavarino è tra i 22

«Huomini, ò sia Maestri di detta Arte» presenti la mattina di quel 22 ottobre nel portico

della casa del cortile inferiore del Real Palazzo dove abita il notaio Giuseppe Pompeo

Ratto che redige coi convocati il protocollo di tassazione8.

Nel primo semestre del 1736 arriva a Genova la compagnia del teatro veneziano S. Sa-

muele, diretta dall’impresario Giuseppe Imer e che ha quale poeta il ventinovenne Car-

lo Goldoni; nelle sue Memorie, il grande commediografo rammenta che prima di allog-

giare «in una casa attigua al teatro» del Falcone, dove la compagnia avrebbe dato le sue

rappresentazioni e dove egli avrebbe conosciuto la sua futura moglie, Nicoletta Conio,

essi si recarono «...all’albergo di S. Marta per aspettare, che ci fosse assegnato l’apparta-

mento destinatoci»9.

In quell’epoca, gli eserciti essendo composti in buona parte da soldati mercenari, era pra-

tica corrente tra gli stati e staterelli italiani infiltrare in altri stati delle spie allo scopo di

promuovere segretamente tra la milizia locale diserzioni per arruolamenti sotto la pro-

pria bandiera; queste spie, chiamate «ganci», agivano anche nel territorio della Repub-

blica di Genova, che si cautelava con grida intimative e agenti di controspionaggio. Se-

guìti nei loro spostamenti, molti di questi «ganci» venivano segnalati dagli informatori

della Repubblica presso questa o quella locanda o osteria, luoghi tra i più deputati alle

loro losche pratiche. Il 1° aprile 1739 soggiornava al Santa Marta il barone di Zievel, fiam-

mingo, colonnello aggregato al Reggimento di Borgogna, sospettato d’essere il mandan-

te di molti «ganci»; cosicché il 9 veniva confermato al locandiere, che aveva chiesto chia-

rimenti in proposito all’autorità competente, l’ordine di negargli ulteriore alloggio10.

Un’altro soggetto, «gancio» al soldo del Regno di Napoli e dei più attivi sul territorio del-

F.M.Accinelli,Compendio della storiadi Genova, Lerbora,1851. Genova,Biblioteca Civica Berio.Sezione diConservazione eRaccolta Locale.

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la Repubblica di Genova, è il palermitano Emanuel Ruiz

Lopez, tenente d’una compagnia del Reggimento Reale di

Palermo, che alloggia all’osteria per un paio di giorni nei

primi di maggio del 173911. Da un terzo documento, re-

lativo al problema di questi arruolatori e risalente al 30

maggio di quell’anno12, abbiamo conferma che il locan-

diere del Santa Marta si chiama Ambrosio Caneva: egli

viene convocato e si presenta con altri sette osti «nel Pa-

lazzo del M.co Ambrogio Negrone sulla Piazza di S. Lo-

renzo» per ricevere copia di un elenco di «ufficiali Gan-

ci» che promuovono arruolamenti per eserciti stranieri,

con l’ordine di rifiutargli l’alloggio. Suo figlio Filippo Ca-

neva, che talvolta lo rappresenta, è probabilmente locan-

diere alla vicina Croce Bianca.

Nell’autunno del 1760, giunse in città per il suo primo

soggiorno genovese Giacomo Casanova, in compagnia

della sua amante di turno, la bella marsigliese Rosalia:

«Scesi all’Albergo Santa Marta e, per decenza, presi due

camere, ma attigue», ricordò in Storia della mia vita13; egli,

avendo tradotto la commedia di Voltaire La scozzese, era

intenzionato a farla rappresentare al Teatro S. Agostino

dalla compagnia del veneziano Pietro Rossi: perciò riunì

tutti gli attori in una sala dell’albergo, dove si provvide al-

la lettura del testo. Più tardi, Casanova ricevette la visita

del sagace marchese Gian Giacomo Grimaldi, che già co-

nosceva: «Tornato all’albergo, trovai il signor Grimaldi

occupato a dare una lezione d’italiano alla mia Rosalia».

Nella sua puntuale ricostruzione dei due soggiorni ge-

novesi casanoviani, il Belgrano dice del Santa Marta che

l’albergo «fu del resto per vari secoli il principale di Ge-

nova; e in numero grandissimo vi smontarono principi e

ministri, diplomatici ed uomini di lettere, dico di quella

specie di lettere per le quali i viaggiatori trovavano credi-

to presso i banchieri»14.

È sempre il Belgrano a informarci della quasi coeva pre-

senza al Santa Marta di un altro illustre personaggio: il

pungente scrittore Giuseppe Baretti; il quale, in una lette-

ra del 18 novembre 1760 inclusa nel suo Voyage de Lon-

dres15, ricorda con un gustoso episodio la spietata concor-

renza tra la locanda e l’altra della Croce di Malta. Appena

giunto in feluca da Antibes in compagnia del cantante Cor-

nacchini, lo scrittore venne infatti avvicinato da un servi-

tore del Croce di Malta, che come d’uso allora attendeva i

forestieri allo sbarco per persuaderli a recarsi nell’albergo

per cui lavorava. Baretti gli disse che avrebbero alloggiato

al Santa Marta: ma questi, per nulla smontato, assicurò che

tale albergo era bruciato un mese prima a causa di un in-

cendio; si frappose tuttavia il Cornacchini persuadendo

l’amico a non prestargli fede. Quando furono al Santa Mar-

ta, infatti, trovarono l’edificio intatto; la cosa più sor-

prendente fu però lo scherzoso commento dell’alberga-

tore: egli garantì allo scrittore d’aver ‘bruciato’ spesso, a

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Alessandro Longhi,ritratto di Carlo Goldoni(1762, Venezia, CasaGoldoni).

Joshua Reynolds,ritratto di Giuseppe Baretti (1773-74 Coll. priv.)

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sua volta, il Croce di Malta: «È nostro costume... d’incen-

diarci reciprocamente in questo modo. Ciascuno deve fa-

re i suoi sforzi per attirare l’acqua al proprio mulino». Al-

lo scopo di evitare il «disordine» causato da simili imbro-

gli - ricorda sempre il Belgrano - il Senato della Repubbli-

ca fece emanare due decreti, il 9 e il 12 giugno 1777, che

vietavano «di andare incontro a’ forastieri» sia ai locandieri

che ai loro «servitori di piazza» e agli stessi «barcaroli». Ba-

retti fu altre volte a Genova: e da un’altra sua lettera ap-

prendiamo che almeno in un’altra occasione, il 18 set-

tembre 1770, scese di nuovo al S. Marta16.

Nel maggio-giugno 1779 pigliava dimora al Santa Marta

il ventinovenne conte Giovanni Fantoni di Fivizzano, già

in buona reputazione quale poeta: egli «Alloggia in San-

ta Marta» ed è «servito da certo Adami che serve in detta

locanda» si apprende da un rapporto del 19 giugno di quel-

l’anno stilato dagli Inquisitori di Stato seguìto ad un bi-

glietto di calice inoltrato il 1° giugno al Senato della Re-

pubblica, dove la vita libertina che allora menava il gio-

vane veniva puntualmente riferita17. Nel luglio di quel-

l’anno, Fantoni verrà richiamato a Fivizzano dall’autori-

tà del padre.

Che l’albergo fosse ancora, e incontestabilmente, il primo

della città, si può verificare dal rango degli ospiti che vi sog-

giornano negli ultimi due decenni di quel secolo dei lu-

mi. Il 25 settembre 1780 vi alloggia il Cav. Capello, ambasciatore della Repubblica di Ve-

nezia; dal 29 maggio al 3 giugno 1783, come conti di Nellemburg, vi scendono gli arci-

duchi di Milano. Ma l’anno memorabile è il 1784: il 15 febbraio vi giunge «in stretto in-

cognito» sotto il nome di conte di Falkenstein, «col solo accompagnamento del conte Kin-

ski e con pochi suoi domestici», nientemeno che Giuseppe II imperatore d’Austria, allo-

ra il più autorevole monarca europeo; il 26 maggio, anch’egli in incognito sotto il nome

di conte di Hago, vi alloggia Gustavo III re di Svezia. A fine dicembre dell’85 vi soggiorna

con la moglie Beatrice d’Este l’arciduca Ferdinando d’Asburgo, governatore di Milano. Il

25 maggio 1786 è la volta dell’ambasciatore alla corte del Portogallo Monino; il 5 luglio

1789, quella dell’ambasciatore di Spagna per la corte di Torino; il 26 agosto 1793, quella

del barone d’Arnfelt, plenipotenziario del Re di Svezia presso tutte le corti d’Italia.

Dopo tale data, l’esercizio mutò insegna, chiamandosi Albergo della Posta: ma continuò

sempre ad affiancare il nome originale, col quale era assai più conosciuto. All’Albergo

della Posta soggiornò in due occasioni - il 29 gennaio 1794 e il 21 ottobre 1795 - un ano-

nimo «inviato straordinario di Spagna»18: l’ultimo ospite di riguardo riportato sui Ceri-

moniarum; del resto, questi stessi benemeriti volumi manoscritti, dai quali si possono at-

tingere innumerevoli notizie su storia, usi e costumi del dogato e della città, interrom-

pono il loro resoconto l’anno seguente, a causa dell’avvento della Repubblica Democra-

tica Ligure. Quanto al S. Marta, lo troviamo ancora registrato con questo nome nel cen-

simento dell’aprile 180419. Quello francese del 1808 indica l’Auberge de la Poste in «pla-

ce des Fontanes ou de S.e Sab.e 296»: l’esercizio era gestito dalla quarantaseienne Giulia

Vinardi di Albisola («mâitre» de l’«auberge») e dal trentunenne genovese Domenico Ver-

nengo («teneur de livres»), e ne risultava proprietario «Le Prince d’Angri»20. L’8 ottobre

1825 un avviso pubblicitario cita il celebre oculista francese Michel Duchelard di Bon-

jeux, specializzato nella rimozione delle cataratte, che «è alloggiato al grand’albergo del-

la Posta, o Santa Marta»; un altro avviso del 22 ottobre informa che «sabato scorso, a 11

ore, al Grand’Albergo della Posta, egli ha operato in un minuto in presenza di un gran

Pompeo Batoni.L’imperatore Giuseppe IId’Austria, un altroospite illustredell’albergo SantaMarta, ritratto accantoal fratello.

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numero di spettatori tre persone che hanno subito avuto

la sorte di vedere la luce con gran soddisfazione degli as-

sistenti»21. L’esercizio viene poi citato dall’Indicatore nel

1834, che lo segnala anticipando il nome dell’oste: «Mat-

teo Schenone, Albergo della Posta, S. Marta, via delle Fon-

tane dalla piazza Nunziata»22.

L’albergo chiuse poco tempo dopo, perché nelle guide suc-

cessive non se ne ha notizia; è difficile credere abbia an-

cora mutato denominazione, e identificarlo con l’alber-

go California in palazzo Lomellini Serra, quest’esercizio

essendo già attivo nel 1804. Salvo clamorose quanto ardue

smentite, dunque, i suoi oltre 265 anni di storia promuo-

vono il Santa Marta a più longevo esercizio ricettivo ge-

novese di sempre.

Fonti e bibliografia

1 ASFR (Archivio Storico Francescano della Provincia Ligure deiFrati Minori), MS 858: carte 62-66. Vedilo in V. BELLONI, L’An-nunziata di Genova (Genova, A cura del Centro Studi Francesca-ni per la Liguria, 1965, p. 101).2 ASG (Archivio di Stato di Genova) Archivio segreto, Cerimo-niarum, n° 473 B: p. 13 recto, p. LVI verso; n° 474: p. 34 r., p. 48v., p. 50 r., p. 51 v., p. 101 r., p. 128 r., p. 131 r., p. 137 v., p. 163v., p. 166 v., p. 172 v., p. 182 r., p. 206 r., p. 220 r. e v., p. 229 r., p. 232 r., p.248 v., p. 251 v., p. 252 v.,p. 275 v., p. 282 r., p. 301 r., p. 306 v., p. 333 v., p. 351 v., p. 418 r; n° 475: p. 405 r., p. 426 v.; n° 477:pp. 26 v-27 r., p. 111 v., p. 119 v.; n° 478: p. 1, p. 43 r., p. 121 r., p. 178 v.; n° 482: p. 12 r., p. 18 r., p.22 r., p. 23 r., p. 26 v., p. 40 v., p. 52 v.3 ASFR, MS 858: carte 33-35 (18-20 gennaio 1604) e 104-107 (copia carte 33-35).4 Lo asserisce A. F. IVALDI ne Gli Adorno e l’«hostaria»-teatro del Falcone di Genova (1600-1680); parte I,in “Rivista Italiana di Musicologia”, XV, 1980, n° 1-2, p. 106; senza tuttavia fornire la fonte del documento.Un’altra osteria priva di teatro e dove nondimeno si davano spettacoli era quella della Croce Bianca.5 ASFR, MS 858: carte 59-60 (not. Lorenzo da Lavagna, 2 gennaio 1608). Vedilo in V. BELLONI, Op.cit., p. 101.6 F. M. ACCINELLI la dice «in vicinanza della chiesa di S. Fede» (Compendio della Storia di Genova dal-la sua fondazione sino all’anno 1776; Genova, Angelo Lerbora, 1851. III, 106). E così G. P. BIGONI:«...alla locanda di Santa Marta vicino al palagio dei Serra ch’era ed è tuttora Santa Sabina» (La cadu-ta della Repubblica di Genova, in “Giornale Ligustico”, 1897, p. 252).7 ASCG (Archivio Storico del Comune di Genova), Fondo Manoscritti, n° 99, Capitoli d’hosti, hostarie,e camere locanti, e chi apiggiona letti; 11 maggio 1648.8 ASCG, Ibid., 22 ottobre 1709.9 C. GOLDONI, Memorie, XXXIX. Vedi anche L. T. BELGRANO, Il matrimonio e il consolato di Gol-doni, in Imbreviature di Giovanni Scriba; Genova, Tip. del R. Istituto Sordomuti, 1882.10 ASG, Sala Foglietta, filza n° 337, 1° aprile ed 8 maggio 1739.11 ASG, Sala Foglietta, filza n° 337, 1° aprile ed 8 maggio 1739.12 ASG, Sala Foglietta, filza 337, dc. relativi al 6-7, 17 e 14-25 aprile, 29-30 maggio 1739.13 G. CASANOVA, Storia della mia vita; Milano, Dall’Oglio, 1965; LXXIX, p. 56. L. T. BELGRANO, inAneddoti e ritratti casanoviani (Torino, La Letteratura, 1889; p. 11), corregge l’autore (il quale, comesi sa, redasse le sue memorie in francese, e a più di trent’anni dal fatto narrato), che si contraddice conle date e a proposito del Santa Marta scrive: «Je me logeai à l’auberge de Saint-Martin».14 L. T. BELGRANO, Op. cit.., p. 11.15 G. BARETTI, Voyage de Londres à Gênes passant par l’Angleterre, le Portugal, l’Espagne et la France;Amsterdam, M. M. Rey, 1777; vol. IV, p. 11.16 G. BARETTI, Epistolario (a cura di Luigi Piccioni); Bari, Laterza, 1936. Lettera CCLXXXI, 23 set-tembre 1770, Vol. II, p. 21: «Andai a smontare al Santa Marta, perché giunsi troppo tardi e troppo ve-stito di viaggio».17 A. NERI, Aneddoto intorno a Labindo, in “Giornale Storico e Letterario della Liguria”, 1905.18 ASG, Arch. Segr., Cerimoniarum, n° 482, p. 54 v. e 61 r.19 ASG, Magistrato delle Comunità, n° 561, Nota n° 15 - Degli Abitanti della Parochia di S. Fede, 14 apri-le (1804); in fondo, c’è una «Nota dei renitenti» in cui si legge: «Alla locanda di S. Marta si è manda-to e richiesto più volte la nota dei figli dormienti in d.a locanda e si attendono ancora».20 ASCG, Registre Pr. de la Population, 1808.21 “Gazzetta di Genova”, anno XXIV, n° 81, 8 ottobre 1825, p. 3 e n° 85, 22 ottobre 1825, p. 1.22 L’Indicatore Genovese. Anno secondo. 1834; Genova, coi tipi di N. Faziola e F., 1834, p. 238.

Lorens Pasche il Giovane, ritratto di Gustavo III di Sveziache fu a Genova nel1784 e alloggiònell’albergo sotto falsonome.

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