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L’Obiettivo tematico Infrastrutture nell’Accordo di ... · essere articolata in 11 Obiettivi...

Date post: 26-Sep-2020
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40 Fondazione Mezzogiorno Tirrenico “Progetto Gomma – Ferro “ Logistica, Intermodalità e Territorio L’Obiettivo tematico Infrastrutture nell’Accordo di partenariato 2014-20 Sul piano nazionale, le coordinate della nuova politica infrastrutturale nella nuova programmazione vanno rintracciate nell’Accordo di partenariato, il documento, previsto dai Regolamenti Comunitari con cui ogni Stato membro è chiamato a definire la propria strategia, le priorità e le modalità di impiego dei fondi strutturali europei per il periodo 2014-2020, tenendo conto della strategia individuata a livello comunitario nel Quadro Strategico Comune, e in una logica di stretta integrazione tra programmazione Europea- Nazionale-Locale. Secondo l’Accordo inviato alla Commissione europea il 22 aprile 2014, e attualmente oggetto di approvazione definitiva, la strategia di intervento nazionale dovrebbe essere articolata in 11 Obiettivi Tematici, di cui uno, l’OT7, dedicato al tema delle Infrastrutture di Trasporto Sostenibile per le sole Regioni meno sviluppate. Sono destinate a questo Obiettivo risorse per 1.941 milioni di euro, che diventano 3,9 miliardi di euro per effetto del cofinanziamento nazionale. Si tratta di risorse importanti, ma fortemente ridotte, di circa la metà, rispetto alle risorse previste nel ciclo 2007-2013. Questa scelta non è, tuttavia, frutto di una minore considerazione dell’importanza del tema, ma di una scelta di opportunità legata alla insufficiente capacità di ultimare i progetti nei tempi previsti dalla normativa comunitaria. Non a caso, la dotazione in questo Obiettivo Tematico è commisurata in parte al completamento di alcuni Grandi Progetti (prevalentemente ferroviari) che si sono avviati nella programmazione 2007-2013 e in parte per il rafforzamento ulteriore di alcune grandi direttrici ferroviarie interne al Mezzogiorno (sforzo già avviato con risorse nazionali), nonché per la realizzazione di progetti di rafforzamento di logistica e intermodalità a servizio del sistema produttivo. In tutti i casi, sarà comunque necessario identificare solo interventi puntuali di cui garantire la realizzazione entro il ciclo. Parte rilevante di questi interventi sarà contenuta in un Programma Operativo Nazionale (PON) gestito dal Ministero delle Infrastrutture, di cui tuttavia, alla data di oggi, non si conosce la struttura e il dettaglio. Il fattore “tempo” e la relativa “fattibilità” degli interventi fanno, dunque, premio su qualunque altra indicazione strategica. Il dettaglio delle scelte programmatiche deve essere perciò coerente con tale impostazione. Nel complesso, la dotazione di infrastrutture di trasporto rispetto all’UE pone il nostro Paese in una situazione di evidente gap, con un’unica non irrilevante eccezione nelle reti ferroviarie AV. Se dalla dotazione si passa all’intensità di utilizzo delle infrastrutture di trasporto, il quadro si presenta ancor più preoccupante, perché le nostre dotazioni mostrano evidenti segnali di congestione rispetto alla media europea Pur considerando gli effetti della crisi economica, che hanno ridotto persone e merci trasportate soprattutto nel 2011, l’intensità di utilizzo della rete autostradale mostra valori particolarmente rilevanti nel trasporto di persone, con un indice pari a
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Fondazione Mezzogiorno Tirrenico “Progetto Gomma – Ferro “ Logistica, Intermodalità e Territorio

L’Obiettivo tematico Infrastrutture nell’Accordo di

partenariato 2014-20 Sul piano nazionale, le coordinate della nuova politica infrastrutturale nella nuova programmazione vanno rintracciate nell’Accordo di partenariato, il documento,

previsto dai Regolamenti Comunitari con cui ogni Stato membro è chiamato a definire la propria strategia, le priorità e le modalità di impiego dei fondi strutturali europei per

il periodo 2014-2020, tenendo conto della strategia individuata a livello comunitario nel Quadro Strategico Comune, e in una logica di stretta integrazione tra programmazione Europea- Nazionale-Locale.

Secondo l’Accordo inviato alla Commissione europea il 22 aprile 2014, e attualmente

oggetto di approvazione definitiva, la strategia di intervento nazionale dovrebbe essere articolata in 11 Obiettivi Tematici, di cui uno, l’OT7, dedicato al tema delle Infrastrutture di Trasporto Sostenibile per le sole Regioni meno sviluppate.

Sono destinate a questo Obiettivo risorse per 1.941 milioni di euro, che diventano 3,9

miliardi di euro per effetto del cofinanziamento nazionale. Si tratta di risorse importanti, ma fortemente ridotte, di circa la metà, rispetto alle risorse previste nel

ciclo 2007-2013. Questa scelta non è, tuttavia, frutto di una minore considerazione dell’importanza del tema, ma di una scelta di opportunità legata alla insufficiente capacità di ultimare i progetti nei tempi previsti dalla normativa comunitaria.

Non a caso, la dotazione in questo Obiettivo Tematico è commisurata in parte al

completamento di alcuni Grandi Progetti (prevalentemente ferroviari) che si sono avviati nella programmazione 2007-2013 e in parte per il rafforzamento ulteriore di alcune grandi direttrici ferroviarie interne al Mezzogiorno (sforzo già avviato con

risorse nazionali), nonché per la realizzazione di progetti di rafforzamento di logistica e intermodalità a servizio del sistema produttivo. In tutti i casi, sarà comunque

necessario identificare solo interventi puntuali di cui garantire la realizzazione entro il ciclo.

Parte rilevante di questi interventi sarà contenuta in un Programma Operativo Nazionale (PON) gestito dal Ministero delle Infrastrutture, di cui tuttavia, alla data di

oggi, non si conosce la struttura e il dettaglio. Il fattore “tempo” e la relativa “fattibilità” degli interventi fanno, dunque, premio su qualunque altra indicazione strategica. Il dettaglio delle scelte programmatiche deve essere perciò coerente con

tale impostazione.

Nel complesso, la dotazione di infrastrutture di trasporto rispetto all’UE pone il nostro Paese in una situazione di evidente gap, con un’unica non irrilevante

eccezione nelle reti ferroviarie AV. Se dalla dotazione si passa all’intensità di utilizzo delle infrastrutture di trasporto, il quadro si presenta ancor più preoccupante, perché

le nostre dotazioni mostrano evidenti segnali di congestione rispetto alla media europea

Pur considerando gli effetti della crisi economica, che hanno ridotto persone e merci trasportate soprattutto nel 2011, l’intensità di utilizzo della rete autostradale

mostra valori particolarmente rilevanti nel trasporto di persone, con un indice pari a

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1,5 volte la media UE15 (161,7), e un po’ meno nel trasporto merci (105,4).

Nel trasporto ferroviario di persone si evidenzia un certo livello di congestione nell’utilizzo della rete (106,9) ma, se visto nella prospettiva di lungo periodo (1970-2011), appare evidente la sensibile riduzione verificatasi per la contestuale

crescita del trasporto stradale di persone e, più recentemente, per l’erosione prodotta dall’aumento notevole del trasporto sulla rete AV.

Nel trasporto ferroviario di merci risulta invece piuttosto chiaro un «sottoutilizzo» (65,5) della dotazione rispetto a quanto rilevato nella media UE15; anche in questo

caso, la concorrenza del trasporto stradale è significativa, per la sua maggiore flessibilità e il minor costo unitario, e richiama l’esigenza di una politica a supporto del

cargo merci a media lunga distanza che non necessariamente necessita di incentivi, quanto invece di investimenti infrastrutturali dedicati (terminal, sagome gallerie, connessioni portuali) e di migliori regole di accesso alla rete per gli operatori del

settore.

L’evoluzione dell’infrastrutturazione del nostro Paese sembra solo in parte coincidere con la politica di integrazione comunitaria; le scelte operate a livello nazionale

sembrano aver più «trovato» che «deciso» una parziale – e recente – coerenza con le logiche comunitarie (reti transnazionali, preferenza modale per il settore ferroviario, riduzione delle emissioni). Ma anche dalla scala comunitaria emerge

l’incompletezza del disegno di infrastrutturazione seguito nel nostro Paese, insufficiente a promuovere uno sviluppo coerente con la domanda e, soprattutto, a

colmare i rilevanti squilibri interni, come risulta evidente dalla successiva analisi sull’infrastrutturazione regionale; cioè manca un disegno di politica infrastrutturale che incorpori e integri il profilo della coesione economica e territoriale, obiettivo

promosso dall’UE in termini prioritari.

L’incapacità di coniugare nel Mezzogiorno coesione economica e territoriale e infrastrutturazione trova un riscontro nel posizionamento delle regioni di quest’area

a livello UE in termini di «competitività regionale infrastrutturale». I dati più recenti (2013) sul Regional Competitiveness Index (RCI) – Infrastructure pongono le nostre

regioni meridionali agli ultimi posti nella graduatoria delle 259 regioni NUTS 2 dell’UE a 28.

La regione più «competitiva» del Mezzogiorno sul piano infrastrutturale è la Campania, il cui indice (33,7) è però poco più di un 1/3 del valore massimo dell’UE28 e si colloca

al 112o posto della graduatoria; segue l’Abruzzo, con un indice (25,3) che la pone al 144’ posto.

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Export marittimo strategico per la Campania

L’Italia sale in quarta posizione in Europa per volume di traffico di container via mare

Le infrastrutture portuali rappresentano un elemento chiave come motore di crescita.

Il 74 per cento delle merci importate ed esportate dall'Ue transitano per i porti. Risultano necessari investimenti in infrastrutture e attrezzature portuali per far fronte

alle previsioni di crescita del trasporto di merci nel prossimo decennio in un periodo con scarse risorse pubbliche. I porti marittimi dovranno rappresentare le principali interfacce delle reti di trasporto terrestri, in particolare quella ferroviaria, migliorando i

collegamenti intermodali e riducendo il congestionamento stradale e il consumo energetico. Nel 2012 l'Italia sale di una posizione e diventa il quarto paese europeo

per volume del traffico container via mare (9,3 milioni di TEU) mentre, seppur in calo, si conferma prima per trasporto di passeggeri, con oltre 76,7 milioni di passeggeri.

L'ITALIA NEL CONTESTO EUROPEO

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Il volume dei container è la capienza complessiva, indipendentemente dalla merce contenuta in essi. Si fa riferimento ai porti che trattano annualmente, nel complesso

della navigazione, più di 1. 000. 000 di tonnellate di merci (Direttiva comunitaria n. 42/09, Art. 4, comma 2). Nel 2012 l'Italia si conferma prima a livello europeo per trasporto passeggeri via mare davanti alla Grecia. Questi due paesi, insieme alla

Danimarca, assorbono il 48,0 per cento del traffico complessivo di passeggeri dell'Ue28 (19,3 per cento l'Italia, 18,4 per cento la Grecia e 10,3 per cento la

Danimarca). La Croazia con 26,7 milioni di passeggeri si va a collocare al sesto posto seguita dal Regno Unito. I porti di Messina e Napoli sono i soli a comparire tra i primi dieci per traffico passeggeri, all'ottavo e nono posto, mentre il porto di Reggio

Calabria, sia pur di poco, resta fuori da tale classifica. Se si considera, invece, il volume complessivo dei container trasportati, l'Italia, con il 10,9 per cento del totale

Ue28, scalza il Belgio dalla quarta posizione, preceduta da Germania (17,9 per cento), Spagna (16,6) Paesi Bassi (12,9). L'hub italiano più importante è il porto di Gioia Tauro in Calabria che si colloca al settimo posto tra quelli dell'Unione europea, al terzo

posto tra quelli mediterranei, con un volume di container di oltre 3,7 milioni di TEU.

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L'ITALIA E LE SUE REGIONI

Il primo porto italiano per movimento complessivo di merci è Genova, che nel 2012 ha movimentato 42,5 milioni di tonnellate, pari all'8,9 per cento del traffico italiano. A seguire si collocano i porti di Trieste (42,1 milioni di tonnellate) e Taranto (35,2

milioni di tonnellate). Rispetto al 2011 non varia l'ordine dei primi porti, ma si registra un sensibile calo nel porto ionico, pari al 14,6 per cento. La regione che ha registrato il

maggior movimento di merci in navigazione di cabotaggio è la Sicilia, seguita a distanza da Sardegna e Liguria. Queste tre regioni assorbono quasi la metà del cabotaggio merci nazionale. I flussi più elevati di traffico registrato in Sicilia sono

presenti nei porti di Messina, Milazzo, Palermo e Augusta: in entrambi i capoluoghi vi è un sostanziale equilibrio tra imbarchi e sbarchi, mentre negli altri due porti si

registra una netta prevalenza di imbarchi (prodotti petroliferi). Il trasporto dei container è concentrato nel porto di Gioia Tauro, mentre per il trasporto di passeggeri

al vertice della graduatoria compaiono i porti di Messina, Napoli e Reggio Calabria.

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Indicatori del traffico marittimo in Campania Nel corso del 2015 l’interscambio commerciale campano è stato pari a circa 21,8

miliardi di euro (ai fini del calcolo del peso delle modalità di trasporto sono state

considerate solo quelle statisticamente rilevate. Non sono quindi comprese le voci

“Non dichiarato” e “Altri mezzi di trasporto”, nda), in crescita del 6,6% rispetto al

2014. Nel dettaglio l’import, pari a circa 12,1 miliardi di euro, è aumentato del 9,9%,

mentre l’export, con un valore di 9,7 miliardi di euro, è cresciuto del 2,8%.

Dai dati si evince che circa il 56,5% dell’interscambio commerciale campano viaggia

via mare. Si tratta di 9,7 miliardi di euro che pesano per il 4,3% sul totale del

commercio marittimo nazionale (pari a 225 miliardi) e del 19,8% sul corrispondente

totale delle regioni del Mezzogiorno (circa 49 miliardi).

L’interscambio marittimo della Campania, cresciuto del +5,8% nell’ultimo anno, ha

sempre mostrato valori attorno ai 9 miliardi di euro l’anno. Nel 2015 il dato si

è attestato a 9,7 miliardi, confermando il trend in rialzo a partire da 2013. Nel corso

del 2015 a crescere sono state in particolare le importazioni (+8,8%)

accompagnate da un dato positivo delle esportazioni (+1,4%). I paesi dell’Estremo

oriente confermano il primato nello scambio import-export via mare della Campania

con quasi il 23% del totale regionale pari a circa 2,2 miliardi di euro. Seguono i Paesi

dell’Unione europea con il 17,3% e quelli del Nord America con il 13,2%. Spostando le

analisi sulla composizione totale dell’interscambio marittimo regionale, tra il 2010 e il

2015 è in leggera crescita il rapporto relativo alla quota dell’interscambio con l’Asia

orientale e con i Paesi dell’Unione (UE 28).

L’interscambio commerciale marittimo della Campania con i Paesi UE28 ha recuperato

7,6 punti percentuali dal 2010 al 2015, mentre si è andato assottigliando negli anni il

contributo degli scambi da/verso i paesi del Centro e Sud America e del Nord Africa.

Se analizziamo le merci più frequentemente scambiate via mare, per la Campania, il

settore dei metalli e prodotti metallici rappresenta il 21,6% del valore del traffico

complessivo (per l’80% in import) seguito dall’agroalimentare e dal tabacco, che

rappresenta il 19,7% dell’interscambio marittimo campano (di cui 79% in export) e

dal settore dell’industria tessile (16,2% del valore totale di interscambio marittimo

campano e per l’85% in import).

I dati contenuti in questo blocco di parametri rilevano un aumento dell’interscambio

campano del +6,6% nel 2015 e una crescita dell’interscambio via mare del +5,8%,

grazie in particolare alla crescita trainata dall’import. La modalità marittima continua a

rappresentare un’importante leva per il commercio regionale veicolando circa il 56%

del totale, percentuale sostanzialmente stabile rispetto al passato. A scegliere la

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modalità marittima per l’interscambio con Estremo Oriente, Unione europea e con il

continente americano sono per lo più i segmenti dei metalli e del tessile, in import, e

dell’agro-alimentare in export.

A confermare l’importanza del comparto è anche la programmazione nazionale 2014-

2020 destinata alle infrastrutture di trasporto per le Regioni in ritardo di Sviluppo (ex-

Regioni Convergenza), a valere sui fondi strutturali europei, guarda all’insieme dei

progetti ricadenti nelle aree logistiche vaste che possano integrare le differenti

modalità di trasporto e garantire l’interoperabilità dei servizi connessi, individuando le

cosiddette “Aree Logistiche Integrate”.

In particolare l’Area logistica Campana contempla l’integrazione dei “nodi”, ovvero

porto di Napoli e Salerno, interporti di Nola e Marcianise e aeroporti di Napoli e

Pontecagnano, con le infrastrutture di rete (anche i collegamenti di ultimo miglio

ferroviario e stradale) al fine di completare la realizzazione del corridoio Scandinavo-

Mediterraneo della rete TEN che insiste sul territorio regionale. Il mare appare uno dei

più importanti asset economici e produttivi dell’Italia e delle sue regioni. Obiettivo,

attraverso i dati contenuti nell’Osservatorio, è offrire a quanti operano nel settore una

visione d’insieme equilibrata e puntuale.

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Analisi del traffico merci per modalità e percorsi

CONFCOMMERCIO

Complessivamente, nel 2013 sono stati trasportati circa 332 miliardi di tonnellate per chilometro di merce (tab. 6), con una flessione del 20,5% rispetto al 2007 e dell’11,1% rispetto al 2003 (tab. 6.1), raggiungendo il punto di minimo nell’arco degli

undici anni considerati. L’andamento della serie storica delle tonnellate per chilometro trasportate tra il 2003 e il 2013 riflette l’impatto della violenta crisi economica iniziata

nel 2008, che fa registrare per il 2009 un calo nelle merci trasportate di oltre 39 miliardi in un solo anno e di quasi 82 miliardi di tonnellate per chilometro negli ultimi cinque anni. Rispetto alle forti riduzioni che hanno caratterizzato il 2011 ed il 2012, il

2013, nonostante presenti una flessione “soltanto” di 8 miliardi di tonnellate per chilometro rispetto all’anno precedente, registra un traffico merci complessivo ancora

distante dal livello del 2003 e ancora più distante dai livelli raggiunti nel 2005. Il traffico merci può essere analizzato sotto il duplice punto di vista delle modalità di

trasporto - trasporto su strada, su ferro, per mare e per via aerea - e dei percorsi attraverso cui le merci vengono movimentate - trasporti nazionali, internazionali in

entrata, internazionali in uscita. Le notazioni presenti nella prima riga della tabella 1 fanno riferimento ai tre percorsi possibili delle merci: interni al territorio italiano,

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entranti dall’estero nel territorio italiano ed uscenti dall’Italia e diretti all’estero. Le

serie storiche del traffico merci riportate in tabella 1, come tutti i dati relativi alla quantità di merce trasportata presentati nel seguito del rapporto, sono costruite

prendendo in considerazione l’attività di trasporto svolta da operatori di qualsiasi nazionalità all’interno del territorio italiano. Per i traffici internazionali, i cui percorsi per definizione si snodano su territori appartenenti a paesi diversi, le distanze medie

utilizzate per il calcolo delle tonnellate/chilometro riguardano esclusivamente i chilometri percorsi su territorio italiano, individuati in modo differente a seconda della

modalità di trasporto analizzata. Così, a titolo di esempio, per il trasporto marittimo internazionale le distanze prese in considerazione riguardano esclusivamente quella porzione di percorso di un’ipotetica nave (diretta all’estero o entrante in Italia

dall’estero) svolta all’interno della piattaforma continentale italiana. E’ opportuno dunque leggere i dati di traffico presentati nello studio alla luce di questa specifica

definizione di traffico merci. Tab. 6 - Serie storica del traffico merci per percorsi miliardi di tonnellate-chilometro (t-km)

Anni

I-I E-I I-E Totale

2003 193,8 127,8 51,7 373,4

2004 209,6 133,3 57,9 400,8

2005 231,3 132,0 60,0 423,3

2006 216,0 138,9 62,1 417,0

2007 218,9 135,8 62,8 417,5

2008 212,4 137,4 63,8 413,6

2009 204,8 116,0 53,5 374,3

2010 212,7 119,3 59,5 391,4

2011 192,0 115,4 55,4 362,8

2012 173,4 108,8 57,5 339,8

2013 170,8 106,3 54,7 331,8

I-I (Italia-Italia) rappresenta i traffici aventi origine e destinazione nel territorio italiano; E-I (estero-Italia) rappresenta i traffici aventi origine all’estero e destinazione in Italia; I-E (Italia-estero) quelli aventi origine in Italia e destinati all’estero. Il totale è ottenuto sui dati originali, mentre in tabella sono presentati i numeri arrotondati alla prima cifra decimale. Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dati Eurostat, Istat, Conto Nazionale delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Analizzando in primo luogo il traffico di merci per percorso, la tabella 2 mostra come la flessione registrata nei trasporti complessivi tra il 2007 e il 2013 abbia interessato

nella stessa misura i trasporti interni al territorio italiano e quelli internazionali in entrata, mentre si sia tradotta in un calo di minore entità nelle tonnellate per chilometro trasportate in uscita dall’Italia e dirette all’estero. Questa dinamica è

proiettata, in maniera ancor più netta, nell’andamento delle merci trasportate tra il 2003 e il 2013, periodo in cui, a fronte di consistenti flessioni nei trasporti interni e

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internazionali in entrata, i trasporti internazionali in uscita mostrano un incremento

del 5,8%.

Oltre la metà dei traffici complessivi di merci risulta costituita da trasporti aventi origine e destinazione interne al territorio italiano (51,5% nel 2013), mentre un terzo

circa (32%) riguarda le merci importate dall’estero. Un peso minore è rivestito dalle merci in uscita dall’Italia e dirette all’estero, anche se occorre sottolineare come

questo aggregato, a differenza degli altri due, presenti una quota via via crescente dal 2003 al 2013.

Tab. 6.1 - Il traffico merci per percorsi

variazioni % e quote %

I-I E-I I-E Totale

Var. % 2013/2003 -11,9 -16,9 5,8 -11,1

2013/2007 -22,0 -21,8 -12,8 -20,5

Quota %

2003 51,9 34,2 13,8 100,0

2007 52,4 32,5 15,0 100,0

2013 51,5 32,0 16,5 100,0 Il totale è ottenuto sui dati originali, mentre in tabella sono presentati i numeri arrotondati alla prima cifra decimale. Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dati Eurostat, Istat, Conto Nazionale delle Infrastrutture e dei Trasporti. In termini di traffico merci distinto per modalità (tabb. 6.2, 6.4), le serie storiche evidenziano come, a fronte di flessioni di pari misura nelle tonnellate per chilometro

trasportate su ferro e via mare (nell’ordine del 6%) e di un incremento del 14,5% nei trasporti aerei, i trasporti su strada siano quelli cui si deve maggiormente il calo nei trasporti complessivi tra il 2003 ed il 2013 - anche considerato l’elevato peso che tale

modalità riveste, insieme ai traffici via mare, sul totale -, con una variazione percentuale negativa pari al 16,2%. Se invece si guarda al periodo di crisi economica,

i trasporti su ferro superano (anche se di molto poco) quelli su strada in termini di variazione negativa (-24,7%) ed un calo nei traffici di merci è registrato anche dal trasporto aereo (-11,1%). La composizione percentuale dei trasporti complessivi per

modalità è fortemente sbilanciata a favore dei trasporti su gomma e di quelli marittimi, che insieme coprono quasi il 95% del totale, ma le cui quote presentano

andamenti differenziati dal 2003 al 2013: in progressivo calo quella detenuta dal trasporto su gomma, che perde quasi 3 punti percentuali in undici anni, in aumento il peso dei trasporti marittimi. Di modesta rilevanza appaiono il trasporto su ferro (5,7%

nel 2013) e quello aereo (0,1%).

Il confronto tra le serie storiche 2003-2013 degli indici di traffico merci complessivo e

di Pil a prezzi costanti (fig. 1) evidenzia un certo grado di coerenza tra i due andamenti, con variazioni,positive e negative, più accentuate per la domanda di trasporto merci rispetto al Pil. Dal grafico emerge la caratteristica della domanda di

traffico complessivo di merci di anticipare gli andamenti generali dell’economia: un’evidenza di questo fenomeno si riscontra sia nell’andamento decrescente dell’indice

di traffico merci tra 2005 e 2006 (quando l’indice del Pil continua a crescere, prima di

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iniziare un sentiero di decrescita dal 2007), sia nella flessione registrata dal traffico

merci tra 2010 e 2011, che anticipa quella del Pil tra 2011 e 2013.

Tab. 6.2 - Serie storica del traffico merci per modalità di trasporto

miliardi di tonnellate-chilometro (t-km) Anni

Gomma Ferro Mare Aereo Totale

2003 187,3 20,3 165,6 0,2 373,4

2004 210,0 22,2 168,4 0,2 400,8

2005 224,0 22,7 176,3 0,2 423,3

2006 212,0 24,1 180,7 0,2 417,0

2007 206,8 25,3 185,2 0,2 417,5

2008 206,4 23,8 183,1 0,2 413,6

2009 192,8 17,8 163,6 0,2 374,3

2010 200,8 18,6 171,8 0,2 391,4

2011 172,3 19,8 170,5 0,2 362,8

2012 154,8 20,2 164,5 0,2 339,8

2013 157,0 19,0 155,5 0,2 331,8

Il totale è ottenuto sui dati originali, mentre in tabella sono presentati i numeri arrotondati alla prima cifra decimale. Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dati Eurostat, Istat, Conto Nazionale delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Fig. 1 - Traffico merci e di Pil a prezzi costanti indici (2003=100)

Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dati Eurostat, Istat, Conto Nazionale delle Infrastrutture e dei Trasporti.

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Tab. 6.4 - Il traffico merci per modalità di trasporto variazioni % e quote %

Gomma Ferro Mare Aereo Totale

Var. % 2013/2003 -16,2 -6,2 -6,1 14,5 -11,1

2013/2007 -24,1 -24,7 -16,0 -11,1 -20,5

Quota %

2003 50,2 5,4 44,4 0,1 100,0

2007 49,5 6,1 44,4 0,1 100,0

2013 47,3 5,7 46,9 0,1 100,0

Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dati Eurostat, Istat, Conto Nazionale delle Infrastrutture e dei Trasporti. Il totale è ottenuto sui dati originali, mentre in tabella sono presentati i numeri

arrotondati alla prima cifra decimale. L’andamento del traffico merci espresso in tonnellate per chilometro è inoltre

strettamente legato alle variazioni registrate dalle importazioni e dalle esportazioni: la tabella 5 mostra come in tutti gli anni caratterizzati da una flessione del complesso di

importazioni ed esportazioni (terzacolonna) il trasporto merci subisca un calo, in alcuni casi (anni 2009 e 2012) ben più corposo di quello registrato dal Pil. Tab. 6.5 - Trasporto di merci per modalità quote % e livelli assoluti

2003 2007 2013 2013 da

CNIT 2013

Eurostat 2016

Gomma 50,2 49,5 47,3 60,2 86,9 47,3

Ferro 5,4 6,1 5,7 11,4 13,0 5,8

Mare 44,4 44,4 46,9 27,8 - 46,9

Aereo 0,1 0,1 0,1 0,6 - 0,1

Altro* - - - 0,1 0,1 -

Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

Totale (mld t-km) 373,4 417,5 331,8 170,5 146,4 344,1 navigazione interna, esclusi oleodotti. Elaborazioni e previsioni Ufficio Studi Confcommercio su dati Istat, Conto Nazionale delle Infrastrutture e dei Trasporti ed Eurostat.

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Le previsioni per modalità di trasporto restano poco mosse, a causa della natura macroeconomica del modello utilizzato. Il traffico aereo, la cui quota è comunque

irrisoria rispetto al totale, dovrebbe crescere di qualche decimo percentuale in più rispetto alle altre modalità (1,8%nel biennio 2015-2016 rispetto all’1,6% medio annuo delle altre modalità). Pertanto, le quote modali in prospettiva confermano la struttura

del 2013 (tab. 6.5). Occorre sottolineare che la metrica adottata in questa nota valuta le tonnellate-chilometro trasportate da qualsiasi modalità sul territorio nazionale,

comprese le acque territoriali. Quindi, rispetto alla rappresentazione del Conto Nazionale delle Infrastrutture e dei Trasporti (CNIT), che, nel presentare la composizione

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Il trend del trasporto merci registrato nel 2015

(rapporto CONFETRA) Aumenta il traffico merci in Italia nei primi sei mesi del 2016. Ma a fronte di dati positivi per tutte le modalità di trasporto, in particolare gli express courier e la movimentazione ferroviaria, appaiono in sofferenza i fatturati, che risultano quasi

sempre col segno meno e, nei pochi casi in cui aumentano, salgono comunque meno deltraffico.

A disegnare questo quadro, con luci e ombre, è la Nota congiunturale sul trasporto merci di Confetra, che analizza l’andamento del periodo gennaio-giugno 2016 e lo

confronta con gli stessi mesi del 2015. «Il trend positivo registrato nel 2015 si conferma e si accentua nel primo semestre

2016 per tutte le modalità vettoriali: stradale, ferroviaria, marittima e aerea».

Le migliori performance, rileva, «si registrano nel trasporto internazionale via strada (+5,4%, mentre il nazionale è a +3,1%, ndr), che certifica l’incremento degli scambi commerciali tra i Paesi comunitari, così come quello (+5,8) del traffico aereo,

compreso quello degli express courier (+7,2%), conferma la capacità esportatrice del Paese. L’incremento, poi, dopo tanti anni di flessione o di stasi, del traffico ferroviario

(+ 3,8%, rappresentato per il 60% da Trenitalia, ndr) è di buon auspicio per la “cura del ferro” (col ferrobonus, ndr) avviata dal ministro delle Infrastrutture e trasporti, Graziano Delrio».

La crescita del traffico rilevato dal campione dell’indagine, «centinaia di imprese tra le più rappresentative dei vari settori», si legge nella nota di Confetra, è confermata dai

dati autostradali (+4,9%), da quelli aeroportuali, dai valichi stradali (+4,2%), da quelli portuali (+4,5% teu, cioè container da 20 piedi; +4,9% rinfuse liquide; +11,5%

rinfuse solide; +4,9% ro-ro). L’aumento «del traffico portuale di rinfuse solide è collegato tradizionalmente alla

ripresa di alcuni settori manifatturieri; dato che trova conferma nel +1,3 della produzione industriale. Più articolato il commento da fare sulla crescita del

transhipment marittimo, in considerazione dei limiti della rilevazione fatta, che si

riferisce solo a Gioia Tauro (+3,8%) e delle cause di questa crescita, che si spera non

siano volatili perché dovute soprattutto agli scioperi al Pireo».

Nonostante i numerosi segni positivi, rileva la nota di Confetra, «la grande maggioranza delle imprese interpellate, di tutti i settori, dichiara un aumento del

fatturato inferiore a quello del traffico e il mondo spedizionieristico lamenta addirittura un calo dei ricavi, pur in presenza di un incremento del numero delle spedizioni».

All’aumento generalizzato dei volumi di traffico, «non trovano corrispondenza aumenti di fatturato. Quest’ultimo può definirsi soddisfacente solo per l’autotrasporto internazionale (+4,3%, ma sempre a fronte di un aumento del 5,4% dei viaggi, ndr) e

per gli express courier (+7,1, ma anche qui il dato è inferiore alla crescita delle consegne: +7,2%, ndr)». E «per gli spedizionieri internazionali, sia stradali (-2,4),

aerei (-4,8) che marittimi (-2,1), si registrano flessioni, anche se si deve considerare l’incidenza, sul loro fatturato globale, dei noli marittimi e aerei, mai così depressi».

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In effetti, le aspettative di traffico sono considerate stabili dal 59,6% del campione (58% nella precedente rilevazione); in calo dall’8,8% (8% in precedenza) e in crescita

dal 31,6% (contro il 34% precedente). Confetra sottolinea, peraltro, come sia in atto nel settore, già da qualche anno, «un severo processo di selezione che espelle dal

mercato le imprese più deboli e costringe le altre a ridurre sensibilmente i margini operativi».

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Analisi dei prezzi del trasporto per modalità Il prezzo medio del trasporto merci è il prezzo pagato da un ipotetico acquirente per il trasporto di una tonnellata di merce per un chilometro, in qualsiasi modalità ed in qualsiasi percorso. Il metodo utilizzato per il calcolo dell’indice di prezzo è cambiato

rispetto al rapporto 2014, per la disponibilità di dati sui noli medi per tonnellata-chilometro per modalità e percorsi.

Gli indici di prezzo analizzati in questo paragrafo sono stati calcolati a partire dai dati forniti dall’Indagine sui costi del trasporto internazionale delle merci in Italia realizzata

dalla Banca d’Italia nel 2016. L’Indagine riporta le serie storiche dei noli unitari per tonnellata-chilometro per ciascuna delle quattro modalità di trasporto qui prese in

esame, distinguendo il caso delle merci in entrata in Italia (importazioni) da quelle delle merci in uscita (esportazioni). L’indice di prezzo per i traffici interni è stato calcolato come media aritmetica degli indici per esportazioni ed importazioni. L’indice

di prezzo medio complessivo (tab. 6.5) è stato invece calcolato come media ponderata per le quote detenute da ciascuna modalità in ciascun percorso nel 2013.

L’indice di prezzo medio del trasporto merci (tab. 6.5) è passato da 5,5 centesimi di euro per tonnellata-chilometro nel 2003 a circa 7 centesimi di euro per tonnellata-

chilometro nel 2013. L’andamento dell’indice mostra una crescita sostenuta tra il 2005 e il 2008, anno cui segue un vistoso calo del prezzo del trasporto (-7,5%), ed una

nuova crescita tra il 2009 e il 2011, anno in cui il prezzo del trasporto merci raggiunge il suo punto di massimo.

Un confronto con l’andamento del Pil (fig. 2) mostra come l’indice di prezzo del trasporto merci presenti variazioni amplificate rispetto a quelle del deflatore e talora in

controtendenza con quest’ultimo, come avviene tra il 2004 ed il 2005, in misura decisa tra il 2008 e il 2009 e, infine, tra il 2011 e il 2012. Evidente è anche la forte dipendenza dell’indice medio del prezzo del trasporto di merci dal prezzo del gasolio

auto al netto dei rimborsi riconosciuti agli autotrasportatori che, tra il 2009 e il 2012, mostra un significativo incremento.

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Tab. 6.5 - Prezzo medio del trasporto merci e variazioni % annuali centesimi di euro per tonnellata-chilometro (cent. euro-t-km), variazioni %

Anni Indice di Prezzo Var % 2003 5,540 -

2004 6,243 12,7

2005 6,220 -0,4

2006 6,377 2,5

2007 6,565 2,9

2008 6,880 4,8

2009 6,362 -7,5

2010 6,728 5,7

2011 7,047 4,7

2012 6,921 -1,8

2013 6,984 0,9 Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dati Istat, Banca d’Italia, Eurostat, Conto Nazionale delle Infrastrutture e dei Trasporti. La figura 2 mostra l’andamento del prezzo del trasporto di merci per ciascuna

modalità.

Come si evince dalla figura, dato il maggior peso rivestito dal trasporto su gomma e dal trasporto interno (nell’ambito del quale la modalità gomma è preponderante), l’indice complessivo sostanzialmente riflette quello del trasporto su strada. Andamenti

diversificati sono quelli che caratterizzano, tra il 2003 e il 2013, i prezzi del trasporto aereo e marittimo, che presentano variazioni molto più accentuate e talvolta in

contrasto con quelle del prezzo medio (si veda l’andamento dell’indice di prezzo aereo tra 2009 e 2010). Un andamento a sé stante mantiene poi la serie del prezzo del trasporto su ferro, in sostanziale discesa dal 2003 al 2013. Uno sguardo ai valori

assoluti dei prezzi unitari di trasporto merci per modalità lascia emergere le differenze nel prezzo di trasporto di una tonnellata per un chilometro di distanza (tab. 23). Tanto

nel 2007 quanto nel 2013 è il trasporto aereo a registrare il prezzo unitario più elevato, seppur in diminuzione. All’opposto si trova il trasporto via mare, con il minor prezzo per tonnellata trasportata, rimasto invariato nel periodo considerato.

Interessante osservare come,

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Fig. 2 - Indici di prezzo per modalità di trasporto merci

Indici (2003=100)

Elaborazioni Ufficio Studi Confcommercio su dati Istat, Banca d’Italia, Eurostat, Conto Nazionale delle Infrastrutture e dei Trasporti. rispetto al 2007, soltanto il trasporto su strada ha visto incrementare il livello di prezzo, passando da 11,6 centesimi di euro a tonnellata chilometro a 12,7 centesimi di euro per tonnellata chilometro, in linea con l’andamento crescente registrato nello

stesso periodo dal prezzo del gasolio per autotrazione, che nei bilanci delle imprese di trasporto su gomma riveste un peso preponderante rispetto agli altri input intermedi.

Tab. 6.6 - Prezzi medi per modalità di trasporto centesimi di euro per tonnellata-chilometro (cent. euro-t-km)

Anni Gomma Ferro Mare Aereo

2007 11,6 6,8 1,4 63,0

2013 12,7 4,4 1,4 56,2

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La Rete Ferroviaria

Ridotta estensione della rete ferroviaria in rapporto alla

popolazione

La Commissione europea pone l'accento sull'importanza della ricerca e

dell'innovazione nel settore ferroviario, per ridare slancio a una delle più efficienti ed ecocompatibili forme di trasporto, che tuttavia attualmente rappresenta solo il 10 per

cento del trasporto merci europeo e il 6 per cento del trasporto passeggeri. Gli investimenti crescenti che si registrano, pubblici e privati, mirano a offrire migliori servizi e un'offerta più attraente per gli utenti, tramite una riduzione dei costi, un

aumento della capacità e una maggiore affidabilità. Tra le aree specifiche di intervento vi è lo sviluppo di una nuova generazione di treni ad alta capacità, di sistemi avanzati

di gestione e controllo del traffico, di infrastrutture di alta qualità e con costi di manutenzione ridotti, soluzioni IT innovative per biglietti e servizi offerti, logistica e connessioni intermodali migliorate per il trasporto delle merci.

L'ITALIA NEL CONTESTO EUROPEO

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Per tutti i paesi gli indicatori sono calcolati utilizzando la popolazione media. I dati relativi al binario doppio elettrificato sono aggiornati al 2011 per Svezia, Paesi Bassi e

Lituania, al 2010 per Regno Unito, Francia e Germania, al 2009 per il Belgio e al 2008 per Grecia e Lussemburgo, non sono disponibili per la Danimarca. Per Cipro e Malta i dati non sono disponibili. Il dato sulla popolazione in Ungheria presenta una

discontinuità della serie storica nel 2012. L'Italia, con 28,1 km di rete ferroviaria per 100 mila abitanti rispetto ai 44,2 km dell'Ue28, si colloca in ambito europeo tra i paesi

con estensione relativa minore (anno 2012). I paesi con un'elevata dotazione complessiva di rete ferroviaria sono Svezia e Finlandia, entrambe con una estensione della rete superiore a 100 km di rete per 100 mila abitanti. I Paesi Bassi hanno la

minor dotazione, pari a 18 km per 100 mila abitanti. Se si considera lo sviluppo tecnologico della rete, la situazione relativa dell'Italia è migliore: il nostro Paese si

pone in posizione intermedia, preceduto tra gli altri da Francia e Germania, per chilometri di rete a binario doppio elettrificato in rapporto alla popolazione, ma davanti a Spagna e Regno Unito; Lituania, Irlanda e Grecia sono i paesi con minor dotazione

di rete a binario doppio elettrificato. Gli Stati membri dell'Europa centro-orientale presentano una dotazione infrastrutturale superiore alla media dell'Unione europea,

ma con percentuali di rete elettrificata inferiori (fanno eccezione la Bulgaria e la Polonia).

L'ITALIA E LE SUE REGIONI

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I dati disaggregati a livello regionale, aggiornati a dicembre 2013, segnalano Lombardia e Campania come le regioni più sovraccariche in quanto a popolazione per

km di rete ferroviaria. Al contrario, Molise, Valle d'Aosta e Basilicata dispongono rispettivamente di 84,2 km, 63,0 km e 60,0 km di rete ogni 100 mila abitanti. E' tuttavia necessario osservare che queste stesse tre regioni, insieme con la Sardegna,

sono quelle che dispongono della percentuale minore di binario doppio elettrificato sul totale della rete, inferiore al 10 per cento (solo trazione diesel in Valle d'Aosta e

Sardegna) e notevolmente inferiore alla proporzione media a livello nazionale, pari al 44,7 per cento. Non si riscontrano differenze ampie tra le ripartizioni con valori compresi tra i 28,6 km per 100 mila abitanti nel Centro e i 25,8 km nel Nord-ovest. Le

regioni tecnologicamente più avanzate sono Lazio, Friuli-Venezia Giulia, Liguria ed Emilia-Romagna, dove la quota di linea a binario doppio elettrificato sul totale della

rete è superiore al 60 per cento. Emilia-Romagna, Lazio e Campania sono le regioni con la più alta percentuale di binari per l'alta velocità sul totale della rete, rispettivamente pari a 23,8, 13,8 e 10,2 per cento, mentre la media nazionale si

attesta al 5,6 per cento per una lunghezza complessiva di 1. 350 km.

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Con gli incentivi dalla gomma ai treni L’intermodalità, ossia la movimentazione di merci con l’utilizzo combinato di differenti mezzi, in particolare quella effettuata con navi e treni, sembra essere arrivata a un

positivo punto di svolta in Italia, dove attualmente prevale la più inquinante movimentazione su gomma. A essere ottimisti, valutando positivamente il lavoro fatto

dal Governo in questo senso, sono, in primis, gli operatori ferroviari. Ma anche quelli della logistica e i vertici di Ram (Rete autostrade mediterranee), società che agisce come organismo inhouse del ministero dei Trasporti e lo sta supportando dal punto di

vista tecnico, in particolare sul fronte degli incentivi al trasferimento delle merci da strada a mare, con il marebonus, e a quelli da gomma a ferrovia, con il ferrobonus.

Proprio riguardo a questi incentivi, però c’è qualche preoccupazione a proposito dei tempi di approvazione. potrebbe risultare difficile impegnare i fondi per il 2017 entro

fine anno. Ad aver rallentato tutto è la burocrazia, sia italiana che della Commissione europea, che dilata oltremodo i tempi dei provvedimenti.

Sia il marebonus che il ferrobonus sono stati introdotti con la legge di Stabilità 2016.

Il primo ha dotazione finanziaria di 138,4 milioni di euro per il triennio 2016-2018, dei quali 45,4 milioni per il 2016, 44,1 milioni per il 2017 e 48,9 milioni per il 2018. Per

metterlo a punto sono state seguite le linee guida europee del 2004 sugli aiuti al settore marittimo, con contributi agli armatori, ma con l’obbligo aggiuntivo di ribaltare parte del contributo a chi carica la merce sulla nave. Il ministero sta lavorando alla

stesura finale del decreto per attivarlo, ma attende l’esito di un contraddittorio con la direzione generale Concorrenza (dg Comp) della Ue.

Il ferrobonus vanta una dotazione finanziaria complessiva di 60 milioni di euro: 20 milioni per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018, ai quali si potrebbero aggiungere altre voci fornite da Ferrovie dello Stato. I contributi andranno a chi commissiona treni

completi, con obbligo per gli Mto (operatori di trasporto multimodali) di ribaltare parte del contributo ai propri clienti che conferiscono merce per formare treno. Per il

provvedimento è in corso la stesura finale del decreto da parte del Mit.

L’approvazione della dg Comp per il ferrobonus appare a uno stadio di maggiore maturazione rispetto al marebonus. Il primo, infatti, non ha ricevuto osservazioni dalla

Ue, mentre per il secondo la Commissione ha chiesto maggiori approfondimenti. Per il marebonus si potrà comunque verificare l’ipotesi di una pubblicazione del decreto,

nelle more dell’approvazione della dg Comp, utilizzando una clausola sospensiva di efficacia».

Positivo è il giudizio sulle mosse del ministro dei Trasporti, Graziano Delrio, in tema di

intermodalità. Che questa sia la volta buona per lo sviluppo dell’intermodalità in Italia. Anche perché il ministro Delrio ha firmato a febbraio un contratto di programma con

Rfi che ha un impatto sul trasporto merci pari a 500 milioni di euro, tutti in investimenti qualificati. Finalmente i treni merci italiani potranno avere le stesse caratteristiche di quelli dell’Unione Europea; ed entro il 2020, cioè prima del termine

fissato dall’Europa (2030). Rfi sta lavorando a treni da 750 metri, contro gli attuali 500, ha tolto il limite di sagoma permettendo il trasporto di container più alti (high-

cube) e poi sta passando dai treni da 1.600 tonnellate a treni da 2mila tonnellate, che possono portare il 25% di merce in più.

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Inoltre, sono stati introdotti il marebonus e il ferrobonus, che sono orientati a durare fino al periodo in cui saranno a regime le innovazioni di cui si è detto sopra. È positivo

anche che il Governo, tramite Ennio Cascetta (capo della struttura tecnica di missione del Mit, ndr) stia lavorando per varare delle linee guida per l’intermodalità.

Con la nuova strategia del Governo, si apre realmente la possibilità di portate su

ferrovia molta parte dei container movimentati in Italia.

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Le ZES, Zona Economica Speciale. Lo scenario prospettato

dalla Regione Campania

La Giunta Regionale della Campania ha approvato a fine 2016 il documento di base per l’istituzione della Zona Economica Speciale dei Porti e delle aree retroportuali di Napoli e Salerno e dell’area di Bagnoli.

Questa proposta verrà sottoposta al Governo nel corso dell’incontro già convocato per

i prossimi giorni, allo scopo dell’inoltro alla Commissione Europea della proposta nazionale per le prime Zes da avviare a sperimentazione.

Il documento, frutto di un’interlocuzione con il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio per le Politiche di Coesione (ora Ministro), con il Ministero delle

Infrastrutture e con quello dello Sviluppo Economico, prevede la sperimentazione della Zes in alcune aree e direttrici a forte consistenza logistica, infrastrutturale e produttiva

(i porti di Napoli e Salerno; l’area Est di Napoli; l’area industriale di Salerno; Bagnoili e l’area ex Nato; le aree produttive del Porto di Castellammare e dell’agro nocerino-sarnese; le direttrici di Salerno verso Pontecagnano- Battipaglia – Eboli; gli interporti

e le relative aree dei consorzi Asi di Nola – Acerra e di Marcianise; l’area di Valle Ufita).

In una seconda fase si potrà estendere l’intervento anche ad altre aree, come quelle

indicate nel documento (l’area logistica di Contrada Olivola/Roseto a Benevento; le aree della Valle dell’Irno e di Fisciano, Castel S. Giorgio e Mercato San Severino; le

aree di Pianodardine e di Calaggio; l’area di Carinaro, Teverola e Gricignano).

Nel documento sono anche state indicate tutte le opportunità disponibili per le Zes in termini di incentivi finanziari, di sgravi e di esenzioni doganali e fiscali, di semplificazioni normative e amministrative, che dovranno essere definite in un

successivo provvedimento del Governo.

E’ il primo documento con il quale si avvia concretamente la procedura di carattere regionale e nazionale per l’istituzione della Zona Economica Speciale, già prevista dal

Patto per lo Sviluppo per la Campania.

Lo scenario della ZES rappresenta una grande opportunità per la Provincia di Avellino, sia per la Valle Ufita individuata quale ZES nella prima fase sperimentale, sia per

Pianodardine individuata quale ZES nella seconda fase di sperimentazione.

Nel Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale di Avellino, la Valle Ufita è ben rappresentata dalla visione di “snodo tra i due mari” un obiettivo che informa le singole politiche di settore al fine di caratterizzare la provincia di Avellino quale

cerniera tra est ed ovest dell’Italia Meridionale ed elemento propulsore dello sviluppo delle realtà produttive della Campania.

Particolare rilevanza assume, all’interno di tale prospettiva, la realizzazione del Corridoio Transalpino Est Ovest attraverso la messa a sistema di tre grandi assi di

mobilità. Il principale è rappresentato dal tracciato della Autostrada A16 che attraversa il territorio provinciale nella parte nord e si snoda tra i caselli di Baiano

(estremo Ovest) e Lacedonia (Estremo est). Il secondo è costituito dal tracciato

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dell’Ofantina e della Ofantina Bis che si snoda a Sud del sistema provinciale e

connette il Capoluogo con le aree della Basilicata.

Ultima, ma solo per tempi di realizzazione, è la strada a scorrimento veloce Lioni – Grottaminarda che costituisce il completamento del collegamento tra l’A16 Napoli-Bari e l’A3 Salerno-Reggio Calabria, in buona parte già realizzato nel tratto Contursi-Lioni-

S.Angelo dei Lombardi e rientra nel più ampio itinerario che da Contursi Terme, lungo l’autostrada A3, raggiunge Lioni con la SS 691, nota come “Fondo Valle Sele”, e

prosegue fino a Grottaminarda lungo l’autostrada A16.

Nella relazione sullo stato di avanzamento degli interventi e sull’utilizzo delle risorse di

competenza del Commissario si rileva che a fronte del costo di 430 Meuro e una disponibilità di 290 Meuro, sono in corso i lavori nel tratto compreso tra lo svincolo

Frigento e lo svincolo Villamaina, per un costo di 70 Meuro, e che, l’11 di settembre 2015, sono stati consegnati i lavori nel tratto tra lo svincolo Frigento e lo svincolo Grottaminarda, per un costo di 220 Meuro.

Tale sistema infrastrutturale, sarà completato nel lungo termine con il progetto

dell’Alta Velocità/Alta Capacità sulla tratta Napoli Bari che prevede, in Valle Ufita la

nuova stazione “Hirpinia” prevista a Nord della A16 poco distante dal casello

Autostradale di Grottaminarda.

L’obiettivo principale è la velocizzazione del collegamento attuale e il miglioramento dell’accessibilità al servizio nelle aree attraversate, sia per servizi nazionali di lunga

percorrenza (velocità dell’ordine di 200 Km/h), sia per il servizio regionale merci.

Il programma prevede interventi di raddoppio e di variante all’attuale tracciato, per

aumentare la capacità di traffico della linea e la velocità dei collegamenti: variante Cancello - Napoli per integrazione con la linea AV/AC, raddoppio e velocizzazione

Cancello - Frasso Telesino - Benevento, raddoppio in variante Apice - Orsara, raddoppio Orsara - Bovino, raddoppio Cervaro - Bovino, bretella di Foggia, Nodo di Bari - Variante Bari Sud (Bari Centrale - Bari Torre a Mare).

La realizzazione della linea AV/AC Napoli - Bari viene perseguita, anche attraverso

opere di potenziamento tecnologico che concorrono alla riduzione dei tempi di percorrenza complessivi. Dalla velocizzazione delle linee Napoli - Bari e Bari - Lecce, al ripristino dell’itinerario merci Napoli - Bari, in corrispondenza di Foggia, attraverso una

bretella fra le linee Foggia - Bari e Foggia - Napoli in grado di ridurre i tempi di percorrenza dei treni lungo l’itinerario Bari - Caserta.

La valle Ufita oltre che delle “proprietà di luogo” derivatele dalla posizione centrale rispetto sia ai principali terminal e hub logistici del Tirreno e dell’Adriatico, sia ai

principali sistemi di trasporto ed interconnessione tra i due mari, gode anche di una particolare condizione, di tipo funzionale, derivante dal fatto che intorno alla piana si

sono concentrate nel tempo le politiche di localizzazione delle aree Industriale di ben cinque Comuni – Grottaminarda, Flumeri, Frigento, Sturno, e Castel Baronia oltre a quella ormai storica del Consorzio ASI.

Complessivamente tale situazione funzionale vede presenti e/o individuate nella piana

aree per attività produttive e di servizio di quasi 500 ettari, dei quali circa 160 appartenenti all’insediamento dell’ASI e per la maggior parte occupati dalla Ex Irisbus del Gruppo Fiat attualmente I.I.A. Spa Industria Italiana Autobus, altri 100 ettari

inseriti nelle previsioni degli strumenti urbanistici dei Comuni di Castel Baronia (26 ettari) , Sturno (30 ettari) e Frigento (48 Ettari). Ulteriori 230 ettari sono stati

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individuati quali aree di nuovo impianto a servizio della Piattaforma Logistica

Multimodale. Per tale ultima infrastruttura esistono alcuni studi di prefattibilità, curati dall’ASI di Avellino, promotore del progetto logistico.

Si viene così configurando una polo delle aree interne, che a differenza dei poli principali collocati a ridosso dei grandi terminal marittimi, presenta una complessità di

funzioni e una complementarietà di sistema che lo caratterizzano in maniera specifica rispetto a quella rete di polarità logistiche e produttive di diverso livello invocate dal Piano Territoriale Regionale e sostenute dai Piani Provinciali al fine di sviluppare le

“nove centralità” delle aree intermedie.

Per Pianodardine, Area Industriale del capoluogo irpino, l’istituzione di una ZES e la

costruzione di una piattaforma di scambio gomma ferro per il trasporto e la logistica, rappresenterebbero due soluzioni per innalzare il livello di competitività dell’intera

provincia.

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Progetto esecutivo di uno scalo merci

raccordato alla stazione ferroviaria Prata-Pratola della linea

Benevento – Codola

Il Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale (A.S.I.) di Avellino ha progettato e realizzato un raccordo ferroviario a servizio dello stabilimento FCA, gruppo FIAT, con la finalità di consentire la spedizione ed il ricevimento di merci attraverso la stazione

ferroviaria di Prata, della linea Sarno - Benevento della rete FS.

Successivamente si è ipotizzato di collegare e servire, attraverso il predetto binario di presa e consegna, anche lo stabilimento della Novolegno (Gruppo Fantoni) specializzato nella produzione di pannelli in MDF, con la realizzazione di un area di

carrellamento dotata di 5 binari raccordati al predetto binario di presa e consegna (Binario III).

Il progetto è stato, in più riprese, sottoposto alla preventiva approvazione delle Ferrovie dello Stato (oggi “Rete Ferroviaria Italiana” S.p.A.), concessionaria della

gestione dell’infrastruttura ferroviaria nazionale, ottenendone parere positivo da parte del competente Gruppo Raccordi del Compartimento di Napoli.

La RFI S.p.A., nelle more del perfezionamento degli atti amministrativi ed a motivo delle variazioni intervenute negli impianti interessati, ha richiesto integrazioni al

progetto predisposto dal Consorzio, integrazioni aventi il fine di ottimizzare la configurazione degli impianti.

La realizzazione delle strutture ferroviarie a servizio del complesso delle Industrie insediate nell’aria produttiva del Consorzio industriale e dei territori limitrofi, si articola

mediante la realizzazione degli impianti di raccordo previsti dell’ articolo 51 delle Condizioni Generali di Contratto (CGC ) per la Costruzione e l’Esercizio di Binari di

Raccordo con Stabilimenti Industriali ed Assimilati, allegate alla delibera 194/AS del 19.07.1989 .

In particolare il binario di dorsale realizzato dall’ASI, allacciato alla rete FS, nella tratta Montefredane- Prata/Pratola, della linea Avellino - Benevento, consentirà alle Industrie

ubicate nell’agglomerato industriale di Pianodardine di costruire ciascuna il proprio singolo raccordo particolare, collegandolo al binario di dorsale ASI ed appunto, tramite quest’ultimo binario, di ricevere ed effettuare spedizioni via ferrovia in forma ed

operatività completamente autonome da e per l’Italia e quindi verso tutta l’Europa .

Inoltre, poiché la domanda di trasporto su ferro è in continua e costante espansione, viene anche predisposta nell’ambito ASI un’area appositamente attrezzata per le

operazioni dirette di carico/scarico merci e carrellamento dei vagoni: tale area, completamente asfaltata e recintata, è collegata direttamente con la viabilità pubblica e con la viabilità interna dell’area industriale; questa struttura, denominata AREA

MERCI, consentirà alle Industrie locali - impossibilitate per ostacoli tecnici, (eccessiva pendenza, o raggi di curvatura insufficienti), a realizzare il proprio binario particolare -

di poter usufruire egualmente del servizio ferroviario facendosi recapitare i carri FS nello stabilimento mediante il servizio di carrellamento, ovvero di caricare/scaricare

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direttamente le proprie merci dai carri FS posizionati all’uopo nella predetta AREA MERCI .

In definitiva le strutture ferroviarie realizzate dall’ ASI a servizio del tessuto Industriale consistono nella costruzione di un binario di dorsale formato da :

1 - Ramo SUD: al quale confluiranno i binari Fiat e complessi contigui ; 2 - Ramo NORD : al quale confluiranno i binari Novolegno, Prefim Sud, Ponti Sud e

complessi attigui ; 3 - Area merci e carrellamento : a servizio delle industrie non raccordate per le operazioni di carico e scarico direttamente dai vagoni.

La stazione di Avellino ed il rinnovo dell’infrastruttura

ferroviaria

nelle aree interne della Campania A causa della posizione decentrata rispetto alla città, la stazione ferroviaria ha

conosciuto, a partire dagli anni ’70, un lento declino insieme al quartiere di Borgo Ferrovia, ciò anche per la costruzione dell’autostrada A16 Napoli-Bari con il suo casello

nella zona ovest della città e del raccordo stradale Avellino - Salerno. La stazione aveva, in orario, 50 treni al giorno, quasi tutti regionali per Benevento e Salerno: dalla stazione partiva anche un interregionale per Roma.

Dal 2010 al 2013 sono rimasti pochissimi collegamenti ferroviari da e per Avellino,

gestiti in parte, anche con collegamenti sostitutivi su gomma.

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La posizione della stazione di Avellino è baricentrica rispetto alle sedi universitarie di Benevento e Fisciano e rappresenta, quindi, una opportunità per consentire lo sviluppo

del trasporto su ferro delle migliaia di studenti che giornalmente si muovono verso i due Atenei. Questa opportunità appare ancor più concreta oggi, se si considera che la

nuova politica del Gruppo FS è tesa non solo ad incentivare il traffico ferroviario ma la intermodalità del trasporto pubblico, concorrendo alla trasformazione delle stazioni ferroviarie in veri e propri Hub intermodali.

Da giugno 2016, con l’interruzione del traffico ferroviario, sono stati avviati consistenti lavori di manutenzione straordinaria sul tratto di linea Avellino - Mercato San Severino (30 Km) con la sostituzione delle vecchie rotaie 50 E5 e delle traverse in legno con

rotaie 60 E1 e traverse in cemento armato precompresso secondo i più recenti standard RFI oltre al completo risanamento della massicciata ferroviaria (ballast).

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L’investimento complessivo è stato di oltre 20 milioni di euro ed è stato realizzato con l’impiego dei più moderni mezzi su rotaia - treno rinnovatore e macchina risanatrice –

che, in maniera continua ed industrializzata, sono in grado di asportare e ricostruire in un giorno un intero tratto di binario di oltre 400 metri. Gli interventi si inseriscono nel più ampio progetto di potenziamento infrastrutturale

della linea ferroviaria Salerno – Mercato San Severino – Avellino – Benevento, come previsto nel Patto per il Sud sottoscritto dal Governo e dalla Regione Campania.

In uno con il rinnovo della linea si è anche proceduto al completo rifacimento dei binari di stazione: è stato completamente riprogettato l’intero piazzale ferroviario con

il rinnovo dei tre binari e la sostituzione dei vecchi scambi su traversoni in legno, con moderni apparecchi di binario montati su traversoni in cemento armato percorribili a

60 km/h (invece di 30 km/h) e manovrati in automatico con casse di manovra elettriche.

Anche il segnalamento ferroviario è stato sostituito: i vecchi segnali ad ala semaforica – che saranno trasportati ed esposti al museo ferroviario nazionale di Pietrarsa -

hanno lasciato il posto ai moderni segnali luminosi a matrice di led. Le ulteriori opportunità di potenziamento delle infrastrutture ferroviarie che

interessano la città di Avellino, e non solo, passano attraverso le scelte operate dalla Regione Campania in sede di sottoscrizione del “Patto per il Sud” con il Governo nazionale.

Nell’Accordo sono previsti, infatti, specifici stanziamenti per:

- Elettrificazione, velocizzazione e ammodernamento della linea Salerno - Mercato S.S. - Avellino - Benevento 230 M€

- Collegamento Università di Fisciano con linea FS 51 M€

Ripristino a fini turistici della linea Avellino-Rocchetta S.A. 15 M€

La progettazione degli interventi dovrebbe avere avvio, a valle dello stanziamento dei Fondi di Sviluppo e Coesione 2014-2020 e delle deliberazioni del CIPE, a partire dal

2017

LINEA SALERNO - MERCATO S. SEVERINO - AVELLINO - BENEVENTO: 76,9 km

Tratta Salerno – Mercato S. Severino: 18 km 18 +18 treni/g

Tratta Mercato S. Severino – Avellino: 30 km 2 + 2 treni/g Tratta Avellino – Benevento: 28,9 km 2 + 2 treni/g

L’elettrificazione della tratta in oggetto consentirebbe un utilizzo più flessibile del materiale rotabile, “omogeneo” su gran parte della rete interessata e, di conseguenza,

una possibile nuova articolazione dei servizi regionali.

In quest’ottica la stazione di Avellino può diventare una opportunità per il Borgo Ferrovia e per l’intera città, tenuto conto che essa rappresenterà il capolinea della cosiddetta metropolitana leggera (filovia urbana) e dispone di ampie aree (ex scalo merci) che potrebbero essere destinate sia a parcheggio di interscambio che alla realizzazione degli

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stalli per bus urbani ed extraurbani, attualmente dislocati in maniera poco razionale e sinergica in diversi punti della città (ad es. P.zza Kennedy o presso il piazzale della scuola elementare di Borgo Ferrovia). Da giugno 2017 sarà operativa la nuova stazione dell’Alta Velocità di Afragola che, pur non avendo diretti collegamenti ferroviari da Avellino, potrebbe essere servita per il tramite di servizi veloci su bus (esempio Freccia Link) come avviene già oggi per altre

città non toccate direttamente dalle linee ad Alta Velocità.

Da gennaio 2016 è stato attivato il raccordo ferroviario con l’area industriale di Pianodardine (AV) ed è stato sottoscritto tra RFI ed il Consorzio ASI di Avellino il contratto di raccordo che permette al piazzale intermodale del consorzio di essere

direttamente collegato alla rete ferroviaria nazionale.

Il raccordo potrebbe consentire anche di collegare direttamente la fabbrica FCA con la rete per il trasporto su ferro dei prodotti finiti e l’arrivo delle materie prime o semilavorate.

Non mancano anche le opportunità legate al recupero turistico e culturale sia delle

aree e dei manufatti presenti nella stazione di Avellino. Le ampie aree rese disponibili dalla razionalizzazione del piano del ferro della stazione

e la presenza di edifici di valenza di archeologia industriale – come ad esempio il capannone delle vecchie officine ed il serbatoio di rifornimento idrico – hanno già interessato l’assessorato all’Urbanistica del Comune di Avellino e potrebbero essere

inserite nel progetto di recupero del percorso naturalistico del Fondovalle Fenestrelle.

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L’indagine condotta presso le aziende irpine sui fabbisogni di

logistica: il questionario

Le aziende intervistate sono un campione rappresentativo delle aziende manifatturiere

del territorio dimensionalmente medio grandi.

Tutte le aziende intervistate sono aziende operative ed hanno un responsabile per la

logistica in organico.

Le aziende sono state intervistate telefonicamente o tramite invio mail di un

questionario composto da 19 quesiti tesi a valutare la situazione attuale della gestione

logistica in bound e out bound e a valutare l’interesse verso lo sviluppo di un servizio

logistico in provincia di Avellino.

Di seguito si riportano i dati statistici rilevati per le principali domande quantizzabili.

TIPOLOGIE DI CLIENTI:

PMI % grande industria _______% piccolo dettaglio_______%

GDO_______% Grossisti_______% Società di servizi_______% Altro______%

Indicare quali sono le origini e destinazioni prevalenti dei vostri prodotti

(indicare la ripartizione percentuale per modalità). Indicare nella prima colonna la percentuale per modalità e nelle successive specificare la

ripartizione della suddetta percentuale per i Paesi di destinazione prevalenti.

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IN BOUND – (entrata)

% Ital

ia

UE

Eur

opa

extr

a U

E

Nor

d A

mer

ica

Est

rem

o O

rien

te

Med

io

Ori

ente

Sud

Am

eric

a

Tot

ale

%

Strada

100

Ferrovia

100

Aereo

100

Mare

100

Combinato

100

Altro

100

Totale %

100 100

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Fondazione Mezzogiorno Tirrenico “Progetto Gomma – Ferro “ Logistica, Intermodalità e Territorio

Quali interporti, porti e terminal vengono utilizzati per il trasporto marittimo,

combinato e/o ferroviario convenzionale ?

Il 90% delle aziende intervistate movimenta sui porti di Salerno e Napoli e

sull’interporto di Nola con il trasporto ferroviario.

OUTBOUND (uscita)

% Ital

ia

UE

Eur

opa

extr

a U

E

Nor

d A

mer

ica

Est

rem

o O

rien

te

Med

io

Ori

ente

Sud

Am

eric

a

Tot

ale

%

Strada 100 Ferrovia 100 Aereo 100 Mare 100 Combinato 100 Altro 100

Totale %

100

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Fondazione Mezzogiorno Tirrenico “Progetto Gomma – Ferro “ Logistica, Intermodalità e Territorio

Quali interporti, porti e terminal vengono utilizzati per il trasporto marittimo,

combinato e/o ferroviario convenzionale?

Anche le merci in uscita confermano il dato che il 90% delle aziende movimenta sui

porti di Salerno e Napoli.

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Mi può indicare le percentuali relative alle principali unità di carico

intermodali utilizzate dalla vostra sede

1 Container _______% 2 Casse Mobili_______% 3 Altro (specificare) ___%

Mi può indicare la tipologia di imballo/unità logistica relativa alle vostre spedizioni

1 Pallet 2 Roll 3 Cassa 4 Scatola 5Plico/pacco

6Sacco/fusto

7 Altro

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In che misura si tratta di traffico di linea (partenze regolari e destinazioni

fisse) o comunque organizzato direttamente dalla vostra sede o di servizi a domanda? Indicare la percentuale dei servizi (di linea o a chiamata/spot).

Le aziende intervistate per il 98 % pur avendo un responsabile logistica interno non

organizzano le attività di trasporto in maniera pianificata ma di volta in volta

acquisiscono offerte da diversi operatori scegliendo poi l’opzione più conveniente.

L’area logistica è sostanzialmente incorporata nella funzione acquisti e fornitori.

Il 2% del target pianifica le operazioni logistiche con servizi di linea combinati

intermodali appoggiandosi a piattaforme fuori dalla Regione Campania.

5) Quanto incide sul vostro fatturato la logistica in-bound e out-bound nella

vs azienda (intesa eventualmente come Gruppo) ?

L’incidenza media dei costi dichiarati dalle aziende intervistate è del 4 %. Il range

dichiarato va dal 2 al 10% per la logistica out bound. I costi per la logistica in bound

sono generalmente sostenuti dai fornitori, in quanto le aziende acquistano con resa

DAP

6) Ci può fornire un quadro sintetico su struttura e dimensione delle imprese

di autotrasporto conto terzi da voi utilizzate ?

Dimensione: 1 automezzo; > 3 automezzi; tra 3 e 8 automezzi ; tra 8 e 25

automezzi; > 25 automezzi

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7) Quale è la localizzazione geografica dei vostri fornitori (eventualmente divisi per tipologia di prodotto).

Semilavorati

Nella provincia di Avellino ……………………………….

Nella Regione Campania ……………………….

Italia (fuori dalla Regione Campania) ….

Europa Occidentale………………………………………….

Europa Orientale……………………………………………..

Far East……………………………………………………………

Americhe ………………………………………………………..

Resto del Mondo …………………………………………….

Assemblaggio

Nella provincia di Avellino…………………………….

Nella Regione Campania ………………………………

Italia (fuori dalla Regione Campania) ………….

Europa Occidentale……………………………………….

Europa Orientale…………………………………………..

Far East………………………………………………………….

Resto del Mondo …………………………………………..

Distribuzione

Nella provincia di Avellino…………………………….

Nella Regione Campania ………………………………

Italia (fuori dalla Regione Campania) ………….

Europa Occidentale……………………………………….

Europa Orientale…………………………………………..

Far East………………………………………………………….

Resto del Mondo …………………………………………..

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7 bis) Fate acquisti congiunti con altre aziende, e se si per quali prodotti,

semilavorati e/o materie prime ?

Nessuna delle aziende intervistate fa acquisti congiunti

8) Il magazzino nella vs azienda viene utilizzato per stoccare:

Semilavorati Semilavorati terzi Prodotti finiti propri Prodotti finiti conto terzi

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9) Per quale tipologia di prodotti utilizzate magazzini/piattaforme logistiche

esterne ?

Materie prime; Semilavorati del distretto;Semilavorati di prodotti non del distretto;

Prodotti finiti del distretto; Prodotti finiti di prodotti non del distretto;Non ne facciamo

uso

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10) Numero di casi di trattamento della merce presso magazzini

esterni/piattaforme logistiche per tipologia di servizio e localizzazione della

medesima ?

Nessun caso

11) Sulla base della vostra esperienza imprenditoriale qual è il tempo medio

di consegna richiesto dal cliente (in giorni)?

Il tempo di consegna dichiarato dalle aziende va da 2 a 90 gg in base alla tipologia di

prodotto.

12) Sulla base della vostra esperienza e/o di rilevazioni specifiche qual è il

coefficiente di riempimento medio dei mezzi utilizzato dalla vs azienda?

1) Consegne %

2) Ritiri %

In media il coefficiente di riempimento per le consegne e per i ritiri è del 93%.

13) Quali sono i principali servizi che acquisite dagli operatori del settore

trasporto-spedizioni-logistica ?

1) autotrasporto

2) spedizioniere

3) corriere espresso

4) operatori multimodale

5) gestione magazzino di partenza

6) gestione magazzino di arrivo

7) logistica “avanzata” (Specificare tipologia di servizio, es. imballaggio,

preparazione kit produzione, gestione ordini e distribuzione)

8) altro (specificare) _______

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L’indagine condotta presso le aziende irpine sui fabbisogni di

logistica: i risultati

L’analisi dei questionari ed i colloqui svolti con i responsabili aziendali e gli

stakeholders locali lasciano emergere un primo fondamentale concetto dal quale

partire: la concezione della logistica e dei relativi costi.

La missione della logistica è pianificare e coordinare tutte le attività necessarie per

mettere a disposizione dei clienti il prodotto richiesto nelle quantità e qualità

desiderate, nei modi e tempi voluti, con i costi più bassi possibili.

La logistica non è una funzione esclusivamente interna all’azienda ma si estende al più

ampio concetto di supply chain con il quale si intende il network di organizzazioni che

sono coinvolte, attraverso collegamenti a monte e a valle, nei diversi processi ed

attività che producono valore in termini di prodotti e servizi al consumatore finale.

Questo trend implica per la gestione della logistica la sfidante necessità di integrare e

coordinare il flusso di materiali da una moltitudine di fornitori, spesso sparsi in ogni

parte del mondo e la gestione della distribuzione dei prodotti finali per mezzo di

molteplici intermediari.

Nel nostro territorio e dal campione di imprese coinvolte la logistica è ancora intesa

come gestione della internal supply chain (come semplice trasporto merci) mentre

dovrebbe governare la external supply chain ovvero la filiera.

Manca, soprattutto nelle realtà di media dimensione, la percezione del costo

opportunità della gestione logistica; del costo quindi derivante dalla mancata gestione

del processo di trasformazione dei prodotti a vari livelli, come magazzinaggio,

assemblaggio, controllo qualità, etichettatura, confezionamento, imballaggio, etc.

Mentre queste attività possono arrivare a incidere sul prezzo del prodotto finale, in

alcuni casi, fino al 70 per cento.

Gli operatori logistici hanno oramai esteso la propria area di attività assumendo a

proprio carico, in outsourcing, la gestione di interi rami d’azienda precedentemente

strutturati all’interno delle aziende.

Il primo passaggio da considerare sul nostro territorio è quindi :

DA SISTEMA DI TRASPORTO A SISTEMA LOGISTICO

Questo passaggio richiede il superamento delle dimensioni ristrette del semplice

trasporto e stoccaggio delle merci, e lo sviluppo all’esterno di attività tipicamente

manifatturiere, i cosiddetti “servizi logistici a valore aggiunto” nei quali numerose

attività lavorative e amministrative sono integrate a quelle di movimentazione e

stoccaggio dei materiali e dei prodotti.

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La riduzione dei costi è l’unico fattore citato dalle aziende intervistate come motivante

alla “modifica” delle attuali abitudini di trasporto a favore di una intermodalità gomma

ferro che coinvolga l’infrastruttura di Pianodardine per poi proseguire via terra o via

mare in virtù delle aree di consegna.

Considerare l’infrastruttura sic et simpliciter un modo di trasporto non comporta

benefici economici rilevanti, tanto quanto potrebbe portarne considerare l’area di

Pianodardine una zona di retro porto in cui sviluppare servizi logistici a valore

aggiunto utilizzando la notevole disponibilità di capannoni industriali dismessi ma in

ottime condizioni.

L’area di Pianodardine potrebbe beneficiare di una economia di localizzazione vista la

vicinanza alle aree portuali di Salerno e di Napoli ( entro i 100 Km per entrambe).

In particolare la localizzazione portuale o retroportuale esercita una fortissima

attrazione per le attività dei centri di distribuzione regionali specialmente nelle

strutture produttive-distributive con importazioni multiprodotto e multiregionali e con

necessità di centri di consolidamento per la successiva esportazione.

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Sintesi e considerazioni finali

Nel Meridione la Campania è la prima regione in termini di trasporti complessivi di

merci in partenza e in arrivo per cui è in quest’area che maggiormente si avverte

l’esigenza di una dotazione adeguata di infrastrutture e di servizi connessi al

trasporto.

Le regioni del Centro Italia che confinano con la Campania non presentano percentuali

significative di interscambi di merce, ne consegue che la regione funge da anello di

collegamento tra il Sud e il resto di Italia, maggiormente dinamico in termini di

produzione e interscambio; la Campania è divenuta un’area particolarmente attrattiva

per le infrastrutture di collegamento tra i vari modi di trasporto ma anche per quelle di

smistamento ed handling delle merci in transito.

Ciò è tanto più vero in considerazione dell’efficienza fino ad oggi mostrata dal sistema

portuale campano che però, se fosse migliorato, più adeguato e qualificato, sarebbe

messo in grado di attrarre gli ulteriori nuovi cospicui flussi di merci che saranno

movimentati nel bacino del Mediterraneo. La possibilità dunque di captare consistenti

quantità di merci da smistare verso i grandi mercati di consumo nazionali ed europei è

un ulteriore elemento di attrazione di investimenti, anche esteri, per la costituzione di

infrastrutture da cui possa svilupparsi la logistica avanzata.

I porti di Napoli e Salerno registrano, nella loro somma, nel 2016 un aumento pari al

9,3% rispetto al 2015 nel settore del traffico container, passando da 797.608 teu

movimentati nel 2015 a 872.053 del 2016. Nel settore delle crociere il traffico

consolidato di Napoli e Salerno passa da 1.459.116 croceristi nel 2015 a 1.417.546

nel 2016 ( – 2,8%). Il traffico passeggeri da 6.689.108 a 7.001.905, ( + 4,7%).

Un ulteriore dettaglio sui numeri del sistema portuale campano: il settore delle

crociere registra il massimo storico, con 1 milione e 300 mila croceristi ( + 2,9%

rispetto al 2015), mentre i passeggeri per i collegamenti con le isole sono stati

6.562.325 ( +3,8% rispetto al 2015).

Il totale delle merci movimentate nello scalo nel 2016 sono state 22.396.568

tonnellate, + 6,7% rispetto al 2015. Di queste, le rinfuse liquide sono state 5.224.316

(+ 8,7% rispetto al 2015), le rinfuse solide 6.103,835 ( +1,9% rispetto al 2015), le

merci varie 11.068,417 ( + 8,5% rispetto al 2015).

Il settore del traffico contenitori registra l’incremento più elevato, con 483.481

contenitori in teu movimentati, il 10,3% in più rispetto al 2015.

Il porto di Salerno mantiene nel 2016 il trend di crescita nel settore del traffico

commerciale con 13 milioni di merci movimentate nello scalo (+1,6% rispetto al

2015). Nel settore container, in particolare, si registra un incremento del + 8%, pari

a 388.572 TEU movimentati nel 2016.

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Il traffico degli autoveicoli è stabile, con una crescita dello 0,6%. In calo il traffico

croceristico con un decremento del -41,2% rispetto al 2015, passando da 189.545

croceristi a 111.395 nel 2016. I passeggeri, invece, sono stati 439.580, + 20,5%

rispetto al 2015 ( 364.916).

I dati configurano una situazione di tendenza positiva nello scalo partenopeo e una

costante crescita dello scalo salernitano. Questo andamento induce a ritenere ancor

più necessari interventi di potenziamento e ammodernamento delle infrastrutture e

dei servizi.

La tradizionale funzione del porto come nodo di trasporto si evolve in luogo di

creazione di valore (hub-value) all’interno di catene logistiche integrate. Dal punto di

vista dei porti, creare nuovi servizi significa migliorare le prestazioni economiche e

l’attrattività per acquisire nuovi traffici e di questi è importante valutarne l’impatto in

termini di valore aggiunto.

Questo nuovo ruolo del porto, inteso sempre più come piattaforma logistica ed

intermodale interfacciata con le fasi precedenti e successive del processo filiera, è

andato rafforzandosi in seguito al processo di containerizzazione dei flussi di trasporto.

Questo infatti ha reso i terminal containers importanti nodi collegamento tra la

componente marittima e la componente terrestre del trasporto, tanto che l’efficienza e

l’efficacia delle singole imprese terminaliste incide in modo discriminante sull’efficienza

complessiva di un sistema portuale, condizionandone la competitività.

I trend positivi si scontrano però così come in quasi tutti i porti italiani, con la criticità

della carenza di spazi operativi, vincolo divenuto ancor più importante in relazione al

costante aumento della domanda di traffico container.

Un ulteriore vincolo del sistema portuale meridionale riguarda i collegamenti tra gli

scali e l’entroterra: al riguardo, si rileva che l’attuale configurazione dei porti del

Mezzogiorno non sembra adeguata a cogliere le opportunità connesse al mercato

globale. Un porto non efficiente nei collegamenti terrestri a varie scale di distanza,

infatti, non riuscirà ad essere pienamente competitivo ed è destinato a rimanere porto

di scambio mare-mare, con modesti riflessi sull’economia locale.

Queste frizioni nel trasferimento delle merci verso più ampi mercati di consumo

nazionali ed europei sono rafforzate dalla scarsa presenza nel Mezzogiorno di strutture

dedicate al trasporto intermodale che, sfruttando corridoi di traffico preferenziali,

riducono i tempi di carico/scarico della merce riducendone i tempi e i costi di

movimentazione .

La “riprogettazione logistica” dell’area industriale di Pianodardine partendo dalle

dotazioni infrastrutturali esistenti (strade ferrata, sistema viario, capannoni

inutilizzati) si inquadrerebbe nelle linee di sviluppo del sistema in un’ottica di

integrazione tra Interporti e sistema campano della portualità, superando l’ambito

strettamente portuale per creare, così come richiesto dal Piano Nazionale della

Logistica, un sistema campano competitivo nel Mediterraneo. L’integrazione tra traffici

marittimi e terrestri costituisce la sfida logistica dei prossimi anni”

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Va sottolineato che l'idea progettuale di sfruttare l’area per ottenere un vantaggio

competitivo di natura logistica è tanto più interessante perchè non ipotizza nuove

infrastrutture, quanto invece l'utilizzo di un’area industriale da riconvertire in strutture

logistiche per la trasformazione delle merci e per servizi di sostegno all'export. Ad

esempio, prodotti semilavorati, giunti in porto in container, potrebbero essere

sottoposti a lavorazioni finali quali: assemblaggio; fissaggio; controlli qualità;

imballaggio; etichettatura”.

Inoltre, esiste anche un’ampia disponibilità strutture industriali dismesse da

recuperare in spazi con funzioni di logistica avanzata. Entrano in tale contesto i

Consorzi ASI attualmente in evidenti difficoltà tecnico operative.

L’istituzione delle Zone Economiche Speciali unitamente alle indicazioni operative della

Regione Campania, l’attivazione di un Contratto Istituzionale di Sviluppo, misure

previste dal recente Decreto Sud in fase di conversione, potrebbero rendere realmente

attrattiva la Provincia di Avellino sia per gli aspetti logistici considerati in questa

analisi, sia per aspetti insediativi di nuove imprese.

Il tessuto industriale ed economico della Provincia è infatti ben strutturato per

accogliere nuove iniziative. Le istituzioni dovrebbero innalzare il livello di attenzione

rispetto al comparto industriale che rappresenta circa il 25% del PIL Provinciale.

La posizione strategica e i programmati interventi infrastrutturali rappresentano per

l’industria un valore aggiunto importante così come la possibilità di favorire un

passaggio culturale a beneficio della logistica.

E’ ormai consolidata la convinzione che la logistica e le infrastrutture di trasporto

rappresentino una delle poche leve idonee a favorire il processo di integrazione del

sistema produttivo meridionale nel mercato internazionale ed elevare, in termini di

maggiore competitività, le capacità che le aziende ed i territori possono esprimere

anche per la loro attrattività.

Il nesso logistica, trasporti, mobilità rappresenta un elemento indispensabile grazie al

quale non solo il Mezzogiorno, ma l’intero Paese può trarne un vantaggio diretto ed

immediato in termini di sviluppo. E’ ormai condivisa la visione secondo la quale la

vera sfida del futuro per il Mezzogiorno passa innanzitutto da una idonea dotazione

infrastrutturale e da una distribuzione logistica a servizio non solo del sistema

endogeno meridionale ed italiano ma principalmente come funzione di “concentrazione

e smistamento di traffico lungo le direttrici Asia-Europa e Asia-Medio Oriente-Nord-

Africa”.

Completando, mediante una rete “intelligente” di collegamento, le connessioni

ferroviarie e stradali da e per i porti meridionali, si creerebbero le condizioni per

attrarre l’industria armatoriale a scegliere i porti maggiormente connessi a zone

attrezzate per le lavorazioni intermedie (confezionamento, catene del freddo, centri

urbani di distribuzione, interporti ecc.).

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Promuovendo invece la nascita di zone ad alta intensità di attività logistiche si

dovrebbero inoltre stimolare gli investimenti diretti esteri (IDE) in entrata, le

importazioni in container di semilavorati nonchè le esportazioni dei sistemi produttivi

locali (distretti, cluster, filiere ecc.) che negli ultimi due decenni si sono decisamente

affermati in diverse aree dell’Italia meridionale.

L’evoluzione della logistica industriale a livello di filiere produttive lascia prevedere

l’espansione sul territorio italiano di una serie di attività a valore aggiunto, sia per i

flussi internazionali di merci in entrata che per quelli in uscita. In Italia, diversi fattori

evidenziano la necessità di definire nuovi interventi di riqualificazione territoriale e

produttiva basati sull’attivazione di servizi avanzati ed eco-sostenibili.


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