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L'approccio per competenze nell'insegnamento delle lingue · L˜altérité en classe de langue...

Date post: 18-Oct-2020
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Jean-Claude Beacco L’approccio per competenze nell’insegnamento delle lingue Insegnare a partire dal Quadro europeo comune di riferimento
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Il Quadro europeo comune di riferimento per le lingue, strumento per organizzare l’insegnamento delle lingue considerato ormai indispensa-bile, non intende proporre una nuova metodologia didattica. Tuttavia, il posto accordato all’interazione, alla ricezione e alla produzione scritta/orale tra i suoi descrittori riporta in prima linea l’approccio per competenze — una strategia di insegnamento al centro dell’approccio comunicativo. Il volume, creato soprattutto a uso delle generazioni più giovani, propone definizioni di una metodologia d’insegnamento puntando alla determinazione delle componenti della competenza comunicativa, che ha fondato l’approccio per competenze. Il suo principio fondante è che, se la conoscenza di una lingua può essere ana-lizzata in abilità distinte, allora il loro insegnamento si attua mediante distinte strategie. Gli elementi di orientamento per l’insegnamento dell’interazione orale e la produzione/ricezione di testi sono quindi descritti da un punto di vista teorico. Questo lavoro, infatti, non si propone come manifesto di una nuova «ortodossia» universalista: è guidato dall’unico obiettivo di ampliare, quando necessario, il re-pertorio metodologico degli insegnanti.

Jean-Claude BeaccoProfessore emerito in Scienze del linguaggio e Didattica delle lingue all’Università della Sorbonne-Nouvelle-Paris III, collabora dal 1998 con l’Unità delle politiche linguistiche del Consiglio d’Europa. È autore di numerose pubblicazioni, fra cui: L’altérité en classe de langue (Parigi, Didier, 2017).

Jean-Claude Beacco

L’approccioper competenzenell’insegnamento delle lingue

Insegnare a partire dal Quadro europeo comune di riferimento

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€ 22,50

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Il Quadro europeo comune di riferimento per le lingue, strumento per organizzare l’insegnamento delle lingue considerato ormai indispensa-bile, non intende proporre una nuova metodologia didattica. Tuttavia, il posto accordato all’interazione, alla ricezione e alla produzione scritta/orale tra i suoi descrittori riporta in prima linea l’approccio per competenze — una strategia di insegnamento al centro dell’approccio comunicativo. Il volume, creato soprattutto a uso delle generazioni più giovani, propone definizioni di una metodologia d’insegnamento puntando alla determinazione delle componenti della competenza comunicativa, che ha fondato l’approccio per competenze. Il suo principio fondante è che, se la conoscenza di una lingua può essere ana-lizzata in abilità distinte, allora il loro insegnamento si attua mediante distinte strategie. Gli elementi di orientamento per l’insegnamento dell’interazione orale e la produzione/ricezione di testi sono quindi descritti da un punto di vista teorico. Questo lavoro, infatti, non si propone come manifesto di una nuova «ortodossia» universalista: è guidato dall’unico obiettivo di ampliare, quando necessario, il re-pertorio metodologico degli insegnanti.

Jean-Claude BeaccoProfessore emerito in Scienze del linguaggio e Didattica delle lingue all’Università della Sorbonne-Nouvelle-Paris III, collabora dal 1998 con l’Unità delle politiche linguistiche del Consiglio d’Europa. È autore di numerose pubblicazioni, fra cui: L’altérité en classe de langue (Parigi, Didier, 2017).

Jean-Claude Beacco

L’approccioper competenzenell’insegnamento delle lingue

Insegnare a partire dal Quadro europeo comune di riferimento

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I n d i c e

9 Prefazione all’edizione italiana

11 Presentazione

17 CAP. 1 Le metodologie d’insegnamento delle lingue

35 CAP. 2 L’approccio globalista nell’insegnamento del francese e delle lingue

49 CAP. 3 L’approccio comunicativo e l’approccio per competenze nell’insegnamento delle lingue

61 CAP. 4 Le componenti della competenza comunicativa

77 CAP. 5 Le componenti di una metodologia d’insegnamento delle lingue per competenze specifiche

101 CAP. 6 Elementi di metodologia per l’insegnamento dell’interazione

135 CAP. 7 Elementi di metodologia per l’insegnamento della ricezione/comprensione di testi scritti e orali

165 CAP. 8 Elementi di metodologia per l’insegnamento della produzione di testi scritti e orali

195 CAP. 9 Coesione metodologica e articolazione delle competenze

221 CAP. 10 L’approccio per competenze e l’insegnamento delle materie scolastiche in lingua straniera

243 Conclusioni

247 Bibliografia

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Prefazione all’edizione italiana

Questa versione italiana di L’approche par compétences viene pubblicata undici anni dopo la versione originale. Quest’ultima ha inaugurato la collana Langues et didactique (Parigi, Didier, https://www.editionsdidier.com/fr/sous-collection/lapproche-par-competences-dans-lenseignement-des-langues). Durante questi undici anni, le maggiori problematiche legate all’insegnamento delle lingue non hanno registrato radicali cambiamenti. Il Quadro europeo comune di riferimento per le lingue è sempre invocato, anche se le risorse che offre non vengono poi veramente utilizzate. In ogni caso il Quadro sarà a breve completato, il che potrà forse suscitare un risveglio d’interesse.

Gli insegnanti sono sempre alla ricerca di modi d’insegnamento efficaci e motivanti, aiutati in questo dal fatto che molti dei documenti in lingua straniera sono diventati accessibili anche grazie a Internet. Tuttavia, paradossalmente, questa prossimità non cambia in maniera sostanziale la percezione dell’ap-prendimento delle lingue, che sono ancora in larga misura considerate materia scolastica, per cui ciò che conta di più, per molti apprendenti, sono i voti ottenuti e non le competenze acquisite. Allo stesso modo, gli insegnanti devono anche gestire la diversità linguistica delle proprie classi, che sia storica — come per le lingue regionali e minoritarie — o creata dai nuovi migranti.

In questo stesso periodo, la riflessione sulle metodologie d’insegnamento è rimasta il parente povero della didattica delle lingue, come, d’altra parte, l’insegnamento della grammatica, del lessico e della fonetica. Tutt’al più si è ridato spazio ai metodi attivi, al lavoro collaborativo o al valore di obiettivi re-

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10 L’approccio per competenze nell’insegnamento delle lingue

alistici, come ai tempi dell’insegnamento funzionale (detto anche «su obiettivi specifici») delle lingue della fine degli anni Settanta. L’elaborazione di corsi di lingue a partire dai bisogni degli apprendenti, strutturati per permettere loro di gestire la vita sociale in una lingua straniera, ha continuato a essere largamente utilizzata sotto forma di scenari che articolano differenti compiti da realizzare linguisticamente, ma soprattutto negli insegnamenti tecnici e professionali e per i migranti adulti.

Questo libro resta dunque di estrema attualità e non si è sentita la necessità di rimaneggiarlo per la presente pubblicazione Erickson. Infatti è stato tradotto senza modifiche sostanziali da Marcella di Giura Beacco, che ne ha reso una trasposizione fedele e precisa. Tuttavia, siccome questo libro era inizialmente destinato a insegnanti di lingue in Francia, è stato necessario procedere a qual-che ritocco (in particolare per gli esempi presi dal francese). È possibile che la descrizione della «metodologia ordinaria» presentata all’inizio del testo non sia così utilizzata dagli insegnanti italiani, soprattutto quelli di inglese.

Infine, è sembrato opportuno creare un capitolo ad hoc (capitolo 10) per questa pubblicazione in italiano da dedicare alle relazioni fra l’approccio per competenze e gli insegnamenti AIDEL (Apprendimento integrato disciplina e lingua)/CLIL (Content and Language Integrated Learning). Siccome tale approccio è spesso presentato dalle autorità educative come una strategia di primaria importanza per migliorare le competenze degli apprendenti in lingua straniera, ci è sembrata utile una messa a punto. Essa sarà, in particolare, effet-tuata a partire dalla mia esperienza diretta come consulente dell’IPRASE della Provincia autonoma di Trento per l’attuazione del «Piano Trentino Trilingue».

Auguro un’interessante e proficua lettura a tutte e a tutti, lieto, per una volta ancora nella mia carriera, di avere l’opportunità di offrire il mio contri-buto all’insegnamento delle lingue in questa Italia, il Paese delle mie origini.

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Presentazione

La finalità di questo libro è di mettere nuovamente in evidenza delle possibilità, sempre disponibili, d’insegnare le lingue dette«straniere», poiché sembra che siano state poco esplorate, e di dare nuova vita alla metodologia comunicativa che tende a diluirsi in un insieme di pratiche slegate le une dalle altre, di cui si perdono le finalità iniziali.

Ci si propone dunque di descrivere, in modo operativo, delle strategie per organizzare gli insegnamenti delle lingue per competenze specifiche — che è poi la prospettiva adottata de facto dal Quadro europeo comune di riferimento per le lingue: apprendimento, insegnamento, valutazione (ormai definito sempli-cemente Quadro) (Consiglio d’Europa, 2002) — partendo dal principio che, se si accetta di considerare la padronanza delle lingue come un insieme strut-turato di competenze diverse, acquisite a vari livelli, allora si può pensare che esistano potenzialmente almeno tante metodologie d’insegnamento quante sono le competenze identificate. Il che, paradossalmente, semplificherebbe le cose, perché diventerebbe possibile ricorrere a modi di organizzazione degli insegnamenti più precisi e meglio adeguati all’oggetto d’insegnamento, e non più a una metodologia d’insegnamento unica e globale.

Questa prospettiva, già presente negli approcci per obiettivi specifici (negli anni tra il 1975 e il 1980 per il francese insegnato come lingua stra-niera), ritrova una forte pertinenza con la realizzazione del Quadro. È noto che la diffusione istituzionale del Quadro sia ormai molto ampia: è stato, ad esempio, tradotto in una trentina di lingue (fra cui il giapponese) ed è stato

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12 L’approccio per competenze nell’insegnamento delle lingue

adottato da numerosi sistemi educativi, compreso quello francese,1 per definire e strutturare i programmi d’insegnamento.2 Tuttavia, ricorrere al Quadro può avere esiti diversi: il fatto di far riferimento a questo strumento del Consiglio d’Europa non significa affatto che il modello per competenze che propone e i descrittori di tali competenze, che specificano ognuna di esse, costituiscano la struttura profonda di tali programmi.

Si ricorre maggiormente al Quadro in fase di valutazione. Infatti, ciò che ha in grande misura contribuito ad accrescere la sua influenza è stata la scala di padronanza delle competenze, articolata in sei livelli (da A1, A2… a C2), che serve da punto di partenza per l’elaborazione dei test di conoscenza o di certificazioni linguistiche. L’utilizzazione di questa scala comune a tutte le lingue permette l’elaborazione di prove di verifica delle competenze linguisti-che comparabili, per una stessa lingua e da una lingua all’altra. In tal modo si è creato un dispositivo europeo di certificazioni potenzialmente trasparenti (per lingue come l’inglese, il tedesco, il francese, l’italiano…).

Oltre al PEL (Portfolio europeo delle lingue),3 che è uno strumento pe-dagogico volto a far prendere coscienza agli apprendenti del loro repertorio di lingue e delle conoscenze acquisite, il Quadro si avvale di altri strumenti che creano dei «punti di riferimento» condivisi, indicatori che consentono di creare delle strutture comuni per la formazione nelle diverse lingue e dei dispositivi compatibili di certificazione. È stato così completato da: – le Descrizioni dei livelli di riferimento per le lingue nazionali e regionali (DLR)4

allo scopo di descrivere i contenuti linguistici (parole, strutture grammati-cali, ecc.) che permettono di realizzare le attività comunicative definite nel Quadro a un livello di competenza dato;

– il Manuale per correlare le prove di esame al Quadro europeo comune di riferimento,5 che propone un metodo trasparente per collegare gli esami di lingue esistenti ai livelli specificati dal Quadro. A domande come: «La prova di lingua alla Maturità è di livello B1 o B2?» oppure: «Questa prova è dello stesso livello o è superiore alla medesima prova di lingua dell’esame finale

1 Decreto del 22 agosto 2005.2 Ad esempio, Quelles langues apprendre en Suisse pendant la scolarité obligatoire?, rapporto di un gruppo

di esperti incaricato dalla Commissione Formazione generale per elaborare un «Concetto generale per l’insegnamento delle lingue» alla Conferenza svizzera dei Direttori cantonali dell’Istruzione pubblica, Berna 15 luglio 1998.

3 Sono state convalidate dal Consiglio d’Europa più di 40 versioni nazionali o regionali.4 Sono disponibili per l’inglese (ma in versioni non del tutto collegate al Quadro: Vantage Level, Thresh-

old…), per il tedesco (Profile deutsch), il francese (dal Niveau A1 pour le français al Niveau B2), per l’italiano, il portoghese, lo spagnolo, ecc.

5 Avant-projet DG IV/EDU/ LANG (2003) 5 rév. .1, disponibile sul sito della Divisione delle politiche linguistiche, Consiglio d’Europa: http://www.coe.int/lang/fr.

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Presentazione 13

del ciclo secondario superiore in Svezia o in Spagna?» si può rispondere anche su basi intuitive affidabili, ma il Manuale fornisce gli strumenti per giustificare con dati concreti e discutere la risposta a tali quesiti, in modo che non dipendano più solamente dall’opinione corrente o da un’autovalutazione che potrebbe risultare, alla fine, conciliante;

– il Manuale è a sua volta accompagnato da esempi (trascritti e commentati) di prestazioni degli apprendenti (filmati e registrati)6 basati sui livelli del Quadro.7

Questo insieme di specificazioni incrociate (comunicative, formali…) consente di fissare punti di riferimento ragionevolmente fondati che permet-tono al Quadro di guidare, a monte, i programmi d’insegnamento delle lingue.

Tuttavia, il Quadro possiede una valenza metodologica di cui cercheremo, in questa sede, di precisare la natura, anche se viene specificato con chiarezza che il Quadro «non intende promuovere una metodologia particolare, piutto-sto presentare delle scelte» (sez. 6.4). Eppure, nella sua presentazione, molto pertinente di quest’ultimo, Francis Goullier (2005, p. 19) sottolinea che

la distinzione presente [nel Quadro] fra le competenze, le attività incentrate sul linguaggio e quelle comunicative dovrebbe aiutare i professori di lin-gue a cogliere chiaramente la relazione fra competenze e attività; soltanto le attività di comprensione, di espressione o di mediazione permettono l’attivazione e la valutazione delle competenze, da distinguere dalle attività di espressione incentrate sul linguaggio.

Partiremo dal presupposto che il punto di vista fondamentale adottato nel Quadro sia che la conoscenza di una lingua straniera non sia un tutto in-scindibile («conoscere la lingua»), ma che questa possa essere considerata come un insieme di elementi distinguibili e identificabili in quanto tali e che costituiscono delle componenti della competenza comunicativa. Questo approccio per competenze e le definizioni adottate per caratterizzarle permet-tono la progettazione e l’attuazione di programmi diversificati, su cui si basa, in maniera indiretta, la pertinenza di metodologie d’insegnamento concepite specificatamente competenza per competenza. Questa situazione del tutto nuova, creata dall’adozione del Quadro, è caratterizzata dal fatto che gli approcci d’insegnamento delle lingue per competenza, che hanno sempre costituito una

6 Ad esempio, Exemples de productions orales illustrant, pour le français le niveau du CECR (DVD), Eu-rocentres, e Exemples de productions orales: Formation et habilitation des correcteurs et examinateurs aux épreuves du DELF et du DALF, Centre international d’études pédagogiques (CIEP).

7 Ad esempio, Cambridge ESOL Main Suite and CELS Speaking samples to accompany the preliminary draft of the «Manual for relating language examination to the CEF», University of Cambridge ESOL Examinations.

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14 L’approccio per competenze nell’insegnamento delle lingue

componente forte dell’approccio comunicativo, sono di ritorno sulla scena didattica, tanto più che i dispositivi di valutazione (certificazioni linguistiche proposte dai membri dell’associazione ALTE, Association of Language Testers in Europe) hanno anch’essi adottato questa prospettiva.

L’approccio per competenze non è proprio degli insegnamenti delle lingue. Nato in campo professionale, tende a diffondersi nelle pratiche d’inse-gnamento generale: si parte dal presupposto che il principale scopo educativo sia quello di formare gli apprendenti affinché sollecitino i loro saperi in modo positivo, collegandoli alle situazioni in cui questi permettono di agire:

L’attualizzazione di ciò che sappiamo in un contesto particolare (ca-ratterizzato da relazioni di lavoro, una cultura istituzionale, imprevisti, vincoli temporali, risorse disponibili…) è rivelatrice del «passaggio» alla competenza. Questa si realizza nell’azione. Non preesiste ad essa […]. Non c’è competenza che non sia competenza in atto. (Le Botref, 1994, p. 14)

La visione azionale dell’educazione, centrale nel Quadro, è stata adottata come principio organizzatore di certi sistemi educativi8 e serve da punto di partenza alle riflessioni sull’educazione in campo europeo (Commissione europea, Consiglio d’Europa), ad esempio per quanto concerne il concetto di «competenza chiave» o di «competenza di base».

Questo libro si inscrive in questa corrente educativa, ma non mira a diffon-dere una nuova ortodossia metodologica: si limita a descrivere una «filosofia pratica» per l’elaborazione dei programmi e delle forme d’insegnamento delle lingue straniere. Né norma né modello, tale approccio non è necessariamente e ovunque il più adatto alla cultura educativa degli insegnanti e degli apprendenti. È bene considerarlo come una scelta metodologica supplementare che si mette, in tal modo, a disposizione dei decisori (per quanto riguarda i programmi) e degli insegnanti per certi aspetti della gestione della classe. Anche su questo punto, il Quadro (sez. 6.4) non lascia ambiguità: «Il Consiglio d’Europa considera principio metodologico fondamentale che i metodi utilizzati per l’apprendimento, l’insegnamento e la ricerca in campo linguistico siano quelli più efficaci per raggiungere gli obiettivi, e che questi vengano stabiliti in base ai bisogni degli individui di agire nel contesto sociale».

Indipendentemente dalla loro presunta efficacia, gli approcci fondati su queste definizioni di insegnamento/apprendimento delle lingue presentano un interesse strategico, che è quello di permettere delle convergenze fra gli

8 Come in Québec e recentemente in Francia (2006) per la scuola primaria, dove è stata descritta nel documento Socle commun de connaissances et de compétences (si veda: http://www.education.gouv.fr).

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Presentazione 15

insegnamenti di lingue differenti (lingue straniere fra di loro, ma anche fra lingue nazionali/ufficiali, regionali, minoritarie…) e fra i sistemi educativi nazionali, di fronte a una certa frammentazione dei programmi e dei conte-nuti d’insegnamento che, attualmente, sembrano costituirsi al di fuori di ogni norma condivisa, come per i documenti «autentici», scelti a caso o secondo le preferenze personali degli autori di manuali scolastici. L’approccio per compe-tenze è, in questo senso, come il Quadro, uno strumento di politica linguistica educativa, destinato a rendere possibile un’educazione plurilingue (si veda Beacco e Byram, 2003). Questa finalità è realizzabile all’interno dei sistemi educativi, proprio per il fatto che le competenze da raggiungere nelle lingue sono descritte nel modo più preciso possibile, visto che quelli in atto, quando si apprende una lingua, sono saperi e saper fare complessi. Questa trasparenza di obiettivi rende possibile l’equità e l’accesso egualitario alle lingue, poiché le competenze da acquisire sono definite esplicitamente; la modularità di questi stessi obiettivi crea la possibilità di insegnamenti e di programmi diversificati che permettono l’attuazione di un’educazione plurilingue nei sistemi educativi per un apprendimento continuo durante tutto l’arco della vita.

Queste riflessioni, che fanno più volte riferimento al Quadro, non costi-tuiscono però una specie di manuale d’uso o di commento ufficiale. Si basano su di esso, ma non ne rappresentano uno strumento formale. Devono essere considerate come una possibile interpretazione del Quadro o, almeno, di alcuni suoi aspetti. Ciò si evince dalle differenze terminologiche o dalle diversità di accento: ad esempio, questo testo utilizza poco il concetto di «compito» (tâche, in francese); non distingue sistematicamente le attività di comunicazione dalle competenze su cui si basano, perché si occupa di metodologia d’insegnamento; minimizza le attività di mediazione, che sembrano specificate in modo troppo limitato; sviluppa una tipologia di competenze culturali e interculturali che non si trovano nel Quadro, ecc. Si tratta, quindi, di una riflessione a partire dal Quadro, non sul Quadro, a dimostrazione della libertà che quest’ultimo lascia ai suoi utilizzatori.

Questo piccolo trattato di metodologia d’insegnamento delle lingue, rivolto alle giovani generazioni con l’auspicio che apra la strada a ricerche più consistenti, è nato da un’esperienza come formatore di insegnanti di francese come lingua straniera, a livello di formazione iniziale e continua in Francia e altrove. Gli esempi saranno dunque in francese (e in italiano per la presente edizione).

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16 L’approccio per competenze nell’insegnamento delle lingue

Questo testo, sostanzialmente, trae origine dalla constatazione che i giovani colleghi, in particolare, utilizzano abbastanza spontaneamente l’ap-proccio globalista all’insegnamento (che sarà descritto nel capitolo 2) e hanno difficoltà a separarsene, anche provvisoriamente, per adottare l’approccio per competenze, benché questo non presenti difficoltà particolari di accesso o di attuazione. Questa persistenza di certe «maniere d’insegnare» necessita dunque che vengano esposte nel modo più chiaro possibile altre forme, per illustrarne le potenzialità e allargare il repertorio metodologico delle pratiche professionali d’insegnamento delle lingue.

Questo libro è inoltre il frutto dell’esperienza come autore di manuali (si veda, più recentemente, di Giura e Beacco, 2007), in cui è già stato messo in atto con buoni risultati questo approccio nella realizzazione di materiali peda-gogici, rivolti sia ad apprendenti principianti sia ad apprendenti di livello più avanzato o autonomi. Ne è emerso che l’approccio per competenze costituisce uno strumento particolarmente adeguato per la concezione della struttura di manuali e per quella delle sequenze d’insegnamento.

Il libro è organizzato nel seguente modo: si definirà che cosa s’intende per metodologia d’insegnamento delle lingue e si identificheranno, in modo sistema-tico, le scelte che ogni metodologia deve effettuare (natura dei supporti d’inse-gnamento, forme della comprensione, ecc.) (capitolo 1). Si presenterà in seguito un’interpretazione dello stato dell’arte relativo alle pratiche d’insegnamento, nella misura in cui ci è dato di conoscerle (contrapponendo la metodologia ordinaria alla metodologia per competenze), e al diluirsi dell’approccio comunicativo nella metodologia ordinaria, che ha prodotto gli approcci pseudocomunicativi attuali — almeno nell’insegnamento del francese come lingua straniera (capitoli 2 e 3).

Una volta tracciato il quadro, si chiarirà la nozione di competenza, spe-cificando quelle che riguardano questo libro (capitolo 4). Poi saranno trattati argomenti quali: l’interazione orale (capitolo 5); la comprensione dei testi (ca-pitolo 6); la produzione dei testi (capitolo 7); la comprensione orale (capitolo 8), analizzando i supporti d’insegnamento e la loro possibile organizzazione. Siccome in molti contesti educativi, in particolare nell’ambito scolastico con apprendenti principianti, i programmi d’insegnamento delle lingue non privi-legiano solo alcune di queste competenze, ma continuano a svilupparle tutte, indicheremo come sia possibile effettuare l’articolazione degli insegnamenti per competenza e quali tipi di unità didattiche possano definirsi (capitolo 9).

Un nuovo capitolo (il 10, realizzato appositamente per l’edizione italiana) tratterà degli apporti possibili dell’approccio per competenze agli insegnamenti delle materie scolastiche in lingua straniera (AIDEL/CLIL) che il sistema educativo italiano cerca di sviluppare.

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Le metodologie d’insegnamento delle lingue

Le metodologie d’insegnamento delle lingue (in ambito professionale dette semplicemente metodologie) non sono più, come qualche anno fa, al centro della riflessione nella didattica delle lingue. Le pubblicazioni ad esse riservate sono ormai scarse, per non dire rare. Questa evoluzione non è neces-sariamente da deplorare, se si ammette che il dibattito metodologico, spesso incentrato sulle domande chiuse — del tipo: pro o contro la traduzione, gli esami, la grammatica, i documenti autentici, gli esercizi strutturali ecc.? — ha avuto una certa risonanza nel campo delle lingue, a volte anche molto ampia, ma non ha mai contribuito a chiarire la natura dei problemi posti o del tipo di argomentazione capace di motivare questa o quella scelta. Questo scarso interesse per problemi dell’insegnamento non è dovuto a una sorta di «fine della storia», che permetterebbe di considerarli risolti, come spesso accade nelle teorizzazioni proposte Puren (1994). Esso dipende piuttosto da modi-fiche importanti nel campo della didattica delle lingue. Sono intervenuti dei cambiamenti istituzionali che hanno privilegiato — a scapito della riflessione didattica sulla formazione iniziale e continua degli insegnanti, organizzata in centri di ricerca non universitari — una strutturazione universitaria del set-tore, in cui ci si preoccupa maggiormente, con un pubblico il più delle volte a un livello di formazione iniziale, di problemi di ricerca, base della legittimità accademica. Dipende anche da un ampliamento della disciplina, che è uscita dalla classe e si interessa degli insegnamenti delle lingue in relazione alla società

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18 L’approccio per competenze nell’insegnamento delle lingue

in cui essi sono organizzati (si veda Porcher, 1977). Ma, se la didattica si è così ricomposta, ciò non significa che, per chi insegna, il problema quotidiano del come fare non sia più d’attualità. È proprio questo ambito che sarà riesamina-to, ora che le questioni si sono relativizzate e ricomposte in una riflessione didattica più larga.

In questo capitolo, definiremo, spesso per contrasto, la natura delle meto-dologie d’insegnamento e quella del campo — detto «metodologia» — nella didattica delle lingue; elencheremo poi le scelte obbligate di ogni metodologia definita come tale, insistendo su quelle che riguardano l’esposizione alla lingua-obiettivo e la sistematizzazione cui il contatto con la lingua può dar luogo.

Le metodologie d’insegnamento delle lingue: definizione

Le definizioni di «metodologia d’insegnamento» sono numerosissime e in questa sede eviteremo di riprenderle ai fini di una discussione. Per capire meglio il nostro pensiero, è importante soprattutto distinguere l’espressione metodologia d’insegnamento da termini analoghi come pedagogia, tecniche d’insegnamento, metodi, ecc. Come altri autori hanno già fatto,1 diremo che le metodologie d’insegnamento devono essere considerate come insiemi solidali di principi e di attività d’insegnamento organizzati, fondati teorica-mente — nel senso che si basano su concetti o conoscenze elaborati in seno ad altre discipline coinvolte nell’insegnamento delle lingue e/o confermate dalla pratica (per la sua efficacia accertata, ad esempio) — e la cui finalità è di guidare l’apprendimento.

Qualche commento su questa definizione. La coerenza interna delle me-todologie è centrale, poiché ne definisce i contorni, ma gli elementi costitutivi di ognuna di esse non sono necessariamente specifici: si possono, ad esempio, utilizzare gli esercizi strutturali altrove e non solo nel metodo strutturo-globale-audio-visivo (SGAV), così come la priorità dell’oralità è condivisa tanto da quest’ultimo metodo quanto dagli approcci comunicativi. È l’inclusione di ogni elemento in un dispositivo d’insieme che conferisce ad esso la funzione e specifica la strategia elaborata per guidare il processo di apprendimento. Alcuni di questi elementi possono entrare nella composizione di altre metodologie o essere utilizzati separatamente (come le ore di conversazione o i giochi di ruolo)

1 Besse (1985, p. 14) definisce ciò chiamiamo metodologia «[un] insieme ragionato di proposte e di modi di procedere (di ordine linguistico, psicologico, sociopedagogico) finalizzato a organizzare e favorire l’insegnamento di una lingua», ma utilizzando il termine metodo, che è poi il termine storico tradizionale (si veda Besse, 1999-2000).

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Le metodologie d’insegnamento delle lingue 19

in aggiunta al sistema d’insegnamento principale: assumono allora lo status di tecniche locali (in opposizione al carattere strutturato delle metodologie), poiché riguardano settori limitati della lingua-obiettivo, il che, chiaramente, non influisce né sul loro rendimento né sull’interesse pedagogico.

Viene nuovamente ribadito che l’insegnamento accompagna l’appren-dimento, in quanto punta ad aiutare l’apprendente a mettere in ordine le sue osservazioni e a rafforzare la sua percezione intuitiva dei funzionamenti regolari della lingua-obiettivo. Questa percezione delle regolarità di ogni natura ha la funzione di demoltiplicazione, poiché permette di passare dall’esposizione alle occorrenze (di forme linguistiche isolate, quali esse siano) fino alle competenze di produzione.

L’origine delle metodologie d’insegnamento delle lingue può ricondursi a studiosi — scopritori o inventori — come François Gouin (1831-1896) o Georgi Lozanov (padre della suggestopedia). Può essere più anonima e frutto di un lavoro collettivo, come per l’approccio grammatica-traduzione dell’inse-gnamento. La loro legittimità è sociale più che tecnica, poiché l’efficacia relativa di una metodologia in rapporto a un’altra non è assolutamente dimostrabile in maniera oggettiva, non fosse altro perché le metodologie rappresentano solo uno degli elementi fra tutti quelli che contribuiscono all’apprendimento. Questa legittimità proviene dai dispositivi teorici sollecitati (teoria di descrizione della lingua-obiettivo, teoria dell’apprendimento, ecc.) che dipendono dai dibattiti epistemologici capaci di confermarli o e di metterne in dubbio la pertinenza (Germain, 1993). Più che l’origine, quello che importa è conoscere il modo di diffusione delle metodologie, che ne garantisce l’audience sociale. Ciò può di-pendere dalla diffusione di testi espositivi di tipo universitario, dalla diffusione di referenziali o di programmi (come è accaduto per l’approccio comunicativo e i livelli soglia), di materiali d’insegnamento o di manuali (come per il metodo strutturo-globale-audio-visivo), di dispositivi di formazione iniziale o continua, e tutti questi vettori si possono combinare tra loro.

Metodologie, pedagogia, tecniche…

Così definita, la metodologia d’insegnamento deve essere distinta da:– la strategia d’insegnamento empirica, ampiamente basata sull’esperienza: que-

sta si acquisisce per imitazione e può essere oggetto di descrizioni esterne, come successione di atti pedagogici identificati dalle consegne, supporti d’insegnamento, risultati attesi, ecc. Tuttavia, le sue finalità non sono messe in relazione con dei quadri teorici esplicitati, il che non è affatto pregiudizie-

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20 L’approccio per competenze nell’insegnamento delle lingue

vole par la loro presunta efficacia o per l’accoglienza positiva che riscuotono presso gli insegnanti;

– l’acquisizione «naturale» (detta anche «in ambito sociale») di una lingua, nel senso che l’insegnamento è considerato una forma di guida/pilotaggio nell’acquisizione di una lingua, condotta da un professionista (o attraverso materiali d’insegnamento) e che non è autocontrollata dal solo apprendente. In questa accezione, una metodologia d’insegnamento è caratterizzata so-prattutto dalla costruzione di campioni di lingua a cui l’apprendente viene esposto, poiché nell’acquisizione naturale l’apprendente si trova esposto in modo aleatorio alla lingua-obiettivo;

– le tecniche d’insegnamento, considerate come forme locali e isolate rispetto alla gestione dell’insegnamento, con obiettivi circoscritti;

– la pedagogia, intesa sia come gestione concreta del gruppo di apprendenti (or-ganizzazione della lezione, uso dello spazio, clima creato, affettività, relazioni interpersonali, ecc.) sia come progetto che sta al di sopra delle metodologie d’insegnamento: pedagogia dell’apprendimento autonomo, pedagogia del progetto, pedagogia di risoluzione di un problema, pedagogia interculturale. Queste ultime fanno intervenire alcune metodologie d’insegnamento, che vengono però attivate e integrate per finalità educative superiori;

– il manuale, inteso come strumento concreto d’insegnamento (libro di testo, corso di lingua), prodotto editoriale vero e proprio o a diffusione interna (concepito da un insegnante o da un ente educativo). I manuali devono essere distinti a loro volta da quei supporti specifici (come dizionari, grammatiche d’insegnamento o di riferimento, eserciziari, libri di «civiltà» del Paese in questione o quelli di preparazione agli esami o alle certificazioni). Questi ma-nuali si basano, per gradi e titoli diversi, su una metodologia d’insegnamento: è utile analizzare il «come», vista la complessità della questione. Infatti, certe metodologie possono risultare prevalenti, rispetto a un preciso momento e a una determinata situazione, e produrre forti effetti modalizzanti sui manuali stessi, che si riducono quindi a tradurre, nel modo più fedele possibile, tale metodologia in atti pedagogici. Tuttavia, le relazioni fra un manuale e una metodologia d’insegnamento delle lingue possono essere più contenute e dipendere da molteplici orientamenti, non controllati e non integrati.

In francese, il termine «corso/manuale» di lingua è reso dal termine méthode («metodo»), originariamente utilizzato nell’accezione che in questa sede è data a metodologia (così che si parla di metodo grammatica-traduzione e di metodologia comunicativa), senza che questa discrepanza terminologica implichi differenze fondamentali nella definizione dell’oggetto che denomina.

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Le componenti di una metodologia d’insegnamento delle lingue per competenze specifiche

Abbiamo visto che il Quadro offre la possibilità di attuare l’approccio comunicativo nella sua versione alta, nella misura in cui il modello delle com-ponenti della competenza comunicativa che propone permette di strutturare l’organizzazione degli insegnamenti per strategie e si fa carico del livello delle realizzazioni previste sotto la denominazione di testo, distinta dal concetto di genere di discorso, ma ad esso non del tutto estranea.

Ai fini di queste nostre riflessioni, metteremo tale componente discor-siva in rapporto alle strategie di ricezione/produzione dopo aver definito gli stili discorsivi. Citeremo anche le relazioni della componente che riguarda la padronanza dei generi di discorso con altre componenti: la competenza grammaticale/formale e la componente culturale e interculturale.

Un altro modello a quattro competenze per l’organizzazione di insegna-menti comunicativi delle lingue

Il termine «operativo» è già stato utilizzato più volte per qualificare i livelli di organizzazione resi possibili dai modelli della competenza comunicativa. È servito a valutare il carattere troppo generale e astratto di alcuni di questi livelli, collocati tra le finalità educative, o lo status troppo circoscritto o frammentato di altri, il cui impiego potrebbe rischiare di disorganizzare le strategie meto-

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78 L’approccio per competenze nell’insegnamento delle lingue

dologiche e ridurle a un insieme di attività disgiunte, proprio perché limitate. Questo sistema di organizzazione degli insegnamenti può allora lasciare degli spazi vuoti, permettendo la reintroduzione di un approccio globalista.

Si è cercato finora di identificare il giusto livello di strutturazione, ca-pace, allo stesso tempo, di articolare i contenuti dell’insegnamento e la loro organizzazione curricolare insieme alle finalità generali di una formazione in lingua e di tradurre questi ultimi, a valle, in sequenze d’insegnamento controllate. L’analisi dei modelli della competenza comunicativa del capitolo precedente ha permesso di riconoscere la pertinenza di modelli gerarchici, come nel Quadro. I livelli che strutturano le attività d’insegnamento devono essere identificati con componenti stabilite da questi modelli, in quanto tali attività non si situano a livello di finalità prefissate (autonomia, apprendi-mento riflessivo, inserimento sociale o professionale, tolleranza linguistica, cittadinanza democratica, ecc.) né di obiettivi operativi, che esse servono tuttavia a identificare.

Adotteremo un’organizzazione — che non ha nulla di originale — in quattro insiemi di componenti, di cui i primi tre riguardano la competenza comunicativa propriamente detta (incentrata sulla sua componente mediana: la competenza relativa ai generi di discorso) e di cui l’ultima può dirsi comu-nicativa nel senso specifico della comunicazione interculturale (tabella 5.1).

TABELLA 5.1Un modello a quattro competenze/componenti

Competenza comunicativa

– componente strategica– componente discorsiva (intesa come padronanza dei

generi di discorso)– componente formale (si veda paragrafo Le competenze

formali, in questo capitolo)

Competenza di comunicazione interculturale

(si veda paragrafo Le competenze culturali

e interculturali, in questo capitolo)

– componente etnolinguistica– componente azionale– componente relativa alla comunicazione interculturale– componente interpretativa– componente educativa diretta a sviluppare attitudini

interculturali aperte

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Componenti di una metodologia d’insegnamento delle lingue per competenze 79

L’organizzazione delle metodologie d’insegnamento, ad esempio quella della metodologia ordinaria, può avere per asse la competenza formale, cioè una categorizzazione formale/grammaticale degli elementi da insegnare, che sfociano in un impianto di questo tipo:

Componente formale

Determina la categorizzazione degli obiettivi di apprendimento per classi di natura mor-fologica e sintattica

Componente strategica

Consiste in compiti e attività di natura metalinguistica

Prodotto

Frasi o testi poco contestualizzati, almeno a livello iniziale

Prodotto atteso

Attuazione di una competenza comunicativa

La disposizione degli elementi della versione comunicativa della meto-dologia ordinaria, detta versione bassa dell’approccio comunicativo, potrebbe a sua volta essere schematizzata nel seguente modo:

Componente formale

Determina la categorizzazione degli obiettivi di apprendimento per classi di natura mor-fosintattica e pragmatico-semantica

Componente strategica

Consiste in compiti e attività di appropriazione di natura metalinguistica, ma anche relative alla gestione della comunicazione verbale, messa in atto, il più delle volte, nelle interazioni orali

Prodotto

Frasi ed enunciati contestualizzati e comportamenti verbali appropriati, soprattutto nello spazio delle funzioni comunicative (o atti di parola)

Prodotto atteso

Attuazione di una competenza comunicativa

Il modello di approccio per competenze, nuovamente proposto in questa sede, può ricevere due diversi tipi di strutturazione (tabella 5.2).

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80 L’approccio per competenze nell’insegnamento delle lingue

TABELLA 5.2Modello di approccio dell’insegnamento comunicativo

per competenze specifiche

Strutturazione I Strutturazione II

Componente strategica Componente discorsiva

Determina la categorizzazione degli obiettivi di apprendimento mediante una catego-rizzazione di attività e di obiettivi d’inse-gnamento

Determina la categorizzazione degli obiet-tivi di apprendimento mediante i generi di discorso

Componente strategica/discorsiva Componente strategica

Organizza attività di appropriazione che riguardano il saper fare linguistico e co-gnitivo e che mirano alla padronanza dei generi di discorso

Organizza attività di appropriazione che riguardano il saper fare linguistico e co-gnitivo e che mirano alla padronanza dei generi di discorso

Componente formale (eventuale) Componente formale (eventuale)

Relativa all’acquisizione, tramite sistematiz-zazione, delle regolarità del sistema della lingua all’opera nei generi discorsivi

Relativa all’acquisizione, tramite sistematiz-zazione, delle regolarità del sistema della lingua all’opera nei generi discorsivi

Prodotto Prodotto

Padronanza nella produzione/ricezione di alcuni generi discorsivi

Padronanza nella produzione/ricezione di alcuni generi discorsivi

Prodotto atteso Prodotto atteso

Attuazione di una competenza comunicativa Attuazione di una competenza comunicativa

La strutturazione II è adattata a gruppi di apprendenti i cui bisogni lin-guistici sono identificabili e analizzabili in termini di repertorio di generi di discorso da acquisire in lingua straniera. La strutturazione I è senz’altro più adatta quando si devono organizzare insegnamenti per livelli da raggiungere e non per obiettivi specifici (come nel caso degli insegnamenti scolastici delle lingue).

Questa organizzazione può essere considerata di natura metodologica, poiché punta a strutturare gli insegnamenti a un livello compreso fra le com-ponenti gerarchicamente elevate (competenze comunicative) e quelle di livello più direttamente operativo in classe (competenza fonologica, ad esempio).

Nelle pagine che seguono, privilegeremo la strutturazione II per la com-ponente discorsiva, che costituisce, come abbiamo cercato di dimostrare, un punto di partenza adeguato alla costruzione di un approccio metodologico per

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Componenti di una metodologia d’insegnamento delle lingue per competenze 81

competenze specifiche complesse. Esse saranno trattate in questa sede solo per alcuni dei loro aspetti, altrimenti questo libro coprirebbe la totalità delle questioni di didattica delle lingue. Ci limiteremo, in particolare, a una semplice definizione delle competenze formali e culturali/interculturali (si veda tabella 5.2), poiché queste ultime riguardano un insieme teorico specifico, non essendo di natura essenzialmente linguistica.

La componente discorsiva: generi di discorso e repertorio discorsivo

Come è stato già precisato, il modello qui adottato non è molto differente da quello del Quadro. Tuttavia, metterà maggiormente in evidenza un concetto poco usato nel suddetto testo, vale a dire quello di genere discorsivo o genere di discorso. La specificazione della competenza comunicativa in competenza relativa ai generi di discorso sembra in grado di ridurre le differenze evidenziate nei diversi modelli di competenza comunicativa e si presenta come una categoria più alla portata degli utilizzatori per organizzare i programmi di lingue e strutturare le sequenze del loro insegnamento.

I generi di discorso

Per genere di discorso o genere discorsivo si intendono le forme prese dalla comunicazione così come si effettua in una situazione sociale e in una comunità comunicativa data, identificate come tali da parametri specifici (luogo, tipo di partecipanti, ecc.), e in cui si attua una certa forma discorsiva (una conferenza, un articolo di cronaca, un aneddoto, un litigio, un mito, una preghiera, ecc.). La produzione verbale tende a conformarsi alle norme che caratterizzano tali situazioni (o meglio, tali eventi comunicativi, secondo l’accezione di Hymes) tanto nei contenuti quanto nella struttura e nelle realizzazioni verbali, più o meno ritualizzate e prefissate.

Nel Quadro si è preferito usare i concetti di competenza pragmatica e di testo rispetto a quello di genere di discorso per caratterizzare la competenza squisitamente comunicativa e linguistica dell’utilizzatore/apprendente. Come indicato in precedenza, la competenza pragmatica si riferisce anche alle rego-larità dei discorsi. Insomma, in poche parole, ritroviamo qui una tradizione della didattica del francese come lingua straniera che, fin dal 1975, vedeva nella descrizione delle regolarità linguistiche dei generi discorsivi una delle basi possibili per le metodologie d’insegnamento di ispirazione comunicativa.

Si è scelto qui di adottare il concetto di genere di discorso per precisare la com-ponente situazionale/sociale della competenza comunicativa per molti motivi:

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82 L’approccio per competenze nell’insegnamento delle lingue

1. i nomi dei generi rientrano nel lessico ordinario, più o meno ricco secondo i locutori, che se ne possono fare una rappresentazione vaga ma non priva d’interesse per le attività d’insegnamento (Beacco e Petit, 2004). I generi discorsivi costituiscono così la forma immediata tramite cui la lingua si trova alla portata dei locutori: in tal modo essi sono capaci di identificarli, ma anche di produrne alcuni, pur senza insegnamento, in funzione del loro repertorio discorsivo;

2. la nozione di discorso è meno astratta e più precisa rispetto a quella di tipo di testo (narrativo, descrittivo, ingiuntivo, espositivo, argomentativo, ecc.). Quest’ultima non è mai stata in grado di descrivere veramente le classi di testi, poiché si constata facilmente che un testo concreto corrisponde mol-to spesso a più tipologie. Adam (1999), i cui lavori hanno contribuito in Francia alla diffusione di questo concetto nelle culture didattiche, sembra averne riconosciuto la relativa inadeguatezza e si è orientato, a sua volta, verso i generi discorsivi;

3. si possono descrivere le categorie linguistiche, perché un genere discorsivo è un oggetto verbale — distinto tuttavia dall’enunciato — del testo, dell’atto di parola, del tipo di testi… Queste forme discorsive vengono considerate non tanto come fenomeni di enunciazione singoli o individuali, ma in quanto manifestano regolarità indipendenti dai loro locutori. Queste regolarità si sono costruite in seno alle comunità di comunicazione e sono condivise, a gradi diversi, dai membri di tali comunità. Esse possono essere considerate in termini di enunciati relativamente stabili e definiscono la proprietà degli enunciati stessi (ma non la loro correttezza o la loro grammaticalità), vale a dire la loro adeguatezza a regole condivise in quella comunità e la corretta formazione dei generi discorsivi. Ritroviamo anche qui la prospettiva di Hymes;

4. in rapporto ai modelli correnti di analisi della competenza comunicativa, il concetto di genere discorsivo non si fa veramente carico della dimensione pragmatica, benché dia un’interpretazione concreta delle regole sociali per il buon esito della comunicazione. Tuttavia, la forza degli enunciati è presa in considerazione nell’analisi linguistica delle regolarità generiche, poiché ogni genere può essere parzialmente caratterizzato; qualunque genere infatti è costituito da un insieme stabile di funzioni che vi ricevono delle realizzazioni linguistiche particolari;

5. infine, e soprattutto, il concetto di genere di discorso sembra indispensa-bile per ciò che concerne l’insegnamento/apprendimento delle lingue. In effetti, i generi non sono forme discorsive universali: sono, il più delle volte, propri delle comunità discorsive, cioè delle lingue. Certi generi non

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Componenti di una metodologia d’insegnamento delle lingue per competenze 83

hanno equivalenti da una lingua all’altra; ad esempio il termine palabres (inteso come «chiacchiere interminabili» nel francese parlato in Francia) non ha niente a che vedere con le palabres del francese parlato in Africa, dove significa «discussioni del consiglio del villaggio»; altro esempio, il termine presentazioni in francese e in inglese coincide solo parzialmente. Gli insegnamenti nella lingua materna mettono in contatto almeno due culture discorsive, quella della comunità discorsiva degli apprendenti e quella della lingua-obiettivo. L’acquisizione di una competenza comu-nicativa suppone che si possa riconoscere e che ci si possa appropriare di queste differenze nelle culture discorsive che non si riducono alla co-noscenza delle differenze sociali (status, ruolo, ecc.). La specificazione della componente discorsiva mediante i generi discorsivi permette così di reintrodurre, a livello delle attività d’insegnamento, una prospettiva etnolinguistica — quella tracciata da Hymes — che sembra essere stata relativamente trascurata anche negli insegnamenti che si definiscono «comunicativi».

Per questi motivi, i generi discorsivi fanno parte delle rappresentazioni ordinarie della comunicazione, che possono comprendere locutori e appren-denti senza una competenza particolare in scienze del linguaggio. Devono essere considerati come una categorizzazione linguistica e didattica centrale dei modelli di comunicazione volti a strutturare gli insegnamenti. Permettono così di passare dalla comunicazione effettuata in maniera indipendente da una lingua data alle forme particolari che la comunicazione assume in una lingua data.

I repertori discorsivi

Se si considera dunque, sulle orme di Bakhtine (1984, p. 285), che il locutore fa esperienza immediata del linguaggio attraverso i generi verbali e che «le forme della lingua e le forme dei tipi di enunciati, cioè i generi del discorso, s’introducono nella nostra esperienza e nella nostra coscienza con-giuntamente e senza che la loro stretta correlazione si spezzi […], i generi del discorso organizzano la nostra parola nello stesso modo in cui la organizzano le forme grammaticali (sintattiche)», quindi possono essere considerati dei tratti linguistici identitari che caratterizzano locutori e gruppi.

I repertori discorsivi effettivi dei membri di una comunità comunicativa non sono identici, ma presentano probabilmente un piccolo comun denomi-natore, come la padronanza di certi generi orali interattivi ordinari.

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Elementi di metodologia per l’insegnamento della ricezione/comprensione di testi scritti e orali

Questo capitolo, come i precedenti o i seguenti, si propone di mettere a confronto il materiale già esistente, generato della riflessione didattica e dal saper fare collettivo dei docenti, con le proposte avanzate nel Quadro. Infatti, accanto all’interazione orale, il Quadro sceglie di analizzare le attività dette «di ricezione» — distinte da quelle d’interazione, di produzione e di mediazio-ne — che vengono a loro volta distinte in ascolto o comprensione dell’orale, lettura o comprensione dello scritto e ricezione audiovisiva (si veda Quadro, sez. 4.4.2).

Adotteremo questa terminologia, utilizzando il termine comprensione, di uso più comune nella didattica delle lingue, e precisando, sempre secondo il Quadro (sezz. 4.6-4.6.3), che tali attività riguardano i testi, ivi definiti «sequenze discorsive», di cui il medium è orale oppure scritto, e ciò per ricordare che il medium non è che una delle caratteristiche di tali forme discorsive.

Il modello di ricezione nel Quadro

Il Quadro, che si avvale generalmente del contributo della ricerca, per definire l’interazione si basa sulle descrizioni disponibili del prodotto di tale attività (cioè le forme osservabili delle interazioni), mentre per la compren-sione fa appello anche alle teorie psicolinguistiche, più ricche e diversificate

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136 L’approccio per competenze nell’insegnamento delle lingue

rispetto a quanto accade per l’interazione. Queste forniscono una base a molti descrittori di competenze di comprensione di testi scritti e orali. Ad esempio, per la comprensione dei discorsi scritti, accanto al carattere più o meno lungo dei testi proposti alla lettura, le descrizioni di questa competenza mettono in gioco elementi come: individuare informazioni specifiche in un elenco ed estrarre quella occorrente… (Leggere per orientarsi, A2); individuare e comprendere informazioni significative in materiale di uso corrente… (Leggere per orientarsi, B1); scorrere testi di una certa lunghezza alla ricerca di informazioni specifiche… (Leggere per orientarsi, B1); farsi un’idea del contenuto di materiale informa-tivo… (Leggere per informarsi e argomentare, A1); trovare informazioni spe-cifiche in semplice materiale scritto di uso corrente… (Leggere per informarsi e argomentare, A2); riconoscere le informazioni significative in articoli di giornale… (Leggere per informarsi e argomentare, B1) (si veda Quadro, sez. 4.4.2.2). Sembra abbastanza chiaro che queste competenze valorizzino i saper fare di tipo «dall’alto verso il basso» piuttosto che quelli «dal basso verso l’alto»: nei primi la comprensione è considerata un processo di riconoscimento e di raccolta successiva e interconnessa dei significati dei segni (percepiti e me-morizzati), di parole, di gruppi di parole, di frasi, ecc. I saper fare «dal basso verso l’alto» riguardano più che altro le informazioni visive e l’individuazione di tali informazioni con tecniche di lettura a scorrimento (ricerca selettiva) e di costruzione e verifica/confronto di ipotesi di senso, a partire da certi indizi, in costante rielaborazione nel corso della lettura e con possibili effetti retro-attivi sui significati già elaborati. È risaputo che tali modelli, cui si rimprovera di essere unidirezionali, siano piuttosto metaforici, ma ugualmente adatti per legittimare metodologie d’insegnamento distinte. Ad essi fanno riferimento le metodologie di approccio ai testi scritti basate:– sulla traduzione integrale (che comprende l’oralizzazione dei testi), fase

per fase, secondo lo sviluppo del testo (detta «lettura lineare», che parte dall’inizio e va fino alla fine del testo o del brano);

– sulla tecnica delle«domande/risposte», precedute da una lettura orale continua, con l’aiuto della quale l’insegnante domanda ai discenti di rendere conto di quello che hanno capito (il testo può, eventualmente, essere studiato in modo autonomo dagli studenti) e precisa il senso con gli studenti stessi. Queste domande sembrano limitarsi alla comprensione che non accom-pagnano ma presuppongono. Tuttavia, esse possono essere considerate un modo, per l’insegnante, per raccogliere indizi, con la funzione, quindi, di permettere agli apprendenti di costruire le proprie ipotesi di senso;

– su metodologie che mettono in gioco delle strategie di lettura: attivazione del-le conoscenze degli apprendenti e attuazione di processi ipotetico-deduttivi

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Elementi di metodologia per l’insegnamento della ricezione/comprensione di testi 137

su selezione di indizi raccolti dagli apprendenti nel corso di letture parziali silenziose.

Questo approccio, i cui elementi principali hanno attinenza più con una strategia «dall’alto verso il basso», si iscrive negli approcci comunicativi degli insegnamenti delle lingue, che non si limitano dunque, secondo un’opinione comune, all’interazione. Esso mira a mettere in atto le abilità di «buon lettore» e, a questo titolo, non sorprende affatto che serva da base per i descrittori di tale competenza nel Quadro, dove si suggerisce che gli aspetti metodologici che si basano esplicitamente su questi modelli di comprensione (dei discorsi scritti e orali) dovrebbero, malgrado la neutralità rivendicata, essere privilegiati in un modo o in un altro. Cercheremo di descrivere proprio questa competenza, basata su strategie d’insegnamento che hanno l’obiettivo di favorirne l’acqui-sizione da parte degli apprendenti.

Le caratteristiche di ricezione dei testi

La ricezione dei testi, così definita, presenta delle caratteristiche specifiche di cui è importante tener conto per delineare delle strategie metodologiche d’insegnamento ad hoc.

Leggere/ascoltare come progetto

La ricezione dei testi scritti e orali è caratterizzata, in primo luogo, dal fatto che essa rappresenta un atto sociale deliberato, rispondente a una finalità stabilita dal lettore/ascoltatore. Si può partecipare a una conversazione per caso o a causa di circostanze impreviste (incontro con una persona conosciuta), si può leggere o, meglio, guardare rapidamente dei testi scritti, come quelli apposti sui muri delle città, sugli edifici o sui cartelloni pubblicitari. Tuttavia, leggere/ascoltare risponde a un’intenzione deliberata.

Questo progetto regola, a monte, la modalità stessa di lettura, mediante la finalità prefissata: la ricerca, all’interno di un testo, di informazioni specifiche, di conoscenze, analisi, testimonianze, ecc. oppure una ricerca con finalità più generiche, di natura estetica, filosofica e morale, politica, ludica. I progetti sono spesso elencati sotto forma di:– leggere/ascoltare per fare (istruzioni, modalità d’uso);– leggere/ascoltare per informarsi (attualità);– leggere/ascoltare per farsi un’opinione, discuterne (attualità, saggio, opere

specialistiche);

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138 L’approccio per competenze nell’insegnamento delle lingue

– leggere/ascoltare per apprendere (corsi, manuali);– leggere/ascoltare alla ricerca di un’informazione specifica (catalogo, dizio-

nario, enciclopedia);– leggere/ascoltare per passatempo (romanzo, canzone, TV);– leggere/ascoltare per orientarsi (cartina, annuncio radio sul traffico auto-

mobilistico);– leggere/ascoltare per comunicare con la famiglia, gli amici (corrispondenza/

mail, telefono);– leggere/ascoltare per elaborare testi scritti/produrre testi orali monologici

(si veda capitolo 9);– leggere/ascoltare per analizzare i testi stessi (analisi linguistiche, semiotiche);– altro.

Il Quadro ha scelto le seguenti attività di ricezione, che specificano la comprensione generale dello scritto e dell’orale (sezz. 4.4.2.1-4.4.2.4):– comprendere un’interazione tra parlanti nativi, attività di ricezione che

designa delle conversazioni alle quali gli utilizzatori/apprendenti assistono (dibattiti pubblici, conversazioni a cui essi non prendono parte). Tali atti-vità sono oggetto di una scala particolare con gradi di padronanza (da A2 a C1), probabilmente perché costituiscono una forma di esposizione alla lingua decisiva per l’apprendimento. Inoltre, costituiscono un elemento fondamentale per film, serie televisive, incontri, interviste, opere teatrali, ecc. e, grazie all’ampliamento dell’offerta televisiva, l’accesso ai programmi in lingua straniera diventa sempre più facile, permettendo un contatto più immediato con la lingua;

– comprendere la corrispondenza;– comprendere, in qualità di ascoltatore, conferenze, esposizioni, discorsi,

discussioni e dibattiti, che rinviano parzialmente a situazioni di ascolto incentrate sull’informazione, le conoscenze, la formazione di opinioni, in parallelo a «leggere per informarsi e argomentare»;

– comprendere per orientarsi; – comprendere annunci e istruzioni orali (ascoltare per fare); – comprendere trasmissioni radio o registrazioni, trasmissioni televisive e film.

Questi progetti regolano le forme dei vari comportamenti della ricezione, in linea di massima in accordo con il progetto stesso: comprensione parziale di elementi di un testo (o di un solo elemento); comprensione di differenti elementi del testo non necessariamente messi in evidenza nello stesso (lettura a scorrimento, selezione delle informazioni); ricezione con un’attenzione forte e costante oppure intermittente e variabile; comprensione globale o parola per parola, letterale e

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Elementi di metodologia per l’insegnamento della ricezione/comprensione di testi 139

integrale (per orientarsi o fare qualcosa). Si è soliti considerare un «buon letto-re/ascoltatore» colui che è in grado di adattare la propria attività di ricezione al progetto da realizzare. Spetta alla metodologia d’insegnamento creare, fuori dalla classe oppure in classe (progetto di gruppo, simulazione limitata o generale), le condizioni didattiche che diano a tali forme di ricezione una reale funzione sociale, non limitandole a «leggere/ascoltare per imparare a leggere/ascoltare». Il fatto di mettere i discenti in grado di esplorare, in una lingua straniera, le diverse forme di attività costituisce probabilmente la condizione determinante per far prendere loro coscienza, se necessario, della natura stessa di queste ultime.

Capacità, rappresentazioni e conoscenze dell’apprendente in atto nella ricezione dei testi

I descrittori del Quadro analizzano la ricezione-comprensione in quanto costituita da un certo numero di capacità, poste in gioco simultaneamente e interagenti tra di loro (da cui l’aggettivo «interattivi» a volte dato a questi modelli che uniscono la tipologia «dall’alto verso il basso» a quella «dal basso verso l’alto»).1. La capacità di cogliere i dati materiali che formano i testi: padronanza del

codice grafico e delle sue convenzioni, riconoscimento delle grafie (stam-pate, scritte a mano) su supporti diversi (carta, manifesto, schermo), ecc.; decodificazione uditiva: riconoscimento dei suoni, gruppi di suoni, accenti, intonazione, valore delle pause, adattamento al flusso della parola, ecc.

2. La memorizzazione (essenzialmente nel caso dell’orale), che permette di stoccare i dati pertinenti nella memoria a breve termine.

3. La ricerca di indizi, sia nel corso della lettura sia esplorando la superficie spaziale (per i testi scritti). Questi indizi possono essere testuali (forme), contestuali (ambiente sonoro, spazio in cui un testo è inserito: la doppia pagina, ad esempio), cotestuali (titolo, illustrazioni, schemi), paraverbali (gesti, attitudini, atteggiamenti, espressioni del viso), ecc.

4. L’anticipazione, che viene prima della ricezione o durante quest’ultima, sul testo, nella sua globalità o parzialmente, a partire da ipotesi e conoscenze relative alla lingua, al senso, alla situazione, al locutore;

5. La costruzione di ipotesi di senso per una parola, frase, elementi di un pa-ragrafo, indipendentemente dalla lunghezza, e di inferenze sui significati non esplicitati, a partire dagli indizi raccolti, dalle conoscenze disponibili di ogni tipo, da ipotesi precedenti.

6. La modifica delle ipotesi di comprensione o di interpretazione, sulla base dei nuovi indizi.

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140 L’approccio per competenze nell’insegnamento delle lingue

7. La capacità di interpretare socialmente e culturalmente i contenuti e, even-tualmente, le forme discorsive, in maniera soggettiva o in rapporto a saperi oggettivati.

8. Lo spirito critico.

Sono queste le capacità che l’insegnante deve attivare e sviluppare sui testi in lingua straniera. Alcune di esse sono indipendenti dalla lingua cui ven-gono applicate — come l’esercizio dello spirito critico o il ricorso a strategie «dall’alto verso il basso» —; altre ne sono dipendenti — come la capacità di elaborare ipotesi di senso basate, almeno parzialmente, su conoscenze integrate e meccanizzate della morfosintassi e del lessico nella lingua-obiettivo.

Questi saper fare si avvalgono delle rappresentazioni sociali e delle cono-scenze dei lettori/ascoltatori. Infatti, è importante, per costruire le metodologie d’insegnamento della ricezione, tener conto:– delle rappresentazioni dominanti della lettura e dell’ascolto nel contesto

culturale degli apprendenti, nei campi della comunicazione familiare, delle relazioni sociali, dell’ambiente professionale, della religione, della vita, ecc.;

– delle culture didattiche di riferimento, in questo caso delle pratiche d’in-segnamento della lettura/ascolto privilegiate nel corso della formazione scolastica obbligatoria, che riguardano tanto l’apprendimento del sistema grafico quanto l’acquisizione di comportamenti di ricezione, la cui influenza si rivela spesso determinante quando si tratta di acquisire competenze della stessa natura rispetto ai testi in una lingua sconosciuta;

– dell’esperienza sociale e dell’insieme delle conoscenze del mondo (o conoscen-ze enciclopediche), strutturate, a livello cognitivo, in concetti, categorie, schemi, comportamenti divenuti abituali, ambiti, relazioni analogiche o affettive, che vengono mobilitate dall’utilizzatore/apprendente per ogni atto di ricezione; alcune di queste possono essere indipendenti dalla lingue conosciute dagli ap-prendenti o dal loro quadro sociale e culturale, perché sono internazionalizzate (come capita, ad esempio, nel settore dello sport). D’altronde, più che sulla lista delle conoscenze accumulate, ci si dovrebbe interrogare sulle conoscenze enciclopediche di cui dispone un apprendente per capire un testo dato, al fine di costruire un dispositivo di guida alla comprensione.

Tra queste conoscenze acquisite dall’esperienza diretta o grazie all’in-segnante, è utile avere un’idea chiara dei saperi e dei saper fare comunicativi degli apprendenti nella loro comunità comunicativa di riferimento o in altre di cui hanno acquisito la padronanza in almeno una delle lingue di comunica-zione: tipi d’interazioni orali cui partecipano regolarmente come ascoltatori, categorie di testi ascoltati o letti, categorie di testi prodotti, ecc. Potrebbe

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Elementi di metodologia per l’insegnamento della ricezione/comprensione di testi 141

sembrare inutile aspettarsi che gli autori di manuali o gli insegnanti arrivino ad avere a disposizione tutte queste informazioni, poiché si sa che una lista delle stesse richiede ricerche complesse, lacunose in molte comunità comu-nicative. Tuttavia, la competenza comunicativa degli apprendenti può almeno essere caratterizzata dall’individuazione dei generi di testi (si veda paragrafo La componente discorsiva: generi di discorso e repertorio discorsivo, capitolo 5) di cui essi hanno una buona esperienza, come ascoltatori o lettori, in una delle lingue che conoscono (tipo di trasmissione televisiva, di canzoni, di testi della stampa). Tale caratterizzazione, anche parziale, è un’indicazione importante all’inizio di una sequenza di attività dedicate alla ricezione di un testo di cui si dovrebbe almeno sapere se, in quanto genere di discorso, è familiare o meno agli apprendenti (attivazione della competenza etnolinguistica).

Nella sempre molto pertinente sintesi sullo scritto realizzata dal CRÉDIF per il Consiglio d’Europa (Martins-Baltar et al., 1979), le competenze e le conoscenze richiamate precedentemente riguardano le ultime tre componenti della competenza comunicativa proposta da Coste (si veda, Martins-Baltar et al., 1979, p. 98; Coste, 1978):– padronanza referenziale: saperi e saper fare attinenti a dominî di esperienza

e delle conoscenze; – padronanza relazionale: saperi e saper fare relativi alle abitudini, strategie e

adattamenti degli scambi interpersonali in funzione delle posizioni, ruoli, intenzioni di coloro che vi prendono parte;

– padronanza situazionale: saperi e saper fare inerenti ai differenti fattori che possono influenzare, in una comunità e in circostanze date, le scelte operate dagli utenti della lingua.

Questi saperi e saper fare, che dipendono dall’esperienza del mondo e da quella della comunicazione linguistica, non sono sufficienti ad assicurare la comprensione di testi in lingua straniera, in quanto essi devono comprendere anche delle componenti linguistiche dette, nel modello citato precedente-mente: – padronanza linguistica: saperi e saper fare relativi alle componenti e ai fun-

zionamenti della lingua straniera in quanto sistema linguistico che permette di realizzare degli enunciati;

– padronanza testuale: saperi e saper fare relativi ai discorsi e ai messaggi in quanto sequenze organizzate di enunciati (disposizioni e concatenazioni transfrastiche); retorica e manifestazione enunciativa.

Gli elementi di queste componenti sono elaborati a partire da descrizioni scientifiche della lingua-obiettivo e da quelle dei testi che, per il francese inse-

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gnato come lingua straniera, sono state appunto prodotte nel campo di questa didattica con il nome di analisi del discorso.

Ricezione e caratteristiche dei testi e dei discorsi: l’analisi del discorso

Eccetto il caso delle interazioni che si ascoltano o si leggono, l’oggetto delle attività di ricezione è formato da testi che attualizzano discorsi mono-logici, vale a dire gestiti da un solo emittente. Intorno al 1975, queste forme discorsive sono state oggetto, per i testi in francese, di analisi linguistiche, appunto perché si è constatato che la conoscenza delle caratteristiche dei testi poteva garantire meglio le strategie d’insegnamento relative alla lettura: nella gestione metodologica della ricezione ci si aspetta, in effetti, che entrino in gioco contemporaneamente la natura stessa del processo, le caratteristiche degli apprendenti e quelle degli oggetti su cui è incentrato il processo, cioè i testi.

Analisi del discorso e didattica della ricezione dei testi

Una congiuntura internazionale particolare (il primo «choc petrolifero») e gli orientamenti della politica estera francese (si veda Challe e Lehmann, 1990) hanno fatto in modo che i primi lavori sulla descrizione dei testi fosse-ro rivolti in particolare ai discorsi scientifici e tecnici: geologia, matematica, scienze sociali, ecc. Queste analisi linguistiche dei discorsi detti «specializ-zati» hanno condotto — al di là però di ogni applicazionismo diretto — alla realizzazione di manuali come Lire en français les sciences économiques et sociales (Lehmann et al., 1979). Esse si sono iscritte contemporaneamente nel quadro teorico realizzato da Pêcheux (1990), autore delle problematiche dell’analisi del discorso propriamente detta, e in quello della linguistica enunciativa di Culioli. Incentrate tutte su testi appartenenti alle comunità scientifiche, esse hanno cercato di mettere in evidenza le regolarità di questi discorsi, di rendere conto della loro presenza e delle loro forme linguistiche e di articolare così il linguistico con «l’extralinguistico», progetto centrale dell’analisi del discorso (si veda, ad esempio, Maingueneau, 1995). Tali analisi restano potenzialmente pertinenti per l’insegnamento delle lingue in cui vengono utilizzate, a partire da concetti come i tipi di testi o i generi di discorso (si veda paragrafo I generi di discorso, capitolo 5).

Non è il caso, in questa sede, di approfondire ulteriormente le relazioni tra l’analisi del discorso e la didattica delle lingue (si veda, ad esempio, Peytard e Moirand, 1992). Ci limiteremo, come è stato fatto nel capitolo precedente, alle interazioni (si veda paragrafo Caratterizzazione dell’interazione orale e delle

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Elementi di metodologia per l’insegnamento della ricezione/comprensione di testi 143

interazioni orali nel Quadro, capitolo 6) e alla presentazione sintetica di alcune caratteristiche dei discorsi monologici, soprattutto scritti, poiché sono proprio questi l’oggetto, sempre nel caso della lingua francese, della maggior parte delle descrizioni linguistiche.

Forme di regolarità dei discorsi

Lo scopo di queste analisi è di identificare i punti comuni di testi prodotti nelle stesse condizioni e, in questo modo, caratterizzare le forme del discor-so da cui procede ogni testo — che, tuttavia, rimane sempre unico. Queste regolarità comuni di un insieme dato di testi possono così servire da punto di partenza per le ipotesi di comprensione locale, perché permettono di fare anticipazioni sullo sviluppo del testo. Tali anticipazioni risultano decisamente efficaci quando si tratta di testi la cui struttura è in gran parte prefissata, come i bollettini meteorologici della stampa quotidiana, le formule di augurio scritte sui biglietti di buon compleanno, i resoconti della giornata borsistica o le cro-nache sportive. Questi testi sembrano provenire da una matrice simile e non presentano che limitate differenze, a tal punto che è possibile riprodurne altri automaticamente, mediante una semplice sostituzione lessicale.

Altri gruppi di testi presentano meno regolarità o regolarità meno marcate. Le forme alternative «equivalenti» in un punto del testo sono mag-giormente diversificate e lasciano maggior spazio ad alternative enunciative: lo sviluppo di una frase o di un paragrafo diventa meno prevedibile, ma la forma possibile che potrebbe avere costituisce sempre un’ipotesi di senso capace di guidare la comprensione, poiché gli indizi evidenziati verranno a convalidare o a inficiare tale aspettativa. Si è potuto così dimostrare che, in certi generi della stampa scritta (notizie politiche nazionali e internazionali, reportage e inchieste), i testimoni o le personalità interpellate dal giornalista possono vedere le loro dichiarazioni sotto forma di citazioni (virgolette), introdotte da un verbo che si riferisce alla parola (dire, avvertire, dichiarare), spesso tra parentesi, piuttosto variate e appartenenti a categorie come: verbo che corrisponde a un atto di parola (promettere, giurare, raccontare…), con significato emotivo o descrittivo (esclamare, insistere...) o che ha attinenza con la modalità assertiva (assicurare, pretendere, affermare…), tutti casi in cui i testi paragonabili della stampa anglosassone tendono a privilegiare un unico e generico verbo come to say (Beacco, 1992c). Su tali regolarità discorsive si possono basare i dispositivi di ipotesi che potremmo chiamare locali, che offrono delle risorse per strutturare le attività che guidano la comprensione degli apprendenti.

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Coesione metodologica e articolazione delle competenze

La questione dell’articolazione delle competenze in un percorso d’inse-gnamento risale allo stesso periodo dell’approccio comunicativo. Nella con-clusione di Une approche communicative de l’enseignement des langues, intitolata Vers une approche intégrée, Widdowson (1981, p. 163 e seguenti) nota che, se l’obiettivo dell’insegnamento è di dotare l’apprendente di una competenza comunicativa, ossia di una capacità d’interpretazione del discorso,

ne dovrebbe conseguire logicamente che ogni approccio che mira a raggiungerla dovrebbe evitare di considerare indipendentemente le une dalle altre le differenti attitudini e capacità, come fini a se stesse. [Tuttavia, nella pratica tradizionale] i libri per l’apprendimento di una lingua sono composti in genere da unità in cui «comprensione», «grammatica» e «composizione» figurano in sezioni differenti. (Widdowson, 1981, p. 163)

A questo rischio di dispersione corrisponde, al contrario, quello di un’ec-cessiva integrazione, come quella praticata nell’approccio globalista (si veda capitolo 3), che porta a cancellare la distinzione del trattamento metodologico tra le competenze comunicative identificate nel Quadro.

In questo capitolo proponiamo alcune osservazioni relative alla coerenza metodologica degli insegnamenti, designata altresì con il termine di articola-zione metodologica, in quanto sempre più attuale, visto che gli insegnamenti incentrati su una sola competenza (la ricezione scritta, ad esempio) sono rari, riservati a pubblici specifici e poco adattati agli insegnamenti scolastici gene-

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rali, in cui i programmi si fanno carico di tutte le competenze. Inoltre, molti insegnamenti iniziali dei docenti di lingua comprendono lezioni relative a ciò che spesso viene chiamata unità didattica, il cui commento o realizzazione possono costituire delle prove di esame.

Esposizione alla lingua e insegnamento della lingua

È accertato che l’appropriazione di una lingua si effettua grazie a un con-tatto diretto con quest’ultima. Ed è l’esposizione a enunciati in lingua, prodotti essenzialmente in situazioni interattive, a costituire il luogo di formazione della padronanza della lingua stessa. Un contatto di questo tipo implica che l’apprendente possa estrarre da questi scambi del materiale linguistico e co-municativo che, sottoposto a un insieme di operazioni cognitive (percezione, identificazione, memorizzazione, ecc.), è in grado di costituire la base per la produzione di enunciati originali in un’altra lingua, dando prova così di una competenza diversa da quella di mera natura ripetitiva. Questi fenomeni sono stati largamente studiati nell’ambito di nozioni come quelle di sequenze poten-zialmente acquisizionali, che si caratterizzano per un ritorno dell’apprendente su una parte dell’enunciato che ha appena prodotto, per riorganizzarlo in vista di una nuova formulazione, più conforme alla rappresentazione che si fa di correttezza-appropriatezza in lingua (Matthey, 2003).

Se è vero che questa dinamica entra in gioco in un’esposizione naturale alla lingua-obiettivo in ambiente esolingue, essa è attiva anche nello spazio della lezione di lingua, in cui gli input sono forniti contemporaneamente dal manuale, dall’insegnante, dalle interazioni tra insegnante e altri apprendenti e dalle descrizioni metalinguistiche, indipendentemente dalla natura e dalla for-ma di trasmissione attivate per accompagnare la struttura dell’appropriazione. In questo contesto, l’esposizione è data anche dai documenti scritti e orali la cui percezione è solo ricettiva. La ricezione può essere prolungata grazie alla frequentazione di media in lingua al di fuori della classe, ormai presenti molto più massicciamente rispetto a una ventina di anni fa (come canali televisivi in lingua straniera, DVD, Internet, ecc.). Le risorse linguistiche tradizionali sono comunque sempre disponibili: stampa e opere di vario tipo, fra cui opere letterarie (tradotte o in versione bilingue: testo originale + traduzione). La presenza delle lingue straniere può essere forte in certi contesti sociolinguistici, come in Norvegia, ad esempio, in cui non è facile capire se le competenze in inglese acquisite dagli apprendenti siano dovute all’insegnamento oppure alla frequentazione di media anglofoni (DVD, canzoni, film, serie televisive, ecc.).

Gli apprendenti sono dunque esposti:

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Coesione metodologica e articolazione delle competenze 197

– a campioni calibrati → in generale quelli del manuale di lingua, in particolare quelli che determinano interazioni orali fra gli apprendenti o con l’insegnante, e quelli destinati alla ricezione, generalmente meno filtrati a livello linguistico in quanto non fungono da modello alla produzione;

– a campioni poco calibrati → quelli dell’insegnante, che deve saper adattare i suoi enunciati alle conoscenze degli apprendenti;

– a campioni non calibrati → quelli del contesto linguistico, che non sono destinati all’insegnamento o che sono importati in classe per questo scopo (i documenti cosiddetti «autentici»).

Le conseguenze metodologiche di questa semplice caratterizzazione di situazioni tipiche della lezione di lingua (in ambiente alloglotta) sono che:– l’obiettivo dell’insegnamento è, principalmente, quello di ricostituire uno

spazio linguistico sufficientemente ricco ma diversificato, che permetta prima di tutto di garantire l’appropriazione, in quanto coesistente con l’acquisizione tramite l’insegnamento. Ormai è risaputo che, anche se gli studenti non apprendono ciò che viene loro insegnato, ciò non impedisce loro necessariamente di apprendere ciò che non viene insegnato;

– l’insegnamento verrebbe facilitato se implicasse una riflessione e una valu-tazione, nell’ambito di attività autonome degli apprendenti o di progetti, delle forme di esposizione alla lingua al di fuori della classe, in modo da valorizzarle, potenziarle e trarne beneficio nella didattica;

– l’esposizione precede la sistematizzazione e la supera; «lo sfruttamento» didattico di campioni prodotti ad hoc o selezionati nei discorsi circolanti, vale a dire la loro utilizzazione come punto di partenza per attività di sistematizza-zione — in special modo grammaticali —, non potrebbe essere esaustivo.

Era utile ricordare innanzitutto questa articolazione tra esposizione alla lingua e attività d’insegnamento ad essa collegate. Questa nozione porta a interpretare la sequenza metodologica come costituita da una fase di contatto con il campione a cui sono collegate, secondo principi che saranno esposti più avanti, le attività di sistematizzazione, che rappresentano il modo d’intervento specifico dell’insegnamento.

La coesione metodologica: sequenza metodologica e unità didattica

L’approccio per competenze riapre nuovamente la questione sulla natura della coesione delle differenti attività, la cui successione o concatenazione formano l’insegnamento. A questo proposito, è utile distinguere due modi di successione. Uno è di natura metodologica: si fonda su un’elaborazione della

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natura dell’appropriazione e dell’insegnamento delle lingue. L’altro è, come dire, di natura sociale: deve rispondere a imperativi pedagogici generali come, ad esempio, quello di variare le attività per gli apprendenti giovani, in funzione della loro capacità di attenzione, di creare una dinamica nel gruppo classe, di adattare le attività alla disponibilità degli apprendenti (ad esempio, durante le ultime ore di lezione) e alle varie circostanze esterne.

Tale successione è scandita anche dalla durata della lezione, suddivisa in unità che vanno da 35 a 55 minuti, o loro multipli, nei sistemi educativi europei o in sequenze più ampie (90 minuti e oltre) per i corsi di formazione intensivi o quando si tratta di lezioni organizzate da istituzioni private o da associazioni. Questo ritmo sociale dell’insegnamento scandisce materialmente le attività in sezioni distinte, che non corrispondono necessariamente a cesure metodologi-che: queste possono essere divise in modo ampiamente imprevedibile. Tuttavia, possiamo facilmente immaginare che i docenti cerchino di dare coerenza e unitarietà alle attività svolte in classe in un preciso spazio orario. Comunque sia, il ritmo metodologico e il ritmo sociale non necessariamente coincidono.

I manuali di lingua devono tener conto di questo insieme di vincoli per orga-nizzare una divisione delle attività d’insegnamento proposte in elementi. Le attività vengono denominate in modo variabile a seconda dei materiali — unità, lezione, ecc. — come è già stato segnalato. Questa struttura può comprendere più livelli:

– un livello generale, secondo una divisione in dossier, moduli, ecc. abbastanza coerenti in termini di durata (un manuale per un anno d’insegnamento ne comporta da 6 a 8 circa), che includono attività proprie di questo tipo di unità, come valutazione, preparazione all’esame, riassunto delle regolarità studiate, ecc.;

– un livello medio, quello dell’unità, della lezione, che copre parecchie ore e che costituisce lo spazio operativo di preparazione e organizzazione dell’in-segnamento;

– un livello locale, costituito da attività didattiche distinte, identificate in modo generale da un nome generico o più specializzato, come attività, grammatica, ecc.

Questa strutturazione gerarchica della successione delle attività dipende da condizioni prettamente editoriali: formato e impaginazione, attrattiva per l’utilizzatore, scelte effettuate dalla concorrenza, ecc., che non dipendono da veri criteri metodologici.

Potenzialmente sono due le logiche in campo, quella che chiameremo della sequenza metodologica (si veda paragrafo Una definizione preliminare: la sequenza metodologica, capitolo 6), basata su principi che rimandano alla natura dell’appropriazione e ai processi che la rendono operativa e per cui spetta alla

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Coesione metodologica e articolazione delle competenze 199

didattica identificare le strategie da mettere in atto e i contenuti da selezionare perché l’insegnamento sia veramente al servizio dell’apprendimento, e quella sopra definita, detta ormai dell’unità didattica, che dà spazio a considerazioni diverse da quelle cognitive e psicolinguistiche.

La coesione della sequenza metodologica corrisponde allo schema teorico di appropriazione di una competenza (si veda capitolo 1):– l’esposizione a uno/più campioni di discorso, guida alla comprensione di

questi campioni perché siano utilizzabili da parte dell’apprendente;– una fase di sistematizzazione (o insegnamento vero e proprio), in cui le

regolarità utili dei campioni, compatibili con il livello di padronanza cui si mira, vengono identificate e praticate (sotto forma di esercizi, ad esempio);

– una fase più aperta di restituzione, produzione, reimpiego, incentrata su attività complesse e vicine alla realtà sociale della comunicazione verbale.

Questo svolgimento è in gran parte sovrapponibile a quello scelto nei metodi audiovisivi e prima di questi. L’ordine:

Fase 1 Fase 2

Presentazione

Sfruttamento pedagogicoSpiegazione

Ripetizione Memorizzazione

è stato privilegiato in libri come Voix et images de France del CRÉDIF negli anni Settanta. Tuttavia, come osserva Besse (1985, p. 64): «Il successo dell’ordine presentazione – spiegazione – ripetizione – sfruttamento è probabilmente legato al fatto che non è molto differente da quello che gli insegnanti sono abituati a seguire, indipendentemente dal libro di testo: non bisogna forse capire prima di esprimersi e apprendere prima di riutilizzare?».

La questione della coincidenza tra sequenza metodologica e unità di-dattica è senza un reale oggetto quando l’insegnamento riguarda solo una competenza linguistica considerata unica, come negli approcci globalisti. Il problema della coesione dell’unità didattica si pone dal momento in cui si ammette che ogni competenza riguarda una sequenza propria, caratterizzata in particolare dalla natura dei campioni o dalla strategia di utilizzazione di questi ultimi. Nulla si oppone al fatto di concepire unità didattiche che siano identiche a una sequenza, vale a dire, infatti, delle unità in cui una sola com-petenza comunicativa sia oggetto d’insegnamento. Questa struttura didattica

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dell’insegnamento di una lingua ha il vantaggio di accorciare le unità e di rendere conciliabili il ritmo metodologico e il ritmo sociale.1 Tuttavia, una soluzione di questo tipo è ancora relativamente estranea ai manuali che si ispirano a un approccio globalista, che possono contare su un vasto pubblico, almeno per quanto riguarda il francese insegnato come lingua straniera.

Il quadro stesso definito dall’unità didattica non è un fattore secondario di questa situazione poiché, ereditata dai metodi audiovisivi incentrati sulle compe-tenze orali, essa non è stata ripensata per gli approcci comunicativi dell’insegna-mento. Si può persino dire che questa struttura sia rimasta incentrata sull’orale (diventato nel frattempo, in linea di massima, interazione orale): quante unità didattiche di manuali cominciano ancora con un dialogo? Le altre competenze trovano spesso solo un posto secondario, come all’ombra dei supporti principali.

La constatazione (che comporta, ben inteso, delle eccezioni) che si è portati a fare è quella di una destrutturazione dell’unità didattica, il cui zoc-colo duro è formato da una sequenza metodologica ancorata alla competenza dell’oralità e che, per il resto, tende a adottare una configurazione instabile, ma ritenuta ludica e motivante, con una successione di attività in larga misura slegate fra di loro rispetto ai supporti principali. Quello che si può guadagnare in motivazione, si perde, senza dubbio, in termini di leggibilità metodologica per gli apprendenti, che devono capire in ogni momento come le attività che stanno svolgendo contribuiscono all’appropriazione da parte loro della lingua-obiettivo. È quindi indispensabile che vengano aiutati a identificare le fasi suc-cessive del loro apprendimento in classe (sui manuali, per mezzo dei sottotitoli, dell’impaginazione), per coglierne le finalità e comprenderne il collegamento. La percezione da parte degli studenti di questi «momenti della lezione di lingua in classe», qualunque sia la loro natura, costituisce indubbiamente una conditio sine qua non dell’efficacia dell’insegnamento frontale, poiché la sua funzione più importante è di aiutarli a «mettere ordine» tra i saperi che acquisiscono con l’esposizione alla lingua-obiettivo. Per essere in grado di fare chiarezza, è necessario però che l’insegnamento stesso sia organizzato in modo non impre-vedibile. In caso contrario, si distinguerebbe dall’appropriazione naturale solo perché l’esposizione alla lingua viene filtrata. A ogni modo, il problema dell’in-gegneria della formazione che deve essere risolto è quello della costruzione di unità didattiche pluri-competenze, necessariamente variabili, tenuto conto delle condizioni concrete d’insegnamento e di finalità e obiettivi, a partire da sequenze metodologiche la cui coesione è stata definita precedentemente, e che si faccia carico di competenze di ogni tipo, come specificate nel Quadro.

1 È stata adottata, ad esempio, dal manuale per principianti Point-virgule (Beacco e di Giura, 1990).


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