+ All Categories
Home > Documents > Le carte giovanili del noto scrittore di San Luca “STRACCI ... · Alvaro, con cui ho avuto una...

Le carte giovanili del noto scrittore di San Luca “STRACCI ... · Alvaro, con cui ho avuto una...

Date post: 26-Jul-2020
Category:
Upload: others
View: 1 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
4
“STRACCI” DI ALVARO di VITO TETI La scoperta letteraria Le carte giovanili del noto scrittore di San Luca custodite dal Fondo Lico e ora riportate alla luce Corrado Alvaro D ichiaro subito la mia immensa felicità per la scoperta lettera- ria di cui fornirò, adesso, alcu- ne anticipazioni. Corrado Al- varo è uno degli scrittori che più amo e che, forse, meglio conosco. È certamente l’autore che ha anche colto, narrato e interpretato l’antropologia pro- fonda della Calabria, segnalandone con- trasti, bellezze, miti, tortuosità, asprezze. La sua “ombra” mi accompagna da sem- pre, a volte mi ossessiona e mi sovrasta, be- nevola. Con questa premessa, chi legge queste pagine potrà immaginare l’emo- zione, lo stupore, la commozione (ma an- che la preoccupazione e il senso di respon- sabilità) avvertiti quando mi sono trovato davanti (grazie a Gilberto Floriani del Si- stema Bibliotecario Vibonese) poesie, rac- conti, lettere, fotografie del “giovane Al- varo”, anche manoscritti, con la sua gra- fia inconfondibile, o dattiloscritti, con le sue correzioni e i suoi interventi sui testi, che apportava già nelle primissime prove di scrittore, a conferma che scrittore era nato e scrittore si era sentito fin da giova- ne. Avevo, certo, visto nel corso degli anni e delle mie ricerche, fogli manoscritti e dat- tiloscritti di Alvaro: a Roma nella casa del figlio Massimo, grazie alla cui disponibili- tà e generosità, ho avuto modo di curare e fare pubblicare (dalla Monteleone editore di Vibo Valentia) in una collana da me di- retta “I libri di cento pagine”, una raccolta di articoli apparsi su «La Stampa», e «Viag- gio in Turchia» (con una bella presentazio- ne di Mario Fortunato). Avevo visto carte alvariane anche nella casa di don Massimo Alvaro, con cui ho avuto una lunga fre- quentazione, culturale e amicale, e anche presso la famiglia di suo nipote Mario Sac- cà (la cui figlia Maria è una bravissima cul- trice e studiosa di memorie alvariane e fa- miliari), prima che venissero consegnate a Massimo Alvaro e poi, in parte, alla Fonda- zione Corrado Alvaro di S. Luca. Quando, però, ho incominciato ad osser- vare, sfiorare, leggere scritti giovanili, prime prove di autore, bozze di racconti, poesie, un dramma compiuto, il racconto “Un paese” (1916), da cui poi sarebbe nato, come scrive lo stesso Alvaro, “Gente in Aspromonte”, quando sono apparse, carte di cui nulla si sapeva, e si immaginava l’esi- stenza, miracolosamente, e quasi per caso, “salvate”, mi è stato difficile non pensare a una sorta di sorpresa, di dono, a un qual- che “segreto” che mi veniva affidato, per via misteriosa, dallo “scrittore dei segreti”. Con senso religioso, con cura, con amore mi sono subito attivato (assieme a Gilberto Floriani del SBV e alla mia Università) per “salvare”, custodire, “proteggere” le carte del Fondo Lico. Continua a pagina 16
Transcript
Page 1: Le carte giovanili del noto scrittore di San Luca “STRACCI ... · Alvaro, con cui ho avuto una lunga fre-quentazione, culturale e amicale, e anche presso la famiglia di suo nipote

“STRACCI”DI A LVA R O

di VITO TETI

La scoperta letterariaLe carte giovanili del noto scrittore di San Lucacustodite dal Fondo Lico e ora riportate alla luce

CorradoAlvaro

Dichiaro subito la mia immensafelicità per la scoperta lettera-ria di cui fornirò, adesso, alcu-ne anticipazioni. Corrado Al-varo è uno degli scrittori che

più amo e che, forse, meglio conosco. Ècertamente l’autore che ha anche colto,narrato e interpretato l’antropologia pro-fonda della Calabria, segnalandone con-trasti, bellezze, miti, tortuosità, asprezze.La sua “ombra” mi accompagna da sem-pre, a volte mi ossessiona e mi sovrasta, be-nevola. Con questa premessa, chi leggequeste pagine potrà immaginare l’emo -zione, lo stupore, la commozione (ma an-che la preoccupazione e il senso di respon-sabilità) avvertiti quando mi sono trovatodavanti (grazie a Gilberto Floriani del Si-stema Bibliotecario Vibonese) poesie, rac-conti, lettere, fotografie del “giovane Al-varo”, anche manoscritti, con la sua gra-fia inconfondibile, o dattiloscritti, con lesue correzioni e i suoi interventi sui testi,che apportava già nelle primissime provedi scrittore, a conferma che scrittore eranato e scrittore si era sentito fin da giova-ne.

Avevo, certo, visto nel corso degli anni edelle mie ricerche, fogli manoscritti e dat-tiloscritti di Alvaro: a Roma nella casa delfiglio Massimo, grazie alla cui disponibili-tà e generosità, ho avuto modo di curare efare pubblicare (dalla Monteleone editoredi Vibo Valentia) in una collana da me di-retta “I libri di cento pagine”, una raccoltadi articoli apparsi su «La Stampa», e «Viag-gio in Turchia» (con una bella presentazio-ne di Mario Fortunato). Avevo visto cartealvariane anche nella casa di don MassimoAlvaro, con cui ho avuto una lunga fre-quentazione, culturale e amicale, e anchepresso la famiglia di suo nipote Mario Sac-cà (la cui figlia Maria è una bravissima cul-trice e studiosa di memorie alvariane e fa-miliari), prima che venissero consegnate aMassimo Alvaro e poi, in parte, alla Fonda-zione Corrado Alvaro di S. Luca.

Quando, però, ho incominciato ad osser-vare, sfiorare, leggere scritti giovanili,prime prove di autore, bozze di racconti,poesie, un dramma compiuto, il racconto“Un paese” (1916), da cui poi sarebbe nato,come scrive lo stesso Alvaro, “Gente inAspromonte”, quando sono apparse, cartedi cui nulla si sapeva, e si immaginava l’esi -stenza, miracolosamente, e quasi per caso,“salvate”, mi è stato difficile non pensare auna sorta di sorpresa, di dono, a un qual-che “segreto” che mi veniva affidato, pervia misteriosa, dallo “scrittore dei segreti”.Con senso religioso, con cura, con amoremi sonosubito attivato (assiemea GilbertoFloriani del SBV e alla mia Università) per“salvare”, custodire, “proteggere” le cartedel Fondo Lico.

Continua a pagina 16

Page 2: Le carte giovanili del noto scrittore di San Luca “STRACCI ... · Alvaro, con cui ho avuto una lunga fre-quentazione, culturale e amicale, e anche presso la famiglia di suo nipote

20 Domenica 27 gennaio 2013 Domenica 27 gennaio 2013 21

CUSTODIRE È I M P E R AT I V OSul lavoro di Lico, scrisse Alvaro in una missiva:

«Ma per carità, non far girare la voce che tu vadafrugando tra le memorie d’un uomo modesto»

ché laProvvidenza mi aiuti.Mi buttaial trop-po lavoro dei mesi scorsi per prepararmiqualche mese tutto per me. È tempo che io fac-ciaquelchedevofare, echecominciaconclu-dere. Ti abbraccio il tuo Corrado Alvaro»

In data5 aprile 1942, Alvaroscrive all’ami -co:«Perdonamilerarenotizie chetidodime.Ultimamente, al molto lavoro, s’è aggiuntauna certa oppressione. Ne sono fuori ora, manon dal lavoro. Anzi sto cercandodi elimina-re qualche impegno occasionale, e credo cheridurrò presto tutta la mia collaborazione diarticoli a “La Stampa”, comeprima, peresse-re un po’più libero anche di muovermi. È tem-po che mi butti inun lavoro di libri consisten-ti, e che dica quello cheho messo in serbo perl’età matura».

La corrispondenza tra i due amici si inter-rompe o si attenua (non è dato sapere), ma cer-tamente hanno mantenuto dei legami. In unalettera a Lico (daMarina di Pietrasanta, 15-1-1942) Ottavia Puccini si congratula con luiper avere scrittoil suo libro, parladella riser-vatezza di Alvaro, ma si augura che alla fine loscrittore non negherà «a un amico così affe-zionato eammiratore sinceroe devoto la sod-disfazione della pubblicazione».

Io, scrive la Puccini, «sono rimasta un po’all’oscuro dei lavori di Alvaro, un po’per i mu-tamenti di vita e di ambiente, un po’, per i mieiocchi:mavedròcon vivopiacere lepoesiecheuscirannoinprimavera chemiriporterannoal primo Alvaro conosciuto».

I tempi del rapportocon Alvaro sono lonta-ni, un bel ricordo. Ormai è presa dalla suanuova vita, da frequenti spostamenti, da pro-blemi familiari e dalla morte di un fratello. Li-co si mostra attento, premuroso, affettuoso.Le manda pacchi alimentari. Anche Lico par-la della sua vita familiare, dei suoi problemi,scrive diuna lunga malattia dellamoglie, ri-vela alla nuova amica di essere impegnatonella stesura di libri di storia locale e che ri-guardano la sua famiglia, oltre che in altri la-vori letterari, la informa minuziosamente difatti dolorosi, come il terremoto del 1947.Emergedalle lettereunbisogno divicinanzae di dialogo un sostegno tra due persone or-mai mature, prese dai problemi familiari,unite inizialmente dal ricordo del comuneamico, ma anche dal rapporto amicale che co-struiscono: manifestano, nelle loro lettere,più volte l’intenzione di conoscersi di personae si scambiano parole di stima e di vicinanza.Nel 1945 Lico lascia Isca e torna a San Costan-tino, dove muore nel 1955, un anno prima diAlvaro. Il suo libro su Alvaro non è mai uscitoe non sappiamo se con piacere o dispiacere diAlvaro. Avrà tenuto conto delle perplessità edelle preoccupazioni dell’amico? Attendevaaltri materiali? Aspettava momenti miglio-ri? Aveva atteso e non aveva avuto la confer-ma da Alvaro che quelle pagine potevano in-teressare, davvero, qualcuno? Era preso daproblemi familiari e attendeva alla stesuradelle sue opere di storia locale? O forse l’usci -tadi operedi Alvaroa sfondoautobiografico,econ riferimentiallasua infanziaeai suoifa-miliari (“Il viaggio”, 1942; “L’età breve”,1946; “Quasi una vita. Giornale di uno scrit-tore”, 1950), che consacrano definitivamen-te l’amico di liceo come uno dei maggioriscrittori, gli avrà fatto pensare che le sue “me -morie” erano in parte superflue o, probabil-mente, non aggiungevano molto alla cono-scenza, alla notorietà e alla fortuna dell’ami -co?

Certo col desiderio di scrivere dell’amicogiovane liceale, poeta e soldato, Lico aveva co-nosciuto e frequentato un uomo e uno scritto-re maturo, cambiato, aveva rivisto anche isuoi familiari, e aveva stabilito un legamed’amicizia con una donna importante nellavita di Alvaro. A pensarci bene, è come se Al-varo - con i suoi consigli e la sua sorveglianza -abbia contribuito a “scrivere”lui non solo il li-bro dell’amico ma anche un “libro” segreto e“pensato” sull’amico che aveva frequentatoda giovane e a cui continuava a volere bene.

***Le memorie di Domenico Lico e gli «innu-

merevoli stracci» di Alvaro sono stati custo-ditiperdecenni,prima, pressoilfigliodiLicoe, alla morte di questi, presso un nipote, che,con generosità, ne ha fatto dono al SistemaBibliotecario Vibonese. Nemmeno don Mas-simo Alvaro,che conoscevabene Licoe mene

scorgere l’Alvaro maturo,e,del resto,Alvaroda grandefarà dell’infanziae dell’adolescen -za luoghi privilegiatidella memoria. Alvaro,fin da allora, è consapevole dei suoi mezzi,delle sue capacità, della sua vocazione. Sa già,sente, “comunica”, che diventerà uno scritto-re e questa convinzionegli viene confermatadagli amici, dai docenti del Liceo Galluppi,dalle élites intellettuali di Catanzaro.

Anche la datazione dell’attività di scrittorepuò senz'altro essere retrodatata. La primaopera pubblicata da Alvaro è “Polsi nell'arte,nella leggenda e nella storia” (1912), saggioche porta in calce la firma “Corrado Alvaro.Studente liceale”, nel quale descrive, con en-tusiasmo giovanile, il pellegrinaggio nel ce-lebre santuario di Polsi. Il padre di Alvaroadopererà delleparti diquesto scritto,tradu-cendole in dialetto, per un libro sussidiario dadareai suoistudenti.Nonera ilprimoscritto

compiuto. Dai manoscritti trovatie da quelloche dice Lico, appuriamo che Alvaro scriveuna sua prima opera, il dramma “Odio peramore. Scenedrammatiche in treatti”datatodicembre 1911- gennaio 1912. Esistono poimolte poesie manoscritte e le traduzioni diTagore equalche traduzionedi autore latinorealizzate nel periodo catanzarese.

Non è irrilevante sapere che egli consideri eindichi “Un paese.Tentativodi romanzo”del1916,quasi unaprimastesura, una“prova”,di “Gentein Aspromonte”, apparso nel 1930.Unaprova acui era legato,se l'haconservatafinoal1941, primadidarlaa Lico,quasi cer-tamente per facilitargli la giusta collocazio-netemporale enonsolodegli altri scrittigio-vanili in possesso dell'amico. La trama e l'am-bientazione della sua opera più famosa sedi-mentavano nello scrittore fin da quando eragiovane, poco più che ventenne. In “Gente in

Aspromonte” non resta molto del racconto“Un paese”, la cui lettura, però - a condizionedi nonvoler cadere nelgioco dellericerche disomiglianze e differenze - può riservare qual-che interesse, grazie all'attenta, quasi etno-grafica, descrizione dell'ambiente sociale eumano del suo paese di origine, con riferi-menti all'universo popolare e alle culture ali-mentari, con la narrazione di vicende che ri-cordano la storia d'amore tra il padre e la ma-dre, inizialmente contrastata dal nonno ma-terno. Fin dall'inizio, dalle prime “prove”, Al-varorivelauna grandesensibilitàantropolo-gica, che coltiverà nel tempo e troverà grandeprofondità nelle opere della maturità e, an-che, neisuoi saggi enelle suoi libridi viaggioe (penso, inparticolare, ai suoi in “Calabria”,1931; “Un treno nel Sud”, 1958; “ItinerarioItaliano”, 1933; e anche a “Viaggio in Tur-chia”, 1932; “I maestri del diluvio. Viaggio

nella Russia sovietica”, 1935).Un Alvaro “privato”ci consegnano le lette-

re alla Puccini durante la guerra. Emergono isentimenti nascosti, i sogni, le speranze e ledelusioni del giovane scrittore al fronte. Lelettere confermano un progressivo disincan-to di Alvaro di fronte alla guerra, che primaaveva sostenuto. Senza pentirsi del suo pa-triottismo, rivela amarezza nei confronti diquegli italiani chenoncapiscono cosavogliadire essere in trincea. Anche queste lettere,però, non vanno sopravvalutate e vanno con-siderate nel momento e nelle circostanze incui nascono.Vanno rilettetenendo contocheAlvaro ha raccontato in “Vent'anni” (1930),inmaniera compiutae letteraria, lo statod'a-nimo dell'uomo in trincea, che “gioca con lamorte”(come scrive Pasquale Tuscano).

Dalle lettere di Alvaro (ma bisognerebbe co-noscere quelle inviate a lui dalla Puccini) sievince legame profondo, confidenziale, intel-lettuale. È stato un legame importante? Sem-brerebbe di sì. La Puccini manterrà sempresentimenti di grande stima e affetto per loscrittore. Alvaro dirà a Lico, nell'intervistadel 1941, che la Puccini era innamorata di lui,mentre lui avevasentimenti di ammirazionee di affetto nei confronti della giovane donna,una sua “madrina di guerra”. La Puccini re-sta la persona a cui il giovane Alvaro confida isuoi “segreti”. L'auspicio è che Alvaro conti-nui ad essere letto come “poeta dei segreti”,senza un improprio eaffrettato usodelle suecarte, rispettando le intenzioni dello scritto-re,edevitando ognirischiodibanalizzazionee di scadimento in tentazioni localistiche edenfatiche.

Conquesta cautela,ritengochele cartedelFondo Lico, custoditi presso il Dipartimentodi Studi umanistici dell'Unical, consentanodi individuare meglio le modalità giovanili diapproccio alla composizione letteraria e ilprocessoredazionaleche conduceallamatu-razione del testo. Possono contribuire ad ar-ricchire, anche attraverso le corrispondenzeepistolari (esistono, come ènoto, altri episto-laridi Alvaroben curatie pregevoli),vicenderilevanti per meglio conoscere l'Alvaro uomoe letterato. Sembra possibile ancora ampliarele possibilità conoscitive sulla sua formazio-ne di scrittore e ripensare, anche con un ap-proccio antropologico, i legami tra la produ-zione letteraria e l'ambiente sociale, cultura-le e familiare di provenienza. Questi “stracci”sono labili,ulteriori, parziali, “tracce”per ri-costruire, inmaniera piùapprofondita, l'ori-gine di quelle “memorie”che poi saranno vitae di scorgere sul nascere uno scrittore per cuila letteraturaè vita e la vita “diventa” lettera -tura.

Nota: Questo scritto,con i tempi elo stile diun inserto letterario de «Il Quotidiano dellaCalabria», è soltanto la traccia di un lavoropiùapprofondito edistesosul “giovane Alva-ro”,chepassaattraverso unattentoesamefi-lologico-letterario e antropologico e una ri-gorosa selezione degli inediti.

Un ringraziamento affettuoso a PasqualeTuscano perle sue “lezioni”alvariane,per gliamicali consigli e le preziose indicazioni, ol-tre che per avermi fornito, con generositàconsueta, lo scritto inedito “Spigolature Al-variane”in corso dipubblicazione in un volu-me sulla letteratura calabrese dal Seicento alNovecento

Ringrazio vivamente per la loro puntuale ediligentecollaborazione MariaPinaCiriglia-no eMaria Galloro, il cuicontributo vaal di làdi una pure preziosa opera di schedatura etrascrizione.

Unringraziamentoparticolare vaagliere-di di Domenico Lico, che hanno custodito edonato un tesoro letterario sconosciuto, e,per diverse ragioni, a Gilberto Floriani, Gian-ni Carteri, Alfonsina Bellio, Maria Saccà. Ilmio pensiero grato va a Massimo Alvaro, fi-glio dello scrittore, e a don Massimo Alvaro, ilfratello minore, cheho avuto la fortunadi co-noscere edi frequentarenella casadel nipoteMario Saccà, dove la figlia Maria continua adoccuparsi del grande calabrese. I due Massi-mo Alvaro, in maniera diversa, in tempi di-versi, mi sono apparsi sempre, con il loro gar-bo e la loro discrezione, anche con i loro trattisomatici, lefigure alvariane piùriuscite. En-trambi mi hanno introdotto in quell'affasci-nante universo alvariano, che è parte fonda-mentale della mia vita di studioso e di uomo diun Sud aperto al mondo e all'Europa.

Vito Teti©RIPRODUZIONE RISERVATA

La scoperta letterariaL’amicizia con Ottavia Puccini, un legameche lentamente si dirada nel ricordo

L’asprezza della guerraLe due lettere seguenti, scritte dal fronte, furono inviate da Alvaro ad Ottavia Puccini. In esse, lo scrittore confidaall’amica le dure condizioni dei soldati che, come lui combattono al fronte (dove lui stesso viene ferito) ed è fortementecritico con quanti in Italia (soprattutto i giornali) non capiscono l’asprezza e le violenza dei combattimenti. Alvaro non sipente di essere andato in guerra per l’Italia, ma sembrano lontani gli entusiasmi interventisti del giovane studente li-ceale.

Segue da pagina 19

Da Alvaro Sottotenente 123° M.M.Dal Fuoco 28-X-1915

Ho ricevuto, Signorina, l’ultima sua del 23 mentreson dispiaciuto di non aver potuto leggere quel che leiaveva scrittoa propositodi quello scempiatissimo ron-dò. E come Lei doveva esser già abbastanza irritata perquel mio stupidosilenzio a Firenze che erauna mia fis-sazione fanciullesca (parlo di quelle serate quando mimettevo la museruola e che ora rimpiango. E così ora do-vrà essere a bastanza delusa [?]di questo imbecille che èin guerra, al fuoco da agosto, e che non le scrive altro chequalche avventura di retrovia quando scende a riposar-si e a mangiare senza mosche gialle ed a pulirsi un po’della terra sanguigna e a cambiare il guasto [?] abito.

Ebbene oggi sono in vena; e se finirò questa letterastasera ne sentirà qualcuna graziosa.

Parentesi. Le piace la mia fotografia? Me l’han fatta disorpresa unanno fa. Non contachiederla [?] sua:ma sevuole mi fa piacere. La metterò nel taccuino di guerrache sto facendo e che raccoglie le mie cose come - poche eche non è diario - sono semplicemente delle impressio-ni. Versi, quasi. Altra parentesi: ho paura di scrivereletterediguerra. Aimieiscrivosolosaluti e firma…Hopaura che per volermi troppo bene mi facciano fare figu-racce d’occasione sulle rubriche dei giornali.

Ma di lei mi fido.Dunque. Se voi sapeste che inItalia che cosa è il Carso

non sareste così stupidamente leggeri nel giudicarci.Dunque noi siamo a più di trenta chilometri dal vecchioconfine. Trincee sull’altopiano. L’altopiano. Sassoso,scoglioso, pieno di valli, di reticolati. Noi siamo gentemiracolosa, mi-ra-co-lo-sa. Attaccare il nemico metter-lo in fuga, tra un fuoco d’inferno, tra traditori, controgas, contro Dio,quasi, l’opera da diavoli.Contro i fucilinulla vale, né sacchi, né muro, nulla. Qui davanti a me ciè una linea di nemici a terra. Son diventati del colore del-le statuedi cartapesta che fabbricanoa Bari per le Chie-se: giallo-rosa lucidi con i pochi capelli biondicci calantidalla nuca, con il corpo miserabile divenuto quasi di pie-tra, col cranio dove c’è un buco rossiccio, con le mani ag-grappati alla terra. Qui nelle trincee stesse molti murisono piantati sui cadaveri nemici che sembrano schiac-ciati da una rabbia tremenda. I nostri morti sono seppel-liti tutti con le croci cristianedove c'è il nome, un monu-mento di proiettili di artiglieria con iscrizioni come que-sta: “Per la grandeItalia” “sulcampo dell'onore”, “Pacea lui”. Ma il piano avanti è seminato di scarpe, abiti, os-sa.

Ha letto il giornale coi nostri progressi? Questi canisono vili. Ci uccidono finché non sono nelle nostre mani.Poi chiedono pace. I nostri non hanno il coraggio d’in -chiodarli dove essi fecero le nostre vittime.

Ma si va avanti.E in Italia non ci credono; sono volgari i vigliacchi. Le

sole donne valgonopiù di codesti rognosirimasti costì.A me sembra di non poter sopravvivere a questo infernonel quale io vivo sereno e freddo come nella sua Impru-neta, al pensiero solo. Perché penso che se dovrò morire,morirò anche se lontano, anche se riparato. I miei solda-ti mi vogliono bene molto e mi aiuterebbero nelle disgra-zie e non mi lascerebbero al nemico. Ma ancora non mipare sia venuto il mio giorno.

Io nel mondo, del resto, non lascerei nulla se non unvuoto nel cuore di mia madre. Tutti mi dimentichereb-bero presto, anche i miei amici che mi scrivono ognigiorno. Questo mi dispiacerebbe: non poter compiere lamia missione. Perché dopo la guerra urlerò tanto che miprenderanno per pazzo o per un forte.

E poi io son venuto alla guerra volentieri. E quandoero con Lei mi vergognavo dei miei gambali lustri. Ionon ho credenze. Capisco poco di mondo. M’interessasolo quel che può essere tradotto in Arte. Niente più.

Penso che starei bene dovunque.Son venuto alla guerra dunque.Perché sono un uomo d’onore,perché non vorrei restare e fare il Chanteclair con le

donne che han lontani i maritiper diventare più giovane,più forte.Per potere - vantarmene e sputare sul viso ai vigliac-

chi (vedi Giornalisti, nazionalisti, letterati, commer-cianti). Perché voglio persuadermi di essere forte.

Di qui, però, il mondo è lontano - La linea biancadell’Isonzo, ilFriuli che vapora lontano,gli automobiliche vengonoe vannoincessanti acentinaia, lamorte vi-cina, gli alberi dell'altopiano,scheletriti anche loro. Mavoi, lontano, ci pensate.

Questo ci basta.Mandi lana ai soldati: molta lana inciti a mandare. Cu-

cia con le sue dita leggere e agucchi con i suoi occhi in-comprensibili.

Scriveteci.Mi perdoni questo sfogo. Sa che non è mia abitudine

sventolare i miei panni. Mi meraviglio di aver scritto co-sìa lungoesedomani avròvenaLescriverò qualcosadigentile.

Alvaro

Alla Signorina Ottavia PucciniFirenze

Sono ferito, non gravemente ad ambo le braccia e come vede mi faccio della cortesia di un collega per noti-ficarglielo. Mi trovo all’ospedale della Croce Rossa H 42 a S. Giorgio di Nogaro, ma spero presto di poter venire inun ospedale territoriale di codesta Città.

AffettuosamenteCorrado Alvaro

13-11-15

parlava spesso, probabilmente sapeva dellericercheportate avantidall'amico,non nefe-ce mai cenno. Forse immaginava che quellericerche non fossero giunte a termine.

Forsegli scrittoridovrebberodistruggerele loro carte, gli inediti, le loro memorie, forsedovrebbero lasciare scritto quello che dei loroinediti vada buttato o vada pubblicato. Forseil giudizio sugli autori deve basarsi soltantosu quello che hanno pubblicato in vita. Poi,pensi che senza la disubbidienza di Max Brod,uno dei suoipiù cari amici, Kafkanon sareb-be esistito come uno dei più grandi scrittoridel Novecento. Poi, pensi, che senza i quader-ni inediti di Lorenzo Calogero, adesso final-mente disponibili presso l’Unical, avremmosaputo ben poco su uno dei più grandi poetiitaliani del Novecento. Poi pensi che dai cas-setti di autori ignorati, non pubblicati, mar-ginalizzati appaiono scritti che modificano, a

volte, la storia della letteratura.Non rientra in questa casistica il rinveni-

mento degli “stracci”di Alvaro e, tanto meno,di scritti che egli non riteneva opportunopubblicare. Tuttavia quando ti arrivano, peruno strano destino, gli inediti giovanili delloscrittore calabrese da te più amato, allora hail’imperativo di“custodire”conattenzione, diessere cauto, rispettoso, attento, valutando,con altri studiosi di Alvaro, l’opportunità (e lemodalità) di pubblicare omeno scritti incom-piuti, che quasi sempre rivelano un valore,certo non irrilevante, privato, storico, docu-mentario, rare volte letterario. Non pensoche la pubblicazione degli scritti giovanili diAlvaro potrà modificare il giudizio della criti-ca sulloscrittore ela collocazionee lafortunache egli ha nella letteratura nazionale ed eu-ropea.

Nell’attesadi unapuntuale trascrizionefi-

lologica edi una lettura critica, cauta, sorve-gliata e rispettosa dei documenti, ad un pri-mo esame, alcune rapide riflessioni, che an-dranno verificate, possono essere fatte. Cre-do che se non bisogna sopravvalutare ed en-fatizzare tali scritti, non si possa fare fintache non esistano e che non abbiano anche unarilevanza culturale e letteraria, visto che stia-mo parlando di inediti che riguardano unodei più grandi intellettuali e scrittori calabre-si ditutti itempi. Gliscritti, opportunamenteletti,permettonodi esplorare la“formazionedi uno scrittore”, le sue prime prove, le sueprime esperienze. Negli “stracci” che vannodal 1911 al 1918 si può vedere, con forza, lavocazione di Alvaro alla scrittura. Egli è pun-tuale, pignolo, corregge, interviene sui testi:rivela, da subito, la cura della scrittura e dellostile checaratterizzeranno le operedella ma-turità. Nell’Alvaro adolescente si può, forse,

Il Fondo Lico conserva diversiscritti di Domenico Lico(S. Costantino Calabro, 1893-1955) e alcuni scrittigiovanili di Corrado Alvaro. Gli scritti di Alvaro sonostati raccolti da Domenico Lico, amico ed ex compa-gno al Liceo Galluppi dello scrittore calabrese. Questomateriale è stato donato daglieredi di Lico al SistemaBibliotecario Vibonese, diretto da Gilberto Floriani,cheha sottoscrittounprotocollod’intesa conl’Univer -sità della Calabria, in particolare con il Centro di Antro-pologie e Letterature del Mediterraneo, diretto da VitoTeti, presso l’ex Dipartimento di Filologia e, oggi, pres-so il Dipartimento di Studi Umanistici, direttore prof.Raffaele Perrelli, per la ricerca bibliografica e la rac-colta di dati, per l’organizzazione cartacea e digitaledeimaterialidel fondo, con larelativasistemazionefi-lologica e prima analisi critica dei testi in esso contenu-ti. Il Progetto sul fondo Lico, che vede coinvolti SVB eDipartimento di StudiUmanistici, rientra in unapiù va-sta iniziativa culturale tesa al reperimento, alla catalo-gazione,alla informatizzazione, allavalorizzazioneedivulgazione di testi e documenti, editi e inediti, di au-tori calabresi e meridionali. Si segnala che presso lostesso Dipartimentoesiste il Centro “Archilet”, direttodallaprof. ssaCarmelaReale,dove sonocustoditi tral’altro, testi escritti originali di FrancescoFlora, AlbinoPierro, Lorenzo Calogero. Esiste anche un ArchivioStorico Antropologico Letterario sul Risorgimento ca-labrese e meridionale (diretto dal prof. Vito Teti).

Ilprogettodi lavorosul FondoLico,banditoconde-cretoDirettoriale -Prot.N. 360del28/06/2012, perunprimo riordino, la catalogazione e la trascrizione (filo-logicamente corretta) si èconcluso nel novembre del2012 ed è stato effettuato da Maria Pina Cirigliano eMaria Galloro risultate vincitrici dello stesso bando.

Lecarte conservatenel fondosuddetto, si presen-

tano, ad un primo sopralluogo, non riordinate se nonparzialmente dallo stesso Lico: ci si è trovati, inizial-mente, di fronte ad un insieme di fogli sparsi ai quali,dopo un’attenta valutazione e studio, è stato dato unordine ed una numerazione. Successivamente le car-te originali sono state condizionate e collocate in fal-doniconservati pressoilCentrodi AntropologieeLet-terature del Mediterraneo. L’intero fondo, dopo un pri-mo lavoro di riordino e studio filologico, è stato acqui-sito su supporto ottico e dell’intero materiale docu-mentario è stata effettuata la trascrizione, il tutto è con-servato presso il suddetto Centro.

Il fondo è costituito in gran parte da drammi, poesie,trascrizioni, traduzioni, fogli sparsi, appunti, articoli digiornali e corrispondenza, foto e qualche caricatura.Esiste un indice di tutto il materiale esistente, che perònon può essere riportato in questa sede e allo stato at-tuale dei lavori

Da segnalare la prima stesura (come scrive lo stes-so Alvaro) di “Gente in Aspromonte”dal titolo “Un Pae-se”(1916),nonché lepoesie conle relativecorrezioniapportate dallo scrittore stesso e appunti vari sugliscritti e traduzioni di testi teatrali. Lo scritto è stato datoda Alvaro a Lico nel 1941 perché lo adoperasse nellabiografia che stava scrivendo. L’epistolario è costitui-to da 5 nuclei distinti di minute di lettera: il primo grupporiguarda le lettere di Alvaro ad Ottavia Puccini (agosto1915-luglio 1918), il secondo la lettera Pancrazi-Alva-ro dell'aprile del 1930, il terzo le lettere Alvaro-Lico (ot-tobre1940-aprile 1942), ilquarto le letterePuccini-Li-co (novembre 1940-dicembre1949) ed infine Lico-Puccini (gennaio 1942-gennaio 1950).

Inoltre si trovano anche scritti del Lico, quale unabozza di una biografia che lo stesso avrebbe volutoscriveresu Alvaroe “Un incontro”con CorradoAlvaro

del 1941, oltre alla biografia di un suo antenato.Lo stato di conservazione dell'intero fondo è buo-

no. Si rilevano, tuttavia, danni fisici da umido, da usurae da tempo. Il Fondo può offrire, certamente, moltepli-ci ed ulteriori spunti all’indagine filologica, letteraria,antropologica condotta sulle opere alvariane. Primadi giungere a una o a più pubblicazione e a renderepubblici e disponibili questo prezioso “bene comune”è necessario un attento e puntuale, pacato e mirato la-voro filologico.La cautelascientifica, etica,deontolo-gica è doverosa in ogni caso, tanto più quando ci si tro-va di fronte a opere giovanili (non sempre destinate al-la pubblicazione) di uno degli autori più importanti del-la letteratura italiana del Novecento,che haavuto no-torietà e fortuna a livello europeo.Eventuali pubblica-zioni ed iniziative culturali, da realizzare con la colla-borazione di istituzioni pubbliche e private e di altri isti-tuti scientifici, saranno realizzate nel rispetto della nor-me vigenti sui diritti d’autore, tenendo conto della di-mensione “privata”e“familiare” (non sempre rilevantida un punto di vista letterario) di alcuni scritti di Lico edelle intenzioni chiaramenteespresse daLico eAlva-ro. Il SBV e l’Unical hanno l’autorizzazione alla pubbli-cazione degli scritti di Domenico Lico da parte deglieredi. Vito Teti, responsabile scientifico del Progetto edirettore del CALM e Gilberto Floriani, direttore delSBV, hanno avuto il piacere e l’opportunità di informa-re, prima che morisse, don Massimo Alvaro, che hafornito ulteriori informazioni sul legame profondo esi-stente tra il fratello e Domenico Lico, che conoscevapersonalmente.

Nota redazionale: le indicazioni sono state fornitedaGilberto Floriani,direttore delSVB,Vito Teti, diret-toredelProgettoedel CALM,conlacollaborazionediMaria Pina Cirigliano e Maria Galloro.

Il progetto, il Fondo, la memoria

Parte della trascrizionedell’incontro tra Lico eAlvaro avvenuto il 15gennaio 1941; a lato unadelle prime stesure di “UnPaese”

Page 3: Le carte giovanili del noto scrittore di San Luca “STRACCI ... · Alvaro, con cui ho avuto una lunga fre-quentazione, culturale e amicale, e anche presso la famiglia di suo nipote

18 Domenica 27 gennaio 2013 Domenica 27 gennaio 2013 19

LA FIGURA“MASCHIA”

rie: egli intende «semplicementemostrare ailettori e al fanciullo adolescente, il giovineche si eleva fra tutti coloro che lo circonda-no».

Il testo di 188 paginedense e fitte è suddivi-soinsette capitoli: “Corrado Alvaro scolaro”;“Le mancate allegorie di un Carnevale”; “Laprima conferenza”;“Sciopero!”;“Corrado Al-varo poetae scrittore”;“Quel chepuò accade-re ad uno studente”;“Corrado Alvaro soldatoe poeta”. Nei primi cinque capitoli vengonoraccontati gli anni del liceo, la vita catanzare-se, le prime esperienze letterarie; nel sesto ca-pitolo invece il quadro si allarga con la par-tenza di Alvaro per Roma, compiuta propriodaS. Costantino,poiperFirenze, e infinecongli anni della guerra, ricostruiti anche gra-zie alla corrispondenza con la Puccini, conPepéFoderaro econ lostessoLico. Vieneme-no la dimensione intima dei primi cinque,narrati con l’aiuto dei suoi ricordi. Le notiziesi fanno più “approssimative”e sono costitui-tesoprattuttodaspezzoni di letterecheAlva-ro aveva spedito o ricevuto (molte di questeletteresi trovanonel fondoLico,altre no,an-che se, per fortuna, sono state interamentetrascritte daLico alla fine del suo manoscrit-to).

il paese, all’alba, le case addormentate, unastriscia di nebbia sopra, come un respiro. Laluna pareva un pane. Nostalgia di questo mo-mento in cui si dimentica quello che si è sof-ferto. Mio fratello prete vaneggiava di unatomba bellissima e sulla spesa, domandando-mi se nella cappella avessi preferito la Ma-donna del Dito o quella della Lacrima. Andai aindicare il luogo della tomba di mio padre, evolevo che fosse collocata là presso il muric-ciolo di cinta, a monte, dove spesso ci ferma-vamo nelle nostre gite, ed egli sostava volen-tieridicendochelì sirespirava».Perlatombadel padre, Alvaro scrive la seguente epigra-fe:

«Per sollevarsidal nulla,per elevare i suoi,adoperò spirito di sacrifico, alto impegno etutte le virtù magnanime che fanno la gran-dezza umana». Nell'incipit de “Il viaggio”(1942), Alvaro scriverà: «Mio padre volevache il suo primo figlio fosse un poeta. Ora, nelprimo anno della sua morte, il primo della suaeternità, ricordo qui il suo sogno e il mio comeuna promessa che non so adempiere».

Ilrapporto conilpadre, maestroelementa-re, fondatore di una scuola serale per contadi-ni e pastori analfabeti e con qualche ambizio-nepoetica chetrasferirà alfiglio,è statodeci-sivo, a volte difficoltoso, intenso, vero. Loscrittore amavail padree nesubiva il fascino

e la forte personalità.Terminati i funerali, avvenuti il 13 gen-

naio, Alvaro parte per Roma il 15. Il giornoprima, il cognato Giovanni Profazio, maritodella sorella Laura,capostazione ferroviarioa S. Andrea, avvisa Lico della morte di Anto-nio Alvaro e gli comunica che lo scrittore sisarebbe fermato per qualcheora a Isca. Vole-va vedere la casa dove sarebbe andata ad abi-tare provvisoriamente la madre, voleva assi-curarsi della buona sistemazione presso lasorella, ma gli faceva piacere incontrarel’amico. Lico, che proprio tre giorni primaaveva ricevuto, tramite don Massimo, un ma-noscritto dell'amico (“Un paese”), si reca allaferrovia, percorrendo sei chilometri a piedi,per accogliere e abbracciare l’amico. Di que-sto incontro del 15 gennaio (proprio il giornoin cui Alvaro scriveva del funerale padre nelsuo diario) resta un lungo resoconto, una sor-ta di dialogo intervista, ben 44 pagine (di cuiriportiamo, a parte, qualche passo). I dueamici, dopo i convenevoli, si scambiano infor-mazioni sulla lorovita, parlanodei tempidelliceo. Alvaro cerca notizie dei compagni di untempo e si mostra sorpreso di tutto il materia-le che Lico aveva trovato e conservato. Se neera quasi dimenticato e l’amico gli ricordache era stato lui ad affidarglierlo. Un incon-tro affettuoso, non privo di qualche tensione.

Dall’intervista viene fuori un Alvaro “pigno -lo”,“geloso”della sua vita privata, dei suoi se-greti, attento alla cura delle sue opere e dellasua immagine di scrittore. Suggerisceall’amico di non affrettare la pubblicazione,di attendere che compia le sue opere impor-tanti, gli chiarisce episodi e gli dà ulteriori in-formazioni, a conferma che, comunque, eglinon “rinnegava” i suoi scritti giovanili, maimmaginava una giusta collocazione e conte-stualizzazione.

Nelle sue memorie, Lico restituisce l’im -magine di un grande scrittore, di un uomoconuna forte tempramorale,mentre nonce-de alla tentazione di fornire notizie private efamiliari, che non hanno alcuna rilevanzaletteraria. Appare, comunque, in ogni pagi-na, il fascino dell’amico al quale si sente moltolegato, come legato è ai suoi genitori e a donMassimo, che lo avevano accolto come perso-na di famiglia.

***Domenico Lico, nei giorni successivi, in-

contra, nella casa di Giovanni Profazio, lamadre di Alvaro, e le sorelle Laura e Maria.

Il 4 Febbraio Lico, come ricorda in un suoscritto, si reca alla Stazione per far visita dicondoglianza alla signora Laura Alvaro-Pro-fazio, desideroso anche di sapere qualche

cos’altra sulla morte del padre Alvaro.«Gli occhi suoi s'inumidirono di lagrime,

appena mi vide. Ella sapeva dei nostri ottimirapporti col suo eminente fratello e col poveropapà suo e con la voce strozzata ebbe, fra l'al-tro, a dirmi che in tasca del Cavaliere trovaro-no un'ultima lettera a me diretta, scritta nellamattinata del fatale giorno undici gennaio,poche ore prima che la morte lo ghermisse.

-L'ultimopensieroèstato pervoi-midisse.Il marito confermava aggiungendo, entram-bi, che non passava giorno senza dire ai suoiamici del paese della vecchia e forte amiciziache legava me a Corrado, a lui, a Beniamino,senza parlaredel libro che vadoscrivendo al-lo scopo di far conoscereil grande suo Figlio,dei tempipassati e vissuti insiemea Catanza-ro. Era - mi dicevano marito e moglie - un en-tusiasta di me e attendeva con lo spirito tesoalla mia compilazione desideroso sempre didare ed avere notizie sul suo Figliuolo. Luiper primo- e con luiuna schiera largadi suoiamicie conoscentimessi alcorrente delpros-simo avvenimento - [mi disse di] attenderecon ansia la pubblicazione spingendomi anon tener conto della ritrosia di Corrado, ilquale, per eccessiva modestia, non vorrebbeche si parlasse e si scrivesse di lui.

- Vorrete avere l'amabilità di darmi la lette-ra di cui parlate?

- Non la teniamo noi, e forse chi sa dove si sa-rà cacciata durante la confusione sorta dopoche il Cav. fu portato in casa. Si rovisterà e cer-tamente siritroverà. Anche Corrado lavide ela lesse ed ebbe a dire: è l'ultima sua lettera ed èper Lico. Guarda con che mano ferma scrive-va e con che bella calligrafia a 77 anni! Poveropapà. Chi mai avrebbe pensato con quella sa-lute di ferro!».

Il 16 Marzo di quell'anno, sempre a seguirei suoi racconti, Lico incontra alla stazione diS. Andrea, la madre di Alvaro, venuta dalla fi-glia Laura. «Trovai la Signora Antoniettamolto sciupata: dimagrita, pallida, rannic-chiata in se stessa come se avesse addossomolto freddo (nonostante la giornata annun-ziasse col suo caldo sole l'imminente prima-vera), con capelli bianchi molti di più di quan-to non gliene avesse visto nella scorsa estatedurante la quale avevo avuto modo d'osserva-re il suo buono stato di salute.

Le baciai la mano in segno di filiale osse-quio. Ella appena mi vide scoppiò in singhioz-zi. Anch'io trattenni a stento le lacrime.

- Vi voleva molto bene - mi disse con voce rot-ta, appena lo potè. Vi voleva molto bene.Quando tardavate a scrivergli era agitato.Pareva d'averritrovato unfiglio, invoi, dopotanti anni di silenzio. Era un entusiasta di voie del libro che volevate scrivere su Corrado.Dicevaatuttidella vostravecchiaecaraami-cizia e spesso scriveva a Corrado incitandoloa rompere la sua pigrizia per rispondere allevostre lettere. Frugavainogniangolo dimo-bile per trovare carte libri e cose e notizie chepotessero tornarvi utili per la vostra opera.Quando gli scriveste che sareste venuto a S.Luca per leggergli quanto avete scritto la suagioia nonebbe limiti.Lo dissea tutti;disse lo-ro che avrebbe fatto conoscere il più antico epiù fedele compagno di scuola il più sincero,il più affezionato e disinteressato amico diCorrado a degli altri miei figliuoli. Diceva ame:bisognaassegnargli unastanzacomehafattosuo padrequandoCorradofu ospiteaS.Costantino; bisogna fargli non mancareniente; per tutto il tempo che starà a San Lucabisogna preparargli speciali pietanze nono-stante le ristrettezze dovute alla guerra».

I racconti di Lico degli incontri dei suoi fa-miliari si prestano a molte letture: c'è l'affettoantico peri familiari diAlvaro, ma,forse, an-che il tentativo di spiegare, con una sorta diadesione dei familiari di Alvaro, la bontà dellasua iniziativa. Alvaro, oltre che al padre, eralegatissimo alla madre (che appare in moltiracconti e ricordi) e ai fratelli Beniamino, me-dico, Guglielmo, avvocato, don Massimo, ilpiùgiovane, ealle duesorelleMariaeLaura.Nel racconto “Casa nostra”, che fa parte dellaraccolta “La siepe e l'orto” (1920), il protago-nista Guido (un altro suo alter ego) torna inpaese, acasa, dopo tanti anni,ormai famoso,anchesenon ricco,evedeperla primavoltailfratellino Massimo, scrive: «…c'era un bimboin terra, coi capelli biondi, col visuccio solle-vato e le manine in alto per farsi prendere inbraccio. Era così bianco quel bimbo, nella car-ne tenera, che si capiva nato quando i capellidel padre cominciavano a impallidire. Il fra-tello lo prese in braccio e si guardò bambinocon un po' di gioia e con un po' di paura che glirassomigliasse in tutto. Allora il padre fece lapresentazione».PoiGuido conosce lapiccolaLaura, scalza, e la posa sul ginocchio, facen-dola danzare. «Massimo guardava contra-riato. Fu fatto salire sull'altro ginocchio, difronte allasorella, e i duebimbi si miseroa ri-dere di trovarsi così uno di fronte all'altro; ilpadree lamadre,vicini come inunafotogra-fia di famiglia, guardavano…». Guido-Cor-rado regala a Laura una bambola grande, lescarpettedi caprettina;eaMassimo unciucocon le ruote e le scarpe, e la cioccolata. Proprioacasadi Lauraedelmarito, LicoincontraAl-varo e gli altri suoi familiari. Egli raccoglietestimonianzee “voci”chehanno unadimen-sione personale, vanno lette in maniera pro-blematica e critica, e del resto, lui stesso non leinserirà nella biografia ultimata su Alvaro.

***Negli anni successivi i due amici continua-

no a scriversi. Dalla Calabria Domenico Licomanda all'amico doni alimentari, scatoline diolive e scatole di arance, che lo scrittore, rin-graziando, mostradi apprezzare,elogiando-ne la bontà. Alvaro si scusa con l'amico di nonesserepuntualeneldargli notizie,gli invialeultime pubblicazioni, e spesso parla dei suoiimpegni. Il 3 aprile 1942 scrive a Lico:

«Non mi rimproverare di non averti scrit-to.Sono statooccupato fino a ieri in lavoridafacchino. Per fortuna sono terminati, mi so-norimesso quasi interamente almio lavoroesperodi potercontinuareedi condurreater-mine un libro nuovo per quest'anno, primadella ristampa di due miei vecchi volumi.

Spero anche di trovare il tempo per venirein Calabria e rivedere mia madre. Ne ho unanostalgia cocente. La vita materiale richiedeormai troppa fatica, e ione sono schiavo; ben-

La scoperta letterariaLe memorie di Lico su Alvaronon furono mai pubblicate

Segue da pagina 17

Continua a pagina 20

Poesie, racconti, letterefotografie e manoscritti

del “giovane Alvaro”

[…]Giunto il treno, Corrado Alvaro - verso cui

io andai incontro - mi riconobbe subito. Ci ab-bracciammo, confondendo il nostro dolore ela nostra gioia. Un evidente sforzo di volontàgli rendeva però sereno il viso.

- Mi hai riconosciuto subito - dissi.- Come no? Sei quasi lo stesso.- Lo stesso?- Meno i capelli bianchi e un po' di pingue-

dine dovuta all'età sei com'eri ventisette annifa.

- Ed io?- Sei un po' ingrassato- Già, ma non ho pancia. Allora ero più esile.

Hai ricevuto le mie carte?- Si, tre giorni or sono, quando tuo fratello

passando da qui per rientrare da S.Luca a Ro-ma me l'ha fatto tenere a mezzo di tuo cogna-to. Te ne ringrazio vivamente. Stavo per scri-vertelo quando tuo cognato venne a portarmila dolorosa notizia della morte del cavaliere. Èstata come una mazzata. Improvvisa, inatte-sa. Dovevo ancora rispondere ad una sua let-tera - che fu l'ultima - del giorno otto, ricevutagiorno 11 insieme alle tue carte. Tardavo per-ché mi ero appassionato a confrontare alcunetue liriche giovanili fatte nel '14 a Catanzaroma stampate con qualche modifica nel '915 su“Riviera Ligure” rivista chemi hai fatto tene-re pure tu.

[…]Noi parlavamo da un pezzo di cose e di fatti

antichi e recenti, saltando da un argomentoall'altro per ritornarci di nuovo sopra, a fondoosfiorandolo, dicendo, ridicendo, chiarendo,sviluppando, accennando. Eravamo passatidalla strada, sul prato; attraversando un viot-tolo ci eravamo avvicinati ad osservare unacostruzione che per la sua struttura avevacolpito l'attenzione di Alvaro e che avrebbe vo-luto fotografata. Ci eravamo spinti su un

mammellone dove un capannone ospitava unesercito di vasi e vasetti di terracotta dalla for-ma più o meno artistica, brocche, cuccume,bambole con o senza il segreto, piatti, insala-tiere e molte altre ceramiche lavorate da ope-rai che, gentilmente, costruivano una brocca,in men che si dica, alla nostra presenza. Daquel mammellone poi si vedeva bene il trattodi mare dove, nello scorso luglio, le due flottenemiche - l'inglese e l'italiana - s'erano scon-trate in quella che è chiamata la battaglia diPunta Stilo. - Si vedevano le navi che sparava-no? - No - rispondeva l'amico Profazio - Le navino; ma si vedevano molti proiettili che caden-do e scoppiando in mare sollevavano enormicolonne d'acqua. Si vedevano aeroplani ac-correre a grande velocità e si sentiva un rom-bo continuo intermezzato da formidabili boa-ti…

[…]- Durante il tuo viaggio in Russia niente t'è

capitato degno d'essere ricordato? Narramiqualche episodio.

- T'accontento. Ti premetto che prima dipartire fui ricevuto dal Conte Galeazzo Ciano,il quale m'avvertì che sarebbe stato inoppor-tuno seguir troppo alla lettera le istruzionidell'Ambasciatore. A questo punto ecco l'ami-co Profazio che interviene ad avvisare che frapoco il trenosarebbe giunto instazione.Cial-zammo da tavola dove, finito di pranzare, c'e-ravamo trattenuti a conversare. Nello scen-dere dall'alloggio Corrado Alvaro non volledimenticare la persona la quale - in assenzadella Signora Laura Alvaro trattenuta a SanLuca per la morte del Babbo - aveva preparatodi che pranzare facendole scivolare in manouna certa somma che quella schermendosinon si voleva ricevere. In attesa del treno chegià si preannunciava in ritardo di 30 minuti,scendemmo a parlare. E Corrado Alvaro nar-rò, parlando, in prima persona tre episodi …

La morte del padre, le ricerche di Domenicoe i dubbi, le perplessità di CorradoIn occasione della morte del padre, Alvaro ritorna a San Luca. In viaggio per Roma, si ferma dal cognatoProfazio, marito di Laura, dove sarebbe andata a vivere per qualche tempo la madre. Domenico Lico che,in quel periodo gestisce una farmacia a Isca sullo Ionio, va a prenderlo, a piedi, alla stazione di S. Andrea.Dell’incontro, avvenuto il 15-1-1941, Lico trascrive pedissequamente, in ben 44 pagine, il dialogo inter-corso, che peraltro fornisce spunti interessanti sulla produzione alvariana. A tratti il dialogo diventa animatoe intenso: Alvaro continua a manifestare le sue perplessità all’amico sulle sue ricerche. Lico, però, noncede e gli spiega come sia importante che le sue opere giovanili vengano pubblicate. Riportiamo dei branidove prevale la dimensione amicale e affiorano comuni ricordi.

Alcune tracce dellacorrispondenza con

Ottavia Puccini; una fotodi Alvaro con i fratelli

Guglielmo e Beniamino

Alvaro a Milano nel1920; pagina destraDomenico Lico, ai

tempi del liceonell’estate del 1913

e una delle letteretra lui e Alvaro

Si tratta di una ricostruzione meticolosa,quasi pignola, con fattie, talora, aneddoti delperiodo catanzarese, con protagonista ungiovane Alvaro, leader ascoltato, attivo, in-terventista. Ugualmente interessanti sono lepagine sulla vita di Alvaro durante la guerra,sul dopoguerra e anche sui rapporti con il pa-dre, la madre, gli altri familiari, e OttaviaPuccini. Me ne occuperòpiù distesamente inaltrasede, madebbosegnalareche Licooscil-la tra ammirazione e devozione per l'amico euna sorta di compiacimento che quello cheera diventatouno dei più celebri scrittori ita-liani era stato suo amico intimo, al punto diaffidargli segreti e componimenti. Lico, nel-lasua biografia,assumeilruolo del“testimo -ne” e cercadi rintracciare fatti pubblici epri-vati che poi Alvaro avrebbe trasfigurato nellesue opere. Lico tenta di trovare la corrispon-denza tra la vita vissuta da Alvaro e la suascrittura. Probabilmente è quello che nonconvince Alvaro, scrittore ormai maturo e fa-moso. La tendenza a ridurre le opere lettera-rie a biografia è riduttiva almeno quantoquelladipensareche lavitavissutasiairrile-vante nella scrittura. Alvaro non ritiene op-portuno, probabilmente, anche il fatto chepossano essere pubblicate come compiuteoperecheconsiderava provvisorie,sucuivo-leva tornare, o che magari immaginava di-

strutte e da distruggere. Alvaro dirà a Lico,ad esempio, di non pubblicare il dramma del1911, in quanto lo considerava incompiuto eche era «da correggersi con penna e fuoco».

***Il 10 gennaio 1941 muore, improvvisa-

mente, il padre di Alvaro, cavaliere Antonio.Loscrittore, cheeraappenarientrato dacasadei suoi dove era andatoper le feste di Natale,raggiunge S. Luca la sera dell’11 gennaio,dopo venti ore di viaggio. Alvaro, qualchegiorno dopo, il 15 gennaio in “Quasi una vi-ta”, annota: «Per la morte di mio padre, tre-gua alle invidie del paese. Le visite di tutti; ilprete ubriaco faceva un sermone sulla morte;le vecchie scese della montagna, e così vec-chie che parlano un dialetto vecchissimo,preciso, come una lingua arcaica. Abbiamofatto i giorni rituali di digiuno, ma mia ma-dre, essendoio cittadino, trattandomiin fon-do daforestiero, miaveva messoa disposizio-ne dinascosto unpane eun formaggio in cu-cina. Poi venneil pranzo del consolo.La nottedormimmotutti conla madree la sorellanel-la stessa stanza dove figli siamo nati. I vetrierano rotti, i muri lesionati ancora dal terre-moto, le finestre cadenti. Entrava il freddonevoso dell’Aspromonte, e io lo riconoscevonel sonno come un paesaggio mio. Lasciando

Proponiamo tre poesie, composti da Alvaro nel 1914, e affidati a Domenico Lico. Nel fon-do Lico sono conservati 45 componimenti poetici scritti ai tempi del Liceo, quando è in-fluenzato notevolmente dalla produzione letteraria in versi del suo tempo. Si tratta di“prove” e di “esperimenti” destinati probabilmente alla cerchia dei suoi amici. Li riportia-mo per possibili raffronti con le poesie pubblicate nei periodi successivi.

I componimenti poeticidei tempi del Liceo

Porpora, chiarissimo, indaco e cieloscialbo e mare tra nebbie sonnolento,montagne assorte in un trapunto veloridestate in un gran sogno d'argentoe fiori dubitanti su lo steloed aria senza voce o mutamentopioggia di zafferano e d'amantinubi di perla e nuvole giganti.O nascita del Re Sole sul mondodi nuvole tra rossi gonfaloniattendono il passaggio tuo giocondo,impallidendo, tutti i monti proni,attendono nel mio cuore profondotutte le torturate mie canzoni.Alba, non hai, o di Re Sole sposa,il suo sorriso pallido di rosa.

MADRIGALE DELL’ALBACatanzaro, 30 giugno 1914 ore 4 1/2

TI PENSOSan Costantino Calabro, 19.10.1914

SONETTINOS. Luca, Settembre 1914

Ti penso, si, ma quando a la torturadel ferro che lo brucia, ogni mio cantosu da la carta tempestata e impurabalza come un sorriso dal mio schianto,Ti penso si, ma quando ogni mia curafinisce in un'incerta onda di pianto,quando la notte insonne mi spaura,de' sogni ch'io foggiai vola l'incanto.

Settembre, come smuori in una piaserenità di cielo! Io t'ho trovatocome un bimbo malatosu la mia via.Ed ho trovata l'ultima folliain un vigneto solo e calpestatoin un angel volatostasera via.

Settembre! Ora il tuo lume s'è in-tristito

in un vano trastullodi luna in mare.Somiglia il cielo tutto illividitole labbra d'un fanciullopresso a spirare.

Page 4: Le carte giovanili del noto scrittore di San Luca “STRACCI ... · Alvaro, con cui ho avuto una lunga fre-quentazione, culturale e amicale, e anche presso la famiglia di suo nipote

16 Domenica 27 gennaio 2013 Domenica 27 gennaio 2013 17

LE MEMORIE SOMMERSEIl materiale è stato donato dagli eredi Lico

al Sistema Bibliotecario Vibonesesottoscrittore di un protocollo d’intesa con l’Unical

Da dove arrivano queste “tracce”di “me-morie di un mondo sommerso”? A raccon-tarloèDomenico Lico,nellabiografiaine-dita (e sconosciuta) che lasciadelgiovaneAlvaro. Il 21aprile1940, inCampidoglio,alla presenza del Re, Corrado Alvaro veni-va premiato dall’Accademia d’Italia, conuna motivazione che, con linguaggiodell’epoca, lo definiva «figura tra le piùmaschie e risentite, tra le più aperte aglispiriti nuovi» nel quadrodella «nuova let-teratura italiana». «Il giornale d’Italia»del 22 aprile 1941 scriveva che Alvaro «èuno dei nuovi scrittori italiani di piùgrande fama e di più grande valore, novel-liere, romanziere, commediografo, sem-pre originale e potente. Con quella suaprosa inimitabile, dove le parole acquista-no forza di trasfigurazione della realtà ad-dirittura, a volte, magica, vi mostra il si-gnificato mitico della vita quotidiana deisuoi pastori calabresi o dei popoli tra i qua-li ha vissuto, dal tedesco al russo. Ognisua opera è, in un certo senso, una rivela-zione d’umanità».

Domenico Lico, in quell’apriledel 1940,farmacista a Iscasullo Ionio, è coltoda unmisto di nostalgia e di orgoglio, assalitoda «un’onda di ricordi, vivi e piacevoli». Fi-glio di Raffaele, Domenico era nato a S. Co-stantino Calabro, il 18 luglio 1893, da unafamiglia proprietaria di terre e benestan-te, con un antenato patriota risorgimen-tale. Aveva frequentato il liceo Galluppi aCatanzaro, dove stringe un vincolo pro-fondo, culturale e amicale, con CorradoAlvaro.

Alvaro era nato il 5 aprile 1895 a S. Luca,dove aveva trascorso i primi dieci anni del-la sua vita, frequentando le scuole ele-mentari, seguendo gli insegnamenti delpadre Antonio, maestro elementare e fi-gura ammirata e apprezzata, anche invi-diata, da alcuni benestanti del paese. Poiaveva proseguito gli studi nel collegio diMondragone, a Frascati, scuola di éliteretta dai gesuiti. Nellostesso collegio, nel1907, sono ospiti i fratelli Beniamino eGuglielmo. Espulso da quella scuola, do-po i primi anni del ginnasio, perché sor-preso a leggere libri allora proibiti, vienemandato nel collegio di Amelia, in provin-cia di Perugia, dove termina il ginnasio.Da qui si sposta al Galluppi di Catanzaro,vivendo prima come ospite del ConvittoTulelli, poi in pensione presso una vedo-va. Tra i suoi compagni di scuola viene ri-cordato di solito Umberto Bosco. Ma i com-pagni che maggiormente frequenta ehanno un’importanza decisiva nel sog-giorno catanzarese sonoDomenico Lico eGianniCardamone, diParenti, chesareb-bemorto inun incidenteau-tomobilistico. La perma-nenza del giovane Alvaro aCatanzaro è al centro degliinteressidi PasqualeTusca-no, uno dei più attenti e ori-ginali studiosi di Alvaro,che scrive pagine incisive su“Corrado Alvaro studente li-ceale a Catanzaro”, rileg-gendo, problematicamente, le “memoriesommerse” e le pagine su Alvaro di Um-berto Bosco. Si veda anche la mostra “Cor-rado Alvaro a Catanzaro. Fotografie do-cumenti e filmati in mostra” a cura di An-tonio Panzarella, con foto di Antonio Ren-da, e con brevi e incisivi testimonianze didiversi studiosi e scrittori, organizzatadal Comune di Catanzaro, presso il Com-plesso Monumentale San Giovanni, dal18 dicembre 2006 al 28 gennaio 2007.

Questa la descrizione che Lico fa di Al-varo, ricordando il momento del loro pri-mo incontro:

«Faccia maschia dal mento rotondo, na-so un po’ schiacciato, labbra carnose, oc-chi castano-cerulei opachi rivelanti unqualche grado di miopia, barba e baffi ra-si, fronte spaziosa, molti capelli, lunghibiondo-sbiaditi volti all’indietro, coloritosmorto, collo corto, statura bassa, corporegolare, abito trasandato. Ecco come miapparve Corrado Alvaronell’autunno del1911, studente a 16 anni di 5° Ginnasialeal “Galluppi”di Catanzaro».

Al Galluppidi Catanzaro, scrive ancoraLico, Alvaro «ben presto si fece notare, perla sua non comunecultura. Quello che or-mai non era più un ragazzo era cresciuto“serioseriocon quellaformadipartecipa-zione al dolore degli altri per cui i ragazzidiventano pensierosi». La sua figura, in-confondibile fra tante, una voltavista, re-stava impressa nella mente.

Conosciuto, avvicinato, trattato, il suoparlare assai diverso per accento e vocabo-li da quello comune a tutti gli studenti del-la città, la quasi totalità dei quali, prove-nientidalle treprovincie calabresi,usavail dialetto - il suo parlare in lingua pretta-mente italiana (con cadenza di voce leg-germente romanesca, quando, talora, vo-leva dialettizzare qualche frase ad effetto)ti avvinceva e come seme caduto in terrapropizia li faceva germogliare,sbocciare,coltivare sensi cordiali di amicizia.

Dell’amiciziadifattiegli avevaunculto,ma un culto tutto proprio che lui stessospiega in una lettera che abbiamo trascrit-tanelle paginecheseguono.Non era faci-le concederla al primo arrivato per quantola sua innata cortesia ti attraesse a luisempre di più;ma una volta e con delicatotatto sperimentato, egli si considerava unaltro se stesso. Da vicino o da lontano il suopensiero ti giungeva piacevole, come pia-cevoli e gradite erano certe sorprese che sipermettevadi faresoltantocon colorocuila suafamiliarità era inquotidiana comu-nione».

Una “fotografia” che vale la pena acco-stare a quella fatta da don Pippo De Nobili,direttoredellaBiblioteca ComunalediCa-tanzaro, che ricorda quel giovane, assi-duo frequentatore della Biblioteca, divo-ratore di ogni genere di libro, con una«personalità inconfondibile», che gli mo-strava (nel 1913) le sue poesie con echi car-ducciani, pascoliani e dannunziani. Cosìsi esprimevaDe Nobili in un’intervista ri-lasciata a Domenico Zappone, apparsa in«Il Giornale d'Italia» del 3 febbraio 1961.Alvaro avrebbe lasciato un ritratto indi-menticabile di don Pippo, che in “Ma-strangelina”diventa VitalianoStabili, di-rettore della biblioteca di Turio, in confi-denza amicale con ilgiovane Rinaldo Dia-cono (l'alter ego di Alvaro nelle “Memoriedi un mondo sommerso”). Come scrive Pa-squale Tuscano, Alvaro evoca l’immaginedi De Nobili «con l’ammirazione e la devo-zione che - ovviamente nei limiti più mode-sti - richiama alla memoria l’incontro diDante con Brunetto Latini. Come Dante,Alvaro si rivolge al suo interlocutore col“voi”; lo incontra quasi cinquant’anni do-po che lo conobbe la prima volta; lo fa as-surgere a narratore degli eventi che co-struiscono il romanzo».

In “Mastrangelina”Vitaliano Stabili co-sì ricorda Rinaldo Diacono:«Dei ragazzi di allora [Alva-ro] è quello che ho ricordatopiù spesso. Aveva buonequalità intellettuali, unacerta vivacità, e avvertivasubito quello che c’è di piùsingolare nella vita e negliaspetti di ogni giorno. Pure,era un ragazzo senza altra

esperienza che quella del suo paese, un vil-laggio, mi pare, che non ha storia». Comeosserva Pasquale Tuscano:

«Alvaro scrive di suopugno il suo profi-lo umano e spirituale più autentico, esal-tando specificatamente la sua capacità di“avvertire subito quello che c’è di più sin-golare nella vita e negli aspetti di ognigiorno” grazie all'esperienza acquisitanella sua montagna, tra la sua gente, fa-cendo di un “paese che non ha storia” il

punto di riferimento imprescindibile dalquale leggere la storia dell'umanità delsuo tempo, proiettandola in un orizzontedi mito. Alla linfa vitale profusagli dalpaese natale, dove trova terreno fecondola severa fedeltà ai sentimenti elementari,e perciò puri e profondi, si aggiunge quel-la dell'ambiente culturale e morale del li-ceo “Galluppi”».

Alvaro traccia una sorta di “autoritrat-to”morale e culturale (s'intende in manie-ra trasfigurata e funzionale alla storiache racconta) non dissimile da quello chene lasciano gli amicie gli intellettuali del-la città (De Nobili e Bosco, in primo luo-go).

***Alvaro, durantebrevi perio-

di di vacanza scolastica, vieneospitato dalla famiglia di Licoa S. Costantino Calabro ed è quiche egli consegna e affida all'a-mico i suoi primi versi e le sueprime prose.Molte poesieven-gono scritte proprio nella casa dell'amico, co-me si legge suifogli recanti firma, datae luo-go. Incalce al testodiuna conferenzacheAl-varo tenne a Catanzaro nel 1912, si legge ladedica: «A Lico Domenico che conserva i mieistracci». Aleggere le testimonianze diLico, ilpadre di Alvaro era molto esigente, aveva tan-te aspettative da quel figlio, criticava e “di -struggeva” componimenti poetici del figlioche non gli sembravano all'altezza delle suecapacità. Alcuni scritti, del tutto sconosciuti,

ci sono giunti grazie alla madre e ad alcuniamici, tra cui Pepé (Giuseppe) Foderaro. Eraproverbiale l' intransigenza del maestro An-tonio ed era noto il suo sogno che il figlio di-ventasse un famoso poeta.Alvaro era, proba-bilmente, preoccupato del giudizio severo delpadre e,non volendodistruggere i suoi com-ponimenti, del cui valore letterario, allora,era convinto, li affidava ad amici, spesso di-menticandoli.

Abbiamo, grazie a Lico, numerose notiziesulla vita personale e scolastica di Alvaro,sull'intensa attività culturale nella città diCatanzaro. Un manifesto ricorda la confe-renza di domenica 15 giugno del 1913 dello

studente Corrado Alvaro suLeopardi che non si svolge, co-me previsto, al locale Circolodi Cultura, diretto da FaustoSquillace, proprio per ostilitàdi costui, ma al Salone Munici-pale per interessamento del-l'onorevole avvocato Lombar-di. La conferenza in cui inda-ga la vicinanza tra Leopardi e

José de da Espronceda, di cui aveva tradottomolti versi, resta a lungo nella memoria dellaCatanzaro colta di quel periodo. Nel gennaiodel 1914 tiene a Catanzaro, al Circolo FaustoSquillace, una conferenza su D'Annunzio epubblica lesue prime poesiesu «Ilnuovo biri-chino calabrese» e alcune traduzioni da Ta-gore nella «Rivista d'oggi». Partecipa a mani-festazioni e assemblee interventiste, in se-guito alle quali è arrestato per alcune ore, eorganizza un numero unico contro la polizia,

«Bum!». In realtà, come scrive Lico, Alvaro,che al mattino aveva tenuto una conferenza,viene arrestato e trattenuto una notte in ca-serma, soltanto perché si trovava a passaredalì. Licoricorda anchelavita quotidiana, ladimensione conviviale, le frequenti e rilas-santi incursioni nelle “putiche”, dopo averestudiato e scritto documenti e manifesti in-terventisti, di quella che chiama la “triade”:Lico stesso, Cardamone, Alvaro. Il giovanepoeta esercitava su di loro e sugli altri compa-gni un forte ascendente, per la sua cultura,per la sua capacità oratoria e anche per il co-raggio che mostrava nelle manifestazionicontro l'Austria e contro il governo italianoinadeguato e “vile”.

I giudizi di alcuni giornalilocali e dei docenti del Galluppi(tra cui il prof. Francesco Tor-raca e il prof. Tommaso Susan-na), a cuiAlvaro aveva inviatole sue poesie nel 1912, non so-no semprepositivi: ilgiovane,pureconsiderato, digranlun-ga, lo studentepiù preparato edotato, assai stimato per la sua bravura an-che nella scrittura, riceve consigli di conti-nuare a leggere i grandipoeti o di scrivere inprosa. Gli amici di Alvaro non sono dell'avvi-so dei prestigiosi docenti. Lico ricorda nume-rosi tentativi di fare pubblicare presso un ti-pografo catanzarese, con i danari di una col-letta fatta da compagni e da amici, le primepoesiedell'amico. Nonmancano inLico irife-rimenti aiprimi innamoramentidiAlvaroe,poi, tenterà di trovarne e indicarne riscontri e

riflessi nei suoi futuri racconti.

***Dopo il periodo catanzarese, i due amici si

separano e intraprendonostrade diverse. Al-varo nel 1914 parte per Roma, proprio da S.Costantino, quasi ad insaputa del padre. Nelgennaio del '15 è chiamato alle armi. È asse-gnato a Firenze, a un reggimento di Fanteria,e segue il corso allievi ufficiali nell'Accade-mia militare di Modena, uscendone col gradodi sottotenente. Qui conosce la contessina Ot-tavia Puccini, giovine nobile donna (la madreè la contessa Manfredi), nipote di un parla-mentare,e cominciauna affettuosafrequen-

tazione, che verrà, presto, in-terrotta dalla guerra. Alvaroprende contatti con riviste egiornali. Manda, durante l'e-state, alcune poesie alla «Ri-viera ligure», direttada MarioNovaro, dove altre compari-ranno tra il 1915 e il '17. Il 12agosto del 15, su «Il Resto delCarlino», Aldo Valori recensi-

sce, ancora manoscritte, le “Poesie grigiover-di”, pubblicatepoi, in volume, nel1917. All'i-nizio di settembre si trova in zona di guerra. Anovembre è in prima linea. Viene ferito allebraccia (il destro non guarirà mai completa-mente) sul monte Sei Busi, nella zona di S. Mi-chele del Carso. Sarà decorato con la meda-glia d'argento; ma è costrettoa una lunga de-genza nell'Ospedale militare di Ferrara, pri-ma, e poi di Firenze. Passa al servizio sedenta-rio presso Chieti. Nel settembre del 1916 è a

Roma. Verso la finedell’anno comincia a col-laborare con «Il Resto del Carlino», diretto daMarioMissiroli, pubblicando iprimiraccon-ti. Si trasferisce a Bologna quando ne diventaredattore. Tramarzo eottobre del1917 dàgliesami al Liceo Galvani di Bologna, ma deve ri-petere. Escono a Roma le “Poesie grigiover-di”. L’8 aprile del 1918 sposa la bologneseLaura Babini, conosciuta durante la guerra(allora impiegata come ragioniera, più tarditraduttrice dall’inglese). I due avranno Mas-simo come unico e amato figlio. Un anno emezzo dopo il matrimoniosi trasferisce a Mi-lano con lafamiglia (nel frattempo ènato il fi-glio Massimo). Segnalato da Borgese, è as-sunto al «Corriere della sera» di Luigi Alber-tini.

Licoche avevamoltecuriosità letterarie,silaurea infarmacia, tornaa S.Costantino, do-ve sposa Dorotea Lopreaiato nel 1924. Possie-de e gestisce una farmacia che chiude nel1934 «con una sessantina di mila lire di credi-ti, quasi inesigibili» e che considera perduteper sempre. Come racconterà ad Alvaro,nell’incontro del 1941, dovendo far fronte aibisogni della famiglia si sposta ad Isca. Ha trefigli da educare, come dirà ad Alvaro, «di cuidue femmine per le quali occorrerà una do-te». Lamoglie loraggiunge di tanto intanto,ma vive tra S. Costantino, dove possiede unpalazzo edelle proprietà, eStefanaconi, dovepossiedealtri palazzi e altri terreni. I tre figlistanno a Stefanaconi da dove ogni mattinapartono perraggiungere le scuolenella vici-na Vibo Valentia. Si trova a Isca, quando glitorna, con prepotenza,allamente l’amico or-mai famoso, di cui come scrive, conservava,«liriche, novelle, scrittivari, fotografie, cari-cature», opere pubblicate, qualcuna con dedi-ca autografa, a conferma che i due mantene-vano qualche episodico rapporto epistolare.

***Lico guarda con un nuovo occhio quelle

carte dimenticate e comincia a pensare a un li-bro, nel quale intendeva raccontare il periodocatanzarese e la vita di soldato e di poeta di Al-varo. Inizia a raccogliere memorie scritte eorali. Si mette in contatto con altri amici delLiceo (Giovanni Cardamone e Pepé Fodera-ro). Cerca di rintracciare la contessa OttaviaPuccini a cui lo scrittore aveva inviato, du-rante la guerra (anni 1915-1918) lettere diconfessione e di amicizia, confessa i suoi statid'animo e anche le sue meditazioni amare sul-la guerra e sull'Italia di quel periodo.

Nelle memoriedi Lico c'èpiù diun accennoal desiderio del padre di Alvaro che il figliosposasse la Puccini e, difatti, la rottura di que-sto rapporto sarà motivo di distanza tra pa-dree figlio,che,peraltro,avevano unlegamefortissimo. La ricerca, attraverso varie lette-re, della Puccini da parte di Domenico Licoavrà buon esito. In data 4 novembre 1940, Ot-taviaPuccini,scrive daTradate (Varese)unalettera in cui gli dichiara totale disponibilitàad aiutarlo nel suo lavoro e mostra di avereconservato un bellissimo ricordo di Alvaro:

«Non pensavo che le mie lettere dopo tantianni di lontananza e d'oblioesistessero anco-ra e non avrei mai creduto che potessero su-scitare i sentimenti che la sua bontà e la suagentilezza esprimono. E sono grata a Lei edAlvaroricordando queltempo lontanopossosoltanto affermare la mia perfetta sinceritàche tantevolte scrivevocol palpitonel cuoreecon le lacrime agli occhi ma non saprei dirlenulla di più sul conto del nostro comune Ami-co. Ho ancora molte lettere di Alvaro e glielemanderò appena potrò averlequi dove mi trovo, le confidoconpiacere alsuocuore, ecosìfaccio di quelle mie che Lei hagià nelle mani. Sarò lieta e or-gogliosa di poter contribuire amettere in una luce, semprepiù alta e bella, l'anima e l'intel-letto di Corrado Alvaro. Se haoccasione di scrivergli o di ve-derlo faccia a Lui i miei cordiali saluti».

Ottavia Puccini manda subito a Lico tutte lelettere dell'amico e altre informazioni e indi-cazionia luiutili: traidue nasceun'amicizia,attestata dalle numerose lettere che, dal 1940al 1950, si scambiano (e che sono in nostropossesso). Lico prende contatti con il padre diAlvaro e con il fratello don Massimo, che co-noscevafin dai tempi delLiceoa Catanzaro,eraccoglieanchenotizie personalie familiari.Contatta l'amico scrittore, inviandogli a Ro-

ma,come sidesumedauna letteradirispostadi Alvaro del 30 novembre 1940, un pacco conle «eccellenti castagne e i buonissimi fichi».Proprio in questa lettera, in risposta ad unadi Lico, Alvaro mostra le sue perplessità sul-l'iniziativa dell'amico:

«Ho letto la tua lettera. Ho scoperto che ti seimesso a scrivere a questo e a quello chiedendodi me e del tempo trascorso. Ti confesso chequesto modo mi rincresce, e vorrei che tu mipromettessi dinon farlopiù. Tuttoquello cheti servirà te lo fornirò io. Ho alcuni numeridella “Riviera Ligure” che tu ricerchi, hoqualche manoscritto, e la mia memoria puòsopperirea quanto tu vaidomandando adal-tri. Mi devi promettere che non tenterai piùunsimile commercio epistolare. Io timande-rò con mio fratello alcunecose in mio posses-so, e quando ai primi mesi dell'anno prossimiverròinCalabria, racconteròtuttoquellochevuoi sapere. Ma per carità, non far girare lavoce che tu vada frugando tra le memoried'un uomo modesto, e che spera di lavorarecome deve nei prossimi anni, e che è, se Diovuole, lontano dall'aver concluso. Non lo fa-re, non lo fare. Fidati dunque di me. Siccomenon c'è fretta per la conclusione delle tue ri-cerche, siccome è impossibile che tu pensi dipoterle pubblicare presto, abbi pazienza.Avraimoltopiùdi quantocredi.Esovratuttodovrai aver tempo per riflettere sull'opportu-nità d'un simile lavoro».

Alvaro, come si può vedere, cerca di scorag-giare l'amico dall'andare in giro a chiederenotizie sul suo conto, ma sembra voler pren-dere tempo per farlo riflettere sull'opportu-nità della sua pubblicazione, che dovrebbe av-venire in tempibrevi. Nellostesso tempocer-ca di non dispiacere l'amico, di non censurar-lo, e sembrain qualche modo decisoad orien-tare, a guidare e, almeno, ad arricchire le suericerche. In un'altra lettera del 5 ottobre1940, Alvaro scrive: «Caro Lico, speravo divenire in Calabria la settimana scorsa, manonmi èstatopossibile. […]Quando sarà,da-remo insieme un'occhiata a quelle carte gio-vanili.Mi stupisceche tusiariuscito aracco-glieretantaroba chemierauscita deltuttodimente. Intanto,tu mettiuna datatroppo vici-na alla pubblicazione. Se mai ne vale la pena,scritti giovanili si pubblicano per autori vec-chi e gloriosi, o morti, o ancora vegeti ma,senza discussione, importantissimi. Pur-troppo io non sono di quest'ultima condizio-ne. Spero di arrivare a campare quanto do-vrei e vorrei. Il '41 è troppo vicino.

Ma se la cosa ti diverte e t'interessa io nonposso impedirtela. Se ne varrà la pena, ungiorno non troppo vicino ti dirò che questememorie possono interessare qualcuno. Perora nonsarebbe cheuna presunzioneda par-temiaeun'affettuosa ingenuitàdapartetua.Prendiamo dunquequeste cosecome unpre-testo per rivivere anni passati, le illusioni e

gli errori. Sono anch'io curio-sodi vederechecosaci fossedibuono in quelle prove. Io hosoltanto un manoscritto d'unlungo racconto che evidente-mente era un primo tentativodi “Gente in Aspromonte” in -torno al 1917» [in realtà il1916].

Lico legge il dissenso di Al-varocome unatto dimodestia oanche di«sot-tovalutazione di se stesso, sembrandogli pe-regrina la sua opera di fronte all'eccelsa vettache intendeattingere». Cominciaa scrivereeprobabilmente ultima il suo libro nel 1940(anche se poi ci tornerà più volte in seguitocon ulteriori aggiunte e tante correzioni),chiarendo nella prefazione che il suo libronon è una biografia e non ha pretese lettera-

La scoperta letterariaUn’amicizia profonda e sinceralegò Alvaro a Domenico Lico

Fin da giovanesi rivelò

“sorpr endente”

La genesidi “Gente

in Aspromonte”

Studiar onoentrambial Galluppidi Catanzaro

Scrisse una biografiasconosciuta

degli anni giovanilidello scrittore

Animò la vitaculturale

di Catanzaro

L a guerrae le poesie

“Grigioverdi”

Incipit di “Un paese”

Il comune di Santa Venere non silegge in nessuna carta geografi-ca:nessuno sièaccortodi luiappi-solato com’è sulla schiena diAspromonte. Aspromonte è mètadi qualche pellegrinaggio pa-triottico ma della sua gloria nondà nemmeno una piccola parte alcomunello pur essendogli gene-roso d’ogni cosa necessaria alla vi-ta. I deputati repubblicani che vipassano per raggiungere la mètadove reciteranno un bel discorsoserban memoria d’un paesucciodove non c’è carta buona per scri-vervi un’orazione improvvisata equel che è peggio non c’è treno néautomobile e tocca esser ospitatidal parroco in mancanza di alber-ghi. Un paesuccio dove la loro ve-nuta fu accolta senza sbandiera-menti.

Ebbene: quel paesuccio è SantaVenere.

La Municipalitàmostra unvec-chio stemma, con inquartati tam-buro e bandiera, sormontato daun grande e pennuto elmo di cava-liere. Veramente, le cattive linguedicono che quanto a cavalleria ilpaese non ne ha mai avuta perquanto il primo cittadino sia fre-giato dellacroce ottenutaglidalloonorevole Bruno Sperandeo incompenso a tante fatiche soffertein gloriadel rappresentanteil col-legio elettorale da ben venticinqueanni durante i quali vi lavorò perun progetto di conduttura d’ac -qua potabile che tra poco sarà fattoda capo per le opportune modifica-zioni secondo i moderni sistemi.

Incipit di “Gente inAspromonte”

Non è bella la vita dei pastoriin Aspromonte, d’inverno,quando i torbidi torrenticorrono al mare, e la terrasembra navigare sulle ac-que. I pastori stanno nellecase costruite di frasche e difango, e dormono con glianimali. Vanno in giro coilunghi cappucci attaccati aduna mantelletta triangolareche protegge le spalle, comesi vede talvolta raffiguratoqualche dio greco pellegri-no e invernale. I torrentihanno una voce assordante.Sugli spiazzi le caldaie fu-mano al fuoco, le grandi cal-daie nere sulla bianca neve,le grandi caldaie dove si coa-gula il latte tra il siero verda-stro rinforzato d’erbe selva-tiche. Tutti intorno coi nericappucci, coi vestiti di lananera, animano i monti cupi egli alberi stecchiti, mentrela quercia verde gonfia leghiande pei porci neri. In-torno alla caldaia, ficcano ilunghi cucchiai di legno in-ciso, e buttano dentro gran-di fette di pane. Le tirano sudal siero, fumanti, screziatedi bianco purissimo come è illatte sul pane.

“Un paese”l’incipit del testo

Il passo seguente costituisce l’incipit di “Un paese” (scritto nel1916), considerato da Alvaro stesso come «il primo tentativo di“Gente in Aspromonte”». Si riporta, accanto, l’incipit di “Gentein Aspromonte” (pubblicato nel 1930).

Corrispondenza di Alvaro con LicoAlvaro intrattiene con l’amico liceale Domenico Li-

co, nel corso degli anni, degli scambi epistolari. Le let-tere che l’Alvaro invia nel biennio 1940-1942 sonoconservate nel “Fondo Lico”. Di seguito si riporta unamissiva, tratta dal fondo, in cui l’autore ringrazia l’ami -co per l’invio di castagne e fichi dalla Calabria, pregan-dolo, con insistenza, di usareuna maggiore cautela eriservatezza nel cercare notizie e scritti che lo riguar-dano e invitandolo a non pubblicare, almeno per il mo-mento, il libro che gli aveva preannunciato.

Roma, 30 novembre 1940 (XIX)Via Banco S. Spirito 48

Caro Lico,ebbi la tua lettera, e ieri il tuo pacco con le eccel-

lenti castagne e i buonissimi fichi. Grazie. Ma nonvorrei che ti prendessi queste noie per me. Non tistarò a dire che rivedere certi frutti nostri non mifaccia piacere, e certe forme di gentilezza nostretradizionali. Non pensare però ad altro. Se mi servequalche cosadalla Calabriaposso semprerivolger-mi ai parenti miei, senza confondere gli amici.

Ho letto la tua lettera. Ho scoperto che ti sei messoa scrivere a questo e a quello chiedendo di me e deltempo trascorso. Ti confesso che questo modo mirincresce, evorrei che tumi promettessi dinon far-lo più. Tuttoquello che ti servirà te lo fornirò io. Hoalcuni numeri della RivieraLigure che tu ricerchi,hoqualche manoscritto, e lamia memoriapuòsop-perire a quanto tu vai domandando ad altri. Mi devipromettere che non tenterai più un simile commer-cio epistolare. Io ti manderò con mio fratello alcunecose in mio possesso, e quando ai primi mesi dell’an -no prossimi verrò in Calabria, racconterò tuttoquello che vuoi sapere. Ma per carità, non far girarela voce che tu vada frugando tra le memorie d’un uo-mo modesto, e che spera di lavorare come deve neiprossimi anni, e che è, se Dio vuole, lontanodall’aver concluso. Non lo fare, non lo fare.

Fidati dunque di me. Siccome non c’è fretta per laconclusione delle tue ricerche, siccome è impossibi-le che tupensidi poterlepubblicarepresto, abbipa-zienza. Avrai molto più di quanto credi. E sovratut-todovrai aver tempoper rifletteresull’opportunitàd’un simile lavoro.

Rassicurami su quanto ti chiedo. Ti abbraccio iltuo

Corrado Alvaro

La corrispondenzatra i due amici

Segue da pagina 15

Continua a pagina 18


Recommended