Studio Legale Associato Merlin & Tonellotto
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Le novità sui reati ambientali (L. 68/2015)
avv. Marco Tonellotto – [email protected]
Assoreca, Studio Legale Associato Merlin & Tonellotto
Camera di Commercio di Milano – 17 novembre 2015
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• Presenza di numerose ipotesi di reati contravvenzionali contenute, principalmente,
nel d.lgs. 152/06 che incentrano il proprio nucleo precettivo nella violazione di
normative di natura tecnica o di provvedimenti amministrativi e, quindi, finalizzate a
perseguire condotte prodromiche all’inquinamento e, spesso, sganciate da un reale
nocumento al “bene ambiente”
• Delitti di “attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti” (art. 260 del d.lgs. 152/06
volto a coprire la criminalità ambientale “strutturata”) e di “combustione illecita di
rifiuti” (art. 256 bis del d.lgs. 152/06)
• Reati contenuti nel codice penale del 1930 e spesso utilizzati, per tutelare
l’ambiente, attraverso “forzature interpretative” in forma di “supplenza giudiziaria”
(art. 674 c.p. “getto pericoloso”, art. 734 c.p. “distruzione o deturpamento di bellezze
naturali”, artt. 434 e 449 c.p. c.d. “disastro ambientale“, art. 635 c.p.
“danneggiamento delle acque”, art. 423-bis c.p. “incendio boschivo”, art. 659 c.p.
“disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone”, art. 439 “avvelenamento di
acque o di altre sostanze alimentari”, etc…)
1. La tutela penale dell’ambiente prima della L. 68/2015
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• La Direttiva 2008/99/CE impone agli Stati membri uno standard minimo di tutela
penale, limitato alla violazione ambientali concretamente lesive del bene ambiente.
Le condotte devono essere punite qualora: “provochino o possano provocare il
decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’aria, alla
qualità del suolo o alla qualità delle acque, ovvero alla fauna o alla flora” (art.3).
La volontà del legislatore europeo è quella (pur non precludendo al legislatore
nazionale la possibilità di anticipare comunque la soglia di tutela sul piano del
pericolo astratto) di imporre un modello di tutela dell’ambiente che recuperi
l’elemento dell’evento di danno o, quantomeno, quello del pericolo concreto
• Gli Stati membri devono adottare le misure necessarie per assicurare che i reati
ambientali siano puniti “con sanzioni penali efficaci, proporzionate e dissuasive”
• Deve essere prevista, per questa tipologia di reati, la responsabilità delle persone
giuridiche
• Il disegno europeo è stato disatteso dal d.lgs. 121/2001 (salva l’estensione della
responsabilità degli enti per alcuni reati contro l’ambiente) che non ha per nulla
modificato l’assetto complessivo della materia (salvo introdurre due nuove
contravvenzioni nel codice penale)
2. Influenza del diritto dell’Unione sul diritto penale dell’ambiente
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• La legge 68/2015 (in vigore dal 29.5.2015) introduce nel codice penale un autonomo
titolo (Titolo VI-bis) riguardante i delitti contro l’ambiente. La collocazione del Titolo
VI-bis “a ridosso” del titolo concernente i delitti contro l’incolumità pubblica
risponde ad un preciso obiettivo del legislatore: tutelare l’ambiente anche al fine di
garantire le condizioni per lo sviluppo bio-psichico dell’uomo in modo che il bene
giuridico ambiente risulti valorizzato proprio dal legame con la persona umana
• Prevede incriminazioni di danno e di pericolo concreto con elevati livelli edittali di
pena
• I nuovi delitti introdotti sono costruiti secondo una “progressione criminosa verso
l’alto” al fine di coprire diverse offese al bene ambiente
• Viene modificato il regime di punibilità delle contravvenzioni ambientali “formali” (che
non abbiano cagionato danno o pericolo concreto ed attuale di danno alle risorse
ambientali, urbanistiche e paesaggistiche protette) previste dal d.lgs. 152/06
prevedendo una speciale causa di estinzione similare a quella già vigente in materia
di salute e sicurezza
3. Alcune novità della riforma
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• Le nuove fattispecie delittuose:
① Inquinamento ambientale (art. 452-bis c.p); previsto anche nella forma colposa e
qualora l’evento descritto nella norma ponga in concreto pericolo il bene ambiente).
Questo delitto è anche reato presupposto della responsabilità corporativa ex d.lgs.
231/2001
② Morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale (art.
453-ter c.p.)
③ Disastro ambientale (art. 452-quater c.p.); previsto anche nella forma colposa e
qualora l’evento descritto nella norma ponga in concreto pericolo il bene ambiente).
Questo delitto è anche reato presupposto della responsabilità corporativa ex d.lgs.
231/2001
④ Traffico ed abbandono di materiale ad alta radioattività (art. 452-sexies c.p.)
Questo delitto è anche reato presupposto della responsabilità corporativa ex d.lgs.
231/2001.
⑤ Impedimento del controllo (art. 452-septies c.p.)
⑥ Omessa bonifica (art. 452-terdecies c.p.)
4. Il nuovo Titolo VI-bis del libro secondo del codice penale
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• L’art. 452-bis c.p. prevede l’incriminazione di condotte (“abusive”) che abbiano
cagionato una “compromissione” o un “deterioramento significativo e misurabile”
di:
1) Acqua, aria o di porzioni estese e significative del suolo o del sottosuolo;
2) Di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora e della fauna
• La “significatività” verrà valutata dal giudice di volta in volta e, pertanto, solo dopo
la commissione del fatto si saprà se quella compromissione o quel deterioramento è
grave oppure “insignificante” (possibile vulnus al principio di determinatezza)
• La “misurabilità del deterioramento” indica un metodo da seguire per
l’accertamento dell’evento: comparazione tra lo stato dell’ambiente prima che la
condotta producesse i suoi effetti e lo stato della qualità dell’ambiente così come
risulta dopo aver subito l’intervento di quella condotta
• La norma si colloca ad un “livello intermedio” tra le fattispecie contravvenzionali
previste dal d.lgs. 152/06 e la più grave ipotesi di disastro ambientale e, in questo
senso, potrebbe essere corretto ipotizzare che la compromissione e il
deterioramento rilevanti non possano consistere in meri superamenti dei valori
soglia indicati nel d.lgs. 152/06 in quanto già oggetto di autonoma sanzione
contravvenzionale
5. L’offesa punita nel delitto di inquinamento ambientale
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• L’art. 452-quater c.p. prevede l’incriminazione di condotte (“abusive”) che abbiano
cagionato:
1) l’alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema. Si tratta di una
compromissione più grave di quella significativa e misurabile di cui al reato di
inquinamento ambientale in quanto contrassegnata dalla irreversibilità non di una
singola matrice ambientale ma “dell’equilibrio tra componenti biotiche e abiotiche di
un sistema unitario identificabile”
2) l’alterazione di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e
conseguibile soltanto con provvedimenti eccezionali. Compromissione
caratterizzata dalla complessità tecnica delle operazioni di ripristino o una loro
particolare onerosità sotto il profilo economico
3) una offesa alla pubblica incolumità derivante: (i) da una compromissione estesa
dell’ambiente o dalla diffusione dei suoi effetti lesivi; (ii) dal numero dei singoli
accadimenti lesivi della vita o dell’incolumità delle persone (morte o lesioni) scaturiti
dall’evento inquinante (numero che non può essere esiguo perché il pericolo nei
confronti della pubblica incolumità implica il coinvolgimento di una pluralità
indeterminata di persone). Il concetto di “offesa alla pubblica incolumità” è così
impreciso da porre un serio problema di compatibilità con i principi costituzionali
6. L’offesa punita nel delitto di disastro ambientale
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• L’art. 452-septies del c.p. è funzionale a consentire agli organi di controllo di
svolgere efficacemente il proprio lavoro. Mira a proteggere il regolare esercizio del
controllo allo scopo di impedire che per effetto di condotte di impedimento
vengano alterate le verifiche e le eventuali acquisizioni di prove della commissione
di illeciti in materia ambientale e in materia di sicurezza sul lavoro
• Le condotte possono essere le seguenti:
1) Impedire l’accesso
2) Predisponendo ostacoli
3) Mutando artificiosamente lo stato dei luoghi
4) Intralciando o eludendo le attività di vigilanza e controllo
5) Compromettendo gli esiti dell’attività di vigilanza e controllo
7. Le condotte di impedimento del controllo
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L’art. 452-terdecies c.p.
“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque essendovi obbligato per legge,
per ordine del giudice ovvero di un’autorità pubblica, non provvede alla bonifica, al
ripristino o al recupero dello stato dei luoghi è punito con la pena della reclusione da
uno a quattro anni e con la multa da euro 20.000,00 a euro 80.000,00”
Quale l’ambito applicativo del reato?
la condotta sanzionata non è circoscritta alla sola omessa bonifica, includendo pure
l’omesso ripristino o recupero
l’obbligo omesso deve scaturire, alternativamente,
(i) dalla legge
(ii) da un ordine del Giudice (i.e. il ripristino dello stato dei luoghi ex art.
452-dueodecies c.p. o ex art. 260 d.lgs. 152/2006, ovvero l’ordine
impartito da un giudice amministrativo o civile)
(iii) da ordine di un’autorità pubblica
l’omissione dell’obbligo deve avere natura dolosa
7. Il reato di omessa bonifica
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• La valutazione del “rischio ambientale” (inteso come rischio di cagionare una
compromissione all’ambiente) deve comprendere (oltre alle “classiche” matrici
suolo, sottosuolo e acque) anche beni ambientali sino ad ora mai indagati
(ecosistemi, biodiversità della flora e della fauna) o poco indagati (aria)
• La valutazione deve estendersi anche al c.d. “rischio sanitario” al fine di prevenire i
delitti di cui all’art. 452-ter (morte o lesioni come conseguenza del delitto di
inquinamento ambientale) e all’art. 452-quater punto 3) (disastro ambientale con
“offesa alla pubblica incolumità”)
• I nuovi delitti possono essere realizzati anche nella forma “commissiva mediante
omissione” e il nostro ordinamento giuridico prevede già una norma che individua il
titolare di una posizione di garanzia il quale ha l’obbligo giuridico di impedire il verificarsi di condotte di inquinamento. L’art. 18, comma 1° lett. q) del d.lgs.
81/2008, dispone che il datore di lavoro e i dirigenti debbano: “prendere appropriati
provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possano causare rischi
per la salute della popolazione o deteriorare l’ambiente esterno verificando
periodicamente la perdurante assenza di rischio”
• E’ opportuno (oltre che doveroso in alcuni casi) “misurare” (cfr. art. 452-bis) gli
impatti ambientali
8. Che cosa devono conoscere le imprese
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• E’ indispensabile conoscere come la Suprema Corte declina la c.d. “epistemologia
dell’incertezza” in contesti di rischio incerto (es. utilizzo di sostanze chimiche
“emergenti” come i PFAS o PFOA o nuovi materiali come i “nanomateriali”) secondo
le seguenti tre categorie: (i) orbita della prevedibilità; (ii) la figura
dell’imprenditore-modello; (iii) l’evitabilità dell’evento
• E’ necessario valorizzare l’aspetto precauzionale descritto dall’art. 301 del d.lgs.
152/06 che si applica in caso di pericoli, anche solo potenziali, per la salute o per
l’ambiente. Il “dovere di sapere” e quindi di acquisire informazione sui rischi è di
pertinenza delle imprese: è un dovere che va costantemente implementato nel
contesto del più generale dovere degli Enti di auto-organizzarsi efficacemente sul
terreno della prevenzione del rischio-reato
• L’obbligo di ripristino dello status quo ante, divenuto obbligatorio per tutti i delitti
ambientali, impone di prevedere una adeguata copertura assicurativa
• La “prescrizione lunga” (per i delitti ambientali di nuovo conio i termini di
prescrizione sono raddoppiati rispetto a quelli ordinari di cui all’art. 157 c.p.) e le
nuove ipotesi di confisca cancellano l’immagine distorta secondo la quale i reati
ambientali sono “illeciti minori”
• Il nuovo reato di impedimento del controllo (art. 452-septies) impone di adottare
nuovi comportamenti nel caso di accertamenti e controlli in materia ambientale e di
sicurezza sul lavoro
9. …(segue)…
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La legge n. 68/20015 e le novità in tema di responsabilità amministrativa degli Enti:
le nuove fattispecie penali presupposto
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I reati ambientali presupposto ex art. 25-undecies del d.lgs. 231/2001 (così come integrato dalla Legge 68/2015 sui delitti contro l’ambiente)
Articoli Condotta sanzionata Sanzione pecuniaria Sanzioni interdittive
DELITTI CONTRO L’AMBIENTE
Inquinamento ambientale
art. 452-bis c.p.
cagionare abusivamente una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili:
1) delle acque o dell’aria o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo;
2) di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna
da 250 a 600 quote non superiore ad 1 anno
Disastro ambientale
art. 452-quater c.p.
cagionare abusivamente un disastro ambientale. Costituiscono disastro ambientale alternativamente: 1) l'alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema;
2) l’alterazione dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali; 3) l'offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per
l’estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo
da 400 a 800 quote non inferiore a 3 mesi né superiore a 2 anni (rif. art. 13, comma 2, d.lgs. 231/01)
Inquinamento ambientale e
disastro ambientale colposi
art. 452-quinquies c.p.
cagionare l’inquinamento ambientale (art. 452-bis c.p.) o il disastro ambientale (art. 452-quater c.p.) per colpa
da 200 a 500 quote
Traffico ed abbandono di
materiale ad alta radioattività
art. 452-sexies c.p.
cedere, acquistare, ricevere, trasportare, importare, esportare, procurare ad
altri, detenere, trasferire, abbandonare o disfarsi illegittimamente di materiale ad alta radioattività, abusivamente
da 250 a 600 quote
Reati associativi finalizzati a commettere un delitto contro
l’ambiente
art. 452-octies c.p.
- quando l’associazione per delinquere di cui all’art. 416 c.p. è diretta, in via
esclusiva o concorrente, allo scopo di commettere taluno dei delitti contro l’ambiente previsti dal Titolo VI-bis c.p. - quando l’associazione di tipo mafioso di cui all’art.416-bis c.p. è
finalizzata a commettere taluno dei delitti contro l’ambiente previsti dal Titolo VI-bis c.p. ovvero all’acquisizione della gestione o comunque del controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, di appalti
o di servizi pubblici in materia ambientale
da 300 a 1000 quote
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Il nuovo modello di criminalizzazione ambientale
Il sistema della responsabilità
amministrativa degli Enti
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possesso di autorizzazioni,
violazione delle stesse,
superamento di valori
soglia, omissione di
condotte
comportamenti di alterazione
dell’equilibrio ambientale e di
offesa alla incolumità o salute
pubblica
Reati formali o di
pericolo presunto
Reati di evento di danno
o di pericolo concreto
Funzione preventiva
del MOG
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Funzione preventiva e requisiti costitutivi del MOG
I Modelli di organizzazione e gestione devono rispondere alle seguenti esigenze (art. 6 D.lgs.
231/2001):
individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi i reati (risk assessment);
prevedere specifici protocolli cautelari diretti a programmare la formazione e l’attuazione
delle decisioni dell’ente in relazione ai reati da prevenire (risk management);
individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione
dei reati (budget ambientale, ecc…);
prevedere obblighi di informazione nei confronti dell’Organismo deputato a vigilare sul
funzionamento e l’osservanza dei modelli (flussi informativi verso l’Organismo di Vigilanza);
introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure
indicate nel modello.
Inoltre l’art. 7 D.lgs. 231/2001 prevede i seguenti criteri per la verifica dell’efficace attuazione
del Modello ossia:
una verifica periodica e l’eventuale modifica dello stesso quando sono “scoperte significative
violazioni alle prescrizioni” ovvero quando “intervengono mutamenti nell’organizzazione o
nell’attività”
un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel
Modello.
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Adeguamento e progettazione dei MOG in relazione ai nuovi delitti ambientali presupposto della
responsabilità amministrativa degli Enti: la centralità del risk assessment
La diligenza esigibile dipende inevitabilmente dalla conoscenza del rischio, secondo il modello
normativo consolidatosi nella materia della sicurezza sul lavoro.
Si rende quindi necessaria un’ “analisi endoscopica” della realtà e del contesto d’impresa:
• individuazione dei beni giuridici tutelati dalle nuove norme (acque, aria, suolo, sottosuolo,
ecosistema, biodiversità, flora, fauna, pubblica incolumità);
• definizione del contesto di riferimento: aree naturali protette, vincoli paesaggistici,
ambientali, storici, artistici, architettonici, archeologici, specie animali o vegetali protette;
• individuazione delle fonti di pericolo: processi industriali, produttivi, sostanze, eventi
pregressi, sorgenti, accumulo e bioaccumulo: quindi indagine retrospettiva e
scientificamente orientata, anche alla luce dei principi di prevenzione e precauzione;
• misurazione degli impatti, analisi della loro significatività;
• valutazione del rischio, secondo rigorosi criteri di approccio tecnico scientifico: la Life Cycle
Perspecitive, ossia la valutazione degli impatti secondo una prospettiva trascendente i luoghi
di produzione.
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Adeguamento e progettazione dei MOG in relazione ai nuovi delitti ambientali presupposto
della responsabilità amministrativa degli Enti: la fase di risk management
Rilevazione e valutazione del grado di efficacia dei sistemi operativi e di controllo già
in essere, allo scopo di reperire i punti di criticità rispetto alla prevenzione dei rischio reato
(es. valutazione del SGA in relazione al nuovo scenario).
Identificazione e formalizzazione delle cautele applicabili ai rischi in precedenza
individuati, sempre con ampio ricorso al “sapere tecnico scientifico”, individuando le
misure di sicurezza astrattamente idonee.
Il principio dell’azione ambientale (art. 3-ter del D.lgs. 152/2006), costituendo un obbligo
gravante sulle organizzazioni complesse, impone la più ampia tutela ambientale, degli
ecosistemi e del patrimonio culturale, secondo i principi “chi inquina paga”, di
precauzione, di azione preventiva, di correzione prioritaria alla fonte dei danni
ambientali.
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