+ All Categories
Home > Documents > LE RIVISITAZIONI DELL ANTICA DANZA Ilmondoballa … Puglia n... · PAZ Andrea Pazienza era un genio...

LE RIVISITAZIONI DELL ANTICA DANZA Ilmondoballa … Puglia n... · PAZ Andrea Pazienza era un genio...

Date post: 25-Feb-2019
Category:
Upload: lenhu
View: 219 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
1
I l grande vecchio è il primo ad arrivare. A febbraio conterà novantasette pri- mavere ma Antonio Piccinin- no si scortica le mani con le ca- stagnole, quella specie di nac- chere con cui segna il tempo impazzito della musica. Succe- de in quel di Carpino da tem- po immemorabile. Fino a qualche tempo fa arri- vava il suo grande amico, Uc- cio Aloisi. Poi spuntava Mat- teo Salvatore, sopravvissuto a una vita di miserie nel Tavolie- re delle Puglie ma impotente di fronte all’angelo della mor- te, quello della vecchiaia. Insie- me dimenticavano di avere tre- cento anni o giù di lì in tutto e si mettevano a suonare. Oggi, della vecchia guardia, è rima- sto solo Piccininno, ma i Can- tori di Carpino resistono, ecco- me. Un gruppo di «diversa- mente giovani» che fa rivivere il passato. Artisti come Euge- nio Bennato e altri se ne sono invaghiti e hanno prodotto di- versi loro lavori. «Ci hanno paragonato al gruppo di Buena Vista Social Club — ammette Nicola Genti- le, il più "giovane" del gruppo anche se ha superato la cin- quantina — e in un certo sen- so è anche vero, perché sia quelli più antichi come Picci- ninno, sia noi più giovani, sia- mo un pezzo del mondo anda- to che sopravvive». Suonano la chitarra francese, la chitarra battuta, le castagnole, tipi di tamburo che oggi i giovani nemmeno conoscono, una se- rie di strumenti antichissimi, radicati in terra pugliese. Il vero rito, però quello che ricorda il film di Wim Wen- ders, è la preparazione dei nu- merosi concerti che tengono in Italia e all’estero. La prepara- zione nelle cantine, nelle case dell’uno o dell’altro. «Ci incon- triamo regolarmente — dice Nicola — e proviamo, riprovia- mo, cerchiamo un accordo nuovo». Il repertorio narra di amori maledetti, serenate im- provvisate alla bella del paese accanto, con il rischio che ci scappi la coltellata del rivale in ardore (metaforica, ovviamen- te, almeno oggi). Quindi ninne nanne, serenate, tarante, pizzi- che e stornelli. E poi ballate im- provvisamente rallentate che impazziscono a metà come per il morso della taranta. Lo- ro oggi sono perfettamente consapevoli del loro successo ma fino a qualche tempo fa niente affatto. E così un bel giorno arrivò Teresa de Sio che li volle con sé per uno spet- tacolo che ha attraversato il Pa- ese, «Craj», coinvolgendo per- sino Giovanni Lindo Ferretti, il rivoluzionario convertito che oggi scrive per Avvenire. «Oggi la nostra forza però cambia to- no — racconta Gentile — e co- sì per non morire ci appoggia- mo ai giovani». Sorpresa: qualche volta, nel- le serate d’inverno, accanto al «nonno» Antonio o agli ottan- tenni Rocco Cozzola e quasi ot- tantenne Michele Basaniti, spuntano dodicenni, quattor- dicenni, adolescenti del paese insomma che, armati di casta- gnole, provano questo o quel- l’accordo, accennano una piz- zica, intonano una serenata malinconica. «Dobbiamo capi- re — conclude Gentile — e la vita ce lo ha insegnato, che non bisogna mai fermarsi, mai fossilizzarsi, mai accettare il presente. Ma rinnovarsi sem- pre». Il grande insegnamento del «nonno» Piccininno, che ogni tanto sbottava: «Se mi fan- no prendere d’acido, mando tutti a quel paese». (r.sco.) © RIPRODUZIONE RISERVATA PAZ Andrea Pazienza era un genio vero. Poi diventò una star. E poi si stancò: ci lasciò i suoi capolavori e andò via. Scelse il fumetto, un linguaggio popolare che nobilitò con opere indimenticabili. Nacque nelle Marche, ma la sua terra di elezione era il Gargano: passò l’infanzia a San Severo e le sue estati a San Menaio. Zanardi, Pentothal, Pertini, Pompeo… tutti i suoi personaggi, alternando leggerezza e profondità, raccontano una stagione durissima dell’Italia: gli anni di piombo, la contestazione, la sottocultura contro il modello borghese. Una stagione che Paz testimoniò in maniera fertilissima e intensa 25 Suoni e radici Il mondo balla con la Taranta Il «Buena Vista Social Club» della tradizione contadina Q uesta terra trema. Oscil- la, sussulta, a comincia- re dal dialetto. «Ci na- sce ciucciu nu pote murire ca- vaddu», ammonisce un detto: chi nasce asino non può mori- re cavallo. Una lingua che bascula, oscil- la, come se fosse bruciata da un fuoco. Il Salento «è» la taran- ta, si adegua ai suoi ritmi (le ballate in crescendo), ai suoi umori (prelibati i peperonci- ni), alle sue frenesie. La pizzica salentina è l’alfabeto di un’et- nia che regge la tramontana e le bizzarrie del mare, il tempe- ramento levantino, i fiumi car- sici che feriscono la piana. Qui ogni anno, in un ex convento agostiniano di Melpignano, si ripete il miracolo della Notte della Taranta. Miracolo antropologico, una resurrezione dal corpo, ipotizzò l’illustre etnografo Er- nesto de Martino, studiando il fenomeno dei tarantati (perso- ne affette da una simil forma di epilessia) già sul finire degli an- ni Cinquanta. Incuriosito da quella danza impazzita che scuoteva il corpo con una musi- ca misteriosa, venuta da lonta- no, de Martino concluse, par- lando del caso di una donna os- servata: «Attraverso le scosse del corpo sublima le frustrazio- ni». Sublimazione, appunto. Una catarsi che ogni anno si ri- pete in uno spettacolo che ha conquistato anche l’America. «Piace perché dentro c’è il sen- tore della tradizione autentica – osserva Pier Francesco Paco- da, critico musicale e autore di saggi sulla pizzica – ecco per- ché i musicisti del Canzoniere Grecanico Salentino, gruppo strettamente folk, vantano tour da record negli Stati Uniti». Pia- ce anche all’economia locale: secondo una ricerca dell’eco- nomista Gianfr anco Viesti, solo dal 2001 al 2004/2005 le presenze turistiche in S alento sono au- mentate del 17 per cento grazie alla Notte della Taranta. E stan- do a uno studio del- l’Università Bocconi, in soli tre anni, anche per la pizzica, Grecìa Salentina e il Salento hanno avuto un ritor- no di ben 11 milioni e 300 mila euro. Stretta parente della famiglia delle tarantelle, la pizzica na- sce da qualcosa di verissimo: la credenza popolare. Secondo la leggenda, il morso della ta- rantola causerebbe delle crisi isteriche, il cui unico rimedio sarebbe una danza catartica. Nessuna finzione quindi quan- do sale la stretta delle tammor- re (grossi tamburi a cornice), quando quell’onda del movi- mento avvolge il corpo e non esiste più nulla se non l’insen- sato avvitarsi su se stesso. Non si contano gli artisti che hanno ceduto alla follia di questa dan- za, riarrangiando i loro brani. «Lucio Dalla, naturalmente, vi- sto che lui alle Tremiti è di casa — dice Pacoda — ma anche Si- mone Cristicchi e persino la giovanissima Alessandra Amo- roso». Ludovico Einaudi, poi, è una scommessa vivente: il prin- cipe del minimalismo musica- le che ricopre l’incarico di diret- tore artistico del Festival di Melpignano. E di innovazioni ne ha portate molte. Come la Pizzica di Cosi- mino, eseguita dai Chieftains con incursioni nelle sonorità ir- landesi. O le rivisitazioni di Merchan Dede e Ballaké Sisso- ko. Ma è questo il bello. Sposa- re l’incantesimo, anche se non fa parte delle proprie radici. Co- me ha fatto l’ex dei Police Stewart Copeland, che con la pizzica si è reinventato una vi- ta musicale. «Terra del rimor- so», così de Martino chiamava il Salento, perché trae linfa dal passato, come la sua pizzica. Che poi è la pizzica-pizzica, pizzica salentina e in tutte le al- tre varianti. Da qui si genera un certo mood etnico pugliese, come quello dei Sud Sound Sy- stem o Caparezza. La terra trema, appunto. Tre- ma anche nei detti, nelle con- vinzioni. Nelle parole: una del- le invocazioni più suggestive è quella a Santu Paulu te le Ta- rante: «Santu Paulu meu de Ga- latina/ Fammela ‘ccuntenta sta signurina» — naturalmente erano soprattutto le donne quelle più fragili e sconnesse. Tarantate, insomma. © RIPRODUZIONE RISERVATA LE RIVISITAZIONI DELL’ANTICA DANZA di Roberta Scorranese Curioso Nato a Napoli, ma vissuto in diverse parti d’Italia, Ernesto de Martino è stato tra i più noti etnografi. Alla fine degli anni Cinquanta, incuriosito dal fenomeno dei tarantati, si trasferì per un periodo a Galatina, provincia di Lecce. I suoi studi aiutarono a rivalutare la pizzica salentina Melpignano seduce Copeland, Einaudi e Dalla Staffetta generazionale Antonio Piccininno e Nicola Gentile «Il vero segreto per non morire è insegnare i sogni ai giovani» I CANTORI DI CARPINO LO STUDIOSO Grazie al Festival il turismo cresce del 17 per cento in soli tre anni La star Stewart Copeland, già batterista dei Police, è ormai di casa a «La notte della taranta» 36 - Mercoledì 26 Ottobre 2011 - Corriere della Sera - Italie/Puglia
Transcript

I l grande vecchio è il primoad arrivare. A febbraioconterà novantasette pri-

mavere ma Antonio Piccinin-no si scortica le mani con le ca-stagnole, quella specie di nac-chere con cui segna il tempoimpazzito della musica. Succe-de in quel di Carpino da tem-po immemorabile.

Fino a qualche tempo fa arri-vava il suo grande amico, Uc-cio Aloisi. Poi spuntava Mat-teo Salvatore, sopravvissuto auna vita di miserie nel Tavolie-re delle Puglie ma impotentedi fronte all’angelo della mor-te, quello della vecchiaia. Insie-me dimenticavano di avere tre-cento anni o giù di lì in tutto esi mettevano a suonare. Oggi,della vecchia guardia, è rima-sto solo Piccininno, ma i Can-tori di Carpino resistono, ecco-me. Un gruppo di «diversa-mente giovani» che fa rivivereil passato. Artisti come Euge-nio Bennato e altri se ne sonoinvaghiti e hanno prodotto di-versi loro lavori.

«Ci hanno paragonato algruppo di Buena Vista SocialClub — ammette Nicola Genti-le, il più "giovane" del gruppoanche se ha superato la cin-quantina — e in un certo sen-so è anche vero, perché siaquelli più antichi come Picci-ninno, sia noi più giovani, sia-mo un pezzo del mondo anda-to che sopravvive». Suonanola chitarra francese, la chitarrabattuta, le castagnole, tipi ditamburo che oggi i giovaninemmeno conoscono, una se-rie di strumenti antichissimi,radicati in terra pugliese.

Il vero rito, però quello chericorda il film di Wim Wen-ders, è la preparazione dei nu-merosi concerti che tengono

in Italia e all’estero. La prepara-zione nelle cantine, nelle casedell’uno o dell’altro. «Ci incon-triamo regolarmente — diceNicola — e proviamo, riprovia-mo, cerchiamo un accordonuovo». Il repertorio narra diamori maledetti, serenate im-provvisate alla bella del paeseaccanto, con il rischio che ciscappi la coltellata del rivale inardore (metaforica, ovviamen-te, almeno oggi). Quindi ninnenanne, serenate, tarante, pizzi-

che e stornelli. E poi ballate im-provvisamente rallentate cheimpazziscono a metà comeper il morso della taranta. Lo-ro oggi sono perfettamenteconsapevoli del loro successoma fino a qualche tempo faniente affatto. E così un belgiorno arrivò Teresa de Sio

che li volle con sé per uno spet-tacolo che ha attraversato il Pa-ese, «Craj», coinvolgendo per-sino Giovanni Lindo Ferretti, ilrivoluzionario convertito cheoggi scrive per Avvenire. «Oggila nostra forza però cambia to-no — racconta Gentile — e co-sì per non morire ci appoggia-mo ai giovani».

Sorpresa: qualche volta, nel-le serate d’inverno, accanto al«nonno» Antonio o agli ottan-tenni Rocco Cozzola e quasi ot-

tantenne Michele Basaniti,spuntano dodicenni, quattor-dicenni, adolescenti del paeseinsomma che, armati di casta-gnole, provano questo o quel-l’accordo, accennano una piz-zica, intonano una serenatamalinconica. «Dobbiamo capi-re — conclude Gentile — e lavita ce lo ha insegnato, chenon bisogna mai fermarsi, maifossilizzarsi, mai accettare ilpresente. Ma rinnovarsi sem-pre». Il grande insegnamentodel «nonno» Piccininno, cheogni tanto sbottava: «Se mi fan-no prendere d’acido, mandotutti a quel paese». (r.sco.)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

PAZ Andrea Pazienza era un genio vero.Poi diventò una star. E poi si stancò: cilasciò i suoi capolavori e andò via. Scelse ilfumetto, un linguaggio popolare chenobilitò con opere indimenticabili. Nacque

nelle Marche, ma la sua terra di elezioneera il Gargano: passò l’infanzia a SanSevero e le sue estati a San Menaio.Zanardi, Pentothal, Pertini, Pompeo… tuttii suoi personaggi, alternando leggerezza e

profondità, raccontano una stagionedurissima dell’Italia: gli anni di piombo, lacontestazione, la sottocultura contro ilmodello borghese. Una stagione che Paztestimoniò in maniera fertilissima e intensa

25Suoni e radici

Il mondo ballacon la Taranta

Il «Buena Vista Social Club»della tradizione contadina

Q uesta terra trema. Oscil-la, sussulta, a comincia-re dal dialetto. «Ci na-

sce ciucciu nu pote murire ca-vaddu», ammonisce un detto:chi nasce asino non può mori-re cavallo.Una lingua che bascula, oscil-la, come se fosse bruciata daun fuoco. Il Salento «è» la taran-ta, si adegua ai suoi ritmi (leballate in crescendo), ai suoiumori (prelibati i peperonci-ni), alle sue frenesie. La pizzicasalentina è l’alfabeto di un’et-nia che regge la tramontana ele bizzarrie del mare, il tempe-ramento levantino, i fiumi car-sici che feriscono la piana. Quiogni anno, in un ex conventoagostiniano di Melpignano, siripete il miracolo della Nottedella Taranta.Miracolo antropologico, unar e s u r r e z i o n e d a l c o r p o ,ipotizzò l’illustre etnografo Er-nesto de Martino, studiando ilfenomeno dei tarantati (perso-

ne affette da una simil forma diepilessia) già sul finire degli an-ni Cinquanta. Incuriosito daquella danza impazzita chescuoteva il corpo con una musi-ca misteriosa, venuta da lonta-no, de Martino concluse, par-lando del caso di una donna os-servata: «Attraverso le scossedel corpo sublima le frustrazio-ni». Sublimazione, appunto.Una catarsi che ogni anno si ri-pete in uno spettacolo che ha

conquistato anche l’America.«Piace perché dentro c’è il sen-tore della tradizione autentica– osserva Pier Francesco Paco-da, critico musicale e autore disaggi sulla pizzica – ecco per-ché i musicisti del CanzoniereGrecanico Salentino, gruppostrettamente folk, vantano tourda record negli Stati Uniti». Pia-ce anche all’economia locale:secondo una ricerca dell’eco-nomista Gianfr anco Viesti, solo

dal 2001 al 2004/2005le presenze turistichein Salento sono au-mentate del 17 percento grazie alla Nottedella Taranta. E stan-do a uno studio del-l’Università Bocconi,in soli tre anni, ancheper la pizzica, GrecìaSalentina e il Salentohanno avuto un ritor-

no di ben 11 milioni e 300 milaeuro.Stretta parente della famiglia

delle tarantelle, la pizzica na-sce da qualcosa di verissimo:la credenza popolare. Secondola leggenda, il morso della ta-rantola causerebbe delle crisiisteriche, il cui unico rimediosarebbe una danza catartica.Nessuna finzione quindi quan-do sale la stretta delle tammor-re (grossi tamburi a cornice),quando quell’onda del movi-mento avvolge il corpo e nonesiste più nulla se non l’insen-sato avvitarsi su se stesso. Nonsi contano gli artisti che hannoceduto alla follia di questa dan-za, riarrangiando i loro brani.«Lucio Dalla, naturalmente, vi-

sto che lui alle Tremiti è di casa— dice Pacoda — ma anche Si-mone Cristicchi e persino lagiovanissima Alessandra Amo-roso». Ludovico Einaudi, poi, èuna scommessa vivente: il prin-cipe del minimalismo musica-le che ricopre l’incarico di diret-tore artistico del Festival diMelpignano.E di innovazioni ne ha portatemolte. Come la Pizzica di Cosi-mino, eseguita dai Chieftainscon incursioni nelle sonorità ir-landesi. O le rivisitazioni diMerchan Dede e Ballaké Sisso-ko. Ma è questo il bello. Sposa-re l’incantesimo, anche se non

fa parte delle proprie radici. Co-me ha fatto l’ex dei PoliceStewart Copeland, che con lapizzica si è reinventato una vi-ta musicale. «Terra del rimor-so», così de Martino chiamavail Salento, perché trae linfa dalpassato, come la sua pizzica.

Che poi è la pizzica-pizzica,pizzica salentina e in tutte le al-tre varianti. Da qui si generaun certo mood etnico pugliese,come quello dei Sud Sound Sy-stem o Caparezza.La terra trema, appunto. Tre-ma anche nei detti, nelle con-vinzioni. Nelle parole: una del-le invocazioni più suggestive èquella a Santu Paulu te le Ta-rante: «Santu Paulu meu de Ga-latina/ Fammela ‘ccuntentasta signurina» — naturalmenteerano soprattutto le donnequelle più fragili e sconnesse.Tarantate, insomma.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

LE RIVISITAZIONI DELL’ANTICA DANZA

di Roberta Scorranese

CuriosoNato a Napoli, mavissuto in diverseparti d’Italia, Ernestode Martino è stato trai più noti etnografi.Alla fine degli anniCinquanta, incuriositodal fenomeno deitarantati, si trasferìper un periodo aGalatina, provincia diLecce. I suoi studiaiutarono a rivalutarela pizzica salentina

Melpignano seduce Copeland, Einaudi e Dalla

Staffetta generazionale Antonio Piccininno e Nicola Gentile

«Il vero segretoper non morireè insegnare isogni ai giovani»

I CANTORI DI CARPINO

LO STUDIOSO

Grazie al Festivalil turismo crescedel 17 per centoin soli tre anni

La star Stewart Copeland, giàbatterista dei Police, è ormai dicasa a «La notte della taranta»

36 - Mercoledì 26 Ottobre 2011 - Corriere della Sera - Italie/Puglia

Recommended