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LE TECNICHE DISTENSIVE NEL TRATTAMENTO DEL … · 3 Perché questo documento Questo documento è un...

Date post: 21-Feb-2019
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1 Programma Regionale “Coordinamento e sviluppo del sistema veneto del trattamento del tabagismo” Piano Regionale Prevenzione 2014-2018 (DGR. 2705 del 29 dicembre 2014 e DGR. 749 del 14 maggio 2015) LE TECNICHE DISTENSIVE NEL TRATTAMENTO DEL TABAGISMO una Rassegna della Letteratura Scientifica e delle Buone Prassi Venete Dicembre 2016 A cura di: Gruppo di Lavoro sulle Tecniche Distensive: - Barbara Mazzardis – Psicologa-Psicoterapeuta – Ulss 12 Veneziana – Coordinatrice - Luca Sambugaro – Educatore Professionale – Ulss 5 Ovest Vicentino - Marzia Sarto – Psicologa-Psicoterapeuta – Ulss 13 Mirano - Martina Paliotto – Educatrice Professionale – Ulss 17 Este - Flavia Corso – Medico Internista – Ulss 20 Verona - Maristella Zerman – Infermiera Professionale – Ulss 21 Legnago - Flora Cantachin – Infermiera Professionale – Ulss 21 Legnago - Giuseppina Cifelli – Psicologa-Psicoterapeuta – Ulss 21 Legnago - Laura Morbioli – Medico – AOUI Verona Referente Scientifico: Daniela Orlandini – Psicologa-Psicoterapeuta Az. Ulss 12 Veneziana Dipartimento Dipendenze – SerD Venezia Terraferma – Centro Trattamento Tabagismo
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Programma Regionale “Coordinamento e sviluppo del sistema veneto del trattamento del tabagismo”

Piano Regionale Prevenzione 2014-2018 (DGR. 2705 del 29 dicembre 2014 e DGR. 749 del 14 maggio 2015)

LE TECNICHE DISTENSIVE NEL TRATTAMENTO DEL TABAGISMO

una Rassegna della Letteratura Scientifica e delle Buone Prassi Venete

Dicembre 2016 A cura di: • Gruppo di Lavoro sulle Tecniche Distensive:

- Barbara Mazzardis – Psicologa-Psicoterapeuta – Ulss 12 Veneziana – Coordinatrice - Luca Sambugaro – Educatore Professionale – Ulss 5 Ovest Vicentino - Marzia Sarto – Psicologa-Psicoterapeuta – Ulss 13 Mirano - Martina Paliotto – Educatrice Professionale – Ulss 17 Este - Flavia Corso – Medico Internista – Ulss 20 Verona - Maristella Zerman – Infermiera Professionale – Ulss 21 Legnago - Flora Cantachin – Infermiera Professionale – Ulss 21 Legnago - Giuseppina Cifelli – Psicologa-Psicoterapeuta – Ulss 21 Legnago - Laura Morbioli – Medico – AOUI Verona

• Referente Scientifico: Daniela Orlandini – Psicologa-Psicoterapeuta

Az. Ulss 12 Veneziana Dipartimento Dipendenze – SerD Venezia Terraferma – Centro Trattamento Tabagismo

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Indice

Perché questo documento ………………………………………………………………………. pg. 3

Alcune indicazioni generali……………………………………………………………………… pg. 6

Le tecniche distensive …………………………………………………………………………….. pg. 8

Le Tecniche di Rilassamento Occidentali …………………………………………………. pg. 12

Lo Yoga ………………………………………………………………………………………………... pg. 37

La Mindfulness ……………………………………………………………………………………... pg. 58

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Perché questo documento

Questo documento è un prodotto del Programma Coordinamento e sviluppo del sistema veneto del trattamento del tabagismo. Tale programma è inserito nel Piano Regionale Prevenzione (PRP) 2014-2018, coordinato a livello regionale dall’Azienda Ulss 12 Veneziana nella figura della dr.ssa Daniela Orlandini, e ha come obiettivo di salute quello di garantire ed aumentare le offerte terapeutiche per smettere di fumare in tutto il territorio veneto. Gli obiettivi generali del Programma sono:

• Favorire la presa attiva di decisione del fumatore di smettere attraverso l’accesso alle informazioni e la promozione di processi motivazionali

• Supportare la scelta individuale di smettere di fumare attraverso percorsi terapeutici multimodali ed integrati

• Sviluppare interventi innovativi ed efficaci, sostenibili in termini socio-economici, in grado di favorire il trattamento del tabagismo

• Ridurre le disuguaglianze nelle condizioni di salute • Aumentare la copertura e diminuire la disomogeneità degli interventi nelle singole

Aziende ULSS, oltre che darne continuità • Stabilizzare e omogeneizzare il sistema con azioni quali linee di orientamento

regionali. Il Programma si articola in tre aree, attraverso i seguenti obiettivi specifici:

1. Sistematizzare, coordinare e implementare interventi di 1° livello di trattamento del tabagismo di advice e counselling breve in setting sanitari opportunistici

2. Sperimentare e implementare modelli di trattamento per tipologie di fumatori in servizi specialistici di 2° livello

3. Coordinare, promuovere ed integrare azioni di rete, ricerca e comunicazione del Sistema Veneto del trattamento del tabagismo, in relazione anche ai livelli nazionali ed internazionali.

Ci soffermiamo sull’area 2, in quanto il documento si colloca in quest’ambito. Gli interventi di 2°livello riguardano i fumatori e le fumatrici che necessitano di una presa in carico e di un percorso terapeutico personalizzato in base ai bisogni e alle caratteristiche e vengono attuati dai servizi di 2° livello specialistico Ambulatori e Gruppi Trattamento Tabagismo. Dato tale scenario, si è andata rafforzando la necessità di investire con gli operatori, affinché formino delle équipe multiprofessionali in grado di assicurare al fumatore complesso un intervento di tipo specialistico secondo le direttrici proprie di un trattamento per le dipendenze, ovvero un percorso personalizzato, integrato, multimodale e multifasico.

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Nel campo delle dipendenze infatti “i programmi di trattamento devono basarsi su una terapia integrata e multidisciplinare, che tiene conto dei bisogni e delle caratteristiche della persona... La possibilità di prevedere risposte specifiche, per un’utenza portatrice di caratteristiche e bisogni differenziati, è alla base del Modello Multimodale Integrato. Tale approccio prevede l’applicazione contemporanea e/o sequenziale di diverse metodologie terapeutiche (intervento farmacologico, psicoterapeutico, sociale) e multimodale, attraverso l’utilizzo di diversi strumenti o tecniche”1. Il Programma Regionale prevede a sostegno e sviluppo del 2° livello di Trattamento Specialistico:

1. produzione di materiale tecnico-scientifico basato sulle evidenze scientifiche e sulle buone prassi (guide operative al trattamento, schede cliniche ed educative, etc.)

2. attività atte a favorire la formazione e il confronto professionale tra operatori del 2° livello specialistico (corsi di formazione e incontri di confronto)

3. coordinamento generale degli Ambulatori e dei Gruppi Trattamento Tabagismo (anche attraverso produzione ed aggiornamento di schede di presentazione di Ambulatori e Gruppi Trattamento Tabagismo inseriti nel sito dedicato)

4. individuazione e sperimentazione di tecniche di intervento per specifiche tipologie di fumatori e fumatrici (ad esempio, costituzione di gruppi di lavoro su tematiche specifiche).

Quest’ultimo punto nasce dall’esigenza degli operatori veneti di avere un bagaglio sempre più ampio e diversificato per il trattamento di pazienti che vengono definiti “difficili”: si tratta di quei fumatori e di quelle fumatrici ambivalenti e con scarsa motivazione o che presentano una condizione di doppia diagnosi (comorbilità psichiatrica o abuso\dipendenza da altre sostanze psicoattive) o un ambiente sociale\familiare sfavorevole per presenza di fumatori o patologie fumo-correlate. Al fine di poter sviluppare tali esigenze, si è proceduto all’analisi della letteratura e alla creazione di gruppi di lavoro. Un ambito ritenuto interessante e innovativo è quello delle tecniche distensive. Si è pertanto costituito il Gruppo di Lavoro regionale sulle Tecniche Distensive. La partecipazione è stata proposta a tutti gli operatori di 2° livello, richiedendo che possedessero già una formazione di base su una o più tecniche distensive e/o avessero già utilizzato qualcuna di queste tecniche nel proprio ambito lavorativo.

1D. Orlandini, 2015, Step by Step. Accoglienza e valutazione del fumatore in un contesto di 2° livello, Regione del Veneto – www.smettintempo.it (in area riservata agli operatori – sezione interventi di secondo livello)

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Il gruppo è stato costituito ad inizio 2016 ed è composto da 9 operatori di diversa formazione professionale appartenenti a 7 Aziende venete.

NOMINATIVO PROFESSIONE AULSS – AO SERVIZIO

Barbara Mazzardis Psicologa-Psicoterapeuta

Ulss 12 Veneziana – Coordinatrice

SerD Venezia Terraferma – CTT

Luca Sambugaro Educatore Professionale

Ulss 5 Ovest Vicentino

UOS Prevenzione Dipendenze e Trattamento Tabagismo

Marzia Sarto Psicologa-Psicoterapeuta

Ulss 13 Mirano UOS Cardiologia Riabilitativa

Martina Paliotto Educatrice Professionale

Ulss 17 Este SerD Este

Flavia Corso Medico Internista

Ulss 20 Verona UOC Servizio Dipendenze

Maristella Zerman Infermiera Professionale

Ulss 21 Legnago SerD Zevio

Flora Cantachin Infermiera Professionale

Ulss 21 Legnago SerD Zevio

Giuseppina Cifelli Psicologa-Psicoterapeuta

Ulss 21 Legnago SerD Zevio

Laura Morbioli Medico AOUI Verona Medicina delle Dipendenze

Il gruppo ha suddiviso l’operatività in due fasi, una propedeutica ed una sperimentale:

• la fase propedeutica si è sviluppata durante il 2016 con la partecipazione a quattro incontri di quattro ore ciascuno e con una distribuzione dei compiti a livello individuale tra un incontro e l’altro. In questa fase si è proceduto ad un’analisi della letteratura scientifica internazionale sull’utilizzo delle tecniche distensive nel trattamento delle dipendenze, e del tabagismo in particolare, e alla raccolta delle buone pratiche venete già in essere nei servizi di appartenenza dei membri del gruppo. La creazione del documento è il prodotto finale di questa fase.

• la fase sperimentale si prevede di realizzarla nel 2017 e le caratteristiche e modalità verranno decise in seguito.

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Alcune Indicazioni Generali

Il Gruppo di Lavoro ha proceduto inizialmente ad una panoramica delle tecniche distensive, esaminando l’utilizzo di tali tecniche in base alla fase del trattamento e/o alla tipologia dei fumatori. Attraverso lo studio ed il confronto reciproco, il gruppo ha potuto osservare che l’applicazione delle tecniche distensive è di differente natura: ad esempio, si può riscontrare l’ utilizzo protocolli completi (ad es. Yoga Nidra, Rilassamento Frazionato, protocolli Mindfulness), ma anche di esercizi distensivi singoli (prevalentemente collegati alla respirazione) o integrati ad altre tecniche (ad esempio, Rilassamento Frazionato abbinato al protocollo Acudetox). Si è constatato inoltre come tali tecniche, pur derivando da filosofie di pensiero o corpus teorici differenti, possiedano molti punti in comune (vedi paragrafo successivo: “Le tecniche distensive”). E’ stato possibile verificare inoltre come possano essere impiegate in diverse fasi del trattamento del tabagismo e/o con varie tipologie di fumatori e fumatrici. Nel trattamento delle dipendenze molte di queste si sono dimostrate utili, soprattutto per quanto riguarda il sostegno della motivazione in pazienti ambivalenti, la gestione di sintomi connessi all’astinenza e al craving, la prevenzione delle ricadute e quindi si ritiene possano essere efficacemente impiegate per:

• Fumatori e fumatrici in astensione che abbisognano di gestire sintomi connessi allo stress (prevenzione ricadute), quali ad esempio ansia, insonnia, irritabilità

• Fumatori e fumatrici che stanno smettendo e hanno bisogno di gestire i sintomi dell’astinenza da nicotina, quali ansia, insonnia, irritabilità

• Fumatori e fumatrici attivi con ansia collegata alla paura della sintomatologia emotiva e fisica connessa allo smettere: in questo caso l’utilizzo della distensione per insegnare a gestire la sintomatologia può rappresentare di fatto uno strumento per aumentare la motivazione a smettere e fornire strategie che permettano anche successivamente di prevenire la ricaduta, in quanto aumentano le abilità individuali di gestione dello stress.

Le tecniche distensive nel loro complesso sono state descritte in un paragrafo iniziale, per permettere agli operatori veneti anche neofiti di avere un inquadramento dell’argomento. I paragrafi successivi sono dedicati alla descrizione dei tre ambiti più noti e studiati:

• Tecniche di Rilassamento Occidentali • Yoga • Mindfulness.

Per ciascuna di esse è presente un breve excursus storico e viene poi descritto il loro utilizzo nel campo generale delle dipendenze e in quello specifico del tabagismo. Per ciascun ambito vengono inoltre descritte le modalità di applicazione all’interno degli Ambulatori o dei Gruppi Trattamento Tabagismo nei quali gli operatori lavorano.

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Il Documento prodotto rappresenta pertanto una espressione di riflessioni sull’argomento e di applicazioni nel campo delle dipendenze in generale e nel trattamento del tabagismo in particolare. Il fine è quello di promuovere questa tipologia di interventi fra i colleghi operatori del 2° livello di Trattamento del Tabagismo e creare le basi per una sperimentazione a livello veneto. Come gruppo abbiamo lavorato con impegno e curiosa esplorazione e ci auguriamo che quanto abbiamo prodotto sia di utilità ai colleghi e alle colleghe, fornendo spunti per nuove possibilità di trattamento nel difficile lavoro di aiuto nel sostenere le persone che desiderano o devono smettere di fumare.

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Le Tecniche Distensive

Di fronte ad uno stimolo stressore, come un evento di vita impegnativo, un pericolo, uno stimolo fastidioso, il nostro organismo si attiva per fronteggiare tale stimolo, preparandosi ad eliminarne la fonte o a gestirlo. Per farlo si attivano diversi meccanismi e processi interiori di elaborazione e risposta fisiologica, con dominanza del sistema simpatico. Tutte le forze difensive si attivano in una mobilitazione generale, chiamata ‘reazione di allarme’, costituita da una fase preliminare, preparatoria, da una acuta di allarme, con la messa in atto del comportamento reattivo allo stressore, e dalla fase di ripresa, con il ripristino delle normali funzioni organiche (Di Nuovo S., Rispoli L., Genta E., 2000). La risposta fisiologica allo stress, naturale ed efficace, quando attiva per un breve periodo, può diventare dannosa per la salute, se protratta nel tempo (ad esempio una situazione lavorativa sentita come stressante e che non si riesce a modificare) o attivata in modo disfunzionale (come ad esempio nei disturbi d’ansia). In questi casi di disagio, ma anche in altri concernenti la sfera del benessere, come nel caso delle applicazioni in psicologia dello sport, della gestione di stress lavorativi degli operatori del soccorso in emergenza o del più semplice desiderio comune di avere dei momenti di rilassamento dopo una giornata di lavoro, la persona può sentire l’esigenza di compensare la sensazione di stress con quella di calma, che dipende da un’attivazione dominante parasimpatica. Biondi (2014) descrive come il sospiro di sollievo, che avviene al rilascio della tensione psico-fisica, sia accompagnato da tale dominanza parasimpatica, con allentamento della tensione muscolare, rallentamento della frequenza cardiaca, riduzione della conducibilità elettrica cutanea, dilatazione vascolare periferica alle estremità. Ciò evidenzia che l’utilizzo di pratiche che riescono a produrre risposte fisiologiche di questo tipo sono efficaci nella gestione dello stress e delle sue sintomatologie più disturbanti, sia fisiche che psichiche. Tali pratiche vengono qui definite col nome di tecniche distensive. Nei secoli molte di queste tecniche sono state sviluppate soprattutto utilizzando il respiro come veicolo per il rilassamento (Cavallo e Zanardi Cappon, 2013). Esse possono consistere in singoli esercizi specifici e mirati ad un organo o ad una funzione o essere più complesse e andare ad agire su più aspetti dell’organismo. Alcune di esse sono di derivazione orientale, come lo yoga o la meditazione buddhista, altre sono state inventate in Occidente, come il training autogeno e il rilassamento progressivo. Tutte comunque producono una risposta psicofisiologica simile, legata appunto all’attivazione della dominanza parasimpatica, che consiste in:

• riduzione della frequenza respiratoria e cardiaca • riduzione della pressione arteriosa sistolica e diastolica • vasodilatazione periferica • riduzione della conducibilità elettrica cutanea e della motilità gastrointestinale

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• riduzione della tensione muscolare e della produzione di cortisolo, prolattina, catecolamine, ACTH

• possibile aumento della produzione di endorfine e della risposta immunitaria. La coscienza durante la distensione si colloca in uno stato intermedio tra la veglia e il sonno, come dimostrato dall’aumento dell’ampiezza e dalla riduzione della frequenza dell’EEG. Tale stato può variare collocandosi ad un livello di maggiore o minore vigilanza, a seconda della tecnica utilizzata. In tutti i casi la persona è comunque cosciente, ma meno vigile e meno ‘in allarme’. Uno studio dimostra inoltre la presenza di cambiamenti strutturali nel cervello, a seguito di pratiche di meditazione che espandono la consapevolezza: “Le scariche ripetute dei neuroni di specifiche aree cerebrali determinano un aumento significativo della densità sinaptica nelle regioni attivate dalle pratiche di consapevolezza” (Cavallo e Zanardi Cappon, 2013). “Inoltre, grazie a test basati su stimoli emotigeni, si è verificato come nei soggetti che praticano la [tecnica della] respirazione consapevole (vedi paragrafo successivo) vi siano cambiamenti funzionali a carico della corteccia anteriore sinistra; la pratica della meditazione o di tecniche di respiro consapevole permette quindi di regolare le proprie emozioni in modo più efficace, grazie a una strategia di avvicinamento, più che di ritiro” (Cavallo e Zanardi Cappon, 2013, pag. 3). Affinché queste tecniche siano apprese in modo efficace, è necessario che le persone che desiderano impararle partecipino a dei corsi, individuali o di gruppo, con professionisti adeguatamente preparati (G. F. Goldwurm, D. Sacchi, A. Scarlato, 2003). Il fai da te, infatti, impedisce sia una valutazione dei bisogni e delle caratteristiche di idoneità dei richiedenti, sia l’aggiustamento di eventuali errori di esecuzione e la possibilità di ricevere dei ritorni rispetto al proprio grado di rilassamento o una risposta ai propri eventuali dubbi. Ad esempio, alcune persone possono avere la percezione di essere rilassate e non accorgersi di avere dei punti di tensione nel corpo. E’ bene ricordare, inoltre, che non in tutti i casi è possibile applicare una tecnica distensiva e in questo senso una buona formazione degli operatori permette l’individuazione delle situazioni in cui sussistono delle controindicazioni all’apprendimento della tecnica. Le controindicazioni possono essere specifiche per una particolare tecnica o esercizio e sulla base di differenti motivazioni. Le controindicazioni verranno segnalate di volta in volta nella trattazione della tecnica distensiva. Vi sono però controindicazioni generali, che possono essere utili cartine al tornasole per decidere se utilizzare o meno una tecnica distensiva in generale. Nel complesso, l’applicazione è controindicata nei casi di (AAVV., 1999):

• Personalità che tendono alla scissione oppure oniroidi (sonnambulismo) • Psicosi e schizofrenia • Disturbi paranoidei • Disturbi ossessivi gravi • Grave disturbo di Personalità Borderline • Handicap (soggetti in cui l’età mentale è diversa dall’età anagrafica).

Nei primi cinque casi il rischio consiste nella possibilità di scompensare il fragile equilibrio psicologico della persona o di aggravarne i sintomi, mentre nel caso dell’handicap mentale

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la controindicazione dipende dal livello di gravità e riguarda la difficoltà nel comprendere le consegne o nell’utilizzare il pensiero simbolico. Ricordiamo comunque che la controindicazione è tanto più significativa, quanto più lo stato di coscienza si allontana dallo stato di veglia. Le tecniche distensive al giorno d’oggi vengono utilizzate sia per scopi non terapeutici, come appunto in ambito sportivo o nell’apprendimento di metodiche di rilassamento per il proprio benessere quotidiano, sia terapeutici. In quest’ultimo caso possono essere applicate in ambito medico, soprattutto se si tratta di disturbi stress-correlati, come ad esempio per curare la cefalea tensiva, il dolore cronico, la gastrite, etc., o psicoterapico, ad esempio per curare patologie come i disturbi d’ansia non su base depressiva, accedere allo stato di coscienza idoneo a lavorare sui traumi psicologici, esplorare il mondo interiore del paziente, trattare alcuni aspetti delle dipendenze. Relativamente al trattamento delle dipendenze, verso la fine degli anni Settanta venne condotto uno studio di efficacia per verificare in quale modo la pratica meditativa, il training di rilassamento muscolare e l’esercizio fisico (corsa) avessero effetti sulla condotta d’abuso di un campione maschile di forti bevitori sociali (S. Bowen, N. Chawla, G. A. Marlatt, 2013), volendo verificare l’impatto delle pratiche analizzate sulla quantità di alcolici assunta. Dai risultati si evinse come tutte e tre le pratiche quotidiane avessero un significativo impatto sulla riduzione del consumo alcolico durante il periodo di trattamento di 16 settimane, rispetto ad un gruppo di controllo: in media, il consumo era diminuito del 50%. Inoltre, molti partecipanti continuarono spontaneamente a fare gli esercizi durante tutto il periodo di follow-up. Questo studio confermò come l’abuso e il rischio di ricaduta siano connessi con l’incremento di stress e tensione, fisici e psicologici, e che le pratiche distensive potevano rappresentare un’utile abilità di fronteggiamento nel trattamento delle dipendenze. Sulla base di studi come quello qui descritto, proliferati soprattutto nell’ultimo decennio, si è sviluppato e diffuso l’interesse per l’applicazione delle tecniche distensive anche nell’ambito delle dipendenze, soprattutto per quanto riguarda la gestione dello stress, quali ansia, irritabilità, insonnia, disturbi muscolotensivi e gastroenterici di natura emotiva, la gestione del craving, il recupero di una percezione del proprio corpo vitale e sana, la prevenzione delle ricadute. Rispetto alla dipendenza da tabacco, solo nel periodo più recente iniziano ad essere pubblicati studi concernenti l’efficacia delle tecniche distensive nel trattamento del tabagismo e prevalentemente per le tecniche più in voga al momento, come nella Mindfulness, per la quale ad esempio esiste un protocollo specifico sulla prevenzione delle ricadute (vedi oltre). Nella nostra Regione, comunque, molti colleghi e colleghe degli Ambulatori e dei Gruppi Trattamento Tabagismo utilizzano da anni esercizi o tecniche distensivi con i tabagisti, riscontrandone l’utilità, come dimostrato in altre dipendenze. Di seguito presentiamo una panoramica sul tre tecniche distensive, Tecniche di Rilassamento Occidentali, Yoga, Mindfulness, specificando le loro applicazioni nel campo delle dipendenze e del tabagismo in particolare e descrivendo come tali tecniche o esercizi

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vengano utilizzati oggi da alcuni operatori veneti e in quale contesto (gruppale o individuale, in quale fase del trattamento, con quali obiettivi e procedure). Bibliografia M. Biondi, Le terapie di rilassamento in medicina e in psichiatria, rivista di psichiatria, vol. 49, p. 217-226, 2014 S. Bowen, N. Chawla, G. A. Marlatt, Mindfulness e comportamenti di dipendenza. Guida pratica per la prevenzione delle ricadute, Raffaello Cortina, 2013 M. M. Cavallo e A. Zanardi Cappon, Mente, cervello e respiro. Come il respiro consapevole attiva processi di cambiamento, apprendimento e trasformazione, Tecniche Nuove, 2013 G. F. Goldwurm, D. Sacchi, A. Scarlato, Le tecniche di rilassamento nella terapia comportamentale, Franco Angeli, 2003 Di Nuovo S., Rispoli L., Genta E., Misurare lo stress. Il test M.S.P. e altri strumenti per una valutazione integrata, Franco Angeli/Linea Test, 2000 AA.VV., Manuale di Psichiatria, Masson, 1999

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Le Tecniche di Rilassamento Occidentali

Introduzione

Le tecniche di rilassamento corporeo pongono al centro del loro intervento il corpo, anche se in realtà il rilassamento è una dimensione sia psichica che fisica. Lo sviluppo psichico parte dal corpo e dal corpo inizia la costruzione dell’identità, la conoscenza di sé e della realtà esterna. Corpo e psiche fin dalla nascita dell’individuo iniziano un processo dinamico di interazione e integrazione. Nella cultura occidentale platonico-cristiana è stata per molto tempo sostenuta, invece, una visione dualistica, ossia di separazione corpo-mente, in cui il corpo è stato svalutato. Vari modelli psicologici, da quello psicoanalitico a quello cognitivo-comportamentale, hanno cercato di comprendere il modo in cui corpo e psiche si integrano. L’unità corpo-psiche si realizza mediante un processo di integrazione tra gli automatismi innati o acquisiti, le funzioni regolative dell’equilibrio omeostatico, le sensazioni, le percezioni, le emozioni e le rappresentazioni mentali (Grimaldi, 2013). Le tecniche di rilassamento, riducendo la tensione muscolare e psichica, consentono di sintonizzarsi con aspetti sensoriali normalmente esclusi dalla coscienza: ad esempio, il battito calmo e regolare e il respiro. In questo modo è possibile ricollegare la dimensione somatica, mediante un processo di elaborazione, alla dimensione cognitiva cosciente. Si espande la consapevolezza e la capacità di pensare e di arricchire la propria esperienza. Le tecniche di rilassamento occidentali sono metodi ideati per finalità principalmente terapeutiche e permettono mediante esercizi predefiniti di ottenere un rilassamento muscolare e psichico integrato, fino al raggiungimento di una distensione più profonda, anche attraverso l’utilizzo di visualizzazioni guidate, cui viene fornita una panoramica più avanti. Di seguito invece descriviamo i metodi principali di rilassamento, da cui in molti casi sono state elaborate altre tecniche: Training Autogeno di Schultz, Rilassamento Muscolare Progressivo di Jacobson, Rilassamento Frazionato di Vogt e Respirazione Consapevole. Training Autogeno

Il Training Autogeno (T.A.) è stato ideato dal medico Iohannes Heinrich Schultz partendo dalla pratica dell’ipnosi. Schultz in “Il Training autogeno – Esercizi inferiori” (Schultz, 1968) a pag.3 afferma che “Il principio fondamentale del metodo consiste nel determinare, per mezzo di particolari esercizi fisiologici-razionali, una deconnessione globale dell’organismo che, in analogia con le metodologie eteroipnotiche, permette di raggiungere le realizzazioni proprie degli stati suggestivi” (corsivo in Schultz). Schultz ha elaborato il T.A. partendo dagli studi sulla metodologia psicoanalitica, dalla elaborazione delle teorie sull’ipnosi e dalla sperimentazione con tecniche ipnotiche. In

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modo particolare, ha fatto riferimento agli studi di Oscar Vogt sull’ipnosi. Schultz osserva, come era stato già evidenziato da altri autori che si occupavano di ipnosi, che i soggetti che partecipavano alle sperimentazioni, invitati a compilare dettagliatamente i protocolli sui loro vissuti durante l’esperienza ipnotica, riferivano di provare particolari sensazioni somatiche, ossia di percepire piacevoli sensazioni di calma, di benessere e di distensione, oltre ad una “insolita sensazione di pesantezza generalizzata a tutto il corpo ed una sensazione dilagante di calore” (corsivo in Schultz) (Schultz, 1968, pag. 10). La sensazione di pesantezza è una conseguenza della distensione muscolare, mentre quella del calore è una conseguenza dell’ipertermia da distensione vasale. Entrambi questi fenomeni sono manifestazioni della distensione che si realizza spontaneamente durante l’ipnosi classica ed erano considerati aspetti collaterali dell’ipnosi. Schultz, invece, ritiene che siano fenomeni di importanza fondamentale e diventano centrali nel suo metodo. Il Training Autogeno permette di raggiungere in autonomia la deconnessione neuropsichica2 (cambiamento dello stato di coscienza proprio dell’ipnosi, in cui si dissocia l’attenzione dalla ricerca e riflessione attiva tipiche dello stato di veglia), che si realizza nell’ipnosi in modo eterodiretto. Schultz fa notare come “…per mezzo di esercizi di distensione, sistematici e particolarmente elaborati, si possa raggiungere una deconnessione globale (cambiamento dello stato di coscienza tipico dell’ipnosi, in cui si dissocia l’attenzione dalla ricerca e riflessione attiva tipiche dello stato di veglia). Questo è il principio essenziale del nostro training” (corsivo in Schultz) (Schultz, 1968, pag.-12). La spontaneità con cui si manifestano tali fenomeni porta Schultz a non utilizzare più il termine suggestione nel T.A., preferendo parlare di concentrazione psichica, che permette una trasformazione biopsichica che coinvolge l’individuo totalmente: “in soggetti con sufficiente autonomia psichica, disposti all’esperimento, è possibile ottenere in opportune posture, con lo smorzamento della percezione degli stimoli ambientali, con l’aiuto di stimolazioni monotone, un ristringimento del campo della coscienza; possono allora comparire predominanza riflessa, automatismi, trasformazioni del vissuto interiore” (corsivo in Schultz) (Schultz, 1968, pag. 18). Pertanto, il concetto di suggestione (eterodiretta o autodiretta) lascia il posto al concetto di autogenia: il processo di deconnessione biopsichica si realizza da sé, se il soggetto si pone in un atteggiamento concentrativo passivo in cui lascia accadere. In tale atteggiamento psichico la rappresentazione mentale può determinare delle manifestazioni percettive (ideoplasia). Per rispettare il principio dell’autogenia, Schultz raccomanda di applicare il metodo come è stato da lui e dai suoi collaboratori ideato, evitando ogni tipo di accompagnamento (verbale, sonoro, …) all’esecuzione degli esercizi da parte del clinico, perché si trasformerebbe l’esercizio in una seduta di ipnotizzazione eterodiretta. Inoltre, l’applicazione del metodo così come è stato formulato, aiuta a ridurre la variabilità di apprendimento, che è comunque presente nei soggetti e che si riflette sull’efficacia dell’apprendimento stesso. Dal metodo ipnotico Schultz mutua anche il principio allenativo, ossia l’idea di ripetere gli esercizi in modo autonomo per determinare un apprendimento profondo e stabile (Widmann, 2005).

2 Con deconnessione neuropsichica si intende un cambiamento dello stato di coscienza proprio dell’ipnosi, in cui si dissocia l’attenzione dalla ricerca e riflessione attiva tipiche dello stato di veglia

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Per svolgere gli esercizi è opportuno avere uno specifico atteggiamento somatico che riguarda l’ambiente in cui si svolge il T.A., che deve essere tranquillo, scarsamente illuminato, al fine di ridurre le stimolazioni esterne, con una temperatura né troppo fredda, né troppo calda. Il soggetto dovrà assumere una postura che eviti tensioni muscolari, pertanto anche l’abbigliamento deve essere consono a tale obiettivo. Sono previsti 3 tipi di postura: posizione in poltrona, posizione del cocchiere a cassetta e infine la posizione supina. Dopo che il soggetto si è posizionato nell’atteggiamento somatico adeguato, lo si invita a chiudere gli occhi e successivamente a disporsi mentalmente in un atteggiamento di calma, rappresentandosi la formula “io sono perfettamente calmo/calma”. La rappresentazione immaginativa può seguire varie modalità, in particolare di tipo acustico (il soggetto è come se sentisse pronunciare le parole della formula, a volte in modo ritmico); di tipo visivo (le parole appaiono scritte nel buio); di tipo misto (acustico e uditivo); per pochi soggetti può essere di tipo astratto, in cui la formulazione non presenta caratteristiche sensoriali specifiche o di tipo motorio, ma risuona in forma di ritmo o movimento. Il raggiungimento di un atteggiamento psicologico di calma non è un esercizio, ma serve al clinico per capire la modalità immaginativa prevalente nel soggetto, al fine di condurre gli esercizi nel modo più adeguato alla sua personalità. Al soggetto l’esperienza della calma serve per capire l’atteggiamento mentale da assumere per eseguire il training e per comprendere che l’induzione di calma è lo scopo finale del T.A. (Schultz J.H., 1968; Bazzi & Giorda, 1988; Widmann, 2005; Wallnöfer, 2008). Il T.A. consta di un ciclo inferiore e di uno superiore. Descriviamo di seguito gli esercizi del ciclo inferiore. L’allenamento vero e proprio inizia con l’esercizio della percezione della pesantezza mediante la concentrazione psichica sul braccio dominante e immaginando per 5-6 volte consecutive la formula “il braccio destro (sinistro) è (completamente) pesante”. La formula della calma va ripetuta solo una volta dopo la formula della pesantezza. Tale esercizio va svolto a casa 2 o 3 volte al giorno per 14 giorni. In questo arco di tempo si realizza una generalizzazione della pesantezza a tutto il corpo. Segue il secondo esercizio, ossia l’esercizio del calore. Si utilizza la formula “il braccio destro (sinistro) è caldo”. Dopo che il soggetto è in grado di realizzare con facilità le sensazioni di pesantezza e calore, è possibile passare agli esercizi complementari del T.A.: l’esercizio del cuore con la formula “il cuore batte calmo e forte” o “il cuore batte calmo e regolare”; del respiro con la formula “il respiro è calmo e regolare”; del plesso solare con la formula “il mio plesso solare è caldo” e della fronte con la formula “la mia fronte è fresca” (Schultz J.H., 1968; Bazzi & Giorda, 1988; Widmann, 2005; Wallnöfer, 2008). Come per la formula della pesantezza, ogni nuova formula va appresa a casa per 14 giorni, per 2 o 3 volte al giorno e ripetendo la formula 5-6 volte consecutive. Per ogni esercizio si parte dalla formula già appresa, per poi passare alla nuova. La formula della calma va ripetuta solo una volta dopo ogni formula (Schultz, 1968). Dopo ogni esercizio è necessario svolgere i movimenti della ripresa, ossia flettere alcune volte in modo energico gli avambracci sulle braccia, fare un profondo respiro e infine aprire rapidamente gli occhi. Gli esercizi della ripresa servono per commutare l’ipotonia muscolare periferica in uno stato di equilibrio tonico e passare dallo stato concentrativo passivo allo stato attivo (Schultz, 1968). Il ciclo inferiore del training autogeno richiede un periodo di apprendimento da 2 a 4 mesi.

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Dopo un buon apprendimento del ciclo inferiore o somatico, si può passare al ciclo superiore o psichico del T.A., che rappresenta un completamento della psicoterapia autogena (Schultz, 2010; Widmann, 2005). Le formule del ciclo superiore introducono a sei esercizi di tipo immaginativo: l’esercizio del colore, la visualizzazione di oggetti, la visualizzazione di concetti astratti, l’esercizio del vissuto personale, la visualizzazione di persone e le risposte dall’inconscio (Widmann, 2005). Schultz suggerisce vari ambiti di applicazione del ciclo inferiore. Nei soggetti normali aiuta all’autosedazione, ossia alla riduzione della risonanza emotiva in virtù dell’autoinduzione di calma; al recupero di energie; alle modificazioni del vissuto cenestesico, determinando effetti ipoalgesici o analgesici; alla regolazione vasomotoria; a modificare le capacità mnemoniche; all’introspezione e alla presa di coscienza di sé (Schultz, 1968). Sono possibili applicazioni in ambito medico per i disturbi dell’apparato digerente (gastriti, stitichezza, colon irritabile, etc.), cardiocircolatorio (ad esempio, tachicardia e ipertensione), respiratorio (come asma e raffreddore), genito-urinario (dismenorrea, vaginismo, etc.), muscolare (ad esempio, crampi muscolari, contratture) e per i disturbi cutanei (eczemi, allergie, etc.). In ambiti extraclinici come il lavoro o lo sport il T.A. può aiutare a migliorare il controllo dell’emotività e la performance. In psicopatologia il T.A. va collocato nell’ambito della psicoterapia autogena, pertanto può essere applicato per varie forme psicopatologiche, previa un’accurata indagine sulla personalità e sui fenomeni psicofisiologici che possono essere utili al fine di una corretta applicazione del metodo. Il T.A. può avere difficoltà di applicazione in soggetti particolarmente inibiti, con tratti ossessivi, eccessivamente disturbati emotivamente o che possono sviluppare reazioni ansiose paradosse. E’ controindicato in gravi deficit mentali, in soggetti di età inferiore a 5-6 anni e in episodi psicotici acuti; è assolutamente controindicato in soggetti nei quali si teme un infarto del miocardio, in pazienti con manifestazioni ripetute e significative dell’aumento della pressione, in pazienti diabetici dei quali non è chiaro il controllo clinico, in pazienti con reazioni dissociative o con sintomatologia paranoidea. Le difficoltà possono insorgere in tutte le fasi del training autogeno e in alcuni casi è possibile adottare degli interventi correttivi (Widmann, 2005). Bibliografia Bazzi T., Giorda R., Il Training Autogeno, teoria e pratica, Città Nuova Editrice, 1988 Grimaldi C., L’attivazione del corpo nella psicoterapia bionomica/autogena, Edizioni Centro Studi Erickson, 2013 Schultz J.H., Il Training autogeno – Esercizi inferiori, Vol. 1, Feltrinelli, 1968 Schultz J.H., Il Training autogeno – Esercizi superiori, Vol. 2, Feltrinelli, 2010 Wallnöfer H., Sani con il Training Autogeno e la psicoterapia autogena, Armando Armando, 2008 Widman C. Manuale di Training Autogeno e tecniche di psicoterapia bionomica, Ravenna, Edizioni del Girasole, 2005

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Rilassamento Muscolare Progressivo

Edmund Jacobson (1888-1983), medico fisiologo ideatore del Rilassamento Muscolare Progressivo, fu allievo di William James ad Harvard. Interessato all’eccitazione nervosa cominciò i suoi studi a partire dalle ricerche effettuate da Fouillée: Jacobson osservò, per mezzo di studi ottenuti mediante registrazioni elettromiografiche, che l’individuo teso è colui che sussulta davanti ad uno stimolo inatteso, mentre l’individuo rilassato non sussulta (Blanchard e Young, 1973). Negli stessi anni in cui Schultz stava sperimentando il Training Autogeno, Jacobson e i suoi collaboratori si dedicavano alla connessione fra l’attività cerebrale e quella muscolare. Il medico riteneva che alla base dell’ansia vi fosse una elevata tensione muscolare e ipotizzava che riducendo o eliminando tale tensione sarebbe cessato o diminuito anche lo stato ansioso. Per verificare la sua teoria decise di applicare il Rilassamento Progressivo su soggetti affetti da diverse patologie (iperacidità gastrica, ipertensione arteriosa, ipereccitabilità nervosa e irritabilità esofagea) e ottenne risultati positivi. Dimostrò, inoltre, che processi mentali ed emozionali sono associati a manifestazioni neuromuscolari, che alterano il normale stato di riposo: il rilassamento tende quindi a ridurre l’eccitabilità corticale, simpatica e ipotalamica, consentendo la riduzione dell’intensità emotiva (Goldwurm, Sacchi, Scarlatto, 1993). Riteneva inoltre l’insonnia un esempio di tensione residua: quando si apprendeva come rilassare il sistema nervoso volontario, si era in grado, nel tempo e con l’allenamento, di rilassare anche quello autonomo. Tale apprendimento poteva influenzare diverse sfere dell’individuo: autostima, capacità di generare uno stato di calma, recupero di un buon livello energetico (Bernthal, 1977). Questi studi, connessi alla consapevolezza che lo stress favorisce risposte di tensione sia mentale, che muscolare, con possibili conseguenti disturbi psichici e fisici anche croniche (Goldwurm, Sacchi, Scarlatto, 1993), portarono Edmund Jacobson a dedurre che la riduzione della tensione muscolare poteva diventare uno strumento per la prevenzione e la cura di alcune patologie. Ciò si poteva dedurre anche dal fatto che il riposo in medicina era da sempre utilizzato come elemento curativo in diverse patologie per favorire un recupero adeguato (ad esempio, nella convalescenza post intervento chirurgico o post influenza, in molte malattie psicosomatiche, etc.). Lo scopo di Jacobson era fornire al medico un metodo pratico che favorisse una efficace distensione, in grado di stimolare un rapporto diverso con se stessi e con il mondo, grazie ad una “visione rilassata della vita”. La metodologia della tecnica da lui ideata si basa su tre punti fondamentali:

1) allenamento a percepire tensione e distensione muscolare mediante alcuni esercizi: di tensione, localizzando la tensione, e di distensione e apprezzamento della stessa;

2) allenamento al senso muscolare: percezione delle sensazioni associate ai muscoli non completamente contratti, ma nemmeno distesi del tutto;

3) allenamento a percepire la tensione mentale e la distensione mentale. Per ottenere il rilassamento, è necessario concentrarsi su quei fasci muscolari sufficientemente estesi da poter essere contratti e distesi facilmente. Si invita il paziente a distendersi, a porre le gambe leggermente divaricate, a non sentire alcun impedimento o tensione muscolare e a chiudere gli occhi o, nel caso non se la senta, a fissare un punto fisso davanti a sé per favorire la concentrazione. La tecnica si basa sulla contrazione e

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distensione muscolare. Il terapeuta invita alla concentrazione sulle mani, che, ad un via dello stesso, saranno contratte a pugno, contando cinque secondi a voce alta. Successivamente, il paziente viene invitato ad aprire le mani e ad avere consapevolezza delle mani stesse, cercando di comprenderne la risposta fisiologica e dunque concentrandosi sul corpo. Il medesimo esercizio viene ripetuto un’altra volta (due in tutto) ed in entrambe le occasioni il terapeuta conta cinque secondi anche per altri distretti muscolari. Al termine della tensione muscolare il paziente è stimolato a percepire le risposte fisiologiche reattive. Poi verranno presi in considerazione i fasci muscolari delle braccia, del collo, del volto, della mandibola, delle spalle, dell’addome, fino ad arrivare ai piedi. Il tempo che intercorre tra un esercizio e l’altro di contrazione sono circa 30 secondi. Terminata la serie di esercizi di contrazione e distensione muscolare, l’operatore accompagna, sempre con la propria voce, il paziente a porre attenzione al respiro addominale (lento e profondo), invitandolo ad uno stato di calma per circa altri 30 secondi. Successivamente, al paziente viene chiesto di visualizzare, in piena libertà, un’immagine e/o un luogo che induca calma e/o uno stato di piacevolezza (Bertolotti, 2013). Al termine della visualizzazione, al paziente viene chiesto di fare due respiri profondi e viene guidato attraverso la fase della ripresa, che consiste nel muovere le dita delle mani, prima lentamente, poi velocemente, nel piegare ed estendere prima le braccia e poi le gambe e nell’aprire gli occhi. Obiettivo primario della tecnica è rendere il paziente pienamente consapevole del proprio stato di tensione per poterla riconoscere, gestire e ridurre. La suggestione non rientra in questa sperimentazione, ma è frutto di allenamento, di osservazione e valutazione, a partire da una serie di esercizi basati sulla contrazione ed il rilassamento muscolare. Non si richiede un setting particolarmente rigido, ma si deve favorire una certa protezione rispetto ai rumori, alle fonti di disturbo visive, etc. e stimolare la quotidianità nell’allenamento, per permettere al paziente di apprendere la tecnica e poterla applicare nella quotidianità (Bernstein e Borkovec, 1973). La posizione, come nel T.A., potrà essere supina o seduta o a cocchiere a cassetta. Non ci sono controindicazioni per i pazienti psichiatrici: non si sono mai osservati esiti negativi. Al paziente va sempre spiegato con chiarezza e calma cosa affronterà e quali sono gli obiettivi da raggiungere. L’operatore che si occupa della gestione degli incontri di rilassamento sceglie, come detto, un ambiente il più consono possibile (lontano da fonti rumorose, con luce soffusa, senza interruzioni), costruendo dunque un setting contenitivo e favorevole all’apprendimento. Bibliografia Goldwurn G. F., Sacchi D., Scarlato A., Le tecniche di rilassamento nella Terapia Comportamentale, Manuale teorico-pratico, Franco Angeli, 1993 Bernstein D., Berkovec T.D., Progressive Relaxation Training, Research Press, Illinois, 1973 Bernthal J. R., E.M.G. Biofeedback, Thermal Biofeedback, and Progressive Relaxation in the Treatment of Examination Anxiety of adult education students, Dissert. Abstract, 3817, 1977, pp. 1292-1293 Blanchard E. B., Young L.D., Self-control of cardiac Functioning: a Promise as yet unfunfilled, Psychol. Bull., 79, 1973, pp145-163 Bertolotti G., Il rilassamento progressivo in psicologia. Teoria, tecnica, valutazione, Carocci Faber, 2013

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Rilassamento Frazionato

Il Rilassamento Frazionato è una tecnica distensiva ideata da Oskar Vogt. Il dottor Vogt (Kirsche, 1986) è stato un neurologo tedesco di origine danese, che ha diretto il laboratorio neurologico dell’Università di Berlino e, tra il 1919 e il 1930, il Kaiser Wilhelm Institut für Hirnforschung di Berlino. Dal 1937 è stato direttore dell’Institut für Hirnforschung und Allgemeine Biologie, da lui fondato a Neustadt (Schwarzwald). I suoi studi e le sue ricerche hanno riguardato svariati argomenti di neurologia, psichiatria e anatomia del sistema nervoso, fra cui gli studi sull’istologia della corteccia cerebrale e quelli sulla struttura e la patologia dei gangli della base. E’ inoltre conosciuto per le sue ricerche sul sonno e sull’ipnosi. O. Vogt fu anche maestro di J. H. Schultz e insieme collaborarono per alcuni anni: in effetti, il Training Autogeno risente della sua influenza. Il Rilassamento Frazionato è comunque una tecnica meno complessa del Training Autogeno di Schultz, e, pur essendo nota la sua efficacia e facilità di impiego, è meno conosciuta e praticata. Si tratta di un metodo mirato esclusivamente alla muscolatura striata, favorendo rilassamento, distensione ed allungamento dei muscoli del corpo. Dopo aver introdotto la persona all’esperienza della calma, che, come nel T.A., accompagna il soggetto in uno stato intermedio tra la veglia e il sonno, si guida la persona all’ascolto del proprio corpo, partendo dai piedi e risalendo lungo le gambe, il bacino, il tronco, i glutei, la colonna vertebrale, le braccia, il collo e la testa, le varie parti del viso. Al termine, si fa riemergere il paziente dallo stato di rilassamento guidandolo verso quello di veglia attiva, attraverso gli esercizi della ripresa, anche qui come nel T.A. Anche con questa tecnica sono previsti l’allenamento a casa ed il diario da compilare per annotare quanto accade nella persona durante gli esercizi di rilassamento. Affinché l’induzione suggestiva sia favorita, è necessario che ci sia il consenso del soggetto (dai 6-7 anni in su), il possesso di una certa autonomia nel disporre di sé (si sconsiglia l’utilizzo nel caso di psicosi e/o oligofrenia), una postura rilassata (ad esempio la posizione supina o seduta), lo smorzamento degli stimoli ambientali, la monotonia delle formule e lo sviluppo di una concentrazione passiva: “Svuotare la mente da ogni pensiero”. Della tecnica esiste anche una forma breve, più fruibile anche nei disturbi di una certa gravità, come nel caso delle psicosi. Bibliografia Kirsche W., Oskar Vogt 1870–1959: Leben und Werk und dessen Beziehung zur Hirnforschung der Gegenwart. Ein Beitrag zur 25. Wiederkehr seines Todestages, Akademie-Verlag, Berlin, 1986 Respiro Consapevole

Il respiro nell’immaginario individuale, nelle tradizioni e negli archetipi, esprime la creazione, la nascita, la vita; nei miti e nell’inconscio collettivo del genere umano è il soffio vitale che dà origine alla creazione. Dall’inizio della civiltà, il respiro è considerato da tutte le culture l’espressione della vitalità creatrice.

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La correlazione respiro-vita era nota anche ai popoli antichi, che non avevano conoscenze scientifiche, ma possedevano capacità logiche e saggezza. Ad esempio, nella Grecia del V secolo a.C., nei Frammenti Orfici, si narra del “Soffio creatore che feconda la notte facendole deporre un uovo d’argento contenente il mondo intero, da quest’uovo venne fuori Eros, il figlio del vento”. In greco, come in ebraico, la stessa parola designa il vento e lo spirito. Ancora, un antico testo egizio racconta che il dio Ptah fece il fiato della vita per le narici dell’uomo: l’aria era considerata “il respiro del mondo”. Nella Bibbia, invece, dal Libro della Genesi (Genesi 2,7), è scritto “… e l’uomo divenne un essere vivente quando Dio gli alitò nelle narici”. I Tibetani chiamano il respiro “Il vento interiore”, mentre i monaci erranti del buddismo siamese praticavano, tantissimi secoli fa, una respirazione intensa e circolare per raggiungere la “Conoscenza della realtà del mondo parallelo”. Antiche pratiche orientali insegnano a utilizzare il respiro per recuperare la centratura, ossia ricostituire la migliore aderenza al nostro potenziale, ricompattando la sfera emotiva con la nostra volontà. Il respiro è un atto del tutto naturale, spontaneo, programmato nel nostro sistema nervoso: sembra quindi strano che possano esistere un modo corretto e un modo sbagliato di respirare, ma le cose sono proprio in questi termini. La spontaneità del respiro non assicura necessariamente che respiriamo in maniera appropriata, come sentirsi stanchi e avere desiderio di dormire non ci assicura che dormiremo a sufficienza o bene. La realtà è che molte persone non respirano correttamente. Imparare a respirare è utile per apportare una migliore ossigenazione al cervello e ridurre i battiti cardiaci e, di conseguenza, ha un effetto rilassante ed aiuta ad allentare gli stati d’ansia o panico. Quando si è stressati o ansiosi, infatti, il corpo e il sistema nervoso sono sovreccitati: si respira più velocemente, il cuore batte più rapido, viene rilasciata adrenalina e così via. Il corpo si prepara ad una possibile minaccia e la mente si focalizza sugli elementi potenzialmente pericolosi. La condizione di stress inoltre tende ad auto-rinforzarsi: fare respiri corti e veloci aumenta la quantità di anidride carbonica nel sangue e questo causa ulteriori sintomi ansiogeni, come senso di vertigini o stordimento. Fermezza, calma e lucidità possono essere indotte dal giusto respiro e possono così controllare l’ansia che assale nei momenti critici. La respirazione rappresenta la prima medicina di cui ognuno dispone, ma della quale ben raramente ci si ricorda. Essa ci aiuta ad essere centrati, cioè a non sfocare il proprio obiettivo e, di conseguenza, rischiare di mancare il bersaglio. I benefici di una corretta respirazione sono:

• contenimento delle reazioni psicofisiche di stress • maggior controllo emotivo e fisico (soprattutto in momenti di forte ansia o panico) • aumento della sicurezza e della lucidità nel prendere decisioni • miglioramento dell’ossigenazione del cervello e riduzione dei battiti cardiaci

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• miglioramento della postura: una funzione respiratoria scorretta può creare blocchi a livello del diaframma con conseguenti scompensi e dolori, in particolare a livello cervicale e/o lombare

• miglioramento delle relazioni interpersonali: respirare nel modo corretto scatena una reazione a catena sul nostro fisico e sulla nostra mente in grado di migliorare la nostra sicurezza e l’immagine che gli altri vedono di noi.

Prestare attenzione al respiro impegna ad avere piena consapevolezza del qui ed ora e permette di considerare ciò che avviene all’interno della mente e del corpo. Diventa così possibile sentire consapevolmente l’esperienza del momento e scegliere come viverla. E’ un’implicazione di grande valore: consente di assumere responsabilità per se stessi, distanziandosi dagli automatismi e aiuta a rispondere a ciò che accade in un modo diverso, nuovo e attuale, mobilitando le risorse personali. In altre parole, si aprono possibilità più libere di vivere la vita, disattivando il pilota automatico, quello che sceglie per noi ciò che già conosciamo (Cavallo e Zanardi Cappon, 2013). La respirazione consapevole qui proposta, denominata Respiro sull’Onda si rifà alle tecniche yoga di respirazione, in particolare di Pranayama (controllo ritmico del respiro), usate per regolare le quattro fasi della respirazione:

• Inspirazione • Ritenzione del respiro dopo l’inspirazione, ritenzione a pieno • Espirazione • Ritenzione del respiro dopo l’espirazione, ritenzione a vuoto.

Adottando questa respirazione, si realizza una fluttuazione regolare delle fasi della respirazione, in quanto i quattro momenti del ciclo respiratorio hanno la stessa durata. La respirazione dovrà essere addominale e potrà essere facilitata invitando il praticante a contare mentalmente e ritmicamente da 1 a 3-4 secondi per ogni fase oppure ad immaginare (rispettando i tempi regolari del ciclo) un’onda che si forma e sale (inspirazione), che si mantiene in alto (ritenzione del respiro dopo l’inspirazione), che scende (espirazione), che si infrange a riva (ritenzione del respiro dopo l’espirazione). Le fasi di ritenzione (pausa) sono le più importanti sia fisiologicamente, che psicologicamente, in quanto stimolano la respirazione cellulare, intensificano la produzione di bioenergia e gli scambi in tutto il corpo, agendo potentemente sul sistema neurovegetativo. Tutti possono eseguire questo tipo di respirazione, che dovrà durare non più di 3-5 minuti. Si può iniziare ad utilizzare questa tecnica gradualmente respirando per 3 minuti fino ad arrivare a cinque minuti . Durante la pratica sono necessarie cura ed attenzione particolari, quali:

• avere un abbigliamento comodo che non stringa l’addome • assumere una posizione da seduti o distesi in modo tale da risultare comodo per la

persona • ricavarsi uno spazio e un tempo in modo tale da stare tranquilli e non essere

disturbati • praticare la respirazione lontano dai pasti

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• iniziare chiudendo gli occhi, prestando attenzione al proprio respiro, e quando ci si sente pronti, iniziare il respiro sull’onda

• iniziare l’inspirazione e l’espirazione in modo graduale • aprire gli occhi terminato l’esercizio e riprendere la coscienza vigile, muovendo

gradualmente e lentamente gli arti inferiori e superiori. Bibliografia M. M. Cavallo e A. Zanardi Cappon, Mente, cervello e respiro. Come il respiro consapevole attiva processi di cambiamento, apprendimento e trasformazione, Tecniche Nuove, 2013 Visualizzazioni Guidate

Le terapie immaginative risalgono fin dai tempi antichi e se ne ritrovano tracce in Egitto e Grecia: ad esempio, interpretazione dei sogni notturni e riti praticati da sacerdoti, che inducevano con diverse modalità uno stato di coscienza favorente la produzione di visioni o sogni ad occhi aperti. Le tecniche immaginative acquistarono carattere scientifico a partire dal 1800, in parallelo con gli studi neurofisiologici e l’utilizzo clinico delle immagini mentali (Widmann, 2004). L’immagine mentale è considerata una forma di pensiero di tipo imitativo-riproduttivo (se provengono dalla propria memoria o esperienza) o costruttivo-creativo (se non appartengono alla propria esperienza diretta). Lo sviluppo delle terapie immaginative moderne si sviluppa contemporaneamente agli studi sull’ipnosi, verso la fine dell’Ottocento, grazie a Francis Galton, che conia il termine di imagerie mentale: con esso si definiscono tutti quei metodi attraverso i quali il paziente in uno stato di rilassamento vede delle immagini spontanee o guidate. Le immagini sono legate sia alle emozioni, che alle spinte all’azione. Tra gli anni Venti e Quaranta del Novecento gli studi proseguono parallelamente in diversi Stati, fra cui Svizzera, Germania, ma soprattutto Francia, grazie al contributo di Robert Desoille, fondatore della scuola francese e ideatore del rêve éveillé dirigé. Le terapie immaginative moderne sono state sottoposte a diverse modificazioni nel corso degli anni, fino ad assumere la forma attuale, rimanendo stabili nei fondamenti, per cui le immagini mentali:

• si formano in assenza di afferenze ottiche e sono disgiunte da correlati oggettivi • si avvalgono di uno stato di rilassamento, che ne facilita la produzione (ma è vera

anche la sinergia opposta) • possono essere spontanee, guidate dal soggetto o guidate dall’operatore • sono in stretta relazione reciproca con lo stato emotivo, il che permette di

utilizzarle per agire sulla persona e produrre delle modificazioni che portino ad un riequilibrio.

In un processo terapeutico, a seconda della terapia nella quale le immagini mentali sono inserite, quanto vissuto dal paziente può non essere riportato al terapeuta, oppure essere riportato durante o dopo la fase immaginativa (Widmann, 2004). In generale, le terapie immaginative possono essere di scopertura (rendere consci contenuti inconsci), come nel caso del Training Autogeno Superiore, dell’Oniroterapia e della Trance Ipnotica, o di copertura (immettere nello scenario immaginativo contenuti benefici), come avviene con le visualizzazioni guidate.

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Le visualizzazioni guidate originano all’interno della psicosintesi di Assagioli (Assagioli, 1963), che ne sfrutta il potere psicodinamico attraverso la visualizzazione di immagini simboliche. A livello operativo, le visualizzazioni avvengono in un clima disteso e regressivo, fornendo stimoli immaginativi che permettano la partecipazione emotiva alla narrazione, stimolando tutti i sensi. Si sviluppano per gradi, dagli aspetti inferiori a quelli superiori (dalla pianura alla montagna, dal buio alla luce), gli stati d’animo sono definiti distintamente e indirizzati ad uno stato di equilibrio interiore. Possono essere usate sia individualmente, che in contesto gruppale. Con le visualizzazioni guidate è possibile espandere la coscienza o procedere alla ristrutturazione della personalità (quando utilizzate a livello psicoterapico), utilizzando il piano simbolico, analogico, piuttosto che quello verbale e logico. Per raggiungere questi obiettivi si possono utilizzare sia visualizzazioni in cui il paziente osserva una scena in trasformazione (ad esempio, il ciclo naturale del grano che si compie), sia visualizzazioni in cui il paziente interviene nella scena con delle azioni (manovrare il timone di una nave o andare verso un obiettivo rappresentato simbolicamente). Le visualizzazioni proposte sono di differenti tipi, ricalcando attraverso i simboli temi diversi. E’ quindi possibile organizzare un itinerario evolutivo a seconda degli scopi che si intende raggiungere con il paziente, sia nella scelta delle visualizzazioni, sia nell’ordine in cui vengono proposte, sia anche costruendone ad hoc. Per tale ragione, l’operatore che utilizza questo strumento è bene che abbia una buona conoscenza di esso ed esperienza nel suo utilizzo. Bibliografia Widmann C., Le terapie immaginative, Edizioni Scientifiche Ma.Gi., 2004 Assagioli R., Esercizi di visualizzazione, Istituto di Psicosintesi, 1963

Le Tecniche di Rilassamento Occidentali nel trattamento delle dipendenze

Per quanto attiene l’applicazione delle tecniche di rilassamento occidentali nell’ambito dei disturbi da uso di sostanze, gli studi clinici sono pochi e risalgono agli anni ’80 e ’90, prettamente focalizzati sul Training Autogeno, che in quel periodo era qui in Occidente all’avanguardia come approccio psicoterapico integrativo fra corpo e mente. In tali studi i pazienti dipendenti da sostanze psicoattive erano stati addestrati al T.A. per gestire i fattori di stress o per accrescere la capacità di controllo. L’utilizzo del T.A. è risultato generalmente efficace (Roszell & Chaney, 1982; Chaney & Roszell, 1983; Sharp et. all., 1997). In realtà, lo stesso Schultz riporta esperienze positive di “divezzamenti realizzati con il T.A.” con soggetti alcolisti e tabagisti. Nel caso del “morfinismo”, suggerisce che è possibile realizzare un trattamento con il T.A. solo se il tossicomane è ospedalizzato per una cura disintossicante preliminare; inoltre, i risultati saranno migliori in morfinomani con personalità non patologica.

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Il T.A. dovrebbe indurre un “atteggiamento interiore di indifferenza” verso la sostanza d’abuso e a tal scopo occorre preparare delle formule adatte alle necessità individuali, vissute dal soggetto nel modo più intenso possibile. Bibliografia Chaney E.F., Roszell D.K., A cognitive behavioral analysis of relaxation training in drug abusers.Drug and Alcohol Dependence, 12(2): 201-7, 1983 Roszell D.K., Chaney E.F., Autogenic training in a drug abuse program, International Journal of Addictions, 17(8):1337-49, 1982 Sharp C., Hurford D.P., Allison J., Sparks R., Cameron B.P., Facilitation of internal locus of control in adolescent alcoholics through a brief biofeedback-assisted autogenic relaxation training procedure, Journal of Substance Abuse Treatment, 14(1): 55-60, 1997.

Le Tecniche di Rilassamento Occidentali nel trattamento del tabagismo

La scarsità di esperienze cliniche sul T.A. nel trattamento dei Disturbi da Uso di Sostanze, in particolar modo nel disturbo da uso di tabacco, può essere riconducibile in gran parte all’impegno richiesto per l’apprendimento del metodo. E’ necessaria una forte motivazione e collaborazione da parte del soggetto; inoltre, gli effetti benefici del metodo si possono avere dopo un congruo periodo di allenamento. La persona che smette di fumare deve gestire sintomi di astinenza e craving per la nicotina, pertanto necessita di interventi che forniscano sollievi più immediati. Il T.A. può essere ipotizzato come un metodo da apprendere per un obiettivo a medio termine nello smettere di fumare, affinché la persona possa acquisire il metodo e utilizzarlo per gestire tali sintomi. Anche per le altre tecniche di rilassamento come il Rilassamento Frazionato e Progressivo, per certi versi di più rapida applicazione, non sono noti studi rispetto al tabagismo. Ciò può essere addotto principalmente al fatto che, come detto precedentemente, queste tecniche hanno il loro acme nell’interesse della comunità scientifica intorno agli anni Ottanta e Novanta, ventennio in cui il tabagismo non era considerato sullo stesso piano delle altre dipendenze e come tale oggetto di attenzione e trattato. Pur mancando studi in questo settore, tuttavia molti operatori veneti degli Ambulatori e dei Gruppi Trattamento Tabagismo utilizzano tali tecniche in modo classico o adattato (ad esempio estrapolando alcuni esercizi, integrando con visualizzazioni ad hoc per il tabagista, etc.), trovandole utili, come si evince dalle buone prassi seguenti.

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Le buone prassi in Veneto

Presentiamo di seguito quattro protocolli riguardanti le Tecniche di Rilassamento Occidentali sopra descritte e applicate dagli operatori di 2° livello, sia individualmente, che in gruppo. Il primo prevede l’utilizzo del Rilassamento Muscolare Progressivo presso la Riabilitazione Cardiologica di Noale – Ulss 13. Il secondo l’applicazione del Rilassamento Frazionato integrato al protocollo Acudetox presso l’Ambulatorio Trattamento Tabagismo dell’Ulss 21 di Legnago. Il terzo descrive l’utilizzo in gruppo del Rilassamento Frazionato e delle Visualizzazioni Guidate nella prevenzione delle ricadute presso il Centro Trattamento Tabagismo dell’Ulss 12 Veneziana. Il quarto protocollo delinea l’utilizzo da parte dell’Ambulatorio Trattamento Tabagismo dell’Ulss 17 della Respirazione Consapevole respiro dell’onda all’interno del percorso di gruppo col metodo TGFumo.

Contesti di utilizzo della Tecnica di Rilassamento Progressivo di Jacobson presso la riabilitazione Cardiologica di Noale (ASL13)

Contesto in cui viene utilizzato Tale tecnica viene appresa in gruppo all’interno dell’Ambulatorio Trattamento Tabagismo e individualmente in Riabilitazione Cardiologica. Destinatari I destinatari sono pazienti che hanno disturbi d’ansia, ansia generalizzata, attacchi di panico, ansia reattiva, ansia da prestazione. Finalità generale Lo scopo è favorire nel paziente ansioso, irritabile, nervoso la gestione dei segnali emotivi, comportamentali e cognitivi che favoriscono il disagio psicologico quotidiano. Obiettivi specifici Nel paziente cardiopatico gli obiettivi specifici sono legati non solo al ridimensionamento degli aspetti cognitivo, emotivo e comportamentale connessi alla patologia, ma anche alla gestione dei parametri, come il ridimensionamento dei livelli pressori, della frequenza cardiaca e della frequenza respiratoria. Esistono evidenze che dimostrano come uno stato di rilassamento muscolare possa abbassare tali parametri; al contrario, esistono altre evidenze che dimostrano come i livelli elevati di distress vadano ad agire notevolmente non solo sull’abbassamento delle difese immunitarie, ma anche come i parametri cardiovascolari, menzionati sopra, si innalzino notevolmente.

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In Riabilitazione Cardiologica l’ansia anticipatoria di poter rivivere l’evento infarto, l’evento cardiochirurgico, l’evento dello scompenso cardiaco possono favorire un vissuto d’ansia, irritabilità, agitazione psico-motoria e depressione. La tecnica viene quindi usata per favorire la gestione degli stati ansiosi reattivi all’evento cardiovascolare e per favorire una moderazione dei livelli d’ansia in pazienti con ansia di tratto e di stato. Nell’Ambulatorio Trattamento Tabagismo la tecnica viene impiegata più di recente e con il paziente che inizia ad essere astinente, in quanto può sperimentare irritabilità, ansia e agitazione psicomotoria. Descrizione dell’intervento Con il paziente cardiopatico viene utilizzata la forma breve, che prevede 4 incontri durante i quali il paziente si confronta con il terapeuta ed apprende ogni volta una coppia di esercizi di contrazione e rilassamento muscolare. Nel primo si utilizzano l’esercizio della contrazione delle mani a pugno e quello della spinta delle spalle verso il basso. Nel secondo si apprende la tecnica di contrazione e distensione dell’addome. Nel terzo si insegna l’esercizio della flessione e distensione dei piedi. L’ultimo viene dedicato alla verifica del buon apprendimento della tecnica. Nell’Ambulatorio trattamento tabagismo, a causa della poca disponibilità di tempo durante l’incontro, la tecnica non viene insegnata interamente, ma vengono proposti solamente alcuni esercizi di contrazione e rilassamento muscolare (mani a pugno e spalle) per un totale di circa dieci incontri. Tale adattamento della tecnica avviene sia per esigenze organizzative, sia perché non sempre tutti i pazienti accettano di sperimentare il rilassamento. Operatori che svolgono l’intervento Marzia Sarto – Psicologa-Psicoterapeuta Bibliografia Bernstein D., Berkovec T.D., Progressive Relaxation Training, Research Press, Illinois, 1973 Blanchard E.B., Young L:D:, Self-control of cardiac Functioning: a Promise as yet unfunfilled, Psychol. Bull., 79, 1973, pp. 145-163 G. Bertolotti, Il rilassamento progressivo in psicologia. Teoria, tecnica, valutazione, Carocci Faber, 2013

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La scheda dell’Ambulatorio Trattamento Tabagismo dell’Asl 13 Noale

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Acurilassamento

Contesto in cui viene utilizzato Acurilassamento è una terapia non convenzionale di combinazione tra il protocollo Acudetox e il protocollo del Rilassamento Frazionato. L’idea di utilizzare le due tecniche contemporaneamente è nata con lo scopo di aiutare i pazienti ad avere un effetto di potenziamento sinergico, al fine di favorire il raggiungimento dell’astensione da uso di tabacco, alleviando la sintomatologia astinenziale e favorendo il benessere psicofisico. Destinatari Acurilassamento è rivolto a pazienti con dipendenze patologiche, nello specifico a pazienti con disturbo da uso di tabacco. Finalità generale Acurilassamento viene usato come terapia integrata a sostegno di altre forme di trattamento nella cura del disturbo da uso di tabacco. Obiettivi specifici Rilassamento generale e disintossicazione da nicotina. Descrizione dell’intervento Questo intervento terapeutico viene effettuato nell’Ambulatorio per Smettere di Fumare di Zevio, allocato all’interno del Serd, in una zona del Servizio tranquilla, rispetto al luogo in cui quotidianamente viene somministrata la terapia farmacologica all’utenza. Lo spazio riservato è suddiviso in due ambulatori e una grande sala relax. Negli ambulatori vengono fatti i colloqui di accoglienza, counseling e follow-up, mentre nella sala relax vengono attuate la tecnica di Rilassamento e il Protocollo Acudetox. Il trattamento di Acurilassamento che proponiamo può essere somministrato sia come unico trattamento che associato a terapia farmacologica. Il trattamento di Acurilassamento è preceduto da un incontro in cui il paziente, oltre ad essere informato sulle modalità e caratteristiche dello stesso, viene addestrato all’apprendimento della tecnica di rilassamento secondo il protocollo sotto descritto. Nella prima seduta si posizionano gli aghi e si conduce il rilassamento, che nelle sedute successive sarà autogestito. Le sedute durano 40 minuti e alla fine di ognuna si tolgono gli aghi e si procede con gli esercizi della ripresa. I tempi del trattamento terapeutico sono quelli sotto descritti nel protocollo Acudetox. Dopo ogni seduta l’operatore effettua un’indagine sulle sensazioni somatiche ed emotive provate dal paziente. Descriviamo di seguito, per maggiore chiarezza espositiva, le caratteristiche dei due protocolli separatamente.

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PROTOCOLLO ACUDETOX Acudetox è un protocollo di agopuntura auricolare utilizzato in persone con dipendenza da sostanze psicoattive. Viene usato come terapia integrata e come sostegno ad altre forme di trattamento. Nelle Dipendenze patologiche e nella Medicina convenzionale, la particolarità dell’approccio non farmacologico e non verbale di questa terapia ha generato scetticismo e preconcetto, anche se risultati concreti e cambiamenti positivi sono visibili e apprezzabili fin dalla prima seduta (Smith M., Kahan, 1988; Picozzi G. et al., 1995). Acudetox agisce sul bilanciamento dei neurotrasmettitori, contrastando i sintomi da astinenza da nicotina, riducendo in tal modo ansia, fame nervosa, craving (ACUDETOX – Bollettino semestrale dell’Associazione NADA ITALIA, 2003; Linee guida cliniche per promuovere la cessazione dell’abitudine al fumo, 2003; Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, 2001). Acudetox, utilizzato da trent’anni, è ormai considerato una terapia non convenzionale negli Stati Uniti e in altri Paesi, dove ha contribuito a cambiare il modo in cui la dipendenza da sostanze legali ed illegali viene percepita e combattuta (NADA, 2004). Il Protocollo Acudetox comprende tre fasi di trattamento che durano idealmente fino a 12 settimane.

FASE 1 – Trattamento quotidiano per 2 settimane. In questa fase si trattano i sintomi acuti di astinenza. Tale fase è finalizzata a produrre uno stato di benessere e a determinare la capacità di autocontrollo. FASE 2 – Trattamento 3 volte la settimana per 4/6 settimane. In questa fase si trattano i sintomi di natura psicofisica: ansia, insonnia e craving. FASE 3 – Trattamento 2 volte a settimana per 4 settimane. Questa fase aiuta a consolidare la sensazione di benessere e di autocontrollo, a trattare i sintomi astinenziali che periodicamente affiorano e ad evitare le ricadute. Quest’ultima fase di mantenimento può essere prolungata sia per prescrizione medica, sia per percepita necessità da parte del paziente (NADA, 2004). Prevenzione della ricaduta Ogni qualvolta il paziente si senta a rischio di ricaduta può, oltre che riattivare le strategie di prevenzione, richiedere di rientrare in trattamento in qualsiasi fase si trovi. Alcuni studi evidenziano un’efficacia soprattutto in chi ha fallito con altri percorsi terapeutici (NADA, 2004).

Azione di Acudetox Biochimica: attraverso Acudetox si producono endorfine ed altri neurotrasmettitori che aiutano il paziente a fronteggiare stress e craving. Psicosociale: Acudetox contribuisce a produrre vitalità, benessere, autostima, equilibrio (NADA, 2004). Effetti clinici di Acutedox Acudetox insegna che ci si può rilassare anche senza uso di sostanze, favorisce l’aumento dell’autostima e aiuta a creare una relazione profonda con il proprio Io. Può essere usato

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anche nelle fasi precoci del trattamento di disassuefazione da sostanze (Carmigliola et al., 2003; NADA, 2004).

Punti di Repere L’orecchio è composto da rilievi di tessuto cartilagineo e da fosse di tessuto connettivo. Con questo trattamento viene punto solo il connettivo. Funzione dei 5 punti del protocollo Acudetox I cinque punti utilizzati secondo il protocollo NADA sono i seguenti: shenmen, simpatico, reni, fegato e polmoni. Le funzioni svolte dalla stimolazione dei punti sono di seguito descritte in modo sintetico: • Punto Shenmen (Porta dello spirito): calma la mente. Tratta ansia, agitazione,

insonnia, tensione, depressione e riduce il bisogno di qualsiasi tipo di sostanza. Può far scendere la febbre, riduce le tossine, l’infiammazione e la pressione arteriosa.

• Punto Simpatico: porta equilibrio alle funzioni del sistema nervoso simpatico. Migliora la circolazione del sangue. Regola la frequenza cardiaca. Aiuta a diminuire il dolore e soprattutto la contrattura muscolare.

• Punto Reni: agisce sulle funzioni del sistema renale conosciute dalla medicina occidentale (disintossicazione dei fluidi, filtrazione dei liquidi, ecc.). Nella medicina tradizionale cinese il rene comprende anche il surrene, che media l’attività del simpatico e del parasimpatico.

• Punto Fegato: favorisce tutte le funzioni metaboliche del Fegato. In particolare promuove la funzione di disintossicazione. Favorisce anche la regolazione del sistema ormonale.

• Punto Polmoni: il polmone è l’organo più importante nella disintossicazione nel breve termine perché regola l’equilibrio CO/O2 (NADA, 2004).

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Setting Come già specificato sopra, la struttura dell’Ambulatorio per Smettere di Fumare, che si trova all’interno del SERD, consta di una sala relax corredata di poltrone adeguate al rilassamento (è previsto l’ausilio di cuscini e coperte). E’ una sala ampia, posizionata in una zona tranquilla e poco rumorosa del Servizio. E’ munita di condizionatore, pertanto ha un microclima adeguato, la luce può essere regolata, i colori della stanza sono tenui. Nella sala ci sono due lavagne sulle quali sono stati scritti dei suggerimenti per aiutare a predisporsi alla calma. I pazienti possono accedere per la terapia di Acurilassamento tutti i giorni dal lunedì al venerdì, compatibilmente con gli orari di apertura del Servizio. PROTOCOLLO RILASSAMENTO FRAZIONATO Come detto, il rilassamento si riferisce ad un particolare stato psicofisico, caratterizzato da un lato da modificazioni specifiche dell’attività dell’organismo (la principale è la riduzione della tensione muscolare), dall’altro, da sensazioni psichiche percepite introspettivamente come benessere, serenità e tranquillità. Sullo stesso vocabolario della lingua italiana alla voce rilassamento vengono indicati entrambi i significati: sia “allentamento e decontrazione”, che si riferiscono alla componente muscolare dello stato, sia “distensione psichica, serenità e svago”, riferiti alla componente psicologica. Il setting è lo stesso proposto per il protocollo Acudetox. Il paziente, dopo essere stato selezionato dal medico per questo tipo di trattamento, viene informato e addestrato su alcune semplici tecniche per indurre la calma e successivamente il rilassamento. Si invita il paziente a farsi condurre prima dalla voce dell’operatore e poi a lasciarsi andare. FASE 1: si accoglie il paziente in sala relax, lo si invita ad assumere una posizione comoda, ad allentare eventuali capi costringenti, a togliere gli occhiali, a spegnere il cellulare. Il paziente è seduto con i piedi appoggiati a terra e le braccia sui braccioli oppure può assumere una posizione semi inclinata. Lo si invita a lasciare fuori tutti i problemi, le preoccupazioni, i pensieri, ecc. FASE 2: si suggerisce al paziente di immaginarsi in un luogo tranquillo e silenzioso (ad esempio in riva al mare, in montagna, mentre sta guardando un paesaggio, su un prato, in riva al fiume, etc.) e nel contempo lo si invita ad iniziare ad inspirare con il naso ed espirare con la bocca lentamente, come dovesse scaricare la tensione, per 4/5 volte. FASE 3: si invita poi a concentrare l’attenzione sui piedi, nominando le varie parti: dita, dorso, pianta, rilassandole. Si sale via via con la concentrazione e il rilassamento alle caviglie, poi alle gambe, fino al ginocchio. Si prosegue con le cosce fino al bacino. A questo punto si invita il paziente a respirare lentamente e a concentrarsi sulla sensazione di pesantezza delle gambe. Si continua il percorso rilassando il bacino, nominandolo nelle sue parti; si prosegue rilassando tutta la colonna, partendo dalla parte coccigea fino a quella cervicale, passando lentamente dalla sacrale, alla lombare e alla toracica; si passa poi alla parte anteriore del corpo, rilassando tutta la zona addominale e toracica, soffermandosi in modo particolare sul diaframma. Ci si concentra quindi sulle mani e le braccia. Infine, si passa al rilassamento di spalle, collo e testa, sempre nominandole nelle loro parti

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anatomiche. Ad ogni passaggio da una zona all’altra del corpo si ricorda al paziente di eseguire respirazioni lente (inspirare con il naso ed espirare con la bocca). FASE 4: nel caso in cui il paziente dovesse perdere la concentrazione, si suggerisce di riprendere da dove si era fermato. FASE 5: passato il tempo stabilito (40 minuti) l’operatore torna dal paziente e si avviano gli esercizi della ripresa che consistono nel flettere inizialmente le mani e i piedi, poi le braccia e le gambe e infine nell’aprire gli occhi. FASE 6: Si chiede al paziente di riferire le sensazioni percepite e si suggerisce di ripetere il rilassamento frazionato anche a casa. Operatori che svolgono l’intervento Maristella Zerman – Infermiera Cristina Biasin – Medico Flora Cantachin – Infermiera Giuseppina Cifelli – Psicologa-Psicoterapeuta Bibliografia ACUDETOX – Bollettino semestrale dell’Associazione NADA ITALIA, Edizione speciale: dipendenza da nicotina, Anno 9, N. 17, Gennaio, 2003 Carmignola C, Speronello M.R., Zampieri F., Auricoloterapia cinese, Edizioni Prosa, 2003 Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 novembre 2001: DEFINIZIONE DEI LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA, Gazzetta Ufficiale Repubblica Italiana, 8 Febbraio 2002, n. 33 S.O. Linee guida cliniche per promuovere la cessazione dell’abitudine al fumo, Osservatorio Fumo, Alcol e Droga, Istituto Superiore di Sanità, 2003 NADA –National Acupuncture Detoxification Association, Protocollo acudetox- Materiale per la formazione, a cura di David Blow, NADA ITALIA, Roma, 2004 Picozzi G. et al., Acudetox – Agopuntura come metodica di disintossicazione nella dipendenza da alcol. Revisione della letteratura internazionale. Valutazione e prospettive in Italia, Atti del congresso Società Italiana di Alcologia, Milano, 1995 Smith M., Kahan. I., An acupuncture programme for the treatment of drug addicted persons, Bulletin on Narcotics, 40, 35-41, 1988

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La scheda dell’Ambulatorio Trattamento Tabagismo dell’Ulss 21 Legnago

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Rilassamento Frazionato e Visualizzazioni Guidate in gruppo

Contesto in cui viene utilizzato Il percorso si articola come un’opzione terapeutica del trattamento con pazienti in carico al Centro Trattamento Tabagismo dell’Az. Ulss 12, spazio dedicato all’interno del SerD. Destinatari Fumatori in astensione con sintomatologia specifica connessa allo stress, quale ansia, insonnia, irritabilità. Finalità generale Prevenzione delle ricadute. Obiettivi specifici Il protocollo è stato elaborato al fine di proporre un percorso mirante a: • gestire alcune difficoltà connesse allo smettere di fumare, quali ansia, irritabilità,

insonnia, disturbi muscolotensivi e gastroenterici di natura emotiva • agevolare il recupero di una percezione del proprio corpo vitale e sana, soprattutto per

quegli apparati direttamente coinvolti dal fumo di sigaretta • riappropriarsi di un sé libero dal fumo • recuperare aspetti sensoriali e percettivi logorati dal fumo (odori, sapori). Descrizione dell’intervento Il percorso viene realizzato in piccolo gruppo, attraverso l’impiego del Rilassamento Frazionato di Vogt in forma breve e di visualizzazioni guidate selezionate ad hoc. E’ articolato in sei incontri di un’ora e mezzo ciascuno a cadenza settimanale, seguiti da un incontro di verifica ad un mese di distanza dall’ultimo. Il percorso si avvale di conduttore e co-conduttore. I pazienti individuati vengono inseriti dopo aver dato la propria adesione al percorso. I partecipanti, in numero di 4 o 5, hanno la possibilità di avvicinarsi ad un’esperienza di calma e benessere psico-fisici all’interno di un ambiente che favorisce l’allentamento dello stress e la condivisione dell’esperienza (durante il rilassamento si mette a riposo il corpo per avere una distensione emotiva, scaricando la tensione percepita). Le visualizzazioni guidate, proposte a partire dal secondo incontro, sono selezionate al fine di rafforzare le abilità personali e le risorse interiori nella gestione del craving e delle situazioni di maggior rischio percepito per la ricaduta. Al termine dell’esperienza ogni partecipante prosegue il monitoraggio presso l’Ambulatorio e per ciascun partecipante è fatta dalla conduttrice una restituzione agli operatori.

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Operatori che svolgono l’intervento Barbara Mazzardis – Psicologa-psicoterapeuta Silvia Laus – Infermiera professionale Bibliografia Schultz J.H., Il Training autogeno – Esercizi inferiori, Vol. 1, Feltrinelli, 1968 Widmann C., Le terapie immaginative, Edizioni Scientifiche Ma.Gi., 2004 La scheda del Centro Trattamento Tabagismo dell’Ulss 12 Veneziana

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Utilizzo di una tecnica “small” basata sul respiro consapevole e la distensione muscolare

Contesto in cui viene utilizzato La tecnica è inserita nel percorso di gruppo col metodo TGFumo in 3°, 5°, 7° incontro presso l’Ulss 17 – SerD di Este. Destinatari Partecipanti del gruppo. Finalità generale Rafforzamento o mantenimento dell’astensione dal fumo. Obiettivi specifici Acquisire capacità per una migliore gestione dell’ansia, del craving e per il fronteggiamento di eventi stressanti. Descrizione dell’intervento L’attività viene realizzata in 3°, 5°, 7° incontro, nell’ultima mezz’ora dell’incontro di gruppo, secondo i seguenti passi: - descrizione iniziale dei meccanismi legati allo stress psicofisico con riferimento

specifico allo stress da craving - spiegazione della metodica della respirazione addominale e degli effetti di distensione e

calma che si producono a livello fisiologico e psicologico - spiegazione e sperimentazione diretta di una respirazione diaframmatica - descrizione e sperimentazione di una tecnica denominata respiro nell’onda, mediante

la quale i partecipanti, seguendo il movimento di un’onda, possono realizzare una respirazione per tre o quattro minuti in cui la fase dell’inspirazione, dell’espirazione e il passaggio dall’una all’altra hanno gli stessi tempi

- esercizio guidato di rilassamento muscolare in fase di espirazione nei vari distretti corporei

- consegna in itinere ai corsisti di una registrazione guidata per poterla utilizzare autonomamente.

Operatori che svolgono l’intervento Marilena Tecchio – Assistente Sanitaria presso il Dipartimento di Prevenzione Martina Paliotto – Educatrice Professionale Clementina Stimolo – Medico Tossicologo Marina Stellato – Infermiera Professionale Bibliografia Joel Levey , L’arte del rilassamento, della concentrazione e della meditazione, Ubaldini editore, Roma, 1988

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Pier Giorgio Malesani , Quiete e Tempeste dell’essere – Ipnosi e metodi di rilassamento per educatori ed operatori sanitari, Edizioni ReS, Verona, 2004 M. M. Cavallo e A. Zanardi Cappon, Mente, cervello e respiro. Come il respiro consapevole attiva processi di cambiamento, apprendimento e trasformazione, Tecniche Nuove, 2013 D. Orlandini (a cura di), Trattamento di gruppo per smettere di fumare. Manuale operativo per conduttori, Direzione Regionale Prevenzione – Regione del Veneto, 2010 La Scheda del Gruppo Trattamento Tabagismo dell’Ulss 17

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Lo Yoga

Introduzione

Yoga è una parola in sanscrito (lingua del ceppo indoeuropeo che fa parte del gruppo indo-iranico, apparsa nelle opere dei grammatici intorno al V secolo a.C.), composta da due parole yuj, che significa “unione” (con il Divino) connessa ad una parola latina iugum, cioè “giogo”. Lo Yoga più che una pratica fisica è una disciplina e una filosofia volta alla ricerca di unità ed equilibrio in ciò che è manifesto (l’esistente). L’origine della filosofia yoga si perde nella più lontana antichità ed è impossibile ad oggi stabilire il periodo esatto del suo sviluppo. Secondo Max Müller, storico tedesco (1823-1900), lo Yoga vide i suoi albori circa seimila anni fa con una collocazione cronologica probabilmente antecedente (Compagnino e Martinelli, 2000). Uno dei più importanti autori sullo Yoga e sulla sua pratica è l’indiano Patanjali, che nel suo Yoga Sutra (aforismi sullo Yoga – V sec. d. C.) descrive 195 massime, divise in quattro capitoli, in cui racconta l’essenza della filosofia yoga, la fonte della concentrazione e i metodi per raggiungerla. Esistono tuttavia testimonianze archeologiche rinvenute nella valle dell’Indo e risalenti al III – IV millennio a.C., che rappresentano uomini che già praticavano questa disciplina filosofica, abitando da soli nei boschi e cibandosi di radici, vivendo quindi come asceti. Fu con la penetrazione di Alessandro Magno e delle sue legioni in Asia che le religioni orientali trovarono diffusione anche in Occidente, passando prima dal mondo greco e poi per Roma, e successivamente venendo veicolate dagli Arabi e dalla loro civiltà. Tra il 1500 e il 1600, secolo di viaggi e scoperte che cambiò la geografia mondiale, nomi famosi come Vasco de Gama e il gesuita italiano Costante Beschi, fecero conoscere al mondo la presenza di culture e religioni diverse da quelle Occidentali. Nel ‘700, grazie ai pensatori “illuminati”, traduttori e letterati di ogni tipo, il mondo europeo poté entrare in contatto con l’Oriente anche grazie alle traduzioni delle opere di Mencio e Confucio. Solo nel XIX secolo però le filosofie orientali suscitarono interesse in Occidente, per lo più grazie all’opera culturale di diversi indianisti, tra cui Warren Hastings, governatore del Bengala. Fu Anquetil-Duperron che da una versione persiana della metà del Settecento tradusse e pubblicò la prima versione latina delle Upanishad, la raccolta di testi più importante che parla degli insegnamenti esoterici necessari ad insegnare i metodi di interiorizzazione. Le Upanishad utilizzano le dottrine di meditazione psicofisiche indicate dalla filosofia yoga. Fu August Wilhem che nel 1823 tradusse personalmente e pubblicò la Bhagavad-gita (Il canto del beato), un testo sacro in sanscrito che corrisponde al testo più importante della filosofia yoga.

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Ad opera di Max Müller si diffuse per la prima volta in Occidente la conoscenza dei Veda, attraverso la stampa di testi di carattere religioso, considerati i più antichi della letteratura indoeuropea. La diffusione e l’affermazione delle filosofie orientali, fin dal secolo scorso, ha destato l’interesse del mondo occidentale, ma solo verso il tramonto del ventesimo secolo, dati i rapidi cambiamenti ambientali, economici e sociali e con il mutare degli stili di vita, l’Occidente, pressato dal progresso e dai suoi ritmi incalzanti, sente il bisogno di ritrovare e ricercare un miglior stato di equilibrio, scoprendo, sperimentando e praticando discipline ritenute efficaci come lo Yoga. Ecco il successo della diffusione in tutto il mondo in particolare delle pratiche yoga. In questo sezione abbiamo deciso di trattare alcuni aspetti dello Yoga riguardanti le pratiche, le azioni sulla salute e alcune tecniche che vengono già utilizzate o che potrebbero trovare indicazione negli Ambulatori e nei Gruppi per il Trattamento del Tabagismo. Bibliografia Compagnino S., Martinelli D., Yoga Per Tutti, Demetra, Verona, 2000 La pratica dello Yoga

Nello Yoga esistono numerose tradizioni, ciascuna delle quali ha dato diverse interpretazioni dei testi classici, portando allo sviluppo di diverse scuole. Ciascuna di esse ha sviluppato e approfondito diverse modalità di pratica. Lo Yoga si caratterizza per alcune pratiche, comuni alla maggior parte delle scuole: asana (ben definite posture del corpo e/o sequenze di movimenti), pranayama (pratiche di controllo del respiro), tecniche di concentrazione. Ogni pratica ha delle indicazioni sul tempo di esecuzione con effetti diversi. Per esempio, nella tradizione del Kundalini Yoga, si ritiene che tre minuti di pratica modifichino il campo elettromagnetico e la circolazione sanguigna, mentre in undici minuti si modifichi il funzionamento del sistema nervoso e ghiandolare. Le pratiche hanno effetti diversi anche a seconda dei tempi di applicazione espressi in giorni e settimane. Ad esempio, in alcune tradizioni, in 40 giorni viene modificata un’abitudine, in 90 giorni se ne stabilizza una nuova, in 120 giorni la pratica viene integrata e produce un cambiamento stabile. Gli asana sono ben determinate posture del corpo o sequenze di movimenti. Ogni asana ha specifici effetti sul piano fisico e mentale. Gli asana favoriscono l’irrorazione sanguigna selettiva di alcuni distretti corporei, equilibrando le funzioni di organi e ghiandole. L’attenzione sull’esperienza fisica, la percezione delle sensazioni prevalenti in alcuni distretti del corpo o il passare in rassegna le diverse parti del corpo (body scan) aiuta ad essere consapevoli del momento presente (Yogi Bhajan, 2006). Il pranayama nello Yoga è la scienza del respiro (prana = energia vitale e ayam = espansione). Racchiude un insieme di tecniche di controllo del respiro con effetti specifici sul corpo e sulla mente e sono fondamentali nelle pratiche yoga. Porre attenzione semplicemente al proprio respiro naturale, all’aria che entra ed esce dal naso, al percepire l’espansione dell’addome e dei polmoni e al movimento dell’ombelico con l’inspirazione e l’espirazione, produce diversi effetti, quali l’incremento del focus attentivo sul corpo e sulla mente.

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Il respiro si caratterizza per frequenza, ritmo, e sospensione; inoltre, per la via di accesso e di uscita: la bocca e il naso (entrambe le narici o narici alterne). La modifica della frequenza, del ritmo, dei tempi, della sospensione e della via di accesso produce effetti specifici riproducibili. Normalmente, respiriamo ad un ritmo di 16/20 cicli al minuto. Se riduciamo la frequenza del respiro, assistiamo ai seguenti cambiamenti:

• otto cicli al minuto: si attiva il sistema nervoso parasimpatico, con sensazione di rilassamento

• quattro cicli al minuto: si rallenta il flusso dei pensieri, con riduzione dell’ansia • un ciclo al minuto: si seda molto efficacemente la paura e la mente diventa più

lucida. Enfatizzare l’inspirazione stimola il sistema nervoso simpatico, aumenta la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa e l’attenzione. Enfatizzare l’espirazione significa attivare il sistema nervoso parasimpatico, abbassare la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa, stimolare il sistema digestivo favorendo il rilassamento. Si può ottenere l’attivazione del sistema nervoso simpatico o parasimpatico anche con la sospensione del respiro rispettivamente in dentro e in fuori (in dentro trattenendo l’aria tra l’inspirazione e l’espirazione, in fuori trattenendo l’aria tra l’espirazione e l’inspirazione). Nella tradizione yogica respirare con la narice destra ha effetti attivanti, respirare con la narice sinistra ha effetti rilassanti, respirare dalla bocca ha effetti rinfrescanti e disintossicanti (Yogi Bhajan, 2012). Bibliografia Yogi Bhajan Ph D, L’Insegnante dell’Era dell’Acquario. Corso di Formazione Internazionale del KRI per Insegnanti di Kundalini Yoga come insegnato da Yogi Bhajan, Yogi Bhajan Kundalini Research Institute, 2012 Yogi Bhajan Ph D, Praana, Pranee, Pranayam, Kundalini Research Institute, New Mexico, 2006 I fini di salute dello Yoga

Lo Yoga è per lo più pratica e gli effetti della pratica si possono solo sperimentare valutandone l’efficacia. Inizialmente, lo Yoga veniva insegnato a persone che godevano di buona salute e che volevano dedicare la propria vita allo studio dell’intero sistema yogico. Tale disciplina veniva praticata col fine ultimo della realizzazione spirituale, non a scopo terapeutico. Quest’ultimo può essere visto come un effetto secondario, di cui i grandi maestri si sono accorti: praticando Yoga, anche il corpo fisico e la mente ne traevano beneficio e venivano mantenuti in salute. Nel corso dei secoli, i maestri hanno deciso di rendere accessibile lo yoga a un numero sempre maggiore di persone, acconsentendo a insegnarlo anche a chi fosse interessato solo ai benefici fisici e mentali. Ai giorni nostri in Occidente la maggior parte delle persone si avvicina allo Yoga per problemi di salute: tipicamente, per lombalgia, gonalgia, dolore cronico, disturbi d’ansia, tratti depressivi, nel trattamento delle dipendenze, per dimagrire, per gestire lo stress. Uno degli aspetti chiave dello Yoga è la sua funzione pedagogica: sviluppa la capacità di

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prendersi cura di sé (self-empowering). E’ interessante notare come queste persone, inizialmente escluse a priori dal percorso, ora rappresentino la maggior parte dei praticanti. Il punto di vista è completamente cambiato: dallo Yoga come disciplina olistica capace di condurre alla realizzazione spirituale e in grado di prevenire patologie fisiche e mentali, allo Yoga visto come un grande insieme di tecniche da poter utilizzare separatamente le une dalle altre per il trattamento di diverse patologie. Questo approccio si riscontra anche nella letteratura scientifica: gli studi vengono condotti quasi sempre su soggetti malati, valutando gli effetti di una o più pratiche di Yoga nel trattamento di una particolare patologia o nella prevenzione delle ricadute nei pazienti con dipendenze. Mancano invece grandi studi prospettici in grado di valutare l’efficacia dello Yoga nella prevenzione delle patologie fisiche e psichiche.

Lo Yoga nel trattamento delle dipendenze

Qualunque sia la dipendenza, la via dell’emancipazione da essa è piena di ostacoli e spesso il paziente può cadere in stati di ansia e paura con aumento di flusso dei pensieri, agitazione e confusione e con conseguenti ridotte capacità di fare delle scelte. Intraprendere un percorso di cura significa dover affrontare molti processi psicologici di cambiamento, tra i quali il saper riconoscere i pensieri ricorsivi e le gestualità rituali e sociali che rinforzano il craving in un continuum di ampliamento di consapevolezza. Il processo di consapevolezza agisce profondamente sui livelli motivazionali, soprattutto se la motivazione è coltivata, elaborata, accompagnata, rafforzata, sia nei trattamenti di gruppo, che in quelli individuali. Il processo di separazione da schemi comportamentali acquisiti e connessi agli stati di dipendenza può comportare ansia da perdita, che coinvolge profondamente i livelli affettivi (“Non so rinunciare a questo piacere”) e provoca uno stato di preoccupazione con senso di smarrimento. Ciò comporta nel paziente la difficoltà ad immaginare, progettare e realizzare pensieri e comportamenti alternativi a quelli indotti dalla dipendenza. La consapevolezza può diventare uno strumento importante per conoscere i processi di funzionamento dei pensieri e dei comportamenti propri e favorire nuovi schemi di rappresentazione del sé e di sé in relazione al mondo. Lo Yoga offre un insieme di strategie in favore dello sviluppo della consapevolezza, attraverso pratiche disciplinari ed educative atte a favorire la riduzione del flusso dei pensieri, favorendo così prima l’attitudine e poi l’abitudine alla focalizzazione dell’attenzione. Lo yoga grazie alle pratiche di pranayama (respirazione), di asana (posizioni) e di visualizzazione o concentrazione (meditazione), aiuta la gestione dell’ansia e dello stress associato al craving (Mukta K.K., 2014). Esistono studi che evidenziano vantaggi derivanti da diverse pratiche Yoga nella dipendenza da oppioidi, tabacco ed alcol (Dhawan et al., 2015; Reddy et al., 2014). Questi dati sono nel complesso molto incoraggianti.

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Sulla base di queste brevi considerazioni, quindi, lo Yoga comincia a non essere più considerato come una terapia alternativa alla medicina e alla psicologia, ma come un sistema che si integra con i trattamenti tradizionali. Purtroppo, gli studi non sono uniformi, come non sono uniformi gli insegnamenti nelle diverse scuole yoga (Hatha, Raja, Iyengar, Asthanga, Kundalini, Nada, etc.). Nelle sperimentazioni inoltre non è proponibile il doppio cieco e quindi le simpatie o i pregiudizi personali degli operatori e dei pazienti possono interferire sui risultati. E’ evidente quindi la necessità di ulteriori studi con protocolli definiti e riproducibili. Bibliografia Mukta Kaur Khalsa, Healing Addictive Behavior. Yogic Science for Transformation as taught by Yogi Bhajan, Ed I WAS PRESS, China, 2014 Dhawan A., Chopra A., Jain R. and Vedamurthachar, Effectiveness of yogic breathing interventation on quality of opioid dependent users, Int J Yoga 2015 Jul-Dec,8(2):144-147 Reddy S., Dick A.M., Gerber M.R., Mitchell K., The Effect of a Yoga Intervention on Alcohol and Drug Abuse Risk in Veteran and Civilian Women with Posttraumatic Stress Disorder, J Altern Complement Med. 2014 Oct 1; 20(10): 750-756.

Lo Yoga nel trattamento del tabagismo

Nonostante l’utilizzo di terapie farmacologiche e comportamentali, la cura della dipendenza da nicotina rappresenta ancora una sfida. Numerosi studi descrivono il possibile ruolo dello Yoga e di altre meditazioni nel trattamento del tabagismo. Una ricerca (Sood et al., 2006) ha evidenziato che nell’ultimo decennio una percentuale significativa di fumatori (il 27%) utilizzava tecniche di Medicina Alternativa in aggiunta o da sola come metodo per smettere di fumare. Inoltre, il 67% dei fumatori sarebbe stato interessato all’uso di tali tecniche per ridurre i sintomi dello stress e per aiutarli a smettere di fumare. In letteratura, si trovano alcuni studi sugli effetti dello Yoga nel trattamento del tabagismo. Nonostante vengano utilizzate tecniche diverse in termini di modi e tempi di esecuzione, i risultati sono in tutti i casi positivi e incoraggianti, rispetto all’utilità dello Yoga nella cessazione del fumo (riduzione del craving, aumento della percentuale di successo, riduzione del numero di sigarette fumate) (Bock, 2012; Carim-Todd, 2013; Dai e Sharma, 2014; Elibero, 2011; Kochupillai, 2005). La scelta delle tecniche da proporre Non ci sono controindicazioni assolute alla pratica dello Yoga, ma controindicazioni specifiche per una particolare tecnica o esercizio. A tal fine, è importante una formazione degli operatori nel valutare, caso per caso, la persona a cui si trasmette una particolare pratica. Le tecniche da noi selezionate sono state scelte facendo attenzione a diversi aspetti, tra cui:

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• semplicità d’esecuzione • rapidità di apprendimento: bastano pochi minuti in un’unica seduta perché il

soggetto acquisisca la tecnica, potendola poi eseguire in autonomia anche senza la supervisione di un operatore

• basso numero di controindicazioni, che verranno segnalate di volta in volta nella trattazione della tecnica distensiva

• possibile esecuzione da seduti, senza bisogno di ampi spazi o di tappetini a terra • semplicità nella formazione di operatori per l’insegnamento delle tecniche

selezionate, che non necessitano di una formazione specifica nell’insegnamento di tutta la tradizione yogica; la formazione necessaria dovrebbe includere, tuttavia, anche la sperimentazione della tecnica stessa da parte dell’operatore, affinché possa egli stesso fare esperienza su di sé degli effetti della pratica e delle eventuali difficoltà che il praticante può incontrare.

Per i motivi sopra riportati, abbiamo escluso dalla selezione gli asana, ovvero le posture dello yoga; tali pratiche sono quelle che presentano il maggior numero di controindicazioni, richiedono una maggior formazione specifica degli operatori, nonché ampi spazi per essere praticate. Per tali ragioni, abbiamo inserito nelle schede delle buone prassi in Veneto di questa sezione solamente tecniche di respirazione. Abbiamo altresì ritenuto utile presentare di seguito un paragrafo relativo a Yoga Nidra dato che, pur non essendo ancora stato utilizzato in Veneto per il trattamento del tabagismo, potrebbe trovare in questo le seguenti applicazioni:

• controllo del craving • rilassamento delle tensioni sia fisiche che emotive • miglioramento del sonno, che spesso risulta alterato sia nei tabagisti, sia nei

fumatori che stanno smettendo; coloro che adottano questa tecnica nella routine quotidiana si accorgono subito di un profondo cambiamento nel loro modo di dormire

• modificazione di abitudini e condizionamenti mediante il sankalpa (vedi oltre) • facilità di insegnamento ai pazienti e facilità di apprendimento da parte di terapeuti

non già praticanti. Lo Yoga Nidra

“Nidra” significa sonno in sanscrito, ma Yoga Nidra non corrisponde alla comune concezione di sonno. Yoga Nidra è un metodo sistematico per imparare a rilassarsi consciamente (Swami Satyananda Saraswati, 1998). Solo rimanendo consapevoli si può raggiungere un rilassamento assoluto, durante uno stato di sonno dinamico (passaggio fra le varie fasi del sonno). L’aspetto caratteristico di Yoga Nidra è la rotazione sistematica della coscienza nel corpo (vedi oltre), la cui origine si trova nella pratica tantrica del nyasa (che significa “mettere” o “portare la mente su quel punto”). Nella pratica di nyasa venivano utilizzati mantra specifici, recitandoli o sentendoli nelle diverse parti del corpo. Era un mezzo per immettere una consapevolezza elevata nelle varie parti del corpo. La pratica di nyasa è stata riadattata da Swami Satyananda Saraswati per renderla accessibile, nella formulazione di Yoga Nidra, anche alle persone che non sono familiari coi mantra in sanscrito.

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Nyasa veniva praticato da seduti; Yoga Nidra invece viene eseguito tradizionalmente nella posizione di shavasana: in posizione supina, con le gambe distese e separate e i piedi che cadono all’esterno, le braccia distese, non a contatto col corpo, i palmi delle mani rivolti verso l’alto e il mento leggermente rivolto allo sterno. Tuttavia, può essere eseguito anche in posizione seduta. I soggetti vengono invitati a rimanere immobili durante tutta la durata della pratica, pertanto è opportuno che la posizione sia comoda. E’ importante rimanere svegli, ma, se il soggetto si addormenta durante la pratica, non è un problema e Yoga Nidra agisce comunque, anche se con minor beneficio. Andando ad agire in profondo sull’inconscio del soggetto, è molto importante che venga applicata così com’è stata insegnata dai maestri, secondo uno schema specifico, senza attuare modifiche o personalizzazioni. La pratica comprende diverse fasi:

• preparazione • rilassamento • risoluzione • rotazione della coscienza • attenzione al respiro • evocazione di sensazioni opposte • visualizzazioni • conclusione.

La preparazione serve ad introdurre il soggetto alla pratica e a preparare la mente e il corpo al rilassamento. Quest’ultimo viene evocato invitando il soggetto a chiudere gli occhi, rilassare tutto il corpo e diventare immobile. Il sankalpa (termine sanscrito tradotto con risoluzione) è il seme del cambiamento, una risoluzione che prende la forma di una breve affermazione mentale che s’imprime nella mente subconscia quando questa è ricettiva e sensibile ad autosuggestioni. La risoluzione che si prende all’inizio della pratica diventerà una potente direttiva nella vita dell’individuo. Inizialmente, il sankalpa veniva utilizzato per la realizzazione spirituale; nella nostra epoca può essere utilizzato anche per scopi motivazionali o terapeutici e può essere applicato anche nel campo delle dipendenze (ad esempio: “Io vivo libero/a dal fumo”). Lo scopo del sankalpa non è quello di soddisfare i desideri, ma di creare forza nella struttura della mente. Dopo la risoluzione, si ha la rotazione della coscienza, attraverso le diverse parti del corpo: si porta l’attenzione consapevole inizialmente alle singole parti del corpo seguendo le indicazioni del conduttore, poi ad interi distretti corporei e infine a tutto il corpo insieme. Il cervello è il mediatore fisico della coscienza, colui che lega la mente, il corpo e le emozioni in un’unità armoniosa. Il praticante di Yoga Nidra aumenta la consapevolezza del corpo, in modo da stimolare il cervello. In questo modo, Yoga Nidra rilassa la mente rilassando il corpo. Nella corteccia somatosensoriale si ha il cosiddetto omuncolo, ovvero una rappresentazione sensoriale di tutte le aree del corpo. Durante la pratica di Yoga Nidra, facendo una rotazione della coscienza, attraverso le diverse parti del corpo, si va a ad agire sulle diverse aree della corteccia somatosensoriale, con una conseguente esperienza soggettiva di rilassamento. Dal corpo, l’attenzione viene poi mossa al respiro e si chiede di portare un conto mentale dei respiri – solitamente 18 respirazioni in una pratica breve – , tornando indietro da 18 a 1 (“inspiro 18, espiro 18, ispiro 17, espiro 17 [...] inspiro 1, espiro 1”).

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Dopo la consapevolezza del respiro, la pratica procede verso il risveglio di sensazioni ed esperienze. Mentre si risvegliano le sensazioni opposte di pesantezza e leggerezza, caldo e freddo, piacere e dolore, si va ad agire a livello centrale, stimolando i centri cerebrali responsabili del mantenimento dell’omeostasi (ad esempio, il centro del dolore, del piacere, del controllo della temperatura, ecc.). Dopo l’evocazione di sensazioni opposte, si ha la visualizzazione. Uno dei problemi più frequenti che si incontrano nella pratica di Yoga Nidra è proprio la difficoltà nel visualizzare (Swami Satyananda Saraswati, 1998). Con la pratica, le immagini inizieranno ad apparire in modo spontaneo e naturale. Il sankalpa viene ripetuto prima della conclusione, che prepara il soggetto a uscire dalla pratica a lo riporta al normale stato di veglia. In Yoga Nidra il fattore importante è semplicemente quello di seguire le istruzioni dell’insegnante e di osservare, con totale consapevolezza e distacco, qualsiasi esperienza che potrebbe emergere. Sono stati eseguiti studi elettroencefalografici (EEG) per studiare le modificazioni delle onde cerebrali indotte da tale pratica. Durante Yoga Nidra il tracciato EEG è caratterizzato da onde alfa, con periodici intervalli di onde beta e theta, che indicano rispettivamente lo stato di veglia e il sonno con sogni. Durante il processo ininterrotto di discesa dalla veglia al sonno profondo (ciò che avviene normalmente), la frequenza normale delle onde cerebrali passa da beta a theta fino a delta. In Yoga Nidra, invece, si ha una netta prevalenza di onde alfa, che sono quelle corrispondenti al rilassamento più profondo, consentendo pertanto un rilassamento molto più profondo di quello che si ottiene col normale sonno, in cui vi è il passaggio diretto da beta a theta. E’ stato dimostrato mediante EEG che i maestri esperti nella pratica di Yoga Nidra possono passare consapevolmente da uno stato all’altro di coscienza (veglia, sonno con sogni e sonno profondo), con le rispettive alterazioni nelle onde cerebrali visibili all’EEG (Green, 1971). Durante tale pratica, i maestri sono in grado di rimanere consapevoli di tutto ciò che succede attorno a loro, anche durante un apparente sonno profondo (Green, 1971). Ciò succede perché nello stato di sonno profondo c'è molta più consapevolezza di quando si è nello stato di sogno. Nella psicologia moderna tale stato viene definito stato ipnagogico. Suggestioni impresse in questo stato hanno buoni risultati nel rimuovere abitudini e tendenze indesiderate. Durante numerosi esperimenti scientifici sono stati registrati parametri fisiologici durante Yoga Nidra, dimostrando non solo una variazione dei ritmi elettrici cerebrali, ma anche un rallentamento della frequenza cardiaca, una riduzione della pressione sanguigna sistolica e diastolica, alcune modificazioni dei livelli degli ormoni dello stress circolanti (tra cui adrenalina e cortisolo) e una diminuzione dell’attività del sistema nervoso simpatico, come si può notare da un aumento della resistenza galvanica della pelle (Swami Satyananda Saraswati, 1998). Alcuni test psicologici hanno dimostrato un aumento della capacità di concentrazione e dei più elevati livelli di benessere mentale e fisico. Per quanto è possibile reperire dalla letteratura scientifica, Yoga Nidra si è dimostrato un valido strumento in diversi ambiti della medicina, tra cui:

• superamento dei traumi nei veterani di guerra (Stankovic, 2011) • riduzione di ansia e depressione correlate a problemi mestruali (Rani et al., 2016) • riduzione dei livelli di glicemia nei pazienti diabetici (Amita et al., 2009) • miglior controllo della pressione arteriosa nei soggetti ipertesi (Swami Satyananda

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Saraswati, 1998) Bibliografia Amita S, Prabhakar S, Manoj I, Harminder S, Pavan T. Effect of yoga-nidra on blood glucose level in diabetic patients. Indian J Physiol Pharmacol. 2009 Jan-Mar;53(1):97-101. Bock B.C., Fava J.L., Gaskins R., Morrow K.M. Williams D.M., Jennings E., Becker B.M., Tremont G., Marcus B.H. Yoga as a Complementary Treatment for Smoking Cessation in Women. Journal of Women’s Health. 2012 Feb;21(2):240-8 Carim-Todd L., Mitchell S.H., Oken B.S., Mini-body practices: an alternative, drug free treatment for smoking cessation? A systematic review of the literature. Drug Alcohol Depend. 2013 Oct 1;132(3):399-410 Elibero A. Van Rensburg K.J., Drobes D.J. Acute effects of aerobic exercise and Hatha yoga on craving to smoke. Nicotine and Tobacco Research. 2011 Vol 13, Number 11:1140-1148 Green E.E., The Varieties of Healing Experience – Exploring Psychic Phenomena in Healing, Academy of Parapsychology and Medicine (Stanford University), 1971 Kochupillai V., Effect of Rhytmic breathing (Sudarshan Krya and Pranayama) on immune function and tobacco addiction. Ann New York Academy of Science, 2005. Rani K, Tiwari SC, Kumar S, Singh U, Prakash J, Srivastava N. Psycho-Biological Changes with Add on Yoga Nidra in Patients with Menstrual Disorders: a Randomized Clinical Trial. J Caring Sci. 2016 Mar 1;5(1):1-9 Sood A., Ebbert J.O., Sood R., Stevens S.R., Complementary treatments for tobacco cessation: a survey. Nicotine Tob Res. 2006; 8: 767-771 Stankovic L. Transforming trauma: a qualitative feasibility study of integrative restoration (iRest) yoga Nidra on combat-related post-traumatic stress disorder. Int J Yoga Therap. 2011;(21):23-37 Swami Satyananda Saraswati, Yoga Nidra, Yoga Publications Trust, Mungher, Bihar, India, 1998

Le buone prassi in Veneto

Nelle seguenti schede vengono presentate sei pratiche di respirazione yoga utilizzate in contesti individuali e di gruppo nel trattamento del tabagismo. Come già sottolineato, sono state scelte sulla base dell’esperienza degli operatori per la loro semplicità ed efficacia, generalmente al fine di ridurre lo stress ed il craving. Le pratiche che verranno descritte sono le seguenti:

• Shitali – Respirazione Rinfrescante Corpo-Mente (Ulss 5) • Respirazione Purificante (Ulss 5) • Respiro anti Craving (Ulss 20) • Respiro Lento e Profondo (Ulss 20) • Meditazione per Bilanciare –Prospettiva ed Equilibrio Emotivo (Ulss 20)

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• Sitali Pranayama (Ulss 20)

SHITALI – Respirazione Rinfrescante Corpo-Mente (Ulss 5)

Contesto in cui viene utilizzato Pratica da proporre durante il TGFumo a partire dal 3° incontro di gruppo o come pratica anticraving in Ambulatorio Trattamento Tabagismo, dopo training e sperimentazione individuale, a partire dal 3° incontro. Destinatari Fumatori in trattamento di gruppo o individuale. Finalità generale La Respirazione Pranayama è una pratica yogica di respirazione per ridurre il craving raffreddando la cavità orale attraverso l’aria inspirata. La pratica ha effetti benefici sulla riduzione dell’ansia. Obiettivi specifici Shitali o Sheetali Pranayama (शीतल�) è una pratica per raffreddare la bocca, e il corpo. La

respirazione agisce sul sistema nervoso e risulta utile per placare l'eccessiva attività della mente. Nella tradizione yogica, la pratica viene utilizzata per espellere le tossine dal corpo e per ridurre rapidamente l'ansia e lo stress. Può favorire la riduzione della pressione arteriosa. Descrizione della pratica La pratica, nello yoga classico, prevede di sedere comodamente con le gambe incrociate (posizione facile) o in VAJARASANA (posizione del diamante) a terra sul tappetino, prima di eseguire SHITALI PRANAYAMA. Tuttavia, è possibile eseguire questo tipo di respirazione rimanendo semplicemente seduti su una sedia, con i piedi a terra senza incrociare le gambe, tenendo i palmi delle mani rivolti verso l’alto. Una volta raggiunta la posizione seduta indicata, si inizia la respirazione come da indicazioni seguenti, restando comodamente fermi per tutta la durata della pratica. Controindicazioni La pratica è da utilizzare con moderazione nelle persone che soffrono di ipotensione e disturbi respiratori (asma). Questa pratica, è consigliabile a partire dal 3° incontro del TGFumo. La pratica dura non più di 15 minuti comprese le necessarie indicazione dei conduttori per la corretta esecuzione. Si consiglia di usare questa pratica a fine serata, prima di dare le indicazioni dietologiche per i giorni successivi e congedare il gruppo. La tecnica non è stata sperimentata nel contesto individuale dell’Ambulatorio.

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La respirazione per la sua semplicità di istruzioni e di esecuzione, non necessita di particolari competenze tecniche. Può essere proposta da operatori formati alla gestione delle problematiche fumo correlate, anche dopo un breve training. Esecuzione della pratica SHITALI PRANAYAMA (con variante): • Sedere in modo confortevole su una sedia con le mani posate sulle gambe e con i palmi

rivolti verso l’alto • Eseguire tre lenti e profondi respiri completi attraverso il naso. Osservare l’entrata e

l’uscita del respiro attraverso le narici con gli occhi chiusi • Sentire il corpo appoggiato alla sedia e il respiro naturale che fluisce tranquillamente • Quando la mente è calma e si percepisce il presente con i suoi rumori esterni, ed interi,

arrotolare la lingua per il lungo a forma di tubo e farla sporgere dalla bocca (vedi figura)

• Con la lingua posizionata, inspirare lentamente dalla bocca attraverso la lingua esterna arrotolata, senza forzare. Osservare la sensazione di aria che rinfresca la bocca

• Quando l’inspirazione è completa, riportare rapidamente la lingua in bocca chiudendo le labbra

• Trattenere il respiro qualche secondo prima di espirare attraverso il naso • Alla fine dell’espirazione dal naso, provare a stare qualche secondo senza aria nei

polmoni, apprezzando il senso di leggerezza e di vuoto prima di riprendere la fase di inspirazione attraverso la bocca e la lingua arrotolata (nel caso in cui non si riuscisse ad arrotolare la lingua, si può eseguire l’inspirazione con “il becco di corvo”, stringendo le labbra come per dare un bacio, lasciando un piccolo spazio per il passaggio dell’aria in inspirazione ed espirando con il naso)

• Ripetere la respirazione per 5-10 volte. Meglio partire ripetendo la respirazione per 5 volte la prima volta, incrementando nelle volte successive fino a 10 volte al giorno

• Osservare il raffreddamento della lingua e lo stato mentale.

Operatori che svolgono l’intervento Luca Sambugaro – Educatore Professionale

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Bibliografia Lothar-Rudiger Lutge, Yoga Kundalini, 2003, Macro Edizioni http://www.astrogle.com/yoga/sheetali-pranayama-seetkari-pranayama-steps-benefits.html D. Orlandini (a cura di), Trattamento di gruppo per smettere di fumare. Manuale operativo per conduttori, Direzione Regionale Prevenzione – Regione del Veneto, 2010 La scheda del Gruppo Trattamento Tabagismo dell’Ulss 5

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Respirazione Purificante (Ulss 5)

Contesto in cui viene utilizzato TGFumo o Ambulatorio Trattamento Tabagismo. Pratica da proporre durante il TGFumo a partire dal 3° incontro di gruppo o come pratica anticraving in Ambulatorio dopo training e sperimentazione individuale a partire dal 3^ incontro. Destinatari Fumatori in trattamento di gruppo o individuale. Finalità generale La Respirazione Purificante libera i polmoni, i bronchi e la gola da molte impurità e aiuta ad espellere il catarro. Migliora la percezione della gola e rinforza il sistema respiratorio. Obiettivi specifici Liberare il sistema respiratorio da impurità, rilassare e distendere il sistema nervoso; rilassamento dell’area delle spalle e del collo. Descrizione della pratica Questa pratica è consigliabile a partire dal 3° incontro del TGFumo. La pratica dura non più di 15 minuti, comprese le necessarie indicazione dei conduttori per la corretta esecuzione. Si consiglia di usare questa pratica a fine serata, prima di dare le indicazioni dietologiche per i giorni successivi e congedare il gruppo. La respirazione, per la sua semplicità di istruzioni e di esecuzione, non necessita di particolari competenze tecniche. Può essere proposta da operatori formati alla gestione delle problematiche fumo correlate, anche dopo un breve training. Esecuzione – Pranayama (respirazione): respirazione completa con inspirazione lenta, ed espirazione in fasi –: 1. Posizionarsi in piedi, piedi paralleli e separati della larghezza dei fianchi 2. Respirare naturalmente e rilassare le spalle 3. Inspirare profondamente ed espirare 4. Inspirare profondamente, dall'addome alle spalle riempiendo tutto lo spazio interno

dell'addome e del torace di aria 5. Continuare ad inspirare fino a sollevare contemporaneamente le spalle fino alle

orecchie 6. Trattenere il respiro da 3 a 15 secondi 7. Espirare: a) lasciare cadere le spalle mentre si espira con energia la maggior parte dell'aria come

soffiando in una cerbottana attraverso le labbra disposte come per fischiare (gesto del corvo) o per fare una “O”

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b) trattenere il respiro (ritenzione) dopo la prima espirazione per 2-3 secondi e poi fare seguire una serie di brevi e secche espirazioni, sempre attraverso la bocca e sempre verso l’esterno, mentre le spalle si abbassano completamente e ci si sente totalmente svuotati e privi d’aria. Nella fase b) ci si può aiutare ad espellere l’aria portando il busto in avanti

8. Fare qualche respiro di intervallo prima di ripetere la respirazione 9. Ripetere da 3 a 11 volte. Operatori che svolgono l’intervento Luca Sambugaro, Educatore professionale – Coordinatore dei SERD di Montecchio Maggiore e Valdagno e dell’U.O. Dipendenze Patologiche e Trattamento Tabagismo dell'ULSS 5 Ovest Vicentino. Bibliografia Morelli M., Le tecniche di respirazione Yoga. L’arte del pranayama per assorbire l’energia vitale, collana “L’altra medicina”, RED, 2007 D. Orlandini (a cura di), Trattamento di gruppo per smettere di fumare. Manuale operativo per conduttori, Direzione Regionale Prevenzione – Regione del Veneto, 2010 Per visionare il video della pratica: http://thisisyoga.org/it/video/videre/respirazione-purificante/

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La scheda dell’Ambulatorio Trattamento Tabagismo dell’Ulss 5

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Respiro anti-craving (Ulss 20)

Contesto in cui viene utilizzato Individuale all’interno dell’Ambulatorio Trattamento Tabagismo Ulss 20 o in contesto di gruppo, inserito nel Ciclo di Riabilitazione Alcologica presso l’Ospedale di Marzana (Verona), dove il 90% dei pazienti è costituito da fumatori attivi. Destinatari E’ indicato per fumatori e fumatrici in trattamento individuale o gruppale per gestire gli episodi di craving. Finalità generale Riduci i sintomi legati all’ansia ed aumenta la capacità di autocontrollo. Obiettivi specifici Aiutare a gestire il craving da fumo e/o da altre sostanze. Descrizione dell’intervento Seduti in posizione facile o seduti su una sedia, con i piedi a terra, paralleli. Mani sulle cosce. Occhi chiusi, se possibile. Si inspira da naso per 5 secondi, si trattiene l’aria nei polmoni per 5 secondi e si espira dal naso in 5 secondi. Si ripete questo ciclo per almeno 7 volte. Si può aumentare anche fino a 20-25 volte, fino ad ottenere il risultato desiderato. Si consiglia di ripetere l’esercizio quotidianamente per almeno 40 giorni per familiarizzare con esse e poterlo utilizzare quando necessario. Operatori che svolgono l’intervento Flavia Corso – Medico Internista Bibliografia Mukta Kaur Khalsa, Healing Addictive Behavior. Yogic science for Transformation, I Was There, China, 2014

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La scheda dell’Ambulatorio Trattamento Tabagismo dell’Ulss 20

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Respiro Lento e Profondo (Ulss 20)

Contesto in cui viene utilizzato Individuale all’interno dell’Ambulatorio Trattamento Tabagismo Ulss 20 o in contesto di gruppo, inserito nel Ciclo di Riabilitazione Alcologica presso l’Ospedale di Marzana (Verona), dove il 90% dei pazienti è costituito da fumatori attivi. Destinatari Fumatori e fumatrici in trattamento individuale o gruppale. Finalità generale Riduce l’ansia e la distrazione, favorendo la consapevolezza. Obiettivi specifici Gestire il craving riducendo l’emotività. Descrizione dell’intervento Seduto in posizione facile o su una sedia con le mani sulle ginocchia. Schiena diritta. Chiudere gli occhi se possibile, focalizzandoli sul punto tra le sopracciglia. Si inspira profondamente dal naso, riempiendo dapprima l’addome e successivamente il torace. Si trattiene per un istante. Si espira lentamente dal naso, contraendo delicatamente l’ombelico. Continuare per qualche minuto (1-3 min, per iniziare). Alla fine, si inspira profondamente, si trattiene l’aria per 5-10 secondi e si espira. Operatori che svolgono l’intervento Flavia Corso – Medico Internista Bibliografia Mukta Kaur Khalsa, Healing Addictive Behavior. Yogic Science of Transformation, I Was There, China, 2014 La scheda dell’Ambulatorio Trattamento Tabagismo dell’Ulss 20 Vedi scheda precedente

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Meditazione per Bilanciare – Prospettiva ed Equilibrio Emotivo (Ulss 20)

Contesto in cui viene utilizzato Individuale all’interno dell’Ambulatorio Trattamento Tabagismo Ulss 20 o in contesto di gruppo, inserito nel Ciclo di Riabilitazione Alcologica presso l’Ospedale di Marzana (Verona), dove il 90% dei pazienti è costituito da fumatori attivi. Destinatari Fumatori e fumatrici in trattamento individuale o gruppale. Finalità generale Quando ci si alza di cattivo umore e per gestire il senso di irrequietezza ed insoddisfazione e per favorire il sonno la sera. Obiettivi specifici Aumentare la capacità di gestire il craving attraverso un maggior controllo emotivo. Descrizione dell’intervento Seduti in posizione facile o su una sedia con i piedi a terra paralleli. Mano sinistra sulla coscia, in Gyan Mudra (pollice ed indice uniti). Occhi chiusi se possibile. Con il pollice della mano destra si chiude la narice destra e si inspira profondamente dalla narice sinistra. Si trattiene un attimo, si libera la narice destra e con l’indice o il mignolo della mano destra si chiude la narice sinistra e si espira delicatamente dalla narice destra. Ripetere, senza pausa, inspirando sempre dalla narice sinistra ed espirando sempre dalla narice destra. Continuare con un respiro lungo, lento e profondo per 10 minuti. Operatori che svolgono l’intervento Flavia Corso – Medico Internista Bibliografia Yogi Bhajan Ph D, L’Insegnante dell’Era dell’Acquario. Corso di Formazione Internazionale del KRI per Insegnanti di Kundalini Yoga come insegnato da Yogi Bhajan, 2012, Yogi Bhajan Kundalini Research Institute

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La scheda del Gruppo Trattamento Tabagismo dell’Ulss 20

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SITALI PRANAYAMA (Ulss 20)

Contesto in cui viene utilizzato Individuale all’interno dell’Ambulatorio Trattamento Tabagismo Ulss 20 o in contesto di gruppo, inserito nel Ciclo di Riabilitazione Alcologica presso l’Ospedale di Marzana (Verona), dove il 90% dei pazienti è costituito da fumatori attivi. Destinatari Fumatori e fumatrici in trattamento individuale o gruppale. Finalità generale E’ un esercizio che rinfresca e disintossica. Usato per ridurre sia la temperatura corporea che le emozioni “calde”. Migliora la digestione. Obiettivi specifici Nel fumatore è disintossicante. Aiuta a gestire il nervosismo e la reattività, spesso associati al craving. Descrizione dell’intervento Seduti con le mani sulle ginocchia, occhi chiusi se possibile. Si mette la lingua ad U, sporgendola dalle labbra. Geneticamente per alcune persone è un movimento non possibile: in alternativa si mettono le labbra a becco o come se si dovesse spegnere una candela. Si inspira profondamente dalla bocca. Si rimane un attimo in pausa e si espira lentamente dal naso (chiudendo la bocca). Si pratica inizialmente per 1-3 minuti o, in alternativa, 26 volte la mattina e 26 volte la sera. Operatori che svolgono l’intervento Flavia Corso – Medico Internista Bibliografia Yogi Bhajan Ph D, L’Insegnante dell’Era dell’Acquario. Corso di Formazione Internazionale del KRI per Insegnanti di Kundalini Yoga come insegnato da Yogi Bhajan, 2012, Yogi Bhajan Kundalini Research Institute Mukta Kaur Khalsa, Healing Addictive Behavior. Yogic Science of Transformation, I Was There, China, 2014 La scheda del Gruppo Trattamento Tabagismo dell’Ulss 20 Vedi scheda precedente

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La Mindfulness

Introduzione

Mindfulness deriva dalla parola pali sati, che indica consapevolezza, attenzione e ricordo ed è traducibile in italiano con consapevolezza. La prima traduzione di sati in mindfulness risale agli anni ’20, ma è negli ultimi vent’anni che la Mindfulness ha preso piede come pratica psicoterapeutica occidentale. La meditazione di Mindfulness trae le sue radici dal buddhismo e si fonda sull’accettazione dell’esperienza vissuta, sull’atteggiamento compassionevole verso la propria e altrui sofferenza, sulla capacità di auto-osservazione non giudicante e sull’idea che la mente può osservare se stessa e comprendere la propria natura (Di Donna, 2012). La sua applicazione è basata sulla pratica di meditazione orientale Theravada e si fanno esercizi di pratica formale (meditazione seduta, meditazione camminata, yoga, body-scan, ecc.) e pratica informale (attenzione consapevole alle attività quotidiane, quali ad esempio: mangiare, fare la doccia, pulire casa, ecc.). L’obiettivo principale consiste nel modificare il rapporto con la propria esperienza interiore, sviluppando abilità per poterla osservare mentre accade (Bowen, Chawla e Marlatt, 2013). Nelle lingue asiatiche la parola mente è la stessa che indica il cuore. E’ quindi importante ricordare che per una vera pienezza di consapevolezza è necessaria una piena consapevolezza del cuore. In tutte le pratiche mindfulness si enfatizza l’unitarietà mente-corpo: il riconoscimento e la descrizione delle sensazioni e delle percezioni del corpo veicolano informazioni riguardo la sfera emotivo-cognitiva (Di Donna, 2012). Per il modello buddhista della mente e della salute mentale esistono cinquanta fattori mentali che influiscono sulla lettura che ogni persona può dare degli eventi. Tali fattori possono essere negativi, portando disequilibrio, o positivi, neutralizzanti i negativi. Fra i fattori mentali negativi fondamentali abbiamo:

• illusione o ignoranza: difetto di percezione che non permette di vedere le cose in modo chiaro e libero da pregiudizi e giudizi

• attaccamento o desiderio, che porta a bisogni egoistici di appagamento, idealizzando ciò che si desidera e portando a rimanere ancorati ad un oggetto, stato o pensiero

• avversione o ostilità, in cui vi è il bisogno o impulso ad eliminare o evitare ciò che è spiacevole o indesiderabile. La realtà viene distorta e vista come negativa.

Questi fattori creano nella persona sofferenza: l’avversione può ad esempio portare al disprezzo o all’invidia, mentre l’attaccamento all’avarizia, alla gelosia e alla dipendenza. Quando un fattore mentale prevale, diviene un tratto di personalità e la somma totale dei fattori mentali definisce una specifica struttura di personalità. Inoltre, sono gli stati

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mentali che guidano la motivazione, in quanto ogni stato mentale porta l’individuo ad andare verso qualcosa o a rifuggirne. I fattori mentali positivi agiscono su quelli negativi sostituendovisi, come avviene nella desensibilizzazione sistematica con il rilassamento. La pratica meditativa riporta tranquillità e guarigione a questo stato mentale agitato e distruttivo: le tecniche meditative mindfulness favoriscono quindi il lasciar essere e il lasciar andare i pensieri, aiutando la persona a uscire da dannose spirali negative. Il suo effetto perciò non dipende dal fatto che vengono cambiati i contenuti della mente, ma dall’indebolimento dell’identificazione con essi, uscendo dai meccanismi automatici dei processi cognitivi ed emotivi (definiti pilota automatico) e liberando dalle fissazioni. La meditazione di mindfulness consta di tre modalità:

• meditazione concentrativa: si focalizza la propria attenzione su un oggetto, come il respiro o il mantra, e, quando la mente divaga, la si riporta gentilmente indietro

• meditazione di minfulness o introspettiva: caratterizzata dall’istruzione: “Nota qualunque cosa è predominante nella tua consapevolezza, momento per momento”. Si esplora la mutevolezza dell’esperienza

• meditazione della gentilezza amorevole: tipo di meditazione concentrativa, in cui si riporta l’attenzione a frasi come “Possa io e tutti gli esseri essere al sicuro, felici, in salute e vivere in serenità”. Si coltiva l’intenzione di essere amorevoli, ma non ci si impone di sostituire l’esperienza presente con sentimenti di amorevolezza e gentilezza.

Durante la meditazione è possibile utilizzare tutte e tre queste diverse forme e passare dall’una all’altra, a seconda della necessità: ad esempio, se si è sopraffatti dall’emozione, si può dirigere l’attenzione al respiro per ritrovare la calma e, quando ci si sente più stabili, ritornare alla meditazione introspettiva. Da un punto di vista terapeutico (Di Donna, 2012), la Mindfulness può essere intesa come consapevolezza dell’esperienza presente con accettazione: accettazione per accogliere il dolore di cui siamo consapevoli; consapevolezza affinché l’accettazione non sia una forma di evitamento difensivo. Per quanto riguarda la sua applicazione in ambito psicoterapico, oggigiorno esistono numerosi protocolli basati sulla mindfulness, a seconda degli obiettivi che si vogliono raggiungere o dei disturbi di cui una persona soffre. E’ possibile inoltre costruire percorsi e sessioni ad hoc e adattamenti dei protocolli in base agli obiettivi terapeutici che si intende raggiungere. E’ così che al primo protocollo Mindfulness creato per la gestione dello stress di Kabat-Zinn – MBSR – (vedi oltre), applicabile anche nei disturbi d’ansia, si sono affiancati i seguenti:

• MBCT – Terapia Cognitiva Basata sulla Mindfulness per la depressione: combina la Terapia Cognitiva con la Mindfulness. Aiuta i pazienti ad accettare i pensieri negativi come eventi mentali e non fatti reali, in modo da sciogliere gli automatismi che legano i pensieri negativi alle conseguenze psicologiche negative di questi ultimi

• DBT – Modello Dialettico-Comportamentale: rivolta soprattutto a personalità borderline e comportamenti suicidari, in quanto i comportamenti disfunzionali sono considerati una conseguenza di una disregolazione degli impulsi. L’obiettivo

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consiste nel migliorare sia l’accettazione delle proprie emozioni, che la capacità di modularle

• ACT – Terapia basata sull’Impegno e sull’Accettazione: concepita per trattare diversi problemi psichiatrici e comportamentali. Si basa sull’idea che i comportamenti mal adattivi siano finalizzati al controllo delle esperienze avversive. Utilizza sia abilità di Mindfulness, sia metafore, sia tecniche di defusione cognitiva3

• MBRP – Mindfulness Basata sulla Prevenzione della Ricaduta per le dipendenze da sostanze psicoattive (vedi paragrafo successivo).

I diversi protocolli studiati e la possibilità di adattare la Mindfulness agli scopi che si intende raggiungere rende l’utilizzo di questa meditazione terapeutica flessibile rispetto alle patologie del paziente. Sta alla preparazione e alla competenza del terapeuta selezionare di volta in volta la modalità più adeguata di trattamento, in base ad una scrupolosa valutazione iniziale. Naturalmente, ulteriori studi scientifici potranno aiutare il clinico ad indirizzare meglio il proprio operato. Bibliografia S. Bowen, N. Chawla, G. A. Marlatt, Mindfulness e comportamenti di dipendenza. Guida pratica per la prevenzione delle ricadute, Raffaello Cortina, 2013 F. DiDonna, Manuale clinico di mindfulness, Franco Angeli, 2012

La Mindfulness nelle dipendenze

Lo sviluppo di questa terapia ha portato la sua applicazione anche nel campo delle dipendenze, intendendo favorire non solo la consapevolezza rispetto a stati emotivi, pensieri e fattori scatenanti associati all’uso della sostanza, ma estendendola a ogni momento della vita quotidiana, nel vivere con pienezza le esperienze positive o nell’affrontare anche quelle spiacevoli. Nel complesso, gli studi (Karyadi et al, 2014) dimostrano una relazione significativamente negativa fra la pratica della mindfulness e il comportamento di consumo, anche se tale relazione può variare a seconda del tipo di sostanza (più evidente con alcol e tabacco), del quadro clinico del paziente, della gravità della dipendenza, soprattutto per quanto riguarda le dimensioni dell’atteggiamento non giudicante, della consapevolezza e della non reazione. L’applicazione della Mindfulness nelle dipendenze è possibile tramite due protocolli: il Mindfulness Based Stress-Reduction (MBSR) e il Mindfulness Based Relapse Prevention (MBRP). L’MBSR è un programma per la riduzione dello stress ed è stato ideato dal Prof. Jon Kabat Zinn alla fine degli anni ’70 presso l’Università di Worcester (Boston – Massachusetts) (Kabat Zinn, 2010). Si tratta del primo protocollo Mindfulness occidentale. Attualmente, prevede:

3 la fusione cognitiva implica il trattare i pensieri come realtà assoluta

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• pratiche di consapevolezza nel mangiare • pratiche di consapevolezza in movimento • pratiche di consapevolezza su respiro, sensazioni, emozioni, pensieri • pratiche di consapevolezza nel camminare.

Il programma MBSR è stato utilizzato per una varietà di patologie, quali: disturbi da somatizzazione, dolori cronici, malattie cardiovascolari, cancro, malattie polmonari, ipertensione, cefalea, disturbi del sonno, disturbi d’ansia e attacchi di panico, disturbi digestivi connessi allo stress, malattie della pelle, AIDS. Numerosi studi hanno provato l’efficacia di questa tecnica: ad esempio, riduce l’evitamento delle attività nei pazienti affetti da dolore cronico, ridimensionandone la disabilità e le patologie correlate, come ansia e depressione, e si è osservata una significativa riduzione di complicazioni psicologiche relative a patologie mediche. Si sono osservate inoltre significative riduzioni di aree affette da psoriasi: il risultato sembra ascriversi nella riduzione di ansia e stress legati alla sintomatologia. Anche in soggetti malati di tumore si è osservato una riduzione della sintomatologia associata depressiva, ansiosa e relativa alla rabbia. E’ stato riscontrato anche un miglioramento della qualità della vita. Le discipline che sono coinvolte ora nello studio e nelle potenziali applicazioni di questo protocollo sono, oltre alla psicologia, le neuroscienze (studio delle basi neurali e degli effetti di training sostenuti di mindfulness), la medicina (applicazioni per la riduzione dello stress sia nei pazienti, che negli staff medici), le scienze dell’educazione (applicazioni nelle scuole con alunni – dalle elementari agli studenti universitari – e con gli insegnanti), le scienze sociali applicate (applicazioni in carceri e comunità socio-economicamente a rischio), organizzative (aziende e realtà professionali). Il programma prevede un corso di 8 settimane per gruppi dai 15 ai 30 partecipanti, che si riuniscono una volta a settimana per due ore e mezzo. I partecipanti, che devono eseguire gli esercizi fra un incontro e l’altro giornalmente per 30-40 minuti, apprendono a restare vicino allo stress senza esserne travolti (trovando un posto di osservazione calmo da cui esplorare), invece di alimentarlo rimanendo preda del vortice dei pensieri e delle emozioni. Per le sue caratteristiche si presta ad essere utilizzata nel trattamento delle dipendenze per quanto riguarda la gestione dello stress, tramite l’applicazione di alcuni esercizi o dell’intero protocollo (Khanna and Greeson, 2013). Il tipo di attenzione consapevole esperito con la Mindfulness è inoltre efficace nella possibilità di prevenire future ricadute nell’uso di sostanze, come descritto nel protocollo MBRP (Mindfulness based relapse prevention). Il protocollo MBRP (Bowen, Chawla, Marlatt, 2013) è stato sviluppato dallo psicologo Alan Marlatt (Università di Washington) nel 2005 e messo a punto nel 2010 con finanziamento del NIDA (National Institute on Drug Abuse) da A. Marlatt, Sarah Bowen e Neha Chawla. E’ creato per applicare la consapevolezza alla sofferenza della persona che è oggetto delle trappole mentali della dipendenza (tendere a pensare di non essere capaci di fronteggiare le situazioni stressanti senza appoggiarsi alla sostanza-stampella, investire positivamente la sostanza di aspettative di benessere, etc.), aiutandola ad esempio a gestire il craving e ad avere una percezione obiettiva del rischio.

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Si tratta di una combinazione del trattamento cognitivo-comportamentale usuale di prevenzione delle ricadute (RP) e della pratica meditativa mindfulness. Si basa sull’MBSR e sull’MBCT e sul protocollo per la prevenzione della ricaduta di Daley e Marlatt. E’ strutturato in 8 sessioni di due ore ciascuna a cadenza settimanale ed è richiesta ai partecipanti la pratica quotidiana a casa tra una sessione e l’altra. Il numero dei partecipanti va da sei a dodici. Le sessioni riguardano:

• pilota automatico e ricaduta: viene trattata la tendenza a mettere in atto comportamenti automatici e inconsci, senza piena consapevolezza di quanto si sta realmente facendo

• consapevolezza degli eventi scatenanti e craving: si aiutano i partecipanti a focalizzarsi su craving e pensieri di consumo senza reagire automaticamente, riconoscendo gli stimoli scatenanti e le conseguenti reazioni fisiche, emotive, cognitive

• la minfulness nella vita quotidiana: si insegna ad applicare la mindfulness nella quotidianità, con l’ausilio dello spazio di respiro “SOBER”

• mindfulness nelle situazioni ad alto rischio: si aiuta il gruppo a focalizzarsi sull’essere presenti nelle situazioni associate in precedenza all’uso di sostanze, utilizzando la mindfulness per non reagire automaticamente

• accettazione e azione efficace:si lavora sull’accettazione di pensieri, sentimenti e sensazioni indesiderati; si osservano i segnali di rischio per agire efficacemente

• vedere i pensieri come pensieri: si approfondisce il ruolo dei pensieri nella ricaduta • cura di sé e stile di vita equilibrato: oltre alla gestione dei segnali di rischio di

ricaduta, si lavora sulle attività che arricchiscono e nutrono lo star bene • supporto sociale e proseguimento della pratica: quest’ultima sessione si concentra

sull’importanza di costruire un sistema di supporto e si fa il punto su quanto imparato dal percorso.

I pazienti cui viene proposto questo protocollo è preferibile abbiano già completato un percorso ambulatoriale, siano motivati al mantenimento dei risultati raggiunti e propensi a migliorare il loro benessere attraverso alcuni cambiamenti nello stile di vita. Bibliografia S. Bowen, N. Chawla, G. A. Marlatt, Mindfulness e comportamenti di dipendenza. Guida pratica per la prevenzione delle ricadute, Raffaello Cortina, 2013 J. Kabat Zinn, Vivere momento per momento, TEA, 2010 K. A. Karyadi et al, A meta-analysis of the relationship between trait mindfulness and substance use behaviors, in Drug Alcohol Depend., 134, pag. 1-10, 2014 S. Khanna and J. M. Greeson, A Narrative review of Yoga and Mindfulness as Complementary Therapies for Addiction, in Complement Ther Med. 21, 3, pagg. 244-252, 2013

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La Mindfulness nel trattamento del tabagismo

Bonnet (2015) afferma che “le terapie di piena consapevolezza si ascrivono nel dominio delle medicine complementari, delle terapie alternative e della psicologia della salute. Si imperniano principalmente sul concetto di piena consapevolezza (minfulness), che consiste nel coltivare un atteggiamento mentale specifico di confronto dell’attività della coscienza all’apparizione dei pensieri, delle emozioni o delle sensazioni corporee. L’attenzione così diretta, in una maniera, cioè, deliberata, al momento voluto, senza giudizio, migliora la flessibilità mentale ed emozionale, evitando così d’essere preso dalle ruminazioni e dagli automatismi dei pensieri e delle emozioni. È una competenza che può essere appresa e sviluppata attraverso una pratica quotidiana”. Bonnet utilizza il protocollo MBSR per il trattamento del tabagismo per la sua azione sulla diminuzione dello stress. Alcuni studi americani relativi all’utilizzo della Mindfulness nel trattamento del tabagismo (Carim-Todd et al., 2013, Khanna and Greeson, 2013) evidenziano che nel complesso le tecniche che utilizzano la Mindfulness incrementano il controllo cognitivo, la consapevolezza degli automatismi, la regolazione emotiva e la capacità di riorientare l’attenzione, oltre a ridurre le risposte condizionate e la reattività agli stimoli che inducono a fumare. La mindfulness ncrementa inoltre le strategie di fronteggiamento allo stress e al craving. Ad esempio, Elwafi et al. (2013) hanno dimostrato una relazione fra la durata degli esercizi meditativi e il numero di sigarette fumate: più aumenta il periodo di meditazione, più il livello di craving si abbassa e meno sigarette si fumano. Bibliografia Bonnet A., Riduzione dello stress attraverso la piena consapevolezza, Atti del 9° Congresso Nazionale della Società Francese di Tabaccologia “Tabac et Qualité de Vie”, Tolosa (Francia). 5-6 novembre 2015, [email protected] L. Carim-Todd et al., Mind-body practices: an alternative, drug-free treatment for smokin cessation? A systematic review of the literature, in Drug Alcohol Depend., 132, 3, pagg. 399-410, 2013 H. M. Elawi et al., Mindulness training for smoking cessation : moderation of the relationship between craving and cigarette use, Drug Alcohol Depend., 130, 0, pagg. 222-229, 2013 S. Khanna and J. M. Greeson, A Narrative review of Yoga and Mindfulness as Complementary Therapies for Addiction, in Complement Ther Med. 21, 3, pagg. 244-252, 2013

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Le buone prassi in Veneto

Viene qui riportata un’applicazione della Mindfulness derivata dal protocollo MBRP, dal quale trae alcuni esercizi da applicare all’interno del trattamento di gruppo secondo il modello TGFumo. Il risultato è l’integrazione del modello TGFumo con un’esperienza meditativa mindfulness in alcuni momenti specifici del trattamento di gruppo. Si tratta di esercizi che mirano alla gestione del craving e della sintomatologia connessa allo stress, attraverso l’esercizio del surf dell’impulso e lo spazio di respiro SOBER, e di rinforzo dell’Io, attraverso la meditazione della montagna.

Il TGFumo incontra la Mindfulness

Contesto in cui viene utilizzato Trattamento di gruppo per fumatori e fumatrici secondo il modello TGFumo all’interno del Centro Trattamento Tabagismo di Mestre, spazio dedicato all’interno del SerD afferente all’Ulss 12 Veneziana. Destinatari Fumatori e fumatrici in trattamento durante il percorso gruppale secondo il modello regionale TGFumo nel terzo, quinto, settimo incontro. Finalità generale Favorire lo sviluppo delle abilità di gestione dei momenti difficili connessi allo smettere di fumare. Obiettivi specifici Gestione del craving Gestione della sintomatologia connessa allo stress Rinforzo dell’Io. Descrizione dell’intervento Il percorso mira ad arricchire il TGFumo con alcuni momenti meditativi incentrati sulla gestione dello stress e del craving. Sono stati quindi inseriti tre momenti, collegati fra loro, di meditazione mindfulness, miranti a raggiungere una maggiore consapevolezza e gestione dei momenti difficili connessi allo smettere di fumare. Nel primo dei tre momenti, durante la prima parte del 3° incontro, dedicato ai momenti critici e alle strategie di fronteggiamento, viene presentata ai partecipanti la Minfulness e il modo in cui opera. Si descrivono i meccanismi del pilota automatico e si procede con la spiegazione ed esecuzione dell’esercizio dello spazio SOBER di Respiro. Si tratta di un esercizio di respirazione utile ad uscire dalla modalità automatica ed essere più consapevoli delle proprie reazioni nei momenti difficili. Alla meditazione segue un momento di confronto partecipato guidato.

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Al 5° incontro, sempre nella prima parte, dedicato agli stati d’animo legati al fumo, si procede con il secondo esercizio: il Surf dell’Impulso. Si descrive ai partecipanti il modo in cui il craving funziona, paragonandolo ad un’onda che arriva e passa; si propone quindi l’esercizio, che consiste nel rimanere a contatto con le sensazioni connesse al craving, utilizzando il respiro per cavalcarlo, come una tavola da surf sull’onda. Al termine vi è la discussione. Al 7° incontro, il cui obiettivo è la prevenzione della ricaduta, dopo aver riflettuto col gruppo sui potenziali segnali delle ricadute, si lavora sul rinforzo dell’Io, attraverso la meditazione della Montagna, che aiuta i partecipanti a stabilizzarsi e radicarsi visualizzandosi come una montagna, placida ed imperturbabile a tutti gli eventi. Anche in questo caso, al termine della meditazione si procede con un momento di scambio e condivisione in gruppo. Per ciascuno di questi esercizi meditativi si invitano i partecipanti ad allenarsi a casa e si consegnano i pro-memoria a questo scopo al termine degli incontri. Operatori che svolgono l’intervento Fabio Frascone – Assistente Sociale Annarosa Pettenò – Psicologa-Psicoterapeuta Barbara Mazzardis – Psicologa-Psicoterapeuta Bibliografia S. Bowen, N. Chawla, G. A. Marlatt, Mindfulness e comportamenti di dipendenza. Guida pratica per la prevenzione delle ricadute, Raffaello Cortina, 2013 D. Orlandini (a cura di), Trattamento di gruppo per smettere di fumare. Manuale operativo per conduttori, Direzione Regionale Prevenzione – Regione del Veneto, 2010

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La scheda del Trattamento di Gruppo del CTT dell’Ulss 12 Veneziana


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