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L’Eco dell’ANPI - sc31cd6f5ef5ea3f4.jimcontent.com · “soggetto ospitante” di tre...

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L’Eco dell’ANPI Giugno 2016 1 L’Eco dell’ANPI Giugno 2016 LA STAMPA CLANDESTINA Periodico della Commissione Scuola della sezione ANPI Martiri Niguardesi
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L’Eco dell’ANPIGiugno 2016 1

L’Eco dell’ANPI

Giugno 2016

LA STAMPA CLANDESTINA

Periodico della Commissione Scuola della sezione ANPI Martiri Niguardesi

L’Eco dell’ANPI2 Giugno 2016 L’Eco dell’ANPIGiugno 2016 3

Cari Lettori,ancora una volta, dopo la positiva esperienza del 2014, il Centro Culturale della Cooperativa si è trovato ad affiancare ANPI scuola Niguarda nel progetto “Alternanza Scuola Lavoro” con il ruolo, come si dice in linguaggio burocratico, di “soggetto ospitante” di tre studen-tesse del Russell. Alessia Conca, Francesca Finco e Giorgia Florio, guidate da Antonio Masi, hanno ri-costruito un percorso che interes-sava eventi storici del quartiere di Niguarda nel periodo 1943-1945. Sebbene il tempo fosse limitato è stato fatto un gran lavoro con vi-site esterne, scritti, foto, tabelloni ed è stato poi compito del Centro Culturale riordinare il materiale, selezionare i contenuti e stendere il progetto. Come potete vedere il notiziario è un onesto lavoro “artigianale” di cui speriamo ap-prezziate il contenuto. Potremmo chiudere dicendovi, come gli attori del passato a fine spettacolo: “Se vi siamo piaciuti fateci un applau-so, se vi abbiamo annoiato non vogliateci male”.

Maria Piera BremmiCentro Culturale della Cooperativa

www.centroculturalecooperativa.org

Ho avuto modo di partecipare, nella ricorrenza del 71° Anniversario del-la Liberazione, a un interessante in-contro con le studentesse dell’Isti-tuto Russell a Niguarda, promosso da Antonio Masi della Sezione Martiri Niguardesi e dal Centro Cul-turale della Cooperativa. L’iniziativa rientra nel progetto “Alla scoperta di Niguarda dal 1943 al 1945”, con il quale ci si propone di far conoscere ai ragazzi importanti pagine della storia del quartiere che per primo, il 24 aprile del 1945, insorse per libe-rare Milano dal nazifascismo.L’aspetto forse più interessante del-l’iniziativa è costituito dal fatto che i ragazzi non sono stati semplici spettatori, ma protagonisti di rac-conti, di testimonianze tratte dalla Resistenza, attraverso un paziente lavoro di ricerca e di analisi.Sono stati realizzati cartelloni con materiale autentico ricavato dall’ar-chivio della sezione dell’ANPI “Mar-tiri Niguardesi”. Nel loro racconto, svoltosi all’interno della sezione, le studentesse del Russell hanno de-dicato particolare attenzione al ruo-lo delle donne nella Resistenza, ai luoghi che a Niguarda hanno visto il nascere delle prime forme di op-posizione al regime fascista e suc-cessivamente, dopo l’8 settembre 1943, alla resistenza organizzata. La ricerca ha riguardato anche la raccolta di una serie di giornali clandestini delle diverse formazio-ni partigiane, a testimonianza del carattere unitario assunto dalla Guerra di Liberazione. Particolar-mente intenso è stato il momento vissuto nel giardino dell’Ospedale Maggiore. Davanti al Pronto Soc-corso i partigiani, subito dopo la Liberazione, piantarono, in segno di pace, l’albero dell’ulivo. Negli anni dell’occupazione nazifa-scista di Milano, dall’11 settembre 1943 al 25 aprile 1945 l’ospedale di Niguarda e il Policlinico sono stati centri di ricovero e di cura per sol-

Il lavoro della CommissioneScuola a Niguarda

Redazione Via Hermada 8/14

Impaginazione/grafica Franco Armiraglio

StampaGrafiche Baraggia

Fotografie Franco Armiraglio,

Nicolò Previati

dati, partigiani, ebrei, detenuti poli-tici. A seguito di un bombardamento aereo che distrusse l’infermeria del carcere di San Vittore, la divisione Ponti di Niguarda divenne l’infer-meria delle carceri per i partigiani e detenuti politici più gravi. Era allora capo sala di questo reparto suor Giovanna Mosna, medaglia d’oro della Resistenza, che ebbe il grande merito di curare partigia-ni, perseguitati politici, inventando soluzioni di ogni genere per far fuggire gli ammalati, per trasmette-re messaggi, per raccogliere confi-denze. Suor Mosna rappresentò la figura più emblematica del corpo religioso nel momento in cui tutte le suore furono un esempio di carità e di azione coraggiosa in difesa dei partigiani e dei perseguitati. Con le suore e i medici un ruolo importante ebbero le infermiere e gli infermieri: Lelia Minghini e Maria Peron. Maria Peron, ricercata dai nazifascisti, costretta a fuggire, è inviata a far parte delle formazioni partigiane nel Verbano e nell’Ossola, dove è rimasta fino alla liberazione come infermiera, non di rado come medi-co chirurgo. Nella scuola è assente qualsiasi didattica progettuale sui temi dell’antifascismo e della Resi-stenza. In questo contesto, ritengo che nostro compito non sia soltanto quello di presentare progetti im-portanti e mirati, ma di suscitare interesse e curiosità nei ragazzi. Non dobbiamo apparire come de-positari della Resistenza e dell’anti-fascismo. Bisogna essere capaci di suscitare passione negli studenti, coinvolgendoli attraverso la ricerca e l’approfondimento. Solo in questo modo, facendoli sentire protagoni-sti attivi, possiamo contribuire non solo a formare bravi studenti, ma cittadini partecipi, attivi e dotati di spirito critico.

Milano, 27 maggio 2016Roberto Cenati - Presidente ANPI

Provinciale di Milano

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Alle studentesse Alessia, Francesca e GiorgiaAgli insegnanti responsabili del pro-getto Scuola-TerritorioClasse3a A - Istituto RussellMilano L’impegno di incontrare l’ANPI per conoscere momenti di vita partigiana a Niguarda vi fa onore perché vi porta alle radici della società sognata da partigiani e antifascisti che lottarono per un’Italia libera.La storia partigiana è storia di emozio-ni perché parla di donne, di uomini, di giovani e anziani che vissero il dram-ma della guerra dal 1943 al 1945, organizzando la Resistenza nelle fabbriche e nei quartieri. Incontrere-mo costruzioni di stile diverso che ci aiuteranno a comprendere lo sviluppo urbanistico di Niguarda ai tempi dei

L’Esperienza dell’Istituto Bertrand Russellpartigiani: un borgo dove la stragran-de maggioranza dei figli di contadini ormai lavorava nelle fabbriche, e che abitava nelle case delle due coopera-tive, quella cattolica e quella diretta da socialisti e comunisti.La ricerca ci permetterà di compren-dere perché la Resistenza al fascismo e al nazismo interessò uomini e donne con idee politiche e religiose diverse, che aspiravano alla libertà e alla giu-stizia sociale. Per diffondere le loro idee i partigiani utilizzarono giornali clandestini e, sfo-gliandoli, leggeremo parole e concetti che saranno utilizzati negli articoli fon-damentali della nostra Costituzione: libertà al posto di oppressione; demo-crazia invece di dittatura; la pace con tutti i popoli e il ripudio della guerra per risolvere i contrasti tra le nazioni; una

Da quest’anno con la legge 107 (la Buona scuola) è previsto, per le classi del triennio delle scuole superiori, un periodo di alternanza scuola lavoro. Tra le realtà da contattare come pos-sibile sede di stage, abbiamo pensato a enti, istituzioni, associazioni presenti a Niguarda, zona della nostra scuola, che potessero avere valenza formativa per i nostri studenti. Tra queste l’ANPI, con cui in passato c’è stata una profi-cua collaborazione e il Centro Culturale della Cooperativa.L’attività, che ha coinvolto tre studen-tesse della 3aA del Liceo delle Scienze Umane, si è svolta nelle due settimane a cavallo del 25 aprile. L’idea alla base del progetto formativo è stata quella di far conoscere, alle stesse, l’attività di un’associazione come l’ANPI che si propone di divulgare e mantenere viva la memoria della Resistenza e di coloro che vi hanno preso parte, in particolare partecipando attivamente ai preparativi e alle iniziative per la celebrazione del 24-25 aprile.Le tre studentesse hanno realizzato 5 pannelli da esporre nella corte di via Ornato durante e dopo il con-certo del coro di canti partigiani or-

Il Liceo Russell, l’ANPI e l’alternanza scuola-lavoroganizzato dal Centro Culturale della Cooperativa. Ogni pannello ha avuto un tema : i luoghi della Resistenza a Niguarda (com’erano e come sono), i partigiani niguardesi, le donne di Niguarda e la resistenza, il ruolo dell’Ospedale Maggiore e la stampa clandestina.La preparazione dei pannelli si è rivela-to spunto e scoperta, per le nostre stu-dentesse, di un mondo: con la guida e il supporto di Antonio Masi hanno visitato luoghi, incontrato testimoni dell’epoca,

conosciuto alcuni volontari che suppor-tano l’ANPI, partecipato alla deposizio-ne della corona di alloro ai piedi dell’uli-vo dei partigiani all’Ospedale Niguarda. Le ragazze si sono letteralmente tuffate nel lavoro e la Resistenza e i partigiani sono diventati per loro qualcosa di vivo e umanamente sentito. I pannelli, frutto di questo lavoro, saranno esposti ed illustrati agli altri studenti del Russell durante la festa di fine anno della scuola.

Francesca Minissale

giustizia uguale per tutti, l’eguaglianza senza razzismo; la laicità contro ogni intolleranza.Vi trasmetto tutto l’affetto dell’ANPI di Niguarda e del presidente dell’ANPI provinciale, Roberto Cenati per il vostro impegno a conoscere le radici della nostra Costituzione che vi acclu-do, scritta da partigiani e antifascisti e promulgata il 27 dicembre 1947

Antonio MasiMilano, 18 aprile 2016

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La storia per diventare memoria e durare nel tempo ha bisogno di te-stimoni.Oggi viviamo purtroppo in un’epoca senza memoria. Spesso alla Commis-sione Scuola dell’ANPI arrivano, da parte di insegnanti, richieste di questo tipo: “Per favore può venire qualcuno a parlarci della Festa della Repubblica, ma solo del perché il 2 giugno gli alun-ni non vengono a scuola!”Poi, nelle stesse classi, torniamo per parlare di Costituente e di Costituzio-ne, ma non si trova mai il tempo per parlare della Resistenza, cioè delle radici della nostra democrazia. Le re-sponsabilità sono di tutti, anche della diffusione di libri sui singoli eroi parti-giani, senza sottolineare che quel mito si è formato grazie al tessuto sociale,

alla rete di relazioni umane che circon-davano il partigiano. Lo ha sottolineato anche Sandro Pertini: “Io ho potuto fare il partigiano grazie alle staffette che organizzavano i miei spostamenti, grazie a Carla Voltolina che mi avvisa-va dei pericoli prima di percorrere un tratto di strada per raggiungere il covo di Viale Tunisia, dove mi aspettavano i dirigenti del CLNAI (Comitato Libera-zione Nazionale Alta Italia) per dare il via all’insurrezione di Milano”. Pertini era cosciente della sua funzione di diri-gente antifascista, ma ripeteva sempre l’importanza della gente comune, degli operai, delle donne che nei quartieri o in fabbrica sfidavano deportazioni, fucilazioni e carceri. L’ANPI, da alcuni anni, ha raccolto l’indicazione di San-dro Pertini e ha iniziato a pubblicare

libri di storia collettiva per tener viva la memoria della Resistenza e diffonder-ne la conoscenza.Questa è la motivazione dell’impegno verso l’Istituto Russell con il quale la sezione ANPI Martiri Niguardesi col-labora da anni, raccogliendo le voci di chi nei paesi e nei quartieri ebbe il coraggio di contribuire alla Resisten-za armata dei partigiani in mille modi diversi.

A. M.

Scuola e memoria partigiana

Questa esperienza scuola-lavoro ha avuto inizio il giorno 18 apri-le. Ci siamo incontrati verso le 8:30 nella sede ANPI, con il signor Antonio Masi, che ci aiuterà a rea-lizzare il progetto e cioè conoscere Niguarda, un quartiere della Zona Nove di Milano e i suoi luoghi della Resistenza. Tempo di lavoro dal 18 al 22 aprile 2016 nella sede dell’ANPI di Ni-guarda, per realizzare pannelli sui seguenti temi: Luoghi della Memoria a Niguar-da; Partigiani niguardesi; Le donne e la Resistenza; Resistenza all’Ospedale Mag-giore; La stampa clandestina. Alessia: “Prima abbiamo riletto il progetto e cercato di capire il mate-riale necessario per realizzarlo, ini-ziando a scegliere documenti, libri e foto; Antonio ha comprato fogli di carta da pacco, matite, pennarelli e adesivo. Abbiamo iniziato la nostra ricerca partendo dall’8 settembre 1943 e siccome abbiamo trovato nell’armadio i giornali clandestini abbiamo discusso della loro im-

portanza. Le storie partigiane mi hanno avvicinata ad una realtà ormai lontana, difficile a volte da comprendere, soprattutto notando le forti emozioni provate da colo-ro che le vissero personalmente. Spesso mi chiedo come avrei fatto io se avessi vissuto quei momenti ai loro tempi o se la mia casa tutto ad un tratto venisse bombardata. In questi ultimi giorni spero di poter ancora rivolgere domande al signor Masi per capire il perché di certi av-venimenti”.

Francesca: “Alcune foto mostrano case distrutte dalle bombe e la fuga per trovare luoghi sicuri. Sono gli aerei degli Alleati che bombardano strade, ferrovie e fabbriche per co-stringere i soldati tedeschi alla riti-rata. Su Milano, come su Venafro, il paese dove è nato Antonio, che si trovava sulla linea di guerra di Montecassino, le bombe cadevano sulle case facendo strage d’inno-centi. L’8 settembre ci ricorda la gran confusione che si era creata con la fuga del Re e di Badoglio

Impressioni e parole in libertà Giorgia, Alessia, Francesca raccontano...

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da Roma per Brindisi. Gli sfollati di allora mi fanno pensare ai profughi di oggi che arrivano a Lampedusa e sulle coste italiane”.Giorgia: “Discutendo con Antonio Masi dell’ANPI di Niguarda, per lo scarso tempo a nostra disposizio-ne, abbiamo deciso di utilizzare solo il materiale già presente nel-l’Archivio della Sezione ANPI per avere tempo di conoscere i luo-ghi della Resistenza e incontrare persone anziane che vi abitano. Così siamo andate avanti con la scoperta del quartiere e della storia partigiana, addentrandoci in luoghi e biografie, anche delle persone che incontravamo. Interessanti i racconti di Franco Mauri di via Hermada 14 e della signora Virginia nata nella casa di via Graziano Imperatore, là dove fu costruita la barricata dopo l’ucci-sione di Gina Bianchi, che abbiamo incontrata al terzo piano della pri-ma casa della Cooperativa di Via Ornato7”.Alessia: “Con la proclamazione dell’armistizio ci fu una gran con-fusione, mentre il Re e Badoglio scappavano a Brindisi senza la-sciare disposizioni precise. I sol-dati fuggivano per non finire con i Tedeschi e la gente scappava dalle città bombardate. Moltissimi nostri soldati furono deportati nei campi della morte in Germania e in Polo-nia. Chi tentò la difesa fu fucilato”.Francesca: “Come dicevamo la confusione era molta. Anche a Ni-

Carissimo Antonio Masi, questa esperienza è stata una delle migliori della mia vita, e lo penso davvero. Abbiamo iniziato questo percorso, breve ma intenso, insieme, con entu-siasmo, scoprendo pian piano volti, luoghi, storie di uomini e donne che hanno combattuto fino alla fine, guerrieri della libertà. È stata un’esperienza ricca, in cui ho imparato tanto, un’esperienza di vita diversa dalle altre. Abbiamo imparato scoprendo luoghi, muovendo-ci, scherzando e rimanendo a bocca aperta mentre ascol-tavamo la storia toccante di persone con coraggio. Ogni giorno non vedevo l’ora di tornare all’ANPI. Mi sono tanto affezionata a lei, Antonio, che si è dimostrato una persona buona e gentile, che ci ha gui-dato, in questo percorso, con tanta pazienza e tanta voglia di farci conoscere.A lei, che mi ha insegnato tan-to della storia con riferimento alla vita di oggi e ci ha regala-to con la lettera di accoglienza una copia della costituzione, un grazie. Mi ha dato le basi per prendere parte alla mia vita futura, mi ha reso una partigiana, cioè una cittadina responsabile. Porterò questa esperienza nel mio cuore: ho attaccato un “pezzetto di mosaico” nella mia vita, che si aggiungerà agli altri “pezzetti” delle mie esperienze. Con sincero affetto.

Giorgia Florio.

guarda arrivarono militari in cerca di abiti civili e soldati niguardesi dal fronte per nascondersi. Molti andarono in montagna con le bri-gate partigiane di Caslino d’Erba o in Valdossola. Bombe anche su Milano dove fu colpito un reparto dell’Ospedale Maggiore. Tutti fug-givano in cerca di luoghi sicuri. Ho pensato alle persone che anche oggi scappano dai luoghi di guerra. Penso ai profughi che annegano nel mare. Visitando i quartieri di Via Ornato 7 e di via Hermada 8 e 14 ci sono stati di aiuto Barbara e Niccolò che hanno scattato anche foto per i nostri tabelloni. La città dove arri-varono più sfollati fu Roma perché fu dichiarata “città aperta” dove né Tedeschi né Alleati potevano com-battere”.Giorgia: “Tutti i grandi palazzi furono occupati dagli sfollati che arrivavano di più dai paesi lungo la linea del fuoco di Monte Cassino. Centinaia di persone trovarono rifugio nel palazzo della Farnesina che Mussoli-ni aveva fatto costruire come sede del partito fascista, oggi sede del Ministero degli Esteri della Repubblica. In Europa con l’avanzata dell’Armata Rossa i Tedeschi fuggirono dalla Prus-sia. Per accogliere le persone in fuga furono organizzati campi di accoglienza. In Italia arrivarono 350.000 istriani, fiumani e dalmati scacciati dagli jugoslavi.La gente che scappa dai luoghi della guerra ci ha fatto discutere sugli immigrati di oggi a cui i politici non sanno tro-vare soluzione e imitare il gesto di accoglienza del Papa. Antonio dice che è difficile perché le nazioni che parlano contro la guerra sono an-che quelle che vendono le armi”. Il presidente dell’ANPI provinciale Roberto Cenati ci ha ripetuto che i partigiani combattevano per ottene-re la pace. Il loro motto era ‘‘Guerra alla Guerra’’. Il desiderio di pace dei partigiani fu scritto nell’articolo 11 della nostra Costituzione. In se-zione abbiamo letto e commentato anche gli articoli 1, 2 e 3”.

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Alla ricerca dei luoghi della memoria a NiguardaPasseggiando per Niguarda ritorno con la memoria ai luoghi e ai personaggi che vi incontrai quando arrivai nel 1959 in questo rione, ancora “paese” per i più anziani, che nel tempo libero prefe-rivano restare nei circoli a raccontarsi storie partigiane piuttosto che “andare a Milano”. Via Graziano Imperatore 56. Curt di Matt. Nel secondo cortile da cui si vede Villa Trotti, vi era l’Officina mec-canica di Enrico Riva, già comandante partigiano. Nei primi anni Cinquanta fu presidente della Cooperativa Parti-giana di Trasporto e poi direttore della Cooperativa di Consumo Ancora. Da giovane Riva frequentava il Bar tratto-ria Sassett, gestito dalla famiglia anti-fascista Bruno Ferretti. Qui nel 1931 fu arrestato Flavio Colombo, che arrivava da Bresso per ritirare la stampa clan-destina. Il 26 luglio 1932 vi furono arre-stati Bruno Ferretti, Filippo Tagliabue e la sorella Rosa, Paolo Recalcati. A San Vittore si ritrovarono con Aldo Villa e Aurelio Brasca di Bresso.

Via Hermada 8. In casa di Cesarina Rossi si costituisce, nel 1944, il Gruppo di Difesa della Donna. Parteciparono alla riunione Maria Azzali, Adelaide Ra-dice, Maria Longoni e Maria Ramponi che abitavano tutte nello stesso stabi-le. I loro appartamenti divennero sicuro rifugio per partigiani che spesso erano costretti a lasciare la loro casa. In casa di Maria Ramponi pernottò Domenico Codazzi e sua moglie, fuggiti dalle car-ceri di Como. In casa di Cesarina Rossi pernottò spesso Clemente Brioschi che spesso fu costretto a saltare dalla fine-stra del civico numero 8 e fuggire per i campi, uscendo dall’entrata del n.14. Giovanni Bertolini trovò rifugio in casa di Adelaide Radice.In via Hermada 8, Mario Brambilla fu arrestato a 22 anni e da San Vittore fu confinato a Ventotene, nel 1936. Qui fu confinato anche il suo amico Giovanni Brambilla, fratello di Irma e Giuseppe Magni. Mario Brambilla morì nel carce-re di Poggioreale, Giovanni e Giuseppe tornarono a Milano nel 1941.

Via Hermada 14. Vi abitavano le sorelle Maria e Lidia Resnati, ricordate per il numero di bottiglie recuperate la notte del 23 aprile 1945 e riempite di benzina per servire ai partigiani come bombe. Abitavano inoltre Amleto Bram-billa e sua moglie Ada Oggioni. Ada fu nel 1936 l’animatrice, tra le operaie della Fabbrica Santagostino, del rifiuto all’appello fascista: “Le donne d’Italia offrono le loro fedi alla patria”. Si ritrovò così licenziata insieme a Maria Bassa-nelli Terragni, Bianca Biolcati, Angelina Ciceri, Ernesta Grassi, Giuseppina Codazzi, Ada Oggioni, Maria Mauri, madre di Antonio Sironi.Via Ornato 7. Vi abitava Armando Brivio, operaio alla Santagostino, sua moglie era la custode. L’8 settembre 1943, in casa di Armando si ritrovarono Giovanni Brambilla, Amleto Brambilla e Gaeta; scrissero alcuni articoli per la Scintilla. Addetto al ciclostile era Cislagni. Nel cortile vi era lo studio me-dico del dottor Paolo Bertuglia. Il suo bagno divenne deposito di tanti pacchi e pacchettini che le staffette lasciavano e i partigiani ritiravano. Al dottore non “intessava sapere il contenuto”, ma sa-peva che l’organizzazione si chiamava “Soccorso Rosso”. Giovanna Molteni ricordava l’impegno di Bertuglia per reperire da Maria Peron, infermiera al-l’Ospedale Maggiore, materiale medico da spedire in Val D’Ossola. Bertuglia era sempre disponibile per i partigiani. Spesso veniva accompagnato in un “casot” dietro la trattoria California per medicare partigiani feriti che arrivavano anche da altre zone. L’appartamento di Rina Ronchi fu rifugio di Carlo Sironi, che viveva clandestino a Milano per conto del Servizio segreto americano. Era un’ospitalità rischiosa perché Siro-ni era ricercato come spia militare, ca-tapultato nelle retrovie tedesche. Maria Longoni Confari la mattina del 24 aprile si allontanò da Niguarda per lasciare la casa a disposizione dei partigiani che avevano bisogno del suo balcone che dava su Via Ornato, via di transito dei tedeschi in ritirata.Via Ornato 32. Rinomata era la sar-toria di Giuseppe Malara, giunto a Ni-

Nel dipinto ad olio di Sergio Bernasconi il portone di via Ornato della Curt di Bignam o Curt di dû purtun. Il nome deriva dai due ingressi che la corte aveva, uno su via Ornato e l’altro su via Paolucci di Calboli, una caratteristica importante per gli incontri clandestini che si svolgevano nella sartoria Malara. Un modo per comunicare la presenza dei fascisti? Segnale convenzionale: in vetrina il manichino con o senza cappello.

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Caro Antonio,ti ringrazio molto per la tua generosi-tà, in questi giorni ho avuto modo di imparare molte cose e approfondire le mie curiosità. Lunedì ci hai accolto con molto entusiasmo coinvolgendoci subito e rendendoci partecipi della storia dei partigiani di Niguarda. Mi è piaciuto molto il giro per il cortile e la vi-sita delle case di ringhiera. Interessanti gli incontri con le due signore del terzo piano di via Ornato 7, che ci hanno raccontato la loro storia drammatica al tempo del fascismo. Ho notato tanta emozione nei loro occhi che mi ha per-messo di avvicinarmi molto alla realtà dell’epoca; infatti per noi adolescenti è difficile sentire la gravità di questi fatti avvenuti in tempi così lontani.Anche il giro nel quartiere di Niguarda con il signor Sergio Bernasconi è stato molto interessante perché ci ha spie-gato la storia illustrandocela con alcuni suoi dipinti e foto della Niguarda ai tempi dei Conti e dei Marchesi, mentre tu intervenivi ricordando la dura vita dei contadini. Nonostante il breve tempo, anche il progetto da noi deciso è stato rea-lizzato con la creazione di cartelloni con materiale che abbiamo scoperto nell’archivio della sezione dell’ANPI. Sono rimasta sorpresa da questa esperienza perché mi aspettavo un lavoro noioso, invece Antonio ogni giorno ci hai coinvolto con nuove idee. Ci siamo anche improvvisate attrici per recitare le poesie di Salvatore Quasi-modo, riferite alla Resistenza a Milano e dedicate ai partigiani che operavano all’Ospedale Maggiore. Qui furono aiutati da medici, suore e infermiere che erano collegate con i due preti di Niguarda. Finita la guerra i partigiani piantarono l’ulivo in segno di pace dietro l’attuale pronto soccorso dove c’era la porta del muro di cinta da dove fuggivano i partigiani.A domani, per continuare la nostra esperienza.

Alessia Conca

Un grazie particolare a Paolo Fumagalli per la disponibilità e il costante sostegno al nostro lavoro: ha affiancato Alessia, Francesca e Giorgia nella ri-cerca di documenti, luoghi e persone, materiale utilizzato per la composizione dei cinque cartelloni.

guarda dalla Sicilia, radiato da tutte le scuole del regno perché aveva rifiutato la divisa fascista. Racconta Malara: “Il mio negozio faceva parte della Corte Bignami o dei Due Portoni. Molti incon-tri clandestini si svolgevano nel retro della bottega: chi arrivava entrava da via Ornato e usciva in via De Calboli per sfuggire alla vigilanza fascista. Mio papà era sempre di guardia seduto all’entrata’’. Con Leonardo Squarzoni, Enrico Riva, Luciano Cattaneo e Ettore Mauri il dibattito si faceva subito anima-to quando si parlava dell’Italia da rico-struire. Io ricordavo sempre il discorso di Togliatti quando rientrò dall’URSS: “Dobbiamo discutere adesso di come fare per scacciare tedeschi e fascisti e non dividerci su un Italia futura, prole-taria o comunista”.Via Ornato 17. Vi abitava Clemente Brioschi, operaio della Breda, conti-nuamente ricercato per la sua attività antifascista. Quasi tutte le sere dove-va cambiare appartamento dopo gli scioperi del 1944, perché ricercato dai fascisti. Alla Breda lavorava anche Severo Fullin, instancabile diffusore dell’Unità clandestina.Via Ornato 18. Vi era il Laboratorio di Pulitura di Anito Bergamaschi. Nel retro era rifugio sicuro per giovani re-nitenti alla leva, prima di raggiungere la montagna.Via Ornato 70. La Trattoria Prima-vera, nel febbraio del 1943, divenne luogo di incontro di Carlo Piovani, Andrea Vaghi, Mario Sangiorgio, Anito

Bergamaschi, Giuseppe Malara, Ettore Mauri, Amleto Brioschi, Attilio Grezzi, Giuliano Brambilla, Ernesto Meda.Via Ornato 61. Vi era la latteria della madre del partigiano Dino Giani. Nel retro, che dava sul Seveso, si riunivano Perego, Pacchetti, Guidetti. Ricordava la madre di Dino: “Mio figlio era troppo giovane e io avevo paura quando rien-trava tardi perché sapevo che andava con i partigiani. Giani non aveva 20 anni, De Rosa 22, Vertemati 26 ed era il responsabile del gruppo”.Via Paolucci De Calboli. Alla Trattoria Ambrosiana arrivava Ernesto Meda, operaio dell’Alfa Romeo, con i volantini che ciclostilava nella sua cantina; abitava nella prima palazzina di via Marmolada. Nella Trattoria in-contrava Giovanni Terragni e il fratello Alfredo, Bruno Magni e Carlo Piovani di via Maffi. Qui, in una sera di novembre del 1936, fu arrestato Alfredo Terragni. Fu torturato nella sede del Fascio di Niguarda con dosi ripetute di olio di ri-cino, perchè ritenuto il capo indiscusso dei comunisti niguardesi.

A.M.

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Il perché di un ulivoNel 60° della Liberazione, la sezione Martiri Niguardesi dell’ANPI pose una targa ai piedi dell’albero con incisa una poesia del poeta e partigiano turco Na-zim Hikmet.

La vita è una cosa seriaPrendila sul serio,ma sul serio a tal puntoche a sessant’anni, ad esempio,pianterai degli ulivinon perché restino ai tuoi figlima perché non crederai alla mortepur temendola,e la vita peserà di più sulla bilancia

Un grazie di cuore a Fulvio Orlando e agli amici di EcoEdile che hanno provveduto alla risistemazione dello spazio intorno all’Ulivo. Un grazie particolare a Marco Trivelli Direttore dell’Ospedale Maggiore per la sen-sibilità dimostrata verso la nostra richiesta.

1943 - 1945: L’Ospedale Maggiore nella Resistenza

Mercoledì 20 aprile Alessia, Francesca e Giorgia, 3a A dell’Istituto Russell, soci e amici della sezione Martiri Niguardesi, il presidente provinciale dell’ANPI di Milano Roberto Cenati ricordano la solidarietà antifascista e patriottica di medici, suore e infermiere dell’Ospedale Maggiore, deponendo una corona d’alloro ai piedi dell’ULIVO, piantato dai partigiani nel 1945. Nella sezione dell’ANPI e durante il percorso le studentesse hanno ricordato i nomi dei partigiani salvati e letto poesie di Salvatore Quasimodo.

Alle fronde dei saliciE come potevamo noi cantarecon il piede straniero sopra il cuore, fra i morti abbandonati nelle piazze sull’erba dura di ghiaccio, al lamentod’agnello dei fanciulli, all’urlo nerodella madre che andava incontro al figliocrocifisso sul palo del telegrafo?Alle fronde dei salici, per voto, anche le nostre cetre erano appese, oscillavano lievi al triste vento.

Salvatore Quasimodo (“Giorno dopo giorno”, 1947)

In occasione del 71° anniversario della Liberazione dal nazifascismo, studentesse dell’Istituto Russell hanno deposto una corona d’alloro presso l’Ulivo piantato dai parti-giani nell’aprile del 1945 a conclu-sione della guerra di Liberazione. Emilio Arosio, presidente della sezione dell’ANPI di Niguarda, in quella occasione terminò l’ora-zione leggendo l’articolo 11 della Costituzione: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle contro-versie internazionali”.Le studentesse del Russell hanno così concluso la settimana d’impe-gno scolastico sul progetto Scuola e Territorio, dal 18 al 22 aprile 2016, per scoprire i luoghi della Resistenza a Niguarda. In uno dei cartelloni realizzati è documenta-

ta la Resistenza in Ospedale dal 1943 alo 1945. Dalle interviste e dai documenti conservati, consul-tati nella sezione Anpi di Niguarda, risalta l’impegno dei medici, delle suore, delle infermiere nell’assiste-re i ricoverati antifascisti e orga-nizzare la loro la fuga, in accordo con il comitato di Liberazione di Niguarda che si riuniva nella casa parrocchiale San Martino o nelle cantine dello stabile della Società Edificatrice di Niguarda in via Her-mada, 8.All’esterno, gli antifascisti di Ni-guarda Franco Conti, Erminio Mel-zi, Sergio Gandangelo, Elio Croci, Carlo Sironi, Giovanni Nacci erano sempre pronti a recarsi sul retro dell’Ospedale per portare in salvo i partigiani in fuga con biciclette, car-retti o con una ‘Topolino’, secondo i piani del comitato clandestino.

L’Ulivo dei Partigiani all’Ospedale Maggiore

L’Eco dell’ANPI8 Giugno 2016 L’Eco dell’ANPIGiugno 2016 9

Caro signor Masi,questa esperienza scuola-lavoro ha avuto inizio il giorno 18 aprile. Durante la mattinata siamo andati a visitare le case a ringhiera di via Ornato 7 e di via Hermada ove abbiamo conosciuto due signore che ci hanno parlato del perio-do 1943-1945, due persone di diversa origine: Ila prima è nata a Niguarda, mentre la seconda è originaria del meridione ma accomunate dal ricordo di quel periodo della loro vita, che ricor-dano con molta chiarezza. Due incontri molto interessanti che ci hanno permesso anche di vedere come la resistenza fosse vissuta dal popolo italiano del Nord e del Sud. Abbiamo notato come i parti-giani non si limitassero ad un solo gruppo politico o sociale essendo un insieme di idee diverse con lo stesso obiettivo: la libertà. Mercoledì 20 aprile lei ha esordito: “Oggi oltre a Giorgia anche voi due farete le attrici”, riferendosi alla professione che lei vorrebbe fare. Così abbiamo letto le poesie di Quasimodo all’arrivo del presiden-te dell’ANPI provinciale Roberto Cenati, che ha lodato la nostra ini-ziativa. Il signor Franco Mauri, ci ha dato un’ulteriore testimonian-za sull’uccisione della partigiana Gina Bianchi che portava l’ordine di insurrezione a Niguarda. Infine ci siamo diretti all’ospedale di Niguarda per deporre la corona d’alloro ai piedi dell’albero di ulivo piantato dai partigiani nel 1945. In questi giorni ho soprattutto capito il significato della parola “partigia-na”, che vuol dire prendere parte, non rimanere indifferenti verso chi ha bisogno: da oggi cercherò anch’io di comportarmi come una partigiana.

Con molto affetto.Francesca Finco

Dal 1944 l’infermiera diplomata Le-lia Minghini, organizzò tutte le eva-sioni con il concorso delle suore e delle diplomate. Ed ecco il racconto della Minghini raccolto da Antonio Masi in que-sta occasione: “Aldo Tortorella, diciannovenne, detenuto politico! Diagnosi: artrite acuta e vizio car-diaco. Ricoverato e sorvegliato, si decide di farlo fuggire. Durante la notte Tortorella dovrà salire al quarto piano, nel reparto oculistica dove lavoro e dove è più facile na-sconderlo. Verso le tre il prigioniero arriva, ma è inseguito: non appena l’ho fatto entrare in un armadio ar-rivano i questurini armati di mitra chiedendo notizie di un giovane fuggito in vestaglia rossa. Suggeri-sco che potrebbe essersi rifugiato sul terrazzo, dove gli inseguitori corrono e ne approfitto per trasfe-rirlo dall’armadio alla tromba di un portavivande in disuso. Arrivano altri questurini che però se ne vanno: fuori sparano, la calma torna solo verso il mattino e la sera faccio spostare Tortorella in una saletta di radiologia. Passati alcuni giorni, decidiamo di farlo fuggire travestito da donna, a braccetto di due colleghe ma la portineria è ancora presidiata.

Una rocambolesca fuga dall’Ospedale di Niguarda

Rapido dietrofront e nuovo trasferi-mento presso il convitto diplomate dove rimane qualche giorno, fino a quando una sera, ancora in abiti femminili, scavalca il cancello del convitto, mettendosi finalmente in salvo.”

Dal convegno del 20 aprile 1975 promosso dal Presidente dell’Ospedale Maggiore dottor Giovanni Bottari e dal presidente dell’ANPI Niguarda Dorino Camagni.

Lelia Minghini, nome di battaglia Mimì

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I giorni della Libertà

Nell’Italia occupata dai tedeschi, in particolare nelle zone montane, il malessere della popolazione si ma-nifestava sabotando disposizioni sia tedesche sia della Repubblica Sociale Italiana. Dopo gli scioperi del 1944, molti dirigenti sindacali e giovani re-nitenti alla leva trovarono rifugio in montagna, rafforzando le formazioni partigiane. Forte di questo clima fa-vorevole, il Comitato di Liberazione Nazionale dell’Alta Italia emanò, il

2 giugno 1944, un comunicato che mobilitava tutte le brigate per la libera-zione militare delle zone scarsamente presidiate dai tedeschi, con l’obiettivo di creare anche strutture di governo lo-cale. Le occupazioni iniziarono subito, ma con modalità diverse.Alcune furono prettamente militari, in altre si cercò di coinvolgere la popola-zione nella gestione del territorio, nomi-nando un commissario civile. A queste più avanzate esperienze di Zone Libe-

re la storiografia darà il nome di Re-pubbliche Partigiane, per sottolineare il lavoro politico che si manifestò con il coinvolgimento delle popolazioni.Esperienze significative si ebbero nel-la Carnia, in Valsesia, a Montefiorino e soprattutto in Valdossola. Dopo la Liberazione i partigiani della Valdos-sola impegnati nella cultura daranno vita a Milano, con la prime aule in una scuola di Niguarda, ai Convitti scuola della Rinascita.

Le Repubbliche Partigiane

Convitto della Rinascita in via per AfforiTerminata la guerra, l’ANPI patrocinò la creazione di Convitti della Rinasci-ta per consentire a tutti i giovani, che erano stati costretti ad interrompere gli studi, di conseguire la licenza di scuola elementare, il diploma di terza media e un diploma professionale. I primi a frequentare i convitti furono giovani tra i 15 e 30 anni. I dirigenti dell’ANPI, nella creazione dei Con-vitti, fecero riferimento alla circolare del 29 agosto, del Ministero della Pubblica Istruzione che invitava a

creare associazioni anche private per aiutare l’infanzia abbandonata. L’apertura del Convitto in via per Affori, nei locali di una scuola riatti-vata, avvenne nel luglio del 1945 con l’aiuto dei partigiani, di antifascisti e dei muratori della Società Edificatrice di Niguarda. I primi insegnanti di questo Convitto furono maestri elementari, professori e universitari partigiani che avevano operato in Val d’Ossola e riparati in Svizzera dopo la rioccupazione nazi-

fascista della Valle: Claudia Maffioli, Luciano Raimondi, Angelo Peroni, Guido Petter, Ludovico Tulli. Uno dei promotori del Convitto della Rinascita di Milano, il professor Antonio Banfi, aveva documentato la situazione dei ragazzi che a Milano, come in tutte le città italiane, stavano vivendo il dramma del dopoguerra: macerie per i bombardamenti; scuole chiuse dal 1944; per le strade tanti bambini a chiedere l’elemosina e ragazzi or-fani o abbandonati dai genitori.

È nata la Repubblica ItalianaFu questo il titolo scelto dal Corriere della Sera per annunciare l’esito del referendum istituzionale del 2 giugno 1946 e la sconfitta di Casa Savoia e della monarchia, che era stata pro-tagonista dell’unificazione dell’Italia nel Risorgimento. La vittoria, seppur netta, sanciva comunque un paese

diviso tra nord e sud, dove il primo si era espresso più chiaramente per il cambiamento istituzionale ma con un distacco tra repubblicano e mo-narchico inferiore alle aspettative. La Repubblica vinse con 12.718.641 di voti pari al 54,26%, contro 10.718.143 di preferenze per la monarchia pari al

45,74%. A poco più di un anno dalla fine della guerra, del fascismo e del-l’occupazione nazista, dopo infiniti lutti e le speranze d’aprile, il vento della rivoluzione, chiamato il “vento del nord”, aveva quasi smesso di soffiare e le speranze di cambiamento si era-no affievolite.

Il modo più immediato per avvicinarsi ai temi sollevati dalla guerra di Libera-zione è quello di affidarsi alla lettera-tura. Cesare Pavese, Renata Viganò e Giuseppe Fenoglio, scrittori che trasmisero nei racconti le emozioni, le paure, l’incertezza, il dramma di quei tempi intimamente vissuti. Cesare Pavese raccontò l’interiorità sofferta di fronte all’impegno civile e alla storia in La casa in collina. Renata Viganò, per non dimenticare cosa è stata la Resistenza, scrisse

L’Agnese va a morire, romanzo in cui risaltano la sua moralità e la generosa audacia. Giuseppe Fenoglio scrisse Il Partigia-no Johnny, un romanzo antiretorico in cui emerge l’inquietudine dei gio-vani del dopoguerra e dove la scelta partigiana è ricondotta all’individuo in rapporto al silenzio dei boschi e alla solitudine della montagna. A. M.

Libri consigliati RINGRAZIAMENTIL’Eco dell’ANPI è stato pubblica-to grazie al sostegno di: Roberto Cenati - Presidente ANPI Provinciale di Milano.Massimiliano Bignami - Gelateria/caffetteria Artis - gestita dalla “Cooperativa sociale IS” avente come finalità l’inserimento lavorati-vo di personale svantaggiato.Un sostenitore che ha voluto man-tenre l’anonimato.

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Proposte di lavoro per l’anno 2016-2017

Le proposte qui elencate sono solo in-dicazioni di un percorso che può essere arricchito e modificato nel corso degli incontri con i docenti. Lo scopo è formu-lare un progetto condiviso da presenta-re al collegio dei docenti, all’assemblea dei genitori, al consiglio di Zona Nove.L’ANPI è interessata a sviluppare le conoscenze e tener viva la memoria dei drammatici eventi di cui il nostro Paese fu teatro nel Novecento, a par-tire dall’introduzione delle Leggi razziali antisemite nel 1938 fino al 1945. Luoghi di incontro sono la sezione ANPI di via Hermada e il Centro Culturale della Cooperativa, dove sarà possibile assi-stere anche a proiezioni. Le proposte sono rivolte agli insegnanti delle scuole elementari, medie e superiori. 1 - Il rispetto della persona in tutti gli ambienti. Diritti e doveri dei cittadini san-citi dalla Costituzione Repubblicana. De-nuncia dei fatti che violano tali principi.

2 - I muri raccontano: ricerca di lapidi, cippi, monumenti che ricordano parti-giani e antifascisti. Ricostruzione delle loro biografie e della rete di protezione che godevano nel vicinato, nella fami-glia, nella parrocchia del rione.3 - Resistenza e repressione a Milano - percorsi:Loggia dei Mercanti, nella Loggia vi sono19 lastre di piombo con i nomi dei partigiani caduti dal 1943 al 1945. Albergo Regina, via Silvio Pellico 9, dal 13 settembre 1943 al 30 aprile 1945 fu sede del comando tedesco (SS) e della Gestapo. Il vice era il ca-pitano Theo Saevecke, responsabile dell’eccidio di piazzale Loreto. Piccolo Teatro, via Rovello 2, in quel-l’antico palazzo si installa l’8 settembre ‘43 la squadra d’azione fascista che di-venterà poi la Legione Autonoma Ettore Muti, spargerà terrore nella città e si renderà colpevole di rapine e uccisioni.

Carcere di San Vittore, molti antifa-scisti ed ebrei vi giungevano dall’Hotel Regina, prima di essere inviati in Ger-mania.Villa Triste, Villa Fossati in via Paolo Uc-cello, divenne uno dei luoghi più dram-matici e tristi di Milano. La Banda Koch vi torturava partigiani e prigionieri politici.Piazzale Loreto, il 10 agosto 1944 la guardia nazionale repubblicana e reparti della Muti fucilarono alle 5,45 15 antifascisti prelevati dal carcere di San Vittore.Stazione Centrale, tra il dicembre 1943 e il maggio 1944 iniziò dai sotter-ranei della stazione il lungo viaggio di ebrei ed oppositori politici verso i lager nazisti.

Antonio MasiCommissione Scuola

ANPI [email protected]

Sotto da sinistra: la Villa Triste luogo di tortura della Banda Kock; la facciata dell’ex Albergo Regina sede del comando tedesco.

Sopra da sinistra: il Piccolo Teatro sede della MUTI; l’orrore di piazzale Loreto il 10 agosto 1944.

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VOCI DEI LUOGHI DI NIGUARDA

Un’altra barricata in via Ornato angolo via Achillini

La Curt dei Matt, in via Graziano Imperatore 48, dove c’era l’officina del comandante partigiano Enrico Riva luogo delle riunioni clandestine.

Barricata in via Graziano Imperatore 34 davanti alla Cà di Sass.

Il balcone della casa di Carolina Rossi, via Ornato angolo via Passerini, dove il 24 aprile 1945 fu piazzata una mitragliatrice.

Via Paolucci de Calboli dove c’era la Casa del Fascio che dopo l’occupazione dei partigiani divenne la Casa del Popolo.


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