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LEGISLATURA VI - orsattipietro.files.wordpress.com · ti ed estese le infiltrazioni mafiose in...

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Senato della Repubblica 257 — Camera dei Deputati LEGISLATURA VI — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI - DOCUMENTI CAPITOLO QUARTO LE RAMIFICAZIONI TERRITORIALI DELLA MAFIA SEZIONE PRIMA LA MAFIA ALL'ESTERO 1. / collegamenti della mafia con organizza- zioni criminose straniere. La mafia non è mai stata un fatto soltanto siciliano. In tutti i tempi sono state frequen- ti ed estese le infiltrazioni mafiose in Paesi stranieri e in più occasioni le cronache, •han- no registrato l'esistenza di saldi rapporti tra la mafia e determinate organizzazioni crimi- nali straniere, specialmente nord-americane. In particolare, per quanto (riguarda gli Sta- ti Uniti, tali rapporti hanno un'origine tut- t'altro che recente, poiché sorsero, si può di- re, nel 'momento stesso in cui sì sviluppò <l'e- migrazione siciliana e quindi l'emigrazione di (mafiosi siciliani negli 'Staiti Uniti. Fu in quel periodo che lo spirito e l'idea della ma- fia soddisfecero al bisogno di protezione e di difesa, che l'emigrante non era in gra- cìo di assicurarsi se non affidandosi ai più forti e ai più spregiudicati, tra i quali si reclutavano i membri dei gruppi mafiosi e delle associazioni delinquenziali. Occor- revano peraltro, nel continuo flusso della emigrazione, organizzazioni clandestine per permettere di lasciare la Sicilia e di trovare una buona sistemazione in America a chi in- tendeva sottrarsi per qualche motivo alla giustizia italiana; e in simili organizzazioni, che avevano un piede in Sicilia e l'altro oltre Atlantico, cominciarono ad agire coloro che dovevano poi essere i 'primi rappresentanti della delinquenza siculo-americana. Su questa base si creò negli Stati Uniti un tipo di associazione a delinquere che ebbe le sue radici nella solidarietà e nel contributo più o meno coatto di un determinato gruppo etnico-nazionale, che fu la Mano Nera. Essa sembrò subito -a taluni un'emanazione della mafia siciliana ma sulle prime non ne ebbe i caratteri né le origini né i legami con i ceti dirigenti sociali o ipolitici: si trattava sol- tanto di un'associazione delinquenziale nata per .finalità di mutua assistenza del gruppo et- nico e della colonia di immigrati siciliani, ohe vi contentò di operare perenni esclusivamen- te nei circoli e nelle colonie dei nostri .immi- gra-ti. Tutti gli italiani dovevano pagare un contributo, una specie di taglia o decima, che poteva ammontare da un dollaro alla settimana ai 5 mila dollari richiesti a Enri- co Caruso. L'attività fondamentale della Ma- no Nera era quella delle estorsioni e delle ra- pine attraverso lettere ricattatorie ohe sol- lecitavano versamenti in denaro e le cui ri- chieste dovevano essere soddisfatte, pena la morte per chi si rifiutava o denunciava la co- sa alla Polizia. Accanto a queste operazioni cominciò a svilupparsi la lotta dei gruppi antagonisti per assicurarsi il controllo di alcune attività eco- nomiche, soprattutto quella del commercio della frutta. E fu qui che cominciarono a im- porsi, ricchi della passa/la esperienza, 'gli emi- grati 'siciliani mafiosi, mentre, avendo varca- to certe .gesta i>l limite della comunità etni- ca, le autorità americane abbandonavano la primitiva indifferenza. L'episodio Hennessy, nel 1890, inserì la Mano Nera nella delinquenza ufficiale statu- nitense. Hennessey, agente di polizia, dove- va testimoniare a favore dei fratèlli Proven- zano, accusarti di aver organizzato un san- guinoso attentato ai fratelli Mat/ranga, tra- sportatori di frutta nello scalo di .New Or- leans, ma venne ucciso da ignoti mentre rin- casava, la sera del 15 ottobre 1890. Per la sua molte furono rinviati a giudizio 19 italo-ame- ricani, che vennero però assolti il 12 marzo 1891. La folla inferocita assalì le prigioni e nel linciaggio che ne seguì 11 degli assolti in 17.
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Senato della Repubblica — 257 — Camera dei Deputati

LEGISLATURA VI — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI - DOCUMENTI

CAPITOLO QUARTO

LE RAMIFICAZIONI TERRITORIALI DELLA MAFIA

SEZIONE PRIMA

LA MAFIA ALL'ESTERO

1. / collegamenti della mafia con organizza-zioni criminose straniere.

La mafia non è mai stata un fatto soltantosiciliano. In tutti i tempi sono state frequen-ti ed estese le infiltrazioni mafiose in Paesistranieri e in più occasioni le cronache, •han-no registrato l'esistenza di saldi rapporti trala mafia e determinate organizzazioni crimi-nali straniere, specialmente nord-americane.

In particolare, per quanto (riguarda gli Sta-ti Uniti, tali rapporti hanno un'origine tut-t'altro che recente, poiché sorsero, si può di-re, nel 'momento stesso in cui sì sviluppò <l'e-migrazione siciliana e quindi l'emigrazionedi (mafiosi siciliani negli 'Staiti Uniti. Fu inquel periodo che lo spirito e l'idea della ma-fia soddisfecero al bisogno di protezione edi difesa, che l'emigrante non era in gra-cìo di assicurarsi se non affidandosi ai piùforti e ai più spregiudicati, tra i quali sireclutavano i membri dei gruppi mafiosie delle associazioni delinquenziali. Occor-revano peraltro, nel continuo flusso dellaemigrazione, organizzazioni clandestine perpermettere di lasciare la Sicilia e di trovareuna buona sistemazione in America a chi in-tendeva sottrarsi per qualche motivo allagiustizia italiana; e in simili organizzazioni,che avevano un piede in Sicilia e l'altro oltreAtlantico, cominciarono ad agire coloro chedovevano poi essere i 'primi rappresentantidella delinquenza siculo-americana.

Su questa base si creò negli Stati Uniti untipo di associazione a delinquere che ebbe lesue radici nella solidarietà e nel contributopiù o meno coatto di un determinato gruppoetnico-nazionale, che fu la Mano Nera. Essa

sembrò subito -a taluni un'emanazione dellamafia siciliana ma sulle prime non ne ebbe néi caratteri né le origini né i legami con i cetidirigenti sociali o ipolitici: si trattava sol-tanto di un'associazione delinquenziale nataper .finalità di mutua assistenza del gruppo et-nico e della colonia di immigrati siciliani, ohevi contentò di operare perenni esclusivamen-te nei circoli e nelle colonie dei nostri .immi-gra-ti. Tutti gli italiani dovevano pagare uncontributo, una specie di taglia o decima,che poteva ammontare da un dollaro allasettimana ai 5 mila dollari richiesti a Enri-co Caruso. L'attività fondamentale della Ma-no Nera era quella delle estorsioni e delle ra-pine attraverso lettere ricattatorie ohe sol-lecitavano versamenti in denaro e le cui ri-chieste dovevano essere soddisfatte, pena lamorte per chi si rifiutava o denunciava la co-sa alla Polizia.

Accanto a queste operazioni cominciò asvilupparsi la lotta dei gruppi antagonisti perassicurarsi il controllo di alcune attività eco-nomiche, soprattutto quella del commerciodella frutta. E fu qui che cominciarono a im-porsi, ricchi della passa/la esperienza, 'gli emi-grati 'siciliani mafiosi, mentre, avendo varca-to certe .gesta i>l limite della comunità etni-ca, le autorità americane abbandonavano laprimitiva indifferenza.

L'episodio Hennessy, nel 1890, inserì laMano Nera nella delinquenza ufficiale statu-nitense. Hennessey, agente di polizia, dove-va testimoniare a favore dei fratèlli Proven-zano, accusarti di aver organizzato un san-guinoso attentato ai fratelli Mat/ranga, tra-sportatori di f rut ta nello scalo di .New Or-leans, ma venne ucciso da ignoti mentre rin-casava, la sera del 15 ottobre 1890. Per la suamolte furono rinviati a giudizio 19 italo-ame-ricani, che vennero però assolti il 12 marzo1891. La folla inferocita assalì le prigioni enel linciaggio che ne seguì 11 degli assolti in

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attesa di scarcerazione vennero uccisi. Fu do-po questo clamoroso episodio che la poliziadegli Stati Uniti usò un più rigido criterionell'esame dei precedenti degli immigrati'ita-liani, specialmente sici l iani , e iniziò la lottacontro Ja Mano Nera.

H termine divenne presto in America si-nonimo di mafia: le omonimie, le parentelee le personali amicizie fra gli associati dellaMano Nera ed i mafiosi siciliani, i tempora-nei legami dovuti alla partecipazione di qual-che mafioso ai delitti della Mano Nera e, perconverso, la collaborazione di affiliati ame-ricani ad attività mafiose ,in Sicilia, gli inca-richi 'reciprocamente portati a compimentocomprovavano l'esistenza non soltanto di unrapporto di somiglianzà di gruppi, di orga-nizzazioni .e di finalità, ma anche di un rap-porti di derivazione stabile e permanente. Ledue organizzazioni criminose tennero inol-tre frequenti riunioni nel carso delle qualiemerse chiaramente che i mafiosi dell'una edell'altra parte dell'Oceano avevano egualepotere ed influenza ed erano in perfetta in-tesa tra loro.

La prima riunione di cui si ha notizia ausaleal 1909 e preluse all'assassinio' di Joseph Pe-trosino. Costui, tenente commissario dellaSezione italiana dell'ufficio di polizia di (NewYork, nel dicembre 1908 ebbe l'incarico di re-carsi in Sicilia col compito di « indagare sulfenomeno della mafia onde frenare — se erapossibile — l'emigrazione di elementi pregiu-dicati e 'Stabilire un collegamento con la Po-lizia italiana per interrompere 'i legami trala mafia siciliana e la Mano Nera america-na ». Egli inoltre doveva .raccogliere preciseinformazioni sui numerosi 'Siciliani che risie-devano nella città di New York e che ali suoritorno avrebbero dovuto essere espulsi co-me criminali.

I capi della Mano Nera si videro in perico-lo e a New Orleans, nella casa di Paolo Mar-chese (Paul Di Oristina), si riunirono JamesBalestrere, Giovanni Di Giovanni, Peter DiGiovanni (fratello di Joseph Di Giovanni, ilnoto Scarface), Anthony Carramusa, FrankDe Maio e Angelo Ferrara. Peter .Di Giovannivenne spedito a Palermo per concordare coni capi della mafia locale come 'impedire chePetrosino portasse a termine la sua missone.L'incontro fra l'emissario della Mano Nera

e gli esponenti mafiosi avvenne nella casa diVito Cascio Ferro, capo riconosciuto dellamafia siciliana.

Petrosino, ignaro, giunse in Italia Al 20 feb-braio 1909; si incontrò con LI ministro dell'in-terno, onorevole Peano, che gli assicurò chenon sarebbero stati più rilasciati passaportidi espatrio ai pregiudicati; si recò a Pallermodove indagò, fra l'altro, anche sui precedentipenali dei fratelli Matranga. La sera del 12marzo, a Piazza Marina, veniva ucciso a colpidi pistola da un uomo sceso da una carrozza.

Due ore prima, Vito Cascio Ferirò si erarecato a cena da un autorevole parlamenta-re; si era allontanato per breve tempo con lacarrozza; era ritornato sereno a consumarela cena. Al processo che ne seguì, i commen-sali gli fornirono un alibi inattaccabile e Ca-5ciò Ferro fu assolto.

Il primo convegno mafia-iMano Nera avevaquindi dato i suoi frutti, che avevano dato aloro volta la prova dei rapporti traile due as-sociazioni.

Il secondo convegno ebbe luogo nel dicem-bre del 1928 a Cleveland, quando la Mano Ne-ra era guidata, oltre che dai vecchi Joe Mas-seria e Joseph di Giovanni (Scarface), daigiovani delfini Giuseppe 'Doto (Joe Adonis),Joe Aiello e Tony Gizzo. Parteciparono ancheAlfred Polizzi, Nick Vitale, Peter Li Cavoli(James), James Balestrere, Francesco Casti-glia (Frank Costello, detto Faccia d'angelo),Vincent Mangano e Joseph Profaci. Lo scopodel convegno era di trovare una composizio-ne alle lotte fra i gruppi rivali, penetrare piùprofondamente nel settore politico, rendendopiù organici e capillari i. legami già esistenti,sostituire le attività connesse al .proibizioni-smo con altre di stretta ispirazioni manosa,inserire nelle gangs esistenti gli emigrati si-ciliani legali o clandestini che ila spieiata ope-razione Mori aveva allora costretto a rifu-giarsi in America, costruire una nuova as-sociazione col nome di Unione Siciliana.Una sorpresa della Polizia compromise ilsuccesso della riunione. Gli scontri fra lebande si fecero allora più frequenti e, ancheal di fuori della Mano Nera, il gangsterismoamericano visse le sue .giornate più roventi,culminate il 14 febbraio 1929 a Chicago colmassacro di S. Valentino, in cui la gang di

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George Moran veniva annientata dagli uomi-ni di Al Capone.

ìNel maggio successivo, ad Atlantic City,Frank Costello e Joe Adonis con Al Caponee Moran stabilirono una stretta ripartizionedi competenze e ricostituirono l'Unione Si-ciliana: Jonny Torrio ne divenne il nuovocapo. Si 'pensò anche alla mafia 'Siciliana, chesi ritenne di affidare ailLa guida di CalogeroVizzini e di Pasquale Enea, di Palermo, es-sendo Vito Cascio Ferro « impedito nei suoipoteri » perché in carcere.

A quella riunione non .prese parte Salvato-re Lucania (Lucky Luciano), autorevole traf-ficante di droga e tenutario di case di .tolle-ranza, mestiere mai esercitato dai mafiosisiciliani. Ma fra il 1930 e il 1940 Lucania fuquasi l'unico a controllare il traffico deliadroga che raggiungeva l'America iper mezzodi società farmaceutiche e di industrie chi-miche dell'Italia settenitrionalle e del Mezzo-giorno della Francia, in uno strano tipo dicontrabbando, favorito allora dalla mancan-za, almeno in Italia, di precise norme legisla-tive contro ila sottrazione dell'eroina e dellamorfina al commercio legale.

E nel 1940, pur essendo in carcere, LuckyLuciano, in una riunione del « sindacato »e cioè del cosiddetto gran consiglio dellaMano Nera, venne indicato come l'unico ca-pace di riannodare i rapporti con la mala-vita siciliana.

In tempi più recenti, due indagini thannoportato l'attenzione del Parlamento e del Go-verno statunitense sulla delinquenza mafio-sa e non manosa: l'indagine dalla Commis-sione senatoriale presieduta dal senatore Ke-fauver .sul ìgangsterismo in genere e suJ gang-sterismo mafioso in .specie e quella (di cuisi è già fatto cenno) deJla Sottocommissionedi inchiesta .presieduta dal senatore MeCleLlan ohe il 4 marzo 1965 ebbe a pubblica-re un rapporto.sull'organizzazione crimino-sa e sul traffico degli stupefacenti, divenutoben presto noto col oiame di « rapporto MeClellan ».

Non si può prescindere dalle risultanze diqueste indagini per un giudizio sugli attualilegami fra mafia 'Siciliana e delinquenza sta-tunitense, legami, purtroppo, che'trovano neirisultati delle due inchieste la più ampia epreoccupante conferma.

L'inchiesta Kefauver fornisce una largadocumentazione del gangsterismo mafioso; ecioè di una nuova mafia gangsteristica ameri-cana, che costituisce una sorta di Stato entroIo Stato, un potere che ha influenza nell'eco-nomia, nella politica, nella Magistratura enella Polizia degli Stati U n i t i , dove in certezone esiste come « una specie di (losca trini-tà: la delinquenza, la politica e gli affari »,alla quale quasi mai sono estranei i grossinomi dei delinquenti siculo-americani.

Il rapporto McClellan, poi, prova chia-ramente che negli Stali Uni t i prospera datempo una vasta associazione criminale fraitalo-americani di prevalente origine sicilia-na, detta Cosa Nostra. Il termine Cosa No-stra, coniato in America dai siciliani chenel lontano 1929 costituirono l'Unione Sici-liana, è sinonimo dell'espressione « amici dil'amici », usata dalla mafia siciliana per in-dicare una persona sulla quale si può farecompleto assegnamento, e col tempo è passa-to convenzionalmente ad indicare la nuovaorganizzazione che aveva soppiantato il vec-chio « sindacato » della Mano Nera.

Composta quasi interamente di siciliani, icui raggruppamenti, detti « famiglie », eranocapeggiati da individui in stretti (legami conaltre « famiglie » e con esponenti del mondopolitico ed economico, Cosa Nostra sorse difatto nel 1931, grazie soprattutto a SalvatoreLucania, sulla falsariga della mafia siciliana,e di questa adottò i metodi di terrorismo e diviolenza introdotti dagli emigrati sicilianiall'inizio del secolo. Con la mafia sicilianacontinuò poi a mantenere una stratta e conti-nua intesa per il raggiungimento dei proprifini e per il soddisfacimento del comune in-teresse al/la rapida realizzaziiome di ingentiguadagni con metodi illeciti.

Robert Fitzgerald Kennedy, quando eraMinistro della giustizia, ha descritto l'orga-nizzazione di Cosa Nostra come una aziendaprivata del crimine, nelle cui mani si accen-tra un reddito di milioni di dollari che pro-vengono dalle sofferenze umane e dalla cor-ruzione morale. Ebbene, quasi tutti gli ap-partenenti ad essa — identificati attraversole deposizioni dei funzionari di Polizia JohnShanley e Ralph Salerno e soprattutto in ba-se alle accuse di Joseph Valachi, già autore-vole esponente dell'organizzazione, quale

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membro deMa « famiglia » di Joe Bonanno —erano in personali rapporti di parentela, af-finità, comparatico, affari o interessi con igrossi 'mafiosi del palermitano e del trapa-nese. Più precisamente, secondo McClel-ian: « esiste negli Stati Uniti una delinquen-za organizzata formata esclusivamente dapersone di origine italiana, che si chiama Co-sa Nostra, la quale è collegata con la mafiasiciliana. . . Questa associazione ha così vastipoteri e gode di tanta .influenza da poter es-sere considerata come una vera e propriaamministrazione privata del crimine organiz-zato. . . direttamente collegata e adeguataalla secolare società di terroristi siciliani, lamafia ». E aggiunge, nel suo /rapporto, chedei capi delle cinque « famiglie » in cui èsuddivisa Cosa Nostra in New York (2.000membri attivi e 3.000 inattivi), tre su cinquesono siciliani.

Può, pertanto, ben comprendersi come ledue organizzazioni non soltanto siano rima-ste sempre collegate, ma abbiano potuto pre-starsi mutua assistenza pur mantenendosidistinte ed indipendenti, come molto incisi-vamente diceva Joe VaJachi, allorquando af-fermava: « Cosa Nostra è una organizzazio-ne indipendente e distinta dalla mafia sicilia-na, però i bosses di Cosa Nostra intratten-gono rapporti con i capi della mafia ».

Nascono di qui numerosi episodi crimi-nosi nei quali sono (risultati coinvolti per-sonaggi della malavita siciliana e di quellaamericana e nasce di qui quello stretto col-legamento tra l'uno e .l'altro ambiente, cheha favorito (come in precedenza si è spiega-to) d'illecito traffico degli stupefacenti.

D'altra parte, il commercio della droga eil contrabbando dei tabacchi hanno permes-so ai mafiosi di stabilire saldi legami anchecon la malavita di altri Paesi, specialmentedella Francia e della Germania; cosi comel'emigrazione all'estero dei nostri lavoratori,fra i quali numerosissimi siciliani delle pro-vince mafiose, ha trapiantato nelle nuove zo-ne di (lavoro gli usi, i costumi e le abitudinidei Paesi nativi. Si è verificato ancora oggi,in. Europa come in Africa e in Australia, il fe-nomeno già osservato negli ultimi anni delsecalo 'scorso e nei primi di questo secolo:gruppi familiari di mafiosi hanno ritenutodi poter continuare anche all'estero certe

doro manifestazini delinquenziali, quali so-praffazioni a danno dei connazionali, pre-potere, abusi, vendette, malintese afferma-zioni di prestigio e di onore.

Mentre, in verità, nel NordnBuropa, nel Ca-nada e negli al tr i Paesi verso cui si è direttoil flusso migratorio, tali manifestazioni sonorestate circoscritte al modesto ambiente deiconnazionali immigrali e non hanno cormun-que dato luogo a gravi fatti di 'sangue né mo-tivo a in te rven t i delle autorità (locali, lo stes-so, purtroppo, non è accaduto per l 'Australia.

Qui, per cause non accertate — ma ifira lequali certamente rientrano l'entità numeri-ca degli emigranti provenienti dalle medesi-me zone 'mafiose, i loro costumi, la mentalitàe le abitudini di vita, >le caratteristiche delterritorio, dell'ambiente e dell'economia delPaese ospitante, simili in parte a quelledelle località di provenienza, i circoli chiusie i compartimenti stagni delle famiglie — siverificarono negli anni '60 numerosi epi-sodi tipicamente mafiosi e furono perfinocommessi feroci omicidi. Ne derivò, fra gliemigranti, con le inevitabili manifestazionidi omeri a, un'atmosfera di diffidenza e disospetto a cui si è riusciti in seguito a porregli opportuni ripari, evitando che gli incre-sciosi episodi si ripetessero.

SEZIONE SECONDA

LA MAFIA NELL'ITALIA CONTINENTALE

1. Le infiltrazioni mafiose.

Un fenomeno in qualche modo analogo aquello che si è ora sommariamente descrittosi è verificato anche in Italia, tanto da assu-mere, specialmente negli ultimi tempi, pro-porzioni allarmanti. La mafia è uscita dal-l'Isola, per raggiungere e insediarsi in altrezone d'Italia e in particolare nei grossi cen-tri .urbani, come Milano, Roma, Genova e Na-poili o nei paesi vicini.

Nel luglio del 1971, poche settimane dal-l'omicidio de.l Procuratore della Repubblicadi Palermo, i Carabinieri e la Pubblica sicu-rezza procedettero a una vasta operazione dipolizia, che si concluse con la denunzia dicentoquattordici persone, tutte sospettate di

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appartenenza alla mafia e ritenute responsa-bili -del delitto di associazione per delinqueree del sequestro di Vincenzo Guercio. Bastascorrere l'elenco dei luoghi in cui queste per-sone vennero arrestate o tin cui si trovavanoal momento della denuncia, por avere unamappa, non completa, ma certo indicati-va, 'di quelle che erano allora le presenze e leinfiltrazioni manose in Sicilia e nel irested'Italia.

Molte persone, naturalmente, furono cat-turate nella Sicilia occidentale: a Palermo,Giuseppe Burgio, Gaetano Cardilo, Natale DiMaio, Gaspare Gambino, Filippo Giacalone,Giuseppe Li Volsi, Filippo Pedone, Giusto Pi-cone, Salvatore Scaglione, Antonino 'Soiac-ca, Giro'lamo Teresi, Pietro Teresi, LucianoZappulli e Agostino Lupo; a Terrasini (unalocalità a trenta chilometri da Palermo) Ni-colo D'Anna, Diego Marino e Antonino Vi-tale; a Villabate, Giovanni Gandolfo.

Ma anche nella Sicilia orientale, .tradizio-nalmente libera da influssi mafiosi, furonoeffettuati alcuni arresti: a Catania 'fu cattu-rato Giuseppe Calderone, di 46 anni, ohe se-condo la Polizia, il 10 luglio 1971, si era in-contrato a Zurigo con Luciano Leggio, incompagnia di Alberti, Buscetta e 'Greco; aMessina fu preso Salvatore Gambino, di 31annii, fratello di Gaspare.

Moilto più numerosi furono gli arresti ese-guiti nell'Italia continentale. A Pomezia, inprovincia di Roma, gii inquirenti fenmaTonoGiuseppe Corso, di 72 anni, e il figlio Giusep-pe Corso, di 47.anni, entrambi da Partinico,il secondo genero di Frank Coppola, peraverne aposata l'unica figlia Pietra.

A Roma fu arrestato Natale 'Rimi, di 33annii, da Alcamo, figlio di Vincenzo e fratel-lo di Filippo Rimi, che da poco si era trasfe-rito nella capitale, perché assunto dalla Re-gione Lazio.

A Livorno venne preso 'Benedetto Citairda,di 58 anni, da Palermo, residente in un paesedella provincia, Salsetta, assolto nel 1969 dal-l'imputazione di associazione per delinqueree dei delitti di sequesto di persona, di omici-dio e di occultamento di cadavere.

A Milano, infine, furono arrestati: Giovan-ni Alberti, di 28 anni, da Ciminna, residentea Co'logno Monzese, nipote del .più famosoGenlando Alberti, Salvatore Battaglia, di 31

anni, domiciliato a Busto Arsizio, già denun-ciato per traffico di stupefacenti, Carlo Fi-danzati, di 28 anni, da Palermo e 'residentea Milano, Benedetto La .Cara, di 28 anni, re-sidente a Senago, Francesco Magri, di 41 an-ni, collegato a Gerlando Alberti, DomenicoSantoro, di 32 anni, da Palermo e residentea Cotogno Monzese, Francesco Scaglione, di38 anni, da Palermo e dimorante a Bellagdo,Andrea Seidita, palermitano, residente a Mi-lano, contrabbandiere anche dui come il pre-cedente, Gioacchino Seidita di 48 anni, padredi Andrea, già imputato del delitto di omi-cidio e poi prosciolto.

Con loro fu denunziato in stato di latitan-za anche Gerlando Alberti, [personaggio diprimo piano delle nuove .leve mafiose, chenegli ultimi tempi era stato al centro, in va-rie zone dell'Italia continentale, di numero-se oscure vicende.

Sul suo conto è risultato in particolare che.nella sua abitazione di Collagno Monzese siriunirono 'più volte esponenti di altissimo li-vello dell'organizzazione imafiosa, come i Gre-co., Gaetano Badalamenti, Pietro iDavì e Sal-vatore Catalani, proveniente quest'ultimo da-gli Stati Uniti e segnalato come un .pericolo-so trafficante di droga. Sempre nella zona .mi-lanese, Alberti tenne costanti rapporti conTommaso Buscetta, di quale infatti fu fer-mato dalla Polizia mentre si trovava in .mac-china con lui e con altri noti mafiosi. Alberti,inoltre, fu denunciato a Milano, per i 'delittidi contrabbando, di traffico di stupefacenti,di furto e rapina, in concorso con FrancescoScaglione, Gioacohino Seidita, Salvatore Bat-taglia, Cesare D'Amico, Francesco Maorì, (Be-nedetto La Cara ed altri; a Genova, invece,fu imputato, insieme con Salvatore Riina,Faneesco Macrì, Andrea Seidita ed altri, diuna rapina a mano armata ai, danni di un'or-ganizzazione contrabbandiera ligure ohe siera rifiutato di sottostare a un'imposizionedi stampo mafioso; fu indicato come man-dante del fallito attentato di Castelfiranco Ve-neto ai danni di Giuseppe Sirchia; fu denun-ciato (e poi assolto) per la strage di viale La-zio; la Polizia lo indicò come uno dei possi-bili autori del rapimento di Mauro De Mauroe il suo nome venne fatto più volte anche aproposito dell'omicidio di Pietro Scaglione;fu infine arrestato dopo anni di latitanza,

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nella zona di Napoli, dove aveva stabilito .lapropria residenza

Sono sufficienti queste sommarie notizie•relative a Gerlando Alberti, dn giiro par l'Ita-lia come un commesso viaggiatore del ori-mine, a dimostrare che i mafiosi usciti dal-la Sicilia, pur dimorando in luqghi diversie spesso distanti, si •preoccupavano di nontroncare, ma anzi di rinsaldane i rapportiesistenti tra loro, e di continuare a teneresaldi legami con gli ambienti mafiosi del-l'Isola.

Il Tribunale di Palermo, giudicando i cen-toquattordici, ne ha condannato soltanto unapanie, escludendo così che esistesse un'asso-ciazione a delinquere tra tutte le personedenunziate. Ma è tuttavia fuori di dubbio ohei mafiosi che si sono trasferiti nelle vamiezone deM'Italia continentale, se pure non han-no creato una sola organizzazione, che li rag-gnippasse tutti, hanno certamente costitui-to vari e numerosi nuclei 'associati, che sonostati all'origine di quella costellazione diepisodi di stampo mafioso, sebbene non itut-ti di carattere criminale, che ha arricchi-to in questi ultimi anni il quadro della cor-ruzione e della delinquenza nazionali, nonpiù soltanto in Sicilia, ma anche in a<ltre re-gioni d'Italia, in primo luogo dil Lazio e laLombardia.

La Commissione si è interessata, in itemipidiversi, di più di uno dei suddetti episodi,ed ha cercato poi, riconducendo ad unità isingoli episodi, di ricostruire nella sua inte-rezza il fenomeno delle ramificazioni terri-toriali della mafia, di individuarne le cause,di intenderne i caratteri e le note specifi-che, di prevederne la possibile evoluzione,di studiare gli opportuni rimedi da opporrea una situazione che si è fatta via via piùgrave.

Tra l'altro, la Commissione, dopo l'arre-sto a Milano del pericoloso 'fuorilegge Lucia-no Leggio, ha ritenuto necessario recarsi nelcapoluogo lombardo, iper avere uno scam-bio di vedute con i rappresentanti della Ma-gistratura e delle forze dell'ordine più diret-tamente impegnati nella lotta al fenomenomafioso, così da avere a disposiziione tuttigli elementi occorrenti per le valutazioni disua competenza.

Le pagine che seguono offrono un quadrofedele, anche se sommario, dei risultati del-le indagini compiute in questo settore e con-sentono un giudizio obiettivo .sulle dimen-sioni e sul significato delle .ramificazioniterritoriali della mafia.

2. Francesco Paolo Coppola e le sue vicende.

I -primi episodi, che in questa (prospetti-va hanno richiamato l'attenzione della Com-missione, sono tutti collegati o riconducibilialila persona e alle iniziative del boss italo-americano Francesco Paolo Coppella, meglionoto come Frank Coppola, ed è utile per-ciò far precedere degli apprezzamenti, a cuiè in proposito pervenuta la Comimiissione,da un profilo biografico di Coppola.

Frank Coppola nacque a Partinico, in pro-vincia di Falerno, il 6 ottobre 1899 da unafamiglia di contadini, che viveva in miserecondizioni economiche, e già nella primagiovinezza cominciò a far parlare di sé.

II 5 agosto 1919, infatti, venne denuncia-to dai Carabinieri di Partinico par tentatoomicidio in persona di Antonio Lupo. Vennetratto in arresto il 10 febbraio 1923, dopoquasi tre anni di latitanza, ma appena quat-tro mesi dopo fu assolto dalla Corte di As-sise di Palermo.

Negli anni seguenti, e più precisamentenel periodo dal 1926 al 1933, collezionò al-tre denuncie per vari omicidi e per altrigravi reati e tu condannato, oltre che perreati minori, a tre anni e cinque mesi direclusione, per associazione a delinquere.

Per sottrarsi alle procedure in corso sitrasferì clandestinamente prima a Cuba epoi negli Stati Unit i , stabilendosi in variecittà, a Detroit, a Los Angeles, a S. Franci-sco e infine nuovamente a Detroit, dove vissesotto i falsi nomi di Jimmy Barbera e diFrank La Monde.

Negli Stati Uniti , non tardò ad affermarsinel mondo della criminalità organizzata einsieme con mafiosi e gangsters si dedicò al-lo smercio di stupefacenti. Fu pertanto sche-dato dal Federai Bureau of Investigation(F.B.I.) come contrabbandiere internaziona-le di narcotici e come presunto sicario furitenuto associato, ne! traffico della droga,

Senato della Repubblica — 263 — Camera dei Deputati

LEGISLATURA VI — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI - DOCUMENTI

a Salvatore Vitale, a Salvatore Mancuso ea John Pri'zioia, alias Papa John, noto traffi-cante di stupefacenti e pregiudicato^ iper omi-cidio, corruzione e commercio' clandestinodi alcool.

Sempre con •riferimento ali'tempo 'trascor-so negli Stati Uniti, il senatore McClellaninferì, nel rapporto, di cui già -si è fatto cen-no, che Coppola, oltre ad essere un notocriminale, in pratica un killer, era un impor-tante elemento nel traffico internazionaledella droga ed era associato a SalvatoreLucania (Lucky Luciano), esponente della« famiglia » di Vito Genovese, a GiuseppeMangiapane e a Carlos Marcelllo (.Carlo Mi-nacora), noto gangster. Anche secondo MeGlellan, Coppola era inoltre associato a JohnPriziola, e con lui a Vito Vitale e a Raffae-le Quarasano.

Durante la permanenza negli Stati Uniti,Coppola venne più volte arrestato per di-stillazione clandestina di alcool e condan-nato per traffico di droga.

Dopo ,la guerra, essendo Sitato scoperto dalservizio d'emigrazione e diffidato 'di espul-sione, rientrò volontariamente in Italia nelgennaio del 1948, stabilendosi a Partinico.Ma nell'agosto del 1948 tornò negli StatiUniti attraverso il Messiico e si stabilì persei mesi a Kansas City, dove appoggiò alle

elezioni per governatore dallo Stato il can-didato democratico. Viaggiò quindi per gliStati Uniti, per scopi certamente illeciti,finché fu co-stretto a trasferirsi nel Messioo,dove rimase fino al gennaio 1950, quandofu espulso come indesiderabile e itornò defi-nitivamente in Italia.

Dopo il primo viaggio in Italia, e primadi rientrare negli Stati Uniti, consegnò alsuo procuratore, Vito Vitale, la somma didodici milioni di lire, per l'acquisto di unfondo in Tor S. Lorenzo, a Pomezia; mentrenel 1950, appena tornato in Italia, depositòla somma di cinque milioni di lire pressola Cassa di Risparmio di Partinico.

Già durante il primo soggiorno in Italia,e con maggiore intensità negli anni imme-diatamente successivi al 'rientro definitalo,Coppola riuscì a stringere o-apponti con per-sone che avrebbero ipotuto assicurargli unaautorevole protezione; né 'mancarono uomi-ni politici e sfunzionari statali che si (rivol-sero a lui par chiedergli favori o .per solle-citarne l'appoggio, specie 'in occasione dicompetizioni elettorali.

Sono in questo senso 'significative alcunelettere rinvenute in casa di Coppola dallaGuardia di finanza e che qui di seguito sipubblicano nel loro testo integrale:

SENATO DELLA REPUBBLICA

Palermo 2tì.3.5»1

Caro Coppola,Ho ricevuto il vostro affettuoso telegranna di

ri per queste feste Pc-squali. Vi ringrazio molto ancheper le espressioni così cordiali di cui Vi servite. Liricambio cordialmente ed aggiungo i più. amichevoli u a_luta.

Senato della Repubblica — 264 — Camera dei Deputali

LEGISLATURA VI — DISEGNI DI LEGGI- E RELAZIONI - DOCUMENTI

SENATO DELLA REPUBBLICA Homa, 3 Gennaio 1950

Caro Coppole^

avevo ricevuto da parte Vostra atti

di cortesia per cui avrei ben voluto ringraziar̂

Ti ma non mi risultava il Vostro indiricBO di Par

tinico, sicché dovetti ricorrere ad un amico il

quale si informò e mi disse che non era precisato

il Vostro indirizzo di e ode sta città. Ora mi per_

viene il Vostro telegramma e ve ne esprimo diret__

temente i ringraziarne!-.ti nonché il ricambio degli

auguri stessi, affidandomi alla posta , la quale,

suppongo, troverà il molo di recapitare o quanto

meno, ritornerà la presente.

Credetemi,

Vostro

Sig.FRANCESCO COPPOLCL

PABTIHICO

IL GIORNALE D'ITALIA

COMPARTIMENTO

DI PAI

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Palermo 15 Pecoraio 19 31

Grande e vecchio Amico,

t restante f»er preaentwrLe J.l amioo fraterno ni,

oppola da Partini, lo presento a lei perché

e.jli 4 uno dei nostri rari a*ioi ohe merita tutta la

affet tuosa collaborazione.

Alcuni giorni fa io scrissi all'ottimo Ingegnere Lello

raccomandandogli un giovane, .Patti antonino di antonino

- H 3-^31 & Ani» v » r t a , i genitori di questo giovane

jono gli attuali casellanti ai oa8ellQ'.JQ9,+699 Palermo.Cessina, e questo giovane d»l quale no} ói occupiamo 4

•iato in quel casello. ' ,. ' .-.:. ' .•. • •• . t ' - ' - t •••.<

La preghiera ohe rivolsi a 3uo figlio 1*110 a ohe ' oggi

rivolgo a Lei è quella di fare la modo OÌw;»i ifogai riu»

3cire a fare quello ohe mólti dal parlamentar moderniI •!'

non ci hanno saputo far*.iil giovane aspira ad entrar* nelle ferrovie oooupando '

lualsiasi posto, egli saltuariauente viene ohiamato dal!

la squadra recuperi e riparazione, ed ha già fatto

un discreto tirocinio di I tvoro.

La prego caldamente di [T Mi-ire ;i cuore i-reiiuo .'5uo

Lello la aorte di questo »i viine, Ve r l j ^ ^ 0 H m^°

Coppola,zio del giovane, è n- ri te voi e di qualaiasi sacri--

fioio- '• : i ! - ; .| ,i IIn merito alla Sua ultima 'ì - t t e r a La Ì.F. <^o di a t tendere

ancora qualche giorno per- ; 'ere la risposta in quanto

stiamo facendo di tut to pt i far superare a Vulpitta alca

ne formalità regolamentar- .

Credo che nei pr imi di i\;a."70 sarò a Kornu :ci prenoto, una

oolezione a Oasa Sua, • j -1-? fin da ora sa ohe deve venirre a Palermo ospito in òa«'n mia a trancorrere un pò di"giorni primaverili «on no-./ ' • ;•'

IH attesa di Sue l ' aòbra ;cLo af fe t tuosamente

•' : . - • • ' 3uo iildiowntic^ ile

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Senato della Repubblica — 267 — Camera dei Deputati

LEGISLATURA VI — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI - DOCUMENTI

Xw. GIOVANNI PAIAZZOLQ

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VM CONCETTI. «t

CAMERA DEI DEPUTATI

Ministero TrasportiFerrovie dello Stat*II Diret tore Generale

Roma,lì 13 luci?o1948

Caro Onorovolo-in relaziono allo promure r ivol te

con la sua lettera del f 'S giugno u.s . Lo s ign i f icoc h e , p u r t rat tandosi di un t rasporto cho risale al-l ' anno 1913, sono stati di po«ti accor tnnun ti porstabilire la «orto f ti c i n j u c Ij. 'uili masser iz ie a|>-nartenenti al militare Patti A n t o n i n o .

In mer i to non si Mancherà di riferire apponu'in grado.

Cordiali salutiTU Hai mondo

Onorevole Avv.G.Palazzo!oCamera dei Dopatat i

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ASSEMBLEA COSTITUENTE •

Roma,11 II Luglio 1948

Caro Coppola,

mi è pervenuto il fusto delSuo vino eccellente. Al ringraziamentoorale aggiungo quello scritto e contodi portare meco lo squisito liquore nel.la mia villa di Camplglloni per bere alla Sua salute.

Mi orqda cordialmente

3lg. FRANCESCO COPPOLAPARTINICO (Pai» noo)

CAMERA DEI DEPUTATI

ROBA,lì 13/4/1951

Cari asiMO Don Ciccio-L'ul t ima volta ohe ci vedendo al-

l'Hotel de Pai «e Lei ni diceva giustamenteohe a Partinico occorreva un Deputato Re-gionale giovane svelto ed anico ed a portatadi nano degli anici. L'aaico Tot o Moti a irisponde a tutt i questi requisiti ed io hedeciso di aiutarlo con tutte le aie fori*.Se a Partinico •! aiutate lo fareeio diven-tare Deputato.

Con affettuosi «aiuti•i creda

(01 o vanni Paianolo)

Sig'.Prancesoe CoppolaIfertlnico

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Senato della Repubblica — 271 — Camera dei Deputati

LEGISLATURA VI — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI - DOCUMENTI

Come si vede, in quest'ultima lettera èesplicito l'invito che un deputato in carica ri-volge a un noto mafioso, per sollecitarne l'ap-poggio alla candidatura di un amico; sì cheè ben naturale che lo stesso Coppola si siapotuto vantare di avere speso più volte lapropria influenza sugli elettori del collegiodi Partinico a favore di determinate candida-ture.

Coppola, d'altra parte, una volta tornato inItalia, non limitò la sua attività a quella diun capo-elettore, ma continuò invece a inte-ressarsi di traffici illeciti, non esitando, comein passato, a ricorrere al delitto.

Il 15 maggio 1952, ad Alcamo, in provinciadi Trapani, furono sequestrati nei doppi fon-di di un baule quasi sei chili- di 'eroina, eCoppola fu denunciato dalla Guardia di finan-za per associazione a delinquere e per traf-fico di stupefacenti, in concorso con Serafinoe Giuseppe Mancuso, con Salvatore Vitale,Salvatore Greco, Angelo Di Carlo, Pietro Cau-dino e Raffaele Quarasano, residenti questiultimi due negli Stati Uniti d'America. Il 24giugno 1955, il Tribunale di Trapani lo con-dannò a due anni di reclusione con una sen-tenza che venne confermata 'il 31 ottobre1956 dalla Corte d'Appello di Palermo e il18 gennaio 1958 dalla Corte di Cassazione.

L'anno dopo il sequestro dell'eroina, i Ca-rabinieri di Partinico lo denunciarono, inconcorso con Vincenzo Rimi e con altri ma-fiosi, per i delitti di sequestro a scopo di ri-catto e di omicidio in persona dell'avvocatoGaspare Lisi; il Giudice istnuttore del Tribu-nale di Palermo ne dispose la cattura, ma laCarte di Assise, con sentenza del 12 maggio1954, lo assolse per non aver commesso ifatti.

Successivamente, il 28 luglio 1965, la Squa-dra mobile della Questura di Palermo ilo de-nunziò per associazione a delinquere, adde-bitandogli di essersi associato con numerosipregiudicati siciliani e statunitensi, e di ave-re svolto un'intensa attività delittuosa, neisettori del commercio degli stupefacenti, delcontrabbando di tabacchi e dell'emigrazioneclandestina. Il processo mise in evidenza (co-me già si è ricordato) la vasta rete di rappor-ti esistenti tra la mafia siciliana e l'organizza-zione americana di Cosa Nostra, ma, in

grado di appello, Coppola fu assolto insiemea molti altri imputati.

Si concluse al'lo stesso modo, con un'asso-luzione, il processo iniziato il 14 marzo 1966,quando la Questura di Palermo lo denunziòinsieme con altri , tra i quali Gioacchino Ca-scio, Erasmo e Salvatore Valente, Paolo eNicola Greco, perché ritenuto responsabiledegli omicidi di Salvatore Cascio, FrancescoAncona e Filiippo Lunetta, avvenuti in Siciliarispettivamente il 20 febbraio 1955, il 1° giu-gno 1960 e l ' i l giugno 1960.

Coppola, intanto, fin dal 14 febbraio 1952,si era trasferito da Partinico a Pomezia, inprovincia di Roma, dove in seguito ha sem-pre mantenuto la propria residenza.

In questi venti anni, egli ha accumulatouna vera e propria fortuna. Tra l'altro, haacquistato a Tor S. Lorenzo di Ardea un fon-do dell'estensione di circa cinquanta ettari,che ha in buona parte adibito a vigneto, esul quale ha costruito una villa, una casa co-lonica, vari magazzini, una stalla. A Pomeziapoi ha comprato un'area edificabilc e otte-nuto la licenza per la costruzione di numerosifabbricati. Sempre nello stesso periodo, haacquistato due orti irrigui a Partinico, doveanche la moglie e la figlia sono diventate pro-prietarie di numerosi immobili, rustici e ur-bani.

Sarebbe naturalmente ingenuo pensare cheesistano prove sicure circa la provenienza deldenaro inizialmente impiegato da Coppolanelle imprese economiche che gli hanno con-sentito di diventare un uomo ricco; ma èfuori discussione che quello che portò consé dall'America non era certo denaro pulitoe che in tutti questi anni non sono mai ces-sati i suoi rapporti con gli ambienti dellamalavita italiana e internazionale. È emersoin particolare che ha avuto stretti legamicon Diego Plaia e con Antonino Sorci, colle-gato direttamente con i gruppi di Cosa .No-stra, e che in più di un'occasione si è incon-trato con noti personaggi mafiosi, recandosianche in Sicilia per partecipare alle loro riu-nioni, come quella che si svolse ad Alcamoil 12 novembre 1965 tra lui, Vincenzo Rimi,Giuseppe Mangiapane e Giuseppe Bertolino.Nel 1963, inoltre, nella casa di Coppola aTor S. Lorenzo fu trovata un'agenda, nella

Senato della Repubblica — 272 — Camera dei Deputati

LEGISLATURA VI — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI - DOCUMENTI

quale figuravano annotati il nome e l'indi-rizzo di Dominique Albertini, noto traffi-cante di stupefacenti, menzionato nel rappor-to McClelIan come associato a Cosa Nostra.

Questi ed altri elementi, che sarebbe super-fluo elencare, provano a sufficienza, sembraalla Commissione, che Coppola, anche duran-te la sua permanenza in Italia, abbia conti-nuato a trarre una parte dei suoi redditida una vera e propria attività delinquenziale,con molta verosimiglianza dal traffico deglistupefacenti. Tutti questi redditi Coppola liha poi investiti nell'acquisto dei beni immo-bili, di cui si è detto, e in una serie di ini-ziative economiche, collegate allo sviluppoagricolo o edilizio dei terreni di sua pro-prietà.

Si è accertato tra l'altro che Coppola haproceduto al miglioramento fondiario delpodere acquistato a Pomezia, ha ottenuto(come si è ricordato) numerose licenze perl'esecuzione di lottizzazioni e per la costru-zione di fabbricati e ha infine richiesto lalottizzazione di un suolo edificatorio di suaproprietà.

Le accennate iniziative prese da Coppolanel settore edilizio si sono inserite nel con-testo di una serie di abusi che hanno carat-terizzato la gestione amministrativa del co-mune di Pomezia in ordine ai quali unaCoimmissioine ministeriale d'inchiesta è per-venuta alle seguenti, specifiche conclusioni:

a) l'edificazione si era svolta sulla basedi una regolamentazione insufficiente, tenu-to conto che il Comune era, all'epoca, sforni-to di un qualsiasi valido strumento di disci-plina urbanistica, essendo il piano regolatoregenerale, adottato nel 1967, aincora in corsod'istruttoria presso il Ministero dei lavoripubblici;

b) la perimetrazione del centro abitato,prevista dall'articolo 17 della legge 6 agosto1-967, n. 765, era stata fatta con larghezzatale da eludere lo scopo (vi erano state in-cluse, infatti, tutte le lottizzazioni ancorchénon realizzate, compresa quella riguardantei terreni di Coppola);

e) nessuna delle lottizzazioni .anteriorial 2 dicembre 1966 era stata autorizzata dalSindaco, dopo essere stata deliberata ed ap-provata, mentre le altre lottizzazioni manca-

vano della prescritta approvazione dellaG.P.A.; tutte le lottizzazioni, quindi, dove-vano ritenersi non efficaci secondo quantostabilito dall'articolo 8 della legge n. 765;

d) le licenze rilasciate dopo l'entrata invigore della legge suddetta, tra cui quelle delCoppola, risultavano in 'massima panie ille-gittime per la mancanza delle opere di ur-banizzazione primaria, così come prescrittodall'articolo 10 della legge stessa, poiché sol-tanto allora la Cassa per il Mezzogiorno ave-va iniziato la realizzazione di alcuni lotti deiprogetti generali della rete idrica e di quellafognaria;

e) grave pregiudizio al futuro assettourbanistico del territorio comunale era ve-nuto dall'applicazione del piano regolatoregenerale, non ancora apprestato, in quantoil progetto redatto dagli architetti era risul-tato sovradimensionato (insediamenti per 270mila abitanti e industrie su 1.600 ha.) e privodelle attrezzature e servizi necessari per talepopolazione.

Alla luce di questi fatti, non è azzardatopensare che anche Coppola si sia giovatodelle accennate irregolarità, per portare acompimento le sue imprese edilizie. Certoè che in quel periodo di tempo egli ebbefrequenti e intensi rapporti da una partecon alcuni amministratori e funzionari deiComuni di Pomezia e di Ardea, appunto perottenere favorevoli interventi in ordine a suoiinteressi ìpatrimoniali, e .dall'altra cori espo-nenti dell'Amministrazione provinciale perquanto si riferisce all'esecuzione di operepubbliche sui terreni di sua proprietà; edè significative che l'Autorità giudiziaria diRoma abbia iniziato un procedimento pe-nale per interesse privato in atti d'ufficio, ri-guardo ai favoritismi che hanno permesso aCoppola di arricchirsi e di accrescere le sueproprietà.

Negli ultimi tempi, non sono mancate,accanto a questa, altre iniziative giudiziariea carico di Frank Coppola.

Il 20 marzo 1970, ila Questura di Romaavanzò a carico di Coppola una proposta disorveglianza speciale con obbligo di sog-giorno.

Il 4 marzo 1970, la Procura della Repub-blica espresse favorevole parere all'accogli-

Senato -della Repubblica — 273 — Camera dei Deputati

LEGISLATURA VI — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI - DOCUMENTI

mento della proposta e chiese anche la cat-tura di Coppola e il 26 marzo 1970 il Tri-bunale di Roma emise a suo carico un ordinedi custodia precauzionale, dopo di che conprovvedimento dell'I 1 aprile 1970 sottoposeCoppola alla sorveglianza speciale per treanni.

Contro il decreto l'interessato propose re-clamo, deducendo tra l'altro che il procedi-mento doveva ritenersi iniziato illegittima-mente sia che si facesse riferimento alla leggedel 1956 sia che si invocasse .la legge antimafiadel 1965; nel primo caso infatti mancava laprova della pericolosità del .Coppola successi-va alla diffida; nel secondo caso, difettava danecessaria richiesta del Pubblico ministero,essendosi limitato il Procuratore della Re-pubblica ad esprimere un parere sulla pro-posta del Questore.

In Corte di Appello, all'udienza del 21 di-cembre 1970, intervenne il sostituto procura-tore generale, Remolo Pietroni, allora addet-to, in qualità di consulente, alla Commissioneantimafia. Al termine 'dell'udienza, il Pro-curatore generale chiese che fosse acquisitoun rapporto a carico di Giuseppe Corso e« si associò in parte » {così si legge ned. ver-bale) alla tesi difensiva, di cui prima si èdetto, ma la Corte di Appello, con provve-dimento del 21 dicembre 1970, confermò ildecreto del Tribunale.

Contro il decreto della Corte di Appellofu proposto ricorso per Cassazione che vennerespinto con sentenza del 13 maggio 1971.

Successivamente, Coppola presentò 3 istan-ze, del 5 giugno, del 4 luglio e del 7 luglio1971, dirette ad ottenere la concessione diun permesso di 30 giorni per recarsi in Sici-lia. In data 25 giugno 1971, la Questura diPalermo espresse il proprio nullaosta e dalcanto suo amene il questore Angelo Manganodiede parere favorevole, in calce all'istanzadel 4 luglio, facendo tra l'altro presente chesi sarebbero organizzati, in intesa con laQuestura di Palermo, opportuni servizi perla sorveglianza di Coppola.

Le istanze del 5 giugno e del 4 luglio furo-no rigettate con provvedimenti dal Tribu-nale del 2 e del 6 luglio, mentre l'istanzadel 7 luglio, diretta alla Corte di Appello,fu accolta con decreto del 21 luglio 1971,su conforme parere della Procura generale;

ma Coppola non si recò mai in Sicilia, mal-grado che Mangano lo spingesse ad andarviper raccogliere informazioni sul rifugio diLeggio, allora latitante.

Il 28 ottobre 1971, Coppola venne trattoin arresto, in esecuzione di un mandato dicattura emesso dal Giudice istruttore di Pa-lermo perché imputato del delitto di asso-ciazione a delinquere, insieme con altre 113persone (c.d. processo dei 114, al termine delquale è stato condannato in prima istanza asei anni di reclusione).

Intanto, con nota del 3 settembre 1971, ilQuestore di Roma aveva proposto che a Cop-pola fosse imposto l'obbligo di soggiorno nel-il'isola dell'Asinara. Il Tribunale di Roma, condecreto del 12 luglio 1972 (depositato il 25luglio), applicò a Coppola la misura dellasorveglianza speciale con obbligo di soggior-no nel comune di Ajello del Friuli per la du-rata di quattro anni.

In data 11 gennaio 1973, il Giudice istrut-tore del processo dei 114 concesse a Coppolala libertà provvisoria, con obbligo di dimoranel comune di Ajello dei Friuli, ma Coppolanon raggiunse subito la destinazione, facen-dosi ricoverare a Villa Gina, una clindca diRoma. Si recò quindi ad Ajello del Friuli indata 14 febbraio 1973 e vi rimase fino al 26febbraio (per dodici giorni), quando ripartìalla volta di Roma.

Due giorni dopo, con provvedimento del28 febbraio 1973, la Corte d'Appello di Roma,su conforme richiesta del Procuratore gene-rale (che era allora Carmelo Spagmiolo) inriforma del decreto del Tribunale, rigettòla proposta del Questore e revocò la misuradi prevenzione applicata a Coppola.

Com'è noto, infine, Frank Coppola è statoincriminato1 come mandante dell'attentatosubito a Roma il 5 aprile 1973 dal questoreAngelo Mangano, ma è stato poi assolto dal-l'accusa con una sentenza del Tribunale nonancora definitiva.

I risultati ora esposti dell'indagine sullapersonalità e sull'attività di Frank Coppolamettono bene in evidenza l'estrema facilitàcon la quale un mafioso del suo calibro hapotuto insediarsi in una regione dell'Italiacontinentale e continuarvi, per lungo tempoindisturbato, i suoi loschi traffici. Ma sonoaltre vicende, accadute tra il 1969 e il 1971

18.

Senato della Repubblica — 274 — Camera dei Deputati

LEGISLATURA VI — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI - DOCUMENTI

e pure esse riconducibili all'iniziativa o allapresenza di Coppola, a documentare comel'infiltrazione mafiosa nel Lazio abbia avutoun'estensione ancora maggiore, tale da coin-volgere in rnisura sensibile ambienti localie da creare, intorno a certi 'personaggi, ungroviglio di interessi non sempre confessa-bili.

3. — Gli episodi connessi alla presenza diCoppola nel Lazio. La fuga di Leggio, ilcaso Rimi, le intercettazioni telefoniche.

La Commissione ha già illustrato, nellarelazione sulla fuga di Leggio, nel rapportosullo stato dei lavori al termine della V Le-gislatura e nella successiva relazione setto-riale comunicata alle Presidenze 'delle Came-re il 26 febbraio 1975, i punti d'arrivo degliaccertamenti compiuti in ordine alle vicende,di cui prima si è accennato; si che convienein questa sede limitare la esposizione di queifatti al quadro d'insieme che metta me-glio in evidenza alcuni degli elementi neces-sari per un giudizio conclusivo sul problemadelle ramificazioni territoriali della mafia.

Il primo degli episodi da ricordare è quel-lo della fuga di Luciano Leggio, dopo la suaassoluzione al processo di Bari; ciò appuntoperché fu la scomparsa del terrbile banditoa portare alla ribalta, in tutta la sua gravita,la questione delle infiltrazioni mafiose nelLazio e del pericolo rappresentato dalla pre-senza in quella regione di Frank Coppola edalle persone che gravitano intorno a lui.

È verosimile infatti che la fuga di Leggiosia stata favorita, se non organizzata, da unfamiliare di Coppola, il genero GiuseppeCorso, ma al di là di questa ipotesi, ciò checonta ribadire è la facilità con cui Leggiopotette abbandonare la clinica romana, in cuisi trovava ricoverato, nonostante che a suocarico la Magistratura siciliana avesse emes-so da tempo un'ordinanza di custodia pre-cauzionale.

I fatti sono noti. Come già si è accennatoin precedenza (v. capitolo primo), il 10 giugno1969, la Corte d'Assise di Bari assolse Leggiodal delitto di associazione per delinquerecon formula dubitativa e per non aver com-

messo i fatti da nove omicidi e da un tentatoomicidio.

Il 18 giugno 1969, la Procura della Repub-blica di Palermo, con una proposta vistatadal Procuratore capo, Pietro Scaglione, chieseche Leggio fosse sottoposto alla misura dellasorveglianza speciale con obbligo di soggior-no in un determinato comune e che intantofosse emessa nei suoi confronti un'ordinanzadi custodia precauzionale. Nella stessa datail Presidente della prima sezione penale delTribunale di Palermo emise la richiesta ordi-nanza di custodia nei confronti di Leggio.

Il provvedimento però non venne eseguito,nonostante che gli organi di polizia fosseroa conoscenza degli spostamenti di Leggio, eil bandito, pertarato, il 19 novembre 1969, ab-bandonò la clinica « Villa Margherita », doveera stato nel frattempo ricoverato, eluden-do la sorveglianza della Polizia e rendendosiquindi irreperibile.

Solo due mesi dopo, il 19 gennaio 1970,venne diramata una circolare per l'arrestodi Leggio, in esecuzione dell'ordinanza di cu-stodia precauzionale del Presidente del Tri-bunale di Palermo, e il nome del banditovenne di nuovo pubblicato sul Bollettino del-le ricerche e sul Bollettino dell'Interpol, que-sta volta con la menzione del provvedimentorestrittivo della libertà personale pendentea suo carico.

Ormai però era troppo tardi, e si dovette-ro attendere quasi cinque anni perché Leggiofosse arrestato.

Sarebbe inutile ripetere qui le considera-zioni e i rilievi che la Commissione ha giàfatto, circa le cause che favorirono la fugadi Leggio, nella specifica relazione che hadedicato all'argomento (Doc. XXIII n. 2-septies, V Legislatura); ma non è tuttaviapossibile non sottolineare ancora una voltache la fuga del bandito rappresentò una gravesconfitta dei pubblici poteri nella lotta con-tra la delinquenza mafiosa.

« Tale sconfitta » si affermò igius'tamentenella relazione settoriale ora ricordata « ètanto più grave, dolorosa e umiliamte, inquanto patita in conseguenza dell'attività de-gli organi preposti all'opera di prevenzione ein quanto a giovarsene è stato un soggettocome Luciano Leggio, nei confronti del quale,nonostante la straordinaria molteplicità e

Senato della Repubblica — 275 — Camera dei Deputati

LEGISLATURA VI — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI - DOCUMENTI

atrocità dei delitti attriibuitigli, Polizia e Ma-gistratura si sono, sin qui, rivelate impotenti.

« Proprio in considerazione della persona-lità di Leggio, che non autorizzava certoprevisioni ottimistiche, che imponeva — aifini generali e particolari di sicurezza — laurgente adozione di ogni possibile misura disorveglianza e di prevenzione, il comporta-mento di taluni magistrati e dei funzionaridi polizia implicati nei fatti appare sconcer-tante.

« La Commissione non sopravvaluta certol'efficacia — pure frequentemente esaltataproprio da polizia e magistrati — delle mi-sure di prevenzione consentite dalle vigentileggi e neppure considera che sarebbe statadecisiva di per sé, al fine di impedire qual-siasi futura attività illecita di Leggio, l'esecu-zione dell'ordinanza di custodia precauzio-nale emessa a suo carico il 18 giugno 1969.

« La Commissione è però unanime nel giu-dicare arbitraria e intollerabile la mancataottemperanza a tale ordine di giustizia pervolontaria determinazione di chi aveva l'ob-bligo di eseguirlo o farlo eseguire.

« Infatti il Leggio, ritenuto meritevole diattenta sorveglianza e dell'applicazione dimisure di prevenzione in ragione della suapericolosità sociale, ha potuto, dapprima, go-dere di un periodo di indisturbata tranquil-lità per sottoporsi a cure mediche e quindi —riacquistata la salute — allontanarsi e ren-dersi irreperibile (per congiungersi forse alsuo luogotenente Rima, rientrando, ora, inquello stato di latitanza, del quale ha unaesperienza protrattasi per sedici anni); tuttociò è stato possibile proprio grazie al compor-tamento tenuto dai pubblici poteri.

« Tale comportamento, grave in sé e per leconseguenze che ne sono derivate — di im-manente pericolo per la sicurezza pubblica —la Commissione vivamente depreca, affidan-done ogni più penetrante valutazione agli or-gani istituzionalmente competenti ».

Una valutazione, purtroppo, che è in pra-tica mancata, in quanto le iniziative degliorgani interessati a un doveroso approfondi-mento della vicenda si sono risolte in unnulla di fatto e non hanno impedito che allafuga di Leggio seguissero altri episodi, nonmeno indicativi di preoccupanti disfunzionidell'apparato pubblico, in primo luogo il caso

di Natale Rimi e poi la cosiddetta « ballatadelle bobine ».

Anche per il caso Rimi, i fatti sono noti.Natale Rimi, rispettivamente figlio e fra-

tello dei noti mafiosi-Vincenzo e Filippo Ri-mi, era dipendente del Comune di Alcamo,quando la Giunta della Regione Lazio, in da-ta 24 marzo 1971, ne chiese il distacco pressol'Ente regione, con una delibera, a cui diedesubito esecuzione il Presidente della Regione,Girolamo Mechelli.

Era stato peraltro proprio Mechelli a pro-porre di assumere Rimi, a seguito di unasegnalazione di Italo Jalongo. Costui era al-lora conosciuto come dottore in giurispru-denza, ma in effetti non ha mai conseguitouna laurea; ha parecchi precedenti penali,risultando tra l'altro condannato per estor-sione nel 1959, per truffa nel 1963 e più volteper emissione di assegni a vuoto; è stato de-tenuto a Palermo dall'8 novembre 1966 al1° febbraio 1967; svolgeva attività di consu-lenza commerciale e si è interessato di affaripoco chiari circa l'aggiudicazione di appaltipubblici; ha avuto frequenti contatti — a suodire per ragioni della propria attività — conambienti siciliani e americani e si è più volterecato negli Stati Uniti; ha avuto intensi ecostanti rapporti, a suo dire di natura esclu-sivamente professionale, con Frank Coppola;in particolare frequentava la sua casa, siscambiava con lui continue telefonate, cu-rava le sue pratiche tributarie, si preoccu-pava delle sue vicende giudiziarie, tanto daspiegare al riguardo interventi anche nonufficiali; si recò a Palermo in occasione di unprocesso che si celebrava davanti a quellaCorte di Appello a carico idi Coppola; era inrapporti anche con il cognato di Rimi, NinoBuccellato, noto mafioso; è stato sottopostoad un procedimento per l'applicazione diuna misura di prevenzione, ma il Tribunaledi Roma lo ha prosciolto; si incontrò più vol-te col Presidente della Regione Lazio ed, ol-tre a segnalargli Natale Rimi, gli offrì lesue prestazioni per studio di programmi diinterventi per Lo svikuppo della regione la-ziale, ricevendone in risposta una lettera conla quale il presidente Mechelli gli esprimevail proprio apprezzamento e lo invitava adinteressarsi della questione.

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Col suo intervento presso il presidente Me-chelli, Italo Jalongo finì col costituire untramite tra gli ambienti mafiosi, che face-vano capo a Coppola, e i rappresentanti del-l'amministrazione regionale. Più sipecifica-mente, possono ripetersi, per il caso Rimi, leseguenti considerazioni già accennate nelleprecedenti relazioni della Commissione alParlamento:

a) Natale Rimi tentò in ogni modo diottenere il trasferimento da Alcamo a Romacon l'obiettivo principale ed immediato dievitare l'applicazione di una misura di pre-venzione, in quanto, col mutamento di resi-denza, sperava di ottenere una dichiarazionedi incompetenza nel procedimento iniziatonei suoi confronti dal Tribunale di Trapani.Sta di fatto tuttavia che già da anni Rimimanteneva rapporti con elementi mafiosi in-sediati da tempo a Roma e in altri comunidel Lazio, ciò ohe gli apriva la prospettivadi altre attività, una volta che avesse otte-nuto il trasferimento;

è) Rimi, al pari di altri impiegati, fudistaccato alla Regione Lazio in un modo chesta ai confini della legalità. La sua assunzio-ne comunque denuncia un'improvvisazione,spiegabile ma non giustificabile nemmenocon la fretta con cui la Regione dovette strut-turare i propri uffici. Inoltre, per NataleRimi, la procedura fu forzata, già in parten-za, ad Alcamo e in sede regionale, soprattut-to all'avvicinarsi della data fissata per latrattazione del procedimento di prevenzione;

e) nel corso dell'indagine sulle ragioni esulle modalità del trasferimento di Rimi allaRegione Lazio scoppiò una vivace polemicaall'interno degli schieramenti politici. È tut-tavia abbastanza chiaro che non tutti coloroche si occuparono con peso decisionale deltrasferimento di Rimi ne conoscevano lapersonalità mafiosa. È altrettanto certo chele responsabilità circa il modo in cui Rimifu inserito nell'apparato burocratico regio-nale non possono essere ristrette ad un soloesponente politico e ad uno o due funzionari,ma sono evidentemente più larghe. Bisognaanche tenere presente che la personalità diJalongo, uomo di abilità non comune nelmillantare credito e nel'l'ottenerne anche da

personaggi di primo piano, introdusse nellavicenda torbidi elementi di confusione;

d) il caso Rimi ad ogni modo rivelò co-me allora esistessero notevoli e deprecabilianomalie nell'ambito della Regione Lazio, talida consentire a Italo Jalongo, e indiretta-mente ai suoi amici del clan Coppola, di ot-tenere ciò che volevano, e cioè l'assunzionedi Rimi ipresso l'Ente regione. È inoltre signi-ficativo, per rendersi conto della capacitàdi strumentalizzazione propria degli elemen-ti mafiosi riuniti intorno a Coppola, che ilgiorno in cui Jalongo si recò dal presidenteMechelli, dopo che era scoppiato lo scanda-lo Rimi, si trovava con lui il magistrato Ro-rnolo Pietroni, allora . coinisuJjente giuridicodella Commissione.

Sono state ancora più evidenti e allarmantile disfunzioni e le anomalie che la Commis-sione ha dovuto registrare a conclusione del-l'indagine relativa alla cosiddetta « ballatadelle bobine », e cioè, alle vicende connessealla registrazione delle intercettazioni telefo-niche eseguite per il rintraccio di LucianoLeggio. Fu nel corso di questa indagine chela Commissione dovette nuovamente occu-parsi del questore Angelo Mangano.

Infatti, dopo che Leggio fu scappato da« Villa Margherita », il Capo della polizia, pre-fetto Vicari, incaricò il dottor Mangano, cheallora si trovava in missione al Ministero,di occuparsi delle ricerche per la catturadi Leggio. Pertanto, su sua sollecitazione, laSquadra mobile della Questura di Roma ri-chiese alla Procura l'autorizzazione ad effet-tuare una serie di intercettazioni telefonichesu apparecchi in uso a persone sospette diaiutare il bandito a sottrarsi alle ricerchedelle autorità.

Furono quindi sottoposti a controllo i tele-foni di Frank Coppola, Augusto Cucchiaroni,Giuseppe Corso, Italo Jalongo, Ernesto Mar-chese, Francesco Palumbo, Giovanni Virgili,Giuseppe Mangiapane, Ermanno Lizzi, An-gelo Cosentino e Marcelle Brocchetti.

Al termine dell'operazione, la Questura diRoma trasmise alla Procura le registrazionidei colloqui telefonici, in tutto quaranta bo-bine, trentacinque nel 1970 e cinque (rela-tive all'apparecchio di Giuseppe Mangiapane)

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il 9 giugno 1971. Successivamente furono in-viati alla Procura della Repubblica trentunofascicoli di relazioni di servizio, e cioè didocumenti im cui ufficiala od agenti di Poliziagiudiziaria annotavano la data e l'ora delletelefonate intercettate, i numeri dei telefonichiamati dall'apparecchio sotto controllo edappunti, molto spesso sommari, sul conte-nuto delle conversazioni ascoltate.

Tutto il materiale trasmesso alla Procurafu raccolto in separati fascicoli, formati intempi diversi e intestati ai titolari dei tele-foni sottoposti a controllo.

Il fascicolo relativo alle intercettazioni ef-fettuate sul telefono di Italo Jaìongo fu trat-tenuto dalla Procura della Repubblica, cheprocedette a indagini sommarie dai ordinea fatti penalmente rilevanti che si ritenne diriscontrare nel contenuto delle conversazioni.La Procura inoltre provvide anche ad ese-guire una perizia fonica sulle bobine, affi-dandone l'incarico al dottor Francesco Gre-co. Gli altri fascicoli, invece, furono tuttitrasmessi dalla Procura della Repubblica al-ii'Ufficio istruzione, con richiesita di archivia-zione. Non furono accolte dal Giudice istrut-tore le richieste di archiviazione relative alleintercettazioni eseguite sui telefoni di Cop-pola, Corso e Palumbo. Il Giudice istruttoreprocedette col rito formale per taluni fatti(in particolare per interesse privato in attid'ufficio e favoreggiamento) emersi nel corsodelle conversazioni telefoniche intercettate.'(Sucoessàvamente, il Procuratore generalep.resso la Conte d'Appello di Roma avocò ilprocedianeinto relativo alle intercettazioni ef-fettuate sul telefono di Italo Jalongo e ri-chiamò al suo ufficio anche i fascicoli in pos-sesso del Giudice istnittorc).

La Procura della Repubblica, peraltro, pri-ma di chiedere !'archiviazione, in data 3 mar-zo 1971, restituì alla Questura quattordici bo-bime, 'Sollecitandone ila trascrizione integra'-Je. Le bobine vennero ascoltate im Questurae furono poi nuovamente trasmesse alila Pro-cura il 13 maggio 1971.

Contemporaneamente all'esecuzione delleintercettazioni, il questore Mangano cercòanche di convincere Coppola a rivelargliqualche notizia che gli consentisse di cattu-rare Leggio. Il dottor Mangano esercitò pres-sioni dello stesso genere pure su Jalongo,

per convincerlo a spingere Coppola a farele sperate rivelazioni. Il dottor Mangano,inoltre, venuto a sapere dell'esistenza di rap-porti di amicizia tra Jalongo e il dottor Ro-molo Pietroni, consulente della Commissione,chiese anche al magistrato di intervenirepresso Jalongo, ma ne ebbe un netto rifiuto.

Le accennate circostanze risultano tuttedalie concoidi dichiarazioni sul punto, diMangano, Coppola, Jalongo e Pietroni e sidesumono del resto dallo stesso contenutodelle conversazioni telefoniche avvenute traMangano, Coppola e Jalongo nel periodo incui si procedeva al servizio di controllo tele-fonico di cui prima si è paniate. Mangano,infine, come già si è accennato, si adoperòper favorire un viaggio in Sicilia di Coppola.

Su tutti questi avvenimenti, la Commis-sione ha svolto in più riprese indagini ap-profondite pervenendo ai seguenti risultati:

a) le intercettazioni telefoniche furonoeseguite dalla Polizia in modo del tutto ina-deguato alla delicatezza e all'importanza del-l'operazione; ciò soprattutto perché le con-versazioni telefoniche venivano incise su co-muni apparecchi registratori, che dovevanoessere messi in funzione dall'agente di servi-zio in occasione delle singole telefonate;

b) le bobine con le registrazioni non fu-rono oggetto di particolare cura, né duranteil itempo in cui rimasero in Questura, né ne-gli uffici della Procura della Repubblica. Quiinfatti esse furono conservate senza le oppor-tune cautele, tanto che otto delle nove bo-bine riguardanti Coppola vennero per erroreallegate al fascicolo relativo alle intercetta-zioni eseguite sul telefono di Ernesto Mar-chese;

e) le bobine furono, almeno in parte,manomesse e manipolate. Al riguardo, anchese non si è potuto accertare il momento incui avvenne la manomissione, è tuttavia fuo-ri discussione che essa fu resa possibile dal-l'inadeguatezza degli strumenti tecnici usatidalla Polizia per le registrazioni e dal com-portamento criticabile, perlomeno sotto ilprofilo della leggerezza, che tennero in pro-iposito i funzionari della Questura;

d) Frank Coppaia ha esplicitamente ac-cusato il questore Mangano di aver manipo-lato le bobine e di averne fatto sparire al-

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cune, per un compenso di diciotto milionidi lire; ma anche senza tener conto di que-ste accuse, che del resto formano oggetto diun procedimento penale, è tuttavia certo cheil questore Mangano tenne in tutta la vicen-da un comportamento censurabile, non soloper .il modo con cui eseguì le operazioni diintercettazione, ma anche per i rapporti am-bigui che stabilì con Coppola e con Jalongo,nella speranza di rintracciare Leggio;

e) il questore Mangano tenne rapportidiscutibili anche con un certo Salvatore Fer-rara, che utilizzò come proprio confidente,nonostante che le sue accuse contro Coppolae contro il Procuratore generale di Roma,Carmelo Spagmuolo, fossero poco, cozwincen-iti. Egli inoltre contìnuo a frequentare France-sco Greco, perito della Procura della Repub-blica in ordine alla genuinità delle bobine,anche dopo che la successione degli avveni-menti avrebbe dovuto consigliargli di tron-care i suoi rapporti con lui;

/) nonostante il completo fallimento ditutte le operazioni antimafia condotte dalquestore Mangano, il Capo della polizia, pre-fetto Vicairi, (insistette ad affidargli incarichispeciali in relazione ad indagini particolar-mente delicate e difficili nella lotta contro lamafia;

g) alcuni magistrati della Procura dellaRepubblica di Roma riposero nel perito dot-tor Francesco Greco una fiducia, non giusti-ficata, né dail suo comportamento né dialesue capacità di radiotecnico;

h) il dottor Remolo Pietroni, come giàin parte si è accennato, mantenne legami diamicizia con Italo Jalongo, pur dovendo sa-pere che egli era amico e consulente di FrankCoppola; si recò con Jalongo dal Presidentedella Regione Lazio, dopo l'arresto di NataleRimi; non informò la Commissione antima-fia, con la quale allora collaborava, che ilquestore Mangano gli aveva chiesto di insi-stere presso Jalongo perché convincesse Cop-pola a dargli notizie sul rifugio di Leggio;accettò infine di rappresentare il Pubblicoministero nel processo contro Coppola, di cuisi è prima parlato, associandosi, sia pureparzialmente, alla tesi della difesa;

O nonostante che il dottor Pietroni sifosse comportato nel modo ora accennato,lil Procuratore generale SpagpuoLo continuòad assicurargli, in ogni occasione e anchepubblicamente, la propria protezione;

/) il Procuratore generale tenne con ildottor Greco rapporti particolari, che anda-rono al di là di quelli intercorsi tra lo stessoGreco e alcuni magistrati della Procura del-la Repubblica. Egli inoltre non si avvalse ditutti i poteri che la legge gli conferiva, perdare rapido corso all'espletamento della pe-rizia fonica da lui disposta sulle bobine conle registrazioni dei colloqui telefonici.

Tutti i fatti ora accennati circa il casoRimi e lo scandalo delle bobine hanno rice-vuto più ampia trattazione nella relazionesettoriale che :li riguarda e prima richiamata(Doc. XXIII n. 1, VI Legislatura). Restano per-ciò valide le considerazioni svolte nella sud-detta relazione e che si possono così sinteti-camente esporre:

1) le risultanze emerse consentono diaffermare come esistessero, all'epoca dei fat-ti narrati, disfunzioni non trascurabili inseno alla Pubblica amminiisitrazione, in parti-colare nell'ambito della Regione Lazio, dellaPolizia e della Magistratura romana;

2) la manomissione delle bobine e l'in-certezza circa il loro numero originario sonocausalmente riconducibili alle disfunzioni al-l'interno della Polizia e della Magistraturaromana e particolarmente alla carenza deimezzi tecnici impiegati dalia Polizia nelleoperazioni di intercettazione ed alla scarsacautela adottata sia dagli uffici della Questu-ra sia da quelli della Procura della Repub-blica di Roma nella custodia delle bobine con-tenenti le registrazioni telefoniche e nel tra-sferimento delle bobine da un ufficio al-l'altro;

3) sono risultati oggettivamente criti-cabili, da un ilato il comportamento del que-store Mangano e i rapporti da lui tenuti conFrank Coppola, Salvatore Ferrara e Fran-cesco Greco, e daill'altro sia i rapporti tra al-cuni magistrati del'la Procura e il dottor Gre-co sia quelli tónuiti dal Procuratore generaleSpagnuolo col dottor Greco e col magistratoRemolo Pietroni;

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4) parimenti censurabile è risultato ilcomportamento del dottor Pietroni, così co-me non è apparsa esente da critiche l'azionedella Procura generale .nelle procedure rela-tive all'applicazione di misure di prevenzio-ne a carico di personaggi mafiosi o vicini al-l'ambiente mafioso;

5) le accennate disfunzioni hanno con-sentito ad elementi mafiosi di introdursi nel-la Regione Lazio (caso Rimi) e ad elementivicini alla mafia di avviare rapporti di ami-cizia e collegamenti con funzionari ad alto li-vello (caso Pietroni) e con taluni ambientipolitici, nonché di inserirsi, probabilmentefalsandoli, ed in ogni caso gettando su diessi una luce ambigua, nei lavori di indaginedella Polizia .per le delicate operazioni anti-mafia (caso Mangano-Coppola), relative allaricerca di Leggio dopo il suo allontanamentodalla clinica « Villa Margherita »;

6) in definitiva, tutta l'indagine condottadalla Commissione ha evidenziato un aspettoinquietante, e per molti versi emblematico,delle capacità di inserimento dei mafiosi neigangli della burocrazia, attraverso la stru-mentalizzazione delle carenze dell'apparatostatale, dei vuoti di potere che da esse deri-vano, e della troppo frequente incomunicabi-lità fra gli organi dello Stato ed in partico-lare fra Magistratura e Polizia da un lato eall'interno delle forze di Polizia dall'altro.

A queste considerazioni si deve d'altra par-te aggiungere, ai fini che qui più specifica-mente interessano, che tutti i fatti in prece-denza narrati, dalla fuga di Leggio allo scan-dalo delle bobine, stanno a dimostrare, inmodo non dubbio, come nel Lazio si fosseformato, intorno a Frank Coppola, un veroe proprio nucleo mafioso e come questo nu-cleo avesse tentato, secondo i moduli carat-teristici della tradizione mafiosa, di stabilirecontatti con l'ambiente locale e di infiltrar-si, attraverso una presenza diretta o com-piacenti amicizie, nell'apparato stesso dellaPubblica amirninistrazioaie. Non è inoltre sen-za significato che i collegamenti di perso-naggi come Jalongo e i suoi amici si esten-dessero, secondo quanto risulta dalle telefo-nate intercettate, anche ad ambienti dell'Ita-lia settentrionale.

4. — La mafia e il collocamento della mano-dapera.

Sempre a proposito delle ramificazioni ter-ritoriali della miaifia, ila Commissione si è an-che specificamente occupata di taluni episo-di accaduti al Nord e relativi all'intermedia-zione per il collocamento della manodoperanel settore dell'edilizia.

Nel 1971, la stampa aveva più volte richia-mato l'attenzione dell'opinione pubblica sutali episodi, mettendo in evidenza come leintimidazioni e i taglieggiamenti messi inatto nei confronti dei lavoratori, specialmen-te a Torino e a Bardoneochia, avessero permolti aspetti caratteristiche mafiose.

Successivamente, il 13 novembre 1971, lesegreterie della CISL-CGIL-UIL tennero unconvegno sul problema proprio a Bardonec-chia, dove si erano verificati con maggiorefrequenza incresciosi episodi di violenza e disopraffazione.

Contemporaneamente il Consiglio regio-nale del Piemonte istituì una speciale com-missione di indagine « sulla situazione edi-lizia a Bardonecchia », che chiuse i suoi la-vori con una relazione presentata alla Regio-ne nel novembre 1972. Il sindaco di Bardo-necchia quindi provvide ad inviare alla Com-missione sia la suddetta relazione, sia unprò memoria, approvato al termine del ri-cordato convegno sindacale.

La Commissione, pertanto, sul'la base del-le circostanze indicate nei due documenti,ha svolto suLl'argomento, a mezzo del suo Co-mitato incairicato di seguire « la dinamicadella mafia » (v. pag 71), specifiche indaginidirette a individuare le reali dimensioni el'effettiva portata del fenomeno denunciato.

Dal lavoro compiuto sono emerse chiareindicazioni, sufficienti a dare un quadro ab-bastanza preciso del problema.

Si è in primo luogo accertato che alcunipersonaggi, in genere meridionali, da tempoimmigrati a Torino o in altri centri del Pie-monte, procedono all'incetta di lavoratorimeridionali, soprattutto calabresi, per av-viarli poi al lavoro, sia nelle imprese edili,sia nel settore delle opere di manutenzionee pulizia di complessi industriali, talora par-ticolarmente importanti. Attraverso questa

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procedura, gli abusivi intermediari di mano-dopara consentano ai titolari delle impreseappaltanti di evadere i contributi previden-ziali ed antinfortunistici e quindi di rispar-miare considerevoli somme di denaro, assu-mendo la manodopera a prezzi molto infe-riori a quelli praticati sul mercato. Gli inter-mediari, d'altra parte, non solo ricevono uricompenso dalle imprese, ma trattengonoforti percentuali sulle paghe dei lavoratoriingaggiati, spesso ricorrendo, per riscuoter-le, a vere e proprie forme di intimidazione.

Secondo le dichiarazioni dei dirigenti del-l'Ispettorato provinciale del lavoro di Tori-no e dei rappresentanti delle organizzazionisindacali, il fenomeno raggiunse la sua mas-sima estensione nel biennio 1969-1971, quan-do interessò fino al 70-80 per cento dellamanodopera impiegata nel settore dell'edi-lizia, che ascendeva allora a circa 55.000 uni-tà. La gravita della situazione venne prepo-tentemente alla ribalta, allorché il 1° mag-gio 1971, in un bar di Torino, certo CarmeloManti, abusivo intermediario di manodope-ra, uccise quattro suoi concorrenti, per unadivergenza sorta circa 'la ripartizione degliutili relativi ai lavori edili eseguiti a S. Gia-como di Roburent in provincia di Cuneo.

Ne derivò una sensibile contrazione delfenomeno, che interessa attualmente nonpiù del 30 per cento dei lavoratori edili; sitratta comunque di una cifra che suscitatuttora fondate preoccupazioni, anche per-ché gli abusivi intermediari di manodoperariescono spesso a raggiungere i loro scopi,impiegando metodi violenti nei confrontisia dei lavoratori, sia delle imprese. È acca-duto, infatti, con una certa frequenza chegli intermediari abbiano costretto, con le•minacce, i lavoratori ad accettare i loro ser-vizi; così come è avvenuto che non abbiaavuto buon fine il tentativo di alcune im-prese di rifiutare le prestazioni degli inter-mediari abusivi. In particolare, molti piccoliimprenditori edili delia Valle di Susa sonostati costretti a subire il ricatto degli assun-tori di manodopera, per non correre il ri-schio di rimanere senza maestranze e di nonpotere quindi adempiere gli obblighi assunti.

È da tenere anche presente che sono risul-tati in qualche modo collegati al mercato

della manodopera, alcuni gravi fatti di san-gue e tra gli altri i seguenti:

a) l'omicidio di Vincenzo Timpano, av-venuto a Salbeltrand il 16 dicembre 1969,ad opera di Giuseppe Oppedisano, cognatodi Rocco Lo Presti, indicato come al bossmafioso di Bardonecchia;

b) l'omicidio di Luigi D'Aguanno, com-messo a Moncalieri il 21 giugno 1970. Neipressi del luogo doA'e fu trovato il cadaverecarbonizzato del D'Aguanno venne notatauna macchina di Rocco Lo Presti, pilotatada un certo Messina. Costui venne anchefermato e interrogato, ma fu poi rilasciatoper mancanza di indizi a suo carico;

e} l'omicidio di Vincenzo Cannizzaro,commesso a Courgné nel 1972 e nel qualefigura coinvolto Vincenzo Belfiore, parentedi Rocco Lo Presti.

Gli elementi accennati a proposito di cia-scuno dei tre delitti inducono a pensare allaesistenza tra loro di un vero e proprio colle-gamento. Ma anche ammesso che i fatti disangue e gli episodi prima accennati non sia-no collegati, e non siano neppure ricondu-cibili a un'unica matrice di tipo mafioso, ècento tuttavia che si tratta di avvenimentiche denunciano l'obiettiva gravita di una si-tuazione che trova le sue cause in una seriedi fattori, 'di diversa natura, connessi alcunia disfunzioni sociali ed altri a inconvenientidi ordine burocratico.

Così, è 'in primo luogo certo che il mer-cato delle braccia in Piemonte ha le sueradici nella mancanza di una manodoperalocale e nella scarsa capacità degli operaipiemontesi di adattarsi ai sistemi e ai me-todi del lavoro a cottimo, a cui le impresedebbono fare ricorso a causa del vertiginosoincremento edilizio, collegato soprattutto alboom turistico delle vallate alpine.

Le imprese, peraltro, come già si è accen-nato, trovano spesso conveniente accettarele offerte di manodopera a prezzi competitivio non sono in grado in altre occasioni direspingere le .pressioni e le intimidazioni deimeridionali, che esercitano l'intermediazioneabusiva.

È un dato di fatto, inoltre, che gli ufficid'i collocamento e quelli del lavoro non sem-pre sono sufficientemente attrezzati, per far

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fronte alle esigenze connesse con l'accenna-la 'Situazione, e in particolare per ottenereche i lavoratori del Meridione, dove esìstegrande disponibilità di manodopera, sianoavviati, nelle forine di legge, verso i centridel Nord, nei quali invece la manodoperascarseggia. Molti di questi uffici d'altra par-te si mostrano restii a impiegare, nell'accen-natà direzione, le attrezzature che hanno adisposizione; mentre è evidente, ad esempio,che basterebbe utilizzare le telescriventi, dicui sano dotati tutti gli uffici del lavoro, per•richiedere -subito gli operai occorrenti aicentri del Sud, ohe sono in grado di fornirli,e per rispondere quindi, con opportuna tem-pestività, alle 'richieste delle imprese inte-ressate.

Si è pure accertato che gli ispettorati dellavoro non hanno il personale sufficiente pr-oseguire i necessari controlli sui luoghi dilavoro ed invece è innegabile che un'efficacee continua presenza dell'organo ispettivo po-trebbe contenere, se non debellare, il feno-meno del mercato delle braccia.

È infine 'mancata ogni iniziativa della Re-gione, per venire incontro alle esigenze degliimmigrati, nei settori delle opere sociali,dell'assistenza e dell'avviamento al lavoro eper sottrarli così all'influenza degli internie-diari abusivi, che spesso ne ottengono il con-senso, non solo con la forza dell'intimida-zione, ma anche con la lusinga di un aiutoimmediatamente prestato a chi si trova inun ambiente estraneo e spesso ostile.

Tutte queste cause hanno direttamente oindirettamente favorito l'estensione, ma so-prattutto la persistenza di un fenomeno, cheper i metodi di violenza e per i fini di paras-sitismo che lo caratterizzano, ha indubbia-mente una connotazione mafiosa, anche senon sembra che possa senz'altro qualificarsicome un'espressione delle recenti ramifica-zioni territoriali della mafia siciliana; e ciòperché, se i sistemi usati dagli intermediariabusivi sono di tipo mafioso, non pare inveceche essi siano riconducibili alle iniziative dipersonaggi della mafia siciliana, essendo perlo più calabresi le persone che sono risultatecoinvolte nel losco traffico.

5. — La criminalità mafiosa nell'Italia set-tentrionale.

Sono invece di sicura provenienza mafiosamolti dei gravi delitti avvenuti negli ultimianni nelle regioni settentrionali e soprattuttoin Lombardia. Sarebbe ovviamente impos-sibile elencarli tutti, ma è opportuno ricor-darne i principali, tra quelli accaduti neitempi più recenti soprattutto in Lombardia,la regione settentrionale deve il fenomenoha raggiunto proporzioni preoccupanti:

a) omicidio di Giovanni Macaluso daPartinico, trovato cadavere nel comune diInduno Olona (Varese) il 14 novembre 1972.Il Macaluso era un contrabbandiere e al mo-mento del delitto doveva essere in possessodi una notevole quantità di pietre preziose,provenienti dal Brasile. Nonostante che gliautori dell'omicidio siano rimasti ignoti, gliinquirenti propendono a ritenere che il Ma-caluso sia stato soppresso da una cosca ma-fiosa, e ciò sia per le modalità esecutive del-l'omicidio, sia perché il Macaluso fu uccisonello stesso periodo di tempo in cui venne'ucciso a Partinico il cugino Giuseppe Rizzo;

&) omicidio di Salvatore D'Angelo, com-messo a Legnano il 15 gennaio 1973. Le inda-gini hanno accertato che il D'Angelo facevaparte di una cosca mafiosa, che era inte-ressata al traffico di stupefacenti;

e) omicidio di Pasquale Pristeri, avve-nuto a Milano il 28 marzo 1974. Con ogniverosimiglianza sarebbe stato ucciso da duesiciliani per un regolamento di conti;

d) estorsione aggravata in danno delproprietario di un night club dii Monguzzo(Como), commessa da 11 persone, quasi tuttesiciliane;

e) una rapina e un'estorsione, pure indanno del titolare di un locale notturno,commesse da un trapanese e da un palermi-tano, entrambi gregari del boss mafioso Fi-lippo Di Grazia, nato il 13 marzo 1936 e resi-dente dal 1970 a Sesto Calende. Secondo leinformazioni di 'polizia, il Di Grazia opere-rebbe nei settori del traffico di stupefacentie del racket dei night-clubs. Il 17 aprile 1973,il Tribunale di Varese lo ha sottoposto alla

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sorveglianza speciale, con divieto di soggior-no in Sicilia e in alcune zone della Lombar-dia; ma il Di Grazia è rimasto a Sesto Ca-lende;

/) altre tre rapine, in danno di due agen-zie del Banco di Napoli di Milano e di unbar-pizzeria in provincia di Varese, tutte etre commesse da 'siciliani;

g) sequestro dell'industriale Pietro To-rielli, rapito a Vigevano (Pavia) il 18 dicem-bre 1972 e rilasciato, a seguito del paga-mento della somma di lire 1.250.000.000, il7 febbraio 1973.

Come responsabili del delitto sono statirinviati a giudizio Michele Guzzardi, nato aMascali (Catania) il 28 settembre 1942; Fran-cesco Guzzardi, nato a Giarre (Catania) il2 giugno 1944; Calogero Guzzaindi nato aCesare ad' 18 luglio 1937; Giuseppe Giulla,nato a Palermo il 28 febbraio 1937; Salva-tore Ugone, nato a Montelepre (Palermo) il2 gennaio 1932; Giuseppe Ugone, nato a Mon-telepre (Palermo) il 6 ottobre 1939; Giaco-mo Taormina, nato a Palermo il 25 gennaio1933; Giuseppe Taormina, nato a Palermoil 13 maggio 1946 e Luciano Leggio.

Gli inquirenti hanno ritenuto che al seque-stro fossero collegati l'omicidio di Car-melo Giordano, commesso a Vigevano (Pa-vda) il 14 novembre 1973 (pare che il Gior-dano conoscesse particolari sul sequestro eche tentasse di ricattarne gli autori) e l'omi-cidio di Giusto Saitta, consumato a Pa-lermo l'il febbraio 1973, cioè quattro giornidopo la liberazione del Torielli (il Saittalavorava alle dipendenze di Francesco Guz-eardi) ;

h) sequestro di Luigi Rossi di Monte-lera, rapito a Torino il 14 novembre 1973 eritrovato a Treviglio (in provincia di Ber-gamo) il 14 marzo 1974. Come autori deldelitto sono stati rinviati a giudizio, oltre aLeggio, Giuseppe, Francesco, Giacomo e Gio-vanni Taormina, tutti manosi provenienti daPalermo, nonché Francesco Guzzardi e Giu-seppe Ugone senior, il sacerdote AgostinoCoppola, nato a Partinico il 28 luglio 1936,Gaetano Guartararo e Giuseppe Pullarà;

O sequestro del commerciante EmilieBaroni, avvenuto a Lodi (Milano) il 1° mar-zo 1974.

Per il delitto -sono stati rinviati a giudizioil sacerdote Agostino Coppola e DomenicoCoppola, nato a Palermo l'I! giugno 1929;

O sequestro dell'ingegnere Carlo Mar-celle Botta, rapito in Milano il 2 maggio1974 e liberato il 21 successivo.

Gli autori del delitto sono stati identifi-cati in Antonino Muisumeci e Francesco Guz-zardi, quest'ultimo indicato anche come re-sponsabile idei sequestro Torielli;

m) sequestro di Paolo Raimondi, com-messo il 3 aprile 1975 a Cainegrate, da pregiu-dicati siciliani in concorso con calabresi, pu-gliesi e lombardi;

n) sequestro di Antonio Cagno Vallino,commesso il 4 maggio 1975 da siciliani;

o) sequestro di Angelo Malibarba com-messo pure da siciliani il 4 maggio 1975 aCaggiano.

Basta scorrere questo breve elenco ed ave-re memoria degli altri fatti dello stesso ge-nere accaduti in questi ultimi anni, per ren-dersi anzitutto conto che il sequestro dipersona a scopo di ricatto è divenuto ormaiuna delle forme più frequenti della delin-quenza mafiosa immigrata al Nord. Accantoa questo tipo di delitto, gli altri settori incui opera la mafia che si è trapiantata nelleregioni settentrionali sono da una parte quel-li tradizionali dell'intimidazione e dell'inter-mediazione ricattatoria, che trova i suoi ter-reni di coltura nei settori dell'assunzione del-la manodopera, della gestione, dei locali not-turni e del mercato ortofrutticolo, e dall'al-tra quelli più nuovi del contrabbando e deltraffico degli stupefacenti, che finiscono colcollegare come si è visto in precedenza lamafia nostrana a quella internazionale.L'omicidio infine rimane anche al Nord lostrumento di cui si serve la delinquenzamafiosa per imporre, soprattutto all'internodel clan, il rispetto delle proprie regole; cosìcome non si può escludere — anche se attual-mente manca al riguardo ogni prova con-creta — che la mafia abbia prestato la suaorganizzazione e le sue braccia alle trameeversive che negli ultimi tempi hanno messoin pericolo le libere istituzioni della Re-pubblica.

Ma al di là di una ricerca sulla tipologiadella criminalità di stampo mafioso esplosa

Senato della Repubblica — 283 — Camera dei Deputati

LEGISLATURA VI — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI - DOCUMENTI

recentemente nell'Italia settentrionale, ciòche qui preme rilevare è che gli episodi delit-tuosi prima elencati e gli altri dello stessogenere avvenuti nel medesimo periodo diitempo, starano a documentare, in modo nondubbio, che negli anni più recenti il feno-meno delle infiltrazioni mafiose nel NordItalia ha assunto dimensioni nuove e piùestese rispetto a quelle del passato. In ef-fetto, un numero sempre crescente di meri-dionali, tra i quali moki delinquenti comunie molti mafiosi, si sono trasferiti e si sonoinsediati nelle regioni dell'Italia settentrio-nale, dove hanno sapiuto 'sfruttare appienole occasioni ad essi offerte da una societàsviluppata ed opulenta, sia per realizzare ipropri fini, sia per meglio garantirsi lalibertà.

In questo senso l'esempio più significativoe illuminante è certo costituito dal fatto cheanche Luciano Leggio, dopo la sua fuga da« Villa Margherita », ritenne opportuno stabi-lirsi a Milano.

La Commissione ha. già scritto la biogra-fia di Luciano Leggio (Doc. XXIII, n. 2-qua-ter, V Legislatura), ma non è possibile cercaredi penetrare il'evoluzione che ha arroto negliultimi -tempi il fenomeno mafioso, senza nì-ipercarirere, in una rapida sintesi, ile vicendedella vita di Leggio e senza tentare di aggior-narle, con la maggiore approssimazione pos-sibile.

6. — Luciano Leggio.

La vita e l'attività di Luciano Leggio pos-sono dividersi in tre grandi periodi.

A) II primo di questi periodi va fino almomento in cui Leggio, accusato di vari de-litti e tra gJi altri dell'omicidio di PlacidoRizzotto, decise di darsi alla latitanza.

Durante tutto questo periodo, Leggio di-morò stabilmente a Corleone, dove era natoda famiglia contadina il 6 gennaio 1925.

Il 1° giugno 1944, fu denunciato per portoabusivo di armi; il 2 agosto 1944 fu arre-stato in flagranza, per ii furto di alicuni covo-ni idi grano, da due guardie campestri, aiuta-te dalla guardia giurata Calogero Coma-janmi. Nell'ottobre 1944, da Corte d'Appellolo condannò alla pena (interamente condo-

nata) di un anno e quattro mesi di reclu-sione e di lire 1.000 di multa (e questa ri-marrà per molto tempo l'unica condannaregistrata sul certificato penale di Leggio).

Sempre m questo periodo, Leggio divennecampiere di Corrado Caruso, proprietario diuna grossa azienda agricola, subentrando alprecedente campiere Stanislao Punzo, uccisoil 29 aprile 1945.

Il 28 marzo 1945, fu ucciso Calogero Co-majaruni, Ja guardia campestre che aveva eol-laborato all'arresto di Luciano Leggio.

Il processo fu subito chiuso a carico diignoti, e fu ripreso qualche anno dopo (comepoi si dirà), quando Leggio era già latitante.

Il 18 marzo 1948, Leggio fu denunciatocome autore dell'omicidio di Leoluca Pirai-no, avvenuto il 7 febbraio 1948, ma ne fuprosciolto il 21 giugno 1950.

Sempre nel 1948, con rapporto del 3 apri-le, fu denunziato per il sequestro del sinda-calista Placido Rizzotto, scomparso il 10 mar-zo di quell'anno, ma ne venne successiva-mente prosciolto, per essere poi incriminatodel suo omicidio, ma anche questo 'processosi concluse con l'assoluzione.

Nel novembre 1948, Leggio fu propostoper l'assegnazione al confino, ma non si pre-sentò all'udienza del 15 novembre 1948. Daallora (anche se in precedenza il banditoera stato per qualche tempo irreperibile)cominciò la prima lunga latitanza di Leggio,durata ininterrottamente fino al 14 maggio1964.

B) II secondo dei tre periodi, in cui si èritenuto di suddividere la storia di Leggio,è appunto quello della latitanza cessata nel1964. Il periodo è caratterizzato da una se-rie di fatti delittuosi attribuiti a Leggio e diprocessi iniziati a suo carico per i seguentifatti, commessi anche precedentemente:

a) omicidio Comajanni (la guardia cam-pestre che lo arrestò). Con rapporto del31 dicembre 1949, il Comando forze repres-sione del banditismo denunciò, quali autoridell'omicidio di Comajanni, Leggio e Giovan-ni Pasqua.

La denuncia fu fondata sulla confessionedi Pasqua e su molti altri elementi, ma Leg-gio e Pasqua furono assolti per insufficienza

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di prove dalla Corte d'Assise di Palermo, consentenza del 13 ottobre (confermata dallaCorte di Assise di Appello di Bari con sen-tenza del 18 febbraio 1967);

£>) omicidio Rizzo'tto. Placido Rizzottoera il segretario della Camera del lavoro diCorleone. Come già si è detto, in altra partedella relazione, Rizzotto scomparve il 10 'mar-zo 1948. Leggio ed altre persone furono pro-cessati come responsabili di sequestro dipersona, ma furono prosciolti con sentenzadel 30 novembre 1949. Successivamente -leindagini furono riprese e questa volta Pa-squale Criscione e Vincenzo Col'lura accusa-rono Leggio del sequestro e dell'omicidio diRizzotto, confessando inoltre di aver presoparte al delitto. Nel corso delle indagini fu-rono trovati in una foiba i resti di tre cada-veri ed alcuni oggetti. I familiari di Rizzottoriconobbero alcune cose appartenenti al lorocongiunto ed anche qualche parte del suocorpo.

Tuttavia, nonostante le confessioni e lachiamata di correo, con sentenza del 30 di-cembre 1952, la Corte d'Assise di Palermoprosciolse gli imputati per insufficienza diprove e la sentenza fu confermata dalla Cor-te d'Assise di Appello l'il luglio 1959. Il ri-corso in Cassazione ,fu rigettato il 26 mag-gio 1961;

e) omicidio Splendido. Claudio Splen-dido era addetto alla sorveglianza di un can-tiere stradale e fu ucciso il 6 febbraio 1955.Si disse che era stato Leggio a sopprimerlo,perché Splendido, confidente della Polizia,aveva visto il bandito e i suoi gregali riu-nirsi in prossimità del cantiere e aveva quin-di 'segnalato aill'autorità di Pubblica sicu-rezza la loro presenza nella zona. Rinviatoa giudizio, per rispondere di questo e di altridelitti, Leggio fu assolto dalla Corte d'Assisedi Bari con sentenza del 10 giugno 1969;

d) omicidi Navarca e Russo. Come giàsi è accennato in altra parte della relazione,Navarra fu ucciso il 2 agosto 1958, mentretornava in paese alla guida di una macchina,e con lui fu ucciso il dottar Giovanni Russo,che ilo accompaignaivia. Con setrateffiza del 23ottobre 1962, la Corte d'Ass-iise di Bari assolseper insufficienza di prove Luciano Leggio e•Giuseppe Leggio, imputati dei due omicidi;

ma con sentenza del 23 dicembre 1970, dive-nuta irrevocabile, la Conte d'Appello di Bariha condannato Leggio all'arigasitolo;

e) omicidio Marco Marino, GiovanniMarino e Pietro Maiuri. Costoro, tutti deligruppo Naivaonra, furono uccisi a Corleone, inuni conflitto a fuoco, il 6 settembre 1958 (do-po l'omicidio di Na varrà). Con sentenza delGiudice istruttorie di iPaleirmo del 13 ottobre•1967, Leggio fu (rinviato a giudizio, qualeautore dei tre delitti, in concorso con altrepersone; ma i giudici di Bari lo assolsero inprimo grado, con sentenza del 10 giugno1969, per non aver commesso il fatto e inappello, con sentenza del 23 dicembre 1970,per insufficienza di prove;

/) omicidio Cortimiglia. Vincenzo Cor-timiglia, acerrimo nemico del Leggio, fu uc-ciso il giorno 11 febbraio 1961. Leggio, rin-viato a giudizio per rispondere dell'omicidioinsieme con altre persone, ne fu assolto daigiudici di Bari;

g) omicidio Riina. Paolo Riina fu uc-ciso il 3 luglio 1962, sempre a Corleone, per-ché era stato testimone dell'omicidio di Cor-timiglia. Leggio fu rinviato a giudizio dalGiudice istruttorie di Pai-ermo ainche per que-sto delitto, ma i giudici di Bari lo assolsero;

h) omicidi Streva, Pomilla e Piraino.Francesco Paolo Streva, dopo la morte diNavarra, lo sostituì nella direzione della suacosca. Il 10 maggio 1963, Streva fu feritoe il 10 settembre 1963 rimase vittima di un•nuovo attentato insieme agli amici BiagioPomilla e Antonio Piraino. Anche per questidelitti, Leggio fu rinviato a giudizio dal Giu-dice istnittorc di Palermo con sentenza del14 agosto 1965, ma fu assolto dai giudicidi Bari;

i) altri processi. Sempre per fatti con-nessi al periodo della latitanza, Leggio fuprocessato a Bari anche per associazione adelinquere. Assolto in primo grado per insuf-ficienza di prove, fu condannato in appelloa cinque anni di reclusione insieme con al-tre persone.

Per un altro delitto di associazione a de-'linquere, di cui fu chiamato a rispondere inconcorso con i personaggi più noti dellamafia palermitana, Leggio fu processato dal-

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LEGISLATURA VI — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI - DOCUMENTI

la Corte di Assise di Catanzaro ed assoltoper insufficienza di prove con sentenza del22 dicembre 1968.

Dopo l'arresto avvenuto il 14 maggio 1964,Leggio fu rinviato a giudizio per risponderedi un altro delitto di associazione a delin-quere, di false dichiarazioni sulla propriaidentità e di porto abusivo di armi.

Il Tribunale di Palermo, con sentenza del23 febbraio 1965, lo assolse per insufficien-za di prove dall'associazione per delinquere,mentre lo condannò per gli altri due reati;ma la Corte di Cassazione io prosciolse daqueste imputazioni per amnistia. Fu infinedenunciato per un nuovo delitto di associa-zione per delinquere con rapporto n. 1140dal 14 marzo 1966 dal Nucleo di coordina-mento di polizia giudiziaria della Siciliacomandato dtail questore Mangano.

Sempre nello stesso periodo, Leggio avreb-be partecipato, anche se non in forma uffi-ciale, a una società armentizia costituita aCorleone in contrada Piano di Scala, nel1956, tra Angelo Di Carlo, Francesco Leggio,Leoluca .Leggio e Francesco Placido Leggio,padre di Luciano. Fu proprio questo attivitàche pose Leggio in contrasto con Navarra econ la sua banda, in particolare con AngeloVi.ntalo.ro, proprietario di un terreno confi-nante con un fondo di proprietà della so-cietà armentizia.

A seguito ed a causa di questi contrasti,il 23 o 24 giugno 1958, Leggio fu vittima diun attentato, mentre si trovava in una ca-panna insieme con altre persone. Furonosparati molti colpi, ma Leggio riportò sol-tanto una leggera ferita di striscio ad unamano, mentre gli altri rimasero incolumi;per questo fatto vennero processati, ma as-solti per insufficienza di prove, Angelo Vin-taloro, Antonio Mangiameli e AntoninoMaiuri.

Secondo un rapporto di Polizia del 16 giu-gno 1969, Leggio all'epoca della latitanza eraun nullatenente. Altre fonti invece sosten-gano che egli in quel .tempo si arricchì contraffici illeciti, tra l'altro con la macellazio-ne clandestina. Si dice anche che sarebbestato proprietario a Palermo di un'officinameccanica e di un garage. Cer.to è che, unavolta uscito dalla rocca di Corleone, 'Leggioscese a Palermo, dove si associò con Angelo

La Barbera, Tommaso Buscetta, RosarioMancino, i due Greco, Vincenzo e FilippoRimi, allo scopo di commettere più delitti,scorrendo in armi le campagne e le pubbli-che vie e capeggiando l'associazione fino almaggio 1963; si associò anche con GiuseppePanzeca, Michele Caivatajo, Pietro Torretta,Francesco Paolo Bontade e Giovanni Di Peri,divenendo uno dei capi dell'organizzazionecriminosa.

Leggio però non si unì soltanto con cri-minali sanguinari o con delinquenti di bassoconio, ma frequentò anche un medico paler-mitano, Gaetano La Mantia, e un commer-ciante di mobili, Francesco Paolo Marino, eancora Corrado Caruso, di cui fu campiere,Angelo Di Carlo, Francesco e Leoluca Leggio,che fecero parte della società armentizia, einfine le sorelle Maria Grazia e LeoluchinaSorisi.

Durante la latitanza, Leggio dimorò a Cor-leone e a Palermo. Qui fu ricoverato nel-l'ospizio Marino, sotto il falso nome di Ga-spare Centineo. Fu arrestato il 14 maggio1964 in casa delle sorelle Sorisi, a Corleone.

C) II terzo periodo della storia di Leggiova dall'assoluzione di Bairi del 10 giugno 1969al nuovo arresto del .bandito, avvenuto il16 maggio 1974, a Milano.

Dopo la seairoeraziione, Leggio prese allog-gio a Bitonto, insieme con Salvatore Riina.Il 17 giugno 1969, lasciò Bitonto, trasferen-dosi a Tarante dove venne ricoverato il 18giugno, nell'ospedale della Santissima An-nunziata. Il 28 settembre si trasferì a Roma,ricoverandosi neAla clànica « Valla Margheri-ta » al viale di Villa Massimo.

Intanto, come già si è detto, il 18 giugno1969, il 'Presidente della prima sezione delTribunale di Palermo, aveva emesso controLeggio un'ordinanza di custodia precauzio-nale, in attesa dell'applicazione nei suoi con-fronti di una misura di prevenzione; all'ordi-nanza tuttavia non si era data esecuzione,in quanto si riteneva che essa fosse esegui-bile soltanto a Coricane, luogo di residenzadi Leggio; anzi, nonostante che gli organi dipolizia fossero a conoscenza dei movimentidel bandito, il 7 luglio 1969 il suo nome eracomparso nel bollettino delle ricerche, n. 78.

Peraltro, la Polizia romana procedette « in

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forma discreta » alla sorveglianza di Leggio,durante la sua degenza a « Villa Margherita »,ma il 19 novembre 1969 il 'bandito -lasciò lacllnica rendendosi inreperibile.

Cominciò da questo momento la secondalatitanza di Leggio durata per quasi cinqueanni, fino al 16 maggio 1974.

Anche per questo periodo, non mancanodati relativi all'attività delittuosa di Leggio.

In particolare, risulta che con sentenza del12 febbraio 1970, il Pretore di Conleone con-dannò Leggio ad un anno di arresto per duedistinte contravvenzioni ai fogli di via obbli-gatori emessi nei suoi confronti dai Questoridi Bari e ,di Tarante; ma in appello, Leggione fu prosciolto per amnistia.

In data 3 febbraio 1970, il Tribunale dù. Pa-lermo dispose la sorveglianza speciale perLeggio con 'l'obbligo di' soggiorno nel Comunedi Novi ^Ligure; la decisione fu confermatain appello, ma la Corte di Cassazione an-nullò il decreto per vizi di forma. In sededi rinvio, il 17 maggio 1971, il Tribunale diPalermo dispose nuovamente a carico di Leg-gìo la misura della sorveglianza speciale perla durata di cinque anni con obbligo di sog-giorno ad Albino.

Leggio, peraltro, è stato condannato per ildelitto di associazione per delinquere nelprocesso dei 114, recentemente definito dalTribunale di Palermo. Risulta inoltre chia-mato a giudizio come autore di alcuni seque-stri a scopo di estorsione, tra gli altri diquelli di cui furono vittime Pietro Toniellia Vigevano e Luigi Rossi di Montelera aTorino.

Infine, secondo le dichiarazioni rese dalquestore Mangano durante il processo di Pa-lermo, sarebbe stato Leggio, stando alle con-fidenze di Frank Coppola, che avrebbe orga-nizzato gli omicidi di De Mauro e di Sca-gllione, il sequestro del figlio dell'imprendi-tore edile Francesco Vassallo e la strage diviale Lazio, per la quale si sarebbe servitodell'opera di Gerlando Alberti, SalvatoreRiina, Bernardo Provenzano e Calogero Ba-garella.

Durante questo secondo periodo di lati-tanza, tra le parsone frequentate da Leggiofigura anzitutto il procuratore legale DonatoMitelo, che dopo l'assoluzione di Bari in-

dusse il bandito a trasferirsi a Bitonto, doverisiedeva la sua famiglia.

Nell'ospedale di Tarante. Leggio fu assi-stito dal professor Antoni/no Ippoli'to, figliodel mafioso Crispino, più volte condannato.Sempre a Tarante avrebbe anche intrecciatouna relazione sentimentale con tale EmiliaPiccinini nata l'8 ottobre 1932.

A « Villa Margherita » sarebbe stato visita-to da molte persone; stando a ciò che dice ilquestore Mangano, anche dal commercialistaNino Buttafuoco, indiziato a suo tempo delrapimento di De Mauro (ma Buttafuoco haformalmente smentito di avere avuto rap-porti con LI bandito e di averlo visitato du-rante la sua degenza a « Villa Margherita »).Secondo le notizie di stampa, anche un par-lamentare (mai nominato) avrebbe visitatoLeggio nella cllnica romana. Il bandito inol-tre avrebbe avuto rapporti con un gruppodi contrabbandieri napoletani (Umberto Am-maturo, Luigi Sciorio, Luigi Greco, ArmandoCacciapuoti e Vito Adamo) e si sarebbe in-contrato pure con Gerlando Alberti; infattinel fascicolo del processo di Palermo, esistela registrazione di una telefonata intercet-tata, durante 'la quale Alberti parlando conun certo Pippo, diceva ohe Leggio era suoospite.

Per quanto riguarda i movimenti di Leg-gio dopo la fuga, è certo che il bandito il10 dicembre 1969 si trovava a Roma, perchéa quella data risulta che stipulò a Roma unaprocura a favore della sorella.

Successivamente, raggiunse Milano, doveha convissuto, fino all'arresto, con LuciaParenzan, naita a Fiume il 31 agosto 1932 edalla quale ha anche avuto un figlio, in data9 luglio 1972.

Con ogni verosimiglianza Leggio si trasfe-rì nel capoluogo lombardo alla fine del 1970;a Milano, abitò a Via Stefini n. 6, poi invia Cremosani 4, in un appartamento di pro-prietà di un suo complice, Nello Senice, col-pito da mandato di cattura, infine in viaRipamonti n. 166, dove fu arrestato.

Secondo le informazioni della polizia, du-rante la permanenza a Milano, Leggio erasolito frequentare la bottiglieria « vinicolaBorromeo » dei fratelli Pullarà e il ristoran-te Giuliano sito in viale Umbria n. 50. In

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quest'ultimo locale, si sarebbe incontrato piùvolte con certo Vincenzo Arena, detenuto perspaccio di sostanze stupefacenti e con altrepersone, tra cui Agostino Coppola, DomenicoCoppola, Gaetano Badalamenti, SalvatoreRima, Salvatore Anselmo, Giovanni e Antoni-no Mu'suimeci, Francesco Guzzardi, AautonioSucameli, Giuseppe Calderone, Giovanni Al-berti, Gaetano Oarieleo, Salvatore Taorminae Giuseppe Contorno, tutti siciliani e moltiindiziati mafiosi.

Sempre nel periodo della latitanza, Leggioavrebbe potuto contare sulla protezione esull'aiuto di alcuni suoi vecchi amici, resi-denti in Lombardia, come Calogero Baga-rella, Beirnardo Provenzaeo, Leoluca Baga-rella e il suo fedele luogotenente SalvatoreRiina.

Per sfuggire alila ricerca della Polizia, Leg-gio adoperò documenti falsi intestati ad An-tonio Romano, Antonino Lafaraci, MicheleTerlizzi e Antonio Ferrugia.

Secondo la Parenzan, Leggio non si sareb-be mai mosso da Milano, dove, a dire diMangano, si sarebbe tenuto il 17 giugno 1970un vertice di mafia, a cui avrebbero parte-cipato, oltre a Leggio, Tommaso Buscetta,Gerlando Alberti e Gaetano Badalamenti.

Secondo altre fonti, invece,. Leggio sarebbe•stato a Napoli e a Zurigo, dove sarebbe statovisto insieme con Tommaso Buscetta da duepersone, che hanno deposto come testimoninel processo dei 114 (Antonio Capestro e Giu-seppe Gloriano).

Il 16 marzo 1974, Leggio fu arrestato, men-tre dormiva. Ma, prima di essere arrestato,Leggio sarebbe divenuto un uomo ricchis-simo. Senonchè i dati certi esistenti al ri-guardo sono piuttosto scarsi.

Si è già detto della società armentizia co-stituita a Piano della Scala nel 1956 e all'of-ficina e al garage gestiti a Palermo.

Si può qui aggiungere che durante la per-manenza a Bitonto, Leggio prese in consi-derazione l'opporitunità di acquistare unatenuta agraria di proprietà di Francesco Sai-desio, che par la degenza a « Vilia Margheri-ta » >pagò due milioni e mezzo di lire, che l'ap-partamento di via Ripamonitì è intestato allaParenzan, e che al momento dell'arresto futrovato in possesso di un'automobile (nella

quale si trovavano un mitra e una pistolaautomatica) intestata a Giuseppe Pullarà.

Inoltre il 10 dicembre 1969, a Roma, Leggiostipulò una procura generale a favore dellasorella Maria Antonietta davanti all'avvo-cato Arnaldo Vigna coadiutore del notaioSalvatore Albano (testi: Giuseppe Corso eUmberto Latini). Successivamente, con ro-gito del motaio Michele Mairglotta dell'I 1 apri-le 1973, la sorella di Leggio ha acquistatodai coniugi Leoluca Puccio e Anna Gover-nali, per 35.500.000 lire più 4.480.000 lire perspese, un rustico e un fondo a Piano Scaladi Corleone dell'estensione di 101 ettari.

La Leggio ha sostenuto che la somma, pa-gata in più soluzioni, sarebbe il frutto deisuoi risparmi (essa ha un terreno fittato per600.000 lire all'anno e riscuote da quattroanni una pensione di 25.000 lire al mese);ma fondati indizi fanno ritenere che la don-na abbia acquistato il terreno con denarodel fratello.

Si è anche accertato che Leggio aveva inprecedenza acquistato nei pressi di Catania,un altro appezzamento di terreno, dove è invia di completamento la costruzione di unavilla.

7. — La mafia nell'Italia continentale. Lecause e le caratteristiche.

La Commissione ha già scritto (Doc. XXIII,n. 2-quater, V Legislatura) che Leggio « è ils'imbolo sitesso della mafia: del prepotere edella prepotenza dei pochi, dell'omertà e deltimore che essa diffonde it/ra i succubi, del-l'impotenza dell'apparato sitatale alia giustaed efficace reazione ».

In effetti risulta da quanto prima si èdetto che Leggio è riuscito a sottraisi, peroltre venti anni, ai rigori della legge. Natu-ralmente sarebbe vano cercare di individua-re le responsabilità personali ohe hanno per-messo a Leggio, di non essere chiamato arispondere dei suoi crimini, con la necessa-ria tempestività; ma non è possibile dimen-ticare:

1) che i giudici della Corte d'Assise diBari lo rimisero in libertà, dopo soli cinqueanni di carcere, nonostante che egli fosse

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imputato di delitti gravissimi, di associazio-ne per delinquere e di numerosi omicidi, al-cuni dei quali aveva certamente commesso,se nei gradi successivi di giurisdizione ne èstato riconosciuto colpevole;

2) che dopo l'assoluzione di Bari, mal-grado che i giudici avessero emesso a suocarico un'ordinanza di custodia precauzio-oaile, da Polizia sii limitò a sorvegliarlo « informa discreta », troppo discreta per impe-dirgli la fuga, e die gli indugi diala Magistra-tura e degli organi di polizia e la mancanzadi un efficace coordinamento tra le loro ini-ziative gli consentirono di farsi curare equindi di allontanarsi dalla dioica in cui sitrovava, per rimanere irreperibile per altricinque anni;

3) che Leggio ha potuto vivere libera-mente a Milano, per quasi cinque anni, nonsolo sottraendosi all'arresto, ma capeggian-do, con ogni verosimiglianza, l'organizzazio-ne mafiosa dell'Itala settentrionale;

4) che, infine, iin (tutto questo tempo,Leggio ha potuto arricchirsi, così da permet-tersi la vita di un agiato borghese.

Si :può anche aggiungere che la figura diLeggio è apparsa tra tutte quelle che la Com-missione si è trovata di fronte, la più com-plessa, ma insieme la più emblematica. Leg-gio è stato il solo tra i (presunti) mafiosiinterrogati dalla Commissione a rifiutarsi dirispondere alle sue domande, né gli elementidi giudizio che si sono acquisiti sulla suavicenda personale sono sufficienti a chiarirequale sia stato il ruolo, che egli ha avutonell'organizzazione mafiosa, se qudlo dellatesta del serpente, o, com'è più verosimile,del capo incaricato di dare esecuzione agliordini altrui, o del semplice killer.

Ma resta il fatto che nella sua vicenda siriassumono tutte e tre le fasi della mafia:dalla fase agricola a quella della sua ramifi-cazione nelle regioni d'Italia diverse dallaSicilia. Seguire Leggio da Corleone a Mi-lano significa percorrere, con un uomo, ilcammino che ha fatto la mafia negli ultimiventicinque anni e mettersi quindi in condi-zione di capire meglio le differenze e i carat-teri tipici che connotano i diversi periodi.

In questo senso, non può essere ad esem-pio senza significato che la prima latitanzadi Leggio e la sua fuga dalla clinica romana

in cui si trovava ricoverato siano state favo-rite, se noi! da dolose compiacenze, certodall'inerzia e dalla mancanza di decisionidell'apparato statale di fronte al fenomenodella mafia, mentre non pare che possa dirsialtrettanto per gli anni di libertà goduti aMilano da Leggio, rispetto ai quali sembraessere stata decisiva la facilità con cui è pos-sibile sfuggire, nei grandi agglomerati ur-bani della società industriale, ad ogni formadi controllo.

D'altra parte l'insediamento di Leggio aMilano sollecita la ricerca delle cause chehanno portato la mafia fuori dalla Sicilia eche ne hanno esteso e moltiplicato, neglianni più recenti, le ramificazioni territorialinelle altre regioni d'Italia, e da ultimo spe-cialmente al Nord.

La prima di queste cause è riconducibilealle maggiori occasioni che offre la societàsviluppata dell'Italia continentale alla espan-sione dei traffici illeciti e all'industria deldelitto. La mafia in effetti è uscita dall'Isolaal seguito della droga, perché il traffico de-gli stupefacenti non solo comporta (comesi è già accennato) la necessità di continuispostamenti personali, ima anche perché ladroga ha trovato ormai un mercato internoabbastanza redditizio proprio nelle città del-l'Italia settentrionale. Altre sollecitazioni esuggestioni, come quelle connesse al racketdella manodopera, alla speculazione edilizia,e alla possibilità di inserirsi nelle organizza-zioni criminose a cui fanno capo i sequestridi persona hanno poi accentuato il fenome-no dell'immigrazione mafiosa verso le re-gioni dell'Italia continentale. Lo hanno inol-tre favorito la maggiore facilità di mimetiz-zazione e l'assenza di collaudati strumenti didifesa sociale, che i mafiosi hanno trovatonelle nuove sedi.

Accanto a queste, un altro fattore dellaramificazione territoriale della mafia è statala frequenza con cui i presunti mafiosi sonostati inviati al soggiorno obbligato nelle re-gioni dell'Italia continentale e specialmentein quelle settentrionali.

Dalla tavola che segue risulta il numerodelle persone sottoposte all'obbligo del sog-giorno obbligato, nelle varie regioni e provin-ce italiane, per il periodo dal 1961 al 1972.

Senato della Repubblica — 289 — Camera dei Deputati

LEGISLATURA VI — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI - DOCUMENTI

TABELLA 1. — NUMERO DEI SOGGIORNANTI OBBLIGATI, NELLE REGIONI E NELLEPROVINCE, PER IL PERIODO 1961-1972

Numero delle persone sottoposte a sorveglianza con obbligo dì soggiorno, censile secondo i Comuniscelti come luogo di dimora

(La rilevazione si riferisce ai dati relativi agli aggregati regionali e provinciali per il peuodo 1961-1972)

REGIONE

PIEMONTE288 = 11,19%

LOMBARDIA372 = 15,05%

VENETO143 = 5,2%

FRIULI-VENEZIA GIU-LIA44 = 1,19%

LIGURIA66 = 2,17%

EMILIA ROMAGNA246 = 10,1%

TOSCANA228 = 9,08%

PROVINCE

TorinoCuneoAstiAlessandria

MilanoBergamoBresciaComoCremonaMantovaPaviaSondrioVarese

BellunoPadovaRovigo

. TrevisoVeneziaVeronaVicenza

UdinePerdanone

GenovaImperiaLa SpeziaSavona

PiacenzaParmaReggio EmiliaModenaBolognaRavennaFerraraForlì

Massa CarraraLuccaPistolaLivornoPisaFirenzeArezzoSienaGrosseto

54633654

486151443634482129

14252217172127

2915

14172312

3135261945202149

201413282540303424

REGIONE

UMBRIA57 = 2,08%

MARCHE156 = 6,09%

LAZIO154 = 6,07%

ABRUZZI160 = 6,13%

MOLISE37 = 1,12%

CAMPANIA154 = 6,07%

PUGLIA212 = 8,16%

BASILICATA72 = 2,23%

CALABRIA21 = 0,81%

SICILIA20 = 0,8%

SARDEGNA11 = 0,41%

PROVINCE

TerniPerugia

AnconaAscoli PicenoMacerataPesaro

ProsinoneLatinaRietiRomaViterbo

ChietiAquilaPescaraTeramo

CampobassoIsernia

AvellinoSalernoCasertaNapoliBenevento

FoggiaBariBrindisiTaranteLecce

PotenzaMatera

CosenzaCatanzaro

AgrigentoTrapani

Sassari

255

52343832

3625134040

39483934

289

3430313821

3165292166

3933

201

146

11

19.

PROSPETTO relativo alla situazione dell'assegnazione al soggiorno obbligato dal 1961 al 1972, in dazione alla distanza dai comuni di soggiorno airispettivi capoluoghi di provincia (escluse le isole di: Asinara, Lampedusa, Linosa, Pantelleria e Ventotene)

C/}C»3

Distanze dai comuni di soggiorno obbli-gato ai rispettivi capoluoghi di provincia

In Comuni distanti:

f ino a 10 chilometri . . . .da 10 a 15 » . . . .da 15 a 20 » . . . .da 20 a 25 » . . . .da 25 a 30 » . . . .da 30 a 35 » . . . .da 35 a 40 » . . . .da 40 a 45 » . . . .da 45 a 50 » . . . .da 50 a 55 » . . . .da 55 a 60 » . . . .da 60 a 65 » . . . .da 65 a 70 » . . . .da 70 a 75 » . . . .da 75 a 80 » . . . .da 80 a 85 » . . . .da 85 a 90 » . . . .da 90 a 95 » . . . .da 95 a 100 » . . . .da 100 a 105 » . . . .da 105 a 110 » . . . .da 110 a 115 » . . . .da 115 a 120 » . . . .da 120 a 125 » . . . .da 125 a 130 » . . . .da 130 a 135 » . . . .da 135 a 140 » . . . .da 140 a 145 » . . . .da 145 a 150 » . . . .oltre 150 » . . . .

TOTALE . . . .

Numero dei soggiornanti obbligati negli anni dal 1961 al 1972

1961

1

1133

1— 2

22

11

————————————

18

1962

— 12413

— 42

— 211

— 1

1

——— 1

——

— 1

—————

25

1963

1248

151412966521211_

1

—__

—_

————————

90

1964

756755

125153

52

— 2_

11

————— 1

—————

73

1965

227

14151478542216322

— 1

——————— 1———

98

1966

5102335243129221212121099623121

— 2——

1—

211

^—

265

1967

172331214130271410171378

105351

— 231

———— 2

— 1

292

1968

121828263324161912141210922

— 332

—5

————

1————

251

1969

1528353027212521129

1410334

—23

——

11

——————

11

266

1970

263746585644461919241199

107632

— 3———————

———

435

1971

24203546384423201816989

1162

—22

—— 1————

————

334

1972

222123252934182117141252372134

— 2— 1——

1——

1

268

TOTALE

1321672412752872672151631141239766575943202017126

1251

—325141

2.415

%

5,476,929,98

113911,8811,068,906,754,725,094,022,732,362,441,780,830,830,700,500,250,500,210,04

—0,120,080,210,040,160,04

100,00

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Senato della Repubblica — 291 — Camera dei Deputati

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Come si vede, nel periodo suddetto, il mag-gior numero delle persone sottoposte allasorveglianza speciale con obbligo 'di' sog-giorno furono inviate nelle regioni setten-trionali, soprattutto in Lombardia, Piemonte,Emilia e Toscana, mentre delle regioni meri-dionali soltanto la Puglia figura utilizzata,in misura apprezzabile, come luogo di sog-giorno per i confinati. Le cifre della tabellasono comprensive anche di coloro che ven-nero sottoposti alla misura di prevenzione,per motivi diversi dal sospetto di apparte-nenza alla mafia, ma i rapporti in percen-tuale esistenti tra le varie regioni e provin-cie non dovrebbero subire sostanziali varia-zioni, se riferite soltanto ai presunti mafiosi.

Analogamente, si desume dall'altro pro-spetto, pubblicato alla pagina precedente,che, sempre nel periodo dal 1961 al 1972 esoprattutto negli ultimi animi', i presunti ma-fiosi furono prevadentenien/te inviati in comu-ni che per ilo più distavamo pochi chilometri1,spesso meno di 10 o 20, dai capoluoghi dellerispettive provincie.

Le cifre dei due prospetti documentanomeglio di lunghi discorsi come durante undecennio un numero notevole di mafiosi siastato trasferito dalla Sicilia in popolosi co-muni dell'Italia continentale, spesso vicinis-simi a grandi città, come Milano, Torino,Roma. Il fenomeno, nei tempi più recenti, siè andato contraendo, e attualmente, ad esem-pio, sono pochissimi i mafiosi costretti asoggiornare in Lombardia, ma la situazionerimane tuttavia allarmante, anche per d gua-sti che si sono ormai irrimediabilmente pro-dotti.

In realtà, è avvenuto che i mafiosi, trasfe-riti coattivamente al Nord o comunque nelleregioni continentali, non sono affatto ri-masti isolati, né sono stati messi in condi-zione di ricevere un benefico influsso daldiverso ambiente sociale e culturale, in cuierano obbligati a vivere; al contrario essisono riusciti, almeno di norma, da una partea stabilire saldi rapporti con gli immigratimeridionali, ciò tanto più che costoro si sonospesso sentiti, se non respinti, certo accolticon poco favore dalle comunità locali, e dal-l'altra a raggiungere in questi ambienti unaposizione di egemonia da sfruttare poi perfini illeciti. In genere, (inoltre, i soggiornanti,

appunto perché dimoravano in comuni vi-cini alle grandi città, non hanno trovato inpratica nessuna difficoltà a sottrarsi ai con-trolli della Polizia e a mantenere legami erapporti con le zone mafiose di provenienza,secondo quanto risulta in modo non dubbiodal fatto che in molti delitti avvenuti alNord, e tra gli altri in alcuni sequestri dipersona, risultano implicati noti personaggiche vivono in Sicilia.

La mafia al Nord, peraltro, ha anche sa-puto crearsi solidi collegamenti con gli am-bienti della malavita locale, strumentaliz-zandone spesso gli esponenti più giovani epiù sprovveduti. In parecchi casi, comun-que, d mafiosi hanno operalo con gruppi didelinquenti locali, adottandone in parte imetodi e le iniziative spesso improntate auna violenza spieiata e senza quartiere.

Infine i richiami e le suggestioni delle gran-di città e di una società più ricca di quellad'origine hanno fatto il resto e i mafiosiimmigrati nell'Italia settentrionale (di pro-pria volontà o perché confinati) hanno finitocol proporsi nuove prospettive e traguardipiù ambiziosi rispetto a quelli del passato,appunto aperti alla loro iniziativa dalla di-versità del tessuto sociale del Settentrioned'Italia nei confronti di quello della societàisolana, in cui fino allora la mafia si eralimitata ad operare.

Ed è stato proprio in questa realtà che siè inserita attivamente e in posizione emi-nente la presenza di Leggio, il quale ha cosìfinito col trovare, anche al Nord, le personee le occasioni adatte per evitare l'arrestoe per continuare, pur nella latitanza, la suaattività delittuosa.

Non si può negare, di fronte a tutto il coa-cervo dei fatti e degli avvenimenti somma-riamente ricordati in questa parte della rela-zione, che negli ultimi anni i mafiosi sianousciti dalla Sicilia, di propria iniziativa oper forza delle circostanze, nel tentativo ditrapiantarsi nelle regioni deH'Italia conti-nentale e in primo luogo nelle aree indu-striali del Nord. Viene fatto di pensare, inpresenza di questo tentativo, al fenomenoparallelo costituito dall'emigrazione dellamafia negli Stati Uniti d'America, e ciò an-che per l'analogia che presenta con la societàamericana dei primi decenni del secolo l'at-

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tuale società industrializzata dell'Italia set-tentrionale. È lecito invece dubitare che lamafia si sia trapiantata nell'Italia continen-tale con tutti i suoi caratteri tradizionali.Si è detto nei capitoli precedenti che ciò checaratterizza la mafia e la distingue dalla co-mune delinquenza sono in fondo due ele-menti: da un lato l'intreccio inconfessabiledei rapporti tra il potere mafioso e quellopubblico, dall'altro l'acccttazione, più o me-no intensa, della 'mafia da parte dell'ambientesociale e quindi parallelamente l'attitudinedella 'mafia ad esercitare un vero e propriopotere, con un certo grado di consenso deiconsociati.

Qualcuno degli episodi, accaduti recente-mente in Italia, come quelli che ebbero aprotagonista Frank Coppola, indubbiamentedocumenta un cedimento dell'apparato pub-blico di fronte alla mafia, non diverso daquello -tante volte registrate in Sicilia. Maciò che certamente i mafiosi non sono riu-sciti a stabilire nell'Italia continentale è unrapporto con l'ambiente locale, che sia inqualche modo assimilabile a quello che lamafia ha avuto, in passato e in. una certa mi-sura ha tuttora con ile popolazioni siciliane,specialmente delle campagne.

Al contrario il tentativo di trapianto dellamafia ha provocato forti e istintive reazionidi rigetto nelle comunità dell'Italia continen-tale. In queste regioni, la società circostanteai mafiosi non si tumula nel silenzio e nonaccetta la presenza di quella che resta insostanza un'organizzazione criminale. Glistessi immigrati meridionali, mano a manoche si inseriscono nel nuovo ambiente so-ciale, rifiutano con forza l'egemonia del capomafioso e comunque non sono disposti a

fornirgli le braccia di una delinquenza gre-garia; i pubblici poteri, infine, tendono a sot-tolineare, con vigore sempre maggiore, nonsolo la lo;ro estraneità, ma la loro decisaopposizione alle manovre e alle insidie ma-fiose: ne sono una dimostrazione convin-cente e confortante l'impegno ed anche l'ef-ficacia con cui Polizia e Magistratura nel-l'Italia continentale, come del resto in Sici-lia, hanno affrontato, negli ultimi tempi, ipiù gravi delitti di stampo mafioso. È possi-sibile dedurre da tutto ciò che, se molti sonoi mafiosi che vivono ed operano nell'Italiacontinentale, è perlomeno dubbio ohe essisiano riusciti ad impiantarvi la mafia nelsenso tradizionale della parola.

È tuttavia evidente che la mancanza dipronti interventi statali che stronchino alleradici di fenomeno e il ritardo nel metterein moto un processo profondo di rinnova-mento delle strutture economiche, sociali epolitiche potrebbero creare uno spazio an-che nell'Italia continentale all'intermediazio-ne mafiosa, favorire, come già certi episodidenunziano, l'estensione delle collusioni edelle connivenze dei poteri pubblici con i ma-fiosi emigrati' dalla Sicilia e infime modificareil rapporto oggi esistente tra l'ambiente lo-cale e il costume mafioso. Per ora, la man-canza d'un adeguato terreno di cultura harappresentato un os,tacolo al tentativo d'in-nesto della mafia, ma non è detto che lasituazione non possa modificarsi. Bisognatenerne il debito conto, per 'trovare gli op-portuni rimedi ad un fenomeno che, qualiche siano attualmente i suoi caratteri, ap-pare comunque particolarmente preoccu-pante, per la sua estensione e per la suaintensità.


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