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Lettering - · PDF file2 Lettering 1 Le prime scritture Non c'è un'origine unica della...

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Leering 1 Leering Genesi, sviluppo e caraeri a cura di Giorgio Ginelli Introduzione Comunicare visivamente le idee è il conceo che possiamo meere alla base della comuni- cazione. Il punto di riferimento principale di quest’ao – la stella polare potremmo dire – è la parola. Il caraere tipografico è la manifestazione visibile della parola ed essere in grado di organiz- zarlo, di gestirne le gerarchie, significa sapere comunicare visivamente un progeo dal punto di vista grafico. Da queste premesse parte la necessità di definire tua la catena di scelte che portano alla composizione di un testo, sia esso divulgativo anziché pubblicitario, e che prende il nome di leering. La scriura è la somma di molteplici esperienze di comunicazione, che hanno avuto inizio nell’antichità più remota e di cui possiamo riconoscere almeno tre momenti importanti: le età dei piogrammi, degli ideogrammi e della scriura fonetica. Piogrammi: ossia, raffigurazioni naturalistiche di uomini, animali oppure oggei, sia rappre- sentati singolarmente che assieme, oppure impegnati in azioni diverse. Ideogrammi: segni grafici che riproducono l’idea, ossia ancora figure naturalistiche usate a rap- presentare non solo il soggeo stesso raffigurato, ma anche la parola che lo designa: ad esempio i geroglifici egizi, i segni cuneiformi assiro-babilonesi. Fonogrammi: figure naturalistiche o segni astrai che possono indicare più suoni, oltreché uno solo; essi si distinguono in policonsonantici, polisillabici, monosillabici e alfabetici (in pratica le leere che compongono le parole). Leering Nel linguaggio della pubblicità e della grafica, l’operazione di scegliere, secondo opportuni criteri, i caraeri con cui com- porre il testo che accompagna un annuncio pubblicitario, o che in genere serve di commento e integrazione a un’immagine, a un disegno o serie di disegni (fonte: Enciclopedia Treccani). Evoluzione della scriura dall’antichità al I millennio d.C.
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Lettering Genesi, sviluppo e caratteria cura di Giorgio Ginelli

Introduzione Comunicare visivamente le idee è il concetto che possiamo mettere alla base della comuni-cazione. Il punto di riferimento principale di quest’atto – la stella polare potremmo dire – è la parola.Il carattere tipografico è la manifestazione visibile della parola ed essere in grado di organiz-zarlo, di gestirne le gerarchie, significa sapere comunicare visivamente un progetto dal punto di vista grafico.Da queste premesse parte la necessità di definire tutta la catena di scelte che portano alla composizione di un testo, sia esso divulgativo anziché pubblicitario, e che prende il nome di lettering.La scrittura è la somma di molteplici esperienze di comunicazione, che hanno avuto inizio nell’antichità più remota e di cui possiamo riconoscere almeno tre momenti importanti: le età dei pittogrammi, degli ideogrammi e della scrittura fonetica.

Pittogrammi: ossia, raffigurazioni naturalistiche di uomini, animali oppure oggetti, sia rappre-sentati singolarmente che assieme, oppure impegnati in azioni diverse.

Ideogrammi: segni grafici che riproducono l’idea, ossia ancora figure naturalistiche usate a rap-presentare non solo il soggetto stesso raffigurato, ma anche la parola che lo designa: ad esempio i geroglifici egizi, i segni cuneiformi assiro-babilonesi.

Fonogrammi: figure naturalistiche o segni astratti che possono indicare più suoni, oltreché uno solo; essi si distinguono in policonsonantici, polisillabici, monosillabici e alfabetici (in pratica le lettere che compongono le parole).

Lettering Nel linguaggio della pubblicità e della grafica, l’operazione di scegliere, secondo opportuni criteri, i caratteri con cui com-porre il testo che accompagna un annuncio pubblicitario, o che in genere serve di commento e integrazione a un’immagine, a un disegno o serie di disegni (fonte: Enciclopedia Treccani).

Evoluzione della scrittura

dall’antichità al I millennio d.C.

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1Le prime scritture

Non c'è un'origine unica della scrittura, in quanto si è sviluppata indipendentemente in diver-se parti del mondo; c’è un diffuso accordo nel considerare i sumeri e gli egizi i primi popoli capaci di scrivere e questo avvenne a partire dal 3500-3300 a.C. circa. Non abbiamo sicurezza su quale di questi due popoli l'abbia inventata per primo, anche se pare che sia stata la scrittura egiziana ad aver subito influenze sumere e non viceversa. Così come i sumeri, anche gli egizi usavano segni che indicavano oggetti (pittogrammi) ed altri che rappresentavano suoni (fonogrammi). La scrittura geroglifica era quindi nello stesso

tempo fonetica, figurativa e simbolica.Tutte queste prime forme di scrittura di cui siamo a co-noscenza sintetizzano in un piccolo disegno la parola che veniva usata per indicare una cosa. Sono proprio questi simboli che si modificarono col passare dei secoli fino a diventare una vera e propria lettera, infine più let-tere insieme formeranno la parola.

La scrittura cuneiforme è senz’altro il sistema antico più articolato, utilizzato dal III millennio a.C. fino agli inizi del II millennio a.C., ma che venne poi adottato da numerose popolazioni per registrare la propria lingua. Dalla metà del III millennio a.C. in poi è stato infatti utilizzato per rendere l’accadico in Mesopotamia e l’eblaita in Siria. Anche gli altri sistemi di scrittu-ra in uso nel Vicino Oriente Antico sono basati sul cuneiforme, che è così chiamato perché composto da segni che hanno l'aspetto di piccoli cunei; all'inizio non era affatto composta da cunei e sulle tavolette d'argilla si incideva la figura degli oggetti da rappresentare e gli eventuali segni numerici. Questa scrittura, nata per scopi amministrativi, venne arricchita di simboli aventi valore fonetico i quali permettevano di comporre parole che non era possibile rappre-sentare con una figura, come i nomi propri ed i concetti astratti. La scrittura che si originò era mista, conteneva cioè pittogrammi e fonogrammi, oltre che segni numerici.L'origine della scrittura geroglifica fu pressoché contemporanea a quella cuneiforme; non si sviluppò nella struttura cuneiforme, ma mantenne una rappresentazione pittorica dei simbo-li, probabilmente perché gli egizi non usavano argilla come supporto per scrivere, ma bensì papiro, legno e pareti di roccia levigata come quelle dei templi.Nel Medio Oriente, sono state trovate testimonianze diffuse di tentativi di scrittura più sem-plice di quelle cuneiforme e geroglifica. Nel XIV secolo a.C., a Ugarit, una città sulla costa siriana settentrionale, venne sviluppato un tipo di alfabeto cuneiforme che venne usata fino al 1180 a.C., data della distruzione della città, al quale è stato dato il nome di scrittura ugaritica.Sia la scrittura cuneiforme che la geroglifica (riservate ad una casta di specialisti, gli scribi), erano però formate da molte centinaia di simboli; erano scritture complesse da imparare e quindi difficili anche da usare. Dato il numero limitato di segni, una scrittura alfabetica sareb-be stata invece molto semplice e poteva essere facilmente imparata ed usata da tutti. A differenza delle scritture cuneiformi che dovevano essere incise su tavolette d'argilla, le let-tere dell'alfabeto proto-sinaitico (ma sarà così anche successivamente per quelle dell'alfa-beto fenicio) potevano essere scritte con inchiostro su papiri, cocci e legno. Questa scrittura alfabetica si adattava dunque molto bene alle necessità di un popolo come quello dei fenici, mettendo a loro disposizione una scrittura semplice da imparare e rapida da usare.Questa scrittura basata su un sistema composto da soli 22 segni – chiamata dagli archeologi proto-sinaitica perché le sue prime testimonianze sono state trovate nella penisola del Sinai in miniere di rame e turchese – venne impiegata dal II secolo a.C. per secoli da gente di basso rango per tracciare brevi iscrizioni. Piano piano questa scrittura, conosciuta anche come pro-to-cananea, si diffuse e venne poi usata correntemente dai fenici; la loro scrittura non pren-deva nota delle vocali, come per esempio in quella attualmente utilizzata da arabi ed ebrei.Secondo la tradizione storiografica, il primo alfabeto fonetico di cui abbiamo riscontri certi, risale appunto ai fenici, un civilissimo popolo di commercianti e navigatori insediato sulla fascia costiera mediterranea, corrispondente agli attuali stati di Israele, del Libano e della Siria. I fenici si ispirarono ai disegni utilizzati in Mesopotamia dai sumeri e da quelli della scrittura fonetica impiegata dagli egizi per creare, tra il XIII e il XI secolo a.C., una nuova scrittura più

Esempi di alfabeti antichi

Sotto dall’alto: geroglifici dell’antico Egitto; alfabero cuneiforme (ugaritico); alcune lettere dell’alfabeto proto-sinaitico (il valore fonetico di ogni lettera corrisponde al primo suono del nome sinaitico); alfabeto fenicio.

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semplificata, composta da ventidue segni. I disegni rappresentavano immagini stilizzate di oggetti di uso quotidiano facilmente riconoscibili. Per leggere questa scrittura era sufficiente pronunciare il suono iniziale di ogni pittogramma riprodotto (sistema “acrofonico”).In virtù della sua grande semplicità, questa scrittura poté essere imparata da chiunque senza anni di scuola come per imparare le complesse scritture cuneiforme e geroglifica. I segni usati da questa scrittura furono chiamati “lettere”. L'insieme delle lettere fu chiamato “alfabeto” e le scritture che usano segni di questo tipo (acrofonici) vennero definite alfabetiche.Tra i primi popoli a recepire l'alfabeto fenicio vi furono i greci; greci e fenici erano infatti ge-ograficamente vicini e commerciavano attivamente fra di loro, oltre che con le altre popo-lazioni del Mediterraneo. I greci riconoscevano apertamente la derivazione fenicia del loro alfabeto e chiamavano i suoi segni Phoinikeia Grammata (lettere fenicie). Anche se le prime testimonianze della scrittura fenicia risalgono al XII e all' XI secolo a.C., la sua trasmissione ai greci sembra risalire all'VIII secolo a.C. Nel 900 a.C. i greci vengono dunque a conoscenza dell’alfabeto fenicio; ne perfezionano le forme dei caratteri e introducono le vocali per tradur-re con precisione l’articolazione degli idiomi parlati presso di loro.A loro volta gli etruschi adattarono l'alfabeto greco alla propria lingua, compiendo numerose modifiche anche nella forma dei segni. Le prime testimonianze di brevi scritture nella peniso-la italiana risalgono anch'esse all'VIII secolo, ma soltanto verso il 700 a.C. le iscrizioni etrusche si fecero numerose. Successivamente, l'alfabeto etrusco passò ai latini che lo modificarono a loro volta, anche se è tutt’ora materia di discussione se l’alfabeto latino derivi da quello greco occidentale, dall'etrusco; più probabilmente da entrambi.I più antichi documenti in alfabeto latino risalgono al VII-VI secolo a.C.; la scrittura era bu-strofedica (nelle quali la direzione cambia da riga a riga) e sinistrorsa; solo in epoche successi-ve si affermò la grafia destrorsa. I popoli latini coltivarono la scrittura epigrafica come un’arte, fino ad elaborare quei dettagli non essenziali che chiamiamo “grazie”. Questi segni vennero originati dal seguire con lo scalpello la traccia lasciata col pennello sul marmo.Ma gli antichi Romani non si limitavano a scrivere messaggi indistruttibili, e avevano perciò bisogno anche di supporti leggeri e di materiali riutilizzabili per scrivere lettere, per studiare, per il commercio e per varie altre attività di uso pratico. A questo scopo erano largamente usati il papiro e le tavolette di legno ricoperte di cera. Fu grazie questi materiali che l'alfabeto latino, inizialmente costituito dalle sole maiuscole, svilup-pò anche una scrittura corsiva, con legature tra le lettere.

Esempi di alfabeti antichi

dall’alto: alfabeto greco (cretese); alfabeto etrusco;

evoluzione dell’alfabeto latino (V e il VI sec. a.C.).

La lingua fenicia era semitica e l'alfabeto fenicio rappresentava soltanto consonanti. In una lingua semitica, l'uso delle sole con-sonanti è quasi sufficiente per interpretare correttamente un testo. Durante la lettura, il contesto aiuta a ridurre le ambiguità ed in certi casi vengono aggiunti dei piccoli segni per indicare le vocali. Con la lingua greca antica, come in tutte le lingue indoeuropee, non era invece possibile scrivere usando soltanto le consonanti perché si sarebbe incorsi in una quantità eccessiva di ambiguità. Anche nella nostra lingua scrivere senza usare le vocali renderebbe il discorso molto impreciso. Per esempio, la parola "vnt" nella nostra lingua potrebbe indicare tanti termini diversi: venti, vento, vanto, veneto, avanti. Posti di fronte a questo problema, i greci adattarono alle loro esigenze alcune lettere dell'alfabeto fenicio di suono simile a vocali greche, introducendo quindi nell'alfabeto e nella scrittura l'uso delle vocali.

Pergamena, VIII-IX secolo, scrittura onciale.

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La diffusione della scrittura quale mezzo per fissare dati e informazioni relativi ai commerci, all’agricoltura e agli eventi storici e quotidiani impose la necessità del costante approvvigionamento del materiale sul quale scrivere.Si adottarono presto materiali naturali come il legno, il bambù e l’osso. Fu l’antico Egitto il luogo dove fu prodotto un primo mate-riale scrittorio, il papiro, ottenuto dalla lavorazione dell’omonima pianta. Il papiro non tardò a scarseggiare, stimolando la ricerca di nuovi materiali. Il nuovo ritrovato fu la pergamena che, prodotta con il vello degli animali, era destinata a rimanere il principale materiale scrittorio dell’Europa mediœvale, sino all’introduzione della carta. La carta è un prodotto della civilizzazione orientale. Le origini della carta iniziano in Cina nell’anno 105 d.C., è stata inventa da Ts’ai Lun, funzionario dell’imperatore Wu Di. La tecnica di produzione rimase tuttavia gelosamente custodita per 700 anni, sino a che i musulmani, conquistata Samarcanda, ne strapparono il segreto ad alcuni prigionieri cinesi. La conoscenza di questa nuova tecnica si diffuse molto velocemente in tutta l’Europa, ove sorsero numerosi mulini di produzione in prossimità dei più facili punti d’approvvigionamento d’acqua, necessaria per preparare l’impasto. I migliori tipi di carte sono quelli prodotti con fibre vegetali e un elevato contenuto di cellulosa, oppure con stracci di tessuti naturali come il cotone o il lino.Le materie prime per la produzione della carta, in Cina erano la corteccia di gelso oppure il bambù; in oriente si ricorreva invece ai cenci di cotone o di lino, macerati e buttati nell’acqua fino ad ottenere un impasto. La carta prodotta con stracci è resistente e durevole, mentre la carta moderna ottenuta dalla polpa del legno, si deteriora rapidamente a causa del notevole contenuto d’acidi, che ne determina l’ingiallimento, l’infragilimento e infine la disintegrazione. Un libro moderno può assumere quest’aspetto dopo soli 60 anni.

La fabbricazione della carta si può divi-dere in tre periodi.

1. Il periodo Cinese che risale al 105 d.C con il setaccio, che lasciava sulla super-ficie del foglio l’impronta vergata che si formava.

2. Il periodo Arabo intorno al 700 d.C. dove il setaccio divenne di metallo.

3. Il periodo moderno intorno al XIX seco-lo con l’invenzione della macchina con-tinua.

Come tutti i fenomeni che riguardano l’espressione umana, anche la scrittura si è evoluta nel tempo. A partire dai primi, rozzi segni che ripetevano il modello offerto dalle lettere dell’alfabeto, si è lentamente passati attraverso vari ed elaborati tipi grafici che hanno portato fino alla grafia attuale (e cioè, per semplificare, un corsivo variamente interpretato dai singoli scriventi).

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2 Sviluppo della grafia

L'alfabeto latino venne diffuso in tutti i territori dell’impero romano e la capitale romana è la più antica scrittura maiuscola latina usata, scolpita nella pietra sui monumenti. Solo nel III secolo a.C. viene scritta con il calamo, divenendo quindi meno dura e più uniforme. Le opere di Virgilio che si conservano in Vaticano sono un esempio di questa scrittura: le parole sono state scritte senza spaziatura, e in certi casi sono state separate tramite un punto.Dal I fino al V secolo d.C. per le forme elementari dell’alfabeto romano, si creò la monumen-tale e larga capitale quadrata, la quale viene scritta con una penna larga, tenuta in mano in modo quasi verticale. In questo modo, i tratti verticali delle lettere disegnate sono più spes-si, mentre quelli orizzontali sono più sottili. Nello stesso tempo apparve la capitale rustica, scritta con il calamo più inclinato; le lettere sono più strette, con grazie molto pronunciate e con aste orizzontali leggermente rotonde e più spesse.Apparvero dopo il V secolo d.C. una minuscola corsiva e una minuscola detta onciale (così denominata perché le lettere sono alte un’oncia) per i libri e le scritture di lusso; si differenzia dalla capitale per la rotondità di alcune sue lettere, dove pure gli allineamenti superiori e infe-riori sono molto marcati.La scrittura semionciale viene introdotta tra il IV e il V secolo d.C. e può essere considerata la più antica scrittura minuscola. È di piccole dimensioni (mezza oncia) nella quale si riscon-trano elementi di lettere “maiuscole” e lettere “minuscole”.Dopo il crollo dell’impero romano, le scritture romane furono comunque ancora impiegate in tutta l’Europa occidentale. Le principali scritture nazionali sono la merovingica in Francia (dal VI all’VIII secolo d.C.), la gotica occidentale in Spagna (dall’VIII al IX secolo d.C.), la lombarda-beneventana nell’italia meridionale (dall’XI al XII secolo d.C.). Già durante il periodo dei Merovingi, però, i tratti divennero pressoché illeggibili. La merovingica venne così calligraficamente trasformata in una scrittura minuscola vera e propria, che si distinse per la sua semplicità e la sua chiarezza: è la minuscola carolina (leg-germente inclinata con allineamenti superiori e inferiori). Per i titoli, venivano usate le lettere della capitale romana e dell’onciale. La carolingia fu la scrittura libraria più diffusa in europa, la cui influenza si ritrova nel Rinascimento nella scrittura detta umanistica e che, a grandi linee, è la scrittura di oggi.

Al termine grafia (dal gr. graphé, scrittura) corrispondono, in re-altà, due accezioni diverse: la prima si riferisce al ductus, cioè alle peculiarità dei caratteri della scrittura (tipologia, collegamenti tra le lettere, orientamento, ecc.), la seconda alle modalità di tra-scrizione delle parole, cioè alle scelte ortografiche. La locuzione grafia italiana indica il modo di trascrivere la lingua italiana.

Dal Medioevo al Rinascimento: esempi di scrittura in differenti grafie.Da sinistra: minuscola carolina, onciale e umanistica.

Dalla capitale romana alla carolingia minuscola

Capitale romana: utilizzata per gli atti ufficiali e le iscrizioni su pietra.

Onciale: venne utilizzato per i libri e le scritture di lusso.

Semi-onciale o mezzo-onciale: assunse delle forme minuscole.

Scrittura corsiva: utilizzata per le note che accompagnavano i manoscritti.

Minuscolo merovingio: scrittura corsiva deformata, diventa praticamente illeggibile.

Capitale carolina e Minuscola carolina: molto netta e regolare la prima, dalle forme più rotonde la seconda, si basa sul mezzo-onciale e sull’onciale.La scrittura carolina regna sull'Occidente fino all’XI secolo. Si evolve verso forme più angola-te per dare vita in Inghilterra alla scrittura gotica, che si diffonderà in tutta l'Europa del Nord.Alla fine del XIV secolo, i primi umanisti fiorentini, giudicavano illeggibili i gotici, ripresero la carolina e crearono l'umanistica.

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3Caratteri da stampa

Il 1455 è la data a cui si fa risalire l’invenzione della stampa a caratteri mobili; a quell’anno risale infatti il primo documento scritto che ne certifica l’esistenza. Si tratta di una sentenza di tribunale con la quale Johan Gutenberg, allora un semplice stampatore tedesco, viene invitato a cedere tutta la sua attrezzatura tipografica ad un creditore che ne aveva finanziato l’attività. Prima di allora la stampa era già impiegata da secoli, ma il procedimento era totalmente di-verso: il testo di un’intera pagina, completo di illustrazioni, veniva inciso su un’unica tavola di legno (xilografia) e il massimo della tiratura era di 200 copie.Agli inizi dell’epoca della stampa, l’intenzione degli stampatori era quella di imitare i libri pro-dotti a mano dai calligrafi dell’epoca a un costo più contenuto. Siccome i calligrafi dei paesi settentrionali e quelli dei paesi meridionali d’Europa utilizzavano due scritture diverse tra loro, per riflesso questa diversità si riscontrava anche nei prodotti stampati dell’epoca.Gutenberg creava da sé le sue lettere. Lo stile del carattere impiegato principalmente per i suoi libri era una copia perfetta della scrittura adottata dai calligrafi a lui contemporanei, la gotica textura: un tipo di carattere che ha continuato ad essere usato in Germania fino alla seconda metà del XIX secolo. Dopo di lui molti si dedicarono al disegno di caratteri e in breve le fon-derie ne produrrono dunque in gran numero, tutti con un proprio nome, contrassegnati da specifiche caratteristiche. Mentre in Germania permaneva lo stile gotico, e la stampa si limitava a imitare la scrittura ama-nuense, in Italia i tipografi, che erano anche disegnatori e incisori di caratteri, a contatto con un clima culturale completamente diverso, produssero un approccio differente e nuove soluzioni stilistiche. Nel XV secolo, infatti, in Italia, sotto l’influsso dell’Umanesimo, si era diffuso lo stu-dio dell’antichità classica. Fu naturale perciò che anche i tipografi prendessero a modello l’arte romana e le scritture ritenute classiche. A ricordo di ciò, ancora oggi si suole chiamare “roman” un carattere non corsivo, con le maiuscole simili, nell’inclinazione, alle antiche lettere della Colonna Traiana. Il ritorno alle forme romane nelle maiuscole derivanti dai caratteri lapidari romani, fu il preludio anche all’imitazione delle scritture umanistiche dette “Incunabuli” per il minuscolo dagli stampatori di Venezia che gli disegnavano e incidevano con il bulino.Si formò così il primo alfabeto tipico, il quale – dopo il perfezionamento acquisito, dovuto ai prototipografi dell’epoca – trovò in Venezia l’ambiente ideale per la sua diffusione nel mondo. E ciò fu dovuto alle forme dei caratteri creati da numerosi artigiani, a cominciare dai fratelli Da Spira, per contare con Griffo, Paganini, Ratdolt, per finire a Nicholas Jenson, tipografo francese, che creò nel 1470 a Venezia il migliore carattere tipografico dell’epoca e che ispirerà altri creatori di caratteri attraverso i secoli, come per esempio Claude Garamond.L’introduzione del carattere Veneziano fu facilitata anche dal fatto che gli studiosi umani-stici – principali destinatari dei libri stampati in quell’epoca – conoscessero già la scrittura carolingia. Il carattere veneziano diventò così la scrittura del Rinascimento e dell’Umanesimo in Italia e per la prima volta si usarono maiuscole e minuscole insieme; le minuscole derivate dalla carolingia, mentre le maiuscole dalla capitale romana.I caratteri da stampa odierni hanno quindi le loro origini nel veneziano, e non nei caratteri go-tici utilizzati da Gutenberg, Fust, Schöffer e gli altri pionieri della tecnica tipografica di stampa a caratteri mobili.Il carattere più utilizzato e armonioso di questa famiglia è, senza dubbio, il Garamond, che lo stampatore francese Claude Garamond (1480–1561) disegnò “copiando” i caratteri sia dell’incisore di punzoni bolognese Francesco Griffo per il “De Aetna” di Pietro Bembo (1495), sia il carattere ideato del francese Nicholas Jenson per la pubblicazione della “Praepa-ratio Evangelica” di Eusebio di Cesarea (1470). L’importanza di Claude Garamond è comunque legata a diversi fattori: anzitutto fu il primo artista a dedicarsi unicamente all’incisione e alla fusione dei caratteri, laddove gli stampatori si erano fino a quel momento occupati di ogni genere di attività connessa alla stampa; fu inoltre il primo a disegnare il maiuscolo corsivo e ad utilizzare il corsivo insieme al tondo, come si fa attualmente, e non in alternativa come aveva fatto il Manuzio fino a quel momento.Il carattere disegnato da Garamond esercitò la sua influenza sulla tipografia europea fino alla fine del 1700 e tuttora viene riproposto dai produttori di font digitali. Il suo corsivo è comun-que dichiara derivazione aldina, ideato da Francesco Griffo.

Gutenberg per primo ebbe l’i-dea innovativa di usare caratteri mobili, che potevano essere uti-lizzati più volte per stampare testi diversi. In effetti i caratteri mobili erano già stati inventati in Cina ma la scrittura cinese, composta da diverse migliaia di caratteri diversi, non si rivelò particolar-mente adatta a questa tecnica. La vera “invenzione” di Guten-berg fu passare dal legno alle fusioni in metallo per la realizza-zione dei caratteri, usando una lega composta da piombo, anti-monio e stagno che raffreddava velocemente e resisteva bene alla pressione esercitata dal torchio.

Uno specimen del carattere veneziano tondo di Nicholas Jenson (1470).

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Il corsivoLa lettera corsiva disegnata dal Griffo, chiamata aldi-na o cancelleresca, ebbe un tale successo da essere da subito imitata da altri stampatori. Il carattere corsivo viene detto italic (italico) dai di-stributori internazionali di font con riferimento al carattere di Griffo.L’utilizzo di questi caratteri prevedevano, anche nel testo corsivo l’utilizzo delle maiuscole tonde fino alla metà del XVI secolo (nelle versioni ridisegnate per la tipografia moderna e la digitalizzazione non viene rispettata questa regola stilistica utilizzando come maiuscolo un “falso corsivo” storico).

Due esempi di corsivi del Vicentino di Ludovico Arrighi (1524 -1526) e il corsivo del carattere

disegnato da Claude Garamond nel 1540.

Le caratteristiche principali del carattere Garamond sono: maiuscole evidenti e importanti rispetto alle minuscole, occhielli piccoli nelle lettere “a” ed “e”, scarso spessore delle aste verti-cali. Altre caratteristiche nel disegno delle lettere sono la presenza dell’asse verticale inclinata nettamente, da 30° fino a 45° all’indietro; il contrasto tra i pieni ed i filetti è debole; le grazie hanno una forma arrotondata con la base concava; le differenze di spessore tra le aste verticali e le aste oblique sono più accentuate e, anche nelle lettere tonde; i rapporti di sottile e largo sono più accentuati.Tra la fine del1400 e la prima metà del 1500, una serie di motivi politici ed economici fa-vorirono i contatti tra l’Italia e la Francia e il Rinascimento ebbe un’enorme influenza sulla cultura francese dell’epoca. Sotto il regno di Luigi XIV (1638-1715) la Francia divenne poi la maggiore potenza politica d’Europa. La tipografia ebbe nuovi impulsi per volere espresso del Re Sole, attraverso l’istituzione dell’Imprimerie royale, e continuò a rifulgere in tutta Europa fino alla fine del 1700 (periodo Rococò).In quel periodo, Pierre Simon Fournier e Firmin Didot sistematizzarono le misurazioni dei caratteri che rimasero in uso in Europa fino all'avvento del computer. Ancora oggi i caratteri vengono misurati in punti (Pica) e la grandezza di un carattere misurata in questo modo, viene

Vari tipi di Garamond prodotti da differenti fonderie che variavano leggermente o grossolanamente

il disegno per aggirare le problematiche legate al copyright.

Il Garamond, del quale esistono numerose e differenti forme

presenti sul mercato (alcune delle quali che nulla hanno a che fare con

il disegno originale) è usatissimo nella composizione dei testi dei

libri, nelle pubblicità, ecc.; i più fedeli ai punzoni originali

sono: “Adobe Garamond” e “Garamond Simoncini”, mentre

la versione “ITC Garamond” è completamente distante dalle

forme che dovrebbe rappresentare.

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chiamata “corpo”. I blocchetti di metallo usati per la stampa ai tempi di Didot dovevano pos-sedere una forma regolare e ben precisa, per fare in modo che si incastrassero perfettamente gli uni con gli altri e si stabilì così un’unità di misura universale in modo che ogni variazione avvenisse secondo multipli o sottomultipli di tale misura (spazi tra le lettere, altezza, larghezza delle lettere, etc.).Tra la seconda metà del 1500 e la fine del1600 i Paesi Bassi furono anch’essi all’avanguardia nel progresso della tipografia. Gli olandesi, pur rifacendosi alle linee definite da Garamond e da Griffo, seppero reinterpretarle in maniera magistrale elevando il livello tecnico e la praticità degli stampati. L’età d’oro dell’editoria olandese coincide in gran parte con le fortune della casa editrice della famiglia Elzevier. I loro caratteri e i loro libri erano venduti in tutta l’Euro-pa, apprezzati per la loro maneggevolezza dovuta al piccolo formato. I punzoni degli Elzevier venivano studiati appositamente per mantenere una buona leggibilità anche su un formato di pagina ridotto, con margini resi minimi dall’esigenza di sfruttare al massimo la pagina.Verso la fine del Seicento inizia però un periodo difficile per i Paesi Bassi, che si trovarono a fronteggiare la sempre maggiore rivalità commerciale dell’Inghilterra e le mire espansionisti-che della Francia. Questa situazione sociale ebbe ripercussioni anche sui destini della tipo-grafia che trovò un nuovo terreno fertile in Inghilterra, paese arricchitosi in seguito alla sua espansione coloniale e alla Rivoluzione industriale del XVIII secolo.Una fitta rete di canali e strade, insieme ad una impareggiabile flotta navale, contribuirono a dare impulso alle comunicazioni e agli scambi commerciali. I tipografi inglesi, che si erano sempre forniti presso fonderie olandesi per l’aprovigionamento dei caratteri, si resero auto-nomi grazie alla nuova disponibilità dei metalli estratti nelle miniere meccanizzate e alla forte domanda di materiali stampati utili alla circolazione delle informazioni.Con la fine del 1700 si assiste alla fine delle preminenze culturali nazionali e all’emergere di nuove tendenze tipografiche che riguardano l’intera Europa. La passione per l’archeologia e lo studio delle antichità classiche da una parte, l’Illuminismo dall’altra, determinarono una fondamentale evoluzione del gusto in un momento di grandi capovolgimenti sociali.Giambattista Bodoni (1740-1813) in Italia, Pierre e Firmin Didot in Francia, furono inter-preti del Neoclassicismo nella tipografia, le cui caratteristiche si delinearono in una maggiore rigidità del disegno, una accentuazione del contrasto di spessore tra le aste verticali e orizzon-tali e la decisa ortogonalità delle grazie, molto sottili. Una tecnica dell’incisione maggiormen-te affinata rese possibile il controllo così elevato degli spessori e delle grazie.Giambattista Bodoni acquistò grande fama col disegno dei caratteri che portano il suo nome e fu un grande interprete dello spirito neoclassico nella grafica. Dopo l’apogeo del neoclassi-cismo, caddero presto in disuso le regole della tipografia bodoniana. L’editoria si rivolse ad un pubblico sempre più vasto, preoccupandosi di assumere una veste più popolare ed econo-mica, lontana dai canoni neoclassici o anche semplicemente classici. I progressi tecnologici resero possibile una notevole sperimentazione e i caratteri vennero rielaborati in innume-revoli variazioni anche volutamente bizzarre. Vennero prodotti i caratteri “fantasia”, ricchi di ornamenti, e i cosidetti “egizi”, che senza nessuna attinenza con l’Egitto, rispondevano ad una mania di esotismo legata alle recenti campagne archeologiche in quel paese.Il tentativo di conciliare la produzione di qualità e un design accessibile a molti, dominarono il dibattito dei primi designer all’inizio del XIX secolo. Il movimento estetico inglese Arts and Crafts, ad esempio, si prefisse come scopo la ricerca di uno stile autentico e significativo come reazione alla storicismo eclettico dell'epoca vittoriana e alla produzione meccanica percepita come “senz'anima”, dovuta alla Rivoluzione Industriale. Ritenendo le macchine responsabili della dilagante ripetitività e banalità dei manufatti, alcuni dei protagonisti di questo movimen-to sostennero un ritorno alla produzione artigianale.William Morris (1834-1896) fu uno dei principali artefici di questo movimento. Era artista, scrittore, disegnatore dicarta da parati e tessuti, editore, pioniere del movimento eco-socialista in Gran Bretagna. Nel gennaio del 1891, Morris fondò anche una casa editrice con lo scopo di applicare i suoi principi estetici anche all’arte della stampa. Egli subì fortemente il fascino dello stile gotico e vi attinse largamente nell’intento di elevare il tono delle sue produzioni

Nel XVIII secolo William Ca-slon e John Baskerville elabo-rarono cataloghi di font che portarono la gran Bretagna a primeggiare nell’editoria euro-pea. Essi ripresero la tradizione che, attraverso gli olandesi, si ri-faceva agli incisori francesi e ita-liani, affinandone ulteriormente la leggibilità e liberandola del tutto dalle decorazioni calligrafi-che. La qualità dei loro caratteri è testimoniata dal fatto che sono tuttora utilizzati.

Giambattista Bodoni, Manuale tipografico (1818), pagina interna.

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editoriali. Per la sua stamperia disegnò una grande quantità di caratteri, fregi e capilettera ispi-rati agli incunaboli del 1400 e alle loro illustrazioni xilografiche. In particolare progettò la font Golden Type sull’esempio dei caratteri umanistici veneziani. Nello stesso periodo si diffuse per tutta Europa l’Art Nouveau, uno stile fortemente influen-zato dall'arte giapponese, ispirato invece ad una miscela di elementi decorativi e di rottura rispetto alle forme tradizionali. La sua caratteristica era l'assenza di linee e di angoli retti. La natura, soprattutto quella vegetale, era il modello e la fonte d’ispirazione e le forme più ri-correnti erano quelle del giglio, l'iris e l'orchidea, palme e anche animali venivano stilizzati in forme grafiche, soprattutto insetti e uccelli (libellule, pavoni, rondini, cigni). Gli artisti non disdegnarono inoltre il corpo femminile come elemento decorativo, soprattutto con capelli sciolti in lunghe e morbide onde.Nei manifesti e nelle copertine dei libri si fecero spazio illustrazioni ispirate al mondo della natura che coinvolgevano anche la parte di testo. I caratteri stessi divennero parte della deco-razione, formando un insieme armonico con le immagini.Il XX secolo fu comunque caratterizzato da vari movimenti artistici apparsi in Europa che presero il nome di “avanguardie”. Nel giro di poche decadi, in Francia si sviluppò il Cubismo, in Svizzera il Dadaismo, in Italia il Futurismo, in Russia il Suprematismo e il Costruttivismo, in Germania l’Astrattismo e il Bauhaus.Per quanto riguarda la grafica e la tipografia, tutte queste correnti artistiche si contraddistinse-ro per le linee dinamiche e geometriche, abbandonando completamente ogni realismo e tutti gli accenni al decorativismo floreale. In generale vi fu un grande uso di caratteri lineari, privi di grazie e sfrondati di tutti gli elementi che erano ritenuti non essenziali. I disegnatori di font di questo periodo intendevano allontanarsi da ogni tipo di citazione della grafia manuale per fare tabula rasa del passato e ripartire da zero.Storicamente, il carattere senza grazie non era una novità ma una citazione delle scritture lapi-darie etrusche e greche, precedenti alla capitale romana a cui invece erano ispirate tutte le font graziate a partire dal Rinascimento italiano.La prima lettera tipografica Sans Serif fu disegnata nel 1816 da William Caslon IV (discen-dente della dinastia Caslon, attiva in fonderia fin dal 1720), ma i tempi non erano ancora maturi perché potesse incontrare i favori di un vasto pubblico. Fu infatti solo agli inizi del XX secolo che architetti e grafici iniziarono a chiedere caratteri lineari, proprio per dare un aspetto essenziale ed universale alle loro composizioni. Quelle font avevano un sapore che sapeva di nuovo e non di antico, come succedeva invece ai tempi del Caslon.Dalle Avanguardie ebbe origine una svolta nel gusto che portò un totale rinnovamento dell’arte tipografica e gettò le basi della tipografia contemporanea.

La produzione tipografica della Kelmscott Press di William Morris,

fu caratterizzata da una accurata selezione di carta e inchiostri,

dall’armonia generale del carattere e dall’integrazione globale tra

decorazioni e testo. Le due pagine del libro aperto erano

considerate come un insieme non separabile e, per la prima volta,

progettate insieme.

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4Classificazione

I caratteri rispecchiano l’evoluzione sociale ed economica dell’uomo.Nel 1500 il Griffo, che lavora con Aldo Manunzio, il più importante editore-stampatore del Rinascimento, crea una nuova serie di caratteri inclinati detti: corsivi o italici. Al nome si ac-compagna l’indicazione dello stile (tondo-corsivo), della proporzione (largo-stretto) e del-lo spessore delle aste (chiarissimo-chiaro-neretto-nero-nerissimo).Oggi i caratteri tipografici sono disponibili in dimensioni e varianti diverse. La dimensione (o corpo) è espressa in punti (misurazione tipografica che corrisponde all’altezza del carattere).

Il corpo di un carattere si misura dalle ascendenti alle discendenti. Tanto più un carattere ha ascendenti e discendenti marcate, rispetto all’occhio del carattere stesso, tanto più è antico. Sono state tentate numerose classificazioni di caratteri e ciò ha generato molta confusione in quanto i vari produttori possono chiamare gli stessi caratteri (o quantomeno caratteri simili) con nomi diversi, collocandoli anche in gruppi diversi. Fra tutte le suddivisioni dei caratteri tentate da molti studiosi, più diffuse o meno, ne emergono alcune più importanti di altre.

François Thibaudeau, tipografo parigino (1860-1925) concepisce il primo sistema razionale di classificazione dei caratteri. La sua classificazione è molto semplificata ed è basata sulla forma delle grazie dei caratteri. Comprende 4 gruppi.

La classificazione cronologica è di origine anglosassone ed affina la classificazione proposta da Thibaudeau. I gruppi sono ordinati in base alla nascita dei caratteri che li compongono quindi risulta semplice da consultare. È composta da sei gruppi: old style, italic, transitional, modern face, egyptian, sans serif.

Nel 1954 il francese Massimiliano Vox propone una classifica-zione molto dettagliata ed estesa, che viene normalizzata dalle Deutsche Industrie Normen nel 1962 come din 16518 ed è perciò stata adottata dall’Associazione tipografica internazionale. La successione dei gruppi è in ordine cronologico, considerando l’apparizione del prototipo di ogni famiglia e i nomi dei gruppi sono esattamente definiti nelle quattro lingue principali.

La grazia ha il compito d’ingen-tilire il carattere, rendendolo più piacevole ed elegante. Nei caratteri antichi, Garamond per esempio, le maiuscole sono mol-to importanti rispetto alle minu-scole. Nei moderni questo rap-porto si attenua. La forma della grazia caratterizza il nome delle varie famiglie.


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