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LIBERA ESTREMA IN TICINO - arium.ch · nente piramide di 500 m è stata scritta una bella pagina...

Date post: 25-Feb-2019
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IMPRESE LIBERA ESTREMA IN TICINO Negli ultimi due anni alcuni "liberisti" hanno percorso vie estreme in Ticino, in Svizzera. Giovanni Quirici ci racconta queste nuove avventure con poesia e sensibilità. Testo : Giovanni Quirici. Foto : Laurent de Senarclens. TESSIN.eng.all.qxd:V6 1/10/08 16:24 Page 64
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LIBERA ESTREMAIN TICINONegli ultimi due anni alcuni "liberisti" hanno percorsovie estreme in Ticino, in Svizzera. Giovanni Quirici ci racconta queste nuove avventure con poesia e sensibilità.Testo : Giovanni Quirici. Foto : Laurent de Senarclens.

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Giovanni Quirici sulla ottava lunghezza di Ritorni Notturni (7c+). Una viaselvaggia, nel cuore roccioso di Sonogno in Val Verzasca.

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L a strada che risale la Val Verzasca solcaquest’angolo di Ticino come un serpenteubriaco. Il paesaggio, con la complicità

delle curve, finisce lui stesso per ubriacarci edè barcollando un po’ che scendiamo dall’auto.Motta: qui cominciano tutte le scalateall’Alnasca. Iniziamo la salita con passo lento.Per l’avvicinamento sono necessarie tre orebuone su un sentiero ripido e dimenticato,che solo i vecchi di qui potevano disegnare.Senza mai riuscire a riprendere fiato, arri-viamo all’alpeggio di Rozzera. Alcune cos-truzioni in pietra di tempi remoti offronoancora dimora ad una coppia di pastori. Un«buondì» lanciato in direzione della casa ciritorna puntuale come un eco. La pastora ciaccoglie offrendoci uno sciroppo e un belpezzo del suo formaggio di capra. Scambiamoqualche parola, lo sguardo perduto verso ilfondovalle. Le notizie di giù, la stagione, ilnostro progetto…. in lontananza le campanedelle capre si mescolano al canto degli uccelli.Potremmo rimanere qui fino a domani. Maecco, siamo troppo vicini al Poncione ed ilrichiamo della roccia ci riporta al nostro fati-coso cammino. Lo zaino ci sembra ora piùpesante, e anche le gambe. Finalmente vedo lascritta «Bivacco Scorpion 3 minuti» dipinta inrosso su una pietra. Un ultimo sforzo evediamo le porte del bivacco.

I vecchi avevano allestito un riparo sotto unagrossa pietra piatta. I blocchi di granito si sonospontaneamente disposti nel modo miglioreper accogliere e proteggere. Oggi il piccolobivacco è stato trasformato in un rifugio aquattro stelle davanti al quale sventolano pic-cole bandiere tibetane. Ogni volta che arrivosu questo piccolo ripiano, il silenzio mirapisce. Ci sono talvolta momenti inspiega-bili, in cui la realtà supera ancoral’immaginazione. Di qui, la parete suddell’Alnasca, come fosse custode della valle, ciguarda con occhio benevolo. Su questa impo-nente piramide di 500 m è stata scritta unabella pagina della storia alpinistica ticinese.Con Roberto Bassi siamo venuti per cercare

di aggiungere un piccolo pezzo a questa sto-ria. Domani tenteremo di scalare Futura inlibera. È una delle ultime realizzazioni diGlauco Cugini, un lupo solitario che dob-biamo ringraziare per questa magnifica via,oltre che per avere reso questo rifugio cosìconfortevole. All’interno, sacchi a pelo, mate-rassi, stoviglie ed alcuni libri sono a disposi-zione degli alpinisti. È sufficiente portare ilcibo e il fornelletto a gas. Glauco, apritoreinfaticabile e visionario, ha trascorso più di 10giorni in parete, da solo, per realizzare questocapolavoro.

La notte è dolce e il risveglio mattiniero. Nellaprima luce dell’alba seguiamo una vaga trac-cia nell’erba che conduce alla base dellaparete, che ora ci appare ancora più impo-nente. I primi raggi del sole accarezzano lacima. Eccitati come dei ragazzini, prepa-riamo il materiale. L’inizio è severo: unaplacca di 7b da non sottovalutare. Abbiamol’impressione di arrampicare verso il sole,che continua tranquillamente la sua discesasulla parete. Arriviamo al 5° tiro, che è lachiave della via, gli spits brillano e c’è ancora,qua e là, la polvere lasciata dal trapano. Salgocon attenzione, le prese sono molto piccole

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Futura…voglia di libera

Qui a fianco: Giovanni Quirici sulladiciottesima lunghezza (7a) di Futura. La parete è la sud del Poncione d'Alnascain Val Verzasca e Futura è un invito a partire per un lungo viaggio.

Qui sotto: Giovanni Quirici (a sinistra) e Francesco Pellanda si godono il soledella Val Bavona.

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e l’equilibrio precario. Non trovo a vista lasoluzione di questo passaggio delicato. Ilpiede non tarda a scivolare e volo sullacorda… un 7c+ molto tecnico! Il secondotentativo è quello buono. Con movimentialeatori e posizioni veramente al limite rag-giungo la sosta. Roberto mi segue e super-iamo i tiri sino alla grande cengia senzatroppi problemi. Di qui, rientriamo albivacco per la notte.

La sera, al riparo, ci immergiamo nella letturadi alcuni vecchi Vertical lasciati nel bivacco.Sulle foto, la roccia è la stessa. Gli indumentie il materiale dell’epoca, invece, ci fanno sor-ridere. Chiedo a Roberto, che ha conos-ciuto meglio di me la generazione prece-dente, se è cambiato qualcosa nello spiritodegli arrampicatori. Con modestia mi ris-ponde che a quel tempo c’era ancora moltoda scoprire, che gli arrampicatori spessoerano dei marginali e che cercavanol’avventura privilegiando una certa etica.

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Iniziamo la seconda giornata, di nuovo sulla cengia,con la nostra voglia di libera che è l’etica di oggi.Senza troppo riscaldamento attacco un piccolodiedro tecnico e, come ieri la gravità mirichiama subito all’ordine. Ritorno al punto dipartenza. Con un po’ più di concentrazioneriesco a superare questo piccolo passaggio checi avvicina alla vetta. Proseguiamo velocementesu un magnifico gneiss arancio leggermentestrapiombante. I quattordici tiri della secondaparte sono molto sostenuti ed il vuoto si dilatavia via che avanziamo. Raggiungiamo la cima incompagnia di una leggera brezza che sale dallavalle… puro momento di felicità. Ci appog-giamo ad una grande croce immobile, le valli ele vette si estendono a perdita d’occhio, il pano-rama è spettacolare. Un sentimento di grandelibertà ci invade e le difficoltà della via sono giàun ricordo lontano. L’arrampicata è sicuramenteun gioco futile, tranne quando fa brillare i nos-tri occhi come quelli dei bambini. ?

FuturaPoncione d’Alnasca, Val Verzasca, Ticino, Svizzera.21 tiri, 560 m, 7c+ (6c obbl.)Apritore: Glauco Cugini, dal basso in solitaria, 2004.Prima ascensione in libera: Miki e Ivan Tresch, 2005. Caratteristiche: arrampicata prevalentemente verticale su unmuro compatto color arancio. Alcuni passaggi molto tecnici.Attrezzatura: molto buona, possono essere utili alcuni nuts.

Qui sopra: Giovanni Quirici davanti al bivacco dello Scorpion, difronte alla parete sud del Poncione d'Alnasca, in Val Verzasca.

Qui a fianco: Francesco Pellanda in una pozza naturale sotto le rocce di Sonogno, una volta realizzata Ritorni Notturni.

A destra: Giovanni Quirici sulla 17a lunghezza (7a+) di Futura. Una roccia perfetta, a strature grigio-arancio,

parete sud del Poncione d'Alnasca.

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Super Cirill, il favoloso mondodi Amelia

Arriviamo in un’altra valle per salireun’altra via. Un’altra sfida. La Val Bavonaè meravigliosa, un museo a cielo aperto

abitato solo nella bella stagione. I suoi piccolivillaggi, costruiti con il granito di questemontagne, sono circondati da pascoli curatifin dalla notte dei tempi. Le greggi di pecorepascolano, i turisti visitano. Il genere di luogodove non sorprenderebbe sentire l’odore unpo’ vecchiotto della naftalina, l’odore dellecose che si vogliono conservare.

Amelia, del villaggio di Sonlerto, ci invita a bereun thé. Ottantacinque primavere si sonoimpresse, una per una, sulle sue guance. Lesue mani sono lavorate come il letto del tor-rente. La memoria invece è intatta. Ameliaci racconta le storie della sua infanzia, quan-do le macchine facevano ancora parte del-l’immaginario e la sola «macchina» eral’uomo. «Era dura. Avevamo pochissimo denaroe i divertimenti non esistevano». Dopo un brevesilenzio, fa un gran sospiro e ci guarda conocchi piccoli e brillanti: «Si, eravamo poveri,ma eravamo soprattutto felici». Ricorda ancoraquello che le diceva suo nonno: «Quando lestrade diventeranno sempre più grandi e i giovaniavranno preso il potere, venite a raccontarmi comeva il mondo. Il progresso può essere ingannevole!»La lasciamo e riprendiamo la nostra «mac-china di spostamento». Pochi chilometri esiamo già arrivati. 200 metri appena separa-no la strada dalla parete. Ah, se il nonno civedesse… I primi tiri sono difficili. Le ditafanno male e stentano a scaldarsi. Arrivato alquarto tiro, esito un attimo di fronte alle duepossibilità che si presentano. A destra, alcunimovimenti di blocco molto delicati; a sini-stra, un diedro geometricamente perfettocon, al fondo, una fessura disegnata con il filoa piombo. Una piccola traversata facile alquinto tiro e poi superiamo il sesto con duebelle fessure parallele. Gli apritori le avevano

subito individuate ed hanno poi tracciato lavia in funzione di questo tiro. Il muro davan-ti a me è estremamente compatto. Soltantole due fessure incidono il granito grigio dal-l’alto in basso. Abbozzo alcuni movimentitraumatizzanti da uno spit all’altro. È dura,veramente, e la soluzione mi appare davverolontana. Ripenso a Amelia ed al nostrodiscorso sul progresso. Lo spit a cui sono oraappeso fa certamente parte di ciò che chia-miamo progresso. È vero che mi aiuta, ma ilfascino che provo per questa fessura è lo stes-so e la mia realtà di arrampicatore sarà sem-pre il metro quadrato di roccia che ho davan-ti e le mie dita gelate nella fessura.

Ritorniamo a maggio, il clima è più favorevole.Approfittiamo del risveglio piuttosto brutalee molto mattiniero inflittoci da un autocto-no imbufalito dalla nostra presenza per slog-giare, come ci ha chiesto, dal sentiero dellesue pecore. Ripieghiamo i sacchi a pelo e ciallontaniamo. In definitiva, questo risveglioad un’ora così poco civile ci permetteràalmeno di arrampicare al sole… I primi tirisono superati rapidamente. Rieccoci dunquedavanti alle due rotaie parallele del sesto tiro!Per un po’ ognuno di noi prova i passaggi. Sidice che quando si capiscono le cose, tuttodiventa più facile. Nelle fessure bisogna tro-vare la giusta distanza per gli incastri. A voltesuccede di voler procedere troppo in fretta. Illancio praticamente non esiste, bisogna pro-vilegiare la progressione statica. Grazie a que-ste astuzie, la soluzione è finalmente a porta-ta di mano e il resto è soltanto esecuzione.Penso che Francesco Pellanda ed io siamo gliautori della prima ascensione in libera di que-sta via. Dico «penso», perchè corre voce cheun camionista, di cui si sa poco, avrebbe fattola via a vista… Da parte mia, andrò in riva altorrente a raccogliere dei fiori per Amelia e lechiederò se lei ha visto qualcosa. ?

A destra: Francesco Pellanda sulla sesta lunghezza(8a/8a+) di Super Cirill.

Une linea pura su un granito perfetto.

Super CirillSonlerto, Val Bavona, Ticino, Svizzera.9 tiri, 230 m, 8a (7a obbl.)Apritori: Claudio Cameroni, Paola Cameroni Moretti, Marco Ferrari, dall’alto, 1985.Prima ascensione in libera: Francesco Pellanda e Giovanni Quirici, 2006. Caratteristiche: scalata prevalentemente fisica, gli incastri di dita del sesto tiro sono molto duri.Attrezzatura: molto buona.

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Ritorni Notturni, walk on the wildside

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Questa volta ci spingiamo verso il fondodella Val Verzasca, fino all’ultimo villag-gio, Sonogno. Il Verzasca è un torrente

che leviga le rocce, che qui, scolpite alla per-fezione, si confondono con i movimentidella corrente. Quando Francesco Pellandaed io abbiamo aperto questa via, erano circatre anni che non riudivo l’eco di questa valle.I nostri occhi erano stati catturati daun’enorme lama arancio che si stacca dallaparete sovrastante Sonogno. Bisognavaancora capire come arrivarci.

Ricordo la prima volta che ci siamo andati. Oltreal fatto che ci siamo perduti, carichi di tuttoil materiale per l’apertura, fra alberi, gole ebarre di roccia, dal parcheggio avevo vistoun uomo anziano, sceso da non so dove perritirare la sua posta. Dopo aver vuotato lacassetta, è tornato sui suoi passi. Ho aspetta-to che fosse scomparso e, curioso, ho gettatouno sguardo dentro la cassetta, che non con-teneva che un vecchio pezzo di pane raffer-mo! Ora conosciamo bene l’accesso allaparete, ma la cassetta delle lettere del vecchioresterà sicuramente un mistero.Con sacchi più leggeri, raggiungiamo la basedella parete in un’ora e mezza. Il primo tiro– un 7b ben impegnativo – ci aspetta.Ritroviamo qui ancora molti ricordi.Come questa grossa pietra caduta dalla sosta!Mica bello per Francesco che pazientemen-te mi stava assicurando… In apertura, vole-vamo piazzare il minor numero possibile dispit. Tre anni più tardi e con parecchie espe-rienze in più, fra queste un viaggio negliStati Uniti, mi rendo conto che alcuni diquesti avrebbero potuto essere evitati. Laroccia non è per questo meno fantastica. Iprimi cinque tiri esigono un grosso sforzo dilettura e un buon morale, viste le possibilitàdi protezione. Dopo un po’ di sudori freddi,arriviamo infine alla grossa scaglia. Posandole mani su questa enorme lama di gneiss, hol’impressione di accarezzare la mano di un

gigante. Un pezzetto di Yosemite solo pernoi. Mi resta ancora da capire il secondopasso di blocco del tiro successivo, un 8a+,per nulla evidente. Dopo alcuni tentativi,arrivo alla soluzione, un po’ per caso. Con ilpiede sinistro in appoggio esterno ed ildestro ben premuto in aderenza, la manodestra blocca violentemente una presa rove-scia molto bassa per lanciare la sinistra su unatacchetta. Un sentimento di forza e di sod-disfazione mi invade. È sempre un piaceretrovare la chiave di un passaggio.

Superato questo tiro, mi concentro sul passag-gio successivo, una difficile traversata di 7c+.Le prese sono piccole e taglienti. Un grazio-so incrocio mi permette di venirne a capo.Arriviamo all’ultimo tiro. All’epoca, il primospit era a circa 10 m. Nel 2002, dopol’apertura, scendendo come sempre di notte,Francesco mi aveva detto che gli sembravatroppo «banzaï» ed aveva aggiunto uno spit.Effettivamente, mi rendo conto oggi cheavevo messo dei microfriends in una lamaper niente sicura…

Abbandonato dagli ultimi raggi del sole, apprezzola presenza di questo spit prima di arrivarealla cima. Al fondo della valle le luci dellecase si accendono come stelle. Nascosti nelbuio, soli e felici, rimaniamo lunghi minuti acontemplare le costellazioni del nostrozodiaco terrestre che si uniscono a quelle delcielo, per poi iniziare il nostro ennesimoritorno notturno. ?

Ritorni NotturniSonogno, Ticino, Svizzera.9 tiri, 250 m, 8a+ (7b obbl.)Apritori: Giovanni Quirici e Francesco Pellanda, dal basso, 2002.Prima ascensione in libera: Giovanni Quirici, 2005.Caratteristiche: avvicinamento poco evidente per una pareteche vi sorprenderà. Con alcuni passaggi molto impegnativi, unabella fessura ed un tiro di 8a+, questa via è sicuramente la piùdura del Ticino. Attenzione: non è possibile la discesa in doppia!Attrezzatura: buona, ma molto expo. Sono necessari una seriedi friends ed alcuni nuts.

Qui sopra: la parete di Sonogno, la sua via Ritorni Notturnie la chiesa di Frasco, in Val Verzasca.

A destra: Francesco Pellanda sull'enorme scaglia della 6a lunghezza di Ritorni Notturni (6c),

un pezzo di Yosemite svizzera.

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