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L’ipertrofia prostatica benigna: una nuova malattia metabolica?

Date post: 24-Jan-2017
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L’Endocrinologo DOI 10.1007/s40619-014-0041-x RASSEGNA L’ipertrofia prostatica benigna: una nuova malattia metabolica? Linda Vignozzi · Sarah Cipriani · Mario Maggi © Springer International Publishing AG 2014 Sommario I dati presentati in questo articolo dimostrano che la sindrome metabolica (SM) ha un importante ruolo nello sviluppo e progressione dell’ipertrofia prostatica be- nigna (IPB). Tra i fattori della sindrome metabolica, la di- slipidemia (ossia i bassi livelli di HDL e l’ipertrigliceride- mia), rappresenta il fattore di rischio maggiore. In partico- lare, la dislipidemia induce una grave infiammazione pro- statica che è considerata come il meccanismo patogenetico principale per lo sviluppo e progressione dell’IPB. Pertan- to, in quest’ottica sia l’utilizzo di farmaci per la SM, sia il miglioramento dello stile di vita potrebbero avere un ruo- lo importante nel prevenire e/o rallentare lo sviluppo della malattia. Parole chiave Ipertrofia prostatica benigna · Sindrome metabolica · Infiammazione · Ipogonadismo Introduzione Il tempo è una dimensione assoluta che racchiude gli even- ti del passato, presente e futuro. L’invecchiamento biolo- gico, definito come deterioramento progressivo del cor- po dovuto all’accumularsi e stratificarsi dei cambiamen- Proposta da Gabriella Krausz. Materiale elettronico supplementare La versione elettronica di questo articolo (DOI:10.1007/s40619-014-0041-x) contiene materiale supplementare, disponibile per gli utenti autorizzati. L. Vignozzi · S. Cipriani · M. Maggi (B ) Sezione di Medicina della Sessualità e Andrologia, Dipartimento di Scienze Biomediche Sperimentali e Cliniche, Università di Firenze, Viale Pieraccini 6, 50139 Firenze, Italia e-mail: [email protected]fi.it ti legati al passare del tempo, è per sua natura inevita- bile. Dal momento che il ringiovanimento è impossibile, gli interventi sanitari nella senescenza dovrebbero esse- re mirati a rendere questa fase della vita più accettabile, e quindi più sana possibile. L’agire sui cosiddetti fattori “modificabili”, come ad esempio il seguire una dieta sa- na o il cessare l’abitudine al fumo, rappresenta una vali- da strategia per rallentare la naturale tendenza del singo- lo individuo all’invecchiamento. Al contrario, le malattie croniche, quali le malattie cardiovascolari (CVD), il dia- bete mellito di tipo 2 (T2DM), e le malattie neurodege- nerative, rappresentano condizioni che spesso colpiscono l’individuo man mano che invecchia, inficiandone così la qualità di vita. L’infiammazione cronica di basso grado è considerata a tutt’oggi il determinante comune di tut- te queste patologie degenerative età-correlate [1]. Infatti, quasi 10 anni fa, la rivista Time ha etichettato, nella pro- pria copertina, l’infiammazione come “The Secret Killer” per la salute umana (www.time.com/time/magazine/article/ 0,9171,993419,00.html). Va comunque riconosciuto che l’infiammazione di per sé rappresenta una reazione bene- fica a uno stimolo patogeno dell’organismo e, in particolare, del sistema immunitario innato. La sindrome metabolica (SM) rappresenta un insieme di anomalie cardio-metaboliche, tra cui l’obesità addominale, l’alterato metabolismo glucidico, la dislipidemia e l’iper- tensione arteriosa, che identifica soggetti ad alto rischio per T2DM e CVD. Nel corso degli anni sono stati proposti di- versi criteri diagnostici per la SM, ma la resistenza all’insu- lina e l’incremento di adiposità viscerale sono state univer- salmente riconosciute come componenti centrali della SM. Nel maschio, sono state riconosciute altre tre condizioni pa- tologiche, anch’esse età-correlate, come spesso associate al- la SM, ossia l’ipogonadismo, la disfunzione erettile (DE) e l’iperplasia prostatica benigna (IPB). In particolare l’IPB,
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L’EndocrinologoDOI 10.1007/s40619-014-0041-x

R A S S E G NA

L’ipertrofia prostatica benigna: una nuova malattia metabolica?

Linda Vignozzi · Sarah Cipriani · Mario Maggi

© Springer International Publishing AG 2014

Sommario I dati presentati in questo articolo dimostranoche la sindrome metabolica (SM) ha un importante ruolonello sviluppo e progressione dell’ipertrofia prostatica be-nigna (IPB). Tra i fattori della sindrome metabolica, la di-slipidemia (ossia i bassi livelli di HDL e l’ipertrigliceride-mia), rappresenta il fattore di rischio maggiore. In partico-lare, la dislipidemia induce una grave infiammazione pro-statica che è considerata come il meccanismo patogeneticoprincipale per lo sviluppo e progressione dell’IPB. Pertan-to, in quest’ottica sia l’utilizzo di farmaci per la SM, sia ilmiglioramento dello stile di vita potrebbero avere un ruo-lo importante nel prevenire e/o rallentare lo sviluppo dellamalattia.

Parole chiave Ipertrofia prostatica benigna · Sindromemetabolica · Infiammazione · Ipogonadismo

Introduzione

Il tempo è una dimensione assoluta che racchiude gli even-ti del passato, presente e futuro. L’invecchiamento biolo-gico, definito come deterioramento progressivo del cor-po dovuto all’accumularsi e stratificarsi dei cambiamen-

Proposta da Gabriella Krausz.

Materiale elettronico supplementare La versione elettronicadi questo articolo (DOI:10.1007/s40619-014-0041-x) contienemateriale supplementare, disponibile per gli utenti autorizzati.

L. Vignozzi · S. Cipriani · M. Maggi (B)Sezione di Medicina della Sessualità e Andrologia, Dipartimentodi Scienze Biomediche Sperimentali e Cliniche, Universitàdi Firenze, Viale Pieraccini 6, 50139 Firenze, Italiae-mail: [email protected]

ti legati al passare del tempo, è per sua natura inevita-bile. Dal momento che il ringiovanimento è impossibile,gli interventi sanitari nella senescenza dovrebbero esse-re mirati a rendere questa fase della vita più accettabile,e quindi più sana possibile. L’agire sui cosiddetti fattori“modificabili”, come ad esempio il seguire una dieta sa-na o il cessare l’abitudine al fumo, rappresenta una vali-da strategia per rallentare la naturale tendenza del singo-lo individuo all’invecchiamento. Al contrario, le malattiecroniche, quali le malattie cardiovascolari (CVD), il dia-bete mellito di tipo 2 (T2DM), e le malattie neurodege-nerative, rappresentano condizioni che spesso colpisconol’individuo man mano che invecchia, inficiandone così laqualità di vita. L’infiammazione cronica di basso gradoè considerata a tutt’oggi il determinante comune di tut-te queste patologie degenerative età-correlate [1]. Infatti,quasi 10 anni fa, la rivista Time ha etichettato, nella pro-pria copertina, l’infiammazione come “The Secret Killer”per la salute umana (www.time.com/time/magazine/article/0,9171,993419,00.html). Va comunque riconosciuto chel’infiammazione di per sé rappresenta una reazione bene-fica a uno stimolo patogeno dell’organismo e, in particolare,del sistema immunitario innato.

La sindrome metabolica (SM) rappresenta un insieme dianomalie cardio-metaboliche, tra cui l’obesità addominale,l’alterato metabolismo glucidico, la dislipidemia e l’iper-tensione arteriosa, che identifica soggetti ad alto rischio perT2DM e CVD. Nel corso degli anni sono stati proposti di-versi criteri diagnostici per la SM, ma la resistenza all’insu-lina e l’incremento di adiposità viscerale sono state univer-salmente riconosciute come componenti centrali della SM.Nel maschio, sono state riconosciute altre tre condizioni pa-tologiche, anch’esse età-correlate, come spesso associate al-la SM, ossia l’ipogonadismo, la disfunzione erettile (DE) el’iperplasia prostatica benigna (IPB). In particolare l’IPB,

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pur avendo un importante impatto sul piano socioeconomi-co, viene spesso considerata come malattia non prevenibile.Al contrario, molti fattori modificabili, come la sedentarie-tà, una dieta inadeguata, il fumo e l’eccessivo consumo dialcol, si stanno affermando quali contribuenti fondamentaliper lo sviluppo della SM e delle patologie ad essa correla-te, inclusa la IPB. Pertanto, in quest’ottica sia l’utilizzo difarmaci per la SM, sia il miglioramento dello stile di vitapotrebbero avere un ruolo importante nel rallentare il pro-cesso dell’invecchiamento e le patologie ad esso correlate,quali l’IPB.

IPB/LUTS e ipogonadismo

Gli androgeni svolgono un ruolo fondamentale nello svi-luppo dell’intero tratto genitale maschile ed, in particola-re, della prostata. Il recettore androgenico (AR) è espressosia nel compartimento stromale che in quello epiteliale dellaghiandola prostatica.

Androgeni e differenziazione prostatica

I processi di differenziazione e crescita prostatiche sono pro-mossi dagli androgeni, fin dal periodo embrionale della vi-ta dell’uomo, persistendo poi anche nell’età adulta e sene-scenza. Durante la vita embrionale, molti fattori di cresci-ta, denominati andromedine (Insulin-like Growth Factor 1,IGF-1, Epidermal Growth Factor, EGF, Fibroblast GrowthFactor, FGF), mediano l’azione degli androgeni nello svi-luppo prostatico. Tale sviluppo è mediato dal compartimen-to stromale, con successiva generazione di gemme epite-liali e il conseguente allungamento/ramificazione dei dottighiandolari. Nella prostata dell’adulto, invece, l’espressio-ne di AR regola la differenziazione delle cellule epitelialibasali in cellule “intermedie”, e di queste ultime in celluleluminali terminali completamente differenziate. A riprovadell’azione pro-differenziante degli androgeni, studi recentihanno evidenziato che l’ipogonadismo è associato a un fe-notipo più aggressivo, ossia meno differenziato, di cancroprostatico [2].

Androgeni e crescita prostatica

Il processo di crescita prostatica si articola essenzialmentein tre fasi. La prima fase, fortemente androgeno-dipendente,si completa alla nascita, quando la prostata raggiunge il pe-so medio di circa 1,5 grammi. Dopo un periodo di quie-scenza, alla pubertà—sotto l’influenza dell’incremento ditestosterone—comincia la seconda fase di crescita che por-ta la ghiandola a raggiungere un peso di circa 10 grammie tale peso raddoppia all’età di 20 anni circa. In seguito,le dimensioni prostatiche restano costanti fino all’età adulta

medio-avanzata. È in questo momento che spesso si assistea una terza “ondata” di crescita prostatica. In contrasto conla crescita globale che si ha durante la fase puberale, questaterza “ondata” di crescita è selettiva e coinvolge solo la zonaperiuretrale della prostata. Quest’ultima fase di sviluppo èproprio quella che può dare origine all’IPB.

L’IPB è una condizione ad elevata prevalenza nel ma-schio adulto e anziano; si calcola, infatti, che ne sia affettocirca il 42% dei maschi nella quinta decade d’età e almenoil 90% degli ultraottantenni [3]. La diagnosi di IPB è essen-zialmente istologica; istologicamente, l’IPB si caratterizzaper la presenza di un’iperplasia principalmente del compar-to stromale e, in minor parte, di quello epiteliale. Si mani-festa clinicamente come un ingrandimento prostatico beni-gno (BPE) in circa la metà dei casi o, più raramente, comeostruzione prostatica benigna (BOO). Queste due entità cli-niche sono caratterizzate da un progressivo sviluppo di sin-tomi (sintomi del tratto urinario inferiore o Lower UrinaryTract Symptoms, LUTS), derivanti dall’ingrandimento pro-statico, nel momento in cui la minzione diviene difficoltosao addirittura ridotta a causa dell’aumentata pressione mec-canica esercitata dalla prostata su vescica e uretra. Il termi-ne generico di LUTS comprende le alterazioni sia nella fasedi riempimento che in quella di svuotamento vescicale. Talisintomi vengono ulteriormente distinti in irritativi (urgenza,nicturia e pollachiuria) e ostruttivi (flusso urinario intermit-tente o debole, sforzo durante la minzione ed incompletosvuotamento vescicale).

Approssimativamente il 25% degli uomini nella sesta de-cade d’età e l’80% degli ultrasettantenni presentano LUTS.Tuttavia, non tutti gli uomini con IPB sviluppano LUTS, co-sì come non tutti gli uomini con LUTS presentano una con-comitante IPB. L’origine di tali sintomi è, pertanto, multifat-toriale e non organo-specifica. Infatti, la disfunzione vesci-cale svolge di per sé un ruolo fondamentale nella patogenesidei LUTS.

Sebbene il ruolo degli androgeni nelle prime due fasidi crescita della prostata sia ben riconosciuto, l’androgeno-dipendenza della terza fase di crescita è al momento motivodi dibattito. Infatti, una chiara relazione tra i livelli circolan-ti di androgeni e l’IPB non è mai stata dimostrata. Inoltre,durante l’invecchiamento maschile, periodo in cui la preva-lenza di IPB aumenta, i livelli di androgeni tendono a ridur-si, e non ad aumentare. Molti studi, infatti, indicano che ibassi e non gli alti livelli di testosterone (T) possono ave-re un ruolo patogenetico nell’IPB. È stato dimostrato che laterapia sostitutiva con T nei maschi ipogonadici riduce lasintomatologia dei LUTS. Dati recenti, inoltre, evidenzianoche non solo i bassi livelli di T ma anche gli alti livelli diestrogeni possono favorire lo sviluppo di IPB/LUTS. È im-portante ricordare che il T circolante è attivamente metabo-lizzato a estrogeni e che, in parte, l’attività biologica del Tdipende dall’attivazione dei recettori estrogenici, ERs, che

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sono presenti sia a livello della prostata che della vescica.Inoltre, l’enzima P450 che converte T in estrogeni è alta-mente espresso non solo nel tessuto adiposo ma anche neltratto urogenitale. Molti studi hanno osservato una correla-zione positiva tra i livelli di estrogeni circolanti e il volumeprostatico, mentre altri no. In due studi longitudinali di coor-te, è stato evidenziato che gli elevati livelli di 17β estradiolosono associati ad un peggiore flusso massimo urinario e asintomi urinari più gravi [4].

IPB/LUTS e infiammazione

Evidenza epidemiologica

Nell’ultima decade, due ampi trial clinici hanno conferma-to che l’infiammazione cronica è una componente crucialedella patogenesi di IPB. Esaminando le biopsie prostatichedi un sottogruppo di oltre 1000 pazienti dello studio Me-dical Therapies of Prostate Symptoms (MTOPS), si è po-tuto concludere che nel braccio “placebo” i pazienti chepresentavano infiammazione prostatica avevano probabili-tà maggiore di andare incontro a un aggravamento dell’I-PB, a ritenzione urinaria acuta o a intervento chirurgico perIPB, rispetto ai soggetti che non presentavano infiammazio-ne prostatica [5]. Anche l’analisi di un sottogruppo di oltre8000 uomini del REDUCE trial (Reduction by Dutasteri-de of Prostate Cancer Events), ha dimostrato una correla-zione tra grado di infiammazione intraprostatica e gravitàdei LUTS [6]. In conclusione, è ben riconosciuto il ruolocentrale dell’infiammazione nello sviluppo e progressionedell’IPB.

Infatti, nella prostata umana sono fisiologicamente pre-senti, oltre a cellule epiteliali e stromali, anche cellule im-munocompetenti (granulociti, linfociti e macrofagi) che co-stituiscono il Prostate-Associated Lymphoid Tissue (PALT),il tessuto linfoide associato alla prostata. Nello specifico,il PALT è costituito da leucociti intraepiteliali, per lo piùdi tipo CD8+, e aggregati linfoidi costituiti da linfociti T(CD4+ > CD8+) e B situati nello stroma perighiandolare,privi di un centro germinativo distinto. È proprio l’attiva-zione, il reclutamento e la proliferazione di queste celluleimmunocompetenti a dare origine alla componente infiam-matoria di IPB e LUTS [7]. Tale attivazione rappresenta lafisiologica risposta ad agenti infettivi, ma si pensa che que-sta iniziale infiammazione acuta possa divenire poi cronica,e quindi persistere, per la presenza di fattori favorenti, qualile alterazione metaboliche e ormonali, oppure l’esposizionead altri fattori, alimentari o ambientali [7].

In corso di infiammazione, i leucociti, provenienti per lopiù dallo stroma, si accumulano poi intorno ai dotti ghian-dolari, invadendoli e/o distruggendoli, comunque solo in

una minoranza dei casi. In particolare, sono l’infiltrazio-ne di linfociti T CD4+ cronicamente attivati e la secrezio-ne di citochine infiammatorie da parte del PALT ad esse-re ritenute determinanti per la patogenesi di IPB. Infatti,nell’IPB è stata descritta un’aumentata produzione di nu-merose citochine pro-infiammatorie, in particolare di IL-2,IFN-γ , IL-15 e IL-17, tali evidenze hanno portato a de-finire l’ipertrofia prostatica come patologia “infiammatoriacronica autoimmune”.

Il processo infiammatorio prostatico associato all’IPB siarticola in fasi [7]. Durante la fase iniziale, l’accumulo dilinfociti Th1, secernenti IL-2 e IFN-γ , stimola la produzio-ne di IL-15 nelle cellule stromali, cosicché il processo in-fiammatorio va perpetuandosi all’interno della prostata. Inuna seconda fase, però, come avviene anche in altre malat-tie infiammatorie croniche, si assiste ad uno switch da unarisposta Th1-mediata ad una meno polarizzata, Th0/Th2-mediata, caratterizzata dalla secrezione di IL-4 e IL-13. Ta-le risposta infiammatoria si completa poi con l’attivazionedella risposta immunitaria di tipo Th17, che è responsabi-le della perdita della tolleranza al “self ” e, quindi, dell’in-staurarsi del fenomeno autoimmune. Tale risposta Th17 ècapace di indurre, inoltre, un marcato rimodellamento tissu-tale ed una crescita iperplastica della ghiandola. Infatti, lacitochina specifica della risposta Th17, ossia l’IL-17, è ingrado di stimolare i miofibroblasti prostatici a produrre IL-6 e IL-8, che sono mediatori chiave della crescita stroma-le nell’IPB. Recentemente è stato dimostrato che le cellulestromali della prostata umana esprimono recettori toll-like(Toll-Like-Receptors, TLR) che, pertanto, le rendono targetdegli agonisti batterici o virali dei TLR. In risposta alla sti-molazione dei TLR, le cellule stromali prostatiche inizianoa comportarsi come cellule presentanti l’antigene (AntigenPresenting Cells, APC), stimolando i linfociti CD4+ a dif-ferenziarsi nelle sottoclassi effettrici Th1 e Th17. L’attiva-zione dei TLR porta anche alla produzione di citochine pro-infiammatorie (IL-6) e chemochine (IL-8 e CXCL10) capacidi reclutare i linfociti CXCR1- e CXCR2-positivi, i neutro-fili CD15+, e di promuovere l’iperplasia cellulare tramitel’azione diretta dell’IL-8 sul rilascio di fattori di crescitaprostatici, come l’FGF. Le cellule stromali di una prostataipertrofica, comunque, possono secernere IL-8, CXCL-10 eIL-6 non solo in risposta a specifici stimoli pro-infiammatori(ad esempio, il TNF-α o il lipopolisaccaride utilizzati anchesperimentalmente), ma anche ad insulti metabolici, in parti-colare alle LDL ossidate (oxLDL) e all’insulina. Queste ulti-me osservazioni suggeriscono l’ipotesi che l’intero processoimmuno-infiammatorio sopra descritto possa essere indottoe sostenuto dai lipidi [7].

IPB/LUTS e sindrome metabolica

Attualmente, l’ipertrofia prostatica benigna e i LUTS nonvengono più considerati come semplice problema “idrauli-

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L’Endocrinologo

Fig. 1 Associazione tra livelli di insulina e volume prostatico totale(a) o con il volume della zona transizionale (b). I livelli di insulinasono riportati come quartili. Tutti i dati sono aggiustati per età e te-stosterone totale. I dati sono relativi ad una serie di pazienti rivoltisialla nostra Unità in quanto richiedenti cure mediche per infertilità di

coppia. Il numero di individui è riportato all’interno del riquadro. Danotare che l’analisi statistica è stata condotta utilizzando i livelli di in-sulina come variabile continua, nonostante sia raggruppata in quartiliper ragioni grafiche

co”, correggibile tramite un intervento chirurgico, ma co-me un problema metabolico, alla cui risoluzione dovrebbepartecipare un team multidisciplinare comprendente lo spe-cialista endocrinologo, oltre all’urologo. La storica visionedei LUTS correlati all’IPB come sintomi generati esclusiva-mente dalla compressione dell’uretra esercitata dall’incre-mento volumetrico della zona transizionale della prostataè, infatti, ormai sorpassata. Molti studi recenti hanno evi-denziato un possibile ruolo della SM e/o dei suoi singolicomponenti nello sviluppo di IPB, e dei LUTS [8].

Iperinsulinemia, intolleranza al glucosio/T2DM e IPB

La possibilità di un collegamento tra IPB e T2DM è sta-ta ipotizzata per la prima volta nel lontano 1966, grazie al-lo studio retrospettivo di Bourke e Griffin. Da allora, l’ipe-rinsulinemia e l’intolleranza al glucosio, componenti chiavedella SM, sono state considerate potenziali fattori di rischioper IPB/LUTS [8]. In uno studio di coorte, i pazienti constoria di diabete mellito presentavano un rischio due voltemaggiore di sviluppare LUTS moderati/severi. Risultati si-mili sono stati evidenziati nel Nord-Trondelag Health Stu-dy [7]. Recentemente abbiamo condotto uno studio su di uncampione di 169 soggetti giovani afferenti al nostro centroper infertilità, in assenza di LUTS, e che venivano sottopo-sti a ecografia transrettale (Fig. 1) [9]. Abbiamo dimostratol’esistenza di un’associazione positiva tra volume prostaticoe livelli di insulina circolanti, che manteneva la significati-vità statistica anche in seguito ad aggiustamento per i livellidi T totale e altri fattori metabolici (Fig. 1) [9]. Tutti questirisultati indicano che l’insulina è un fattore di rischio indi-pendente per IPB, probabilmente perché riesce a stimolare

la crescita prostatica agendo sul recettore per l’IGF. Inoltre,il Baltimore Longitudinal Study on Aging (BLSA) ha dimo-strato che anche i soggetti con elevata glicemia a digiunopresentano maggiori probabilità di sviluppare IPB rispettoai soggetti euglicemici. Infatti, Rohrmann e colleghi [10],analizzando la coorte di pazienti NHANES III, hanno di-mostrato che il rischio di LUTS aumenta all’aumentare deilivelli di emoglobina glicata (HbA1c).

Obesità e IPB

Molti studi mostrano un’associazione tra IPB e obesità, inparticolare con l’obesità viscerale. Inoltre, una recente me-tanalisi, che include 19 studi, ha riportato un’associazionepositiva tra il Body Mass Index (BMI), l’indice di massacorporea, e i LUTS correlati a IPB [11]. Uno studio con-dotto su 222 pazienti afferenti alla nostra Unità per inferti-lità, ha evidenziato che l’aspetto ecografico della prostata èalterato in relazione al BMI. Tutti i segni ecografici (diso-mogeneità, presenza di calcificazioni, aumento del picco divelocità arteriosa sistolica intraprostatica, APPSV) e biochi-mici (aumento dei livelli di interleuchina 8, IL-8, del liquidoseminale) di infiammazione prostatica correlavano positiva-mente con il BMI. In particolare, estendendo lo stesso tipodi analisi a 328 soggetti maschi giovani con storia di infer-tilità di coppia, si è potuta identificare un’associazione po-sitiva tra la circonferenza vita (CV) e il volume prostatico(Fig. 2) [9]. In linea con questi risultati, lo studio Follow upHealth Professional di Giovannucci e collaboratori, condot-to su oltre 25.000 soggetti maschi, ha evidenziato che i sog-getti con CV > 109 cm avevano il 100% in più di probabilità

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Fig. 2 Associazione tra volume prostatico e circonferenza vita (a) ocomponenti della sindrome metabolica (b). Il pannello (c) mostra l’as-sociazione tra livelli seminali di IL-8 (espressi come log) e componentidella sindrome metabolica. Il pannello (d) mostra il HR e l’intervallodi confidenza al 95% (scala logaritmica) per l’incremento dei livelli

di IL-8 seminale associato ai componenti della sindrome metabolica.Tutti i dati sono aggiustati per età. WC, Waist Circumference, cir-conferenza vita; HDL, High Density Lipoprotein, lipoproteine ad altadensità

di presentare LUTS ed il 38% in più di essere sottoposti a in-tervento chirurgico per IPB, se confrontati con soggetti conCV < 109 cm. Anche il già citato Baltimore LongitudinalStudy of Aging, come anche lo studio National Health andNutrition Examination Survey III (NHANES III) riportanouna simile correlazione [10].

Dislipidemia e IPB

La prostata sintetizza colesterolo in quantità simili a quel-le prodotte dal fegato e lo accumula al suo interno in mo-do età-dipendente [7, 12]. Già più di 70 anni fa, Swyer[13] analizzò il contenuto intraprostatico di colesterolo insoggetti con IPB, individuandovi una concentrazione dop-pia rispetto a quanto osservato in prostate normali. L’ipo-tesi al momento più verosimile riguardo alla correlazionetra dislipidemia e IPB prevede, comunque, che per lo svi-luppo di ipertrofia prostatica sia necessaria la compresenza

di una dislipidemia ed altre alterazioni metaboliche, qua-li il T2DM. Infatti, nello studio di coorte Rancho Bernar-do [12], è stato dimostrato che gli elevati livelli di LDL siassociano a un rischio aumentato (4 volte) di IPB solamentenei pazienti diabetici, e non nella totalità della popolazionedislipidemica.

Inoltre, è necessario considerare le ipotesi riguardanti ilmeccanismo con cui la dislipidemia potrebbe determinarelo sviluppo di IPB/LUTS. Le LDL ossidate (oxLDL) po-trebbero avere un effetto dannoso sulle cellule prostatiche,innescando un processo di infiammazione della ghiandola,e stimolando dunque la crescita prostatica che porta all’I-PB. Riguardo a tale ipotesi si hanno a disposizione interes-santi risultati di studi sia preclinici che clinici. Infatti, studiin vitro eseguiti nel nostro laboratorio su cellule miofibro-blastiche di prostata umana hanno recentemente dimostra-to la capacità di queste ultime di secernere diverse citochi-ne e chemochine infiammatorie, inclusa l’IL-8, in rispostaa stimolazione con LDL ossidate (oxLDL) e insulina [7].

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Fig. 3 Immagine rappresentative di un’analisi immunistochimicacompiuta con anticorpo specifico anti-CD45 (marcatore pan leucoci-tario) in sezioni di tessuto prostatico in un paziente senza sindromemetabolica (a) e con sindrome metabolica (b). Si noti la quasi com-pleta assenza di infiltrato infiammatorio nel paziente non affetto da

sindrome metabolica (a) e, invece, la grave infiammazione prostaticache coinvolge non solo il compartimento stromale, ma anche quelloepiteliale della ghiandola prostatica nel paziente affetto da sindromemetabolica (b)

Questi dati, insieme a quelli derivanti da altri studi, indi-cano che alcuni metaboliti chiave della SM, principalmentelipidi (oxLDL) e insulina, potrebbero sinergicamente anda-re a innescare l’infiammazione e il rimodellamento tissutalenella IPB [7, 8, 12]. Uno studio multicentrico condotto su271 uomini sottoposti a prostatectomia per IPB ha inoltredimostrato che la presenza di SM si associa ad un’infiam-mazione prostatica più grave (Fig. 3) [7, 12]. In particolare,tra i vari componenti della SM, i ridotti livelli di colesteroloHDL e l’elevata trigliceridemia risultano associati significa-tivamente ad un elevato score infiammatorio intraprostatico(Inflammatory Score, IS, un punteggio correlato al grado diinfiammazione istologica) ed ad a un’elevata immunopositi-vità al CD45, un marker panleucocitario e perciò anch’essodi infiammazione.

Ipertensione e IPB

Studi recenti hanno evidenziato che l’ipertensione arteriosasi associa a un incremento del rischio relativo di interven-to chirurgico per IPB ed ad una più elevata prevalenza diLUTS [12].

Sindrome metabolica e IPB

Come è stato descritto nei paragrafi precedenti, ogni sin-golo fattore di SM è stato associato con la prevalenza e/ola progressione di IPB/LUTS. Hammarsten e collaboratori[14] per primi valutarono la relazione tra volume prostaticoe singoli componenti della SM in 158 uomini con IPB, con-cludendo che l’ipertensione, l’obesità, il T2DM, l’elevata in-

sulinemia e i bassi livelli di colesterolo HDL erano tutti fat-tori di rischio per l’IPB. Diversi altri studi hanno individua-to un’associazione tra presenza di SM e IPB/LUTS [7, 12].Nel BACH study (Boston Area Community Health Study), èstata evidenziata un’associazione tra LUTS e SM, solo neisoggetti più giovani, ossia di età inferiore ai 60 anni.

Studi condotti in un modello animale di SM, messo apunto nel nostro laboratorio e ottenuto alimentando coniglimaschi adulti con una dieta ad alto contenuto di grassi (HighFat Diet, HFD) per 12 settimane, hanno fornito importantiinformazioni riguardo all’associazione tra SM e IPB/LUTS.Gli animali sottoposti a HFD per 12 settimane sviluppavanotutte le caratteristiche della SM (ipertensione, obesità visce-rale, dislipidemia, iperglicemia e ridotta tolleranza ai glici-di), incluso l’ipogonadismo ipogonadotropo. In questi coni-gli con SM è stata evidenziata sia una grave infiammazio-ne prostatica che un marcato rimodellamento tissutale e unadisfunzione vescicale [7, 12].

In particolare, nella prostata di conigli con SM è stata di-mostrata la presenza di un abbondante infiltrato di celluleinfiammatorie, comprendenti macrofagi, neutrofili e linfoci-ti CD8+ e CD4+, insieme a una marcata fibrosi (Fig. 4).Anche se non si fa riferimento diretto a un aumentato volu-me prostatico, si tratta comunque di alterazioni istologichetipicamente associate a IPB.

Inoltre, nello studio multicentrico condotto su 271 uomi-ni sottoposti a prostatectomia per IPB abbiamo dimostratoche il volume prostatico e, in particolare, il diametro antero-posteriore, aumenta in funzione del numero dei componentidella SM [7, 12]. È interessante ricordare che anche in studicondotti in maschi giovani di coppie infertili la gravità della

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Fig. 4 Espressione genica dei recettori per gli steroidi sessuali (riqua-dri superiori) e dei marker infiammatori (riquadri centrali e inferiori)nella prostata di conigli nutriti con una dieta regolare (RD) oppure conuna dieta a elevato contenuto di grassi (HFD), in relazione alla sindro-me metabolica (gravità della stessa). La gravità della sindrome meta-

bolica è stata stabilita in base al numero dei fattori presenti (ascissa).L’asse delle ordinate indica i livelli di espressione di mRNA in un’u-nità arbitraria, secondo quanto ottenuto da un’analisi di tipo RT-PCRquantitativa dei campioni prostatici indicati. Il livello di significativitàderiva dall’analisi Kruskal-Wallis dei dati

SM correlava significativamente con un aumento del volu-me prostatico e con un aumento dei livelli IL-8 nel liquidoseminale [7, 12]. Tali evidenze suggeriscono che la presenzadi fattori della SM, e specialmente di ridotti livelli di cole-sterolo HDL, possa avere un ruolo importante nella crescitaprostatica già in giovane età.

Conclusioni

Al giorno d’oggi le persone vivono più a lungo e, in alcuneparti del mondo, conducono anche una vita più sana rispettoal passato. Nel 2006 si contavano circa 500 milioni di per-sone con un’età pari almeno a 65 anni in tutto il mondo.

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Fig. 5 Rappresentazione grafica sulla patogenesi multifattoriale pro-posta per lo sviluppo IPB/LUTS. L’infiammazione della prostata,sintomatica o asintomatica (molto comune in individui giovani), inpresenza di fattori permissivi quali la sindrome metabolica (MetS),in particolare la dislipidemia, o in presenza di un ambiente ormonalealterato (riduzione del rapporto T/E2), può progredire inducendo la

crescita prostatica (Benign Prostatic Enlargement, BPE). Quest’ultimapuò o non può essere associata con LUTS. Il progressivo accrescimentodella prostata provoca un’ostruzione uretrale (BOO) con conseguentedisfunzione vescicale e ritenzione urinaria acuta (AUR). Dati recentiindicano che la MetS può favorire di per sé la disfunzione vescicale

Per il 2030 si prevede che questo numero salirà fino a rag-giungere il valore di 1 bilione, ossia 1 individuo ogni 8 sullaTerra. Il più rapido incremento nella popolazione degli ultra-sessantacinquenni si sta registrando in maniera significativanei Paesi in via di sviluppo, nei quali si verificherà un saltodel 140% entro il 2030. Per questo, dobbiamo prepararci adaffrontare sempre più i problemi di salute della popolazioneanziana. I LUTS secondari a IPB rappresentano un elementodi disturbo importante per gli uomini che si avvicinano al-l’età anziana; essi sono stati storicamente considerati comeuna normale conseguenza del processo di invecchiamento e,in quanto tali, i loro effetti negativi sul benessere dell’uo-mo venivano trattati solamente con interventi di tipo medi-co o chirurgico. Ad oggi, i LUTS secondari a IPB vengo-no più propriamente considerati come prevenibili, anzichéuna patologia inevitabile dell’anziano. I risultati scientificipresentati in questa review indicano che molti fattori me-tabolici modificabili giocano un ruolo nell’innescare o neldeterminare la progressione dei LUTS secondari a IPB. Lasindrome metabolica e i suoi componenti, l’ipogonadismo el’infiammazione prostatica, infatti, stanno emergendo comecondizioni mediche frequentemente associate a IPB/LUTS.La Fig. 5 riassume la nostra ipotesi.

Secondo il nostro punto di vista, la IPB e i LUTS pos-sono essere visti come una patologia complessa, compren-

dente una componente metabolica che potrebbe avere inizioprecocemente nella vita del maschio. Essa, anche se asin-tomatica, è probabilmente identificabile anche nelle primefasi della malattia prostatica. I meccanismi alla base dellarelazione tra sindrome metabolica ed infiammazione prosta-tica sono probabilmente simili nel maschio giovane ed inquello anziano, ma l’esposizione cronica ad un’infiamma-zione di grado elevato, associata ad elevati livelli di 17βE2e bassi livelli di testosterone, potrebbe a lungo termine con-tribuire all’IPB. Prevenire lo sviluppo della malattia, a par-tire anche dalla sua fase asintomatica, dovrebbe rappresen-tare la base per definire un solido programma di cure da ri-servare alla popolazione anziana. Nell’Analysis of the Eu-ropean Prospective Investigation into Cancer and Nutrition(EPIC)-Norfolk si è chiaramente dimostrato che gli effet-ti cardiovascolari avversi dovuti alla presenza di sindromemetabolica sulla patologia coronarica potrebbero essere so-stanzialmente ridotti o addirittura annullati dall’incrementodi attività fisica. Numerosi studi epidemiologici sostengonoquesta visione anche per quanto riguarda IPB e LUTS; ri-sulta, perciò, necessaria l’esecuzione di ulteriori studi a taleproposito.

Ringraziamenti Gli autori ringraziano la Dott.ssa Anna Maggi peril contributo grafico nella stesura dell’articolo.

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Conflitto di interesse Gli autori Linda Vignozzi, Sarah Cipriani eMario Maggi dichiarano di non avere conflitti di interessi.

Consenso informato Lo studio presentato in questo articolo non harichiesto sperimentazione umana.

Studi sugli animali L’autrice di questo articolo non ha eseguito studisugli animali.

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